CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 28 settembre 2016
699.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Risoluzioni 7-00987 Mongiello, 701045 L'Abbate, 701054 Faenzi e 701068 Zaccagnini: Iniziative per la tutela del settore del grano duro.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE 7-00987 MONGIELLO

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    negli ultimi anni la redditività delle produzioni di grano duro in Italia si è costantemente ridotta con prezzi di vendita del prodotto sempre più bassi per gli agricoltori e costi di produzione sul campo in progressiva salita;
    nello stesso tempo, il mercato globale del grano duro si sta caratterizzando anche e soprattutto per le difficoltà di approvvigionamento di prodotto di qualità;
    l'Italia, a causa della sua dipendenza dall'estero per il proprio fabbisogno di grano duro, sta risentendo, più di ogni altro Paese, dello squilibro internazionale dei mercati cerealicoli, manifestando pertanto la sua particolare vulnerabilità nel settore;
    la dipendenza italiana dai mercati esteri è legata, oltre che all'insufficiente offerta nazionale, anche alla possibilità di poter disporre di forniture che si caratterizzano sia per una qualità omogenea che per la costanza nel tempo;
    il settore cerealicolo del grano duro italiano ha una complessità e una valenza strategica che emerge facilmente quando si valutano:
     la complessa articolazione della filiera;
     la primaria importanza nell'alimentazione, qualificandosi come matrice originaria del nostro made in Italy più tipico: la pasta, la pizza, i dolci tipici;
     il ruolo delle farine per la panificazione;
     il ruolo e il peso dell'industria e dell'artigianato a valle del sistema produttivo primario;
     il ruolo agronomico-paesaggistico derivante dal carattere estensivo delle colture, con una ricaduta ambientale non marginalizzabile;
     il frumento duro è destinato in misura pressoché totale all'alimentazione umana e, nel nostro Paese, in particolare alla produzione di semola per paste alimentari. Il prodotto pasta riveste grande importanza sia per i consumi interni (consumo pro capite in Italia: 28 kg annui) che per l'export, che assorbe circa il 50 per cento della produzione. Partecipano a questa filiera: le ditte sementiere e le aziende di moltiplicazione; le imprese agricole di produzione; gli stoccatori cooperativi e privati (soprattutto al Sud), consorzi agrari (nel Centro-Nord); i semolifici ed i pastifici;
    è notevole la dipendenza dell'industria molitoria e pastaria dalle importazioni. Su un fabbisogno annuo di poco più di 5 milioni di tonnellate, più di 2 milioni (35 per cento) devono essere importate dall'estero, per lo più da Paesi terzi appartenenti all'area del dollaro;
    le importazioni non riguardano solamente il prodotto «base», quanto soprattutto il grano duro per fabbisogni «tecnici»: il livello qualitativo, che nel frumento duro si esprime soprattutto in Pag. 140termini di percentuale di proteine, è nel nostro Paese spesso insufficiente per soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa per la qualità della semola;
    l'industria molitoria utilizza annualmente circa 5 milioni di tonnellate di grano duro (dei quali 2 milioni di tonnellate di importazione), equivalenti a 3,4 milioni di tonnellate di semola di grano duro; di questi 3,4 milioni di tonnellate di semola, 1,6 milioni sono impiegati per la produzione di pasta per il mercato interno, altri milioni per la produzione di pasta destinata all'esportazione (la pasta è il secondo prodotto alimentare esportato in valore;
    dopo il vino, e contribuisce in misura notevole all'equilibrio della bilancia commerciale agroalimentare) e 200.000 tonnellate per altri impieghi alimentari. Oltre a dipendere fortemente dalle importazioni, l'industria molitoria e pastaria (due fasi gestite spesso da un'unica unità produttiva, data l'elevata integrazione verticale in questo comparto) si trova a fronteggiare un'offerta nazionale di materia prima in forte squilibrio rispetto alla localizzazione della domanda. Le regioni italiane si presentano quasi tutte come fortemente deficitarie, soprattutto lì dove sano maggiormente concentrate le capacità di trasformazione (Puglia, Emilia Romagna);
    l'elevata integrazione verticale tra semolifici e pastifici, ai quali si aggiunge la concentrazione della domanda facente capo ad un numero non elevato di industrie leader comporta che ai produttori e stoccatori nazionali di materia prima sia richiesto un adeguamento strutturale che consenta loro di restare competitivi sul mercato, rispetto alla concorrenza estera;
    nel breve periodo, risulta della massima importanza concentrare gli sforzi sugli aspetti organizzativi, soprattutto con la creazione di impegni contrattuali basati sulla reciprocità e sul contenuto di servizio che è possibile incorporare al prodotto grano duro;
    al momento, l'offerta nazionale appare complementare rispetto alle importazioni. Di fronte alla necessità di «coprire» i propri fabbisogni nel medio periodo, la programmazione delle industrie è infatti rivolta in primo luogo all'estero (Canada, Paesi Est-Europa, Grecia Australia), in grado di offrire partite di qualità omogenea e soprattutto in lotti di consegna significativi, mentre l'approvvigionamento sul mercato interno assume carattere di complementarietà in alcuni periodi dell'anno (estate, inizio inverno), mentre in altri periodi il mercato nazionale è praticamente fermo;
    il maggior punto di forza della filiera del frumento duro è senz'altro l'immagine consolidata del prodotto «pasta», che ha prodotto negli anni un'elevata cultura sia industriale che del consumo;
    in effetti, pur essendo molte delle materie prime di provenienza estera, la pasta continua a mantenere, in Italia ed all'estero, l'immagine di un tipico prodotto made in Italy. La pasta è universalmente riconosciuta come il pilastro della dieta mediterranea. Dietologi e medici nutrizionisti concordano nell'assegnare alla pasta un elevato contenuto dietetico e salutistico. Nel confronto con altri carboidrati, la pasta è facilmente digeribile (salvo per i soggetti intolleranti al glutine), altamente nutriente e apporta al metabolismo una gran quantità di sostanze utili. Inoltre, ulteriori specificità del valore della pasta consistono nella gran quantità di formati diversi, che si prestano a molteplici preparazioni culinarie e nel know how artigianale e industriale dei nostri mugnai e pastai. Nonostante i tentativi in alcuni Paesi esteri (ad esempio Francia, USA, ma anche alcuni Paesi del Sudamerica) di realizzare un'industria pastaria, nessun competitor è ancora riuscito a mettere seriamente in dubbio il primato italiano;
    a ciò si aggiunge, in alcune zone del Paese, la presenza di veri e propri distretti del frumento duro, in particolare in Puglia e recentemente anche in Emilia Romagna;
    molti dei punti di debolezza della filiera del frumento duro sono comuni a Pag. 141tutte le filiere cerealicole. In particolare si fa riferimento a:
     polverizzazione produttiva: la maggior parte delle aziende coltivatrici di frumento duro non superano le dimensioni minime per garantire un minimo di redditività aziendale;
     scarsa «cultura» produttiva e scarsa attenzione alla qualità nelle fasi di coltivazione: negli anni dell'aiuto accoppiato sono venuti parzialmente meno gli incentivi per una coltivazione di qualità, che però sta dando segni di ripresa al Centro-Nord;
     scarso livello organizzativo nella concentrazione dell'offerta, soprattutto nel Mezzogiorno. Secondo alcune stime, al Centro-Nord, la ripartizione tra stoccaggio «organizzato» (cooperative e CAP) e privati è rispettivamente del 50 per cento, mentre al Sud le strutture organizzate non raggiungono il 20 per cento del prodotto stoccato;
     la maggior parte degli stoccaggi inoltre non sono idonei a stoccare il prodotto in maniera differenziata a seconda della qualità, comportando una scarsa omogeneità del prodotto stoccato e una scarsa differenziazione delle partite;
     la prevalenza del conto deposito, nel quale la merce permane di proprietà dell'imprenditore agricolo, fa sì che gli stoccatori non dispongano realmente del prodotto e che non possano di conseguenza pianificare la commercializzazione in accordo con le esigenze delle industrie clienti;
     l'inadeguatezza degli strumenti di determinazione dei prezzi rende molto aleatoria la stipula di contratti «in avanti»; il problema colpisce in particolare i contratti di coltivazione e vendita stipulati prima delle semine;
     l'opportunità più rilevante per la filiera è il consolidamento sui mercati esteri della dieta mediterranea e di conseguenza dei consumi di pasta di semola di grano duro. Questa però potrà essere colta pienamente solo se si garantirà l'equivalenza tra pasta di qualità e made in Italy (altrimenti può trasformarsi in una minaccia, data la crescente concorrenza estera);
     minacce evidenti per gli operatori della filiera sono rappresentate dall'incremento dei costi di produzione le cui conseguenze si possono riassumere in:
     tendenza a non coltivare da parte dei produttori agricoli oppure ad adottare percorsi produttivi tesi al risparmio (e la qualità andrà a risentirne);
     tendenza per le imprese a valle della produzione a delocalizzare parte dell'attività di trasformazione oppure a rendere «organico» il processo di importazione delle partite all'estero;
     emergere di nuovi concorrenti internazionali in grado di competere sui costi industriali (manodopera);
     dal punto di vista governativo, si evidenzia che, a valere sulle disponibilità previste dal comma 1084, dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), con cui è stata disposta un'autorizzazione di spesa pluriennale per l'attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, lo stesso Ministero ha, tra gli altri, elaborato un piano di settore per il sistema cerealicolo. In tale piano sono affrontate le principali criticità del sistema nazionale del grano duro e sono indicate le azioni e le strategie per superarle, individuando strategie di sviluppo e fattori di competitività per la filiera nazionale;
     il piano cerealicolo nazionale è stato approvato in Conferenza Stato-regioni il 26 novembre 2009;
     tale piano, tuttavia, non è ancora stato reso esecutivo e, ad ogni modo, necessiterebbe di una congrua dotazione di risorse finanziarie volte a consentirne l'attuazione, in maniera particolare per quanto concerne le specifiche misure che riguardano il comparto del grano duro e la Pag. 142creazione di una filiera di valore della pasta made in Italy che risponda ai requisiti di qualità risalenti alle prerogative nutrizionali della dieta mediterranea;

