CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 dicembre 2016
743.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Atto n. 357.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VIII Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/720 che modifica la direttiva 94/62/CE per quanto riguarda la riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero;
   premesso che:
    lo schema di decreto è stato predisposto sulla base dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 4 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (legge di delegazione europea 2015), relativi al recepimento della direttiva Ue 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015 che ha modificato la direttiva 94/62/CE, al fine della riduzione dell'utilizzo delle borse di plastica in materiale leggero;
    la direttiva 94/62/CE in tema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio non stabilisce specifiche misure sull'utilizzo delle borse di plastica, considerate «imballaggi» dalla direttiva stessa, fonti di gravi problemi ambientali, ormai all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale: si tratta di considerazioni che hanno particolare rilievo per un Paese come l'Italia, con circa 8.000 km di coste e forte vocazione turistica nonché, nel recente passato, il più alto consumo di shopper in Unione europea;
    prima ancora che venisse adottata la direttiva 2015/720, l'Italia aveva già adottato una lungimirante normativa sui sacchi asporto merci (commi 1129, 1130 e 1131 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 e articolo 2 del decreto-legge n. 2 del 2012) che ha consentito, anzitutto, di ridurre di oltre il 50 per cento il consumo degli shopper tra il 2007 (227.000 ton.) e il 2015 (96.000 ton.), nonché di contribuire a che l'Italia assumesse in Europa la leadership nell'industria della chimica «verde» (con riconversione di impianti da tempo dismessi) e nella gestione, anche grazie agli shopper compostabili UNI EN 13432, della frazione organica dei rifiuti urbani (Milano è considerata un esempio virtuoso a livello internazionale di «modello italiano» di raccolta della frazione organica);
    con l'articolo 4 della citata legge di delegazione europea 2015 il Parlamento ha in primo luogo vincolato il Governo a garantire il «medesimo livello di tutela ambientale assicurato dalla legislazione già adottata in materia, prevedendo il divieto di commercializzazione, le tipologie delle borse di plastica commercializzabili e gli spessori già stabiliti» (primo criterio di delega di cui all'articolo 4 comma 2, lettera a), della legge n. 170 del 2016);
    lo schema di decreto legislativo attua pienamente tale primo criterio di delega introducendo nel codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) il nuovo articolo 226-bis, che conferma i divieti (e le sanzioni), le tipologie di shopper commercializzabili e gli spessori di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 2 del 2012, sfruttando il margine di discrezionalità riservato agli Stati dalla predetta Pag. 122direttiva, anche in relazione alle borse con spessore superiore a 50 micron; viene, quindi, confermato l'impianto sostanziale della previgente disciplina che ha contribuito alla genesi della stessa direttiva (UE) 2015/720 ed è stata assunta a ruolo di modello di circular economy in Europa;
   rilevato che:
    lo schema di decreto rispetta anche il secondo criterio di delega [divieto di fornitura a titolo gratuito delle borse di plastica, di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b) della legge n. 170 del 2016], avendo stabilito che il loro «(...) prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d'acquisto delle merci o prodotti trasportati per il loro tramite» (nuovo articolo 226-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che introduce il cosiddetto pricing previsto dalla suddetta direttiva);
    il Parlamento, con il terzo criterio di delega [articolo 4, comma 2, lettera c) della legge n. 170 del 2016], ha manifestato – anche in tal caso sfruttando il margine di discrezionalità offerto dalla direttiva – la volontà di intervenire e ridurre non solo gli shopper, ma anche le «borse di plastica fornite a fini di igiene o come imballaggio primario per alimenti sfusi» (cosiddette borse ultraleggere – sacchi ortofrutta), per completare il set di misure a garanzia di un elevato livello di protezione ambientale ed evitare elusioni delle norme sugli shopper, con i quali, in concreto, non è sempre agevole la distinzione; lo stesso Parlamento ha, tuttavia, previsto l'esenzione per le borse «compostabili» e «realizzate, in tutto o in parte, con materia prima rinnovabile» che garantiscono, a monte, la riduzione dell'utilizzo di fonti fossili e, a valle, le medesime caratteristiche di fine vita (compostaggio) degli alimenti sfusi imballati per il tramite di borse ultraleggere;
    anche il terzo criterio di delega risulta correttamente attuato da parte dello schema di decreto in oggetto che, introducendo nel codice ambientale il nuovo articolo 226-ter, ha stabilito che, a partire dal 1o gennaio 2018, potranno essere commercializzate esclusivamente le borse ultraleggere che siano certificate compostabili a norma UNI EN 13432 e con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile (biobased); il Governo quindi, nell'attuare il terzo criterio di delega, si è mosso nel solco del terreno tracciato dall'analoga normativa francese già notificata all'Unione europea e anch'essa in linea con i principi dell'economia circolare, per cui anche le borse ultraleggere non potranno poi essere cedute gratuitamente (articolo 226 ter, comma 5);
    il predetto schema di decreto si uniforma alle indicazioni anche degli ulteriori criteri di delega [articolo 4, comma 2 , lettere d), e) ed f) della legge n. 170 del 2016], avendo disposto l'abrogazione, a partire dall'entrata in vigore del medesimo schema, della previgente disciplina sopra richiamata e affidato al CONAI le campagne di informazione e sensibilizzazione dei consumatori e i programmi educativi per i bambini;
    lo schema di decreto in oggetto appare quindi pienamente in linea con gli specifici principi e criteri direttivi formulati al Governo dal Parlamento con l'articolo 4 della legge di delegazione europea 2015 e con i margini di discrezionalità riservati dalla direttiva 2015/720 agli Stati membri sia in relazione alle borse con spessore inferiore a 50 micron che con riguardo alle borse con spessore superiore a 50 micron;
    in tale contesto, trattandosi di settore (quello delle borse di plastica) armonizzato a livello UE sia sopra che sotto i 50 micron, con apertura in entrambi i livelli alle marketing restriction, il riferimento all'articolo 36 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea – che trova viceversa applicazione nei soli settori non armonizzati – contenuto nelle premesse allo schema di decreto risulta essere erroneo o comunque irrituale;
    l'articolo 4 della legge n. 170 del 2016 ha delegato il Governo ad adottare il decreto legislativo di recepimento della Pag. 123direttiva (UE) 2015/720 entro il 15 novembre 2016, termine di esercizio della delega che tuttavia viene ad intersecarsi con il diverso termine europeo di standstill previsto dalla direttiva 2015/1535 sulle regole tecniche, ai sensi della quale il Governo ha comunicato alla Commissione europea (notifica 2016/601/I del 17 novembre 2016) lo schema del predetto decreto legislativo, approvato in esame preliminare il 9 novembre 2016 e trasmesso al Parlamento l'11 novembre 2016. Tale termine europeo di standstill – la cui osservanza da parte del Governo è obbligatoria – ha scadenza successiva a quella del termine interno di delega, e precisamente al 20 febbraio 2017, prorogabile sino al 20 maggio 2017 in caso di parere circostanziato da parte della Commissione o degli altri Stati membri;
    occorre quindi prorogare il termine di esercizio della delega onde assicurare che il recepimento della direttiva (UE) 2015/720 sulla riduzione delle borse di plastica, atto dovuto per evitare l'apertura di una procedura di infrazione e mantenere elevati standard qualitativi ambientali, avvenga nel rispetto delle norme europee sulla notifica in materia di regole tecniche, garantendo così al Governo la possibilità di attendere la scadenza del termine europeo di standstill prima di adottare il testo definitivo del decreto legislativo di recepimento della direttiva;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   1) valuti il Governo l'opportunità di stralciare nelle premesse dello schema di decreto il riferimento all'articolo 36 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, collocandosi le disposizioni contenute nel predetto schema di decreto in un settore (quello delle borse di plastica) armonizzato a livello UE sia sopra che sotto i 50 micron, con apertura in entrambi i livelli alle marketing restrictions;
   2) valuti il Governo l'opportunità di prorogare, almeno sino al 30 giugno 2017, il termine di esercizio della delega che viene ad intersecarsi con il diverso termine
   3) europeo di standstill che ha scadenza successiva a quella del termine interno di delega;
   4) valuti il Governo l'opportunità di estendere ai comuni con futuri provvedimenti la possibilità di riscuotere parte dei proventi ricavati dalle sanzioni applicate in caso di violazione delle norme sugli shopper.

