CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 26 ottobre 2016
714.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disciplina del cinema e dell'audiovisivo. C. 4080 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato, per quanto di competenza, il disegno di legge Atto Camera n. 4080, recante la disciplina del cinema e dell'audiovisivo, approvato dal Senato della Repubblica;
    rilevato che il provvedimento reca una disciplina organica del settore, in parte riprendendo i contenuti di disposizioni vigenti e, in parte, introducendo sostanziali innovazioni, volte a rafforzare il quadro degli strumenti per la promozione e il sostegno alla cinematografia e al settore audiovisivo;
    apprezzata l'attenzione prestata al tema della valorizzazione della formazione professionale, che, all'articolo 3, comma 1, lettera e), è annoverata tra i principi alla base dell'intervento pubblico nel settore del cinema e dell'audiovisivo;
    rilevato che l'articolo 35 reca una delega al Governo per la riforma delle norme in materia di rapporti di lavoro nel settore cinematografico e audiovisivo, finalizzata, sulla base del comma 1, al riordino e all'introduzione di norme che, coerentemente con le disposizioni vigenti e i principi di cui alla legge n. 183 del 2014, disciplinino in modo sistematico e unitario, con le opportune differenziazioni correlate allo specifico ambito di attività, il rapporto di lavoro e l'ordinamento delle professioni e dei mestieri nel settore cinematografico e audiovisivo;
    tenuto conto che il comma 2 del medesimo articolo 35 indica come principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, il rafforzamento delle opportunità di ingresso nel mondo del lavoro e il riordino dei contratti di lavoro vigenti, nonché la previsione di misure adeguate alle peculiari modalità di organizzazione del lavoro e di espletamento della prestazione lavorativa o professionale;
    ritenuto che, con riferimento alla semplificazione e alla razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, debba in particolare, valutarsi la possibilità di rivedere la disciplina vigente nel settore dello spettacolo, che, ai fini della verifica della regolarità contributiva delle imprese, richiede il rilascio di un certificato di agibilità, prevendo piuttosto che, ai medesimi fini, la verifica venga effettuata attraverso il Documento unico di regolarità contributiva (DURC);
    osservato che il successivo articolo 36, nel disporre che il decreto legislativo di cui all'articolo 35 sia adottato su iniziativa del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, non prevede espressamente un coinvolgimento, nella fase di elaborazione del provvedimento, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
    con riferimento all'attuazione della delega di cui all'articolo 35, si valuti l'opportunità:
   a) di prevedere un forte coinvolgimento del Ministro del lavoro e delle Pag. 189politiche sociali nella fase di elaborazione del decreto legislativo, anche attraverso l'acquisizione del suo concerto sulla proposta di decreto, che, ai sensi dell'articolo 36, è di competenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   b) di assicurare che la disciplina introdotta in materia di semplificazione delle procedure di costituzione e di gestione dei rapporti di lavoro, nonché il riordino delle forme contrattuali nel comparto cinematografico e dell'audiovisivo si estendano, in quanto compatibili, all'intero settore dello spettacolo;
   c) di garantire che, nell'adattamento delle regole applicabili con carattere di generalità ai rapporti di lavoro per tenere conto delle peculiarità del settore del cinema e dell'audiovisivo, siano mantenuti e, se possibile, rafforzati i livelli di tutela dei lavoratori.

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ALLEGATO 2

5-09276 Patrizia Maestri: Procedure seguite dall'INPS per prevenire la formazione di indebiti pensionistici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare degli onorevoli Patrizia Maestri e altri, inerente agli interventi di recupero, da parte dell'INPS, delle prestazioni in eccedenza, passo a illustrare gli elementi informativi acquisiti presso l'INPS.
  In via generale, gli indebiti pensionistici e quelli relativi alle prestazioni a sostegno del reddito sono accertati dall'INPS nell'ambito dei controlli volti ad accertare il diritto alla percezione delle prestazioni erogate.
  L'INPS ha precisato che nelle comunicazioni di indebito ai titolari di prestazioni pensionistiche e a quelli di prestazioni a sostegno del reddito risultano sempre presenti le seguenti informazioni:
   la motivazione dell'indebito con i riferimenti normativi che hanno determinato il ricalcolo della pensione;
   la prestazione della quale si contesta l'indebita percezione;
   l'importo del debito;
   il periodo di riferimento del debito;
   le indicazioni sui termini e modalità utili alla presentazione di eventuale ricorso amministrativo o azione giudiziaria;
   le modalità di rimborso;
   i riferimenti degli uffici o recapiti da contattare con il dettaglio dell'indebito notificato.

  A tali comunicazioni viene allegato il documento contenente i dati relativi al calcolo dell'indebito con l'indicazione degli importi pagati prima dell'operazione di accertamento (riscossi) e di quelli conseguenti all'operazione (dovuto).
  Inoltre, nel caso di prestazioni pensionistiche, qualora sia possibile ricorrere al recupero mediante trattenute sulla pensione, il pensionato viene informato sia sulla decorrenza del piano di recupero che sul numero delle rate previste dal piano stesso. In ogni caso, il piano di recupero non produce i propri effetti prima di 60 giorni dall'invio della comunicazione di indebito; tale intervallo temporale è volto a consentire all'interessato la possibilità di fornire eventuali elementi utili per la rettifica del provvedimento da parte della sede INPS territorialmente competente. Di tale circostanza viene data informazione nella comunicazione stessa. Nel caso in cui, invece, l'indebito percettore non sia titolare della prestazione pensionistica, l'INPS fornisce all'interessato tutti gli elementi utili ad effettuare il rimborso con «rimessa in denaro».
  In ogni caso, nessun pensionato può ricevere una notifica di debito senza aver prima avuto contezza della situazione che l'ha generato ovvero senza essere messo in condizioni di poter regolarizzare la propria posizione entro i termini concessi dall'Istituto.
  Per quanto riguarda il rispetto del termine di prescrizione decennale dell'azione di recupero degli indebiti, l'INPS ha reso noto di attenersi strettamente all'articolo 2935 del codice civile secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui la stessa può essere fatta valere. Eventuali Pag. 191richieste di ripetizione oltre il termine prescrizionale ordinario devono, pertanto, essere ricondotte ad ipotesi eccezionali.
  Riguardo poi alla lamentata mancanza, da parte delle sedi INPS locali, di risposte esaurienti alle richieste di chiarimenti dei Patronati o di cittadini, l'Istituto ha precisato che tale problematica non riveste carattere generalizzato in quanto gli operatori delle sedi locali dispongono delle informazioni necessarie per offrire tutte le spiegazioni relative alle comunicazioni di debito.
  Inoltre, con particolare riferimento all'acquisizione delle comunicazioni di decesso, occorre ricordare che la legge n. 289 del 2002 ha introdotto l'obbligo, da parte delle anagrafi comunali, di trasmissione telematica all'INPS delle comunicazioni di decesso. La predetta normativa ha consentito il superamento della consegna agli uffici dell'INPS del certificato di morte in forma cartacea.
  Pertanto, a seguito della segnalazione di decesso da parte dei Comuni, l'INPS provvede, in modo del tutto automatico, a effettuare le relative variazioni. Occorre, peraltro, considerare che, a decorrere dal 1o gennaio 2015, anche il medico necroscopo è tenuto a trasmettere, per via telematica, sia all'INPS che al Comune il certificato di accertamento del decesso, entro 48 ore dall'evento, utilizzando a tal fine le medesime modalità già in uso per la trasmissione delle certificazioni di malattia. L'INPS ha inoltre evidenziato che il miglioramento dei flussi di comunicazione con le banche ha consentito il tempestivo riaccredito delle somme erogate ai soggetti deceduti.