impegna il Governo:

   a sostenere ed incentivare l'istituzione di un sistema di etichettatura volto alla massima trasparenza nella commercializzazione dei prodotti a base cerealicola, segnatamente della pasta di grano duro, capace di tutelare le scelte del consumatore e fornirgli garanzie sulla vera origine delle materie prime utilizzate, quali il frumento, la fecola e la farina;
   ad intraprendere ogni più utile iniziativa volta a tutelare gli agricoltori operanti nel settore dei cereali e a valorizzare il grano di origine italiana, anche attraverso misure dirette a:
    a) incrementare la produzione nazionale senza accrescere la pressione sulle risorse ambientali, attraverso la razionalizzazione della coltivazione delle varietà tradizionali di pregio e lo studio di sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica;
    b) sostenere e promuovere attività di ricerca per implementare e migliorare la produttività delle colture cerealicole, segnatamente del grano duro e le relative rese proteiche;
    c) sostenere ed incentivare l'aggregazione e l'organizzazione economica della filiera del grano, anche alla luce delle novità contenute nella nuova OCM unica di cui al regolamento (UE) n. 1308/2013 che introduce lo strumento della contrattualizzazione tra produttori cerealicoli ed acquirenti industriali e commerciali ponendo le basi per la rivisitazione ed il rilancio del sistema delle organizzazioni di produttori (OP) e degli organismi interprofessionali (OI);
    d) adeguare il sistema della ricerca verso le reali necessità della produzione in termini di genetica, di lotta ai patogeni e di tecniche di coltivazione a maggiore resa;
    e) favorire la nascita di un piano proteico nazionale;
    f) stimolare l'ottimizzazione delle strutture logistiche per migliorare i trasporti del prodotto, la buona conservazione della materia prima e la diffusione competitiva sul territorio di centri di stoccaggio, così da assicurare al meglio anche la competitività produttiva ed il reddito degli agricoltori;
    g) prevedere misure di sostegno in favore degli agricoltori che decidono di effettuare interventi di innovazione nel settore di produzione dei cereali, segnatamente in quello del grano duro;
   ad assumere ogni più utile ed immediata iniziativa per fare fronte alle criticità che sta attraversando il settore del grano duro in Italia, segnatamente nelle regioni del Sud, ed in tale ambito, ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché si pervenga all'attuazione, con il corredo di un opportuno finanziamento, del piano cerealicolo nazionale e delle relative misure che riguardano la creazione di una relativa filiera di valore, formata dalle imprese produttrici della materia prima e delle industrie di trasformazione delle relative produzioni, anche allo scopo di assicurare la creazione di un sistema organizzato della pasta made in Italy;
   ad attivarsi affinché nell'ambito dell'attuazione del predetto piano, o in alternativa attraverso l'assunzione di iniziative specifiche anche di carattere normativo, siano attuate specifiche azioni in favore delle regioni vocate del Mezzogiorno finalizzate al rafforzamento della filiera del grano duro per come sopra indicato.