Pag. 124

ALLEGATO 2

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. (COM(2015) 593 final).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche COM(2015)593,
   considerato che la proposta di direttiva:
    mira alla semplificazione degli oneri amministrativi e burocratici e, a tal fine, elimina l'obbligo di predisposizione da parte degli Stati Membri della relazione triennale sull'implementazione di ciascuna delle tre direttive, introducendo obblighi specifici di trasmissione annuale dei dati alla Commissione europea, tranne per la «direttiva pile», per la quale tali obblighi erano già previsti;
    propone un miglioramento della qualità, affidabilità e comparabilità dei dati statistici che vanno comunicati annualmente dagli Stati membri e che sono ritenuti indispensabili affinché la Commissione valuti la conformità con la legislazione in materia di rifiuti, con l'introduzione di un punto di ingresso unico per tutti i dati relativi ai rifiuti e la soppressione di obblighi obsoleti in materia di comunicazione;
   evidenziato, relativamente alla disciplina dei veicoli fuori uso, che:
    il termine «tranciatura» va eliminato dalla definizione di «trattamento», poiché tranciatura non costituisce una forma di trattamento;
    i rifiuti identificati con i codici CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre componenti pericolose), 16.01.22 (motori e organi di trasmissione non contenenti liquidi né altre componenti pericolose) e 16.01.17, vanno avviati a recupero «R4» (riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici) esclusivamente presso impianti che effettuano le operazioni di frantumazione e che siano dotati delle migliori tecniche disponibili individuate nel Best Available Technology Reference Documents (BREF);
    nell'ambito del trattamento (articolo 6 della direttiva 2000/53/CE) è necessario precisare che le operazioni di trattamento per la depurazione dei veicoli fuori uso di cui all'allegato I, punto 3, siano effettuate entro un termine certo e definito;
    è opportuno che gli Stati membri adottino i provvedimenti necessari per stabilire criteri e modalità al fine di garantire la tracciabilità dei rifiuti provenienti dal trattamento dei veicoli fuori uso; tale obiettivo può essere conseguito attraverso l'attestazione da parte del gestore dell'impianto di trattamento della corretta Pag. 125esecuzione delle operazioni di trattamento di cui all'allegato I, punti 3 e 4, della direttiva 2000/53/CE;
    è opportuno inserire, nell'ambito delle prescrizioni tecniche minime per il trattamento contenute nell'allegato I della direttiva 2000/53/CE: la previsione che il sito di trattamento sia dotato di un adeguato sistema di pesatura: infatti il raggiungimento dell'obiettivo del 95 per cento di reimpiego e di recupero di un veicolo fuori uso dipende strettamente dalla certezza del peso del veicolo prima e durante le diverse fasi di trattamento. Oggi tuttavia non è previsto alcun obbligo, per gli impianti di demolizione che effettuano le operazioni di messa in sicurezza e di demolizione, di dotarsi di un sistema di pesatura e di conseguenza, anche i dati dei registri di carico e scarico dei rifiuti che confluiscono nel modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) risultano approssimativi, poiché basati sui documenti di circolazione dei veicoli e non sui pesi effettivamente rilevati;
   ricordato, in merito alla direttiva relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori che:
    nel quadro di una rivisitazione coordinata di alcune direttive in materia ambientale nell'ottica della transizione verso un'economia circolare va posta particolare attenzione ad azioni che ne mettano in risalto gli aspetti caratterizzanti nei futuri requisiti di progettazione del prodotto ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile;
    fino ad ora, i requisiti per la progettazione ecocompatibile hanno mirato solo all'efficienza energetica mentre, in futuro, aspetti come la riparabilità, la durata, aggiornabilità, riciclabilità o l'identificazione di alcuni materiali o sostanze vanno affrontati in modo sistemico;
    occorre sostenere un approccio flessibile per salvaguardare la qualità dei materiali nelle batterie nell'obiettivo di una più alta qualità e con meno spreco. Assicurare la qualità dei materiali significa una migliore prestazione del prodotto a beneficio del consumatore a fronte di uno spreco minore. L'obiettivo deve essere perciò quello di aumentare la quantità del materiale riciclato unitamente ad un meccanismo che permetta ai produttori di assicurarne anche la qualità; esso va perseguito con una sinergia industriale sul lato delle comunicazioni per spostare le preferenze verso scelte più sostenibili;
    l'impiego di materie prime derivate dal riciclaggio di batterie potrebbe inoltre essere destinato sia alla «chiusura di una circolarità di settore», cioè come input per la produzione di nuove batterie, sia, relativamente ad alcuni materiali, come lo zinco concentrato ed il nickel, per il recupero e riutilizzo in altri prodotti o processi produttivi, quali la produzione di acciaio inossidabile o processi industriali di elettrolisi;
    va incoraggiato il passaggio a batterie maggiormente performanti con la progressiva sostituzione delle batterie a zinco-carbone e zinco-cloride con l'obiettivo di produrre più energia con minore consumo di materiali; l'industria della produzione di pile portatili ha già raggiunto un ottimo livello di erogazione di energia riducendo la grandezza delle batterie e l'uso di sostanze pericolose, un percorso virtuoso che ben si inserisce perciò nel contesto di un'economia «non lineare», ma «circolare»,
  esprime

UNA VALUTAZIONE POSITIVA

  con le seguenti osservazioni:
   a) occorre valutare di adottare un approccio integrato che si estenda all'intero ciclo di vita del veicolo, anziché alla mera fase finale della vita del prodotto;
   b) occorre valutare di adottare le misure necessarie al fine di ridurre il numero dei veicoli fuori uso che vengono oggi esportati illegalmente in luoghi sconosciuti, facendo perdere all'industria del riciclo grandi quantità di materie prime;Pag. 126
   c) occorre valutare di ridefinire la tracciabilità dei veicoli fuori uso e dei materiali derivanti dal loro trattamento che appare incompleta, a causa della mancata previsione dell'obbligo per i concessionari e per gli impianti di demolizione di dotarsi di sistemi di pesatura del veicolo prima e durante i vari trattamenti che subisce, con conseguente inesattezza dei dati riportati dai registri di carico e scarico rifiuti;
   d) occorre valutare di intervenire in merito alla qualificazione della filiera dei veicoli fuori uso che vengono talora consegnati ad impianti di demolizione di piccolissime dimensioni che si occupano anche del trattamento di altri tipi di rifiuti e non effettuano tutti i trattamenti necessari;
   e) occorrere valutare di sfruttare, attraverso impianti idonei dedicati, il potenziale di recupero energetico del residuo derivante dalla frantumazione dei veicoli (fluff) che include guarnizioni, tessuti, plastiche, residui di pneumatici, che ad oggi viene conferito in discarica;
   f) occorre valutare l'opportunità di portare l'obbligo di rendicontazione dei dati su base almeno biennale;
   g) occorre valutare di eliminare nella direttiva 2000/53/ CE il termine «tranciatura» dalla definizione di «trattamento»;
   h) occorre valutare di prevedere che i rifiuti identificati con i codici CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre componenti pericolose), 16.01.22 (motori e organi di trasmissione non contenenti liquidi né altre componenti pericolose) e 16.01.17, siano avviati a recupero «R4» (riciclaggio/recupero dei metalli e dei composti metallici) esclusivamente presso impianti che effettuano le operazioni di frantumazione e che siano dotati delle migliori tecniche disponibili individuate nel Best Available Technology Reference Documents (BREF);
   i) all'articolo 6 della direttiva 2000/53/CE), andrebbe precisato che le operazioni di trattamento per la depurazione dei veicoli fuori uso di cui all'allegato I, punto 3, siano effettuate entro un termine certo e definito;
   j) si valuti l'opportunità che gli Stati membri adottino i provvedimenti necessari per stabilire criteri e modalità al fine di garantire la tracciabilità dei rifiuti provenienti dal trattamento dei veicoli fuori uso;
   k) si valuti l'opportunità di inserire, nell'ambito delle prescrizioni tecniche minime per il trattamento, contenute nell'allegato I della direttiva 2000/53/CE, la previsione che il sito di trattamento sia dotato di un adeguato sistema di pesatura;
   l) si valuti l'opportunità di aumentare la quantità del materiale riciclato da pile e accumulatori unitamente all'introduzione di un meccanismo che permetta ai produttori di assicurare la qualità del materiale riciclato e di definire politiche di sinergia industriale dalla produzione alla distribuzione, dalla raccolta al recupero, nel settore della comunicazione per spostare le preferenze di cittadini e imprese verso le scelte più sostenibili;
   m) si valuti l'opportunità di incentivare per alcuni materiali presenti nei rifiuti di pile e accumulatori, come lo zinco concentrato ed il nickel, il recupero e il riutilizzo in altri prodotti o in processi produttivi, come quelli della produzione di acciaio inossidabile o industriali di elettrolisi;
   n) si valuti l'opportunità di incoraggiare la progressiva sostituzione delle batterie a zinco-carbone e zinco-cloride per pile maggiormente performanti con l'obiettivo di produrre più energia con minor impiego di materiali;
   o) si valuti l'opportunità di favorire azioni che agevolino la possibilità di raccolta di pile portatili attraverso il circuito della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) riducendo e semplificando gli adempimenti amministrativi.

