CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 giugno 2016
660.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Sugli esiti della missione ad Atene, in occasione della prima riunione del Gruppo Med, svolta il 16 maggio 2016.

COMUNICAZIONI

  L'on. Paolo Alli, in sostituzione del presidente della III Commissione e su invito del presidente della Commissione difesa ed esteri del Parlamento Ellenico, on. Kostantinos Douzinas, ha preso parte il 16 maggio 2016 ad Atene alla prima riunione di un gruppo informale di presidenti di Commissioni permanenti di Parlamenti di Paesi dell'Unione europea interessati ad approfondire le questioni riguardanti il Mediterraneo (cosiddetto Gruppo Med). In rappresentanza del Senato ha preso parte alla missione il sen. Paolo Corsini (PD), Vicepresidente della 3a Commissione.
  La riunione ha rappresentato l'esito dell'incontro informale svoltosi a Roma il 24 febbraio scorso tra le Commissioni esteri e difesa della Camera e lo stesso presidente Douzinas e in cui è emersa una sensibilità condivisa dai tre Presidenti sui temi del Mediterraneo. Ad esito di tale incontro è stato infatti sottoscritto dai presidenti Cicchitto Garofani e Douzinas una dichiarazione congiunta finalizzata ad esortare i partner europei al ripristino di condizioni di fiducia e di coesione reciproca tra Stati membri.
  Si ricorda anche che, successivamente, con lettera congiunta dei tre presidenti Cicchitto, Garofani e Douzinas, è stata promossa – a margine della Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e per la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), che si è svolta a L'Aja dal 6 all'8 aprile scorsi – una riunione informale delle delegazioni dei Parlamenti del Sud dell'Unione europea sulle questioni del Mediterraneo a partire dalla crisi migratoria. La Conferenza ha rappresenta infatti la cornice nella quale si sono svolte in passato riunioni delle delegazioni dei soli Parlamenti del Sud. Alla riunione, poi svoltasi nella giornata del 6 aprile, hanno partecipato, oltre alla delegazione del Parlamento italiano le delegazioni di Grecia, Cipro, Spagna e Albania. In tale contesto il Presidente Douzinas ha presentato una proposta di dichiarazione comune, la cosiddetta «dichiarazione di Atene», volta all'istituzione di un gruppo dei Parlamenti del Mediterraneo per la discussione di tematiche comuni nell'ambito della PESC/PSDC. Nel corso della riunione, considerato il numero esiguo delle delegazioni presenti, è stato concordato di trasmettere il progetto di dichiarazione agli altri Parlamenti, rinviando la sua adozione ad una successiva riunione dei Parlamenti del sud. Il presidente Douzinas ha quindi preannunciato l'intenzione di convocare ad Atene la nuova riunione nel mese di maggio, per proseguire il confronto avviato.
  Ciò premesso il progetto di dichiarazione prevede l'istituzione di un gruppo parlamentare (Parliamentary «Group Med») che si dovrebbe riunire sia a margine (prima) di ogni conferenza PESC/ PSDC, sia quando ritenuto necessario dalla maggioranza delle delegazioni. Il Gruppo si dovrebbe riunire sulla base di una convocazione del Parlamento, che sulla base di una rotazione alfabetica, organizza e presiede la riunione. Eventuali decisioni o conclusioni dovrebbero essere adottate per consenso.
  In vista della riunione di Atene i presidenti Cicchitto e Garofani – anche alla luce delle valutazioni degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei Pag. 69gruppi, riunitisi congiuntamente il 27 aprile 2016 – hanno ritenuto opportuno trasmettere al presidente Douzinas una lettera per esprimere il loro convincimento: 1) che la nascita del Gruppo di tali Parlamenti debba avvenire su una congrua base di consenso e quindi con l'adesione di un numero adeguato di Paesi e 2) che, quanto alle modalità di funzionamento, è preferibile evitare uno schema di organizzazione troppo rigido, considerato che l'esigenza di confronto dei Paesi del «Gruppo Med» potrà essere soddisfatta mediante apposite riunioni da convocare sia nell'ambito della Conferenza PESC-PSDC, come avvenuto all'Aia, sia al di fuori della stessa, come avverrà ad Atene. Va inoltre considerato che organismi di collaborazione interparlamentare sono istituiti anche in sede NATO e di Unione interparlamentare.
  Tutto ciò premesso, i rispettivi Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, della III e della IV Commissione hanno ravvisato l'opportunità che l'onorevole Paolo Alli partecipi alla suddetta riunione, in sostituzione degli stessi presidenti, impossibilitati a prendervi parte.
  La Riunione ad Atene, alla quale oltre all'Italia, hanno preso parte delegazioni di Cipro, Portogallo e Spagna ha quindi adottato la seguente dichiarazione:
  Il 4 aprile 2016, un gruppo di capi delegazione delle Commissioni Affari esteri e Difesa dei Parlamenti mediterranei dell'UE, riunito all'Aia, ha deciso di adoperarsi per la costituzione di un «Gruppo Med» parlamentare al fine di discutere degli interessi e delle risposte comuni alle sfide condivise. In data 16-17 maggio, i rappresentanti di Cipro, Italia, Grecia, Portogallo e Spagna si sono incontrati per la prima volta ad Atene e hanno concordato la seguente dichiarazione di Atene, in attesa di conferma da parte dei Parlamenti partecipanti.