Pag. 143

ALLEGATO 2

Risoluzioni 7-00987 Mongiello, 7-01045 L'Abbate, 7-01054 Faenzi e 7-01068 Zaccagnini: Iniziative per la tutela del settore del grano duro.

RISOLUZIONE 8-00201 APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    negli ultimi anni la redditività delle produzioni di grano duro in Italia si è costantemente ridotta con prezzi di vendita del prodotto sempre più bassi per gli agricoltori e costi di produzione sul campo in progressiva salita;
    nello stesso tempo, il mercato globale del grano duro si sta caratterizzando anche e soprattutto per le difficoltà di approvvigionamento di prodotto di qualità;
    l'Italia, a causa della sua dipendenza dall'estero per il proprio fabbisogno di grano duro, sta risentendo, più di ogni altro Paese, dello squilibro internazionale dei mercati cerealicoli, manifestando pertanto la sua particolare vulnerabilità nel settore;
    la dipendenza italiana dai mercati esteri è legata, oltre che all'insufficiente offerta nazionale, anche alla possibilità di poter disporre di forniture che si caratterizzano sia per una qualità omogenea che per la costanza nel tempo;
    il settore cerealicolo del grano duro italiano ha una complessità e una valenza strategica che emerge facilmente quando si valutano:
     la complessa articolazione della filiera;
     la primaria importanza nell'alimentazione, qualificandosi come matrice originaria del nostro made in Italy più tipico: la pasta, la pizza, i dolci tipici;
     il ruolo e il peso dell'industria e dell'artigianato a valle del sistema produttivo primario;
     il ruolo agronomico-paesaggistico derivante dal carattere estensivo delle colture, con una ricaduta ambientale non marginalizzabile;
     il frumento duro è destinato in misura pressoché totale all'alimentazione umana e, nel nostro Paese, in particolare alla produzione di semola per paste alimentari. Il prodotto pasta riveste grande importanza sia per i consumi interni (consumo pro capite in Italia: 28 kg annui) che per l'export, che assorbe circa il 50 per cento della produzione. Partecipano a questa filiera: le ditte sementiere e le aziende di moltiplicazione; le imprese agricole di produzione; gli stoccatori cooperativi e privati (soprattutto al Sud), consorzi agrari (nel Centro-Nord); i semolifici ed i pastifici;
    è notevole la dipendenza dell'industria molitoria e pastaria dalle importazioni. Su un fabbisogno annuo di poco più di 5 milioni di tonnellate, più di 2 milioni (35 per cento) devono essere importate dall'estero, per lo più da Paesi terzi appartenenti all'area del dollaro;
    le importazioni non riguardano solamente il prodotto «base», quanto soprattutto il grano duro per fabbisogni «tecnici»: il livello qualitativo, che nel frumento duro si esprime soprattutto in termini di percentuale di proteine, è nel nostro Paese spesso insufficiente per soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa per la qualità della semola; Pag. 144
    l'industria molitoria utilizza annualmente circa 5 milioni di tonnellate di grano duro (dei quali 2 milioni di tonnellate di importazione), equivalenti a 3,4 milioni di tonnellate di semola di grano duro; di questi 3,4 milioni di tonnellate di semola, 1,6 milioni sono impiegati per la produzione di pasta per il mercato interno, altri milioni per la produzione di pasta destinata all'esportazione (la pasta è il secondo prodotto alimentare esportato in valore;
    dopo il vino, e contribuisce in misura notevole all'equilibrio della bilancia commerciale agroalimentare) e 200.000 tonnellate per altri impieghi alimentari. Oltre a dipendere fortemente dalle importazioni, l'industria molitoria e pastaria (due fasi gestite spesso da un'unica unità produttiva, data l'elevata integrazione verticale in questo comparto) si trova a fronteggiare un'offerta nazionale di materia prima in forte squilibrio rispetto alla localizzazione della domanda. Le regioni italiane si presentano quasi tutte come fortemente deficitarie, soprattutto lì dove sano maggiormente concentrate le capacità di trasformazione (Puglia, Emilia Romagna);
    l'elevata integrazione verticale tra semolifici e pastifici, ai quali si aggiunge la concentrazione della domanda facente capo ad un numero non elevato di industrie leader comporta che ai produttori e stoccatori nazionali di materia prima sia richiesto un adeguamento strutturale che consenta loro di restare competitivi sul mercato, rispetto alla concorrenza estera;
    nel breve periodo, risulta della massima importanza concentrare gli sforzi sugli aspetti organizzativi, soprattutto con la creazione di impegni contrattuali basati sulla reciprocità e sul contenuto di servizio che è possibile incorporare al prodotto grano duro;
    al momento, l'offerta nazionale appare complementare rispetto alle importazioni. Di fronte alla necessità di «coprire» i propri fabbisogni nel medio periodo, la programmazione delle industrie è infatti rivolta in primo luogo all'estero (Canada, Paesi Est-Europa, Grecia Australia), in grado di offrire partite di qualità omogenea e soprattutto in lotti di consegna significativi, mentre l'approvvigionamento sul mercato interno assume carattere di complementarietà in alcuni periodi dell'anno (estate, inizio inverno), mentre in altri periodi il mercato nazionale è praticamente fermo;
    il maggior punto di forza della filiera del frumento duro è senz'altro l'immagine consolidata del prodotto «pasta», che ha prodotto negli anni un'elevata cultura sia industriale che del consumo;
