CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 giugno 2016
664.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla cooperazione di polizia e doganale tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero. (C. 3767 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,
   esaminato il disegno di legge C. 3767, approvato dal Senato, recante «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sulla cooperazione di polizia e doganale tra il Governo della Repubblica italiana e il Consiglio federale svizzero, fatto a Roma il 14 ottobre 2013»;
   rilevato come l'Accordo intenda opportunamente rafforzare, aggiornando l'Accordo del 1998 già in vigore in materia tra Italia e Svizzera, la cooperazione transfrontaliera dei due Paesi, anche sul versante degli scambi di informazioni e di esperienze, con la finalità di contrastare efficacemente la criminalità nelle sue varie forme, compresi i reati economici e finanziari, e le attività di carattere terroristico, traendo a tal fine spunto dagli strumenti giuridici esistenti in ambito internazionale su tali tematiche;
   evidenziata la rilevanza dell'Accordo, anche in considerazione della continuità territoriale, dei legami storico – culturali e degli intensi rapporti economici e finanziari sussistenti tra Italia e Svizzera;
   sottolineato come l'Accordo si inserisca nell'ambito di una serie di accordi bilaterali recentemente stipulati che hanno consentito di migliorare sotto molteplici profili la collaborazione tra le Amministrazioni dei due Paesi,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

5-08978 Laffranco: Iniziative per consentire la riapertura dei piani di rateazione dei debiti tributari in favore di contribuenti decaduti da precedenti rateizzazioni.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante sottolinea l'importanza delle novità introdotte recentemente dal Legislatore in materia di rateizzazione delle somme iscritte a ruolo, di cui all'articolo 19, decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, tenuto conto della criticità della situazione debitoria in cui versano attualmente molti contribuenti.
  Nello specifico, nel corso dell'anno 2014 sono intervenute disposizioni di carattere eccezionale (articolo 11-bis, decreto-legge n. 66/2014 e articolo 10, decreto-legge n. 192/2014) volte a consentire ai debitori decaduti dal beneficio della rateazione di essere riammessi, su specifica richiesta, al pagamento rateale.
  Una nuova rimessione in termini è stata prevista dall'articolo 15, comma 7, decreto legislativo n. 159/2015, in base al quale è stata concessa la possibilità ai debitori decaduti nei 24 mesi antecedenti alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (22 ottobre 2015) la possibilità di rimettersi in regola, presentando apposita richiesta entro 30 giorni dalla suddetta data al fine di ottenere la ripartizione delle somme iscritte a ruolo non ancora versate fino ad un massimo di 72 rate mensili, senza la necessità di pagare le rate scadute.
  Inoltre, lo stesso decreto legislativo n. 159/2015 ha modificato l'articolo 19, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, prevedendo al comma 3, lettera c), che, in caso di decadenza dal beneficio della rateazione per mancato pagamento di cinque rate, anche non consecutive, il carico possa essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data siano integralmente saldate, fermo che in tal caso il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.
  Tali disposizioni, a norma dell'articolo 15, comma 6, decreto legislativo n. 159/2015, si applicano alle dilazioni concesse a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e ai piani di rateazione in essere alla stessa data.
  Ciò premesso, l'Onorevole interrogante fa presente che è stata approvata in questa Commissione la Risoluzione 7-00976 presentata dall'Onorevole Pelillo con la quale si impegna il Governo ad emanare norme volte:
   prevedere la possibilità per i contribuenti decaduti dai piani di rateizzazione concessi in data precedente o successiva a quella di entrata in vigore del decreto legislativo n. 159/2015 di ottenere (mediante richiesta da presentare entro 60 giorni dalla stessa data), la concessione di un nuovo piano di rateizzazione senza necessità di pagare le rate scadute;
   a prevedere che le disposizioni di cui all'articolo 19, comma 3, lettera c), decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 si applichino anche ai piani di dilazione concessi in data antecedente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 159/2015, per i quali, alla data di entrata in vigore della nuova norma, non si sia già verificata la decadenza, saldando, contestualmente alla presentazione di una Pag. 159richiesta apposita, tutte le rate precedentemente scadute;
   a prevedere che i contribuenti decaduti dai piani di rateazione in data successiva al 15 ottobre 2015, nelle ipotesi di definizione degli accertamenti di cui al decreto legislativo n. 218/1997, o di omessa impugnazione degli stessi, alla data di entrata in vigore della nuova norma possano ottenere, a semplice richiesta, da presentare entro 60 giorni dalla stessa data, la concessione di un nuovo piano di rateizzazione, senza necessità di pagare le rate scadute.

