CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 luglio 2016
678.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-09209 Ricciatti: Adozione del decreto di riordino delle Camere di commercio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo a quanto rappresentato nell'atto in esame, facendo presente che il Ministero dello sviluppo economico ha più volte informato sul medesimo argomento, anche in questa stessa sede.
  Gli Onorevoli Interroganti richiamano una notizia apparsa sul quotidiano Il Sole 24 Ore concernente la ripartenza dei lavori preparatori del decreto di riforma delle Camere di commercio, con particolare riferimento alla progressiva riduzione del diritto annuale a carico delle imprese e all'obiettivo minimo del taglio del 15 per cento degli organici complessivi e del 25 per cento per il personale che svolge funzioni di supporto nelle camere frutto di fusioni.
  Al riguardo, evidenzio che la bozza di decreto di cui sopra è in corso di elaborazione tra le Amministrazioni competenti, secondo la tempistica e il procedimento previsto dalla Legge delega. Con riferimento al quesito concernente l'eventuale riduzione del personale, preciso che il testo a cui si è attualmente pervenuti non prevede una indicazione numerica di fabbisogno di personale, mirando, invece, ad una complessiva riorganizzazione delle strutture del sistema camerale, nella quale si terrà debitamente conto degli aspetti occupazionali.
  Le esigenze di salvaguardia dei livelli occupazionali sono, da sempre, all'attenzione del Ministero dello sviluppo economico e del Governo, anche in relazione alla adeguata valorizzazione delle professionalità dei dipendenti delle Camere di commercio e delle altre strutture ad esse collegate.
  Assicuro che, nel prosieguo dell’iter del provvedimento, tutti gli aspetti concernenti le ricadute occupazionali delle misure proposte, saranno considerate con la massima attenzione, anche al fine di individuare le soluzioni organizzative più efficienti.

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ALLEGATO 2

5-09210 Benamati: Credito d'imposta a favore delle attività di ricerca e sviluppo nel settore tessile e della moda.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come comunicato all'On. Interrogante in occasione della recente discussione dell'Interpellanza urgente n. 2-01401, si ribadisce che la questione è all'attenzione del Ministero dello Sviluppo Economico.
  Come già sostenuto in quella sede, è necessario «distinguere le attività che non necessariamente sono collegate a un processo di realizzazione di un prodotto nuovo, modificato o sensibilmente migliorato, dalle attività dirette esclusivamente a tal fine». Pertanto, si può affermare che «le attività astrattamente riconducibili alla nozione di ricerca industriale e allo sviluppo sperimentale sono, nel settore del tessile e moda, quelle che precedono la fase realizzativa del campionario o della collezione, e sono collegate alla fase ideativa dello stesso e della realizzazione dei prototipi». Quindi risultano «agevolabili i costi sostenuti per svolgere le attività dirette alla realizzazione del contenuto innovativo di un campionario o delle collezioni e per la realizzazione dei prototipi».
  Si ribadisce, inoltre, che il Ministero dello Sviluppo Economico sta predisponendo, in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate, il testo di una nuova circolare interpretativa per fornire chiarimenti ai fini della determinazione – per le attività di R&S del settore tessile e della moda – del credito d'imposta previsto ai sensi dell'articolo 3, comma 6, lettera a) del decreto-legge 145/2013, convertito con modificazioni dalla legge 9/2014 e poi sostituito dalla legge 190/2014.
  Pertanto, come accennato, si conferma che detto Provvedimento è in fase di predisposizione.
  Anche il Ministero dell'Economia e delle Finanze, per quanto di competenza, comunica che l'attività di collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico ha avuto inizio di recente e che, comunque, non è in grado di prevedere i tempi necessari per l'emanazione della circolare in questione.
  Peraltro, il contributo che il MEF può apportare in tale sede è costituito principalmente dalla casistica delle questioni poste in sede di interpello che riguardano, per una percentuale significativa, la natura delle attività ammissibili. La stessa Amministrazione precisa inoltre che, fino alla data odierna, non sono ancora pervenute alla Direzione Centrale Normativa dell'Agenzia delle Entrate, questioni specifiche relative alle attività del settore tessile e della moda.

