CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 3 novembre 2016
717.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca (n. 329).

PARERE APPROVATO

  La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione),
   visto lo schema di decreto legislativo di attuazione dell'articolo 13, della legge n. 124 del 2015;
   udita la relazione del deputato Dallai nella seduta del 20 settembre 2016;
   preso atto dei contributi dei soggetti ascoltati nelle audizioni, svolte in sede congiunta con l'omologa Commissione del Senato, nelle sedute del 29 settembre e del 12 e 13 ottobre 2016 e udito il dibattito nelle sedute del 19 e 25 ottobre e del 2 e 3 novembre 2016, ai cui resoconti integralmente si rimanda;
   considerato che l'articolo 13 della legge delega prevede, quali principi e criteri direttivi, in estrema sintesi, l'inquadramento della ricerca pubblica in un sistema di regole più snello e più appropriato a gestirne la peculiarità dei tempi e delle esigenze, nel campo degli acquisti, delle partecipazioni internazionali, dell'espletamento e dei rimborso di missioni fuori sede, del reclutamento, delle spese generali e dei consumi e in tutte le altre attività proprie degli enti pubblici di ricerca;
   considerato, altresì, che tra i principi e criteri direttivi vi è anche la definizione di regole improntate alla responsabilità e all'autonomia decisionale, anche attraverso la riduzione dei controlli preventivi e il rafforzamento di quelli successivi, nonché la razionalizzazione e la semplificazione dei vincoli amministrativi, limitando questi ultimi prioritariamente a quelli di tipo budgettario;
   visto il parere del Comitato per la legislazione, richiesto dal prescritto quorum ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 3, del Regolamento della Camera;
   visto altresì il parere della Conferenza unificata di cui al decreto legislativo n. 281 del 1997;
   visto il parere del Consiglio di Stato, reso a seguito dell'adunanza della Commissione speciale del 14 settembre 2016, trasmesso alla Commissione cultura il 28 ottobre 2016;
   visti i rilievi della XIII Commissione Agricoltura;
   ritenuto favorevolmente che lo schema di decreto legislativo concepisce una complessiva semplificazione del regime giuridico degli enti di ricerca, conferendo loro omogeneità e consentendo la definizione di un contesto unitario. Inoltre, è configurata una più marcata autonomia degli enti di ricerca, funzionale al raggiungimento dei loro scopi istituzionali. È poi introdotto il principio della responsabilità gestionale, in attuazione del criterio di delega sull'autonomia di tipo budgettario;
   considerato altresì che l'esame dello schema e le audizioni svolte hanno rivelato alcuni profili problematici che di seguito si elencano:
    1. all'articolo 2, il richiamo alle fonti dell'Unione europea dovrebbe essere più preciso, come osserva anche il Consiglio di Stato;Pag. 100
    2. all'articolo 5, comma 3, si prevede che il fondo ordinario per gli enti di ricerca sia ridotto di 68 milioni di euro e che tale somma sia destinata in modo strutturale alla quota premiale. Tale previsione appare in contrasto con l'orientamento più volte espresso dalla Commissione cultura, ai sensi del quale la quota premiale deve essere aggiuntiva rispetto al fondo ordinario e non a scomputo; inoltre l'articolo 5, comma 5, nel modificare il decreto legislativo n. 204 del 1998, sopprime la previsione del parere parlamentare sul decreto di riparto dei fondi, aspetto non contemplato nella legge delega. Rilievi simili sono presenti anche nel parere del Consiglio di Stato;