  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Come evidenziato dall'Onorevole interrogante, il Governo è più volte intervenuto negli ultimi anni con iniziative normative volte a prevedere, in favore dei contribuenti decaduti, la possibilità di essere ammessi al beneficio della rateizzazione dei debiti iscritti a ruolo.
  Tanto premesso, come già dichiarato dal Signor Ministro dell'Economia e delle Finanze nella seduta di question time svoltasi nella giornata di ieri mercoledì 22 giugno 2016 in Aula Camera sulla base delle risultanze del sistema informativo di Equitalia S.p.A. emerge che, in termini di importo, le percentuali di decadenza dai piani di dilazione concessi a seguito delle precedenti riammissioni al beneficio, sono le seguenti:
   87 per cento per le dilazioni concesse nella seconda metà del 2014;
   65 per cento per le dilazioni concesse nella prima metà del 2015;
   45 per cento per le dilazioni concesse alla fine del 2015.

  In termini meramente numerici, ossia di numero dei piani interessati da decadenza rispetto al numero di quelli concessi, invece, relativamente ai corrispondenti periodi, tali percentuali risultano rispettivamente:
   del 77 per cento per le dilazioni concesse nella seconda metà del 2014;
   del 45 per cento per le dilazioni concesse nella prima metà del 2015;
   del 20 per cento per le dilazioni concesse alla fine del 2015.

  È opportuno evidenziare in ogni caso, che, ai fini della riammissione al beneficio in argomento, è sempre necessario prevedere un termine breve per la presentazione dell'istanza finalizzata alla predetta riammissione, da ritenersi un rimedio di carattere eccezionale tenuto conto delle esigenze connesse alla certezza dei rapporti giuridici, all'efficacia dell'attività di riscossione ed alle aspettative di gettito.
  In caso contrario, verrebbe definitivamente meno ogni deterrenza dell'azione di riscossione, dal momento che basterebbe presentare l'istanza di riammissione ogni qualvolta si voglia per paralizzare l'azione cautelare o esecutiva avviata, generando un inutile dispendio di costi per l'apparato pubblico, costretto a sospendere e riavviare, per un numero indefinito di volte, l'azione di recupero.

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ALLEGATO 3

5-08979 Fregolent: Esclusione delle rendite per infortunio o malattia professionale dal reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo indicato in oggetto, gli Onorevoli interroganti chiedono al Ministro dell'economia e delle finanze di adottare idonee iniziative normative «al fine di stabilire, in linea con quanto già accertato in sede giurisprudenziale, che la rendita per infortunio sul lavoro o malattia personale erogata dall'INAIL ai sensi del Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, ha carattere risarcitorio del danno subito dall'assicurato per effetto dell'evento invalidante e pertanto è esclusa dalla formazione del reddito del percipiente ai fini delle imposte sui redditi».
  Al riguardo, giova osservare che l'Amministrazione finanziaria ha più volte precisato che le indennità risarcitorie derivanti da invalidità permanenti o da morte sono escluse da tassazione ai fini IRPEF, in quanto detti emolumenti hanno la finalità di reintegrare il patrimonio del soggetto ovvero sono volte a risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (cosiddetto danno emergente).
  Nei casi in cui l'indennità, invece, ha funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente (cosiddetto lucro cessante), ovvero è volta a risarcire un invalidità o inabilità temporanea, rileverà fiscalmente ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del TUIR.
  Sono, in sostanza, imponibili le somme corrisposte al contribuente in sostituzione di mancati guadagni, sia presenti che futuri, purché riconducibili alle categorie reddituali di cui all'articolo 6, comma 1, del TUIR.
  Diversamente, non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate a fronte della perdita economica subita e che si concretizza in una diminuzione del suo patrimonio.
  L'Amministrazione Finanziaria ha, inoltre, più volte chiarito che le rendite per invalidità permanente erogate dall'INAIL a seguito di infortuni sul lavoro o malattie professionali non hanno rilevanza reddituale, in quanto finalizzate a reintegrare il danno alla salute o alla integrità fisica subito dal lavoratore, mentre le indennità giornaliere per invalidità temporanea assoluta, avendo una funzione sostitutiva o integrativa del reddito per il periodo di durata dell'inabilità, sono fiscalmente rilevanti (cfr. circ. Ministero delle Finanze n. 326 del 1997 e documenti di prassi ivi richiamati).

