CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 luglio 2016
679.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-09159 Ciprini: Iniziative in ordine all'esposizione all'amianto di lavoratori degli stabilimenti Thyssenkrupp di Terni, della SGL Carbon di Narni, delle Officine grandi riparazioni di Foligno e di altri siti produttivi umbri.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Ciprini con il presente atto parlamentare, richiama l'attenzione sull'esposizione all'amianto dei lavoratori dello stabilimento di Terni della società Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni.
  Al riguardo, rappresento che in materia di amianto, l'INAIL svolge attività di valutazione dell'esposizione «qualificata» e di rilascio della relativa certificazione, ai fini del riconoscimento, da parte dell'INPS, dei benefici previdenziali, previsti dall'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992. L'attività di verifica e di certificazione dell'esposizione ad amianto presso il sito siderurgico di Terni, svolta dalla sede territoriale dell'INAIL si è rivelata particolarmente impegnativa a causa della complessa articolazione dell'impianto, dell'evoluzione dei processi produttivi verificatisi nel corso dei decenni nonché della dinamica dell'assetto proprietario. A tal riguardo l'Inail ha precisato che presso la sede di Terni sono pervenute, da parte dei dipendenti della Thyssen Krupp Acciai Speciali Terni Spa (AST) e di cinque sue partecipate e/o controllate, 5.117 domande finalizzate al rilascio della certificazione di esposizione ad amianto. Le domande concluse con il rilascio di una dichiarazione di esposizione ad amianto di qualunque durata, anche inferiore ai dieci anni, sono state 4.329 pari all'84,6 per cento. Sono state, invece, definite negativamente, per mancanza dei presupposti previsti dalla legge, n. 788 domande pari al 15,4 per cento.
  Per quanto riguarda l'azienda SGL Carbon di Narni sono state presentate 486 domande finalizzate al rilascio della certificazione di esposizione ad amianto, di cui 105 definite positivamente e 381 negativamente.
  Relativamente alla O.G.R. Foligno, le domande di riconoscimento dell'esposizione ad amianto sono state 454 di cui n. 231 definite positivamente e 223 negativamente.
  Relativamente alla presenza di amianto nello stabilimento AST di Terni, l'Azienda sanitaria locale Umbria 2 ha riferito che da circa due anni l'amianto è stato completamente rimosso dai reparti produttivi mentre nel resto del sito sono tutt'ora in corso gli interventi di bonifica.
  Il Ministero dell'ambiente ha, inoltre, reso noto che lo stabilimento AST è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale con decreto ministeriale n. 468 del 2001 e il suo perimetro è stato definito con decreto del Ministero dell'ambiente dell'8 luglio 2002. Inoltre nel periodo dal 1997 al 2006, sono stati effettuati circa 50 interventi di bonifica e le attività di caratterizzazione dei suoli, validate da ARPA Umbria, non hanno evidenziato nei campioni prelevati superamenti delle concentrazioni limite per il parametro amianto. 
  Occorre, inoltre, precisare che gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali svolgono vigilanza sull'osservanza della legislazione in materia di salute e sicurezza solo per alcune attività, essenzialmente nel settore dell'edilizia, mentre, in via generale, la vigilanza in materia di salute e sicurezza è svolta dalla Azienda Pag. 301sanitaria locale competente per territorio, così come previsto dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2008.
  Da ultimo rappresento che non risultano sottoscritti dal Ministero che rappresento accordi concernenti il pensionamento anticipato dei lavoratori della AST oltre a quello, citato nel presente atto, del 3 dicembre 2014 sottoscritto presso il Ministero dello sviluppo economico e avente ad oggetto il licenziamento collettivo incentivato.

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ALLEGATO 2

5-06713 Tino Iannuzzi: Concentrazione presso le sedi dell'INPS di Salerno e di Nocera Inferiore delle attività di accertamento dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile nella provincia di Salerno.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole Iannuzzi, con il presente atto parlamentare, richiama nuovamente l'attenzione sull'attività di accertamento dei requisiti sanitari in materia di invalidità civile da parte dell'INPS.
  Al riguardo, è opportuno ricordare che – in attuazione dell'articolo 18, comma 22, del decreto legge n. 98 del 2011 – la Direzione regionale INPS della Campania ha stipulato un accordo con la Regione Campania per l'affidamento all'INPS delle funzioni per l'accertamento dei requisiti sanitari in materia d'invalidità civile. Tale accordo si è concretizzato, dapprima, nella deliberazione della giunta regionale n. 390 del 2012 e poi, via via, nella sottoscrizione di diversi Protocolli, relativi ai diversi ambiti provinciali, che hanno interessato tutte le province campane ad eccezione dell'area metropolitana di Napoli.
  In particolare, il Protocollo relativo all'ambito territoriale della provincia di Salerno, sottoscritto il 28 aprile 2014, ha previsto, in via sperimentale, l'affidamento all'INPS dell'esercizio delle funzioni di accertamento e rivedibilità dei requisiti sanitari ai fini del riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile, cecità civile, sordità, handicap e disabilità, di competenza dell'Azienda sanitaria locale (ASL) di Salerno. Il Protocollo ha altresì previsto che le attività di accertamento sanitario siano svolte presso i locali della sede provinciale INPS di Salerno e presso quelli dell'Agenzia Complessa di Nocera Inferiore. L'accentramento delle attività presso i due plessi di visita ha consentito una riduzione dei tempi per il riconoscimento dei benefici richiesti, favorendo uno svolgimento efficace, efficiente ed economico delle funzioni sanitarie, amministrative e legali spettanti all'INPS.
  In tale ottica, l'attribuzione della attività di accertamento dei requisiti sanitari ad altre strutture dell'INPS comporterebbe necessariamente per l'Istituto maggiori oneri per i quali occorre valutare la possibilità che la Regione Campania se ne faccia carico.
  Tanto premesso, faccio presente che l'INPS ha comunicato di aver istituito – unitamente all'Assessorato alle politiche sociali della Regione Campania e al Coordinamento Area 20 Assistenza Sanitaria per la Regione Campania – un tavolo tecnico avente ad oggetto anche la problematica evidenziata dall'Onorevole interrogante. Nell'ambito del Tavolo, in particolare, è emersa la necessità che venga effettuata – al termine del periodo di sperimentazione del Protocollo – una riconsiderazione della ripartizione degli oneri con previsione della quota parte delle spese a carico della Regione Campania.
  L'INPS ha, inoltre, precisato che sta procedendo a una puntuale quantificazione dei costi standard per l'espletamento di tutte le attività relative all'accertamento dei requisiti sanitari per il riconoscimento delle diverse situazioni di Pag. 303invalidità. Pertanto, solo all'esito di tali valutazioni potrà essere definita con la Regione Campania una precisa quantificazione dell'apporto finanziario a carico della stessa, necessario per consentire all'INPS la creazione, sul territorio provinciale di Salerno, di ulteriori strutture per l'espletamento delle visite mediche.

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ALLEGATO 3

5-09143 Miccoli: Continuità occupazionale dei lavoratori della società Gepin Contact Spa a seguito dell'aggiudicazione ad altre imprese dell'appalto relativo ai servizi alla clientela del gruppo Poste italiane.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare degli onorevoli Miccoli ed altri inerente alla situazione occupazionale dei lavoratori dell'impresa Gepin Contact spa a seguito dell'aggiudicazione ad altre imprese dei servizi alla clientela del gruppo Poste Italiane spa.,
  Preliminarmente, è opportuno precisare che la Gepin Contact spa opera nel mercato dei call-center con un organico complessivo pari a 634 unità lavorative occupate presso le sedi di Milano, Firenze, Roma e Casavatore (NA).
  Lo scorso 26 febbraio, la Società ha dato avvio – ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 – ad una procedura di licenziamento collettivo per la riduzione del personale in esubero addetto alla commessa Poste Italiane spa pari a 352 lavoratori, dei quali 220 impiegati presso la sede di Casavatore e 132 presso quella di Roma. Le ragioni dell'avvio della procedura sono da ricondurre essenzialmente al subentro a Gepin Contact spa di nuove imprese nella gestione dei servizi di Customer Service di Poste Italiane spa.
  Lo scorso 13 giugno, la Società ha comunicato la conclusione, con esito negativo, della fase sindacale della procedura di licenziamento collettivo, già in precedenza prorogata.
  Tanto premesso, faccio presente che, lo scorso 13 luglio, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si è tenuto un incontro tra i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori per l'espletamento della successiva fase amministrativa della predetta procedura di licenziamento collettivo. Nel corso dell'incontro, la società ha esposto le ragioni dell'avvio della procedura, precisando altresì le condizioni per la sottoscrizione di un accordo con le rappresentanze sindacali tra le quali, in particolare, la rinuncia da parte dei lavoratori al preavviso di licenziamento e la rateizzazione, in 36 mesi, del T.F.R. ad essi spettante. Le Organizzazioni sindacali hanno dichiarato che le richieste della Società non possono in alcun modo costituire oggetto di accordo, lamentando altresì la mancata corresponsione ai lavoratori di due mesi della retribuzione, nonché del trattamento ordinario di integrazione salariale (CIGO) richiesto, per il 2016, in favore dei dipendenti della sede di Casavatore. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, l'INPS – espressamente interpellata dal Ministero che rappresento – ha comunicato che il predetto trattamento di CIGO è stato richiesto dalla Società per il periodo dal 18 gennaio al 16 aprile 2016 e che la relativa istruttoria risulta essere in fase di completamento da parte della sede INPS territorialmente competente.
  All'esito dell'incontro, il Ministero che rappresento – preso atto della assoluta insussistenza di margini per una soluzione condivisa della vicenda e considerata la scadenza del termine di legge per l'espletamento della fase amministrativa – ha dichiarato conclusa con esito negativo la procedura di licenziamento collettivo avviata da Gepin Contact spa.Pag. 305
  Occorre peraltro ricordare che, il 6 luglio, presso il Ministero dello sviluppo economico, si era tenuto un incontro relativo alla situazione occupazionale degli ex lavoratori della Gepin Contact spa, cui hanno preso parte i rappresentanti delle nuove imprese aggiudicatarie della commessa (nello specifico, E-Care, Abramo Customer Care, 3G e Progetto Lavoro in RTI) e le rappresentanze sindacali dei lavoratori. Nel corso dell'incontro, le nuove imprese aggiudicatarie hanno manifestato la propria disponibilità ad assorbire tutti i dipendenti di Gepin Contact spa impegnato nell'ambito della commessa Poste Italiane spa specificando altresì che l'assunzione riguarderà i soli lavoratori con qualifica di operatore che abbiano operato continuativamente negli ultimi sei mesi sulla commessa. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori dopo aver precisato che un'eventuale intesa potrà essere raggiunta solo in presenza di tre fondamentali condizioni – la continuità occupazionale e di perimetro, la continuità territoriale e la continuità di reddito – hanno evidenziato come solo le prime due si siano effettivamente realizzate.
  In chiusura di incontro sono intervenuti i rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico che hanno considerato la posizione delle imprese e delle rappresentanze sindacali dei lavoratori come un punto di partenza su cui comunque occorre lavorare al fine di addivenire ad una intesa. In siffatto contesto posso assicurare che il Governo continuerà a monitorare gli sviluppi della vicenda fino al raggiungimento di un definitiva soluzione condivisa.