    3. all'articolo 8, viene affrontato il complesso tema dei vincoli di spesa per le assunzioni. È condivisibile il principio di un tetto alle spese per il personale, anche per indurre una coerenza programmatica (alla luce dei piani triennali che ciascun ente adotterà) e una sostenibilità finanziaria negli enti di ricerca. A tal fine, però, si stabilirebbe che gli enti devono calcolare un indicatore, al cui numeratore è posto il totale delle spese per il personale di competenza nell'anno di riferimento e al denominatore il totale del contributo ordinario dallo Stato per lo stesso anno. Tale rapporto non può essere superiore all'80 per cento. Questo meccanismo di calcolo, come peraltro è stato anche sottolineato da molti soggetti ascoltati e come, in buona sostanza, rilevato dal Consiglio di Stato, appare troppo rigido. Nel caso di alcuni enti, esso precluderebbe le assunzioni tout court, preso di per sé o combinato con la disposizione sul turn-over. È necessario – proprio per non determinare un improvviso e duraturo blocco delle assunzioni – che nel denominatore sia inserita una media del totale delle entrate di tutte le tipologie dell'ente. Per esempio, la Commissione valuta che – in coerenza con l'elaborazione dei piani triennali – il totale delle entrate possa essere calcolato come la media degli apporti finanziari dell'ultimo triennio;
    4. all'articolo 11, comma 3, è previsto che – sempre secondo i criteri aritmetici previsti nell'articolo 8 – gli enti non possano assumere personale tecnico-amministrativo in misura superiore al 30 per cento delle possibilità assunzionali, ciò che non tiene conto, in diversi casi, dell'importanza del ruolo svolto da tale tipo di personale, anche in ragione delle specifiche funzioni istituzionali attribuite ai diversi enti;
    5. nell'articolo 15, si prevede la facoltà di assumere, nel complesso, fino al 10 per cento dell'organico di ricercatori e tecnologi, personalità di eccellenza, senza le ordinarie procedure di concorso. Tale disposizione, analoga a quelle previste in campo universitario dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 230 del 2005 e da successive disposizioni, da ultimo, dalla legge di stabilità per il 2016, se pone problemi in parte superabili di deroga al principio del concorso pubblico, dovrebbe comunque essere limitata al massimo al 5 per cento dell'organico e finanziata con risorse aggiuntive (come del resto previsto in ambito universitario);
    6. pur senza riferimenti specifici alle disposizioni dello schema, resta aperto il problema, sollevato dal Presidente della Conferenza dei presidenti degli enti e anche durante la discussione in Commissione, inerente alle indennità concesse ai ricercatori e tecnologi a causa di incarichi e mansioni superiori che, riconosciute indebite in un momento successivo – vengono ora chieste in restituzione dagli enti con trattenuta sulle retribuzioni mensili, ciò che da origine a contenzioso poco funzionale alla vita degli enti (v. articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 1991);
    7. si resta in attesa di valutare l'efficacia e l'utilità della scelta di ridurre i comparti della contrattazione nel pubblico impiego, accorpando il settore della ricerca all'università e alla scuola;