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ALLEGATO 3

Proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. COM(2015)594.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti COM(2015)594,
   considerato che:
    sussistono enormi differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda il conferimento in discarica dei rifiuti urbani: sei Paesi conferiscono meno del 3 per cento, mentre nove Paesi più del 75 per cento;
    la proposta intende migliorare la qualità, l'affidabilità e la comparabilità dei dati statistici che andranno comunicati annualmente dagli Stati membri, affinché la Commissione possa valutare la conformità con la legislazione in materia di rifiuti in tutti gli Stati membri;
    è condivisibile l'obiettivo della proposta di direttiva della graduale limitazione al 10 per cento entro il 2030 dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani;
    andrebbero valutati gli effetti, sul sistema complessivo di smaltimento, della moratoria per il conseguimento degli obiettivi in favore di taluni Stati membri, e quelli derivanti dalla eventuale modifica o soppressione all'articolo 1, numero 2), lettera c), del paragrafo 6;
    è da valutare positivamente l'eliminazione dell'obbligo a carico degli Stati membri di presentare ogni tre anni le relazioni sullo stato di attuazione che si sono rivelate strumenti inefficaci per verificare la conformità e per garantire la corretta attuazione della normativa, generando oltretutto inutili oneri amministrativi;
    va disciplinato in modo coordinato e uniforme il sistema di prestazione delle garanzie trentennali successive alla chiusura delle discariche;
    va valutata l'opportunità di prevedere una modifica all'allegato I della direttiva, riguardante i «requisiti generali per tutte le tipologie di discariche». Al punto 3.3 della seconda tabella andrebbe sostituita la seconda riga dopo l'intestazione, introducendo la possibilità di ricorrere anche al rivestimento impermeabile artificiale. Questa modifica consentirebbe di estendere il rivestimento impermeabile artificiale anche a quelli di copertura delle discariche che attualmente vengono realizzati con materiali, in particolare le ghiaie, che hanno un costo molto più elevato rispetto ad un rivestimento impermeabile, che comportano per l'estrazione un elevato impatto ambientale ed hanno caratteristiche di permeabilità che favoriscono la produzione di percolato (per infiltrazione delle precipitazioni) e la dispersione in atmosfera di biogas,
  esprime

UNA VALUTAZIONE POSITIVA

  con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti l'opportunità di reintrodurre un divieto giuridicamente vincolante Pag. 128a livello europeo di conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili e recuperabili;
   b) al fine di disincentivare la realizzazione di nuove discariche, all'articolo 1, dopo il numero 3), si valuti l'opportunità di inserire il seguente:
  «3-bis) Dopo l'articolo 5-bis è aggiunto il seguente articolo 5-ter:
  Art. 5-ter. – (Agevolazioni per la chiusura delle discariche). – 1. Gli Stati membri non possono concedere finanziamenti o sussidi per la realizzazione di nuove discariche.
  2. Sono tuttavia ammessi finanziamenti per interventi finalizzati alla chiusura delle discariche o all'avvio e alla conclusione delle bonifiche di siti di discariche preesistenti»;
   c) il raggiungimento dell'obiettivo di conferimento in discarica del 10 per cento dei rifiuti urbani prodotti richiede rilevanti sforzi economici e gestionali ai soggetti competenti: si valuti l'opportunità di individuare tutti gli strumenti utili a consentire la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per promuovere la creazione di un sistema efficace di raccolta differenziata e per la realizzazione degli impianti necessari al trattamento dei rifiuti raccolti, nonché degli impianti di valorizzazione energetica dei rifiuti residui;
   d) si valuti l'opportunità di promuovere l'utilizzo dei sistemi, ivi compresi quelle satellitari, di monitoraggio dei rifiuti, fin dalla fase produttiva ed uniformare le modalità di tracciabilità, al fine di un più efficace controllo della movimentazione nazionale e transnazionale dei rifiuti;
   e) si valutino gli effetti, sul sistema complessivo di smaltimento dell'Unione europea, della moratoria per il conseguimento degli obiettivi in favore di taluni Stati membri, e quelli derivanti dalla eventuale modifica o soppressione all'articolo 1, numero 2), lettera c), del paragrafo 6;
   f) in merito all'allineamento delle definizioni, in linea con le modifiche da apportare alla direttiva quadro sui rifiuti, si valuti di precisare in termini chiari e inequivoci alcune definizioni, in particolare quella di «trattamento» prima del conferimento in discarica, fondamentale ai fini della corretta applicazione della direttiva;
   g) si valuti l'opportunità di modificare la periodicità del sistema di rendicontazione in quanto quella annuale appare eccessivamente gravosa per le amministrazioni competenti; a tale scopo all'articolo 1, numero 6) e all'articolo 15, le parole: «18 mesi» andrebbero sostituite con le seguenti «6 mesi»;
   h) si valuti l'opportunità di provvedere con mirati interventi normativi una maggiore tutela per gli enti beneficiari delle fideiussioni trentennali presentate dai gestori per le attività successive alla chiusura di una discarica e garantite da soggetti che non possiedono i requisiti di affidabilità minimi, poiché privi dei capitali necessari o sono scarsamente solvibili;
   i) all'allegato I, punto 3.3 della seconda tabella, si valuti l'opportunità di modificare la rubrica come segue: «Categoria di discarica: Rifiuti non pericolosi e Rifiuti pericolosi – rivestimento impermeabile artificiale richiesto».

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ALLEGATO 4

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM(2015) 594 final).