    in effetti, pur essendo molte delle materie prime di provenienza estera, la pasta continua a mantenere, in Italia ed all'estero, l'immagine di un tipico prodotto made in Italy. La pasta è universalmente riconosciuta come il pilastro della dieta mediterranea. Dietologi e medici nutrizionisti concordano nell'assegnare alla pasta un elevato contenuto dietetico e salutistico. Nel confronto con altri carboidrati, la pasta è facilmente digeribile (salvo per i soggetti intolleranti al glutine), altamente nutriente e apporta al metabolismo una gran quantità di sostanze utili. Inoltre, ulteriori specificità del valore della pasta consistono nella gran quantità di formati diversi, che si prestano a molteplici preparazioni culinarie e nel know how artigianale e industriale dei nostri mugnai e pastai. Nonostante i tentativi in alcuni Paesi esteri (ad esempio Francia, USA, ma anche alcuni Paesi del Sudamerica) di realizzare un'industria pastaria, nessun competitor è ancora riuscito a mettere seriamente in dubbio il primato italiano;
    a ciò si aggiunge, in alcune zone del Paese, la presenza di veri e propri distretti del frumento duro, in particolare in Puglia e recentemente anche in Emilia Romagna;
    molti dei punti di debolezza della filiera del frumento duro sono comuni a tutte le filiere cerealicole. In particolare si fa riferimento a:
    polverizzazione produttiva: la maggior parte delle aziende coltivatrici di Pag. 145frumento duro non superano le dimensioni minime per garantire un minimo di redditività aziendale;
    scarsa «cultura» produttiva e scarsa attenzione alla qualità nelle fasi di coltivazione: negli anni dell'aiuto accoppiato sono venuti parzialmente meno gli incentivi per una coltivazione di qualità, che però sta dando segni di ripresa al Centro-Nord;
    scarso livello organizzativo nella concentrazione dell'offerta, soprattutto nel Mezzogiorno. Secondo alcune stime, al Centro-Nord, la ripartizione tra stoccaggio «organizzato» (cooperative e CAP) e privati è rispettivamente del 50 per cento, mentre al Sud le strutture organizzate non raggiungono il 20 per cento del prodotto stoccato;
    la maggior parte degli stoccaggi inoltre non sono idonei a stoccare il prodotto in maniera differenziata a seconda della qualità, comportando una scarsa omogeneità del prodotto stoccato e una scarsa differenziazione delle partite;
    la prevalenza del conto deposito, nel quale la merce permane di proprietà dell'imprenditore agricolo, fa sì che gli stoccatori non dispongano realmente del prodotto e che non possano di conseguenza pianificare la commercializzazione in accordo con le esigenze delle industrie clienti;
    l'inadeguatezza degli strumenti di determinazione dei prezzi rende molto aleatoria la stipula di contratti «in avanti»; il problema colpisce in particolare i contratti di coltivazione e vendita stipulati prima delle semine;
    l'importanza di implementare la produzione di grano biologico, la cui domanda sul mercato è crescente;
    l'opportunità più rilevante per la filiera è il consolidamento sui mercati esteri della dieta mediterranea e di conseguenza dei consumi di pasta di semola di grano duro. Questa però potrà essere colta pienamente solo se si garantirà l'equivalenza tra pasta di qualità e made in Italy (altrimenti può trasformarsi in una minaccia, data la crescente concorrenza estera);
    minacce evidenti per gli operatori della filiera sono rappresentate dall'incremento dei costi di produzione le cui conseguenze si possono riassumere in:
    tendenza a non coltivare da parte dei produttori agricoli oppure ad adottare percorsi produttivi tesi al risparmio (e la qualità andrà a risentirne);
    tendenza per le imprese a valle della produzione a delocalizzare parte dell'attività di trasformazione oppure a rendere «organico» il processo di importazione delle partite all'estero;
    emergere di nuovi concorrenti internazionali in grado di competere sui costi industriali (manodopera);
    la necessità di rafforzare il sistema dei controlli della tracciabilità dei prodotti con particolare riferimento a quelli che provengono dall'estero;
    dal punto di vista governativo, si evidenzia che, a valere sulle disponibilità previste dal comma 1084, dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), con cui è stata disposta un'autorizzazione di spesa pluriennale per l'attuazione dei piani nazionali di settore di competenza del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, lo stesso Ministero ha, tra gli altri, elaborato un piano di settore per il sistema cerealicolo. In tale piano sono affrontate le principali criticità del sistema nazionale del grano duro e sono indicate le azioni e le strategie per superarle, individuando strategie di sviluppo e fattori di competitività per la filiera nazionale;
    il piano cerealicolo nazionale è stato approvato in Conferenza Stato-regioni il 26 novembre 2009;
    tuttavia il conseguimento degli obiettivi prefissati da tale piano, per la loro complessità ed articolazione, necessiterebbero Pag. 146di una ulteriore ingente dotazione di risorse finanziarie in maniera particolare per quanto concerne le specifiche misure che riguardano il comparto del grano duro e la creazione di una filiera di valore della pasta made in Italy che risponda ai requisiti di qualità risalenti alle prerogative nutrizionali della dieta mediterranea;