    8. appare di utilità valutare l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un'apposita struttura di Pag. 101missione con compiti con compiti consultivi inerenti alle linee strategiche della ricerca pubblica, alla semplificazione delle procedure in relazione alle esigenze della programmazione europea e alla valutazione degli effetti delle misure in relazione alle priorità strategiche nazionali,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1. l'articolo 2, comma 1, sia sostituito dal seguente: «Gli enti di cui all'articolo 1, comma 1, recepiscono nei propri statuti e regolamenti la raccomandazione della Commissione europea EUR 21620 dell'11 marzo 2005, relativa alla Carta europea dei ricercatori e al Codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori, onde garantire, tra l'altro, la libertà di ricerca, la portabilità dei progetti, la valorizzazione professionale, la tutela della proprietà intellettuale, adeguati sistemi di valutazione e la più ampia partecipazione alle fasi decisionali per la programmazione e lo svolgimento della ricerca»;
   2. all'articolo 5, siano soppressi i commi 3, 4 e 5;
   3. all'articolo 8, il comma 2 sia sostituito con il seguente: «L'indicatore del limite massimo alle spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell'anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell'ente come risultante dai bilanci consuntivi dell'ultimo triennio. Negli enti tale rapporto non può superare l'80 per cento, salvo quanto previsto dal comma 7.»;
   4. all'articolo 8, comma 4, le parole da: «dell'entrate derivanti» fino alla fine del comma siano sostituite dalla seguenti: «di quelle sostenute per il personale a contratto a tempo determinato la cui copertura sia stata assicurata da finanziamenti esterni di soggetti pubblici o privati.»;
   5. all'articolo 11, il comma 3 sia soppresso;
   6. all'articolo 11, il comma 5 sia sostituito dal seguente: «5. La facoltà degli enti di reclutare il personale corrispondente al proprio fabbisogno nei limiti stabiliti dall'articolo 8, commi da 2 a 4, non è sottoposta a ulteriori vincoli»;
   7. all'articolo 15, comma 1, primo periodo, le parole «del 10 per cento dell'organico dei ricercatori e tecnologi nei limiti delle disponibilità di bilancio» siano sostituite dalle seguenti «del 5 per cento dell'organico dei ricercatori e tecnologi e a condizione che siano contabilizzate entrate ulteriori a ciò appositamente destinate»;
   8. all'articolo 17, comma 1, siano soppresse le parole «oppure in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi»;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) si valuti l'introduzione nel testo di una disposizione aggiuntiva che contempli l'istituzione di un'unità di missione presso la Presidenza del Consiglio, secondo il seguente testo: «È istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un'unità di missione, formata da esperti di alta qualificazione, da rappresentanti dei presidenti degli enti pubblici di ricerca e da rappresentanti dei rettori delle università italiane, con compiti consultivi inerenti alle linee strategiche della ricerca pubblica, alla semplificazione delle procedure in relazione alle esigenze della programmazione europea e alla valutazione degli effetti delle misure in relazione alle priorità strategiche nazionali»;
   b) si esamini l'urgenza di chiarire in via interpretativa la disciplina applicabile ai rapporti aperti od oggetto di contenzioso relativi alla corresponsione delle indennità di cui all'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 1991;
   c) si valuti l'opportunità di armonizzare la disciplina della nomina dei presidenti degli enti di ricerca, in vista di un'ulteriore semplificazione del quadro normativo vigente.