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti (COM(2015) 595 final e allegato).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti COM(2015)595,
   premesso che:
    occorre rafforzare l'obiettivo di preservare l'ambiente, rendere l'economia europea più competitiva e favorire una reindustrializzazione sostenibile agendo in tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti: dall'estrazione delle materie prime al design del prodotto, dalla distribuzione al consumo e al loro fine vita;
    un quadro normativo chiaro e stabile è indispensabile per favorire la transizione verso l'economia circolare, un'economia verde e a basse emissioni di carbonio che utilizza con intelligente capacità le risorse; esso deve porsi perciò innanzitutto gli obiettivi di rafforzare le misure di prevenzione dei rifiuti e di favorire lo sviluppo di un mercato efficiente delle materie prime secondarie;
    un importante strumento di prevenzione è l'impiego dei residui produttivi come sottoprodotti per cui è necessario definire un quadro regolamentare chiaro a livello dell'UE; in tal senso è opportuno non modificare la formulazione attuale dell'articolo 5, paragrafo 1, mantenendo la facoltà per la Commissione di definire criteri per l'applicazione dello stato di sottoprodotto, dando, però, priorità alle pratiche collaudate e replicabili di simbiosi industriale;
    in merito alla cessazione della qualifica di rifiuto, oggi disomogenea nell'applicazione nei diversi Stati membri, vanno stabilite previsioni armonizzate sui criteri. È positiva perciò la possibilità per gli Stati membri di stabilire criteri nazionali sulla base di specifiche condizioni indicate all'articolo 6, paragrafo 1 come pure la proposta della Commissione di definire criteri minimi per i sistemi di responsabilità estesa del produttore;
    va altresì incentivata la progettazione di prodotti in grado di essere riutilizzati o riciclati; considerato che l'introduzione di schemi EPR a livello nazionale per vari beni è stato un efficiente strumento per l'ottimizzazione della gestione dei rifiuti è opportuno che l'obbligo di essi sia introdotto a livello dell'Unione con regole armonizzate;
    va meglio definito il concetto di riuso ed inquadrato quale operazione di trattamento come misura di prevenzione ed incentivato da parte degli Stati membri attraverso i Piani di prevenzione nazionale. Per favorirne la loro efficacia è necessario definire a livello comunitario obiettivi minimi armonizzati (come la riduzione Pag. 130del 50 per cento entro il 2030 degli sprechi alimentari e dei rifiuti marini) e indicatori con cui valutare le performance dei diversi Stati;
    al fine di poter comparare i risultati degli Stati membri, è necessario armonizzare la definizione di rifiuti urbani con quella elaborata a fini statistici da Eurostat e dall'OCSE in un unico metodo di calcolo armonizzato per tutti gli Stati membri, basato sull’input del processo finale di riciclaggio e sostenuto da un efficace sistema di rendicontazione che impedisca di indicare i rifiuti smaltiti (mediante collocamento in discarica o incenerimento) come rifiuti riciclati;
    deroghe agli Stati membri, che nel 2013 hanno riciclato meno del 20 per cento dei rifiuti per consentire loro di raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020, 2025 per la preparazione al riutilizzo e riciclaggio, possono essere possibili solo previa presentazione di Piani di attuazione da valutare da parte della Commissione sulla base di specifici parametri;
    sono altresì necessarie misure specifiche per valorizzare i rifiuti organici e definire uno specifico di riciclaggio per sostenere la crescita del mercato per il compostato e digestato oltre che per il biogas. A tal fine, la raccolta differenziata dei rifiuti organici va resa obbligatoria entro il 2020, valutata con specifica metodologia di calcolo per determinare il tasso di riciclaggio, e supportata da adeguati strumenti economici;
   considerato che:
    i dati sul trattamento dei rifiuti urbani mostrano che la percentuale media di riciclo nell'UE è pari al 27 per cento, con enormi differenze tra i diversi Stati membri e che, conseguentemente, l'adozione di una disciplina a livello europeo che stabilisca gli obiettivi da raggiungere in termini uniformi, sia pure con alcune limitate eccezioni, appare pienamente condivisibile e giustificata sotto il profilo del fondamento giuridico;
    rispetto alle originarie proposte avanzate dalla Commissione europea e successivamente ritirate a seguito delle obiezioni sollevate da alcuni Paesi membri, vengono rivisti alcuni obiettivi per quanto concerne l'obbligo di riciclaggio dei rifiuti;
    si rileva con favore il riferimento alla necessità di un raccordo tra la legislazione in materia di rifiuti, di prodotti e di sostanze chimiche, volto a promuovere lo sviluppo del mercato delle materie prime secondarie;
    è necessario un approccio intersettoriale con particolare riferimento all'aggiornamento del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, 1907/2006 (REACH) – che rappresenta il quadro normativo di riferimento per la gestione delle sostanze chimiche – e all'esigenza di privilegiare il recupero dei rifiuti rispetto allo smaltimento in discarica e di ridurre alcune procedure previste dal REACH che possono risultare particolarmente onerose in termini economici e di oneri burocratici;
    l'eliminazione graduale nel mercato fino alla completa sostituzione dei prodotti chimici tossici e pericolosi con altri compatibili sotto il profilo della tutela ambientale rientra nell'ambito del paradigma dell'economia circolare;
    in relazione al settore della carta, è opportuno introdurre ulteriori misure specificamente volte ad incentivare il suo riciclo e a puntare non solo sulla quantità del riciclo stesso, ma anche sulla sua qualità nonché, in un'ottica di sinergia fra settori diversi della bioeconomia, favorire azioni per accrescere la valorizzazione dei materiali contenuti nei rifiuti di carta attraverso forme di simbiosi industriali o comunque per ottimizzare i bilanci ambientali complessivi;
    sono state inserite nuove definizioni tra cui quella di «rifiuti urbani», «rifiuti da costruzione e demolizione», «riempimento» e «processo finale di riciclaggio» e previste nuove disposizioni in materia di regimi di responsabilità estesa Pag. 131del produttore, che definiscono alcuni requisiti minimi al fine di superare le differenze tra i vari Stati membri, nonché nuove disposizioni in materia di prevenzione dei rifiuti che prevedono l'adozione, da parte degli Stati membri, di misure volte ad incoraggiare l'uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse e a ridurre la produzione di rifiuti nei processi relativi alla produzione industriale e di rifiuti alimentari;
    i RAEE sono ricompresi tra i rifiuti ingombranti mentre hanno una normativa a se stante;
    il processo di riciclaggio finale, rispetto all’end of waste, non è ben definito;
    la preparazione al riutilizzo, che ha una rilevanza fondamentale in un processo di economia circolare, è riferibile sia ai rifiuti sia ai prodotti, mentre sarebbe opportuno definire in modo più puntuale e preciso quando un prodotto continua a restare tale, perché riparato o soggetto ad operazioni di manutenzione e quando, invece, deve transitare attraverso il passaggio rifiuto-non rifiuto (EoW);
    negli allegati sono compresi riferimenti alle sostanze radioattive che hanno invece tutt'altra disciplina nella normativa comunitaria;
    nello specifico delle definizioni si osserva che:
     1) la proposta di direttiva che modifica la direttiva 2008/98 in materia di rifiuti introduce una nuova definizione di «rifiuto urbano» che non include i «rifiuti da costruzione e demolizione» (articolo 1, che introduce il punto 1-bis all'articolo 3). Al fine di rendere più chiara e, conseguentemente, più efficace la nuova normativa si reputa indispensabile precisare che l'esclusione riguardante i «rifiuti da costruzione e demolizione» è circoscritta a quelli «di origine non domestica», inserendo, pertanto, nella definizione di rifiuto urbano anche quella di «rifiuto da costruzione e demolizione domestica»; va altresì puntualizzato che non rientrano nella categoria dei rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive.