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ALLEGATO 3

5-09211 Crippa: Accordo tra Simest e il gruppo Parmacotto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In via preliminare, è bene ricordare che la Parmacotto, storica azienda parmigiana è da svariati anni leader nel settore della trasformazione e vendita di prosciutti cotti e arrosti. Il Ministero dello sviluppo economico è al corrente delle criticità di cui si parla nella question time e del finanziamento ottenuto dalla Simest Spa.
  Tuttavia rappresento quanto segue.
  Il bilancio consolidato del gruppo Parmacotto Spa al 31 dicembre 2010 (ultimo disponibile alla data di ingresso di Simest nel capitale Parmacotto Spa), certificato dalla società di revisione legale dei conti, è stato approvato dall'assemblea dei soci di Parmacotto Spa in data 8 luglio 2010. Tale bilancio non faceva emergere difficoltà finanziarie del gruppo.
  Il bilancio civilistico di Parmacotto Spa al 31 dicembre 2013 ha, invece, evidenziato una perdita complessiva di euro 75,1 milioni e la società di revisione legale dei conti non è stata in grado di esprimere il proprio giudizio su tale bilancio.
  In data 11 novembre 2014, come altrettanto noto, Parmacotto Spa ha depositato, presso il Tribunale di Parma, una domanda di concordato preventivo con riserva. Con decreto del 26 giugno 2015 il Tribunale di Parma ha ammesso Parmacotto Spa alla procedura di concordato preventivo in continuità.
  In data 10 maggio 2015 la Parmacotto Spa ha depositato la proposta e il piano concordatario, successivamente modificati in data 4 dicembre 2015.
  SIMEST, con delibera del proprio Consiglio di amministrazione del 28 gennaio 2016, ha approvato la ristrutturazione del debito del gruppo Cofirm/Parmacotto e, conseguentemente, in data 5 maggio 2016 ha espresso il proprio voto favorevole alla suddetta proposta di concordato.
  L'udienza di omologa del concordato era stata fissata per il 6 luglio 2016 e poi rinviata al 12 ottobre 2016. Il rinvio appare essere determinato dall'emissione di un provvedimento di sequestro preventivo d'urgenza emesso il 1o luglio 2016 dalla Procura del Tribunale di Parma nei confronti di due amministratori della Parmacotto Spa, per ipotizzati reati.
  In data 13 luglio 2016, il sequestro è stato convalidato dal Tribunale di Parma limitatamente all'importo di euro 11.000.000 (quale importo finalizzato alla confisca diretta del profitto dei reati ipotizzati) da prelevarsi sui conti correnti nella disponibilità della Parmacotto Spa.
  Sulla base della ricostruzione effettuata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma è emerso che la «Società [Parmacotto Spa] ha redatto per anni bilanci falsi attraverso l'utilizzo sistematico di artifici contabili.
  La Simest ha altresì informato che la stessa in qualità di parte offesa si appresta a tutelare i propri interessi nelle sedi opportune.
  Infine faccio presente che a latere della vicenda giudiziaria il ministero dello sviluppo economico ha in corso approfondimenti sulla situazione produttiva, in vista di un incontro che sarà convocato al più presto.