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ALLEGATO 2

5-09922 Vezzali: Sulle misure necessarie a far riprendere le attività scolastiche interrotte a causa del terremoto del 30 ottobre 2016 e sulla messa in sicurezza delle sedi universitarie della regione Marche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  On.le Vezzali,
  la Task Force del Miur, operativa sin dalle prime ore successive al sisma del 24 agosto, sta ora lavorando incessantemente con la Protezione civile per ascoltare tutti i dirigenti scolastici dei comuni coinvolti per trovare insieme – come più volte ribadito dal Presidente Renzi – le soluzioni più adatte per consentire il regolare svolgimento dell'anno scolastico anche nelle zone colpite dal più recente sisma.
  La Task Force si sta occupando, precisamente, di contattare tutti i dirigenti scolastici delle scuole interessate dall'ultimo terremoto al fine di valutare tutte le esigenze per garantire una celere ripresa delle attività didattiche e sta partecipando alle riunioni con la Protezione civile, i sindaci e i referenti regionali per avere un quadro aggiornato delle inagibilità delle strutture scolastiche, in attesa delle formali verifiche della Protezione civile: c.d. Schede AEDES. Pertanto, i dati relativi alle istituzioni scolastiche che consentiranno lo svolgimento delle attività in sicurezza saranno conoscibili solo all'esito delle verifiche della Protezione civile tramite le citate schede AEDES.
  All'esito delle verifiche e in caso di inagibilità degli edifici si procederà con la fornitura dei moduli provvisori ad uso scolastico, mentre saranno valutate caso per caso le situazioni di inagibilità parziale. Nel caso di istituzioni scolastiche dichiarate agibili si procederà, invece, con l'organizzazione di doppi turni al fine di consentire una rapida ripresa delle attività didattiche.
  La Task Force, inoltre, sta anche coordinando l'attività delle associazioni di volontariato presenti sul territorio per assicurare un sostegno per le scuole colpite dal sisma. L'attività prevede un supporto psicologico, ma anche un'assistenza nell'organizzazione dell'attività didattica.
  Dopo il 26 ottobre la popolazione scolastica delle aree coinvolte è stata quantificata in circa 10.000 studenti, con la nuova importante scossa della scorsa domenica stiamo riconsiderando il numero.
  In ogni caso, la scuola sarà garantita a tutti, l'anno scolastico sarà salvaguardato.
  Posso assicurare che nel prossimo CDM saranno adottate tutte le misure specifiche per accelerare le procedure e saranno messe a disposizione ulteriori risorse. Stiamo prestando particolare attenzione anche al sistema universitario, mi riferisco, principalmente all'Università di Camerino, cittadina particolarmente messa alla prova dopo la scossa di domenica 30 ottobre.
  Le misure che saranno adottate nel prossimo CdM, si aggiungono a quelle già messe in campo a favore delle aree colpite dal sisma del 24 agosto scorso.
  Ricordo, tra l'altro, che sono già stati stanziati 15,6 milioni di euro per le scuole dei comuni toccati dal terremoto e 3,5 milioni di euro per finanziare indagini diagnostiche sugli elementi strutturali e non strutturali dei solai e controsoffitti delle scuole.
  4,1 milioni sono stati destinati ad interventi di carattere strutturale e di adeguamento a norma degli edifici scolastici più colpiti dal sisma. Altri 3,8 milioni di Pag. 103euro serviranno per interventi di adeguamento sismico delle scuole delle quattro regioni colpite dal sisma (fondi ex Protezione Civile).
  Sul fronte dell'offerta formativa, gli oltre 4,2 milioni assegnati saranno così ripartiti: 1,7 milioni saranno utilizzati per continuare a garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche curricolari ed extra curricolari, trasporti scolastici, allestimento e arredo delle aule e degli ambienti supplementari, libri di testo e materiale didattico anche digitale, servizi di refezione, servizi di accessibilità per alunni e studenti disabili. Con 1,6 milioni saranno finanziati interventi integrativi al Programma Nazionale «La Scuola al Centro» (apertura pomeridiana delle scuole) nelle regioni colpite dal sisma. Altri 600.000 euro saranno utilizzati per la realizzazione di progetti per ripristinare l'attività didattica ordinaria e ridurre il disagio sociale. I restanti 350.000 euro verranno impiegati per un piano di attività motorie, la partecipazione ai campionati studenteschi, ai mondiali International School Sports Federation e per l'acquisto di arredi o attrezzature per le attività sportive.
  In accordo con la Protezione civile e con l'INGV, il Miur ha presentato il 24 ottobre scorso un piano di formazione rivolto alle scuole dei territori interessati, per fornire informazioni utili alla gestione del rischio sismico, alla conoscenza del proprio territorio e alla sicurezza degli edifici.