  Per quanto riguarda gli indebiti relativi alle prestazioni a sostegno del reddito, l'Istituto ha reso noto di aver semplificato le modalità di acquisizione delle informazioni reddituali rilevanti ai fini della determinazione del diritto e della misura delle prestazioni collegate al reddito, con conseguente contenimento dei costi per l'Amministrazione. Nello specifico, l'INPS provvede ad acquisire e a elaborare tutte le dichiarazioni reddituali rilevanti sulle prestazioni collegate al reddito, da qualunque canale esse pervengano (Agenzia delle entrate, CAF, altri soggetti abilitati) e le rielabora, in sede centrale, nei termini previsti dalla legge. All'esito di tale rielaborazione, l'INPS manda una comunicazione chiara e articolata a tutti coloro che non abbiano assolto all'obbligo di rendere le dichiarazioni reddituali.
  Occorre peraltro evidenziare, come a livello centralizzato, le comunicazioni relative a variazioni reddituali producano fisiologicamente indebiti, in quanto la verifica dei dati influenti sulla prestazione collegata al reddito avviene sempre in modo differito rispetto all'erogazione effettuata in via provvisoria sulla base di dati presuntivi. In tali casi, il legislatore ha previsto il recupero degli indebiti generatisi entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello in cui l'Istituto viene a conoscenza della situazione reddituale incidente sulla prestazione, contemperando in tal modo l'esigenza di certezza del pensionato con i tempi necessari per effettuare la relativa elaborazione centralizzata.

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ALLEGATO 3

5-07928 Tripiedi: Salvaguardia dei livelli occupazionali e delle professionalità presenti nell'ambito dei rami di azienda ceduti dalla società IBM Italia al gruppo Adecco e oneri per la finanza pubblica derivanti da procedure di mobilità, cessioni di rami d'azienda e delocalizzazioni operate da IBM Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il 31 dicembre 2015 IBM Italia Spa ha ceduto i rami d'azienda SDC Shared Delivery Center e TSS Support a Modis Italia srl, società specializzata nel settore Information Technology (IT) del Gruppo Adecco; in questa circostanza IBM si è fatta garante della piena occupazione di tutti i dipendenti coinvolti (6 dirigenti e 299 tra impiegati e quadri) con le medesime condizioni economico-normative dei propri dipendenti. Modis Italia srl, infatti, ha garantito alle risorse umane acquisite un trattamento retributivo complessivamente equivalente a quello in vigore presso IBM, l'inquadramento previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro dell'industria metalmeccanica nonché il riconoscimento dell'anzianità di servizio.
  Rappresento che contro tale cessione sono state promosse dai lavoratori interessati circa 285 impugnazioni giudiziali, le cui definizioni sono attese entro la fine del mese di ottobre.
  Successivamente, nel marzo 2016, la società ha avviato una procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 290 dipendenti, di cui 190 dirigenti e 100 tra impiegati e quadri. A tale proposito, lo scorso 29 marzo, società e organizzazioni sindacali hanno siglato un accordo con il quale sono stati ridotti gli esuberi dei dirigenti da 190 a 175 - di cui 90 non «pensionabili». Il successivo 27 maggio è stato sottoscritto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un ulteriore accordo che prevede il licenziamento di un numero massimo di 100 impiegati/quadri attraverso il solo criterio della non opposizione ed in sostituzione dei criteri di legge. Le parti hanno inoltre concordato sull'utilizzo di misure di incentivo all'esodo il cui importo e le cui modalità di erogazione hanno formato oggetto di separata intesa tra le stesse.
  Rappresento, inoltre, che il 4 ottobre 2016 IBM ha annunciato una campagna di incentivazione all'esodo volontario economicamente assistito secondo uno schema che proporziona il livello economico dell'incentivo all'età anagrafica del dipendente.
  Ad ogni modo, posso assicurare che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali continuerà a monitorare i futuri sviluppi della vicenda mettendo in campo, laddove ne ricorrano i requisiti, tutti gli strumenti previsti dalla normativa vigente a salvaguardia dei livelli occupazionali.
  Tengo comunque a precisare che con il Jobs Act è stato ribadito che il contratto a tempo indeterminato costituisce la forma ordinaria di contratto di lavoro ed è stato ridotto contestualmente il costo di tale contratto rispetto alle altre tipologie contrattuali. La nuova disciplina ha consentito, inoltre, di abbattere le forme più acute di precariato ovverosia le co.co.pro. e le associazioni in partecipazione.
  In conseguenza di queste misure, come attestato anche da Banca d'Italia, l'occupazione dipendente in Italia nel secondo trimestre del 2016 è tornata ai livelli precedenti la grande crisi economica.Pag. 193
  Aggiungo, inoltre, che il Ministero dello sviluppo economico, interessato della questione oggetto della presente interrogazione, ha reso noto di essere disponibile ad aprire un tavolo qualora le parti interessate ne dovessero fare richiesta. Inoltre, con il Piano Industria 4.0 e le prime misure attuative inserite nella legge di bilancio, il Governo intende favorire gli investimenti in innovazione da parte del sistema produttivo nazionale. Il Piano Industria 4.0 agisce in una logica di neutralità sia tecnologica che settoriale, intervenendo sui fattori abilitanti: introducendo agevolazioni fiscali per stimolare l'investimento privato nell'adozione delle tecnologie abilitanti dell'Industria 4.0 e aumentare le spese in ricerca, sviluppo e innovazione; assicurando adeguate infrastrutture di rete; garantendo la sicurezza e la protezione dei dati, collaborando alla definizione di standard di interoperabilità internazionali; creando competenze e stimolando la ricerca mediante percorsi formativi ad hoc.
  In sintesi, sebbene il Piano non preveda misure a sostegno di specifiche attività economiche, l'IT è uno dei settori più direttamente interessati dalla trasformazione del settore manifatturiero in chiave 4.0 e in cui maggiori saranno le ricadute del Piano.

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ALLEGATO 4

Sulla Conferenza interparlamentare sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance in materia economica nell'Unione europea, svoltasi a Bratislava il 17 e il 18 ottobre 2016.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

  Il Consiglio nazionale della Repubblica slovacca, nell'ambito della dimensione parlamentare del Semestre di presidenza slovacco del Consiglio dell'Unione europea ha organizzato a Bratislava, il 17 e il 18 ottobre 2016, la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance in materia economica nell'Unione europea, prevista dall'articolo 13 del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria, ratificato dal nostro Paese con la legge 23 luglio 2012, n. 114. Ai sensi di tale disposizione, il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali delle parti contraenti sono chiamati a definire insieme l'organizzazione e la promozione di una conferenza dei rappresentanti delle pertinenti commissioni del Parlamento europeo e dei rappresentanti delle pertinenti commissioni dei parlamenti nazionali ai fini della discussione delle politiche di bilancio e di altre questioni rientranti nell'ambito di applicazione del presente trattato.