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ALLEGATO 4

Istituzione di una Commissione di inchiesta monocamerale sullo stato della sicurezza e del degrado delle città italiane e delle loro periferie. Nuovo testo unificato Doc. XX, n. 65 e Doc. XXII, n. 69.

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato, per quanto di competenza, il nuovo testo unificato del Doc. XX, n. 65, e del Doc. XXII, n. 69, recante l'istituzione di una Commissione di inchiesta monocamerale sullo stato della sicurezza e del degrado delle città italiane e delle loro periferie;
   preso atto che l'articolo 1 attribuisce, tra l'altro, alla Commissione di inchiesta il compito di accertare lo stato del degrado e del disagio sociale delle città e delle loro periferie, a partire dalle aree metropolitane, dedicando particolare attenzione all'evoluzione della situazione socio-economica, alle implicazioni sociali e alla sicurezza;
   considerato che, in tale ambito, si segnala in particolare l'esigenza di considerare le realtà produttive presenti nei territori delle periferie, i tassi di occupazione, di disoccupazione, di lavoro sommerso e di lavoro precario, nonché le forme di marginalità e di esclusione sociali;
   osservato che la crisi economica affrontata dal nostro Paese negli ultimi anni ha radicalmente trasformato il tessuto sociale delle città e che, sulla base dei più recenti dati diffusi dall'ISTAT, è significativa l'incidenza della povertà tra le famiglie che risiedono nei comuni che compongono le aree metropolitane;
   ritenuto opportuno prestare particolare attenzione, nell'ambito dell'inchiesta, anche ai temi legati alla disoccupazione giovanile e femminile e alla scarsa partecipazione al mercato del lavoro delle fasce di popolazione giovanile,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   valuti la Commissione di merito, l'opportunità di integrare le disposizioni dell'articolo 1, comma 2, lettera a), al fine di prevedere che:
    a) nell'ambito del numero 3), si richiami l'esigenza di approfondire specificamente i temi legati alla disoccupazione giovanile e femminile e al fenomeno dei giovani che non lavorano e non sono iscritti a percorsi di istruzione, di formazione o di aggiornamento professionale (cosiddetti NEET);
    b) nell'ambito del numero 4), si richiami l'esigenza di considerare anche l'incidenza della povertà in termini assoluti e relativi.

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151. Atto n. 311.