impegna il Governo:

   a promuovere meccanismi che garantiscano la tracciabilità e l'indicazione dell'origine nella commercializzazione dei prodotti a base cerealicola, segnatamente della pasta di grano duro, capace di tutelare le scelte del consumatore e fornirgli garanzie sulla vera origine delle materie prime utilizzate, quali il frumento, la fecola e la farina;
   ad intraprendere ogni più utile iniziativa volta a tutelare gli agricoltori operanti nel settore dei cereali e a valorizzare il grano di origine italiana, anche attraverso misure dirette a:
    a) incrementare la produzione nazionale senza accrescere la pressione sulle risorse ambientali, attraverso la razionalizzazione della coltivazione delle varietà tradizionali di pregio e lo studio di sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica;
    b) sostenere e promuovere attività di ricerca per implementare e migliorare la produttività delle colture cerealicole, segnatamente del grano duro e le relative rese proteiche;
    c) sostenere ed incentivare l'aggregazione e l'organizzazione economica della filiera del grano, anche alla luce delle novità contenute nella nuova OCM unica di cui al regolamento (UE) n. 1308/2013 che introduce lo strumento della contrattualizzazione tra produttori cerealicoli ed acquirenti industriali e commerciali ponendo le basi per la rivisitazione ed il rilancio del sistema delle organizzazioni di produttori (OP) e degli organismi interprofessionali (OI);
    d) adeguare il sistema della ricerca verso le reali necessità della produzione in termini di genetica, di lotta ai patogeni e di tecniche di coltivazione a maggiore resa;
    e) favorire la nascita di un piano proteico nazionale;
    f) stimolare l'ottimizzazione delle strutture logistiche per migliorare i trasporti del prodotto, la buona conservazione della materia prima e la diffusione competitiva sul territorio di centri di stoccaggio, così da assicurare al meglio anche la competitività produttiva ed il reddito degli agricoltori;
    g) prevedere misure di sostegno in favore degli agricoltori che decidono di effettuare interventi di innovazione nel settore di produzione dei cereali, segnatamente in quello del grano duro;
   ad assumere ogni più utile ed immediata iniziativa per fare fronte alle criticità che sta attraversando il settore del grano duro in Italia, segnatamente nelle regioni del Sud, ed in tale ambito, ad attivarsi, per quanto di competenza, affinché si pervenga all'attuazione, con il corredo di un opportuno finanziamento, del piano cerealicolo nazionale vigente e delle relative misure che riguardano la creazione di una relativa filiera di valore, formata dalle imprese produttrici della materia prima e delle industrie di trasformazione delle relative produzioni, anche allo scopo di assicurare la creazione di un sistema organizzato della pasta made in Italy;
   ad attivarsi affinché nell'ambito dell'attuazione del predetto piano, o in alternativa attraverso l'assunzione di iniziative specifiche anche di carattere normativo, Pag. 147
siano attuate specifiche azioni in favore delle regioni vocate del Mezzogiorno finalizzate al rafforzamento della filiera del grano duro per come sopra indicato.
(8-00201) «Mongiello, Michele Bordo, Boccia, Ginefra, Ventricelli, Grassi, Losacco, Capone, Mariano, Pelillo, Vico, Fregolent, Montroni, Terrosi, Petrini, Antezza, Galperti, Amoddio, Marchi, Venittelli, Iacono, Arlotti, D'Incecco, Schirò, Carloni, Culotta, Rubinato, Amato, Bossa, Albanella, Zardini, Porta, Capodicasa, Oliverio, Capozzolo, Ribaudo, Cenni, Faenzi, Zaccagnini».

Pag. 148

ALLEGATO 3

Risoluzioni 7-00987 Mongiello, 7-01045 L'Abbate, 7-01054 Faenzi e 7-01068 Zaccagnini: Iniziative per la tutela del settore del grano duro.

RISOLUZIONE 8-00202 APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la crisi che ormai da tempo interessa il settore cerealicolo nazionale rappresenta una vera e propria emergenza e l'individuazione di misure atte a contenere la pesante situazione di mercato, unitamente ad una ristrutturazione complessiva della filiera, sono interventi che non possono essere più rimandati;
    tra le criticità più significative, oltre al fatto che il comparto opera in un contesto internazionale estremamente instabile e condizionato da una serie di dinamiche non strettamente correlate con la legge della domanda e dell'offerta, si segnalano sicuramente: l'elevata frammentazione della superficie colturale, con costi del terreno e di impresa nettamente superiori ad altre realtà e conseguente perdita di competitività da parte delle imprese nazionali; elevati costi di produzione e diminuzione costante dei prezzi che costringe la fase agricola a lavorare spesso sottocosto; spontaneismo ed eterogeneità delle produzioni raramente collegate agli andamenti reali dei consumi; diversità degli ambienti pedoclimatici e alta differenziazione quantitativa e qualitativa delle produzioni; scarsa concentrazione dell'offerta; difficoltà nella gestione commerciale causata dalla prevalenza del conto deposito rispetto al conto conferimento e attività di ricerca varietale non sempre rispondente alle reali esigenze di mercato;
    ad alimentare le debolezze del settore contribuiscono poi le mutate strategie dell'industria di trasformazione: l'organizzazione e la concentrazione degli operatori comporta nuove esigenze di fornitura che la filiera non sembra saper soddisfare;
    la questione organizzativa della produzione appare pertanto uno dei nodi strutturali più rilevanti: l'organizzazione di filiera è indispensabile non solo per affrontare le sfide del mercato globale ma anche per aumentare la capacità di negoziazione della parte agricola e qualificare e valorizzare il prodotto;
    al fine di consentire ai produttori di poter collocare il proprio prodotto ad un prezzo congruo e di garantire la trasparenza nelle relazioni contrattuali tra gli operatori di mercato e nella formazione di prezzi è indispensabile la costituzione di Commissioni uniche per singolo prodotto (frumento duro; frumento tenero), di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91;
    la cerealicoltura italiana è stata in passato condizionata dalle politiche comunitarie di aiuti accoppiati attuate, per le quali gli interventi applicati non sempre hanno consentito elevati livelli di innovazione, determinando un incremento delle superfici coltivate a discapito della qualità dei prodotti e della riduzione dell'impatto ambientale;
    la strutturazione della filiera nazionale cerealicola non può prescindere dalla adozione di sistemi di coltivazione maggiormente sostenibili, basati su tecniche produttive di precisione e più efficienti;Pag. 149
    il settore si sta confrontando con nuove normative in tema di sicurezza alimentare, aspetto che determina una maggiore attenzione alle caratteristiche igienico-sanitarie della granella e che evidenzia caratteristiche di salubrità e minor rischio dei prodotti cerealicoli nazionali rappresentando un vantaggio competitivo per l'offerta sul mercato interno;
    la predisposizione di un piano proteico nazionale integrato con il Piano cerealicolo vigente anche alla luce delle rinnovate resistenze verso le coltivazioni geneticamente modificate, darebbe un valido contributo alla necessità di qualificare la produzione agricola nazionale anche nel settore mangimistico, oltre ad impattare positivamente su tutte le filiere zootecniche di qualità;
    è condiviso il convincimento secondo cui per lo sviluppo delle filiera è necessario sostenere la ricerca, affinché sia più efficiente ed efficace in un settore strategico come quello dei cereali, favorendo una maggiore interazione tra chi produce innovazione e chi la utilizza,

