CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 agosto 2016
684.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08420 Rostellato: Concorrenza sleale ed esercizio abusivo nel settore dell'acconciatura e dell'estetica.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento alle questioni poste dagli Onorevoli Interroganti, si rappresenta quanto di seguito.
  L'attuale diffusione di fenomeni di esercizio dell'attività professionale secondo modalità illecite è certamente connessa, per un verso, alla prolungata fase di recessione o stagnazione dell'economia, mentre sotto altro profilo emergono dinamiche di prestazione abusiva dei servizi professionali in contesti legati alla insufficiente integrazione, prima di tutto culturale, di fasce dell'immigrazione proveniente da Paesi esterni all'Unione europea.
  Inoltre, le vigenti discipline recate dalle leggi nazionali (rispettivamente: per il settore dell'acconciatura, la legge 17 agosto 2005, n. 174; per il settore dell'estetica, la legge 4 gennaio 1990, n. 1) prevedono disposizioni volte a limitare, secondo con fini peraltro non pienamente definiti, l'esercizio dell'attività professionale con modalità differenti dall'usuale fornitura del servizio all'interno di locali commerciali aperti al pubblico.
  Alla luce delle segnalazioni pervenute ai competenti Uffici del Ministero dello sviluppo economico, emerge una tendenza del mercato verso forme di esercizio delle attività in parola che prescindano interamente dalla disponibilità di locali al cui interno siano esercitate in forma stabile, per rivolgersi invece, verso modalità di fornitura della prestazione professionale esclusivamente presso il domicilio dei clienti.
  Conseguentemente, con nota del 12 febbraio 2016, il Ministero dello sviluppo economico ha espresso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'ambito della ricognizione da quest'ultima operata in relazione al Piano nazionale di riforma delle professioni, l'intenzione di avviare una attenta riflessione sull'ipotesi di una parziale riformulazione delle normative in vigore, al fine di rendere la regolazione nazionale più aderente alle esigenze espresse dagli operatori professionali e dalla stessa clientela cui essi si rivolgono, contemperando l'esigenza di una maggiore apertura del mercato con una più efficace delimitazione dei vincoli al legittimo esercizio delle attività professionali in questione.
  In tale contesto, l'introduzione di norme per la «piena tracciabilità» dei prodotti strumentali all'esercizio delle attività professionali in parola, appare difficilmente compatibile con il vigente quadro normativo europeo e, tra l'altro, comporterebbe un irrigidimento del mercato, con inutile aggravio di oneri a carico delle imprese e delle stesse Autorità tenute alla vigilanza ed alla repressione dei fenomeni illeciti.
  Al contrario, appare maggiormente incisiva, seppur non risolutiva, la proposta di intraprendere azioni e campagne di informazione volte a sensibilizzare i cittadini, potenziali fruitori dei servizi resi abusivamente circa i rischi derivanti dal mancato rispetto delle norme igienico-sanitarie ed in materia di formazione professionale, in caso di fruizione dei servizi da operatori abusivi.
  Il Ministero della salute, sentito al riguardo, ha rappresentato che nell'ambito delle proposte avanzate per la revisione delle professioni di cui si tratta, non si è esclusa l'ipotesi dell'istituzione di un albo con obbligo formativo per gli iscritti, che avvicinerebbe la disciplina dell'esercizio, in Pag. 158particolare, della professione di estetista, ad una professione sanitaria.
  Inoltre, con riferimento alle attività di controllo e di irrogazione delle previste sanzioni da parte degli organi deputati, per quanto gli importi delle sanzioni amministrative possano certamente essere oggetto di un adeguamento, non può non rilevarsi che le concrete modalità di esercizio abusivo dell'attività professionale, in particolare se svolte presso il domicilio del cliente, rendono difficoltosa l'attività di repressione e di conseguente irrogazione delle sanzioni.
  Quanto infine all'auspicato incremento della durata dei percorsi formativi, premesso che l'attuale formazione prevista dalla normativa vigente appare già in grado di determinare un livello professionale degli operatori assolutamente idoneo all'esercizio dell'attività professionale, si evidenzia che lo stesso, se da un lato potrebbe realizzare una condivisibile maggiore professionalizzazione degli operatori, dall'altro rischierebbe di accrescere gli spazi dell'abusivismo e delle condotte anticoncorrenziali, ottenendo di fatto un risultato opposto a quello atteso.