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ALLEGATO 3

5-09923 Simone Valente: Sul potenziamento delle attività motoria e sull'istituzione del ruolo di insegnante di educazione motoria nella scuola primaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  On.le Valente,
  questo Ministero riconosce un ruolo fondamentale all'attività motoria per l'assunzione di corretti stili di vita e per una sana crescita.
  Nelle «Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione», emanate con decreto ministeriale n. 254 del 2012 si legge, tra l'altro, che «nel primo ciclo l'educazione fisica promuove la conoscenza di sé e delle proprie potenzialità nella costante relazione con l'ambiente, gli altri, gli oggetti. Contribuisce, inoltre, alla formazione della personalità dell'alunno attraverso la conoscenza e la consapevolezza della propria identità corporea, nonché del continuo bisogno di movimento come cura costante della propria persona e del proprio benessere».
  Tant’è che, come da lei ricordato, la legge n. 107 ha individuato alla lett. g) del comma 7, tra gli obiettivi formativi prioritari: «potenziamento delle discipline motorie e sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all'alimentazione, all'educazione fisica e allo sport, e attenzione alla tutela del diritto allo studio degli studenti praticanti attività sportiva agonistica;».
  Alla luce di ciò, nell'ambito dell'organico dell'autonomia, assegnato agli istituti comprensivi, possono essere adottate delle soluzioni, attraverso il Piano triennale dell'offerta formativa, che prevedano la presenza dell'insegnante di educazione fisica nella scuola primaria in virtù di quanto previsto dal comma 20 della stessa legge 107 che recita «Per l'insegnamento della lingua inglese, della musica e dell'educazione motoria nella scuola primaria sono utilizzati, nell'ambito delle risorse di organico disponibili, docenti abilitati all'insegnamento per la scuola primaria in possesso di competenze certificate, nonché docenti abilitati all'insegnamento anche per altri gradi di istruzione in qualità di specialisti, ai quali è assicurata una specifica formazione nell'ambito del Piano nazionale di cui al comma 124».
  Attraverso le citate disposizioni, è stato possibile rendere più stabile e continuativo l'insegnamento dell'educazione fisica nelle classi di scuola primaria, in continuità con l'attuazione dei progetti di alfabetizzazione motoria già avviati e che si intendono proseguire.
  Difatti, proprio per l'importanza che riveste l'attività motoria e l'educazione fisica nell'età dello sviluppo, il Miur da tempo svolge un'opera di promozione della stessa nella scuola primaria in sinergia con il Coni (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), con il CIP (Comitato Italiano Paralimpico) e con le Federazioni sportive nazionali. In particolare, evidenzio il progetto «Sport di Classe», co-finanziato dal CONI e dal MIUR, che coinvolge tutte le regioni italiane e più di 3000 istituti scolastici. Nel progetto è prevista per le classi aderenti la presenza del tutor specializzato. Tale figura viene selezionata tramite un bando nazionale che richiede, tra i requisiti d'accesso, il possesso della Laurea in Scienze motorie o il Diploma ISEF.
  Ricordo, che con l'organico per il potenziamento (fase C piano assunzionale), Pag. 105abbiamo già immesso in ruolo, nella scuola secondaria di primo grado, 855 insegnanti di educazione motoria; nel triennio ne saranno assunti circa 1000 (984 per la precisione).
  Concludo, inoltre, evidenziando che il decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2009 sulla revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione non prevede per la scuola primaria un quadro orario settimanale con la definizione del numero minimo di ore da dedicare alle diverse discipline, ivi compresa l'educazione motoria. Spetta pertanto a ciascuna istituzione scolastica, nell'ambito della propria autonomia didattica e organizzativa, l'elaborazione del curricolo d'istituto, la definizione dei modelli e dei quadri orari, l'eventuale aggregazione delle discipline in aree, tenendo a riferimento le citate Indicazioni Nazionali per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione. È, infine, appena il caso di ricordare che gli insegnanti nella scuola primaria sono docenti generalisti e non sono previste classi di concorso specifiche per ciascuna disciplina come, invece, previsto nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Ciò al fine di garantire unitarietà dell'insegnamento nella particolare fascia di età considerata in cui gli apprendimenti disciplinari devono essere strettamente connessi tra loro, evitando la frammentazione disciplinaristica.