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ALLEGATO 4

5-08980 Pagano: Iniziative per risolvere il contenzioso in materia di applicabilità dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale (TIA).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il documento di sindacato in esame tratta delle problematiche che sono emerse a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 24 luglio 2009, nella quale è stato chiarito che la tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (di seguito denominata «TIA1»), ha natura tributaria e che la tariffa in questione non è soggetta ad IVA in quanto non ricorre il requisito della sinallagmaticità della prestazione.
  In particolare, si evidenzia che le aziende di gestione dei rifiuti, da un lato, resisterebbero alle domande dei cittadini e, dall'altro, aprirebbero un ulteriore fronte di contenzioso nei confronti dell'Agenzia delle entrate al fine di ottenere il rimborso delle somme erogate.
  In questo quadro, l'interrogante pone l'accento su due specifici problemi:
   1) l'intervenuta detrazione dell'IVA da parte di chi ha ricevuti i servizi nell'esercizio di impresa, arte o professione;
   2) l'ipotesi di indetraibilità dell'IVA sui beni e servizi acquistati per lo svolgimento del servizio da parte dei Comuni o dei gestori del servizio.

  L'interrogante chiede, infine, quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per risolvere le criticità in questione, con particolare riferimento ai numerosi contenziosi tra l'Agenzia delle entrate e le aziende erogatrici del servizio e al ristoro delle maggiori somme pagate dai cittadini.
  Ciò premesso, si ritiene utile riepilogare le questioni che hanno dato origine ai contenziosi in argomento.
  Le azioni con le quali viene chiesto il rimborso dell'IVA applicata sulla tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (di seguito denominata «TIA1»), hanno preso avvio a seguito dell'emissione della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 24 luglio 2009, che ha giudicato su una questione di legittimità costituzionale riguardante l'articolo 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, che prevede la giurisdizione del giudice tributario per le controversie relative alla debenza della tariffa sopra citata.
  Con detta pronuncia la Corte ha rigettato l'eccezione di incostituzionalità asserendo la natura tributaria di detta tariffa; nelle motivazioni la stessa Corte arriva ad affermare che la tariffa in questione non è neanche soggetta ad IVA in quanto non ricorre il requisito della sinallagmaticità della prestazione.
  Successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 2009, è intervenuto sulla materia il comma 33 dell'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il quale ha previsto, in ordine alla tariffa integrata ambientale (cosiddetta TIA2) di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che dette disposizioni si interpretano nel senso che la natura della TIA2 non è tributaria e, conseguentemente, è soggetta ad IVA.Pag. 162