  Alla Conferenza ha preso parte, in rappresentanza della Camera, una delegazione composta dal deputato Francesco Cariello, componente della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione), e dal deputato Davide Baruffi, componente della XI Commissione (Lavoro pubblico e privato). In rappresentanza del Senato della Repubblica hanno partecipato ai lavori della Conferenza il senatore Paolo Guerrieri Paleotti, componente della 5a Commissione (Programmazione economica, bilancio), il senatore Mauro Maria Marino, presidente della 6a Commissione permanente (Finanze e tesoro) e la senatrice Maria Spilabotte, vicepresidente della 11a Commissione (Lavoro, previdenza sociale). Nel complesso hanno partecipato ai lavori della Conferenza rappresentanti dei parlamenti di ventisette Stati membri dell'Unione europea, delegati del Parlamento europeo, della Commissione europea, del Comitato economico e sociale europeo (CESE), del Comitato delle regioni, delle Istituzioni slovacche, rappresentanti di due Paesi candidati (Montenegro e Turchia), nonché una parlamentare norvegese.
  Il programma della Conferenza interparlamentare, dopo la consueta riunione dei gruppi politici europei, si è articolato in quattro sessioni nelle quali i temi più strettamente connessi al coordinamento in materia di decisioni economiche e di bilancio si sono intrecciati con quelli attinenti agli interventi in materia di politica sociale e di occupazione. In particolare, segnalo che la prima sessione, più direttamente correlata alle materie di competenza della Commissione, è stata dedicata al rafforzamento della dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria, mentre la seconda sessione ha avuto a oggetto la lotta all'evasione fiscale nell'Unione europea. Nelle sessioni svolte il 18 ottobre l'attenzione si è invece concentrata sugli strumenti di stabilizzazione automatica attivabili a livello europeo in relazione all'andamento del ciclo economico. In particolare, la terza sessione si è incentrata sulla previsione di stabilizzatori automatici come elemento fondante per la costruzione dell'architettura dell'Unione di bilancio, mentre l'ultima sessione ha proposto Pag. 195l'utilizzo degli investimenti comuni come strumento di stabilizzazione nell'ambito dell'Unione europea.
  I lavori sono stati preceduti da una sessione inaugurale aperta dal Vicepresidente del Consiglio nazionale della Repubblica slovacca, Andrej Hrnciar, e dalle considerazioni introduttive del presidente della Commissione finanze e bilancio del medesimo Parlamento slovacco, Ladislav Kamenicky, che ha rimarcato come la crisi economica e finanziaria che ha colpito l'Europa ha lasciato in eredità una profonda crisi di fiducia nelle Istituzioni nazionali e, ancor più, in quelle dell'Unione europea, che rischia di acuirsi anche a seguito degli esiti del referendum sulla permanenza del Regno Unito, in considerazione della persistenza di elevati livelli di disoccupazione e di una ripresa economica che stenta a raggiungere un passo soddisfacente. In questo contesto, il presidente Kamenicky ha richiamato le quattro priorità della presidenza slovacca, che ha inteso porre l'accento, in particolare, sulla costituzione di un'Europa economicamente forte, sul sostegno al completamento e al rafforzamento di un moderno mercato unico, anche con riferimento al settore dell'economia digitale e dell'energia, sulla realizzazione di politiche di immigrazione e di asilo sostenibili, nonché sulla necessità di un maggiore impegno dell'Unione a livello globale, attraverso una efficace politica di vicinato, la prosecuzione dei processi di allargamento e il rafforzamento delle relazioni con i partner strategici a livello internazionale. Rispetto a questo quadro di priorità, si è sottolineato il valore strategico dei temi affrontati nella Conferenza, rimarcando l'importanza del rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali, i quali possono offrire un positivo contributo allo sviluppo del dialogo e del confronto con le diverse parti politiche e le opinioni pubbliche degli Stati membri. Da ultimo, Igor Kosir, professore di relazioni internazionali della facoltà di scienze politiche e di relazioni internazionali dell'Università «Matej Bel» di Banská Bystrica, ha richiamato l'evoluzione delle politiche europee in materia di crescita, dalla Strategia di Lisbona alla Strategia Europa 2020 per la crescita intelligente, sostenibile e solidale nell'Unione europea, sottolineando come l'Unione sia chiamata a confrontarsi con gli effetti sul piano economico e sociale di una rivoluzione su larga scala dei modelli produttivi, nel quadro di quella che è stata definita la «quarta rivoluzione industriale», caratterizzata da un utilizzo diffuso e generalizzato dei cosiddetti big data e l'ampliamento del ricorso alla robotizzazione e all'intelligenza artificiale tanto nella vita quotidiana quanto nei sistemi di produzione. Da questo punto di vista, saremmo quindi di fronte a un sostanziale cambio di paradigma, al quale si affiancano anche le sfide poste, a livello politico ed economico, dallo sviluppo dei Paesi BRICS, dall'uscita del Regno Unito dall'Unione europea e dall'esigenza di mantenere solidi legami con il Nord Africa e il Medio Oriente.
  Nell'ambito della prima sessione, il dibattito si è aperto con l'intervento della Commissaria europea per l'occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità dei lavoratori, Marianne Thyssen, che ha sottolineato l'esigenza per le Istituzioni europee di riconquistare la fiducia dei cittadini degli Stati membri, soffermandosi sull'impegno dispiegato dalla Commissione Junker, sin dalla sua costituzione, per promuovere un'agenda che coniughi il rafforzamento delle economie europee con la promozione dell'equità sociale e il miglioramento delle condizioni di vita nei diversi Paesi. In questo senso, ha, infatti, evidenziato che le priorità perseguite sul piano economico vanno di pari passo con l'obiettivo di promuovere il benessere dei cittadini europei, sulla base di un approccio integrato nel quale ci si sta muovendo nella direzione di un riequilibrio della governance dell'Unione economica e monetaria al fine di tenere in maggiore considerazione le esigenze sociali. In tale ottica, la Commissaria Thyssen ha evidenziato che la Commissione, nell'ambito del più recente semestre europeo, ha cercato di ridurre il numero delle raccomandazioni rivolte agli Stati membri concentrando la propria attenzione su quelle di maggiore impatto sul piano dei diritti sociali. Nell'ambito delle Pag. 196raccomandazioni si sono focalizzati, in particolare, i temi relativi alla tutela delle categorie più deboli, anche con riferimento al contrasto della povertà, all'efficacia dei sistemi nazionali di ammortizzatori sociali, nonché alla diffusione e all'aggiornamento delle competenze.
  Il contesto nel quale si muovono le politiche nazionali e quelle di carattere europeo è, infatti, ancora ricco di elementi di incertezza, legati essenzialmente all'andamento della ripresa, ancora troppo limitata, a fronte di dati particolarmente preoccupanti relativi ai tassi di disoccupazione, specialmente nelle generazioni più giovani, alla persistenza di una disoccupazione di lungo periodo anche nella fase di uscita dalla crisi e alla crescente polarizzazione delle condizioni economiche dei lavoratori.