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ALLEGATO 4

5-09924 Pannarale: Sulla disciplina del reclutamento straordinario per chiamata diretta di docenti universitari di elevato e riconosciuto merito scientifico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  On.le Pannarale,
  come ben sa, la procedura di selezione per chiamata diretta di studiosi di elevato e riconosciuto merito scientifico è stata prevista ai commi da 207 a 212 della legge di stabilità per il 2016, la legge 28 dicembre 2015 n. 208.
  Non può sfuggire, dunque, che la finalità della norma in questione è quella di prevedere una procedura a carattere straordinario al fine di accrescere l'attrattività e la competitività internazionale del sistema universitario italiano: 500 cattedre aggiuntive, basate su una procedura altamente selettiva che dia le massime garanzie di qualità per gli atenei italiani. La straordinarietà, per altro, è stata garantita dal comma 208 della stessa legge attraverso la deroga alle norme sul reclutamento dei professori universitari previste dal combinato disposto degli articoli 16 e 18 della legge n. 240 del 2010.
  Ciò posto, il suo quesito si appunta sul DPCM attuativo delle procedure di selezione ed in particolare sulle procedure di nomina delle Commissioni giudicatrici e sulle modalità di ripartizione delle cattedre che favorirebbe il settore «Glottologia e linguistica».
  Con riguardo alla prima questione le segnalo che, al fine di garantire l'imparzialità delle nomine dei componenti, lo schema di decreto in parola, attualmente all'esame del Consiglio di Stato e in procinto di arrivare per i pareri di rito alle competenti Commissioni parlamentari, prevede quanto segue:
   1) i 50 commissari sono scelti – secondo precisi titoli preferenziali – tra coloro che sono inseriti in una lista predisposta dall'ANVUR per ciascuna delle aree ERC e in possesso della qualifica di professore ordinario di ruolo, presso università italiane, aventi una posizione di riconosciuto prestigio scientifico nel panorama internazionale;
   2) i presidenti, a loro volta, vengono nominati tra studiosi di elevatissima qualificazione scientifica, al vertice di istituzioni universitarie o di ricerca estere o internazionali e che ricoprono una posizione equipollente a quella di professore ordinario.

  In merito alla seconda questione da lei sollevata, posso assicurare che non trova alcun fondamento la notizia che la ripartizione dei posti favorirebbe «Glottologia e linguistica». Su questo ha già brevemente risposto in un articolo de «La Nazione» il sottosegretario Tommaso Nannicini.
  Quel che evidentemente non è ancora noto è che, in primo luogo, le cattedre Natta per gli accessi in SH4 non sono 10+10, come erroneamente riportato dagli organi di stampa (che evidentemente non conoscono il testo al vaglio del Consiglio di Stato), ma 9+9; l'assegnazione di tali 18 cattedre (di I e di II fascia) è frutto dell'applicazione puramente matematica di un sistema di calcolo che prescinde totalmente dalle afferenze agli attuali settori concorsuali, sistema correlato con la Pag. 107percentuale di grant ERC diversamente ponderati per ciascuno dei 25 settori sul totale delle assegnazioni, così come da ultimi bandi 2014 e 2015. In tale conteggio sono peraltro ricompresi anche i settori concorsuali di Psicologia. Altrimenti le percentuali non consentirebbero l'assegnazione matematica di 18 cattedre all'SH4 vista la performance ERC nei settori di «Estetica», «Filosofia della Scienza» e «Linguistica e glottologia».
  In via generale non ha alcun fondamento l'affermazione secondo cui l'assegnazione oggi delle cattedre all'area ERC prefiguri l'oggettiva ripartizione per gli appartenenti ai SC domani, al momento, cioè, in cui si svolgerà il concorso: nessuno conosce la platea internazionale, prima ancora che nazionale, cui è rivolta la procedura; nessuno sa quanti vincitori verranno proclamati dentro la medesima area ERC ascrivibili ai SC di «Glottologia e linguistica», «Estetica e filosofia dei linguaggi», eccetera.
  Questa e altre apparenti asimmetrie vengono fatte oggetto di critica in quanto si ritiene erroneamente – tengo a ribadire – che la variabile su cui è stata calcolata la ripartizione corrisponda a quella degli afferenti o al numero dei SC correlati a ciascuna area ERC. Ciò, ripeto, non è corretto.
  Da ultimo, va precisato che i «glottologi» in senso stretto non concorrono sul settore SH4 ma su SH5 («Cultures and Cultural Production: Literature, philology, cultural studies, anthropology, arts, philosophy»), visto che l'italiano «glottologia» è sinonimo di «historical linguistics» (SH5-3 «Philology and palaeography; historical linguistics»); dunque in un settore ERC che corrisponde a 24 SC italiani. Su SH4 concorrono esclusivamente quanti si occupano di linguistica generale, tipologia linguistica eccetera.
  Venendo al merito specifico del suo quesito, considerato che il decreto del Presidente del Consiglio, come detto, è attualmente al vaglio del Consiglio di Stato per il prescritto parere a seguito del quale, come stabilito dalla legge (comma 210), passerà all'esame delle Commissioni parlamentari, al momento, non appare appropriato avviare modifiche delle disposizioni.
  Piuttosto, non le sfuggirà che l’iter parlamentare che seguirà rappresenta il luogo deputato per tutti i possibili – in alcuni casi – doverosi miglioramenti.
  A tal proposito, dunque, le dico sin d'ora che siamo aperti ai contributi che verranno dagli organi competenti: il parere parlamentare serve proprio a valutare e risolvere, ove possibile, le criticità; sarà poi il Governo, in primo luogo il Presidente del Consiglio, a fare le opportune valutazioni di merito.