Dichiarazione di Atene.

  Il Mediterraneo è la culla della civiltà europea, che affonda le sue radici nelle città di Atene e Roma. La Francia e l'Italia, quali paesi membri fondatori dell'UE, hanno grandemente contribuito a dar forma politica a questa idea. La Spagna, il Portogallo e la Grecia sono da lunga data paesi membri la cui adesione, dopo la caduta delle rispettive dittature, dà espressione alle fondamenta democratiche dell'Unione. Malta e Cipro sono, da tempo, membri dell'Unione dalla crescente valenza simbolica, materiale e geopolitica. Gli Stati del Mediterraneo hanno sempre affrontato sfide comuni che scaturiscono dai nostri interessi collettivi e dalle nostre comuni tradizioni sociali e culturali, oltre che da fattori esterni. Nell'ultimo periodo, i nostri Stati sono stati fortemente colpiti dalla crisi finanziaria. Più di recente, la nostra estrema vicinanza a una regione di tensioni e conflitti ha fatto sì che i nostri paesi si trovassero ad affrontare dei flussi di profughi e migranti senza precedenti. La risposta umanitaria delle popolazioni e dei dirigenti dei nostri paesi, nonostante le difficoltà economiche che abbiamo attraversato e stiamo attraversando, ha tenuto alte le migliori tradizioni europee. In aggiunta a questo, i conflitti e l'instabilità in tutta la regione hanno dato origine a gravi minacce alla sicurezza.
  Tali sfide comuni richiedono soluzioni comuni e un'azione più coordinata dell'UE. Ciò richiede a sua volta lo sviluppo di un sistema d'incontri più cadenzato, per confrontare punti di vista ed elaborare risposte comuni alle sfide, alla stessa stregua di altri raggruppamenti regionali all'interno dell'Unione. Riteniamo che gli Stati e i Parlamenti mediterranei debbano rivendicare un ruolo di rilievo nell'UE a beneficio dell'intera Unione.
  Plaudiamo alle ultime iniziative intraprese per rendere più efficienti il salvataggio di vite umane in mare e la lotta contro la tratta delle persone, come pure ai progressi compiuti nel considerare le nostre frontiere quali frontiere meridionali dell'Unione europea, pur riconoscendo che tale prospettiva deve essere consolidata ed entrare a far parte delle politiche strutturali dell'UE.Pag. 70
  Riteniamo che gli Stati membri dell'UE debbano ripartirsi proporzionalmente l'onere di accogliere, assistere e insediare i profughi che arrivano in Europa a seguito di guerre e tensioni presso i nostri confini, nonché i costanti flussi di migranti in cerca di lavoro dal Nord Africa e dalla regione subsahariana. Siamo in netto disaccordo con azioni unilaterali come la chiusura delle frontiere e con i tentativi dei governi di esimersi dal condividere questo fardello.
  Riteniamo che la soluzione immediata e di lungo periodo ai flussi di profughi debba rispettare i principi dei diritti fondamentali, il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. La soluzione deve anche affrontare le cause profonde della disuguaglianza e dei conflitti. Riteniamo, inoltre, che tutti i conflitti debbano trovare soluzione sulla base del diritto internazionale, dei principi dei diritti umani e delle pertinenti decisioni delle Nazioni Unite. Reputiamo essenziale che l'UE stabilisca, a sostegno dei paesi di primo ingresso che si trovano ad affrontare flussi di migranti e di profughi, misure specifiche comprendenti aiuti finanziari e l'esclusione dal Patto di stabilità e crescita dei costi sostenuti dai Governi.
  Riteniamo che debba aver subito inizio la revisione del Trattato di Dublino, e che il Trattato di Schengen debba essere considerato parte inscindibile dell'acquis dell'UE.
  Riteniamo che, allo scopo al fine di costruire un'Europa migliore, fondata su valori comuni e condivisi, solidarietà e coesione, sia tempo di rivedere le politiche economiche prescritte dalle autorità europee e sostenere con forza un'agenda di sviluppo. Tale programma dovrebbe prestare particolare attenzione agli Stati che subiscono i flussi di profughi e migranti, oltre agli acuti e gravosi problemi economici e sociali creati dalla crisi finanziaria ed economica globale.
  Riteniamo che l'UE e gli Stati membri debbano intraprendere un'azione coordinata al fine di prevenire le minacce alla sicurezza, stabilizzare la regione e rafforzare la cooperazione regionale.
  Riteniamo che i Parlamenti europei debbano istituire meccanismi permanenti di discussione, coordinamento, decisione, azione e indirizzo politico in materia d'interessi, sfide e priorità comuni. Il «Gruppo Med» delle Commissioni Affari esteri e Difesa è un primo passo in tale direzione».