  In merito al trattamento tributario applicabile alla TIA1, in sede di conversione del decreto-legge n. 78/2010, il Governo aveva accolto l'Ordine del Giorno n. 9/3638/55 presentato alla Camera dei deputati dall'On.le Bruno Murgia, in base al quale detto comma 33 dell'articolo 14 doveva essere interpretato, fino all'entrata in vigore della TIA2, nel senso che anche la TIA1 non aveva natura tributaria ed era, pertanto, soggetta ad IVA.
  Conseguentemente, il Dipartimento delle Finanze, nella circolare n. 3/DF dell'11 novembre 2010, aveva espresso il parere che la TIA1 dovesse continuare ad essere assoggettata all'IVA, come già sostenuto dall'Amministrazione finanziaria nei diversi interventi che si sono succeduti nel tempo, vale a dire nella circolare n. 111 del 21 maggio 1999 della Direzione centrale fiscalità locale del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze, nella risoluzione della Direzione centrale normativa e contenzioso dell'Agenzia delle entrate n. 25 del 5 febbraio 2003 e nella risoluzione della stessa Direzione dell'Agenzia delle entrate n. 250 del 17 giugno 2008.
  Il Dipartimento delle Finanze era pervenuto a tale conclusione sulla base della lettura sistematica delle seguenti disposizioni:
   l'articolo 14, comma 33, del decreto-legge n. 78/2010, che ha confermato la natura di corrispettivo della TIA2 già enunciata nell'articolo 238 del decreto legislativo n. 152/2006;
   l'articolo 5, comma 2-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 13, che ha consentito ai comuni di adottare la TIA2 ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari al tempo vigenti.
  Nella circolare n. 3/DF veniva precisato altresì che la circostanza che la TIA2 potesse in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1, portava a concludere che i prelievi presentavano caratteristiche analoghe e che la volontà del Legislatore era stata, con l'articolo 14, comma 33, anche quella di dare una nuova veste alla TIA1, nelle more dell'emanazione del regolamento di cui all'articolo 238, comma 6, del decreto legislativo n. 152/2006. Pertanto, se i due prelievi erano regolati dalle stesse fonti normative, non sembrava razionale attribuire alla TIA1 una natura giuridica diversa da quella della TIA2; di conseguenza, se la TIA2 aveva natura di corrispettivo, ed in quanto tale era soggetta all'IVA, la medesima natura andava attribuita alla TIA1.
  Alla luce del consolidato orientamento della Corte di Cassazione, confermato dalla sentenza 15 marzo 2016, n. 5078 delle Sezioni Unite, secondo cui la TIA non è assoggettabile ad IVA in quanto essa ha natura tributaria, gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria hanno avviato gli opportuni approfondimenti di carattere tecnico per la soluzione della questione in argomento e dei relativi contenziosi.
  Corre l'obbligo di segnalare che, a legislazione vigente, le società di gestione che vengono condannate al rimborso dell'IVA non dovuta non sarebbero in condizione di richiedere all'Amministrazione finanziaria la restituzione di detta IVA, posto che l'articolo 21, secondo comma, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che la relativa domanda doveva essere presentata entro due anni dal pagamento all'erario dell'imposta.
  Infine, si sottolinea che, in linea generale, gli effetti finanziari della restituzione dell'IVA sulla TIA1 potrebbero essere molto rilevanti.