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ALLEGATO 4

5-06800 Latronico: Questioni relative alla governance di Sogin Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In via preliminare, è bene ricordare che la Sogin è soggetta al controllo dell'azionista, Ministero dell'economia e delle finanze e, nell'ambito delle rispettive competenze, agli indirizzi del Ministero dello sviluppo economico in ordine al processo di decommissioning.
  I provvedimenti sul decommissioning vengono emanati a seguito della presentazione da parte della società di specifiche istanze documentate che sono sottoposte alla valutazione e alla approvazione delle Amministrazioni ed Organismi tecnici (in particolare ISPRA nella propria qualità di Autorità di Controllo) di volta in volta coinvolti (per espresso dettato normativo) nei differenti iter autorizzatori.
  L'attività di valutazione ed approvazione di queste istanze documentate, demandata a tali Amministrazioni e Organismi dà luogo ad ulteriori attività regolatorie che rimangono di competenza esclusiva dei citati soggetti. Si tratta, quindi, di procedure complesse su cui si sono evidenziate rilevanti criticità. La piena operatività dell'ISIN, di cui ad oggi l'ISPRA svolge le funzioni, contribuirà a rimuovere taluni degli ostacoli riscontrati.
  Per quanto riguarda l'attività della Sogin si precisa che l'Assemblea ha approvato lo scorso 7 luglio il bilancio d'esercizio per il 2015, già approvato dal Consiglio di amministrazione con delibera del 13 giugno 2016, che riporta un utile netto di circa 2,6 milioni di euro. Inoltre, l'Autorità, con propria deliberazione del 7 giugno 2016 n. 291/2016/EEL, ha determinato gli «oneri nucleari» per l'anno 2015, riconoscendo a consuntivo la quasi totalità di quelli presentati da Sogin per il medesimo anno. La stessa Autorità sua ultima delibera relativa all'approvazione dei consuntivi 2015 riporta: «come già rilevato in occasione del consuntivo 2014, anche nel 2015 si registra comunque una apprezzabile focalizzazione dei costi esterni di decommissioning sulle attività più critiche per l'avanzamento della commessa nucleare, in quanto circa il 63 per cento dei suddetti costi sono relativi ai progetti elencati nella tabella 1.1 della deliberazione 632/2013/R/eel (di seguito: progetti strategici)».
  È imminente il rinnovo degli organi societari della Sogin, da cui potrà derivare un nuovo impulso all'attività complessiva della Società. Resta fermo il monitoraggio di questa amministrazione, nell'ambito delle proprie attribuzioni, sugli iter in corso anche per velocizzare i segmenti procedimentali di propria competenza anche con riferimento alla realizzazione del Deposito Nazionale dei Rifiuti Nucleari.

