CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 giugno 2016
664.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-06755 Pilozzi: Sulla nomina del dirigente presso l'ambito territoriale della provincia di Frosinone – Ufficio scolastico regionale del Lazio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante sollecita che venga preposto un dirigente all'ufficio dell'ambito territoriale per la provincia di Frosinone, in sostituzione del precedente in quiescenza dal 1o febbraio 2015, ciò anche in attuazione dell'ordine del giorno della Camera dei deputati n. 9/2994-B/069, approvato nella seduta dell'8 luglio 2015.
  Si ricorda, al riguardo, che con decreto ministeriale del 18 dicembre 2014 sono stati definiti, in applicazione dell'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 febbraio 2014, n. 98 recante il Regolamento di riorganizzazione del MIUR, e su proposta del competente Direttore generale dell'U.S.R., sia l'organizzazione che i compiti degli uffici di livello dirigenziale non generale dell'Ufficio scolastico regionale per il Lazio.
  Come già previsto dal comma 7, lettera g), del suddetto Regolamento, il citato decreto ministeriale del 18 dicembre 2014 individua 10 uffici di livello dirigenziale non generale in cui si articola l'U.S.R. per il Lazio, di cui 5 operanti presso la direzione regionale e gli altri a livello territoriale, con competenza sul territorio di ciascuna delle 5 province della regione, per l'espletamento delle funzioni indicate al comma 3 del medesimo articolo 8 del Regolamento.
  Tuttavia, in relazione alla disponibilità di risorse umane disponibili in ambito nazionale, il numero dei dirigenti di livello non generale che è stato possibile assegnare all'U.S.R. per il Lazio ammonta a 7 dirigenti, di cui 4 di ruolo, cui si aggiungono altri 3 nominati ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
  La descritta situazione non ha consentito quindi di coprire tutti i posti in organico. Conseguentemente, il Direttore generale regionale ha affidato in reggenza al dirigente dell'ufficio I l'ambito di Frosinone, rimasto come detto sopra vacante a seguito del pensionamento del titolare. Si evidenzia che tale circostanza comunque non ha affatto compromesso la piena attuazione delle previsioni della Riforma della scuola, come evidenziato e auspicato nel citato ordine del giorno della Camera dei deputati.

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ALLEGATO 2

5-08034 Lattuca: Sull'esonero dalle tasse scolastiche di talune categorie di studenti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante solleva la questione dell'esonero dal pagamento delle tasse scolastiche previsto dall'articolo 200, comma 10, del decreto legislativo n. 297 del 1994 in favore degli studenti stranieri a condizione di reciprocità, e chiede che l'Amministrazione dirami alle scuole appositi chiarimenti su tale materia al fine di fugare i dubbi interpretativi che sovente si verificano.
  Come è noto, le tasse scolastiche regolate dal citato articolo sono dovute soltanto per il quarto ed il quinto anno di corso negli istituti e scuole di istruzione secondaria di II grado.
  Il comma 5 del medesimo articolo 200 prevede la dispensa dal pagamento per studenti meritevoli e per studenti appartenenti a nuclei familiari con redditi complessivi contenuti entro la soglia fissata dalla legge finanziaria del 1986, da rivalutarsi in ragione del tasso di inflazione programmato. Il MIUR determina annualmente dette rivalutazioni con nota della Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione.
  I commi 7 e 8 dell'articolo 200 prevedono ulteriori categorie di studenti dispensati dal pagamento delle tasse.
  Il comma 10 riguarda, per l'appunto, l'esclusione degli studenti stranieri i quali, come già detto, sono esonerati a condizione di reciprocità. La verifica di tale condizione, di per sé risulta complessa e generalmente di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in questi casi si configura una problematica rilevante per le scuole.
  Posto ciò, si rappresenta, ad ogni modo, che, il MIUR ritiene opportuno condurre una ricognizione sullo stato di attuale applicazione del ricordato comma 10. Tale operazione si ritiene prodromica per ogni ulteriore eventuale intervento ad opera dei competenti organi.