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ALLEGATO 2

5-08499 Guidesi: Tempistiche per la definizione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e futuro dell'impianto di Caorso.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alle questioni evidenziate dall'Onorevole Interrogante nell'atto in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il Governo ha lavorato nei mesi scorsi alla predisposizione di tutti gli atti e i programmi in grado di rispondere efficacemente all'obbligo, sancito, come noto, dalla direttiva Euratom 2011/70, per cui ciascun Paese deve farsi carico di gestire in sicurezza e dare soluzione al tema dei rifiuti nucleari prodotti nel proprio territorio. L'Italia, in ragione di ciò, ha scelto di realizzare un unico Deposito nazionale, in conformità con quanto attuato in molti altri Paesi europei.
  Nel 2014 l'ISPRA ha emanato la guida tecnica n. 29, in base alla quale la SOGIN, quale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, ha definito una proposta di Carta delle Aree potenzialmente idonee alla localizzazione del Deposito nazionale (CNAPI), che lo stesso ISPRA ha sottoposto a verifica.
  Il Dipartimento Nucleare, Rischio Tecnologico e Industriale dell'ISPRA, dopo aver valutato l'aggiornamento della CNAPI effettuato dalla Sogin S.p.A., ha trasmesso al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero dell'Ambiente la relazione finale di validazione della CNAPI comunicando di non avere ulteriori rilievi.
  A seguito dell'istruttoria condotta sulla relazione pervenuta dall'ISPRA, i Ministeri competenti stanno procedendo alla fase conclusiva dell'istruttoria, che si concretizzerà con l'emanazione del nulla osta alla Sogin S.p.A. alla pubblicazione della CNAPI. La mancata conclusione, allo stato, del procedimento di che trattasi, nei tempi previsti dall'articolo 27, comma 1-bis del D.Lgs. 31/2010, tenuto conto dell'alta valenza istituzionale che riveste il nulla osta, è dovuta alla necessità di ponderare ulteriormente i rilievi, di competenza ministeriale, che saranno contenuti nel suddetto nulla osta e che la Sogin S.p.A. dovrà recepire prima della pubblicazione della CNAPI.
  Si ritiene opportuno precisare, comunque, che il MiSE e il MATTM il 18 marzo 2016 hanno avviato il procedimento amministrativo di Valutazione Ambientale Strategica sul Programma nazionale per la gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi che contiene anche gli obiettivi generali della politica nazionale in materia, tra i quali è prevista la procedura di localizzazione, costruzione ed esercizio del Deposito nazionale, specificamente disciplinata dall'articolo 27 del D.Lgs. 31/2010.
  Al riguardo, preciso che il Programma Nazionale è stato inviato nel febbraio 2016 al vaglio della Commissione Europea per le conseguenti valutazioni di competenza.
  Il Ministero dell'ambiente, ha poi reso noto che nell'ambito del procedimento amministrativo di VAS, la fase di consultazione sul Rapporto preliminare con i soggetti competenti in materia ambientale (fase di scoping) si è già conclusa a fine maggio 2016 e attualmente si sta preparando il Rapporto Ambientale sui possibili impatti significativi del Programma nazionale, necessario per avviare la consultazione pubblica sul Rapporto Ambientale e sul Programma nazionale prevista anche dalla stessa Direttiva 2011/70/Euratom. Pag. 160
  La pubblicazione della proposta di CNAPI si collocherà in un momento sicuramente successivo alla suddetta consultazione pubblica. Il processo partecipativo che avrà inizio dalla pubblicazione della CNAPI culminerà con il «seminario nazionale», nel corso del quale verranno approfondite tutte le problematiche e gli aspetti tecnici relativi al Deposito Nazionale.
  Si giungerà poi all'istruttoria finale di approvazione della Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), sulla cui base potranno essere formulate le dichiarazioni di interesse da parte delle amministrazioni regionali disponibili ad ospitare il deposito e propedeutiche agli approfondimenti tecnici di dettaglio, della durata di quindici mesi, e all'individuazione del sito definitivo, secondo le dettagliate e tassative procedure definite con il già citato articolo 27 del D.Lgs. 31/2010. Pertanto, la localizzazione del Deposito Nazionale scaturirà solo a valle di una procedura ampiamente partecipativa.