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151 (Atto n. 311);
   considerato che il provvedimento è adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183, ai sensi del quale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della medesima legge e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi da essa previsti, il Governo può adottare, con la medesima procedura prevista per l'adozione dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse;
   vista l'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella riunione del 7 luglio 2016;
   valutati gli elementi acquisiti nel corso delle audizioni informali svolte nell'ambito dell'esame del provvedimento;
   osservato che l'articolo 1 interviene sulla materia del lavoro accessorio modificando gli articoli 48 e 49 del decreto legislativo n. 81 del 2015, che reca la disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni;
   considerati i dati riferiti all'utilizzo dei voucher per le prestazioni di lavoro accessorio, contenuti nel report pubblicato il 22 marzo 2016 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché il dossier statistico relativo al ricorso al lavoro accessorio nel periodo tra il 2008 e il 2015, curato dall'INPS e da Veneto lavoro e pubblicato il 16 maggio 2016;
   osservato che tali elaborazioni dimostrano come negli ultimi anni si sia registrata una fortissima espansione del ricorso al lavoro accessorio, che, tra il 2013 e il 2015, si è incrementato del 137 per cento in termini di lavoratori e del 142 per cento in termini di buoni orari utilizzati, a testimonianza del fatto che tale istituto si sta sempre più allontanando dalla sua configurazione originaria, che ne prevedeva l'utilizzo solo con riferimento a prestazioni di carattere occasionale in specifici settori;
   rilevato che, per effetto di tale crescita, i percettori di buoni per prestazioni di lavoro accessorio nell'anno 2015 sono stati quasi un milione e 400 mila e che i buoni venduti nel medesimo anno ammontano a quasi 115 milioni, ancorché quelli effettivamente utilizzati siano poco più di 88 milioni;
   espresso apprezzamento per l'intervento contenuto nell'articolo 1 del provvedimento, che ha inteso garantire la piena tracciabilità dei buoni orari per il lavoro accessorio anche al fine di contrastare fenomeni di abuso nel ricorso a tale tipologia di prestazioni lavorative, riprendendo le procedure già utilizzate per assicurare la tracciabilità del lavoro intermittente;Pag. 308
   segnalato che, al fine di garantire effettivamente il carattere accessorio delle prestazioni di lavoro di cui agli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, è necessario ridurre il limite massimo dei compensi che possono essere percepiti da ciascun lavoratore nel corso di un anno civile, anche in considerazione del fatto che, dai dati statistici raccolti, solo il 2,2 per cento dei lavoratori percepisce compensi superiori a 3.000 euro annui;
   ritenuto che la specialità del lavoro agricolo non possa determinare l'applicazione alle prestazioni di carattere accessorio effettuate in tale ambito di una disciplina difforme rispetto a quella prevista, con riferimento alle modalità di comunicazione preventiva delle prestazioni e ai limiti relativi alle prestazioni che possono essere rese a favore di un singolo committente, per gli imprenditori degli altri settori economici, considerando anche l'esigenza di contrastare ogni possibile utilizzo fraudolento dei buoni orari e di escludere il ricorso in via stabile a una forma di lavoro che assicura minori tutele sul piano assistenziale, previdenziale ed economico;
   rilevata l'esigenza che, in linea con quanto già osservato nel parere reso sullo schema di decreto legislativo recante il testo organico delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni, sia esteso a tutti i committenti, anche non imprenditori e professionisti, il limite relativo alla prestazione di lavoro accessorio in favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro annui;
   considerato che all'articolo 49, comma 3, del decreto legislativo n. 81 del 2015, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), è opportuno chiarire, anche in linea con le osservazioni formulate dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome, che nella comunicazione preventiva relativa all'utilizzo del lavoro accessorio sia compresa anche l'indicazione del momento di inizio delle prestazioni e della loro collocazione temporale;
   ritenuto necessario un complessivo ripensamento dell'istituto del lavoro accessorio che ne garantisca l'effettivo utilizzo solo per prestazioni di carattere occasionale, valutando in particolare se sia possibile escluderne l'impiego in determinate attività, identificate anche sulla base della misura dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, e se sia possibile limitare il ricorso a tale fattispecie a una specifica percentuale dei lavoratori complessivamente impiegati dal committente;
   condivisi i contenuti delle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, lettera a), che intendono consentire la trasformazione di contratti di solidarietà difensivi in contratti di solidarietà espansivi, al fine di favorire nuove assunzioni, con la conseguente acquisizione di lavoratori con più aggiornate competenze, nei casi in cui le imprese che abbiano fatto ricorso ai contratti di tipo difensivo abbiano registrato un miglioramento della propria situazione aziendale tale da consentire l'espansione dell'organico;
   rilevata l'esigenza di assicurare una adeguata fase di transizione nell'applicazione della disciplina degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro di cui al decreto legislativo n. 148 del 2015 e di garantire la più ampia estensione del riconoscimento delle integrazioni salariali, tenendo conto che a decorrere dal 1o gennaio 2017 si completerà il superamento dell'esperienza degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente, che ha caratterizzato gli anni della recente crisi economica;
   evidenziata l'opportunità, anche alla luce di quanto previsto dall'articolo 43, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015, di prevedere un'estensione temporale della disciplina di carattere transitorio della NASpI per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, eventualmente limitandone l'estensione a quelli che effettuino prestazioni in modo Pag. 309ricorrente, anche al fine di consentire alle parti sociali di individuare adeguate forme di tutela dei lavoratori attraverso strumenti di carattere bilaterale;
   ritenuto che, anche alla luce di quanto rappresentato dal Commissario straordinario dell'ISFOL nella sua audizione informale, svolta nella seduta del 14 luglio 2016, la nuova denominazione assunta dall'Istituto, che tiene conto delle nuove competenze ad esso attribuite dal decreto legislativo n. 150 del 2015, non inciderà sulla sua configurazione come ente pubblico di ricerca;
   preso atto delle criticità segnalate nel corso delle audizioni informali con riguardo all'applicazione della disciplina delle dimissioni e della risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro, con riferimento, in particolare, alle fattispecie di lavoratori che abbandonano definitivamente il proprio posto di lavoro senza procedere alla trasmissione del modulo di cui all'articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015;
   considerato che a tali criticità, che attengono essenzialmente a fenomeni disciplinati dalla contrattazione collettiva nell'ambito delle cause di licenziamento, potrebbe farsi fronte attraverso correttivi che incidano anche sulla disciplina del contributo di cui all'articolo 2, comma 31, della legge n. 92 del 2012, mantenendo in ogni caso ferma la procedura di cui all'articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 2015, che assicura adeguate garanzie in ordine alla libertà e all'autenticità della manifestazione della volontà della lavoratrice o del lavoratore;
   segnalata l'opportunità di una revisione, sotto il profilo formale, della formulazione delle disposizioni del provvedimento,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   siano garantiti effettivamente il carattere accessorio e l'occasionalità delle prestazioni di lavoro di cui agli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e sia rafforzata la tracciabilità dei buoni orari, in particolare attraverso le seguenti modificazioni:
    a) siano riformulate le disposizioni dell'articolo 48 di tale decreto al fine di prevedere che le prestazioni di lavoro accessorio non debbano dare luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 6.000 euro nel corso di un anno civile, nonché di applicare anche ai committenti imprenditori agricoli e ai committenti non imprenditori o professionisti l'ulteriore limite relativo alla prestazione di attività lavorative a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro annui;
    b) siano riformulate le disposizioni del successivo articolo 49, al fine di chiarire che nella comunicazione volta a tracciare le prestazioni di lavoro accessorio siano indicati anche il momento di inizio delle prestazioni e la loro collocazione temporale nelle singole giornate, nonché di estendere la disciplina ivi prevista per i committenti imprenditori o professionisti anche ai committenti imprenditori agricoli;
    c) siano individuate ulteriori misure volte ad assicurare l'effettiva occasionalità delle prestazioni di lavoro accessorio, specialmente nei casi in cui esse siano rese in favore di committenti imprenditori, verificando in particolare la possibilità di escludere il ricorso a tali prestazioni per attività che comportano lavorazioni pericolose o che richiedano particolare formazione professionale, identificate anche sulla base della misura dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché di prevedere che i lavoratori che svolgono prestazioni di carattere accessorio non possano eccedere una specifica percentuale dei lavoratori complessivamente impiegati dal committente;
    d) siano riviste le disposizioni di cui all'articolo 48, comma 6, del decreto legislativo Pag. 310n. 81 del 2015 al fine di chiarire espressamente che è vietato il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nel settore delle costruzioni;
    e) si preveda che, nell'ambito delle direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, siano fissate specifiche linee di indirizzo per l'attività di vigilanza relative all'utilizzo dei buoni orari di cui all'articolo 49 del decreto legislativo n. 81 del 2015, anche attraverso l'impiego di tutti gli elementi informativi nella disponibilità delle amministrazioni pubbliche;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento alla disciplina in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, di cui al decreto legislativo n. 148 del 2015, valuti il Governo l'opportunità di integrare le disposizioni dell'articolo 2 dello schema al fine di:
    1) consentire l'autorizzazione, attraverso specifici accordi stipulati in sede governativa, con l'intervento della Regione interessata, di interventi di integrazione salariale straordinaria, in deroga ai limiti temporali di cui all'articolo 4 e all'articolo 22 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, con riferimento ai lavoratori di imprese operanti in aree di crisi complessa di cui all'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che presentino piani di recupero occupazionale attraverso specifici percorsi di politiche attive del lavoro elaborati con il coinvolgimento dell'ANPAL e concordati con la Regione interessata, che prevedano il rientro al lavoro del personale ancora sospeso o ad orario ridotto, anche in conseguenza dei programmi di reindustrializzazione da attuare nell'area di crisi complessa;
    2) consentire l'accesso a interventi straordinari di integrazione salariale, almeno con riferimento all'anno 2015, per i lavoratori delle aziende sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata o nei cui confronti sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva e siano state adottate le misure di cui all'articolo 32 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, sulla scorta di quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-bis, della legge 23 luglio 1991, n. 223, come modificato dall'articolo 44, comma 11, del decreto legislativo n. 148 del 2015;
    3) individuare un sistema di ammortizzatori sociali stabile e strutturato per il settore della pesca da applicare a decorrere dall'anno 2017, assicurando un'adeguata copertura dei lavoratori occupati in tale settore anche qualora siano dipendenti di imprese con meno di cinque dipendenti e nei casi di sospensione integrale delle attività, come nel caso di fermo biologico;
    4) prevedere che ai lavoratori dei soggetti di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, e alle loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, ai quali è stato concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale, ai sensi dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, nonché sulla base dei relativi decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il predetto trattamento possa essere ulteriormente concesso, alle medesime condizioni a suo tempo richieste, comunque nel limite delle risorse disponibili di cui all'articolo 16, comma 2, del medesimo decreto-legge n. 149 del 2013;
    5) riconsiderare le disposizioni dell'articolo 15, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 148, ai sensi delle quali la domanda per l'ammissione al trattamento ordinario di integrazione salariale deve essere presentata entro il termine di 15 giorni dall'inizio della sospensione o della riduzione dell'attività lavorativa, consentendo di presentare la domanda entro la fine del mese successivo Pag. 311a quello in cui si è verificato l'evento nei casi di sospensione o di riduzione dell'attività dovute a eventi oggettivamente non evitabili, quali gli eventi meteorologici;
    6) rivedere le disposizioni dell'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo n. 148 del 2015, le quali, per i trattamenti straordinari di integrazione salariale, prevedono che la sospensione o la riduzione dell'orario decorrano non prima del trentesimo giorno successivo alla data di presentazione della domanda di concessione del trattamento, al fine di consentire alle aziende e alle organizzazioni sindacali di individuare autonomamente la decorrenza delle sospensioni o delle riduzioni dell'orario di lavoro tenuto conto delle peculiarità delle diverse situazioni;
   b) con riferimento al finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, valuti il Governo l'opportunità di modificare le disposizioni dell'articolo 1, comma 304, ultimo periodo, della legge di stabilità 2016, al fine di incrementare fino a un massimo del 30 per cento la quota delle risorse attribuite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano della quale tali enti possono disporre per la concessione dei trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 83473 del 2014, subordinando tale possibilità alla condizione che le regioni e le province autonome abbiano comunicato che le risorse già disponibili sono sufficienti a far fronte alle richieste per l'intero anno 2016;
   c) con riferimento al sistema di finanziamento degli ammortizzatori sociali, valuti il Governo l'opportunità di rendere strutturale l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 2, comma 34, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni, che escludono, fino all'anno 2016, la corresponsione del contributo dovuto nei casi di interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ai sensi del comma 31 del medesimo articolo 2, per i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro in attuazione di clausole sociali previste nella contrattazione collettiva che garantiscano la continuità occupazionale, e nel caso di interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere;
   d) con riferimento al finanziamento del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria di cui al decreto legislativo n. 148 del 2015, si valuti l'opportunità di chiarire che resta fermo il contributo a carico dello Stato di cui all'articolo 12, comma 1, numero 3, della legge 20 maggio 1975, n. 164, e successive modificazioni;
   e) sia prevista un'estensione temporale della disciplina di carattere transitorio della NASpI per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali, eventualmente limitandone l'applicazione a quelli che prestino prestazioni in modo ricorrente, anche al fine di consentire alle parti sociali di individuare adeguate forme di tutela dei lavoratori attraverso strumenti di carattere bilaterale, anche prevedendo che l'erogazione del trattamento possa essere subordinata alla partecipazione a specifici corsi di aggiornamento e perfezionamento professionale, appositamente predisposti d'intesa con le regioni e con il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro dei settori interessati e che, sulla falsa riga di quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, i lavoratori, nei periodi di inattività, possano essere impiegati, d'intesa con le amministrazioni pubbliche interessate e le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, in attività rivolte a fini di pubblica utilità a beneficio delle comunità locali;
   f) con riferimento alla disciplina delle dimissioni volontarie e della risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro, ferma restando la procedura prevista dall'articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del Pag. 3122015 a tutela della libertà e dell'autenticità della manifestazione della volontà della lavoratrice o del lavoratore, valuti il Governo la possibilità di rivedere le disposizioni del comma 4 del medesimo articolo 26 al fine di consentire che la trasmissione dei relativi moduli possa avvenire anche per il tramite di enti pubblici, nonché di intervenire, con riferimento ai lavoratori che volontariamente abbandonino il proprio posto di lavoro senza procedere alla trasmissione del modulo di cui al medesimo articolo 26, per ridurre gli oneri derivanti da tale allontanamento, anche attraverso una revisione della disciplina del contributo dovuto ai sensi dell'articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92;
   g) con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 5 dello schema, recante modificazioni al decreto legislativo n. 150 del 2015, valuti il Governo l'esigenza di rafforzare la partecipazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali agli oneri di funzionamento dei servizi pubblici per l'impiego, incrementando gli stanziamenti previsti dall'articolo 33, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 150;
   h) con riferimento al finanziamento, in via sperimentale, dei percorsi formativi volti all'apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, e dei percorsi formativi rivolti all'alternanza tra scuola e lavoro, previsto dall'articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 150 del 2015, valuti il Governo l'opportunità di destinare maggiori risorse alla sperimentazione da condurre nell'anno 2017;
   i) sotto il profilo della formulazione del testo del provvedimento, valuti il Governo l'opportunità di apportare le seguenti modificazioni:
    1) all'articolo 4, comma 1, dopo le parole: «denominazione di Istituto» aggiungere la seguente: «nazionale» e all'articolo 5, comma 1, lettera f), dopo le parole: «compiti dell'Istituto» aggiungere la seguente: «nazionale»;
    2) all'articolo 4, sostituire il comma 2 con il seguente: «2. Ogni richiamo all'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e all'ISFOL contenuto in disposizioni normative vigenti deve intendersi riferito, rispettivamente, all'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche e all'INAPP.»;
    3) all'articolo 5, comma 1, lettera g), numero 2), capoverso 2-bis, sostituire le parole: l'Anagrafe nazionale degli studenti (ANS) di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, il Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti di cui al decreto legislativo n. 76 del 2005, nonché l'Anagrafe nazionale degli studenti universitari e dei laureati (ANSUL) di cui al con le seguenti: l'Anagrafe nazionale degli studenti e il Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, nonché l'Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università, di cui all'articolo 1-bis del;
   l) valuti il Governo l'opportunità di una revisione della formulazione del testo del decreto legislativo n. 150 del 2015, al fine di migliorarne la stesura sotto il profilo formale.

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ALLEGATO 6

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151. Atto n. 311.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI CIPRINI, COMINARDI, TRIPIEDI, LOMBARDI, DALL'OSSO E CHIMIENTI.