  Dal momento che l'insieme di questi fenomeni mette a dura prova il modello sociale europeo, la Commissione Junker, a partire dal proprio insediamento, ha sostenuto la necessità di compiere ulteriori passi nella direzione del rafforzamento della dimensione sociale nell'ambito dell'Unione e, con una specifica Comunicazione, nel marzo del 2016, ha avviato un processo di consultazione relativo alla costituzione di un pilastro europeo dei diritti sociali. A tale riguardo, la Commissaria Thyssen, nell'evidenziare che il processo di consultazione è ancora in corso e si chiuderà sostanzialmente con la fine del 2016, ha inteso, comunque, sottolineare che l'obiettivo del pilastro non è quello di pervenire ad un'armonizzazione dei diritti sociali riconosciuti nei diversi Stati membri, ma quello di individuare principi essenziali per la realizzazione di mercati del lavoro e sistemi di protezione sociale equi ed efficaci. Tra le maggiori sfide da affrontare la Commissaria europea ha indicato l'esigenza che allo sviluppo economico si accompagni il progresso sociale, nonché la necessità di contrastare la disoccupazione, con particolare attenzione a quella di lungo periodo, di ridurre la polarizzazione esistente nelle retribuzioni e nella qualità del lavoro e di contenere il numero dei cittadini a rischio di povertà e di esclusione sociale, che al momento rappresentano poco meno di un quarto dell'intera popolazione dell'Unione europea. Quanto alle politiche messe in campo, la Commissaria Thyssen ha evidenziato l'opportunità di una costante verifica della loro adeguatezza rispetto ai bisogni attuali, segnalando, ad esempio, che i sistemi di ammortizzatori sociali vigenti sono stati costruiti in relazione alle esigenze di un mondo del lavoro molto più statico di quello attuale, dove le carriere sono meno lineari e molto più flessibili. Analogamente, i sistemi previdenziali e sociali sono chiamati ora ad affrontare le conseguenze del complessivo invecchiamento della popolazione e del progressivo incremento della quota di pensionati rispetto a quella della popolazione e dei lavoratori. In questo senso, la costituzione del pilastro europeo dei diritti sociali potrebbe costituire la sede per riaffermare l'esigenza di costituire sistemi previdenziali e assistenziali ben funzionanti in tutti gli Stati membri dell'Unione economica e monetaria, anche al fine di contenere gli effetti negativi derivanti da shock asimmetrici che interessino l'area dell'euro. La linea indicata dalla Commissaria segue il solco tradizionalmente indicato dalle Istituzioni europee ed evidenzia l'opportunità di perseguire un approccio che coniughi, nel mercato del lavoro, la flessibilità con la sicurezza, attraverso adeguati investimenti negli ammortizzatori sociali e nel lifelong learning. Quanto al percorso da seguire, la Commissaria si è sostanzialmente rifatta agli indirizzi tracciati dalla relazione «Completare l'Unione economica e monetaria dell'Europa», presentata il 22 giugno 2015 (la cosiddetta «relazione dei cinque presidenti»). In questo contesto, nel richiamare il progressivo rafforzamento della governance economica e monetaria e i progressi fatti sul piano della sorveglianza bancaria, la Commissaria Thyssen ha indicato come obiettivo la realizzazione di una seconda fase del processo di integrazione, da realizzare entro il 2025, nell'ambito della quale rendere più vincolante il processo di convergenza in materia di diritti sociali, attraverso l'individuazione di Pag. 197specifici standard a livello europeo. I primi strumenti di attuazione del pilastro dovrebbero, peraltro, vedere la luce già nel corso del 2017 ed incentrarsi sulla definizione dell’acquis giuridico sui temi sociali e la fissazione di parametri di riferimento.
  Nel successivo intervento la deputata socialista Maria João Rodrigues, componente della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali (EMPL) del Parlamento europeo e promotrice della strategia di Lisbona, ha rimarcato come le difficoltà incontrate negli ultimi anni dall'Europa abbiano fatto nascere in molti la tentazione di rialzare i confini nazionali, mentre occorre promuovere l'elaborazione di una road map per realizzare il pilastro europeo dei diritti sociali promosso dalla Commissione europea con la sua recente comunicazione.
  In proposito, la deputata ha evidenziato che al suo progetto di relazione sul pilastro europeo dei diritti sociali, presentato presso la Commissione EMPL, sono stati presentati oltre mille emendamenti, a testimonianza del grande interesse che destano le materie affrontate. In particolare, la deputata ha segnalato che nella sua proposta si evidenzia, in primo luogo, l'esigenza che il pilastro europeo dei diritti sociali (EPSR) non può limitarsi a una dichiarazione di principi o buone intenzioni, ma deve essere costituito da elementi concreti (normative, meccanismi decisionali e strumenti finanziari) e dovrebbe costituire il mezzo per riequilibrare il funzionamento dell'Unione europea e dell'Unione economica e monetaria. Inoltre, nella proposta si pone l'accento sul rafforzamento delle norme sociali esistenti, garantendo diritti effettivi anche ai lavoratori impiegati nell'economia digitale. Parimenti, tra le priorità da affrontare si indicano quelle relative all'istituzione di un reddito minimo, all'aggiornamento delle competenze e alla creazione di adeguati servizi per l'infanzia e all'introduzione di misure per la migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. In questo contesto dovrebbe valutarsi anche l'istituzione di un sistema europeo di ammortizzatori sociali, che avrebbe il pregio di consentire all'Unione di fronteggiare shock di carattere asimmetrico e di promuovere una convergenza verso l'alto dei diritti riconosciuti ai cittadini dei diversi Stati membri.
  Sul piano delle risorse, la deputata Rodrigues ha prospettato l'opportunità di prevedere spazi di flessibilità nell'ambito della disciplina del Patto di stabilità e crescita con riferimento agli investimenti destinati alla promozione dei diritti sociali, nonché di riorientare il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) verso la creazione di posti di lavoro e la realizzazione di investimenti sociali.
  Nel terzo intervento della sessione, Michael Smyth, Vicepresidente del Comitato economico e sociale europeo (CESE), ha osservato come la conclusione del processo di consultazione avviato dalla Commissione europea con la sua Comunicazione sul pilastro europeo dei diritti sociali avrà luogo a ridosso del sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma e potrà dare l'avvio alla seconda fase del processo di integrazione indicato nella «relazione dei cinque presidente». In particolare, si ricorda che al termine del processo, si prevede un'articolazione dell'Unione economica e monetaria in quattro pilastri, consistenti, rispettivamente, nell'unione economica, nell'unione finanziaria, nell'unione di bilancio e nell'unione politica. Allo stato attuale, tuttavia, mancano all'Unione meccanismi per gestire le conseguenze sociali di shock economici nell'ambito del proprio territorio. A tale proposito, ad avviso di Smyth occorrerebbe superare il tradizionale atteggiamento volto a privilegiare la convergenza tra i diversi Stati membri, promuovendo piuttosto interventi di stabilizzazione e di redistribuzione tra i diversi Paesi. Sul piano del metodo, il Vicepresidente del CESE ha, invece, rimarcato l'esigenza di rafforzare e rilanciare il dialogo sociale con le diverse componenti della società.