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ALLEGATO 2

Sugli esiti della missione a Londra, in vista del Referendum del 23 giugno sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, svolta il 23 maggio 2016.

COMUNICAZIONI

  Dal 22 al e 24 maggio 2016 si è tenuta una missione a Londra di una delegazione della Commissione, guidata dal presidente Cicchitto e cui hanno parte gli onorevoli Lia Quartapelle Procopio e Daniele Del Grosso, finalizzata allo svolgimento di incontri con le omologhe Commissioni esteri e Sottocommissioni Europa della House of Lords e della House of Commons, nonché con interlocutori governativi, leader politici ed analisti sui temi dell'attualità internazionale ed europea e sulla situazione del Paese, in vista del referendum del 23 giugno sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea.
  La missione è stata introdotta da un incontro con gli analisti politici Andrew Wood, Ian Bond e Timothy Ash, per un inquadramento sul ruolo internazionale della Russia in vista del Consiglio europeo di giugno, finalizzato ad una decisione sulla proroga delle sanzioni. L'analisi complessiva è stata convergente nell'individuare in Mosca un interlocutore che guarda all'Occidente come ad un nemico e con cui non vi è margine per ora per business as usual. Il rapporto con Mosca, attualmente attiva nell'infrangere tutti i trattati internazionali in tema di sicurezza, si fonda su questa valutazione negativa che può tollerare minime sfumature. La Russia di oggi incarna un sistema politico sostanzialmente basato sulla personalità di Putin, che non ha allo stato alcun interesse a procedere oltre nell'attuazione dell'Accordo di Minsk. Sul piano economico, si registra un calo di euforia rispetto ai presunti vantaggi derivanti dall'annessione della Crimea e sul popolo russo gravano problemi economici che la strategia euro-asiatica di Putin non appare idonea a risolvere. Sul piano monetario la politica russa è stabile grazie alle importanti riserve disponibili e l'apparato sanzionatorio sancito da Bruxelles non ha davvero inciso negativamente. Quanto al sentimento filorusso presente in Donbass ma anche in Siria, anch'esso è in drastico declino per gli enormi sacrifici sopportati dalle popolazioni a seguito dei conflitti contro Kiev e a sostegno di Assad. Quanto alle relazioni asiatiche, Putin non sembra interessato ad un recupero del rapporto privilegiato con Pechino; d'altra parte i cinesi non hanno avviato una politica di investimenti sulla Russia. Nella dinamica russo-cinese entra in gioco il Vietnam, con cui la Russia è impegnata a mantenere un rapporto positivo. L'onorevole Quartapelle ha sintetizzato l'incontro osservando come l'Unione europea abbia saputo unirsi sul tema delle sanzioni, ma sia divisa sugli sviluppi politici del rapporto con la Russia.