  La XI Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo che introduce disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi nn. 81, 148, 149, 150 e 151 del 2015, emanati in attuazione delle deleghe conferite con la legge n.183 del 2014;
   premesso che:
    l'articolo 1 modifica gli articoli 48 e 49 del decreto legislativo n. 81 del 2015 in materia di lavoro accessorio;
    le norme sono volte a dare attuazione all'articolo 1, comma 7, lettera h), della legge delega, il quale prevede – tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003 in materia di definizione della nozione di lavoro accessorio e del relativo campo di applicazione – la possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, con contestuale rideterminazione contributiva connessa alle prestazioni di lavoro accessorio (articolo 72, comma 4, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 276 del 2003);
   in particolare:
    a) le modifiche all'articolo 48 sono finalizzate a escludere il settore agricolo dall'ambito applicativo della disposizione in base alla quale il soggetto che svolge prestazioni di lavoro accessorio non può superare il limite di compensi pari a 2.020 euro annui per ciascun committente;
    b) le modifiche all'articolo 49 sono volte a garantire la piena tracciabilità dei buoni lavoro utilizzati per compensare le prestazioni di lavoro accessorio, modificando l'attuale sistema, secondo cui la comunicazione di inizio della prestazione viene fatta con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi; in caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la medesima sanzione prevista per la violazione dell'analogo obbligo nell'ambito del lavoro intermittente, ovvero la sanzione amministrativa da 400 euro a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione. Trattandosi di violazione non sanabile a posteriori, non si applica la procedura di diffida di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124;
    l'articolo 2 dello schema di decreto in esame reca, in primo luogo, alcune modifiche alla disciplina dei contratti di solidarietà espansivi, attualmente disciplinati dall'articolo 41 del decreto legislativo n. 148 del 2015; inoltre, si ammette una reiterazione della riduzione contributiva per i datori di lavoro che abbiano stipulato contratti di solidarietà e si consente l'accesso, da parte dell'I.S.F.O.L. (nella sua nuova denominazione di I.N.A.P.P., Istituto per l'analisi delle politiche pubbliche, di cui al successivo articolo 4 dello schema di decreto in esame), ai dati elementari Pag. 314detenuti da specifici Enti ed Amministrazioni;
    l'articolo 3 reca disposizioni relative all'Ispettorato nazionale del lavoro, di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 149 del 2015;
    in particolare (modificando il comma 4 del menzionato articolo 1), nel confermare che l'Ispettorato ha una sede centrale in Roma e che lo stesso non possa avere più di 80 sedi territoriali, si limita ad una fase temporanea «di avvio» la norma che richiede l'ubicazione della sede centrale presso un immobile demaniale o un immobile del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oppure presso un immobile dell'INPS, dell'INAIL o di altri Istituti previdenziali, e si consente che, in tale fase, la scelta ricada su un immobile in uso al suddetto Dicastero anche qualora non sia di proprietà del medesimo;
    secondo quanto riportato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, la modifica consente all'Ispettorato «di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale»;
    l'articolo 4 modifica la denominazione dell'ISFOL, che diventa Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP) (contestualmente il successivo articolo 5, comma 1, lettere a), b) ed f) apporta alcune modifiche formali volte all'introduzione della nuova denominazione nella normativa vigente);
    l'articolo 5 reca una serie di modifiche al decreto legislativo n.150 del 2015, quali:
   a) il comma 1, lettera c), modificando l'articolo 4, comma 9, del decreto legislativo n. 150 del 2015, sopprime il ruolo ad esaurimento previsto per i dipendenti ISFOL transitanti nei ruoli dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) (confermando, in ogni caso, il principio del contratto collettivo nazionale dell'ente di provenienza);
   b) il comma 1, lettera d) (aggiungendo il comma 4-bis all'articolo 5 del decreto legislativo n. 150 del 2015) integra le risorse attribuite all'ANPAL; più specificamente, dispone che l'Agenzia effettui la verifica dei residui passivi a valere sul Fondo di rotazione (di cui all'articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993), relativi ad impegni assunti in data antecedente alla data di entrata in vigore del provvedimento in titolo;
   c) il comma 1, lettera e), e il comma 2 intervengono sulle funzioni attribuite all'ANPAL;
   d) il comma 1, lettera g), n. 1 (modificando l'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2015) inserisce il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tra i soggetti che cooperano con l'ANPAL, alla realizzazione del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro;
   e) il comma 1, lettera g), n. 2, allo scopo di integrare i dati afferenti il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, stabilisce che a tale sistema affluiscano anche (sulla base di specifiche convenzioni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) i dati contenuti nella banca dati reddituale, nelle banche dati catastali e di pubblicità immobiliare e nelle banche dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, contenenti l'Anagrafe nazionale degli studenti ed il Sistema nazionale delle anagrafi degli studenti (di cui al decreto legislativo n. 76 del 2005), nonché l'Anagrafe nazionale degli studenti universitari e dei laureati (di cui al decreto-legge n. 105 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 170 del 2003);
   f) il comma 1, lettera h) (introducendo la lettera d-bis) all'articolo 14, comma 4, del decreto legislativo n. 150 del 2015), prevede che nel comitato (istituto presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali) avente la funzione di garantire l’ interconnessione sistematica Pag. 315delle banche dati in possesso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'ANPAL, dell'INPS, dell'INAIL e dell'INAPP in tema di lavoro e la piena accessibilità reciproca delle stesse sia presente anche il Presidente dell'ISTAT o un suo delegato;
   g) il comma 1, lettera i), introducendo il comma 1-bis) nell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2015, precisa che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, a condizione che da tali rapporti si ricavino redditi di lavoro corrispondenti ad un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986; con tale norma, in sostanza, si intende rendere possibile l'estensione dello stato di disoccupazione ai lavoratori, dipendenti o autonomi, che si trovino nella cosiddetta no tax area in quanto incapienti;
    l'articolo 6, dispone una serie di modifiche al decreto legislativo n. 151 del 2015 (attuativo della legge delega in materia di lavoro n. 183 del 2014, il cosiddetto Jobs Act); più precisamente, esso interviene sulla normativa in tema di:
   a) diritto al lavoro dei disabili, contenuta nella legge n. 68 del 1999 (così come modificata, da ultimo, dal decreto legislativo n. 151 del 2015) (articolo 6, comma 1, lettere a) e b));
   b) controllo a distanza dei lavoratori (articolo 6, comma 2);
   c) dimissioni volontarie e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (articolo 6, comma 3);
   considerato che:
    a) in relazione all'articolo 1, giova precisare che la disciplina del lavoro accessorio, introdotta dal decreto legislativo n. 276 del 2003 (articoli 70-73), ha subito nel tempo sostanziali modifiche da parte di una serie di norme, aventi soprattutto lo scopo di ampliare la possibilità di ricorrere a tale forma contrattuale, intervenendo sui requisiti per l'accesso, sulla previsione di nuove tipologie contrattuali, sulla possibilità del ricorso a tale tipologia di lavoro per coloro che percepiscono prestazioni integrative del salario o di sostegno del reddito e sul ricorso al lavoro accessorio da parte di pubbliche amministrazioni;
    il decreto legislativo n. 81 del 2015 (articoli 48-50) ha poi abrogato e sostituito integralmente gli articoli del decreto legislativo n. 276 del 2003, senza dare valenza all'occasionalità delle prestazioni ai fini dell'attivazione di quest'istituto, consentendo di rendere operante sempre e comunque il lavoro accessorio, retribuito con i voucher, tenendo conto «esclusivamente di un limite di carattere economico»;
    rispetto alle suddette disposizioni, le ulteriori modifiche apportate nel decreto legislativo in commento rafforzano l'elemento della comunicazione preventiva solo per i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, sovrapponendo indebitamente il «lavoro accessorio» con il «lavoro intermittente», fattispecie contrattuale quest'ultima declinata nei contratti collettivi del lavoro, e che, rispetto al lavoro accessorio, prevede un’indennità di disponibilità e il versamento di una contribuzione ai fini previdenziali;
    si sottolinea inoltre che la «comunicazione preventiva» in parola non contiene disposizioni che obblighino il committente a motivare l'utilizzo del lavoro accessorio, in modo tale da evitare comportamenti irregolari o elusivi. Inoltre la «comunicazione preventiva» di svolgimento della prestazione lavorativa nel settore agricolo può coprire un arco temporale esteso (fino a 7 giorni), con il rischio di vanificare la finalità sottostante l'introduzione di meccanismi di tracciabilità;
    la modifica apportata all'articolo 48 porterà inevitabilmente a un incremento dell'utilizzo del voucher in agricoltura, con conseguenze nefaste sia a carico dei lavoratori, che non potranno accedere all'indennità di disoccupazione prevista, Pag. 316sia a carico della Gestione INPS, per la conseguente riduzione dei contributi versati;
    per gli altri settori lavorativi, lo schema di decreto legislativo in titolo , pur introducendo un termine stringente per la comunicazione dell'avvio della prestazione di lavoro accessorio (almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione di lavoro accessorio), accompagna tale nuova previsione con il venire meno della delimitazione della comunicazione ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi (previsto invece dalla normativa vigente) legittimando, pertanto, una comunicazione unica per interi mesi di lavoro accessorio;
    in buona sostanza, dunque, il quadro regolatorio della nuova comunicazione preventiva impedisce di individuare con reale sicurezza il perseguimento della finalità annunciata di «garantire la piena tracciabilità dei voucher», la quale, invero, potrebbe essere seriamente perseguita soltanto obbligando ad un limite temporale massimo la generalità delle prestazioni di lavoro accessorio che possono formare oggetto di una stessa comunicazione (oggi 30 giorni) e precisando, con espressa previsione normativa, che la durata della prestazione deve essere indicata con esplicita dichiarazione delle singole giornate e del numero di ore di lavoro accessorio previste nell'arco temporale al quale la comunicazione fa riferimento, aspetto che nel testo vigente e, ancor più, in quello dello schema di decreto correttivo è assente;
    l'intervento recato dallo schema di decreto non appare quindi idoneo a realizzare un efficace sistema di tracciabilità della prestazione di lavoro accessorio né a superare le criticità inerenti un abuso o uso fraudolento del cosiddetto voucher;
    il voucher è l'ala più precaria dei contratti precari ed è in grande espansione. I voucher erano nati per combattere il dilagare del lavoro nero e sono diventati la nuova frontiera della precarietà. Nei primi otto mesi del 2015 sono stati venduti più di 71 milioni di buoni lavoro, con un aumento del 73 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014; essi rappresentano la forma più «spinta» di precariato anche perché (alcuni) committenti ne fanno un uso distorto o improprio utilizzando tale strumento per sostituirlo agli ordinari contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato;
    la realtà attuale ha dimostrato che i vincoli sull'uso dei voucher sono minimi e facilmente aggirabili:
     1) è stata allargata la platea dei destinatari: possono essere pensionati, giovani, studenti in vacanza, cassintegrati e disoccupati, lavoratori part time, extracomunitari in possesso di permesso di soggiorno e dipendenti e possono essere addetti ad una serie di lavori eterogenei: dal settore agricolo al settore del commercio e del turismo finanche dell'edilizia, dal volantinaggio fino ai servizi per la persona e domestici, alle manifestazioni sportive, al giardinaggio e alle pulizie;
     2) il lavoratore del voucher è slegato dal contratto nazionale del proprio settore di attività, l'importo del compenso è fisso sempre in 7,50 euro indipendentemente dal tipo di attività prestata, non si hanno diritti: non si matura il trattamento di fine rapporto, non si maturano ferie, non si ha diritto alle indennità di malattia e di maternità né agli assegni familiari;
     3) per il lavoratore impiegato con voucher non è prevista alcuna formazione, ad esempio sulle norme di sicurezza e di igiene;