  Nell'ultimo intervento della sessione, l'economista ungherese Zsolt Darvas, senior fellow del think tank Bruegel, nonché ricercatore presso l'Istituto di economia Pag. 198dell'Accademia delle scienze ungherese e professore associato presso l'Università «Corvino» di Budapest si è soffermato sull'analisi degli indicatori di carattere sociale presenti nell'ambito della procedura sugli squilibri macroeconomici prevista nell'ambito dell'attuale governance economica europea. In particolare, il professor Darvas ha ricordato come nello scoreboard erano inizialmente previsti undici indicatori, dieci dei quali di carattere economico e uno solo, il tasso di disoccupazione, di carattere sociale. A tali indicatori, a partire dall'anno 2013, se ne sono affiancati altri, aventi rango ausiliario, volti a misurare i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi previsti nell'ambito della Strategia Europa 2020. Per la relazione 2016, al principale quadro di valutazione sono stati aggiunti tre indicatori in materia di occupazione, prima inclusi nel novero degli indicatori di carattere ausiliario: il tasso di attività, la disoccupazione giovanile e quella di lunga durata. Come evidenziato, peraltro, dalla stessa Commissione europea, tale inclusione non altera, tuttavia, l'obiettivo della procedura per gli squilibri macroeconomici, che rimane quello di prevenire la comparsa di squilibri macroeconomici nocivi e garantirne la correzione. I risultati derivanti dai nuovi indicatori non comportano, di per sé, l'aggravarsi dei rischi macrofinanziari e, di conseguenza, essi non sono utilizzati per adottare misure nell'ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici. Pur con questi limiti, il professor Darvas ha espresso un giudizio complessivamente favorevole sull'ampliamento del novero degli indicatori rilevanti, che, tuttavia, a suo avviso, si sarebbe dovuto estendere anche ad una misura del livello di diseguaglianza nelle retribuzioni, che si traduce in significativi squilibri di carattere macroeconomico. A seguito della crisi del 2008, infatti, i differenziali retributivi si sono ampliati, con conseguenze negative anche sulla mobilità sociale delle diverse categorie di lavoratori e delle loro famiglie e sulla diffusione di movimenti politici di carattere populistico. Il giudizio più critico è stato tuttavia indirizzato all'intero sistema delle misure per la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, che, nel complesso, ha avuto poco seguito e ha perso progressivamente rilievo, registrandosi nel tempo un tasso decrescente di rispetto delle indicazioni fornite, a testimonianza della mancata internalizzazione della procedura nell'ambito delle decisioni nazionali di bilancio. In sostanza, è concreto il rischio che gli indicatori di carattere sociale si rivelino inutili, in un contesto nel quale permangono affidate agli Stati nazionali le politiche redistributive e quelle di carattere sociale.
  Nel dibattito che è seguito, al quale hanno preso parte numerosi parlamentari dei diversi Stati membri, è emerso un consenso piuttosto generalizzato per l'iniziativa della Commissione europea relativa alla costituzione del pilastro europeo dei diritti sociali, anche in relazione alle criticità che si pongono nei diversi Paesi e che spesso determinano l'insorgere di situazioni di asimmetria nell'ambito dell'Unione. I maggiori interrogativi che sono stati posti riguardano, piuttosto, le misure che dovranno essere messe in campo per fare in modo che il pilastro non si limiti a un'enunciazione di ambiziosi principi, spesso generici, ma comporti effettivamente benefici per i cittadini degli Stati membri. In questo contesto, nel suo intervento, il deputato Baruffi, relatore per la XI Commissione sulla Comunicazione della Commissione relativa «Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali» (COM(2016)127), attualmente all'esame delle Commissioni riunite XI e XII, ha espresso il timore che, alla prova dei fatti, il pilastro in via di elaborazione si dimostri troppo fragile, al di là dell'utilità degli indicatori introdotti e delle raccomandazioni che la Commissione formula ogni anno ai singoli Paesi in materia di squilibri macroeconomici. Per fare in modo che i diritti affermati nel pilastro si concretizzino, occorre, a suo avviso, che siano stanziate risorse adeguate, a valere sul bilancio dell'Unione europea, che dovrebbe essere opportunamente ampliato, ovvero creando spazi di Pag. 199flessibilità per i bilanci nazionali che sostengono coerenti politiche sociali di convergenza. Il secondo aspetto da approfondire riguarda, invece, gli strumenti da utilizzare per garantire il rispetto dei principi affermati dal pilastro, valutando se essi debbano essere configurati alla stregua di obiettivi da raggiungere o di standard da assicurare, se essi assumano carattere vincolante e se debbano essere introdotti meccanismi sanzionatori in caso di mancato rispetto da parte degli Stati membri. Con riferimento a tale ultima tematica, Maria João Rodrigues ha osservato che i diritti previsti nell'ambito del pilastro dovrebbero essere garantiti attraverso un processo di convergenza sociale attraverso la fissazione di precisi target e l'attivazione di meccanismi correttivi in caso di scostamenti significativi.
  Nell'intervento della senatrice Spilabotte, invece, l'attenzione si è incentrata sul contenuto del pilastro sottoposto a consultazione, evidenziandosi come diverse riforme attuate in Italia nel corso della presente legislatura si muovano nella direzione indicata nel documento. Si sono richiamate, in particolare, le misure contenute nei decreti legislativi attuativi del cosiddetto Jobs Act volte a coniugare flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro, nonché a promuovere la formazione continua dei lavoratori, segnalando, specificamente, l'introduzione del contratto di ricollocazione, nonché la riforma del Terzo settore, che consentirà un migliore coinvolgimento del privato sociale nella gestione dei sistemi di welfare.
  Un tema particolarmente rilevante emerso nel corso del dibattito attiene, più specificamente, all'adozione della proposta di modifica della direttiva 96/71/CE, relativa al distacco dei lavoratori (COM(2016)128), anch'essa presentata l'8 marzo 2016, e al centro di un vivacissimo dibattito tra gli Stati membri. Come è noto, infatti, la proposta rappresenta una delle iniziative più rilevanti della Commissione Juncker in materia di politica sociale e del lavoro e mira a rafforzare le garanzie relative al riconoscimento ai lavoratori distaccati di condizioni equivalenti a quelle riconosciute ai lavoratori dello Stato membro nel quale siano distaccati. La proposta è stata già esaminata dal Parlamento italiano e le Commissioni competenti in materia di lavoro di Camera e Senato hanno sostanzialmente condiviso l'impianto normativo proposto dalla Commissione europea, formulando alcune osservazioni e rilievi sul suo contenuto. In ambito europeo si è prodotta, tuttavia, una profonda spaccatura tra gli Stati membri. Da un lato, infatti, con una lettera comune Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia hanno proposto di ampliare le disposizioni della direttiva concernenti le condizioni sociali e di lavoro, prendendo in considerazione la possibilità di fissare un limite di durata massima ai distacchi, di chiarire le condizioni applicabili al trasporto su strada, di migliorare la cooperazione transfrontaliera tra i servizi ispettivi e di promuovere un approfondimento sulla portata del ricorso al lavoro autonomo fittizio nel contesto del distacco. Per altro verso, i governi di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria hanno sostenuto con una lettera comune l'esigenza di rinviare il riesame della normativa vigente esprimendo, in particolare, la preoccupazione che il principio di parità di retribuzione a parità di lavoro possa essere incompatibile con il mercato unico. Quattordici parlamenti nazionali in rappresentanza di undici Stati membri (Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria) hanno quindi attivato la cosiddetta procedura del «cartellino giallo», chiedendo un riesame della proposta lamentando il mancato rispetto del principio di sussidiarietà. La Commissione europea ha tuttavia manifestato l'intendimento di mantenere inalterata la proposta. Il dibattito in corso nei Parlamenti nazionali e nelle Istituzioni europee ha avuto una precisa eco nella discussione svolta nella Conferenza: si è, infatti, registrata una spaccatura piuttosto profonda – e politicamente trasversale – tra i Paesi dell'Est europeo e quelli dell'Europa occidentale, Pag. 200che sono tra i maggiori beneficiari netti di lavoratori distaccati. La Commissaria Thyssen ha, in proposito, rimarcato l'esigenza di raggiungere un accordo tra gli Stati membri, oltre che di assicurare il recepimento in tutti i Paesi della cosiddetta «direttiva di applicazione» (direttiva 2014767/UE), che l'Italia ha recepito con il decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 136. Più critica è stata, invece, la posizione espressa da Darvas, che ha evidenziato come non sussista una sostanziale differenza tra il distacco dei lavoratori e l'importazione di prodotti all'interno del mercato unico europeo, dal momento che ai lavoratori che li producono si applicherebbero gli stipendi riconosciuti nel luogo di produzione.