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ALLEGATO 3

5-03100 Vacca: Sulla qualità degli atenei italiani.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli Onorevoli interroganti chiedono se il Ministro ritenga opportuno apportare interventi specifici per evitare un'eccessiva differenziazione qualitativa tra gli atenei italiani, prendendo in considerazione, nell'assegnazione delle risorse, anche il contesto socio economico in cui operano le università del Sud, nonché quali iniziative intenda avviare nel breve e nel lungo periodo per innalzare gli indicatori di qualità degli atenei in evidente difficoltà. A tal proposito, si ribadisce sostanzialmente quanto già esposto in una recente analoga interrogazione a risposta immediata fornita in questa Commissione.
  Occorre preliminarmente ricordare che il FFO attribuito alle università si distingue in due principali porzioni: la quota base e la quota premiale.
  In riferimento alla cosiddetta quota premiale del FFO – citata dall'on.le interrogante – ricordo che gli indicatori utilizzati ai fini della sua ripartizione e la sua incidenza sull'ammontare complessivo del FFO sono disciplinati, in larga misura, per legge. Infatti, l'articolo 60, comma 01, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, prevede che la stessa sia determinata in misura non inferiore al 16 per cento per l'anno 2014, al 18 per cento per l'anno 2015 e al 20 per cento per l'anno 2016, con successivi incrementi annuali non inferiori al 2 per cento e fino ad un massimo del 30 per cento.
  Per quanto riguarda la quota base, l'articolo 5, comma 4, lettera f) della legge 30 dicembre 2010, n. 240 e il relativo decreto delegato (decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49) hanno previsto l'introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, in luogo di quello della spesa storica, a cui collegare l'attribuzione di una percentuale di tale quota. Fino all'introduzione del costo standard, la quota base veniva ripartita tra gli Atenei integralmente secondo il principio della spesa storica, e ciò non ha sempre garantito l'efficienza della spesa.
  In relazione a quanto disposto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 49 del 2012, proprio al fine di tenere conto dei differenti contesti economici e territoriali in cui opera l'università italiana, con il decreto attuativo adottato dal MIUR di concerto con il MEF nel 2014 (decreto interministeriale n. 893 del 9 dicembre 2014), al costo standard per studente in corso di ciascun ateneo, è stato aggiunto un importo di natura perequativa parametrato alla diversa capacità contributiva per studente della Regione ove ha sede l'ateneo, sulla base del reddito familiare medio rilevato dall'ISTAT. Pertanto, le università aventi sede nelle regioni del Mezzogiorno, che sono caratterizzate da un reddito familiare medio più basso, ricevono, a parità delle altre condizioni, un contributo per studente più elevato delle università ubicate nel Centro, le quali a loro volta ricevono un contributo mediamente più alto di quelle collocate al Nord.
  L'introduzione del meccanismo del costo standard non ha sempre e comunque, quindi, penalizzato il Sud – come da Lei denunciato – e premiato al contrario il Nord. Le Università del Mezzogiorno che traggono un vantaggio dal costo standard rappresentano il 52 per cento degli studenti iscritti nel Mezzogiorno, mentre le Pag. 177Università del Centro-Nord che hanno un vantaggio dal costo standard rappresentano il 49 per cento degli iscritti.
  Il legislatore ha, altresì, previsto che la riduzione massima di FFO annuale da destinare ad ogni Università possa scendere a –5 per cento. Il MIUR in questi anni ha sempre contenuto la riduzione massima entro percentuali inferiori a tale soglia, ciò attraverso la cosiddetta quota di salvaguardia.
  Venendo alla richiamata classifica stilata dal gruppo editoriale Il Sole 24 Ore occorre notare che essa rappresenta un esercizio di ranking delle università basato su un'aggregazione di 12 indicatori, di cui 9 per la didattica (attrattività, sostenibilità, stage, mobilità internazionale, borse di studio, dispersione, efficacia, soddisfazione, occupazione) e 3 per la ricerca (fondi esterni, ricerca, alta formazione) e non utilizza, se non parzialmente, i medesimi criteri utilizzati dal Ministero ai fini del riparto della quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario.
  Arrivando al punto del divario tra Nord e Sud, si osserva che il risultato della classificazione è più contraddittorio di quanto si pensi. Complessivamente nella didattica, infatti, il quadro dei singoli indicatori è abbastanza frastagliato: il Sud risponde bene (specie i grandi atenei) sulla sostenibilità, sulla mobilità, sulla soddisfazione studentesca. Gli altri indicatori denunciano, viceversa, una scarsa efficacia degli atenei del Meridione. Per quel che riguarda la ricerca è indubbio che il risultato sia fortemente influenzato dai livelli occupazionali estremamente bassi del Sud. Al contrario, si nota che le università del Sud reagiscono piuttosto bene rispetto alla capacità di attrarre fondi esterni: alcuni atenei sono tra i primi 20 della classifica delle 61 statali. Pertanto, a fronte di conclamate criticità sul fronte dei contesti produttivi le università del Sud sembrano difendersi bene.