     4) i controlli sulla corretta applicazione del voucher sono di difficile attuazione: l'ispettore del lavoro non può verificare l'orario di inizio e di fine del lavoro, limitandosi ad appurare che sono stati pagati i contributi;
   i lavoratori impiegati con i voucher vanno ad ingrossare la schiera dei nuovi poveri che pur «lavorando» non riescono ad avere un reddito dignitoso e a garantire una vita per sé e per la propria famiglia dignitosa: è il cosiddetto «lavoro povero», Pag. 317lavoratori che lavorano ma sono comunque poveri (in violazione dell'articolo 36 della Costituzione !);
    occorrerebbe dunque restituire allo strumento del voucher la sua natura «originaria» di prestazione di lavoro meramente occasionale e accessorio, finalizzato a far emergere sacche di lavoro nero senza renderlo strumento alternativo o addirittura sostitutivo degli ordinari contratti di lavoro;
    la modifica all'articolo 49 non comporterà particolari disincentivi all'utilizzo dei voucher nel settore del turismo, del quale si sta dibattendo in Commissione, alla luce delle risoluzioni, una delle quali proposta dai deputati del Movimento 5 Stelle, con cui si invoca la possibilità per questi lavoratori di accedere a strumenti di protezione sociale, quale la NASpI, che verrebbe garantita in presenza di un regolare rapporto di lavoro stagionale;
    in relazione all'alternanza scuola- lavoro le modifiche introdotte con il decreto legislativo n. 81 del 2015 lasciano irrisolto il nodo dell'organizzazione dell'orario di lavoro, che per gli apprendisti quindicenni, rimane vincolata alle rigidità contenute nella legge n. 977 del 1967, nonché le questioni legate alle esigenze di tutela e sicurezza del minore;
   b) in relazione all'articolo 2, concernente la trasformazione dei contratti di solidarietà da «difensivi» a «espansivi», si osserva quanto segue:
    la norma prevede la possibilità solo per i contratti stipulati entro un determinato arco temporale di trasformare la forma della solidarietà da «difensiva» ad «espansiva», prevedendo una serie di incentivi per l'azienda, la quale si dovrà comunque fra carico di versare il 50 per cento della integrazione salariale dovuta ai lavoratori per la riduzione dell'attività lavorativa;
    la misura, astrattamente interessante, appare tuttavia rispondere più ad esigenze contingenti che ad un vero e proprio riassestamento del decreto legislativo n. 148 del 2015: rimane di fatto l'interrogativo riguardo al successo che avrà tale tipo di misura presso la generalità delle imprese, posto che, se una azienda fa ricorso alla solidarietà difensiva perché è in atto una crisi aziendale, ben difficilmente farà nuove assunzioni, seppur con contratti ad orario ridotto;
   c) in relazione all'articolo 3, si prende atto che le questioni logistiche hanno finora impedito la piena operatività dell'Ispettorato;
   d) in relazione all'articolo 4, che modifica la denominazione di ISFOL in INAPP (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche), si condividono le preoccupazioni esternate dai dipendenti dell'ISFOL, riguardo alla trasformazione della natura e delle finalità dell'ente, che non sembra concretizzarsi unicamente in un mero cambio di nome o di acronimo. Lo stesso Commissario sembra aver fatto riferimento ad esperienze ed organismi internazionali di piccole, se non addirittura di piccolissime, dimensioni, che paiono essere più simili ad organi di consulenza e di servizio alle dipendenze del Governo. Si potrebbe supporre la volontà da parte del Governo di trasformare un eccellente Ente di ricerca in un organismo di verifica della policy al suo servizio, molto simile all'ISAE, soppresso da parte del governo Berlusconi, su richiesta del Ministero dell'economa e delle finanze, che ne era il ministero vigilante nel 2010;
    in vista del previsto riordino degli enti pubblici di ricerca, da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sarebbe stato meglio rinviare la suddetta trasformazione dell'ISFOL, anche al fine di garantire al personale ISFOL le tutele previste dal contratto collettivo nazionale del lavoro degli enti pubblici di ricerca;
    in effetti, nella previsione del trasferimento dei dipendenti dell'attuale ISFOL alla costituenda Agenzia ANPAL non viene esplicitato il legame con il contratto collettivo nazionale di lavoro di provenienza del personale ISFOL, in modo Pag. 318tale da garantire oltre alla tutela dei diritti, anche i livelli retributivi (di base e accessori) maturati e in godimento. Tuttavia, nel merito, si è determinata una convergenza da parte dell'ANPAL, FLC CGIL, FIR CISL, UIL RUA, come espressamente formalizzato nella dichiarazione congiunta del 14 giugno 2016;
    il processo di ristrutturazione e riorganizzazione dell'ANPAL e dell'ISFOL, rischia inoltre di sacrificare sull'altare della nuova Agenzia ANPAL, il futuro degli attuali 260 precari dell'ISFOL;
   e) in relazione all'articolo 5, sono ampiamente condivisibili le osservazioni sollevate da alcune associazioni audite, che hanno sottolineato come la modifica normativa proposta, che attribuisce all'ANPAL le funzioni di coordinamento dei servizi per il lavoro, non riesca a colmare l'inevitabile deficit di competenze nell'ambito dei programmi formativi legati al territorio, anche a causa delle carenze strutturali dei Centri dell'impiego, sprovvisti di know-how;
   f) in relazione all'articolo 6:
    la modifica alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità, la previsione dell'inclusione anche della capacità lavorativa pari al 60 per cento per il possibile ricorso alla chiamata diretta in luogo del tramite del collocamento obbligatorio non appare condivisibile poiché andrebbe ad indebolire ulteriormente il ruolo dei centri per l'impiego nella gestione delle liste dei disabili;
    la modifica alla disciplina delle dimissioni, è finalizzata a chiarire che la nuova procedura non si applica ai rapporti posti in essere con la pubblica amministrazione, nonostante in questo settore non si ravvisino le esigenze di tutela alla base della normativa;
    a fronte dell'operatività della suddetta norma, che ha introdotto la procedura telematica, si è assistito ad una grave carenza di informazioni, istruzioni, mezzi e personale competente; il tutto con un inutile aggravio di costi e di tempo a carico del dimissionario, il quale, allo stato, si trova costretto ad affidarsi ai centri di assistenza fiscale o ai patronati semplicemente per rassegnare delle dimissioni;
   valutato che:
    i decreti legislativi in commento, emanati in attuazione della legge delega n. 183 del 2014, non hanno creato una riforma strutturale del mercato del lavoro, prevedendo rimedi temporanei per arginare il problema della disoccupazione;
    le disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi in commento avrebbero dovuto garantire le seguenti prerogative:
   a) all'articolo 1:
    1) in ordine alla platea dei soggetti che rendono prestazioni di lavoro accessorio e alla tipologia di attività lavorativa prestata con i voucher:
    si sarebbe dovuto restringere la platea dei destinatari limitandola a prestazioni che danno luogo a compensi, con riferimento alla totalità dei committenti, non superiori a 5.000 euro nel corso di un anno e a soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne: a) i disoccupati da oltre un anno; b) le casalinghe, gli studenti e i pensionati; c) i disabili e i soggetti ospitati presso comunità di recupero; d) i lavoratori di Stati non membri dell'Unione europea, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro, per prestazioni rese nell'ambito delle seguenti tassative attività di impiego: a) dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, inferme o disabili; b) dell'insegnamento privato supplementare; c) dei piccoli lavori di giardinaggio; d) della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli; e) della collaborazione con enti pubblici e con organizzazioni di volontariato per lo svolgimento di interventi di emergenza, esclusivamente dovuti a calamità Pag. 319o a eventi naturali improvvisi, ovvero di interventi di solidarietà; f) delle collaborazioni in ambito domestico sempre nel limite quantitativo per 2.000 euro annui di compensi per famiglia committente, fermo il limite della totalità dei compensi di euro 5.000.
     2) in ordine alle misure da adottare per assicurare la reale efficacia della tracciabilità della prestazione di lavoro accessorio si sarebbe dovuto:
    introdurre l'obbligo per i committenti imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipo accessorio di comunicare, almeno 60 minuti dell'inizio della prestazione, alla direzione territoriale del lavoro competente, attraverso modalità telematiche, ivi compresi sistemi di messaggistica istantanea o messaggi di posta elettronica, non solo i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, ma anche il luogo della prestazione nonché il giorno e l'orario di inizio e di termine della prestazione stessa con riferimento a un arco temporale non superiore ai 15 giorni successivi, nonché la tipologia di attività prestata oggetto di lavoro accessorio tra quelle tassativamente indicate sopra;
    introdurre e rafforzare efficaci strumenti di sanzione e controllo da parte degli organi ispettivi del lavoro idonei a sanzionare forme di uso improprio o fraudolento dello strumento del voucher, prevedendo la «maxisanzione» prevista per il lavoro «in nero» anziché la più «blanda» sanzione pecuniaria prevista dal decreto correttivo;
     3) in ordine all'alternanza scuola – lavoro:
    introdurre anche alcune modifiche all'articolo 43 del decreto legislativo stesso, concernenti la durata dell'orario di lavoro per i quindicenni inseriti in un sistema di alternanza scuola-lavoro e la durata dei contratti di apprendistato in essere al 25 giugno 2015;
    prevedere una disposizione normativa che funga da raccordo tra la disciplina dell'apprendistato di primo livello e quella del lavoro minorile;
   b) all'articolo 2, le disposizioni integrative avrebbero dovuto introdurre le seguenti misure:
    prevedere anche per le aree di crisi industriali complesse, nelle quali la recessione economica e la perdita occupazionale ha assunto rilevanza a livello nazionale (nei limiti delle risorse finanziarie già stanziate per i precedenti interventi), l'estensione della durata degli ammortizzatori sociali, prevista all'articolo 42 del decreto legislativo n. 148 del 2015;
    prevedere una ricognizione sui lavoratori prossimi alla pensione sprovvisti di ammortizzatori sociali;
    abrogare la cosiddetta «tassa di licenziamento» introdotta dall'articolo 2, comma 31, della legge n. 92 del 2012, il cui pagamento è reso obbligatorio dall'articolo 2, comma 34, della medesima legge n. 92 del 2012, e deve essere versato anche da parte di quelle imprese i cui lavoratori, in presenza di un cambio appalto garantito da clausole di stabilità occupazionale previste dai contratto collettivo nazionale di lavoro, passino direttamente dall'impresa cessante all'impresa subentrante. L'applicazione della suddetta norma è stata posticipata al prossimo anno dal decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto decreto «mille proroghe»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2015. Effettivamente la norma che impone l'applicazione del contributo sui licenziamenti anche nei casi di cambi di appalto con continuità del rapporto di lavoro garantito da clausole di stabilità occupazionale previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro non trova alcun fondamento logico né giuridico posto che nei suddetti cambi di appalto non si dà luogo a licenziamento;
    il decreto correttivo avrebbe dovuto, dunque, anche ai fini di una semplificazione e chiarificazione, procedere all'abrogazione ovvero ad un chiarimento della norma di cui all'articolo 2, comma 34, della legge n. 92 del 2012 nel senso Pag. 320della non debenza del contributo sui licenziamenti nei casi di lavoratori garantiti da clausola di stabilità occupazionale prevista dai CCNL nei cambi di appalto;
   c) all'articolo 4, si sarebbe dovuto concordare di accompagnare il processo di trasferimento del personale dell'ISFOL all'ANPAL, mediante un processo trasparente, in modo tale da garantire:
    le prerogative del personale ISFOL che confluirà nell'ANPAL;
    la parità di trattamento del personale che da ISFOL confluirà nell'ANPAL con quello degli enti di ricerca;
    l'applicazione di un contratto integrativo di ente che contenga due separate sezioni, corrispondenti ai due ruoli del personale proveniente dal Ministero e del personale proveniente dall'ISFOL;
    i livelli retributivi, il maturato economico e giuridico, nonché le opportunità di carriera, conto tenuto delle opportunità, specificità e flessibilità dei dipendenti dell'ISFOL, che il contratto attualmente prevede per il personale di ricerca (ricercatori, tecnologi, tecnici e amministrativi);
    la stabilizzazione degli attuali 250 precari dell'ISFOL, come previsto dall'accordo decentrato per la proroga dei loro contratti in essere fino al 2020, firmato in data 4 dicembre 2014 fra le organizzazioni sindacali di categoria della ricerca, i vertici dell'ISFOL e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   d) all'articolo 6, riguardo alle dimissioni volontarie e alla risoluzione consensuale dei rapporti di lavoro, si sarebbe dovuto rispettare il criterio di delega, ossia «la necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore»,
   esprime