  La seconda sessione è stata, invece, dedicata al tema della lotta contro l'evasione fiscale nell'Unione europea, che, sin dalla nota di scenario predisposta dalla presidenza slovacca, è stato affrontato in primo luogo sotto il profilo del contrasto agli arbitraggi fiscali, volti a massimizzare i profitti delle grandi imprese multinazionali in un contesto regolamentare nel quale si registrano differenze particolarmente profonde tra le normative applicabili nei diversi Stati. In questo senso, ai fini del dibattito assume rilievo, in primo luogo, il pacchetto sulla trasparenza fiscale, presentato dalla Commissione europea il 18 maggio 2015 e le direttive, recentemente approvate, relative al contrasto della pianificazione fiscale aggressiva (direttiva (UE)2016/1164), allo scambio automatico di informazioni sui ruling fiscali preventivi transfrontalieri e sugli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (direttiva (UE)2015/2376), nonché quella concernente lo scambio automatico obbligatorio di informazioni sul settore fiscale (direttiva (UE) 2016/881). In particolare, nel suo intervento, Prem Sikka, professore di contabilità e direttore del Centro per la contabilità globale dell'Università dell'Essex, ha svolto un'analisi particolarmente critica del ruolo distruttivo nell'elaborazione di schemi elusivi svolto dalle quattro principali società di consulenza contabile, ai quali si imputa la costituzione di una vera e propria industria dell'elusione fiscale. Nell'intervento di Bernardus Zuijdendorp, Capo dell'Unità per le iniziative di tassazione societaria della Direzione generale per la tassazione e l'unione doganale della Commissione europea, si sono invece riassunti i contenuti del Piano di azione per la corretta ed efficiente tassazione societaria nell'Unione europea, presentato il 17 giugno 2015 dalla Commissione. Il Piano è articolato in cinque settori di intervento: il rilancio della base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), proposta dalla Commissione nel 2011; la garanzia dell'effettiva tassazione degli utili nel luogo in cui sono generati; la previsione di ulteriori misure per migliorare il contesto fiscale delle imprese; il compimento di ulteriori progressi in materia di trasparenza fiscale; la previsione di ulteriori strumenti di coordinamento a livello dell'Unione europea. Il professor Richard Murphy, della City University di Londra, ha sottolineato, dal canto suo, che l'elusione fiscale rappresenta solo una parte minoritaria, pari a circa il 15 per cento, delle mancate entrate derivanti dalla tassazione. Il 65 per cento delle mancate entrate è invece riferibile all'evasione fiscale e, in particolare, per quanto attiene al bilancio dell'Unione europea, all'evasione dell'IVA. Il deputato tedesco del Parlamento europeo, Fabio De Masi, vicepresidente della Commissione d'inchiesta incaricata di esaminare le denunce di infrazione e di cattiva amministrazione nell'applicazione del diritto dell'Unione in relazione al riciclaggio di denaro, all'elusione fiscale e all'evasione fiscale, si è invece concentrato sui rischi per la sicurezza derivanti dall'evasione fiscale, che può costituire uno strumento anche per il finanziamento del terrorismo internazionale. De Masi ha inoltre evidenziato l'esigenza di limitare i movimenti di capitali e di utilizzare anche la normativa sulla concorrenza per raccogliere le tasse evase o eluse.
  Maggiore rilievo per le competenze della Commissione lavoro assumono, invece, i temi affrontati nella seconda giornata dei lavori della Conferenza, che – Pag. 201come si è accennato – ha avuto ad oggetto gli strumenti di stabilizzazione da utilizzare nell'area dell'euro. Al riguardo, giova ricordare che nella «relazione dei cinque presidenti» si è riscontrato come tutte le unioni monetarie mature si dotano di una funzione comune di stabilizzazione macroeconomica per reagire meglio agli shock che non si possono gestire al semplice livello nazionale. Già in quella sede si era segnalata l'opportunità di muovere in primis dal Fondo europeo per gli investimenti strategici, individuando un complesso di fonti di finanziamento e di progetti di investimento specifici alla zona dell'Euro, cui attingere in funzione dell'andamento del ciclo economico.
  Nella terza sessione, specificamente dedicata all'introduzione di stabilizzatori automatici come elemento fondante per la costruzione dell'architettura dell'Unione di bilancio, László Andor, professore del Dipartimento di economia dell'Università «Corvino» di Budapest e Commissario europeo per l'occupazione, gli affari sociali e l'inclusione nel periodo tra il 2010 e il 2014, ha preliminarmente richiamato l'azione di rilevanti forze centrifughe nell'ambito dell'Unione europea, la cui esistenza era già stata diagnosticata nella già ricordata «relazione dei cinque presidenti» del giugno 2015 e che negli ultimi mesi è stata resa più evidente dalle difficoltà incontrate nella gestione dei flussi migratori e degli effetti del referendum sulla cosiddetta Brexit. In mancanza di un miglioramento delle condizioni dell'economia reale della situazione sociale, vi è – a suo avviso – il rischio di un ulteriore rafforzamento dei sentimenti nazionalistici e delle spinte volte al superamento della moneta unica, con rischi per la governabilità, specialmente nelle aree dell'Europa meridionale. Per l'ex Commissario Andor la costituzione di un meccanismo europeo di assicurazione o di riassicurazione contro la disoccupazione potrebbe, quindi, rappresentare uno strumento adeguato per creare un nuovo equilibrio nell'ambito delle politiche europee, attraverso l'introduzione di un meccanismo di stabilizzazione che consenta di limitare i danni derivanti dall'andamento negativo del ciclo economico. Quanto al disegno dell'assicurazione europea, il professor Andor ha evidenziato che essa potrebbe consentire di fronteggiare shock asimmetrici attraverso meccanismi normativi che prevedano trasferimenti finanziari limitati nel tempo, anche in relazione all'evoluzione del dibattito sulla capacità finanziaria della zona dell'Euro. Come accennato, si potrebbe – in alternativa – ipotizzare l'introduzione di meccanismi di riassicurazione delle assicurazioni nazionali contro la disoccupazione, da attivare in caso di crisi di ampia portata. Un ulteriore modello potrebbe, inoltre, essere rappresentato dalla messa in comune degli interventi realizzati a livello nazionale attraverso la definizione di standard minimi comuni a livello europeo in termini di durata e di misura delle prestazioni. Gli Stati membri resterebbero, ovviamente, liberi di riconoscere prestazioni più ampie a valere sulle proprie risorse finanziarie.