  Per quanto attiene il secondo quesito posto dall'Interrogante, evidenzio come le attività di gestione e decommissioning della Centrale di Caorso (così come del resto di tutte le centrali elettronucleari italiane), sono monitorate da diverse Amministrazioni ed Organismi Tecnici interessati, in particolare l'Ispra, la quale verifica che le attività avvengano in completa sicurezza tanto per il territorio quanto per la popolazione residente.
  In particolare, per quanto concerne l'impianto indicato nell'atto in esame, rammento che con decreto dirigenziale MiSE del 10 febbraio 2014 la Sogin S.p.A., Società partecipata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e assoggettata al potere di indirizzo e controllo del MiSe, è stata autorizzata all'esecuzione delle operazioni di disattivazione accelerata in un'unica fase dell'impianto di Caorso, subordinate all'osservanza di una serie di prescrizioni tecniche, sotto la vigilanza del Dipartimento Nucleare, Rischio Tecnologico e Industriale dell'ISPRA. Tale provvedimento prevede che prima dell'inizio delle attività siano approvati dall'ISPRA i relativi Progetti di Disattivazione e che le operazioni siano svolte in accordo a specifici Piani Operativi da trasmettere all'ISPRA per eventuale approvazione.
  Interpellato in ordine al sito di Caorso, l'ISPRA riferisce che in relazione ai potenziali rischi per la popolazione nel 2010 si sono completate le operazioni di trasferimento in Francia, a fini di riprocessamento, del combustibile irraggiato nel quale era presente la larga parte della radioattività del sito.
  L'Istituto comunica, inoltre, che è previsto nei prossimi mesi il trasferimento all'estero, a fini di trattamento e condizionamento, dei rifiuti radioattivi rappresentati dalle resine esaurite dell'impianto, peraltro oggetto di specifica prescrizione dell'Atto di autorizzazione. Tali rifiuti rappresentano circa il 90 per cento dell'attività complessiva dei rifiuti presenti nell'impianto.
  Inoltre, l'ISPRA evidenzia che attualmente nel sito di Caorso, oltre alle normali attività di mantenimento in sicurezza dell'impianto, sono in corso importanti attività, fondamentali per il decommissioning dell'impianto, consistenti nelle citate attività di predisposizione per l'invio ad impianto estero delle resine esaurite e nel completamento della stazione di gestione materiali, necessaria al trattamento dei materiali derivanti dalle operazioni di smantellamento e nella realizzazione di un deposito provvisorio all'interno dell'Edificio Turbina. Tale stazione di stoccaggio provvisorio dei rifiuti permetterà di adeguare i depositi esistenti sul sito in modo da assicurare con elevati standard di sicurezza lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti sul sito, nell'attesa della disponibilità del Deposito nazionale. Alle suddette attività seguiranno le operazioni di smantellamento proprie della parte nucleare dell'impianto.
  Il Ministero dello sviluppo economico, per quanto di competenza, porrà l'attenzione dovuta sul corretto svolgimento dell'iter di decommissioning relativo al sito di Caorso, con l'obiettivo di riportarlo allo stato così detto di green field, affinché la conseguente riconversione si trasformi in una opportunità di rilancio per il territorio interessato.

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ALLEGATO 3

5-08580 Cenni: Contrasto a forme di contraffazione relative alla dichiarazione ambientale di prodotto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alle questioni evidenziate nell'atto in esame, per quanto di competenza del Ministero dello sviluppo economico rappresento quanto segue.
  Gli Onorevoli interroganti richiamano l'importanza acquisita nell'ambito della filiera produttiva dalle numerose tipologie di certificazioni e dichiarazioni ambientali volte ad esplicitare la sensibilità, l'attenzione alla sostenibilità e alla provenienza di prodotti artigianali, industriali o alimentari.
  Tali attestazioni contribuiscono in modo determinante all'incremento delle capacità imprenditoriali delle imprese, in particolare delle medio-piccole, e sono in grado di influenzare le scelte di consumo.
  A fronte di tali positive conseguenze, tuttavia, gli interroganti evidenziano l'affermarsi del correlato fenomeno del greenwashing, ovvero della pratica ingannevole adottata da alcune aziende che, per migliorare la loro reputazione, intraprendono una strategia di comunicazione il cui obiettivo è la costruzione di un'immagine positiva dal punto di vista del rispetto dell'ambiente, senza però di fatto applicare delle regole vere, che aiutino la sostenibilità dei processi produttivi.