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 7

Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151. Atto n. 311.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI AIRAUDO, MARTELLI, PLACIDO, SCOTTO , FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZACCAGNINI E ZARATTI.

  La XI Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81, e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151 (Atto n. 311);
   premesso che:
    lo schema di decreto legislativo propone, all'articolo, 1 modifiche al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 riguardanti il lavoro accessorio, i cosiddetti voucher; in particolare la prima modifica è volta a garantire la piena tracciabilità dei voucher; mutuando la procedura già utilizzata per tracciare il lavoro intermittente, si prevede che i committenti imprenditori non agricoli o professionisti, che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono tenuti, almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione di lavoro accessorio, a comunicare alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, mediante sms o posta elettronica, i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore;
    se nelle intenzioni della legge n. 30 del 2003 vi era quella di regolarizzare alcune forme di lavoro saltuario e di contrastare il caporalato, in particolare nei lavori stagionali in agricoltura, oggi si deve prendere atto che per queste finalità i voucher sono stati un fallimento;
    il voucher è diventato uno strumento di ulteriore precarizzazione del lavoro: secondo stime sindacali, in Italia sono 1.700.000 le persone, di tutte le età, e in maggioranza donne, che ricevono per il loro lavoro un voucher al posto del salario, vale a dire il 10 per cento dei lavoratori dipendenti; considerato che il loro numero è in continua crescita, significa che si è giunti ad un abuso, tanto che lo stesso il Presidente della Repubblica ha chiesto di mettere fine al loro «utilizzo improprio»;
    dal 2008 ad oggi sono stati venduti voucher per 4 miliardi di euro; nel periodo gennaio-maggio 2016, secondo l'osservatorio sul precariato dell'INPS, sono stati venduti 56,7 milioni di voucher, con un incremento del 43 per cento sul 2015;
    un quarto dei voucher acquistati dai datori di lavoro nel 2015 non sono stati riscossi dal lavoratore: solo il 76,5 per cento dei voucher acquistati sono stati consegnati al lavoratore. Il valore dei voucher venduti ma non riscossi nel 2015 ammonta a 271 milioni di euro: è la dimostrazione che il voucher viene usato come metodo per occultare rapporti di lavoro in nero;
    inoltre, i voucher sono strumentalmente utilizzati dal Governo per mascherare Pag. 322i dati reali: il calo della disoccupazione nel 2015 nasconde l'esponenziale utilizzo dei voucher, in particolar modo nei settori poco qualificati, in cui i lavoratori sono considerati interscambiabili;
    l'uso improprio dei voucher allarga il mercato nero e grigio, grazie alle leggi approvate, in piena continuità, dai governi Berlusconi, Monti e Renzi: si è esteso e liberalizzato il loro utilizzo, dal commercio e turismo ai laboratori artigianali; dai cantieri edili ai servizi pubblici per la cura del verde, la manutenzione degli edifici scolastici, i servizi funebri, la sistemazione degli archivi, ma il lavoro nero non si è ridotto, la stessa INAIL denuncia che spessissimo il giorno di infortunio in cantiere o nei campi coincide con il primo pagamento del buono-lavoro;
    il lavoro accessorio non è stato lo strumento per sanare situazioni di irregolarità ma ha reso regolare lavorare senza contratti di lavoro, cioè senza misure di sostegno al reddito in caso di disoccupazione, malattia, maternità; senza godere di tredicesima, ferie, permessi, maggiorazioni per il lavoro festivo;
    lo schema di decreto legislativo proposto dal Governo non si pone neanche nell'ottica parziale di un divieto dell'utilizzo dei voucher in alcuni settori, ad esempio l'edilizia; non a caso i sindacati degli edili nella piattaforma in vista del rinnovo del contratto hanno messo tra i punti principali il divieto di utilizzo dei voucher nel settore;
    inoltre, nello schema di decreto, la tracciabilità dei voucher non è estesa con le stesse modalità agli imprenditori agricoli: infatti, la sola previsione per questi ultimi di comunicare esclusivamente i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore, il luogo e la durata della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore a 7 giorni, esclude la piena tracciabilità dei voucher per il settore agricolo, privando di fatto il sistema della necessaria trasparenza;
    la CGIL in questi giorni ha raccolto oltre 3,3 milioni di firme per l'abolizione dei voucher, firme alle quali non si può rispondere con qualche aggiustamento nelle forme di tracciabilità;
    lo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione rappresenta un'occasione mancata per un intervento volto al superamento dello strumento dei voucher come sistema di retribuzione del lavoro accessorio;
    la seconda modifica al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 esclude il settore agricolo dall'applicazione del limite imposto ai committenti imprenditori, i quali possono avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio per compensi non superiori a 2.000 euro per ciascun committente. L'esclusione è motivata dal fatto che l'utilizzo del lavoro accessorio in agricoltura è già soggetto, oltre al limite generale dei 7.000 euro per lavoratore, anche a ulteriori limiti secondo i quali in agricoltura il lavoro accessorio è utilizzabile nell'ambito delle attività agricole di carattere stagionale, se effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni se regolarmente iscritti a un ciclo di studi;
    tale previsione recepisce l'interpretazione estensiva fornita dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la circolare n. 4 del 2013 sul lavoro accessorio, secondo la quale «in ragione della specialità del settore agricolo, si ritiene altresì che non trovi applicazione l'ulteriore limite di 2.000 euro previsto in relazione alle prestazioni rese nei confronti degli imprenditori e professionisti». Si ritiene che tanto la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali quanto la norma contenuta nell'attuale schema di decreto, siano prive di qualsiasi motivazione, dal momento che il presupposto del lavoro accessorio è far fronte al pagamento di prestazioni meramente occasionali;
    la norma, così formulata, introdurrebbe inoltre una evidente discriminazione tra lavoratori agricoli subordinati a tempo determinato e lavoratori agricoli assunti con voucher: con il solo limite massimo di 7.000 euro all'anno di compensi derivanti Pag. 323da voucher, un bracciante potrebbe lavorare per lo stesso imprenditore per 191 giornate (oltre sei mesi), senza però avere diritto all'indennità di malattia, al trattamento di disoccupazione agricola per le giornate non lavorate, agli assegni al nucleo familiare e all'accredito della contribuzione, ordinaria e figurativa;
    il decreto legislativo, se approvato, favorirebbe una drastica riduzione del lavoro strutturato, a favore di quello precario e senza tutele;
    si propone pertanto la soppressione dello strumento dei voucher come sistema di retribuzione del lavoro accessorio;
    l'articolo 2 trasforma i contratti di solidarietà difensivi in contratti espansivi: fermo restando la condivisione all'estensione del ricorso alla solidarietà espansiva per incrementare l'occupazione, il passaggio diretto da stato di crisi (difensivi) a occupazione aggiuntiva (espansivi) risulta penalizzante per i lavoratori già coinvolti dai contratti di solidarietà difensiva che permarrebbero in tale condizione anche dopo il superamento della crisi;
    a fronte della riconferma degli incentivi previsti dalla legge di stabilità per le nuove assunzioni, appare incongruo un doppio beneficio per l'impresa (solidarietà ed esonero contributivo); inoltre la norma sembrerebbe riguardare un perimetro preciso di tipologie di imprese che beneficerebbero di un intervento ad hoc;
    lo schema di decreto dovrebbe pertanto prevedere misure per incrementare l'occupazione senza penalizzare ulteriormente i lavoratori in stato di crisi;
    l'articolo 3 apporta modifiche al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149;
    la modifica consente, solo nella fase di avvio, l'allocazione della sede dell'Ispettorato presso un immobile in uso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, seppure non di proprietà dello stesso; inoltre, in prospettiva, consente all'Ispettorato di avere maggiori poteri decisionali in ordine alla allocazione della propria sede centrale;
    appare incomprensibile come, a fronte di un vasto patrimonio demaniale inutilizzato, si preveda che la sede centrale dell'Ispettorato presso un immobile demaniale o dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia solo temporanea, lasciando all'Ispettorato la decisione sulla scelta della sede. Meglio sarebbe stato prevedere, sia per la sede centrale che per le sedi territoriali, una allocazione in immobili pubblici demaniali evitando possibili sprechi di risorse pubbliche da destinare ad acquisti o affitti di sedi in immobili privati;
    l'articolo 4 dello schema prevede che l'ISFOL, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, cambi denominazione e assuma quella di Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP), in quanto, a detta del Governo, più corrispondente ai compiti di monitoraggio e valutazione svolti dall'Istituto. Sempre con riferimento all'ISFOL si sopprime il «ruolo ad esaurimento» previsto per i dipendenti ISFOL che transitano nei ruoli ANPAL, al fine di evitare che i lavoratori possano vedere pregiudicate le loro prospettive di carriera, in particolare la partecipazione alle procedure per ottenere un inquadramento superiore;
    in prossimità dell'esercizio della delega di cui all'articolo 13 della legge 7 agosto 2015, n. 124, sulla riforma del sistema della ricerca pubblica, non si coglie la necessità di intervenire su uno degli enti pubblici di ricerca di grandi dimensioni com’è l'ISFOL, con uno dei decreti correttivi al Jobs Act;
    sarebbe auspicabile rimandare qualunque intervento a valle del processo di riordino del sistema degli enti pubblici di ricerca, e valutare successivamente gli aggiustamenti che dovranno essere compiuti per dare piena attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151;Pag. 324
    per quanto attiene all'inquadramento contrattuale del personale ISFOL che sarà trasferito in ANPAL, devono comunque essere garantite tutte le prerogative del contratto collettivo nazionale di riferimento, ovvero quello degli enti pubblici di ricerca;
    con l'articolo 5 si modificano in parte le funzioni attribuite all'ANPAL: rientrano nelle competenze dell'ANPAL i servizi e le misure di politica attiva elencate nell'articolo 18 del decreto legislativo n. 150 del 2015, a queste si aggiunge la competenza relativa al coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone prive di impiego, ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, dell'autoimpiego e dell'immediato inserimento lavorativo, nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e province autonome;