  Nel successivo intervento, Marco Buti, direttore della Direzione generale per gli affari economici e finanziari della Commissione europea, ha preliminarmente sottolineato come nell'attuale contesto economico e politico si potrebbe avere la tentazione di non affrontare i temi connessi al completamento dell'Unione economica e monetaria, correndo in questo modo il rischio di abbandonare il processo di unificazione a metà del guado e di condannare l'unione a un destino di fragilità e di incompletezza. Sotto il profilo del completamento del disegno dell'Unione economica e monetaria assumono particolare pregio, secondo il relatore, gli strumenti che agiscono, nei periodi di crisi, come stabilizzatori automatici, i quali dovrebbero essere opportunamente rafforzati a livello europeo in linea con quanto avviene nell'esperienza nordamericana. Ad avviso di Buti si dovrebbe considerare l'eventualità di costituire una capacità di bilancio a livello dell'Unione europea per intervenire in caso di circostanze eccezionali e in presenza di shock di carattere simmetrico a livello europeo o di gravi shock a livello nazionale, tenendo conto Pag. 202anche del fatto che le vigenti regole di bilancio già consentono il dispiegarsi degli stabilizzatori automatici in presenza di situazioni di crisi. Quanto alla configurazione degli strumenti di stabilizzazione, sarebbero preferibili misure che riducono la propria intensità nel corso del tempo e che garantiscano la temporaneità degli interventi, anche al fine di scongiurare il rischio di fenomeni di azzardo morale, e il rispetto dei principi di sussidiarietà. Quanto agli strumenti per raggiungere un consenso politico sulla proposta, Buti ha osservato come un maggior ruolo di condivisione del rischio nel settore privato potrebbe consentire un minore intervento pubblico, segnalando altresì che il rafforzamento dei meccanismi di stabilizzazione potrebbe consentire alla Banca centrale europea di tornare più rapidamente a interventi più ortodossi e rafforzare l'applicazione del Patto di stabilità e crescita.
  Nell'intervento di Pervenche Berès, deputata socialista del Parlamento europeo e componente della Commissione per i problemi economici e monetari, si è posto l'accento sull'esigenza di realizzare un'unione di bilancio e di introdurre stabilizzatori automatici al fine di completare il disegno dell'Unione economica e monetaria, che rischia di rimanere politicamente incompleto e di mettere per questo a rischio l'esistenza stessa della moneta unica. La deputata francese ha, inoltre, evidenziato come la recente crisi economica e finanziaria abbia fortemente indebolito i meccanismi di stabilizzazione previsti a livello nazionale, in quanto gli Stati membri sono stati spesso costretti a ridurre i propri stanziamenti di bilancio in relazione all'esigenza di perseguire gli obiettivi di carattere finanziario richiesti dall'appartenenza all'Unione economica e monetaria. A suo avviso, è necessario che si percepisca l'esistenza di una reale solidarietà tra i diversi Stati membri attraverso meccanismi che garantiscano sostegni finanziari agli stabilizzatori automatici, realizzabili anche senza modifiche ai trattati.
  Jean Arthuis, presidente della Commissione per i bilanci del Parlamento europeo ha, invece, evidenziato come manchi una forte legittimazione per le raccomandazioni formulate dalle Istituzioni europee su materie che sono sostanzialmente riconducibili alle competenze nazionali, sottolineando l'esigenza di costituire una reale capacità di bilancio per l'area dell'Euro, soprattutto per fronteggiare le criticità che si pongono in relazione all'intervento di shock che colpiscono le economie degli Stati membri. A suo avviso, allo stato sussiste un grave deficit di fiducia nei rapporti tra i diversi Paesi membri, che rende difficoltoso compiere ulteriori passi nella direzione della realizzazione di un rafforzamento della governance in materia economica e finanziaria. Sarebbe, tuttavia, auspicabile, a suo avviso, l'istituzione di un Ministro delle finanze per l'area dell'Euro che svolga a tempo pieno i propri compiti, potenziando in questo modo il quadro istituzionale che supporta l'Unione economica e monetaria.
  Michal Polák, consigliere del Ministro delle finanze della Repubblica slovacca, ha rilevato come la discussione in ordine alla costituzione di un governo comune e di un Ministro delle finanze per l'area dell'Euro, nonché all'ampliamento dell'intervento del bilancio dell'Unione europea è resa più difficile dalla mancanza di fiducia reciproca da parte degli Stati membri, che lamentano la mancata applicazione in modo uniforme delle regole vigenti. Vi è, quindi, il timore che anche gli stabilizzatori automatici possano diventare uno strumento per rendere possibili trasferimenti continuativi di risorse da alcuni Stati membri ad altri. In particolare, Polák ha evidenziato che i sistemi economici di maggiori dimensioni sono in grado di assorbire meglio eventuali shock, mentre le economie dei Paesi più piccoli tenderebbero a dipendere maggiormente dall'attivazione di strumenti comuni di protezione, in quanto le politiche di bilancio sarebbero meno efficaci, specialmente in presenza di un sistema in cui il tasso di cambio è fisso. A suo avviso, quindi, si rende necessario uno sforzo politico per porre al centro dell'agenda il tema della costruzione di una reale capacità di bilancio Pag. 203dell'Unione europea, in linea con quanto proposto dalla presidenza slovacca, per promuovere una stabilizzazione dell'Unione economica e monetaria. Polák ha, quindi, espresso l'auspicio che il libro bianco che la Commissione dovrà presentare nel corso del prossimo anno con riferimento ai passi concreti necessari al completamento dell'Unione economica e monetaria sia sufficientemente ambizioso e si faccia carico delle esigenze rappresentate.
  Il dibattito sviluppatosi è stato particolarmente ampio e ha registrato gli interventi del deputato Cariello, della senatrice Spilabotte e del senatore Guerrieri Paleotti. In proposito, giova ricordare che la senatrice Spilabotte ha richiamato i contenuti della proposta del Governo italiano relativa alla costituzione di uno strumento comune per gli aggiustamenti del mercato del lavoro, da attivare in caso di incrementi del tasso di disoccupazione di dimensioni rilevanti, sottolineando come si tratterebbe di un passo importante nella direzione della realizzazione di un'unione più attenta alle tematiche sociali. Lo strumento dovrebbe in ogni caso assicurare una maggiore condivisione dei rischi tra i diversi Stati, evitando tuttavia l'insorgere di comportamenti opportunistici, e potrebbe fondarsi su un sistema di finanziamento che combini risorse nazionali e fondi messi a disposizione da parte dell'Unione europea, anche attraverso l'emissione di specifici strumenti finanziari. Il senatore Guerrieri Paleotti, dopo aver richiamato l'importanza dei progressi compiuti sul versante dell'unione bancaria, ha evidenziato le difficoltà poste dalla costituzione di una reale capacità di bilancio per l'Unione economica e monetaria, alla luce della scarsa fiducia che caratterizza in questa fase i rapporti tra gli Stati membri, segnalando l'esigenza di considerare se tali temi possano essere affrontati in occasione della prossima revisione del bilancio dell'Unione europea. Il deputato Cariello ha, invece, osservato come l'Unione sia chiamata a scegliere tra la staticità e la dinamicità, rilevando che le attuali regole della governance economica e finanziaria stanno deprimendo le economie degli Stati membri, che necessiterebbero, invece, di investimenti mirati in settori in grado di generare valore e occupazione, da finanziare anche attraverso il ricorso a specifiche emissioni di Eurobond.