     2) la nuova definizione di «preparazione per il riutilizzo» contenuta all'articolo 1 rischia di creare confusione poiché unisce le azioni di prevenzione svolte sui prodotti o i componenti di prodotti (che non sono rifiuti) con quelle svolte sui rifiuti;
     3) all'articolo 3:
   a) «Municipal waste» (1a): è positivo che il termine di riferimento assunto sia il rifiuto domestico nel senso che, per essere catalogato come urbano, il rifiuto speciale deve essere ad esso comparabile per natura, composizione e quantità; tra le esclusioni sarebbe perciò il caso di annoverare anche i rifiuti che si formano nelle aree produttive (magazzini compresi), ad eccezione di quelli derivanti da mense, spacci aziendali, uffici e locali aperti al pubblico;
   b) «Preparation for re-use» (16): nella formulazione proposta rappresenta un elemento di certezza la precisazione secondo cui le operazioni per la preparazione per il riutilizzo devono essere svolte da operatori a ciò abilitati; tuttavia occorrerebbe aggiungere che i rifiuti devono essere preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento «in conformità alle norme applicabili a tutela dei consumatori, in particolare in tema di salute e sicurezza» e valutare l'inserimento di apposita operazione di recupero nel rispettivo allegato («R14: preparazione per il riutilizzo»). Di contro, non si comprende perché non sia stata ripresa la precisazione presente nella definizione vigente e cioè quella di «componenti di prodotti diventati rifiuti»; si ritiene necessario mantenere tale precisazione per non creare confusione tra l'operazione di «riutilizzo» (su un prodotto) e «preparazione per il riutilizzo» (su un rifiuto);
   c) «Final recycling process» (17a): la nuova definizione segna un deciso passo avanti verso l'obiettivo di indicare più chiaramente il riciclo finale dei materiali Pag. 132di rifiuto. Essa va letta in combinazione con il successivo articolo 11a) della stessa direttiva e con l'articolo 6a) della nuova direttiva imballaggi, in particolare del paragrafo 1a). In linea con il significato stesso di economia circolare, che si pone l'obiettivo di rigenerare risorse dai rifiuti, va assolutamente salvaguardata la continuità con l'attuale direttiva e con la normativa nazionale vigente, in base alla quale dal processo di riciclo dei rifiuti possono derivare oltre che prodotti, anche materiali o sostanze; in particolare sarebbe opportuno precisare che le operazioni relative alla cessazione della qualifica di rifiuto dovrebbero essere considerate un «processo finale di riciclaggio» se i materiali o le sostanze che cessano di essere considerati rifiuti sono stati oggetto di un'operazione di riciclaggio e mettere a punto i requisiti minimi in materia di qualità e operatività per il riconoscimento di gestori finali del riciclaggio, incluse norme specifiche su raccolta, tracciabilità, verifica e comunicazione dei dati. Di conseguenza la definizione dell'articolo 3, paragrafo 11, dovrebbe essere integrata precisando che il trattamento specifico va finalizzato al riciclaggio;
   d) «Backfilling» (17b): relativamente a tale definizione appare positivo il richiamo generale al concetto di sostituzione al di là dei singoli scopi della pratica di backfilling; tuttavia si ritiene che occorra uno sforzo di chiarimento ulteriore sul significato del termine «idoneo», tramite il riferimento alle norme esistenti (anche di natura tecnica, es. norme UNI);
     4) all'articolo 5, va meglio chiarito che la riformulazione del comma 1 e il combinato disposto col nuovo comma 3 – attribuendo agli Stati membri una funzione di garanzia nell'applicazione delle norme europee e introducendo a tal fine l'espressa facoltà per i singoli Paesi di adottare regole tecniche – non deve essere intesa nel senso di rimettere in discussione le condizioni comunitarie di portata generale, con il conseguente rischio, tra gli altri, di alterare il quadro competitivo all'interno dell'Unione europea. È pertanto preferibile non modificare l'attuale formulazione dell'articolo 5.1, ovvero, in subordine, utilizzare una dicitura del tenore di «incoraggiare» o «promuovere» la valorizzazione, senza dover «assicurare» il rispetto di tali condizioni.
  Con riferimento alle proposte di riformulazione del comma 2 e 3, posto che la definizione di sottoprodotto è già in grado di definire ciò che non è rifiuto, si ritiene utile precisare che il potere degli Stati va esercitato in maniera limitata a specifici flussi «di particolare complessità»;
     5) all'articolo 6, accolto positivamente l'obbligo per gli Stati membri di assicurare la valorizzazione dell’end of waste senza dover per forza operare solo se «non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario», è necessario che i lavori per la definizione dell'eventuale disciplina tecnica non paralizzino la filiera. È opportuno e necessario che gli Stati membri si attivino, nel rispetto della procedura di notifica proposta nel nuovo comma 4, per definire i criteri dell’end of waste mancanti e a tal fine sarebbe opportuno fissare, almeno in fase di recepimento, scadenze brevi per emanare le disposizioni attuative necessarie.
  Per garantire l'armonizzazione tra le diverse normative nazionali dell’end of waste e tra le velocità dei differenti Paesi europei nell'emanazione di questi atti sarebbe utile che la Commissione attivasse un meccanismo di monitoraggio periodico delle situazioni esistenti nei diversi Paesi di modo che, ove riscontrasse difformità tra le normative a livello di Stati membri, anche di ostacolo degli scambi intracomunitari, possa intervenire fissando criteri minimi comuni sulla base delle condizioni per l’end of waste già previste al paragrafo 1;
     6) all'articolo 8a la formulazione del comma 1 appare condivisibile perché definisce con maggior precisione le responsabilità e i ruoli di tutti gli attori coinvolti nell'implementazione del principio dell'EPR. È importante il requisito volto alla definizione dei ruoli di tutti gli operatori privati o pubblici per cui si Pag. 133propone di aggiungere, all'articolo 8a, alla fine del primo alinea del comma 1, l'inciso «prevedendo a tal fine opportune forme di consultazione e partecipazione degli stessi operatori». Per quanto riguarda la «parità di trattamento» e la «non discriminazione» (comma 1, quarto alinea) si ritiene che queste non dovrebbero riguardare solo i produttori, ma anche i fornitori di servizi alle organizzazioni istituite per adempiere all'EPR per conto dei produttori stessi e tutti gli operatori che fanno parte dello schema EPR. La responsabilità estesa del produttore va dunque coniugata anche con il principio di responsabilità condivisa di cui all'articolo 15 della direttiva;
     7) mentre al paragrafo 2 lettera a) dell'articolo 11 gli obiettivi di riciclaggio restano riferiti al 2020 «come minimo a carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici», nelle successive lettere c) e d) gli obiettivi per il 2025 e per il 2030 sono riferiti genericamente alla «preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani»; ciò determina, alla luce dei criteri per il calcolo degli obiettivi introdotti al successivo articolo 11-bis, innanzitutto un aggravio di procedure per il reperimento dei dati necessari e un'indeterminatezza sulle specifiche frazioni merceologiche dei rifiuti da considerare per il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio. Si ritiene opportuno usare lo stesso livello di dettaglio indicato alla suindicata lettera a);
     8) la formulazione proposta nel nuovo articolo 22 della direttiva 2008/98 prevede che la raccolta separata della frazione organica sia effettuata tenuto conto della sua fattibilità sul piano tecnico, ambientale ed economico; è una condizione che non incoraggia però la raccolta della frazione organica. Si propone pertanto di valutare una diversa formulazione, al fine di rendere la raccolta della frazione organica obbligatoria;
    in merito al raccordo tra normativa Reach e sostanze recuperate, è utile aggiungere un ulteriore «considerando» per un approccio organico che tenga conto delle interazioni con il Regolamento CE 1907/2006 (REACH) che rappresenta il quadro di riferimento per la gestione delle sostanze chimiche,
  esprime