    si precisa, inoltre, che lo stato di disoccupazione è compatibile con lo svolgimento di rapporti di lavoro, autonomo o subordinato, dai quali il lavoratore ricava redditi di ammontare esiguo, tali da non superare la misura del reddito cosiddetto non imponibile (corrispondente ad un'imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917);
    infine, per quanto attiene all'articolo 5, si modifica l'articolo 118 della legge n. 388 del 2000 al fine di prevedere espressamente la possibilità per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di revocare l'autorizzazione all'attivazione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e di disporne il commissariamento qualora vengono meno i requisiti e le condizioni per il rilascio dell'autorizzazione;
    rimane critica la vicenda legata alla costituzione di ANPAL sia per l'incertezza delle risorse a disposizione sia per il riordino delle funzioni istituzionali relative ai servizi per il lavoro: appare evidente che anche nell'ambito delle politiche attive relative all'ANPAL si prevede la modifica della denominazione dell'ISFOL ma resta il silenzio e la mancanza di qualsiasi indicazione in relazione alle risorse, ai lavoratori e agli strumenti;
    secondo la CGIL, occorre affrontare con urgenza i punti già presentati al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, alla Conferenza delle Regioni e a questa stessa Commissione sui seguenti punti:
    convocare un tavolo unico come convenuto nell'accordo del 10 luglio del 2015 su ANPAL, ISFOL (INAPP), Italia Lavoro e Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per:
     definire compiutamente tutti gli aspetti relativi al funzionamento di ANPAL;
     ridiscutere su risorse e indirizzi delle nuove politiche attive, che non possono esaurirsi nel solo assegno di ricollocazione e garanzia giovani;
     bilanciare le risorse sottratte alle Regioni per finanziare il sistema nazionale con la necessità dei territori di finanziare misure legate allo sviluppo locale e alle fasce deboli;
    sui Centri per l'impiego, dare soluzione alla vertenza dei precari, sottolineando come la scelta dell'avvalimento abbia prodotto incertezza nella modalità con la quale garantire continuità occupazionale, prorogare le convenzioni in essere per tutto il 2017 e salvaguardare tutti i contratti;
    farsi carico dei due terzi dei costi di gestione può favorire la stipula di ulteriori convenzioni ad oggi non sottoscritte tra Regioni e Province;
    per quanto riguarda l'opportunità di potenziare i centri pubblici per l'impiego con ulteriori assunzioni, come annunciato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell'ultimo incontro del 30 giugno 2016, la disposizione deve essere subordinata alla determinazione ferma e imprescindibile della riconferma dei contratti temporanei già in essere;Pag. 325
    una volta verificato l'esito del referendum costituzionale, il personale dei centri pubblici per l'impiego deve essere collocato definitivamente, approvando nel frattempo le proposte normative che risolvano i conflitti di attribuzione;
    con l'articolo 6 si apportano modifiche alla disciplina sul diritto al lavoro delle persone con disabilità;
    si ritiene di dover riproporre la medesima posizione già assunta in occasione della discussione del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, ovvero inserire, dopo l'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n.68, un nuovo articolo che si rende indispensabile in quanto la formulazione del comma 3 può dar luogo ad equivoci e a valutazioni arbitrarie, così formulato: «i lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, sono computati nella quota di riserva di cui all'articolo 3 nel caso in cui abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla sesta categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, o con disabilità intellettiva e psichica, con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, certificata dalle competenti autorità»;
    si prevede altresì, all'articolo 6, la modifica dell'articolo 4, comma 1, della legge 20 maggio 1970, n. 300, in materia di controlli a distanza, conseguente all'istituzione dell'ispettorato nazionale del lavoro, le cui sedi territoriali subentreranno nelle funzioni già esercitate dalle Direzioni territoriali del lavoro; in particolare, si dispone che, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali dell'Ispettorato, qualora non si raggiunga l'accordo sindacale, gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere installati, in alternativa, previa autorizzazione della sede territoriale o della sede centrale dell'Ispettorato. In ogni caso, i provvedimenti autorizzatori adottati dall'Ispettorato sono definitivi per cui non è possibile proporre contro gli stessi ricorso gerarchico;
    quanto disposto dalla presente modifica non è accettabile, si va ben oltre quanto previsto dalla normativa vigente, che prevede che i controlli del lavoratore mediante impianti audiovisivi possa essere effettuati o attraverso appositi accordi sindacali o per disposizione di un magistrato. Prevedere ora che in assenza di accordo sindacale sia l'Ispettorato nazionale del Lavoro, sede centrale o locale, ad autorizzare l'installazione di apparecchi per il controllo a distanza appare grave e lesivo dei diritti dei lavoratori e della privacy, tenuto conto altresì che tale disposizione è generica e non prevede neanche le modalità di acquisizione e tenuta delle immagini audiovisive che verrebbero acquisite e detenute dalle imprese;
    su tale disposizione si ribadisce che:
     è vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature, compresi gli strumenti utilizzati dal lavoratore per la sua prestazione, per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori;
     le modalità di utilizzo e gestione dei dati deducibili dagli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa attinenti alla stessa prestazione devono anch'essi essere legittimati da accordi sindacali, nel rispetto della privacy e con il divieto di utilizzo ai fini di provvedimenti disciplinari. Inoltre, le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 6 del presente schema di decreto legislativo, non si applicano agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, a condizione che sia stata data al lavoratore adeguata informazione delle modalità di utilizzo degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel rispetto di quanto previsto dalla normativa sulla privacy;Pag. 326
     per ciò che attiene la possibilità di mancato accordo sindacale per aziende con comunità produttive dislocate in più sedi, non appare condivisibile che si preveda la possibilità di autorizzazione unilaterale da parte di un Ispettorato o della sede centrale della richiesta aziendale di istallazione di strumenti di controllo a distanza, impedendo oltretutto qualsiasi opportunità di ricorso;
    con riferimento al rapporto tra somministrazione e appalto, si sta diffondendo una pratica illecita: si riscontra come sempre più spesso il margine di differenza tra somministrazione e appalto, ben definito a livello legislativo, venga aggirato dalle agenzie per il lavoro;
    il rapporto di lavoro per il tramite agenzia, costituito da tre soggetti (agenzia per il lavoro (APL), azienda utilizzatrice e lavoratore), garante della parità salariale e normativa tra lavoratore somministrato e dipendente dell'azienda utilizzatrice, viene meno: ad oggi la gran parte delle agenzie per il lavoro ha costituito una o più società a responsabilità limitata o, laddove non sia possibile, utilizzano società a responsabilità limitata esterne con cui fanno accordi con le quali partecipano a regolari gare di appalto in diverse realtà, dal pubblico al privato, risultando molto concorrenziali rispetto al mercato, al punto che sempre più riescono a vincere sui diretti competitor nel settore degli appalti; una volta vinta la gara, la società a responsabilità limitata impiega, per il tramite dell'agenzia per il lavoro che ha costituito la società a responsabilità limitata, lavoratori in somministrazione che manda in missione presso l'utilizzatore e appaltante;
    questa trama, costituita da società a responsabilità limitata, che vince l'appalto, agenzia per il lavoro che somministra il lavoratore alla società a responsabilità limitata, lavoratore che, assunto in somministrazione dall'agenzia per il lavoro, vede applicato spesso il contratto collettivo nazionale delle multi servizi (oppure altro contratto collettivo nazionale non coincidente con quello dell'utilizzatore e appaltante e normalmente con trattamenti in peius), e azienda utilizzatrice e appaltante che prende il somministrato dalla società a responsabilità limitata e su cui di fatto ha potere direttivo ed organizzativo, è estremamente sfavorevole per i lavoratori;
    tale prassi produce:
    il superamento della parità di trattamento introdotto in Italia nel 1997 con la legge 24 giugno 1997, n. 196, che ha permesso, in venti anni, di costruire un sistema virtuoso che vede un lavoratore assunto per il tramite delle agenzia per il lavoro tutelato, se pur flessibile;
    il mancato rispetto delle percentuali dell'utilizzo di forme di lavoro diverso dal tempo indeterminato previste in primis dalla legge, ma anche dai contratti collettivi nazionali di lavoro;
    una nuova forma di precarietà nascosta che permette alle aziende utilizzatrici e appaltanti di risparmiare sul costo del lavoro e una deresponsabilizzazione delle società a responsabilità limitata sull'assunzione di somministrati e non di dipendenti diretti;
    un gioco al ribasso sui lavoratori in somministrazione, a cui non si applica più il contratto collettivo nazionale delle aziende utilizzatrici, bensì un contratto collettivo nazionale meno favorevole cioè il contratto collettivo nazionale che le società a responsabilità limitata applicano ai propri dipendenti diretti, a prescindere da quale sia l'azienda presso la quale il somministrato di fatto svolge la propria prestazione lavorativa;
    secondo le organizzazioni sindacali oltre il 10 per cento della forza lavoro di una agenzia per il lavoro risulta assunta con questo meccanismo;
    si richiede di vietare l'utilizzo di lavoratori assunti per il tramite di agenzia per il lavoro in caso di appalti e di, rafforzare, a livello legislativo, la distinzione Pag. 327tra contratto di appalto e contratto di somministrazione, già presente nell'articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003, nella riformulazione di cui alla legge n. 92 del 2012, sancendo, anche sulla base del comma 3-bis della novella del 2012, l'impossibilità di ricorrere alla somministrazione se si è in presenza di un contratto di appalto, con le sanzioni relative, già previste per fattispecie analoghe all'articolo 38, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015;
    considerato che lo schema di decreto in oggetto peggiora le condizioni del mondo del lavoro,
   esprime