  In estrema sintesi, il dato generale che emerge dalla classifica è che, indipendentemente dalle dimensioni e dalla vocazione, il Nord si addensa più compattamente in alto, sebbene con non poche eccezioni, mentre il Sud occupa la parte bassa della graduatoria.
  Per rilanciare il sistema universitario si concorda sul fatto che occorre dunque dare visibilità effettiva al merito, ovvero creare finanziamenti visibilmente premiali per le università che mostrano parametri positivi nella didattica e nella ricerca, nonché bilanci in ordine. Questo approccio genera indubbiamente particolari sinergie se accompagnato inoltre da una programmazione pluriennale dei finanziamenti connessa con uno spostamento delle valutazioni ex post secondo indicatori semplici e chiari noti in anticipo e una stabilità delle risorse.
  Alla luce di ciò, e proprio per tenere in considerazione le diverse situazioni territoriali, quindi, a partire dal prossimo anno – mi riferisco alla programmazione 2016- 2018 – la parte non vincolata dalla legge della quota premiale del FFO sarà attribuita secondo indicatori scelti dagli Atenei facendo riferimento non ai livelli ma alle variazioni di risultato. Si incoraggeranno così gli Atenei che partono da livelli di risultato bassi (anche in relazione a fattori di contesto) ma che dimostrano una capacità di miglioramento.
  Aggiungo, inoltre, che l'attuale applicazione del criterio del costo standard ha validità per il triennio 2014-2016. Pertanto, il prossimo anno si dovrà necessariamente adottare un nuovo decreto. Si sta, quindi, valutando una modifica al citato coefficiente perequativo territoriale per dare una maggiore incisività allo stesso nella ripartizione delle risorse, senza ovviamente snaturare la finalità dello stesso criterio del costo standard.
  Ricordo anche che nel PNR – recentemente approvato – è previsto un consistente finanziamento a favore del Mezzogiorno. Cito il Programma per il Mezzogiorno (436 milioni di euro), che è una delle linee strategiche principali del PNR. Risorse destinate esclusivamente al Sud sono, peraltro, previste anche da altre linee strategiche dello stesso PNR relative all'istruzione superiore e la ricerca, quali Pag. 178i «dottorati innovativi» (61 milioni di euro) e la «ricerca industriale» (177 milioni di euro).
  In merito alla questione delle immatricolazioni – cui Lei fa riferimento – ricordo che sono stati erogati ulteriori 55 milioni di euro sul 2016, che portano il Fondo per il diritto allo studio a 217 milioni, uno dei budget più alti degli ultimi 15 anni. Non solo, abbiamo anche rivisto i criteri di accesso alle borse di studio. Certo, l'ulteriore incremento del Fondo statale per le borse di studio non sarà sufficiente se non sarà accompagnato da un analogo impegno finanziario delle Regioni, per la loro parte.
  In sintesi, i progetti per gli Atenei del meridione ad opera di questo Ministro si possono riassumere in:
   un migliore coordinamento tra ricerca nazionale e quella regionale per favorire interventi sul capitale umano nelle 8 regioni che saranno destinatarie di ingenti fondi strutturali nella programmazione europea 2015-2020;
   interventi in merito al criterio del «costo standard» per studente (che costituirà la base del riparto del finanziamenti alle Università sostituendo con gradualità il criterio storico usato per la ripartizione del FFO) con l'obiettivo di definire un costo standard di formazione per studente di atenei omogenei dal punto di vista della dimensione e della tipologia di offerta formativa che sia il medesimo a livello nazionale;
   introduzione di eventuali correttivi territoriali che tengano conto, come nel Sud, di un contesto particolarmente difficile, anche sul piano della contribuzione studentesca;
   revisione della normativa sul diritto allo studio in modo da responsabilizzare Stato e regioni nell'attribuzione delle risorse necessarie per assicurare l'integrale copertura delle borse di studio agli studenti.