UNA VALUTAZIONE POSITIVA

  con le seguenti osservazioni:
   a) occorre valutare attentamente la possibilità di ripristinare, anche parzialmente, gli obiettivi del pacchetto originario in materia di trattamento dei rifiuti, eventualmente ipotizzando il ricorso a tutti gli strumenti utili anche sotto il profilo finanziario, attraverso un sistema di incentivi/disincentivi, in modo da indurre gli Stati membri a realizzare uno sforzo aggiuntivo, premiando i progressi più consistenti;
   b) nell'ottica di un percorso circolare dei rifiuti occorre valutare di sviluppare cicli produttivi corti, multipli e a cascata, dove i primi attuano il recupero dei materiali derivanti dai prodotti a fine vita, i secondi puntano a mantenere i prodotti in uso più a lungo – mediante il riuso, la riparabilità e la manutenzione – e i terzi collegano imprese diverse, per cui gli scarti di una impresa diventano materiali per un'altra;
   c) andrebbe dedicata particolare attenzione, destinando tutte le risorse necessarie allo scopo, all'informazione rivolta a tutti i soggetti che producono rifiuti al fine di promuovere comportamenti virtuosi ed in modo da diffondere la consapevolezza dei vantaggi di una gestione dei rifiuti razionale e compatibile sotto il profilo dell'impatto ambientale nell'ottica di ridurre gli sprechi;
   d) andrebbe configurato un sistema che responsabilizzi pienamente cittadini e imprese in base al principio del «chi inquina paga» e agendo sul piano della fiscalità ambientale, andrebbero incentivati gli investitori privati e istituzionali a porre in essere investimenti sostenibili di lungo periodo a favore delle imprese più Pag. 134innovative ed efficienti, andrebbe migliorata la pianificazione dell'uso delle risorse e delle scelte di materiali sostenibili durante l'intero ciclo di vita, andrebbe favorito l'uso di risorse ambientali rinnovabili e penalizzato quello da fonti fossili; particolare attenzione va prestata con incentivi economici agli investimenti indirizzati all'adozione degli standard stabiliti dalle best practices;
   e) si valuti l'opportunità di configurare la leva tributaria in termini tali da massimizzare i risultati conseguibili, in coerenza con gli obiettivi previsti, incentivando la prevenzione, il riutilizzo e il riciclo; di conseguenza, in materia di fiscalità ambientale, occorre valutare l'opportunità di istituire un regime di IVA agevolata per i manufatti riutilizzabili che siano stati realizzati con una percentuale significativa di materiale riciclato;
   f) andrebbe favorita la condivisione delle best practices relative alle diverse attività connesse sia alla produzione di beni e servizi sia alla gestione dei rifiuti;
   g) occorre valutare l'opportunità di rendere obbligatoria, entro il 2025, la raccolta separata di tutte le frazioni, e non soltanto dell'organico, come era previsto nella proposta originaria;
   h) andrebbe valutata l'opportunità di introdurre misure specifiche per valorizzare i rifiuti organici e definire uno specifico obiettivo di riciclaggio per sostenere la crescita del mercato per il compostato e digestato oltre che per il biogas. A tal fine, la raccolta differenziata dei rifiuti organici va resa obbligatoria entro il 2020, valutata con specifica metodologia di calcolo per determinare il tasso di riciclaggio, e va supportata da adeguati strumenti economici;
   i) andrebbe valutata l'opportunità di definire il concetto di riuso e di inquadrarlo quale operazione di trattamento come misura di prevenzione e di incentivarlo da parte degli Stati membri attraverso i Piani di prevenzione nazionale. Per favorirne la loro efficacia è necessario definire a livello comunitario obiettivi minimi armonizzati (30 per cento in meno di cibo in spazzatura entro il 2025 rispetto ai valori del 2017 e riduzione del 50 per cento entro il 2030 degli sprechi alimentari e dei rifiuti marini) e indicatori con cui valutare le performance dei diversi Stati;
   j) andrebbe precisato che l'esclusione dalla nuova definizione di «rifiuto urbano», che non include i «rifiuti da costruzione e demolizione», è circoscritta a quelli «di origine non domestica»;
   k) andrebbe armonizzata, al fine di poter comparare i risultati degli Stati membri, la definizione di rifiuti urbani con quella elaborata a fini statistici da Eurostat e dall'OCSE in un unico metodo di calcolo armonizzato per tutti gli Stati membri, basato sull'input del processo finale di riciclaggio e sostenuto da un efficace sistema di rendicontazione che impedisca di indicare i rifiuti smaltiti (mediante collocamento in discarica o incenerimento) come rifiuti riciclati;
   l) andrebbe valutato di prevedere che deroghe agli Stati membri, che nel 2013 hanno riciclato meno del 20 per cento dei rifiuti per consentire loro di raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020, 2025 per la preparazione al riutilizzo e riciclaggio, possono essere resi possibili solo previa presentazione di Piani di attuazione da valutare da parte della Commissione sulla base di specifici parametri;
   m) alle modifiche all'articolo 3 della direttiva 2008/98/CE: nella definizione di «Municipal waste» (1a) tra le esclusioni andrebbero annoverati anche i rifiuti che si formano nelle aree produttive (magazzini compresi), ad eccezione di quelli derivanti da mense, spacci aziendali, uffici e locali aperti al pubblico;
   n) nella formulazione di «Preparation for re-use» andrebbe aggiunto che i rifiuti devono essere preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento «in conformità alle norme applicabili a tutela dei consumatori, in particolare Pag. 135in tema di salute e sicurezza», andrebbe valutato inoltre l'inserimento di una specifica operazione di recupero nel relativo Allegato («R14: preparazione per il riutilizzo») e andrebbe mantenuta la precisazione presente nella definizione vigente: «componenti di prodotti diventati rifiuti»;
   o) la nuova definizione «Final recycling process» andrebbe meglio puntualizzata per salvaguardare la continuità con l'attuale direttiva, in base alla quale dal processo di riciclo dei rifiuti possono derivare oltre che prodotti, anche materiali o sostanze; la definizione dell'articolo 3, paragrafo 11, dovrebbe essere integrata precisando che il trattamento specifico va finalizzato al riciclaggio;
   p) relativamente alla definizione «Backfilling» andrebbe valutato uno sforzo di chiarimento ulteriore sul significato del termine «idoneo», tramite il riferimento alle norme esistenti (anche di natura tecnica, es. norme UNI);
   q) all'articolo 5 della direttiva 2008/98/CE, andrebbe meglio chiarita la formulazione del comma 1 e del comma 3 per evitare che possa essere intesa nel senso che si possano rimettere in discussione, da parte degli Stati, le condizioni comunitarie di portata generale, con il conseguente rischio, tra gli altri, di alterare il quadro competitivo nei vari Paese dell'Unione europea; è pertanto preferibile o non modificare l'attuale formulazione dell'articolo 5.1, ovvero, in subordine, utilizzare le parole «incoraggiare» o «promuovere» la valorizzazione anziché «assicurare» il rispetto di tali condizioni;
   r) ai commi 2 e 3 dell'articolo 5 della direttiva 2008/98/CE, si ritiene utile precisare che il potere degli Stati va esercitato in maniera limitata a specifici flussi «di particolare complessità» integrando il comma 2 con le seguenti parole: «di particolare complessità tecnica»;
   s) all'articolo 6 della direttiva 2008/98/CE, sarebbe opportuno fissare, almeno in fase di recepimento, scadenze brevi per emanare le disposizioni attuative necessarie e attivare un meccanismo di monitoraggio periodico delle situazioni esistenti nei diversi;
   t) all'articolo 8 della direttiva 2008/98/CE andrebbe aggiunto, alla fine del comma 1, l'inciso «prevedendo a tal fine opportune forme di consultazione e partecipazione degli stessi operatori». Per quanto riguarda la «parità di trattamento» e la «non discriminazione» si ritiene che queste non dovrebbero riguardare solo i produttori, ma anche i fornitori di servizi alle organizzazioni istituite per adempiere all'EPR per conto dei produttori stessi e tutti gli operatori che fanno parte dello schema EPR;
   u) mentre al paragrafo 2, lettera a) dell'articolo 11 della direttiva 2008/98/CE gli obiettivi di riciclaggio restano riferiti al 2020 «come minimo a carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici», nelle successive lettere c) e d) gli obiettivi per il 2025 e per il 2030 sono riferiti genericamente alla «preparazione per il riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti urbani»; ciò determina, alla luce dei criteri per il calcolo degli obiettivi introdotti al successivo articolo 11-bis, innanzitutto un aggravio di procedure per il reperimento dei dati necessari e un'indeterminatezza sulle specifiche frazioni merceologiche dei rifiuti da considerare per il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio. Si ritiene opportuno usare lo stesso livello di dettaglio indicato alla sopraindicata lettera a);
   v) all'articolo 22 della direttiva 98/2008/CE si propone di valutare una diversa formulazione, al fine di rendere la raccolta della frazione organica obbligatoria;
   w) in merito al raccordo tra normativa Reach e sostanze recuperate, andrebbe aggiunto il seguente ulteriore «considerando» per un approccio organico che tenga conto delle interazioni con il Regolamento CE 1907/2006 (REACH) che rappresenta il quadro di riferimento per la gestione delle sostanze chimiche: Pag. 136«Nella definizione del quadro di riferimento normativo per la gestione dei rifiuti occorre un approccio organico che tenga conto delle interazioni con il Regolamento CE 1907/2006 (REACH) che rappresenta il quadro di riferimento per la gestione delle sostanze chimiche. Ai fini dell'attuazione di tale regolamento un numero sempre maggiore di sostanze chimiche, rintracciabile nei rifiuti da recuperare, potrebbe essere sottoposto a procedure autorizzative o di restrizione. È essenziale, in tale contesto, evitare oneri sproporzionati a carico dei recuperatori e semplificare il quadro generale degli adempimenti per tali attività al fine di perseguire la priorità del recupero dei rifiuti in luogo dello smaltimento in discarica»;
   x) occorre valutare l'opportunità di riferire l'obbligo di rendicontazione dei dati ad un arco temporale triennale, in quanto il sistema di rendicontazione annuale appare eccessivamente gravoso per l'amministrazione pubblica;
   y) in relazione al settore della carta, si segnala l'opportunità di introdurre ulteriori misure specificamente volte ad incentivare il suo riciclo e di puntare non solo sulla quantità del riciclo ma anche sulla sua qualità.

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ALLEGATO 5

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. (COM(2015) 596 final e allegato.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la /direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio COM(2015)596;
   considerato che:
    la proposta di direttiva prevede l'aumento al 65 per cento entro il 2025 dell'obiettivo relativo alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di tutti i rifiuti di imballaggio e la fissazione di obiettivi minimi di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio per alcuni materiali specifici in essi contenuti;
    è previsto l'aumento al 75 per cento entro il 2030 dell'obiettivo relativo alla preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio con la fissazione di obiettivi minimi per alcuni materiali specifici;
    è proposta la semplificazione degli obblighi di comunicazione da parte degli Stati membri e il miglioramento della qualità, dell'affidabilità e della comparabilità dei dati,
  esprime

UNA VALUTAZIONE POSITIVA

  con le seguenti osservazioni:
   a) andrebbe migliorato il metodo di calcolo dell'obiettivo di riciclaggio e portare l'obbligo di rendicontazione dei dati almeno su base biennale;
   b) andrebbe valutato di puntare sullo sviluppo del mercato di materiali e polimeri compostabili (cellulosa, PLA, materbi e altri derivati di amido) che possono essere avviati a riciclo unitamente alla frazione organica;
   c) allo scopo di evitare che l'innalzamento degli obiettivi (ipotizzato nella proposta di revisione all'articolo 6 della direttiva) possa risultare non realistico, andrebbero attentamente valutate le ricadute in termini di aumento dei costi, anche per l'utenza e considerate le esigenze finanziarie che potrebbero derivarne per il sistema di produzione, raccolta e successiva gestione.