PARERE CONTRARIO

Pag. 328

ALLEGATO 8

7-00952 Arlotti: Estensione della fase transitoria della disciplina dalla NASpI per i lavoratori stagionali e utilizzo dei lavoratori in attività rivolte a fini di pubblica utilità a beneficio delle comunità locali.
7-00995 Simonetti: Iniziative per la modifica della disciplina della NASpI al fine di rafforzare la tutela dei lavoratori stagionali.
7-00998 Ciprini: Iniziative per la modifica della disciplina della NASpI al fine di rafforzare la tutela dei lavoratori stagionali.

TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XI Commissione,
   premesso che:
    la stagionalità è elemento strutturale nel settore del turismo. In particolare, nelle località turistiche, analoga stagionalità coinvolge molte migliaia di lavoratori di aziende di settori non direttamente riconducibili al medesimo settore turistico, ma ad esso strettamente connessi sotto il profilo produttivo;
    nel complesso in Italia nell'anno 2015 risultano complessivamente attivati 520.000 rapporti di lavoro stagionali; di questi 353.000 sono relativi ai settori del turismo e degli stabilimenti termali mentre 167.000 relativi a tutti gli altri settori;
    come noto, il lavoro stagionale si caratterizza per la mancanza di continuità dell'attività esercitata, ossia per l'alternarsi – nel corso dell'anno – di periodi di attività lavorativa a periodi di non lavoro in presenza di concentrazione di flussi turistici in alcuni mesi dell'anno;
    il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, emanato in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, il cosiddetto «Jobs Act», prevede l'erogazione della nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) relativa agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1o maggio 2015 che interessano i lavoratori dipendenti, con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato;
    con la NASpI è stata riconosciuta una indennità proporzionale alla retribuzione mensile ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentano almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione e 30 giorni di lavoro effettivo o equivalenti nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione;
    ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 si stabilisce che la NASpI è corrisposta mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni e che ai fini del calcolo della durata, non sono computati i periodi contributivi Pag. 329che hanno già dato luogo ad erogazione delle prestazioni di disoccupazione;
    come evidenziato dai rappresentanti dell'INPS nel corso dell'audizione informale svolta, la nuova disciplina e, in particolare, l'introduzione di un nuovo meccanismo di calcolo della prestazione con l'ampliamento del periodo di osservazione della contribuzione utile hanno consentito effetti importanti sia in ordine all'ampliamento della tutela dei lavoratori, stimata in 100.000 beneficiari, sia in ordine all'ampliamento della durata delle tutele garantite, in quanto nell'anno 2015 la durata media teorica della NASpI è risultata di 10,5 mesi a fronte di una durata media teorica dell'indennità ASpI di 8,7 mesi;
    la nuova disciplina ha tuttavia portato, rispetto al passato, ad una penalizzazione per i lavoratori stagionali ai quali sulla base della previgente disciplina era assicurata, in linea di massima, la tutela del reddito per l'intero periodo in cui non veniva svolta attività lavorativa;
    l'impatto della nuova legge sulla durata delle prestazioni, in fase di prima applicazione delle disposizioni normative, è stato tuttavia reso graduale per effetto di una lettura interpretativa contenuta nelle circolari INPS n. 94, n. 142 e n. 194 del 2015 e, successivamente, per effetto del decreto legislativo n. 148 del 2015;
    l'articolo 43, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, dispone che, «con esclusivo riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi tra il 1o maggio 2015 e il 31 dicembre 2015 e limitatamente ai lavoratori con qualifica di stagionali dei settori produttivi del turismo e degli stabilimenti termali (...), la durata della NASpI corrisposta in conseguenza dell'applicazione del primo periodo non può superare il limite massimo di 6 mesi», salvaguardando in questo modo il trattamento di integrazione salariale per l'anno 2015;
    dal 2016, per effetto della normativa, i lavoratori stagionali del turismo che godevano dell'ASpI o della precedente indennità di disoccupazione non avranno più una completa copertura economica dei periodi non lavorati nell'anno: dal 1o gennaio 2016, cessando l'effetto del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, anche per la categoria dei lavoratori stagionali, la durata della prestazione Naspi sarà calcolata secondo il regime ordinario, di cui alle disposizioni del decreto legislativo n. 22 del 2015, con la conseguenza che, a fronte di un rapporto di lavoro della durata di sei mesi nell'anno, la durata della prestazione sarà di tre mesi;
    tale nuova previsione normativa, se non verranno apportati opportuni correttivi, causerà un danno economico, soprattutto per le famiglie che vivono e lavorano in luoghi dove il lavoro stagionale è l'unica o la principale forma di impiego;
    al riguardo, giova ricordare che, sono stati accolti due ordini del giorno 9/3513-A/112 e 9/3444-A/256 che impegnano il Governo a introdurre disposizioni atte a facilitare la transizione verso la nuova disciplina prevedendo in via straordinaria misure integrative della durata della prestazione di disoccupazione per i lavoratori stagionali;
    considerati i contributi acquisiti nel corso delle audizioni informali svolte;
    preso atto dell'impegno delle parti sociali a individuare forme più ampie di tutela dei lavoratori del turismo e del settore termale attraverso la definizione di un intervento di carattere strutturale, nel quale potrebbero trovare opportuna collocazione anche strumenti di tutela di carattere bilaterale;

impegna il Governo:

   a valutare, nei limiti delle compatibilità finanziarie, l'estensione dell'applicazione della disciplina transitoria della NASpI per i lavoratori stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali anche ai lavoratori di operatori economici Pag. 330attivi in tali settori che tuttavia non rientrano nei codici di attività ATECO indicati dalla circolare INPS n. 194 del 27 novembre 2015, quali in particolare i lavoratori impiegati in parchi di divertimento, attività funiviarie, alberghi di proprietà di banche, assicurazioni o società immobiliari che non abbiano una precisa distinzione dei rami di azienda, o quelli impiegati nel turismo e nel settore termale da agenzie di somministrazione o cooperative;
   a promuovere, nei limiti delle compatibilità finanziarie, iniziative normative atte a estendere l'applicazione di una disciplina transitoria della NASpI per i lavoratori stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali, eventualmente limitandone l'estensione a quelli che effettuino prestazioni in modo ricorrente, anche prevedendo che:
    a) l'erogazione del trattamento sia subordinata alla partecipazione a specifici corsi di aggiornamento e perfezionamento professionale, appositamente predisposti d'intesa con le regioni e con il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro dei settori interessati;
    b) sulla falsa riga di quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, i lavoratori, nei periodi di inattività, possano essere impiegati, d'intesa con le amministrazioni pubbliche interessate e le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, in attività rivolte a fini di pubblica utilità a beneficio delle comunità locali.
(8-00195) «Arlotti, Simonetti, Ciprini, Albanella, Baruffi, Casellato, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Damiano, Di Salvo, Fedriga, Gribaudo, Gnecchi, Iacono, Lombardi, Patrizia Maestri, Pagani, Tripiedi».