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ALLEGATO 5

5-09925 Coscia: Sul fenomeno del conseguimento all'estero del titolo abilitativo per le attività didattiche di sostegno.

TESTO DELLA RISPOSTA

  On.le Coscia,
  innanzitutto premetto che il riconoscimento della professione docente avviene in attuazione del principio della libera circolazione delle professioni sulla base della reciproca fiducia tra i Paesi dell'Unione europea. Ciò, tuttavia, non avviene in regime di «riconoscimento automatico» bensì all'interno del «sistema generale» disciplinato dalla Direttiva 2013/55/CE, recepita dal decreto legislativo n. 15 del 2016, che prevede la valutazione della formazione attraverso l'analisi comparata dei percorsi formativi previsti nei due Stati membri coinvolti.
  Tutti gli esami del percorso abilitante, nonché il tirocinio, devono essere svolti nel Paese che rilascia il titolo abilitante e nella lingua di quel Paese. Di conseguenza, il riconoscimento può essere richiesto solo per gli insegnamenti per i quali l'interessato sia legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo e può essere ottenuto a condizione che tali insegnamenti trovino corrispondenza nell'ordinamento scolastico italiano (ai sensi dell'articolo 3, commi 1 e 2, del citato decreto legislativo).
  Più in dettaglio, l'eventuale rilascio del provvedimento finale avviene soltanto dopo accurata e attenta analisi della documentazione prodotta, nonché dalla verifica dei presupposti giuridico-amministrativi. Il riconoscimento può essere incondizionato oppure subordinato al superamento di misure compensative qualora vi sia una differenza nella durata o nei contenuti tra la formazione conseguita nel Paese d'origine e la corrispondente formazione italiana.
  Precisato ciò, venendo allo specifico quesito da lei posto, riguardante le abilitazioni all'insegnamento conseguite in Romania, informo che dal 2012 ad oggi sono state oggetto di valutazione o/e riconoscimento 170 istanze presentate da cittadini romeni che hanno svolto tutta la formazione nel loro paese d'origine e 3 istanze presentate da cittadini italiani, che non riguardano il sostegno, i quali hanno svolto la formazione in Romania.
  Pertanto, risulta assolutamente priva di fondamento la notizia relativa a 500 decreti emanati per il riconoscimento di titoli di abilitazione all'insegnamento conseguiti in Romania. Peraltro, secondo gli obblighi di legge, i decreti emessi sono pubblicati sul sito istituzionale.
  Altrettanto infondata è la notizia secondo cui questo Ministero ha stipulato convenzioni tra Università italiane e/o straniere, tanto meno con enti privati che pubblicizzano – ingannevolmente – tali informazioni.
  Al riguardo, colgo l'occasione per specificare che chi fosse interessato a svolgere tale tipo di formazione straniera non può chiedere anticipatamente al Miur garanzie sull'effettiva validità del titolo conseguito all'estero, piuttosto deve rivolgersi al Ministero dell'istruzione del Paese presso il quale ha o intende conseguire il titolo, che deve invero essere abilitante nel Paese straniero. Soltanto dopo è possibile inoltrare la richiesta di riconoscimento al Miur.