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ALLEGATO 6

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni – L'anello mancante – Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare. (COM(2015) 614 final e allegato.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni l'anello mancante – Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare COM(2015)614; la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (COM (2015) 593 def.); la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM (2015) 594 def.); la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/98 relativa ai rifiuti (COM (2015) 595 def.); la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (COM (2015) 596 def.);
   premesso che:
    già nel 2014 la Commissione europea aveva presentato un'ambiziosa iniziativa che prevedeva l'obbligo di riciclare il 70 per cento dei rifiuti urbani e l'80 per cento dei rifiuti di imballaggio entro il 2030, vietando il conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili a partire dal 2025;
    a seguito delle obiezioni e delle perplessità manifestate da alcuni Stati membri, la Commissione europea ha ritirato le proposte iniziali e, successivamente, il 2 dicembre 2015 ha presentato una nuova Comunicazione;
    rispetto alle proposte del 2014, gli obiettivi indicati nel 2015 per quanto riguarda la gestione dei rifiuti sono stati rivisti: la quota di rifiuti urbani da riciclare è passata dal 70 per cento al 65 per cento e dall'80 per cento al 75 per cento quella dei rifiuti di imballaggio. Il divieto di conferimento in discarica entro il 2025 è stato sostituito dalla limitazione al 10 per cento entro il 2030 dello smaltimento in discarica dei rifiuti urbani; l'obiettivo di incrementare la produttività delle risorse del 30 per cento entro il 2030 è stato eliminato e non figura più l'obiettivo di ridurre i rifiuti alimentari di almeno il 30 per cento entro il 2025. Sono state inoltre introdotte deroghe per alcuni Stati membri (Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia), in considerazione delle particolari difficoltà cui essi dovranno far fronte per conseguire i risultati prospettati;
    sebbene meno ambiziose negli obiettivi specifici relativi ai rifiuti, le nuove proposte della Commissione europea ampliano l'ambito della materia oggetto dell'intervento che non è più limitato alla sola gestione dei rifiuti, ma è finalizzato a porre in essere una politica di portata generale che ha come obiettivo il perseguimento di un’«economia circolare», Pag. 139quella che la Ellen MacArthur Foundation definisce come «un'economia pensata per potersi rigenerare da sola»;
   considerato che:
    la proposta della Commissione europea che definisce il Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare prefigura un disegno organico di obiettivi da perseguire e individua, sia pure in linea di massima, gli interventi e le misure da adottare per la loro realizzazione;
    il fine di dare vita a un sistema di economia circolare rappresenta un cambiamento che coinvolge aspetti normativi, produttivi, organizzativi e distributivi, richiede un nuovo approccio culturale e implica una ricaduta significativa sulla vita quotidiana dei cittadini europei e sulle abitudini di milioni di consumatori;
    l'economia mondiale, basata sul modello economico della «economia lineare» (estrai-produci-usa-getta) denota chiari segni di criticità che ultimamente hanno assunto le caratteristiche di una triplice emergenza: l'insostenibilità ecologica, quella economica e quella sociale;
    oggi, globalmente, consumiamo risorse e generiamo rifiuti oltre la capacità dell'ecosistema tanto che nel 2016, l’Earth Overshoot day, il giorno del sovrasfruttamento della Terra, è stato l'8 agosto; ciò significa che, in meno di otto mesi, l'umanità ha consumato completamente il budget di beni e servizi (vegetali, frutta, carne, pesce, legna, cotone, capacità di assorbimento di CO2 e di altri inquinanti, etc...) che il nostro pianeta può fornire in un intero anno;
   tenuto conto che:
    una veloce transizione dall'economia lineare ad una circolare è auspicabile per i seguenti ordini di motivi:
     a) le risorse del Pianeta sono limitate e l'attuale modello economico è insostenibile; per diverse risorse non rinnovabili, come i combustibili fossili, le riserve sono già fortemente intaccate e, per parecchi metalli, si stanno esaurendo i depositi più abbondanti e più facili da utilizzare;
     b) l'Unione europea è il continente più povero di materie prime critiche e, i paesi come l'Italia basati su un sistema produttivo manifatturiero e sull'high tech, affrontano gravi problemi di approvvigionamento (l'Italia importa il 99 per cento delle materie prime critiche e in alcuni casi da Paesi caratterizzati da forte instabilità politica e sociale). L'alta incidenza dei costi delle materie prime, che aumenta sempre più nel tempo, incide pesantemente sulla competitività del sistema produttivo europeo;
     c) il costo delle materie prime e la loro incidenza sul costo finale dei prodotti impongono iniziative eco-innovative in grado di aumentare la produttività delle risorse impiegate e di favorire l'ecoinnovazione di processo, di prodotto e delle modalità di consumo;
    il modello di economia circolare deve fondarsi su un approccio sistemico che favorisca i cosiddetti «fattori abilitanti» con particolare riguardo all'approccio di simbiosi industriale che favorisce e promuove il trasferimento di risorse tra industrie difformi; a nuovi strumenti legislativi per l’End of Waste; alla rivalutazione delle città come «miniere a cielo aperto» per il recupero delle materie prime; allo sviluppo di market place quale luoghi standardizzati di raccolta e reperimento delle materie prime; allo sviluppo della sharing economy e dell'ecodesign e alla diffusione di filiere produttive che partano dai materiali e non dal prodotto;
    secondo un recente studio della Green Alliance, una strategia ambiziosa per l'economia circolare potrebbe creare numerosi posti di lavoro; solo in Italia la piena implementazione dei principi dell'economia circolare lungo l'intera catena del valore – che comprende progettazione, produzione, uso e gestione del fine vita dei prodotti – potrebbe creare 541 mila nuovi posti di lavoro a fronte di soli 35 mila in uno scenario business as usual;Pag. 140
   preso atto che:
    nel documento di «Analisi Annuale della Crescita» la Commissione Europea (AGS 2016) ha sottolineato la necessità di rafforzare le misure che consentano la ripresa economica europea in un'ottica di sostenibilità, promuovendo investimenti, produttività e accelerando il processo di convergenza. Tra queste, figurano misure volte a preservare e mantenere il valore di prodotti, materiali e risorse nell'economia il più a lungo possibile, riducendo al minimo la produzione di rifiuti;
    il Piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare COM(2015)614 costituisce pertanto il progetto più articolato, ambizioso e organico in materia di politica ambientale ed economica tra quelli presentati negli anni più recenti dalla Commissione europea;
    secondo un recente studio l'economia europea è tuttora un modello di spreco nella creazione di valore a causa del suo sistema di produzione e smaltimento (modello «usa-e-getta»); nel 2012, il 60 per cento dei materiali di scarto è stato conferito in discarica o incenerito, mentre solo il 40 per cento è stato riciclato o riutilizzato. In termini di valore, l'Europa ha perso il 95 per cento del materiale e del valore energetico, mentre il riciclaggio dei materiali e il recupero energetico dai rifiuti ha recuperato solo il 5 per cento degli originali valori delle materie prime. Anche il riciclaggio più efficiente, come quello dell'acciaio e della carta, perde tutt'oggi dal 30 al 75 per cento del valore materiale incorporato nel ciclo prima dell'uso. In pratica, l'Europa utilizza materiali una volta sola;
    per quanto riguarda i rifiuti alimentari, si stima che nell'Unione europea si sprechino ogni anno circa 180 chilogrammi di alimenti pro capite, per un totale di 100 milioni di tonnellate, che un terzo del cibo sia perso o trasformato in rifiuto e che nelle case venga gettato via il 25 per cento del cibo acquistato;
    la costruzione e la demolizione sono, invece, i settori che generano in Europa i maggiori volumi di rifiuti: ogni anno se ne producono 1.000 kg. pro-capite, circa 500 milioni di tonnellate in tutta l'Unione europea ed i materiali di valore che contengono non sempre sono identificati e recuperati;
    utilizzando come indicatore di circolarità il rapporto tra il totale di materiale recuperato e il totale di materiale consumato, risulta che l'Europa nel 2015 è stata «circolare» solo per il 20 per cento; la situazione attuale evidenzia, pertanto, che ci sono ampi margini di miglioramento e che l'attenzione posta dalla Commissione europea con il Piano è pienamente meritoria in quanto suscettibile di assicurare rilevantissimi progressi all'Unione europea;
    con il Piano d'azione per l'economia circolare la Commissione europea mira anche a conseguire considerevoli vantaggi economici attraverso la promozione di ingenti risparmi per l'acquisizione, presso fornitori esterni, di materie prime e risorse da impiegare nei processi produttivi, nonché ad offrire enormi opportunità di avanzamento tecnologico, per la maggiore domanda che il Piano può alimentare di tecnologie «di frontiera» e di attività ad elevato valore aggiunto che implicano competenze non facilmente disponibili, in assenza di politiche adeguate di formazione e nuovi opportunità occupazionali;
   ritenuto che:
    debba essere valutato favorevolmente l'obiettivo di armonizzare le definizioni presenti nelle direttive in materia di rifiuti per allinearle al catalogo europeo dei rifiuti (CER), al fine di evitare ambiguità e disporre di dati comparativi sui progressi compiuti da Stati membri ed enti locali e regionali;
    debba essere apprezzata l'introduzione di condizioni minime operative per l'applicazione della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), strumento efficace per la gestione dei rifiuti dal momento che contribuisce a favorire il riutilizzo, la Pag. 141prevenzione, riciclo e recupero degli stessi, fermo restando che va posta estrema attenzione nell'individuare un «modello unico ed ideale» di EPR da poter applicare uniformemente a livello europeo;
   evidenziata l'esigenza di precisare i requisiti minimi di qualità per gli alimenti e di definire una procedura standard minima per il loro recupero a garanzia della sicurezza alimentare, applicabile uniformemente negli Stati membri;
   ribadita la richiesta di stabilire ulteriori obiettivi in materia di riutilizzo che siano vincolanti, indipendenti e definiti per flussi specifici di rifiuti, in particolare per i mobili, i tessuti e i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE);
   sottolineata l'importanza di prevedere l'obbligo per gli Stati membri di riferire sui rifiuti industriali e per l'Agenzia europea per l'ambiente di monitorare e riferire a tale riguardo entro il 2020, definendo obiettivi di preparazione al riutilizzo e al riciclaggio di tali rifiuti;
   riconosciuta la necessità di progressive restrizioni allo smaltimento in discarica, sostenendo il divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti oggetto di raccolta differenziata e dei rifiuti organici;
   ritenuto essenziale confermare il mantenimento dell'obbligo di presentazione di piani di attuazione con calendari dettagliati delle azioni necessarie per conseguire gli obiettivi prescritti, anche nel caso delle deroghe sugli obiettivi per i rifiuti urbani e lo smaltimento in discarica per taluni Stati membri;
   valutata l'ampia delega che le proposte di direttiva conferiscono alla Commissione europea nell'adottare atti delegati, invitando i legislatori nazionali a limitarne l'impiego;
   considerato, inoltre, che:
    è auspicabile coinvolgere le istituzioni nazionali e territoriali in attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul tema dell'economia circolare, anche attraverso strumenti quali quello ad esempio attivato da alcune regioni italiane con l'istituzione di «Forum dell'economia circolare»;
    la leva fiscale ha potenzialità enormi per stimolare un modello di sviluppo basato sulla circolarità ed è perciò importante che le politiche fiscali degli Stati Membri orientino i modelli di produzione e consumo secondo gli obiettivi contenuti nel Piano d'Azione per l'economia circolare;
    le PMI rappresentano più del 98 per cento delle imprese europee, forniscono oltre il 67 per cento dell'occupazione totale nell'Unione e il 58 per cento del valore aggiunto lordo e sono driver essenziali per la crescita economica dell'Europa e la creazione di posti di lavoro nel settore dei beni e servizi ambientali per cui è opportuno prevedere strumenti che possano essere compatibili con le loro caratteristiche ed esigenze;
    la proposta della Commissione europea appare rispettosa del principio di sussidiarietà, pur presentando aspetti di criticità rispetto alla puntuale applicazione del criterio di proporzionalità;
    nell'ottica del superamento del modello di economia lineare in favore di quello circolare la normativa comunitaria necessita di essere adeguata cogliendo concetti basilari quali quello di «prodotto come servizio», co-uso del prodotto, riutilizzo, ricondizionamento del prodotto, rigenerazione dei singoli componenti, riciclo, estensione della vita dei prodotti (opposto a quello di obsolescenza pianificata e della progettazione circolare), downcycling (processo di conversione di materiali esistenti in materiali di minore qualità o con funzionalità ridotta), upcycling (processo di conversione biochimica di materiali in nuovi materiali di qualità più elevata e maggiore funzionalità), compostaggio, digestione anaerobica, simbiosi industriale per disegnare un sistema caratterizzato da rapporti di interdipendenza funzionale in cui i prodotti di scarto di una linea di lavoro diventano un prezioso input per le altre linee; Pag. 142
   richiamata la risoluzione (Doc. XVIII, n. 80), approvata dalla 13a Commissione permanente del Senato il 19 novembre 2014, sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti (COM (2014) 398 definitivo);
   richiamata, inoltre, la risoluzione (Doc. XXIV, n. 51), approvata dalla 13a Commissione permanente del Senato, il 30 luglio 2015, a conclusione dell'esame dell'affare assegnato sugli esiti della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso un'economia circolare: Programma per un'Europa a zero rifiuti» e della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2008/98/CE relativa ai rifiuti, 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
   preso atto delle risultanze della documentazione pervenuta alla Commissione Ambiente della Camera dei Deputati da parte di portatori di interesse pubblici e privati in relazione al complesso di misure sull'economia circolare,
  esprime