  Detto fenomeno costituirebbe una forma di contraffazione che inganna i consumatori e conseguentemente crea gravi danni all'ecosistema, incentivando di fatto l'acquisto di prodotti e lo sviluppo di metodi di produzione non compatibili con la sostenibilità ambientale, sottraendo, inoltre, risorse allo Stato, all'economia trasparente, al lavoro regolare.
  Tale fenomeno sarebbe favorito essenzialmente dalla mancanza di controlli in quanto per parte delle certificazioni in discorso è sufficiente un'autocertificazione da parte dell'azienda ed inoltre perché in Italia non esiste un ente preposto a vigilare sulle false campagne pubblicitarie green.
  Preliminarmente, occorre evidenziare che il 27 marzo 2016 è entrato in vigore l'articolo 12 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale secondo il quale «La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell'attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono» e che, pertanto, impone direttive certe per poter utilizzare claim ambientali, vietando di alludere a caratteristiche del prodotto qualora non vengano provati scientificamente. Va precisato, però, che trattasi di una regolamentazione su base volontaria riconducibile ai Codici di condotta previsti dal Codice del Consumo (artt. 27-bis e 27-ter).
  Inoltre, si fa presente che anche i diversi sistemi e modalità di qualificazione «ecologica» di prodotti (Marchio Ecolabel – e Dap), processi produttivi (Sistema di gestione ambientale) o «Siti produttivi» (Registrazione Emas), cui fanno riferimento gli Onorevoli Interroganti, hanno in comune il fatto di essere utilizzati dagli operatori economici su base volontaria.
  Ciò significa che non sussiste l'obbligo di ottenere il marchio Ecolabel per poter vendere determinati prodotti così come non sussiste nessuno obbligo per un'impresa Pag. 162manifatturiera o di servizi di ottenere la registrazione Emas del proprio sito produttivo.
  Premesso quanto sopra, si osserva che in base al regolamento (CE) n. 765/2008 che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti, tutte le certificazioni rilasciate da Organismi di valutazione della conformità accreditati da un Organismo nazionale di accreditamento di uno Stato dell'UE, anche se rese su base volontaria, sono e devono essere riconosciute in tutto lo Spazio economico europeo. Spetta, pertanto, agli Organismi nazionali di accreditamento, sottoposti a vigilanza statale, il compito di controllare gli organismi di valutazione della conformità ai quali hanno rilasciato un certificato di accreditamento.
  Il Ministero dell'ambiente, sentito al riguardo per quanto di competenza, ha altresì comunicato che le «dichiarazioni ambientali di prodotto» sono accompagnate obbligatoriamente da una verifica di «parte terza» (ISO 14024 e ISO 14025), indipendentemente dall'esistenza di un obbligo di legge. Infatti, anche nel caso di autodichiarazioni rilasciate in base alla norma 14021, è richiesto che le stesse siano verificate da parte terza.
  Per completezza di informazione, il Ministero dell'ambiente ha segnalato che a quanto sopra indicato, si aggiungerà nel prossimo futuro anche il «Made Green Italy» che sostanzialmente si configurerà come una etichetta di tipo III, quale la DAP, che contiene una quantificazione degli impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto.
  In relazione, infine, alla preoccupazione esposta dagli Onorevoli Interroganti circa il fatto che le pratiche di greenwashing potrebbero configurare ipotesi di pratiche commerciali sleali e/o di pubblicità ingannevole, rammento che tali materie rientrano nell'ambito di competenza dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
  A tal proposito, si ricorda che la vigente normativa in materia di pratiche commerciali scorrette a danno dei consumatori e delle micro-imprese trova disciplina nel c.d. Codice del consumo (Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206) e, in particolare, negli articoli 21-23, nonché negli articoli 24-26 contenenti le correlate tutele e rimedi in caso di riscontrata violazione mediante l'intervento della predetta Autorità la quale può inibire la continuazione delle pratiche commerciali scorrette, eliminarne gli effetti nonché irrogare le correlate sanzioni.
  Inoltre, con specifico riferimento alla pubblicità ingannevole si richiama il decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, di attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE, il quale ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, nonché di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa. In particolare, l'articolo 8 del citato decreto legislativo reca la disciplina della tutela amministrativa e giurisdizionale della materia, attribuendo, sempre all'AGCM ampio potere d'intervento.

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ALLEGATO 4

5-08931 Tullo: Strategie organizzative e di mercato della multinazionale Ericsson in Italia.