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ALLEGATO 5

5-08444 Ginefra: Problematiche connesse alla disciplina delle concessioni relative alle attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alle premesse riportate dall'Onorevole interrogante rappresento che in base alle nuove disposizioni della Legge di stabilità 2016, confermate anche dall'esito referendario dello scorso 17 aprile, nelle aree marine protette nonché nelle 12 miglia da tali aree e dalla linea di costa lungo l'intero perimetro nazionale sono vietate le nuove attività upstream, fatta eccezione per le attività correlate ai titoli minerari già conferiti, consentite per la durata di vita utile del giacimento.
  La legge di stabilità 2016 è da intendersi, dunque, come norma di principio in base alla quale, nelle aree interdette ai nuovi titoli minerari, sono consentite le sole attività da svolgere nell'ambito dei titoli abilitativi esistenti, fino alla scadenza originaria di tale titolo o eventualmente oltre, qualora ciò sia necessario per portare a compimento le attività («per la vita utile del giacimento»), sino al naturale esaurimento del giacimento e al ripristino ambientale finale. Ciò in piena coerenza con il dettato della direttiva europea 94/22/CE (Art. 4 l.b), in base alla quale le autorizzazioni per le attività in parola devono essere rilasciate per «il periodo necessario a portare a buon fine le attività per le quali essa è stata concessa. Tuttavia le autorità competenti possono prorogare la durata dell'autorizzazione se la durata stabilita non è sufficiente per completare l'attività in questione e se l'attività è stata condotta conformemente all'autorizzazione, (...omissis)».
  Da un punto di vista amministrativo le nuove disposizioni nazionali si traducono nella possibilità per il Ministero dello Sviluppo economico di prorogare le concessioni esistenti, sulla base della normativa vigente in materia, che non risulta infatti né abrogata né modificata dalla legge di stabilità 2016. Le concessioni esistenti potranno essere quindi prorogate, una prima volta per dieci anni e le successive volte per cinque anni (secondo la vigente normativa di settore: d.lgs. 625/1996 e l. 9/1991), non all'infinito ma fino a che il giacimento sia ancora coltivabile, nel rispetto delle condizioni richieste dall'ordinamento e previe le necessarie verifiche tecniche che usualmente vengono svolte sugli impianti. Tali verifiche, ai fini del rilascio delle proroghe, dovranno ora includere anche la valutazione sul potenziale residuo del campo.
  Neppure le nuove norme introdotte dalla legge di stabilità 2016 possono considerarsi distorsive della concorrenza sui mercati internazionali data la limitata produzione di gas e petrolio in Italia; la stessa Commissione UE non ha rilevato alcuna potenziale violazione delle regole di concorrenza né eventuali presupposti per l'apertura di procedure di infrazione, essendo la normativa nazionale coerente con il quadro normativo europeo.
  Con riferimento ai controlli sulle piattaforme evidenzio che il Ministero dello sviluppo economico, attraverso i propri uffici, nell'ambito della costante attività di controlli, monitoraggi e ispezioni sul campo, sia degli impianti che delle operazioni in materia di idrocarburi, effettua verifiche periodiche anche sulle strutture non più produttive presenti nell'offshore italiano, valutandone costantemente lo stato di manutenzione e di sicurezza, al fine di garantire il rispetto dei più alti Pag. 30standard di sicurezza e di salvaguardia anche ambientale. Tali attività di controllo e verifica sono ulteriormente rafforzate, a seguito del recepimento della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza offshore.
  Il MiSE procede, inoltre, periodicamente ad effettuare la ricognizione delle strutture esistenti, ad individuare quelle che possono essere dismesse nel breve periodo, in quanto giunte al termine della propria vita produttiva, e quelle che invece richiedono ulteriori valutazioni, per poi definire i relativi programmi di decommissioning, tenendo conto della normativa nazionale ed europea esistente in materia. In passato sono state già effettuate diverse campagne di dismissione delle strutture in mare (negli anni 1990, 1995 e 2000 e 2005) e l'Amministrazione sta ora lavorando per l'adozione di un nuovo programma di decommissioning, che tenga conto dell'attuale situazione dei mari italiani.
  In merito ai controlli effettuati, nell'anno 2015 sono state svolte dagli Uffici UNMIG le seguenti attività ispettive e di verifica: 198 accertamenti di produzione, che hanno consentito la verifica delle produzioni di idrocarburi ottenute nelle concessioni di coltivazione anche finalizzati alla verifica del gettito delle royalties; 5.767 verifiche su apparecchiature a pressione, apparati di sollevamento, impianti di messa a terra; 456 visite ispettive su impianti di perforazione/produzione; 60 visite ispettive con altre finalità (es. pubblica utilità, occupazione d'urgenza, linee elettriche, infortuni, etc.). Risulta evidente che il settore, proprio in quanto sottoposto a disciplina speciale, risulta strettamente controllato.
  Infine, con riferimento alla richiesta formulata dall'interrogante in merito alla possibilità di prevedere il deposito di cauzioni al momento del rilascio delle concessioni in modo da evitare che i costi di bonifica possano ricadere sullo Stato, si rappresenta che sono già previste a legislazione vigente misure adeguate per coprire i costi del ripristino ambientale finale e tali costi sono a carico degli operatori. In particolare, in base al decreto ministeriale 25 marzo 2015 ed al relativo Decreto Direttoriale di attuazione del 15 luglio 2015 gli operatori, al momento della realizzazione delle opere, sono tenuti a prestare idonee garanzie fideiussorie ed assicurative commisurate al valore delle opere di recupero ambientale. Con specifico riferimento alle operazioni offshore, il decreto legislativo n. 145/2015, di recepimento della Direttiva europea 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, prevede invece specificatamente che «I richiedenti, all'atto della presentazione della istanza per il rilascio della licenza, presentano idonea documentazione (...) che dimostra che hanno adottato misure adeguate per coprire le responsabilità potenziali derivanti dalle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi (...).