   La quarta e ultima sessione della Conferenza è stata, invece, dedicata all'utilizzo degli investimenti comuni, e, in particolare, del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), previsto dal cosiddetto «Piano Juncker», come strumento di stabilizzazione nell'ambito dell'Unione europea. La relazione introduttiva è stata svolta dal Ministro delle finanze slovacco Peter Kazimír, che ha richiamato l'attenzione sull'incompletezza dell'attuale disegno dell'Unione economica e monetaria, che, allo stato, non appare in grado di fronteggiare in modo efficace shock economici, che rischiano di danneggiare gravemente gli equilibri dei singoli Stati membri. Con particolare riferimento al Fondo europeo per gli investimenti strategici, il ministro slovacco ha evidenziato che attualmente il Fondo può difficilmente rappresentare un partner in grandi progetti infrastrutturali in grado di operare come stabilizzatori automatici, in ragione della sua insufficiente capacità finanziaria, dovuta anche al fatto che gli Stati membri tendono a non prevedere forti finanziamenti aggiuntivi, non essendo certi dell'effettivo ritorno dell'investimento.
  Nel successivo intervento, Roberto Gualtieri, presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, ha sottolineato che, nell'attuale situazione di crescita lenta e di bassi tassi di interesse, sussistono limitati spazi per la stabilizzazione delle economie attraverso le politiche fiscali, che fronteggiano essenzialmente gli shock di carattere asimmetrico, mentre per quelli di carattere simmetrico ci si affida fondamentalmente alla politica monetaria. Nel complesso, in assenza di un terzo pilastro che sostenga la costruzione, le politiche esistenti sono sottoposte a fortissime tensioni per far fronte alle molteplici esigenze che si presentano. Con particolare riferimento al tema degli investimenti, Gualtieri ha evidenziato come il piano esistente si Pag. 204debba trasformare in una vera e propria strategia di più ampio respiro che sfrutti anche i fondi strutturali europei, usufruisca di più elevati finanziamenti pubblici e si avvalga anche di piattaforme di investimento in grado sviluppare partenariati tra soggetti pubblici e privati, specialmente nei settori delle reti energetiche e digitali.
  Gerassimos Thomas, presidente del comitato di direzione del FEIS e vice direttore generale della Direzione generale per l'energia della Commissione europea, ha segnalato come nell'Unione europea si registri un sensibile calo degli investimenti rispetto al periodo anteriore alla crisi (1995-2007), anche non considerando gli effetti derivanti da «bolle» speculative, come quella che ha interessato il settore immobiliare in Spagna. Con particolare riferimento al Fondo europeo per gli investimenti strategici, Thomas ha evidenziato che, per un suo efficace sfruttamento come strumento di stabilizzazione in chiave anticiclica, si renderebbe necessario un suo diverso disegno dal punto di vista istituzionale e legale, osservando, in ogni caso, che la trasmissione degli effetti degli investimenti sull'economia reale richiede comunque tempi adeguati.
  La vicepresidente dell'Assemblea della Repubblica portoghese, Teresa Caeiro, ha sottolineato come l'attuazione del semestre europeo rappresenti un elemento di particolare rilievo in vista della creazione di una unione di bilancio, a suo avviso essenziale per la sopravvivenza stessa dell'Unione economica e monetaria e della stessa Unione europea. Pur riconoscendo l'importanza dei progressi dei processi di unificazione sul piano delle politiche fiscali e di bilancio, la vicepresidente Caeiro ha evidenziato l'esigenza di rafforzare la dimensione sociale dell'Unione, sfruttando le potenzialità offerte dal Trattato di Lisbona. In questo contesto, reputa prioritario sostenere la crescita degli investimenti, che rappresentano lo strumento più efficace per favorire la ripresa economica e la creazione di nuove opportunità occupazionali, anche attraverso una politica di bilancio più flessibile.
  Nel suo intervento, Andrew Watt, capo dell'Istituto di politica macroeconomica della Fondazione Hans-Böckler, ha posto preliminarmente in evidenza che gli investimenti in Europa sono ancora deboli e che la debolezza degli investimenti privati richiede la presenza di un intervento pubblico, che deve leggersi come complementare e non contrapposto all'attività degli operatori economici. In particolare, la debolezza dei livelli di investimento è testimoniata dalla presenza di avanzi delle partite correnti e dalla presenza di tassi di interesse negativi, con ricadute negative anche sui tassi di disoccupazione e sulla riduzione del potenziale di crescita. L'apparente paradosso della contemporanea presenza di bassi tassi di interesse e bassi livelli di investimento, già verificatosi negli anni ’30 del secolo scorso, è sostanzialmente il frutto di una fondamentale sensazione di incertezza sulle prospettive future, che deprime investimenti di medio-lungo periodo. In questo contesto, l'intervento pubblico non determinerebbe, quindi, effetti di spiazzamento degli investimenti privati, ma assumerebbe un ruolo complementare che creerebbe le basi per ulteriori investimenti privati. Ad avviso di Watt occorrerebbe, quindi, vincere le resistenze culturali esistenti e superare le rigidità insite nelle regole del patto di stabilità e crescita, che portano spesso a sacrificare, per assicurare l'equilibrio delle finanze pubbliche, le spese di investimento. Nel complesso, quindi, nell'Unione europea, che si caratterizza per una limitata capacità fiscale, alla Germania che, pur avendo spazi finanziari per investimenti, non li utilizza, si contrappongono gli altri Stati che, pur essendo interessati a potenziare i propri investimenti, non dispongono tuttavia delle necessarie risorse. Il cosiddetto «Piano Juncker» rappresenta una valida risposta a questa situazione, ancorché la quantità di investimenti realmente aggiuntivi sia piuttosto limitata e permangano criticità sulla dislocazione territoriale degli investimenti. Nel complesso, secondo Watt, sarebbe desiderabile un programma di investimenti di più ampia portata e di più lunga durata, Pag. 205considerando anche la circostanza che – anche alla luce della persistenza di tassi di interesse negativi – gli Stati membri sarebbero disposti a finanziare più ambiziosi piani di investimento. In questa ottica, si propone quindi di valutare l'introduzione nell'ambito delle regole nazionali di finanza pubblica di una golden rule, al fine di non considerare le spese di investimento ai fini del rispetto delle medesime regole, eventualmente fissando un tetto del 2 per cento per gli investimenti scorporabili. Parimenti, si invita a considerare la possibilità di introdurre meccanismi di stabilizzazione sovranazionale, al fine di non spiazzare la spesa per investimenti, di rafforzare il coordinamento delle politiche fiscali e di promuovere il finanziamento degli investimenti pubblici attraverso il canale monetario, anche con l'emissione di buoni europei.
  Nelle sue considerazioni conclusive (la Conferenza si è infatti conclusa senza che la presidenza slovacca presentasse delle proprie conclusioni), Roberto Gualtieri ha espresso il proprio apprezzamento per il fatto che, forse per la prima volta, la Conferenza prevista dall'articolo 13 del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria si sia concentrata sulle questioni di merito oggetto delle sue competenze e non sulle questioni relative al metodo della discussione e alle regole procedurali da seguire nella Conferenza stessa. In particolare, Gualtieri ha dichiarato di condividere l'approccio seguito dalla presidenza slovacca, che ha dato vita ad un confronto aperto e informale in grado di promuovere e rafforzare il dialogo politico tra le Istituzioni europee e i Parlamenti nazionali.