impegna il Governo

   ad effettuare un eventuale aggiornamento centrato sulla definizione di specifici e singoli interventi ritenuti più consoni per affrontare il carattere emergenziale dell'attuale crisi, anche in relazione alle effettive risorse finanziare disponibili a:
    a) assumere iniziative al fine di assicurare all'industria di trasformazione determinati volumi e al produttore la collocazione del proprio prodotto a prezzo congruo e slegato dalle contrattazioni delle borse merci, volte ad incrementare le risorse da destinare al sostegno degli accordi di filiera e ad attivare una Commissione unica nazionale per il mercato dei cereali;
    b) assumere iniziative per indirizzare la ricerca verso l'ammodernamento della filiera a partire dal settore sementiero, agricolo ed industriale di trasformazione mediante l'attribuzione di risorse dedicate ed il sostegno alla costituzione di gruppi operativi di cui all'articolo 56 del regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale;
    c) promuovere la valorizzazione delle produzioni di qualità e salubri e la loro innovazione tramite il trasferimento delle conoscenze della ricerca tecnologica e scientifica;
   a destinare specifiche risorse finalizzate alla realizzazione e/o miglioramento di impianti di stoccaggio, con priorità a quelli gestiti dalle Organizzazioni di produttori e da forme di aggregazione degli agricoltori;
   a predisporre adeguati interventi volti a garantire lo stoccaggio differenziato di grano duro, in particolare attraverso la certificazione delle analisi per i principali parametri qualitativi;
   al fine di differenziare e valorizzare il prodotto italiano all'origine, a predisporre una griglia di valutazione volta a definire classi di qualità, quale strumento in grado di differenziare le caratteristiche della granella, non solo sulla base dei parametri merceologici come il peso ettolitrico, l'umidità e il contenuto proteico, e reologici, quali le peculiarità del glutine, ma anche sulle base delle caratteristiche chimiche e microbiologiche intese come contenuto di: micotossine, residui di erbicidi quali il glifosato, pesticidi (molto utilizzati nella conservazione post-raccolta), metalli pesanti e radioattività;
   a realizzare un adeguato monitoraggio fito-sanitario anche attraverso il campionamento organizzato nelle aree cerealicole.
(8-00202) «L'Abbate, Gallinella, Gagnarli, Parentela, Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini».