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ALLEGATO 6

5-09031 Becattini: Problematiche connesse al recepimento della «direttiva Bolkestein» in materia di commercio ambulante su aree pubbliche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nell'atto in parola si fa riferimento all'attuazione della Direttiva 2006/123/CE (cosiddetta Direttiva Bolkestein) avvenuta con il Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e alla conseguente applicazione delle relative disposizioni anche all'esercizio delle attività di commercio su area pubblica ed inoltre si fa riferimento all'Intesa sancita in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali in data 5 luglio 2012 che ha stabilito i criteri e le disposizioni transitorie con riferimento alle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi sulle predette aree pubbliche.
  Si vuole anche richiama la circostanza che alcune associazioni rappresentative del settore hanno chiesto di rivedere la decisione di applicare la direttiva Bolkestein al commercio ambulante e che alcune regioni stanno approvando documenti coerenti con tale intento. Si citano in tal senso la proposta di legge n. 3700 della regione Piemonte, la mozione n. 424 della regione Toscana che avrebbe anche sottoscritto un apposito Protocollo d'intesa con le associazioni di categoria al fine di garantire una più uniforme applicazione dei criteri contenuti nella citata Intesa del 5 luglio 2012. Peraltro, proprio tale Intesa, secondo l'interrogante, non prevedrebbe l'utilizzo di regole omogenee per l'istituzione dei bandi, lasciando piuttosto, libertà di applicare criteri differenti sul territorio.
  In via preliminare si fa presente che nel corso degli ultimi anni, sin dal recepimento della Direttiva 2006/123/CE, sono pervenute analoghe richieste sia da parte delle Associazioni di categoria interessate, sia di origine parlamentare nelle quali, come nel presente caso, si sosteneva la possibilità di non applicare al commercio su area pubblica, le disposizioni di cui all'articolo 12 della citata Direttiva (e correlato articolo 16 del decreto legislativo n. 59/2010) con la conseguente possibilità di proroga automatica dei titoli autorizzatori in essere.
  A riguardo evidenzio che, la Direttiva 123/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, con riferimento ai regimi di autorizzazione per l'accesso o l'esercizio dell'attività, prevede che i titoli legittimanti all'esercizio sono da intendersi, di norma, di durata illimitata e validi per tutto il territorio nazionale. La limitazione della durata e del numero delle autorizzazioni, nonché le restrizioni in merito al territorio in cui sono valide, possono essere giustificate esclusivamente da ragioni tecniche o correlate alla scarsità di risorse naturali, o da motivi imperativi di interesse generale.
  Per mantenere accettabili condizioni di concorrenza anche nel caso di tali restrizioni giustificate, il Considerando 62 della medesima Direttiva, prevede tuttavia che «Nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche, è opportuno prevedere una procedura di selezione tra diversi candidati potenziali, al fine di sviluppare, tramite la libera concorrenza, le qualità e le condizioni di offerta di servizi a disposizione degli utenti. Pag. 32Tale procedura dovrebbe offrire garanzie di trasparenza e di imparzialità e l'autorizzazione così rilasciata non dovrebbe avere una durata eccessiva, non dovrebbe poter essere rinnovata automaticamente o conferire vantaggi al prestatore uscente. In particolare, la durata dell'autorizzazione concessa dovrebbe essere fissata in modo da non restringere o limitare la libera concorrenza al di là di quanto è necessario per garantire l'ammortamento degli investimenti e la remunerazione equa dei capitali investiti».
  Tale previsione è ribadita all'articolo 12 della medesima Direttiva il quale dispone che «Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento».
  Il contenuto del citato articolo 12 della Direttiva Servizi è stato poi trasfuso nell'articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento.
  L'applicabilità di dette disposizioni nel caso delle attività commerciali esercitate sulle aree pubbliche e la conseguente necessità, ai fini del rilascio delle relative autorizzazioni, di ricorrere a procedure di selezione conformi ai principi di trasparenza, proporzionalità e parità di trattamento, nonché, al fine di una adeguata tutela della concorrenza, di stabilire una durata limitata delle autorizzazioni in argomento, è risultata del tutto evidente.
  La possibilità degli enti locali di individuare le aree del proprio territorio da destinare all'esercizio del commercio sulle aree pubbliche o di modificare le dotazioni delle porzioni di suolo pubblico, infatti, non incide sulla caratteristica sostanziale di tale esercizio, vale a dire l'occupazione, a seguito di un provvedimento di concessione, di una porzione di area inevitabilmente non illimitata. Anche il suolo è una risorsa naturale limitata e, in particolare, lo è il suolo pubblico.
  Peraltro, la stessa Commissione Europea, in risposta a specifici quesiti posti da alcuni Stati, in relazione all'applicazione dell'articolo 12 della Direttiva all'attività di commercio sulle aree pubbliche, si era espressa chiaramente in tal senso (cfr. per tutte la risposta all'interrogazione scritta 3434/2010).