UNA VALUTAZIONE POSITIVA

  con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti l'opportunità di prevedere, ai fini dell'attuazione in termini concreti del Piano d'azione, la definizione e l'implementazione di un complesso di azioni e interventi coordinati che rispondano ad una logica organica e non si contraddicano, anche allo scopo di massimizzare i risultati conseguibili con le risorse che risulteranno disponibili. A tal fine, sarebbe necessario definire un quadro coerente di misure puntuali, secondo una scansione temporale chiara, che agiscano nella medesima direzione e che consentano di tradurre in termini realistici gli ambiziosi obiettivi delineati dalla Commissione europea;
   b) andrebbe considerata la necessità di orientare gli strumenti e le politiche europei sulla base dei criteri e degli obiettivi prioritari, utilizzando tutte le risorse che si possono liberare per lo sviluppo dell'economia circolare, eventualmente rimettendo in discussione incentivi e agevolazioni attualmente esistenti che non risultino coerenti con gli indirizzi generali del Piano d'azione;
   c) andrebbe attivato un sistema di monitoraggio, sia a livello europeo sia a livello nazionale, che misuri i risultati ottenuti e i progressi conseguiti nonché l'efficacia delle politiche messe in atto anche al fine di adottare, se del caso, le opportune misure correttive;
   d) andrebbe previsto in parallelo un piano europeo della formazione per sviluppare le competenze necessarie alla crescita dell'economia circolare e rafforzare il capitale umano, migliorare le conoscenze per l'individuazione e l'adozione di tecnologie avanzate «di frontiera» e per il ricorso a processi produttivi particolarmente evoluti e suscettibili di assicurare un elevato valore aggiunto, in modo da cogliere le opportunità che si offrono per creare una nuova occupazione di qualità;
   e) andrebbe valutata l'opportunità di intervenire sul terreno dell'informazione alla generalità dei cittadini oltre che delle imprese, per indurre il cambiamento delle consuetudini e dei comportamenti e la consapevolezza dei vantaggi e delle potenzialità delle politiche proposte;
   f) accanto alla previsione di incentivi, in forma di agevolazioni e finanziamenti, andrebbe ridefinito il sistema sanzionatorio rendendolo più efficace per punire comportamenti incoerenti con gli obiettivi indicati;Pag. 143
   g) andrebbero utilizzati gli strumenti di programmazione di carattere generale e la leva fiscale per guidare l'attuazione e la promozione dell'economia circolare, in particolare prevedendo che gli obiettivi indicati rientrino sistematicamente nei Piani nazionali di riforma nell'ambito del ciclo annuale di bilancio;
   h) andrebbero individuate misure destinate specificamente alle PMI per consentire loro di sfruttare appieno le opportunità che si apriranno nello spazio dell'economia circolare, con particolare riguardo all'accesso al credito;
   i) andrebbero previste misure di trasparenza, cogliendo tutte le opportunità offerte dal green public procurement (GPP), inserendo sistematicamente, negli appalti della pubblica amministrazione, precisi criteri ambientali accanto ai criteri economici, riducendo altresì l'importo delle garanzie richieste per gli operatori economici in possesso di specifiche qualificazioni ambientali e assicurando la preferenza nella partecipazione agli appalti alle imprese in possesso di certificazioni ISO o EMAS;
   j) andrebbe promossa e finanziata la progettazione di prodotti di lunga durata, facilmente riparabili, riusabili e riciclabili, penalizzando il ricorso a prodotti di rapida obsolescenza;
   k) andrebbero previste cospicue misure di sostegno alla ricerca e alla eco-innovazione al fine di sviluppare tecnologie del riciclo, ad esempio nel settore della plastica puntando su materiali e polimeri compostabili (cellulosa, PLA, materbi e altri derivati di amido) da avviare a riciclo assieme alla frazione organica, investendo maggiormente nella ricerca nel campo dell'utilizzo di CO2 quale materia prima chimica, al fine di offrire ulteriori opportunità per chiudere il ciclo del carbonio.
   l) si valuti l'opportunità di fissare target più ambiziosi in relazione al riciclo dei rifiuti urbani, degli imballaggi e per quel che concerne la riduzione dei conferimenti in discarica;
   m) si valuti l'opportunità di introdurre una definizione unica di rifiuto urbano e si adotti un metodo di calcolo delle quantità avviate a riciclo, unico ed armonizzato per tutti gli Stati membri dell'Unione, valutando l'opportunità di fissare un unico punto di misurazione come «l'input nel processo finale di riciclo»;
   n) si valuti l'opportunità, con scadenze ravvicinate, di opportuni target di riciclo per i rifiuti prodotti da attività commerciali ed industriali;
   o) si valuti l'opportunità di un pieno sostegno allo sviluppo della raccolta differenziata di qualità quale base per raggiungere obiettivi ambiziosi di riciclo e preparazione al riutilizzo; si valuti pertanto l'opportunità di eliminare la limitazione per cui i sistemi di raccolta differenziata debbano realizzarsi solo laddove sia «tecnicamente, economicamente ed ambientalmente praticabile» introducendo eventuali deroghe solo per le aree scarsamente popolate.