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ALLEGATO 5

5-09023 Paglia: Intenti programmatici del Governo in ordine all'ipotizzata soppressione di Equitalia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante chiede di conoscere quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'annunciato riordino delle Agenzie fiscali ed alla riforma del sistema di riscossione anche attraverso la soppressione di Equitalia S.p.A.
  Al riguardo occorre osservare che il Governo, in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettera h), della legge 11 marzo 2014, n. 23, ha emanato il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157, recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle Agenzie fiscali.
  L'articolo 1 del predetto decreto dispone che le Agenzie fiscali procedano alla riorganizzazione delle proprie strutture in funzione del riassetto dei servizi di assistenza, consulenza e controllo; ciò con l'obiettivo di facilitare gli adempimenti tributari anche grazie all'impiego di nuove e più avanzate forme di comunicazione con il contribuente.
  Nei programmi di riorganizzazione le Agenzie, perseguono la riduzione della invasività dei controlli e dei connessi adempimenti.
  Al fine di potenziare l'efficienza dell'azione amministrativa e favorire l'emersione delle basi imponibili, gli schemi di convenzioni da stipulare tra il Ministero dell'Economia e delle finanze e le Agenzie stabiliscono, tra l'altro, specifici obiettivi di incremento del livello di adempimento spontaneo degli obblighi tributari. Per la misurazione dei predetti obiettivi, le predette convenzioni, definiscono, per ciascuna agenzia, specifici indicatori della produttività, qualità e tempestività dell'attività svolta nonché indicatori della complessiva efficacia e efficienza gestionale.
  In particolare, al fine di indirizzare l'azione dell'Agenzia delle entrate verso una maggiore compliance fiscale è stata introdotta la nuova area strategica «Prevenzione», con l'obiettivo di «Migliorare il livello di adempimento spontaneo» (tale obiettivo viene declinato attraverso 7 indicatori volti a misurare il miglioramento del rapporto di fiducia tra fisco e contribuente).
  In continuità e coerenza con queste azioni e principi riformatori si pone anche l'esigenza – attualmente allo studio – di riformare la gestione della riscossione coattiva delle entrate pubbliche.
  Lo scopo è – in coerenza con la linea intrapresa con il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157 e con le rinnovate convenzioni con le agenzie fiscali, in corso di stipula – sempre quello di reindirizzare l'attività dell'amministrazione finanziaria complessivamente intesa in direzione di un sistema più equo, trasparente e orientato alla crescita, affermando la necessità di un approccio collaborativo tra amministrazione fiscale e imprese e cittadini.

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ALLEGATO 6

5-09024 Villarosa: Dati circa le operazioni speculative sulle azioni di alcune delle principali società italiane effettuate nella notte tra il 23 e il 24 giugno 2016.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione immediata in Commissione l'On. Villarosa ed altri pongono quesiti in ordine alle operazioni speculative effettuate in data 24 giugno 2016 sulle azioni delle principali società italiane.
  Al riguardo, la Consob ha comunicato di aver intensificato l'attività di monitoraggio dei mercati sin dai giorni che hanno preceduto la cosiddetta Brexit, in relazione all'aumentata volatilità dei corsi azionari. Tale intensificata attività di monitoraggio è tuttora in corso.
  In tale contesto, il 24 giugno 2016, prima dell'inizio delle negoziazioni sui mercati europei, è stato comunicato l'esito ufficiale del referendum relativo all'uscita dalla UE del Regno Unito. In seguito a tale notizia le borse di tutta Europa hanno fatto registrare un andamento fortemente negativo. Nell'intera seduta l'indice FTSE MIB ha perso il 12,48 per cento con controvalori negoziati sul MTA record, pari a 6,5 miliardi di euro (pari a più del doppio della media del primo semestre 2016). Gli indici dei principali mercati europei nella seduta del 24 giugno 2016 messi a confronto dimostrano che i mercati italiano e spagnolo sono stati quelli maggiormente penalizzati.

  Per la sua composizione, l'indice del mercato italiano FTSE MIB risente con particolare enfasi dell'andamento dei titoli del comparto bancario; si consideri, infatti che sui 40 titoli che compongono l'indice, 10 sono bancari. Osservando con particolare attenzione il comparto bancario nella seduta del 24 giugno 2016, si evince che diverse banche europee hanno registrato performance negative, ciò è confermato dall'andamento dell'indice EURO STOXX banche. Tra le banche di maggior dimensione, tuttavia, nella seduta del Brexit il rendimento peggiore è stato registrato da Unicredit (-23,79 per cento) e Intesa Sanpaolo (-23 per cento circa).