5-09272 Fontanelli: Strategie organizzative e di mercato della multinazionale Ericsson in Italia.

TESTO CONGIUNTO DELLA RISPOSTA

  Si risponde congiuntamente agli atti in esame, trattando gli stessi analoghi argomenti.
  La Ericsson Telecomunicazioni S.p.a. operante nella fornitura di tecnologie e servizi ai principali operatori di telecomunicazione, enti pubblici e altre aziende, ha avviato in data 13 giugno la procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale ex articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e s.m.i. per 291 dipendenti.
   Il Ministero del lavoro per quanto di propria competenza ha riferito che non risultano interventi di ammortizzatori sociali autorizzati per il corrente anno.
   A seguito delle richieste provenienti da parte delle istituzioni regionali e comunali, il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto a convocare un tavolo di confronto tra le parti aventi ad oggetto il piano industriale dell'azienda. Tale incontro, previsto per il 22 giugno scorso, non ha avuto luogo a causa della indisponibilità dell'azienda a presenziare, motivata dalla volontà di espletare la fase sindacale della procedura mediante il confronto con le organizzazioni sindacali.
   A tal proposito, il Ministero del lavoro ha reso noto che la Ericsson con lettere del 28 luglio 2016 ha comunicato al medesimo la conclusione della fase sindacale della procedura di licenziamento collettivo sopra citata con verbali di mancato accordo sottoscritto con le OOSS di categoria, nonché con la Federmanager.
  Pertanto, le parti sono state convocate in data odierna presso il Ministero del lavoro, e a quanto risulta la riunione è ancora in corso di svolgimento.
  In particolare, rispondendo ai quesiti posti dagli Onorevoli Interroganti inerenti lo stabilimento genovese dell'area Erzelli e il collegato sito di ricerca e sviluppo di Pisa, si rappresenta che in data 18 maggio 2012, dando seguito al Protocollo d'Intesa del 20 aprile 2009, tra il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la regione Liguria, la provincia e il comune di Genova e Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. per «la realizzazione nel territorio di Genova – località Erzelli – di un nuovo centro di ricerca e sviluppo di apparati e sistemi di telecomunicazioni», è stato firmato l'Accordo di Programma che prevedeva una serie di interventi consistenti nella realizzazione di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale per un costo complessivo di euro 73.000.0000, dei quali 6.900.000 costituenti fonti di finanziamento MiSE/FIT, 24.000.000 di finanziamento MIUR/FAR e 11.000.000 di finanziamento della regione Liguria.
  Tale Accordo si inseriva nel più ampio programma industriale genovese del polo tecnologico scientifico «Progetto Leonardo», finalizzato alla riconversione di un'area interessata da crisi industriale siderurgica attraverso l'insediamento di grandi aziende dell'High-Tech e della Facoltà Pag. 164di Ingegneria dell'Università di Genova, per dar vita a spin-off e start up tecnologiche.
  Per quanto di competenza del MiSE, riferisco che la Società Ericsson ha presentato due progetti ai sensi della Direttiva 10 luglio 2008: quanto al primo, denominato «FENICE Framework Evoluto per NMS Integrato Configurabile ed Espandibile per reti multitecnologia», del costo complessivo di euro 19.500.000,00 le attività di ricerca e sviluppo sono ancora in corso; quanto al secondo, denominato «EPICO – Evoluzione SDN del Piano di Controllo per apparati di telecomunicazioni in tecnologia mista IP e DWDM» del costo complessivo di euro 3.800.000,00 non sono state erogate agevolazioni in quanto l'impresa non ha avanzato alcuna richiesta, sebbene le attività di ricerca e sviluppo si sono concluse il 30 giugno scorso.
  Da ultimo, mi preme far presente che nel mese di settembre p.v. è prevista la riunione del Comitato Tecnico di cui all'articolo 6 dell'Accordo, per la verifica annuale dello stato di attuazione dello stesso.
  In tale occasione l'Impresa verrà invitata a relazionare sull'andamento delle attività e sulla situazione delle strutture di ricerca e sviluppo addette allo svolgimento di tali attività.
  Il Ministero dello sviluppo economico, continuerà a seguire ai massimi livelli l'evoluzione della vicenda e avrà cura di informare il Parlamento sull'evoluzione delle problematiche emerse, relativamente a tutti i siti industriali della Ericsson sul territorio italiano.