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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2015/412/UE che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (Atto n. 324).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La Commissione XIII (Agricoltura),
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/412 che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (Atto n. 324);
   preso atto che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 15 settembre 2016, ha espresso intesa sullo schema di decreto all'esame formulando alcune raccomandazioni;
   visti i rilievi espressi in data 27 settembre 2016 dalla Commissione V (Bilancio);
   visti i rilievi espressi in pari data dalla Commissione VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) con i quali si sottolinea l'esigenza di assicurare la salvaguardia dell'interesse unitario nella scelta di limitare o vietare la coltivazione di OGM e di evitare conflitti tra singole Regioni o Province autonome sulla base di regole di coesistenza non uniformi, riconoscendo in capo ad un'autorità nazionale quale il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali la competenza in materia di adeguamento dell'ambito geografico di OGM e individuando nella Conferenza permanente tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome la sede per assicurare la leale collaborazione tra le istituzioni nazionali ed istituzioni locali;
   considerato che il provvedimento è stato adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (articolo 1 della legge n. 114 del 2015);
   considerato che la direttiva (UE) 2015/412 integra la disciplina sugli organismi geneticamente modificati (OGM) prevista dalla direttiva 2001/18/CE e dal regolamento (CE) 1829/2003, per consentire agli Stati membri di limitare o vietare la loro coltivazione sul loro territorio, senza incidere sulla libera circolazione dei medesimi OGM, in quanto tali o contenuti in prodotti;
   richiamato, in particolare, il considerando (13) della direttiva che ricorda come gli Stati membri devono avere la possibilità di adottare misure motivate che limitano in tutto o in parte del territorio la coltivazione di OGM sia in fase di autorizzazione che qualora già autorizzati, facendo valere motivazioni collegate ad obiettivi, tra l'altro, di politica ambientale o agricola o ad agricola;
   richiamato altresì il considerando (15) che precisa che agli Stati membri sono rimesse le decisioni circa le valutazioni degli «impatti socio-economici derivanti dalla coltivazione di un OGM sul territorio»;Pag. 151
   richiamato, in particolare, il considerando (17) della direttiva che, pur ribadendo che il livello di protezione della salute umana o animale e dell'ambiente con riferimento alla coltivazione di OGM forma oggetto di valutazione scientifica uniforme in tutta l'Unione, evidenzia tuttavia che la valutazione circa «il mantenimento e lo sviluppo di pratiche agricole che combinano al meglio la produzione e la sostenibilità degli ecosistemi o il mantenimento della biodiversità locale, compresi taluni habitat ed ecosistemi, o determinati tipi di caratteristiche naturali e paesaggistiche, nonché funzioni e servizi ecosistemici specifici» resta affidata ai singoli Stati membri;
   preso atto che la direttiva, al considerando (25), raccomanda agli Stati membri e agli operatori, al fine di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori, di adottare misure efficaci in materia di etichettatura e informazione in conformità del regolamento (CE) n. 1829/2003 e del regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, per assicurare la trasparenza per quanto concerne la presenza di OGM nei prodotti;
   tenuto conto che la direttiva, al considerando (19), precisa che le decisioni degli Stati membri che limitano o vietano la coltivazione di OGM in tutto il loro territorio o in parte di esso non dovrebbero impedire lo svolgimento di attività di ricerca biotecnologica purché, nello svolgere tali attività di ricerca, siano osservate tutte le necessarie misure di sicurezza relative alla salute umana o animale e alla tutela dell'ambiente e l'attività non comprometta il rispetto delle motivazioni per le quali la restrizione o il divieto sono stati introdotti;
   richiamata altresì la sentenza della Corte costituzione n. 116 del 2006, laddove si precisa che la coltivazione degli OGM – pur afferendo alla materia agricola (rientrante nella competenza residuale delle regioni) – investe pienamente diversi interessi di rilievo costituzionale, tra cui principalmente la tutela dell'ambiente e della salute, per cui la legge statale è chiamata a individuare il punto di equilibrio fra tali esigenze in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
   considerato che lo schema di decreto legislativo apporta modifiche al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 e che, in particolare, in base all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-ter, nell'ambito della procedura di autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM, il Ministero delle politiche agricole può proporre alle regioni e alle province autonome di richiedere che nel territorio nazionale, o in una parte di esso, sia esclusa la possibilità di coltivazione di un OGM;
   rilevate inoltre le modifiche apportate al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 ad opera dell'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-quater, che consentono di adottare specifiche misure per la limitazione o il divieto della coltivazione di OGM nel territorio nazionale nel caso in cui l'organismo geneticamente modificato sia stato già autorizzato;
   considerato necessario acquisire l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nella procedura di cui agli articoli 26-ter e 26-quater prima delineata;
   viste poi le modifiche apportate al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 ad opera dell'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-quinquies, che prevede che una singola regione o provincia possa chiedere al Ministero delle politiche agricole di essere reintegrata nell'ambito geografico dell'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM e ritenuto al riguardo che tale richiesta debba provenire dalla Conferenza Stato-regioni; Pag. 152
   viste quindi le modifiche apportate al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 ad opera dell'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-sexies, che stabilisce che, a decorrere dal 3 aprile 2017, le regioni e le province autonome che coltivano OGM e che confinano con Stati membri in cui è vietata la coltivazione dei medesimi OGM, debbano adottare nelle zone di frontiera del loro territorio le cosiddette misure di coesistenza per prevenire la commistione transfrontaliera nel territorio degli Stati limitrofi;
   ravvisata al riguardo la necessità che tali misure siano adottate dall'Autorità nazionale competente, di intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano»;
   ritenuta infine la necessità che le misure di coesistenza siano adottate da parte delle regioni e province autonome interessate acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome;
   evidenziato infine che l'Italia basa la propria eccellenza nella produzione agroalimentare su un intreccio inestricabile di competenze e di «saperi» millenari, di cultivar e di tecniche di coltivazione particolari, di specifiche condizioni climatiche e morfologiche e che tutto ciò ha permesso al nostro Paese di vantare il primato europeo nelle produzioni di qualità e a marchio garantito;
   sottolineata conclusivamente l'estrema rilevanza politica del provvedimento anche alla luce del grande impegno che il Parlamento ed il Governo italiano hanno profuso affinché fosse riconosciuta la possibilità di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati nel nostro territorio allo scopo di tutelare la produzione agricola nazionale da contaminazioni accidentali di organismi geneticamente modificati,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) provveda il Governo, all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-ter,
    al comma 1, alla fine del primo periodo, ad inserire le seguenti parole: d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Di tale decisione informa l'Autorità nazionale competente di cui all'articolo 2, comma 1, e il Ministero della Salute;
    a sopprimere il comma 2;
    al comma 3, primo periodo, a sopprimere le parole: «conformemente alle decisioni regionali di cui al comma 2»;
    aggiungere infine il seguente comma:
  6. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano che comunicano la propria decisione di non escludere tutto o parte del proprio territorio dalla coltivazione di OGM ai sensi del presente articolo, adottano i provvedimenti necessari al fine di evitare contaminazioni nel territorio delle regioni confinanti in cui la coltivazione di tali OGM è vietata, secondo le modalità previste dall'articolo 26-sexies, comma 4;
   b) provveda il Governo, all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-quater,
    al comma 1, ad aggiungere, infine, i seguenti periodi: «Le misure che limitano o vietano la coltivazione di OGM sul territorio nazionale sono adottate d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Di tale decisione il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali informa l'Autorità nazionale competente di cui all'articolo 2, comma 1, e il Ministero della Salute, nonché se motivate in base al fattore di cui al comma 1, lett. b) il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, se motivate in base al fattore di cui al comma 1, lett. d) il Ministero dello Pag. 153sviluppo economico. Qualora la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano segnali situazioni riconducibili al fattore di cui al comma 1, lett. g), il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali acquisisce il parere vincolante del Ministero dell'interno».
    a sopprimere i commi 3 e 4;
    aggiungere, infine, il seguente comma:
  10. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano che non adottano le misure che limitano o vietano la coltivazione di OGM previste dal presente articolo, adottano i provvedimenti necessari al fine di evitare contaminazioni nel territorio delle regioni confinanti in cui la coltivazione di tali OGM è vietata, secondo le modalità previste dall'articolo 26-sexies, comma 4.
   c) provveda il Governo all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, Art. 26-quinquies, comma 1, a sostituire le parole da: «La regione o la provincia autonoma» con le seguenti: «Ogni regione o provincia autonoma, previa intesa in sede di conferenza unificata»;
   d) provveda il Governo, all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, articolo 26-sexies,
    al comma 1, a sostituire le parole: «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» con le seguenti: «l'Autorità nazionale competente, di intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano»; allo stesso comma sostituire la parola: «adottano» con la seguente: «adotta»;
    al comma 2, a sostituire le parole: «Se la regione o provincia autonoma» con le seguenti: «Se l'Autorità»;
    sostituire il comma 4 con il seguente:
  4. Le regioni e province autonome di Trento e Bolzano in cui si coltivano OGM adottano, nelle rispettive zone di confine, i provvedimenti necessari al fine di evitare contaminazioni nel territorio delle regioni confinanti in cui la coltivazione di tali OGM è vietata, tenendo conto della raccomandazione della Commissione europea del 13 luglio 2010 e nel rispetto del principio di coesistenza, dandone notizia al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che, acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, comunica detti provvedimenti alla Commissione europea;
   e) provveda il Governo, all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso Titolo III-bis, articolo 35-bis, comma 1, dopo la parola: «reato» ad inserire le seguenti: «previsto dall'articolo 452-bis del codice penale».

  e con la seguente osservazione:
   l'Autorità nazionale competente, di concerto con gli altri Ministeri coinvolti, funga da coordinamento nazionale nel disciplinare legislativamente, in maniera uniforme, le scelte di politica agricola, che, comunque, devono propendere nella direzione di una scelta netta di essere il territorio nazionale libero dalla coltivazione degli OGM.

