CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 giugno 2016
661.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08977 Paglia: Presupposti alla base della ricapitalizzazione della Cassa di risparmio di Cesena da parte del Fondo interbancario di tutela dei depositi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'On. Giovanni Paglia pone quesiti in ordine all'intervento del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi (FITD) per la ricapitalizzazione della Cassa di Risparmio di Cesena.
  Al riguardo, la Banca d'Italia ha precisato che, nel caso della Cassa di Risparmio di Cesena, il sostegno del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi (FITD) avviene attraverso uno schema di intervento cui aderiscono le banche consorziate su base totalmente volontaria.
  L'attivazione di tale meccanismo non presuppone alcuna autorizzazione da parte delle Autorità Pubbliche, essendo solo subordinata alla libera determinazione degli Organi preposti alla gestione dello schema. Gli interventi in questione sono, quindi, esclusi dall'ambito di applicazione della disciplina in materia di aiuti di Stato, in quanto sono basati sulla volontarietà dell'adesione delle banche.
  Le risorse finanziarie necessarie agli interventi dello schema volontario sono raccolte presso le sole banche che decidano di aderirvi e rappresentano una dotazione aggiuntiva ed autonoma rispetto alla contribuzione (ordinaria e straordinaria) dello schema obbligatorio; dette risorse, quindi, confluiscono in un fondo separato da tutte le altre attività del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi e dotato di un autonomo sistema di governance.
  La Cassa di Risparmio di Cesena, dal 9 febbraio 2015 al 24 luglio 2015 è stata sottoposta ad accertamenti ispettivi, che si sono conclusi con risultanze sfavorevoli, in conseguenza del permanere di carenze nei sistemi di governo e controllo e dell'elevata rischiosità creditizia, con impatti significativi sulla situazione economico-patrimoniale.
  Contestualmente ai rilievi ispettivi, è stata consegnata alla banca la lettera di situazione aziendale, nella quale si chiedeva tra l'altro di: 1) accelerare la ricerca di un partner bancario con cui realizzare un progetto di integrazione; 2) effettuare un'aggiornata valutazione dell'intero portafoglio crediti; 3) predisporre un piano di progressivo smobilizzo degli attivi deteriorati; 4) realizzare un adeguato aumento di capitale, alla luce dei risultati di bilancio 2015 e delle possibili perdite da cessione dei crediti non performing.
  La banca, anche in considerazione dell'elevato ammontare di crediti deteriorati in portafoglio, non è riuscita a individuare una soluzione di mercato che consentisse il successo del richiesto aumento di capitale, necessario per la messa in sicurezza dell'intermediario.
  La Cassa di Risparmio di Cesena ha dovuto, pertanto, richiedere un intervento dello schema volontario del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi mediante sottoscrizione di un aumento di capitale per un importo quantificato in euro 280 mln, dopo una due diligence effettuata dal fondo stesso. Detto intervento, deliberato a metà giugno, è ancora in corso di realizzazione e mira ad assicurare il ripristino dei requisiti patrimoniali di vigilanza, a supportare il piano di Pag. 68ristrutturazione e rilancio aziendale, a beneficio del sostegno al tessuto economico locale.
  Con riferimento allo specifico quesito posto nell'atto parlamentare in esame, la Banca d'Italia ha precisato che lo schema volontario risultava di fatto non operativo al momento dell'avvio delle misure di risoluzione avverso le quattro banche.
  Infine, secondo quanto espressamente previsto dallo Statuto del Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi, detto schema può operare solo a favore delle banche aderenti, nei confronti delle quali la Banca d'Italia abbia adottato misure di intervento precoce ovvero abbia dichiarato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto; è richiesto, altresì, che sussistano concrete prospettive di risanamento della banca e, nel caso in cui sia stato dichiarato il dissesto o il rischio di dissesto, che la Banca d'Italia – ricorrendone le condizioni – abbia disposto il burden sharing (riduzione/conversione degli strumenti di capitale in capitale primario di classe 1).

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ALLEGATO 2

5-08981 Pisano: Chiarimenti circa il regime tributario della quota delle borse di studio finanziata dal Fondo sociale europeo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Al riguardo, sentiti gli Uffici competenti si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente si fa presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, quale responsabile del piano di comunicazione nazionale sul Fondo Sociale Europeo, ha affermato che l'articolo 80 del Regolamento (CE) n. 1083/2006, che vieta trattenute o decurtazioni di qualsiasi genere sugli importi destinati ai beneficiari delle attività sovvenzionate, non si applica alle persone fisiche titolari di borse di studio cofinanziate con fondi strutturali, in quanto queste non rientrano nella definizione di «beneficiario» contenuta all'articolo 2, comma 4, del Regolamento citato.
  Nei confronti delle persone fisiche che percepiscono borse di studio cofinanziate con fondi europei restano, pertanto, applicabili le ordinarie regole di tassazione previste dall'ordinamento ed in particolare l'assoggettamento ad IRPEF quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera c), del TUIR, ad eccezione delle ipotesi in cui la borsa di studio ricada in una specifica previsione di esenzione.
  Un eventuale orientamento di prassi diretto a chiarire il regime fiscale delle borse di studio in esame non potrebbe che confermare quanto precisato dal Ministero del lavoro con la nota sopra citata.
  Riguardo, invece, alla richiesta da parte dell'interrogante di valutare la possibilità di non applicare le sanzioni amministrative ai percettori per la non corretta tassazione delle borse di studio cofinanziate con fondi europei, si fa presente che in base all'articolo 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) «le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta».
  Nel caso in esame l'incertezza circa il regime fiscale applicabile si potrebbe evincere dal fatto che sia l'Agenzia delle Entrate che il Ministero del lavoro hanno mutato il proprio orientamento interpretativo, passando da una iniziale valutazione di esenzione della quota di borsa di studio a carico dell'FSE, affermato dall'Agenzia in risposta a diversi interpelli, pubblicati sui media, ad una successiva valutazione di imponibilità della stessa, resa nota solo attraverso note interne e comunicazioni alle regioni eroganti.
  Poiché tale situazione può comunque aver determinato nei contribuenti incertezza sul corretto trattamento fiscale delle somme in questione, si ritiene che gli uffici competenti possano valutare la possibilità di non applicare le sanzioni in caso di omessa tassazione della quota di borsa di studio riferibile al finanziamento europeo.