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  Per quanto riguarda le posizioni nette corte (PNC), che rappresentano un indicatore di attività ribassista sui mercati, la Consob ha evidenziato che, a norma del Regolamento Short Selling, vanno comunicate all'autorità competente le PNC di entità pari o superiore allo 0,2 per cento del capitale sociale. L'Autorità deve poi pubblicare le PNC che raggiungono o superano la soglia dello 0,5 per cento.
  A tal proposito, sono riportati nell'allegata tabella, che si deposita presso questa Commissione, i dati pubblici delle PNC relative ai giorni 23, 24 e 27 giugno (rispettivamente pubblicati il 24, 27 e 28 giugno).
  La Consob ha evidenziato i seguenti dati riferiti a posizioni nette corte o a variazioni delle stesse, queste ultime calcolate sulla base dei dati pubblicamente disponibili:
   Banca Monte dei Paschi di Siena (aumento dello 0,24 per cento e dello 0,18 per cento del capitale sociale nei due giorni considerati);
   Banca Monte dei Paschi di Siena (0,62 per cento il 24 giugno);
   UBI (0,52 per cento il 27 giugno).

  Con specifico riferimento alle ulteriori richieste formulate nell'interrogazione, si rappresenta che:
   a) nella seduta del 24 giugno 2016 le negoziazioni sul MTA organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A, sono iniziate regolarmente, alle ore 9:00, con possibilità di inserire gli ordini dalle ore 8:00;
   b) le performance indicate nell'interrogazione si riferiscono all'intera seduta;
   c) il database di vigilanza di cui la Consob dispone consente di identificare le negoziazioni concluse dai soli intermediari italiani o esteri aderenti diretti ai mercati e non consente di individuare direttamente i committenti finali delle operazioni;
   d) le indagini per l'individuazione dei committenti finali richiedono attività istruttorie, anche per il tramite di specifiche richiesta di assistenza internazionale, che in ogni caso sono coperte dal segreto istruttorio ai sensi dell'articolo 4 comma 10 del TUF.

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ALLEGATO 7

5-08904 Paglia: Conseguenze per i contribuenti che, non potendo fruire del bonus degli 80 euro, rinuncino alle detrazioni per lavoro dipendente.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole interrogante con l'interrogazione in esame rileva che molti lavoratori impegnati in questi giorni nella predisposizione della dichiarazione dei redditi per l'anno 2016 non sanno se presentare o meno il modello 730, rinunciando così a beneficiare delle eventuali detrazioni fiscali, in quanto avendo percepito in busta paga il cosiddetto «bonus 80 euro», temono che una volta presentato detto modello, con il quale viene rideterminata l'imposta, «debbano integralmente o parzialmente restituirlo» perché risultati incapienti o per aver superato il limite di reddito dei 26.000 euro.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate con la circolare n. 8/E del 28 aprile 2014, al punto 6, precisa che «il contribuente che abbia comunque percepito dal sostituto d'imposta un credito di cui al comma 1-bis dell'articolo 13 del TUIR in tutto o in parte non spettante è tenuto alla restituzione dello stesso in sede di dichiarazione dei redditi».
  Pertanto, l'Agenzia fa presente che il contribuente tenuto alla restituzione del bonus, a seguito del venir meno di uno dei requisiti previsti dalla norma per la fruizione dell'agevolazione, è obbligato alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
  Giova comunque evidenziare che la presentazione della dichiarazione dei redditi al solo fine di restituire il bonus Irpef già riconosciuto dal sostituto ma non spettante dovrebbe rappresentare una situazione del tutto residuale.
  Il sostituto d'imposta, infatti, al momento della determinazione del bonus (operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto) è in possesso di tutte le informazioni necessarie per effettuare correttamente la verifica della spettanza o meno del bonus.
  Nella maggior parte dei casi la necessità di restituire il bonus deriva, invece, dalla presenza di redditi ulteriori rispetto a quelli certificati dal sostituto che lo ha riconosciuto, che determinano un reddito complessivo ai fini Irpef superiore rispetto a quello previsto dalla norma per fruire del bonus. In tali ipotesi il contribuente è comunque tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi a prescindere dalla presenza o meno del bonus Irpef.