  Gli effetti delle citate disposizioni nel caso di specie sono stati contestati dalle associazioni di categoria del settore, che hanno tempestivamente sollevato il problema ed evidenziato le ricadute sul comparto economico costituito in larga parte da microimprese a conduzione familiare. Praticamente da sempre, infatti, le concessioni di posteggio sulle aree pubbliche venivano rinnovate automaticamente, con un meccanismo di tutela dei diritti acquisiti, vale a dire le anzianità maturate dai titolari.
  Ripetutamente, pertanto, le associazioni interessate hanno chiesto una modifica normativa che sancisse la non applicabilità dell'articolo 12 della Direttiva e del corrispondente articolo 16 del decreto, alle concessioni di posteggio sulle aree pubbliche e ribadisse il principio pregresso secondo cui, nei mercati e nelle fiere, i posteggi sono assegnati in base all'anzianità di presenza.
  La posizione assunta dalle associazioni di categoria non è stata condivisa, nella consapevolezza, altresì, che una eventuale disapplicazione dei principi di concorrenza della Direttiva sarebbe risultata non coerente anche con il generale indirizzo del Governo e del Parlamento, ribadito nei molteplici interventi normativi di liberalizzazione e di semplificazione, volto ad eliminare le forme di tutela corporativa degli operatori esistenti a favore della libertà d'impresa e dei principi della concorrenza.
  Il legislatore, però, pur ritenendo che il contenuto delle norme della Direttiva non consentisse di escludere il suolo pubblico dall'applicazione dei principi comunitari, consapevole delle conseguenze sul comparto Pag. 33data la particolare natura delle aree in questione, la limitatezza delle aree disponibili rispetto alla potenziale domanda del loro utilizzo ai fini economici e tenuto conto degli interessi pubblici da garantire (tutela dell'ambiente e del patrimonio naturale, sicurezza pubblica e tutela del consumatore), al comma 5 dell'articolo 70 del richiamato decreto n. 59 ha disposto che «Con intesa in sede di Conferenza unificata (omissis...), anche in deroga al disposto di cui all'articolo 16 del (omissis...) decreto, sono individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all'applicazione di tali disposizioni transitorie».
  In attuazione della suddetta previsione è stata sancita l'Intesa in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Autonomie locali del 5 luglio 2012 (pubblicata sulla G.U. n. 79 del 4 aprile 2013), la quale ha stabilito i criteri e le disposizioni transitorie con riferimento alle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi sulle aree pubbliche.
  Con riferimento ai contenuti dell'Intesa, in via preliminare, va evidenziato che i medesimi rappresentano il risultato di una lunga serie di riunioni di un tavolo di confronto con i rappresentanti degli enti territoriali (regioni e comuni) e delle associazioni di categoria del settore, presieduto dal Ministero dello sviluppo economico.
  Va evidenziato, altresì, con riferimento ai criteri in essa enucleati, come dai medesimi risulti evidente lo sforzo di perseguire, nell'individuazione degli stessi, l'esigenza di coniugare i principi dell'ordinamento europeo con la necessità di modulare le nuove regole sulla base di una tempistica che consentisse di non determinare conseguenze immediate e dannose sul comparto.
  Pertanto, con la finalità di trovare soluzioni in grado di contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico in questione, la scelta è stata quella di individuare criteri in grado anche di valorizzare l'esperienza degli operatori, riconoscendo un valore significativo all'anzianità di esercizio dei medesimi.
  In estrema sintesi, al riguardo, evidenzio che l'Intesa ha stabilito un rinnovo automatico delle concessioni in essere alla data della sua adozione fino al 2017 e un successivo periodo transitorio, la cui durata va stabilita dal comune, nel corso del quale nell'attribuzione del punteggio relativo alla selezione, è riconosciuto al prestatore uscente una percentuale massima del 40 per cento dello stesso.
  Alla luce di quanto detto, il Governo italiano non può manifestare la propria disponibilità alla revisione tout court della disciplina in materia, pena, evidentemente, l'apertura di una procedura di infrazione, a cura dell'Unione Europea, nei confronti del nostro Paese.
  In tal senso, tuttavia, vorrei far presente che il 14 luglio scorso è stata adottata la sentenza della Corte di Giustizia relativa al regime della proroga automatica fino al 2020 delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali che presentano interesse economico e nella quale la Corte dichiara che:
   1) L'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
   2) L'articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività Pag. 34turistico ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo.

  Infine, con specifico riferimento alla richiesta volta ad apprendere se il Governo sia a conoscenza dei documenti approvati dalle regioni citati in premessa alla medesima interrogazione, vorrei evidenziare la non competenza delle singole regioni a regolamentare la materia di cui si sta discutendo in quanto essa è senza dubbio ascrivibile alla tutela della concorrenza, con conseguente impossibilità delle amministrazioni regionali di derogare al regime dettato dalle norme statali vigenti.
  Pertanto, fermo restando quanto esposto, ogni problematica esposta sarà monitorata al fine di offrire possibili soluzioni ai soggetti coinvolti e in una piena collaborazione con le istituzioni competenti.