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2015/412/UE che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (Atto n. 324).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO SI-SEL

  La Commissione XIII (Agricoltura),
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/412 che modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio (Atto n. 324);

  considerato che:
   lo schema di decreto legislativo in esame dà attuazione alla direttiva 2015/412/UE del Parlamento e del Consiglio dello 11 marzo 2015, il quale modifica la direttiva 2001/18/CE, limitatamente alla possibilità degli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente, OGM, sul loro territorio, sulla base della delega prevista dall'articolo 1 della legge n. 114 del 2015 (Legge di delegazione europea 2014 (con riferimento al n. 55 dell'Allegato B della medesima legge);
   per il recepimento della direttiva non è previsto un termine specifico per gli Stati membri, ma ai sensi dell'articolo 31 comma 1 della legge n. 234 del 24 dicembre 2012, il Governo è tenuto ad adottare il relativo decreto entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea (15 agosto 2015);
   l'articolo 26-ter attribuisce al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, quale Autorità nazionale competente, la possibilità di chiedere l'adeguamento dell'ambito geografico dell'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM in modo che tutto il territorio nazionale o parte di esso sia escluso dalla coltivazione di OGM. Tale richiesta presuppone il parere dell'EFSA. Nel caso in cui non sia stata presentata alcuna richiesta di autorizzazione, ossia sia stato confermato l'ambito geografico della notifica o domanda iniziale, uno Stato membro può comunque adottare provvedimenti che limitino o vietino totalmente o parzialmente la coltivazione di un OGM a condizione che siano rispettosi del diritto comunitario. Il divieto deve essere motivato da obiettivi di politica ambientale, da motivazioni di pianificazione urbana e territoriale, dall'uso del suolo, dagli impatti socio-economici; dall'esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, dagli obiettivi di politica agricola e dall'ordine pubblico. È opportuno ricordare che due regioni italiane hanno normato la materia in maniera precisa e puntale decidendo di vietare le coltivazioni di OGM sul proprio territorio come è il caso della Regione Friuli Venezia Giulia che ha emanato la legge regionale n. 15 del 4 agosto 2014 e della Regione Valle d'Aosta che ha adottato la legge regionale n. 2 del 20 gennaio 2015;
   vi è il serio rischio, pur nel rispetto delle prerogative costituzionali attribuite alle Regioni dall'articolo 117 della Costituzione, di una frammentazione del territorio Pag. 155nazionale nel determinare in maniera inequivocabile quale deve essere la scelta dell'Italia rispetto alla coltivazione degli OGM, che non può più essere rinviata, ma deve essere ben definita per evitare un disimpegno dello Stato sulle materie di propria competenza, con una sostanziale abdicazione nei confronti dei mutevoli orientamenti regionali. Alla luce di ciò è opportuno ricordare il decreto dello 11 agosto 2013 con cui il Mipaaf ha vietato la coltivazione del mais MON 810 sul territorio nazionale per 18 mesi e che ha consentito un'omogeneità della politica agricola nazionale per ciò che attiene il divieto di coltivazione degli OGM sul territorio italiano. Quindi, si rende necessario un coordinamento imperativo da parte dello Stato nell'interesse di un modello di sviluppo diretto a valorizzare le specificità territoriali della nostra agricoltura, laddove i prodotti tipici e di qualità rivestono un'importanza centrale, nell'ambito di un tessuto imprenditoriale fondato sulla piccola impresa che rende impossibile la convivenza fra le coltivazioni tradizionali e biologiche e l'impiego di sementi OGM. Una scelta questa, peraltro, largamente condivisa con le principali organizzazioni di rappresentanza del nostro mondo agricolo e con quelle dei consumatori;
   lo schema di decreto legislativo di cui trattasi, modifica, come già detto, la direttiva 2001/18/CE sulla coltivazione di organismi geneticamente modificati. Nell'apportare una serie di modifiche al decreto legislativo n. 224 del 2003, introduce l'articolo 35-bis con il quale disciplina un impianto sanzionatorio attraverso il quale punire tutti coloro che violano i divieti di coltivazione degli OGM introdotti con l'adeguamento geografico, senza, di contro, nulla prevedere per coloro che avendo avviato la coltivazione di sementi e materiale di moltiplicazione di OGM di tipo pluriennale prima della data entro la quale il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica la richiesta di adeguamento dell'ambito geografico dell'autorizzazione alla Commissione Europea, come previsto dall'articolo 26-quater, comma 5, possono continuare la relativa coltivazione disattendo le misure di divieto a cui è teso il provvedimento ai sensi del successivo comma 8. Sarebbe, pertanto, opportuno prevedere un meccanismo che incentivi l'espianto di tali piantagioni, sopprimendo di conseguenza il comma 8;
   considerato inoltre che con la soppressione del comma 8 dell'articolo 26-quater si creerebbe un vuoto normativo, è opportuno prevedere una disciplina transitoria, decreto interministeriale, prima della data della comunicazione così come previsto dal comma 5 dell'articolo 26-quater,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   sia soppresso il comma 8 dell'articolo 26-quater;
   l'Autorità nazionale competente, di concerto con gli altri Ministeri coinvolti, funga da coordinamento nazionale nel disciplinare legislativamente, in maniera uniforme, le scelte di politica agricola che, comunque, devono propendere nella direzione di una scelta netta di essere il territorio nazionale libero dalla coltivazione degli OGM;
   il Governo provveda all'articolo 26 bis, comma 3, ad aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso, lo svolgimento delle attività di ricerca biotecnologica deve garantire l'osservanza di tutte le necessarie misure di sicurezza relative alla salute umana o animale e alla tutela dell'ambiente e deve garantire il rispetto delle motivazioni per le quali la restrizione o il divieto sono stati previsti»;
   il Governo provveda, al comma 2 dell'articolo 26-quater, a sostituire le parole Pag. 156«non devono contrastare con la valutazione di rischio ambientale effettuata», con le seguenti: «devono riguardare impatti che sono distinti e complementari rispetto alla valutazione dei rischi per la salute e l'ambiente valutati nel contesto delle procedure di autorizzazione».
«Scotto, Pellegrino, Franco Bordo, Palazzotto, Zaratti, Nicchi, Gregori, Daniele Farina, Sannicandro».