  Di particolare interesse sono quindi stati gli incontri con i protagonisti del dibattito parlamentare su Brexit: l'onorevole Alan Johnson per l'area laburista e l'onorevole Kenneth Clarke per l'area conservatrice, entrambi impegnati per la permanenza del Regno Unito nella UE. Johnson ha rappresentato una situazione complessivamente favorevole alla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, secondo i sondaggi prevalenti. I laburisti, finora mai davvero impegnati su questi temi, hanno rappresentato l'unica forza politica attiva nella sua interezza per la campagna Remain e che fino al 23 giugno Pag. 72rappresenterà al popolo britannico i vantaggi dell'Europa (what's good in Europe). A sostegno dei laburisti operano i sindacati, i cui iscritti sono per il 75 per cento a favore del Remain. Il problema maggiore, secondo Johnson, è rappresentato dall'astensionismo giovanile e dal voto all'estero. La campagna Leave si fonderebbe, inoltre, su alcuni assunti erronei, a partire dalla distorta rappresentazione della questione «sovranità» e dei costi per il servizio sanitario nazionale derivanti dai contributi a Bruxelles. Il vero argomento che alimenta il Leave è l'immigrazione, le conseguenze dell'accordo tra UE e Turchia e il timore del suo impatto sul mercato del lavoro britannico. Quanto al colloquio con l'onorevole Clarke, impegnato a lottare contro un referendum indetto da Cameron senza una previa consultazione all'interno dell'area conservatrice, ne è emerso un quadro incerto, del tutto affidato alla partecipazione al voto dei più giovani. Il referendum avrà comunque un lascito di indebolimento del governo Cameron, al cui interno vi sono ministri attestati su schieramenti opposti. Secondo Clarke i temi della campagna laburista a favore del Remain, avendo natura economica, hanno scarso impatto sull'opinione pubblica e sono trascurati dai media. Appare invece mediaticamente più efficace la campagna per il Leave, incentrata sulla questione della sovranità e sul sentimento anti-immigrati, e ciò a discapito di una società britannica integrata e considerata la meno razzista di tutta l'Europa.
  Di particolare interesse è stato il successivo incontro con Lord Graham Eric Stirrup, componente della Sottocommissione Europa e Affari esteri della House of Lords. L'onorevole Stirrup ha valutato positiva la campagna Remain sul piano dei temi economici ma non su quello dell'immigrazione. La stessa valutazione è valsa per la campagna Leave sulla quale incombe l'onere della prova sul piano dei vantaggi economici derivanti da Brexit. La politica estera non appare svolgere alcun ruolo nel dibattito interno al Regno Unito sull'Unione europea e il confronto tra Stati membri dell'Ue per una più equa distribuzione dei profughi non ha avuto impatto in quanto la classe politica europea persegue dinamiche puramente elettorali laddove sarebbe necessario iniziare a pensare a soluzioni «vendibili» sul piano mediatico. Alla richiesta di una valutazione sull'operazione Sophia da parte dell'onorevole Quartapelle, l'onorevole Stirrup, pur apprezzandone l'efficacia, ha rilevato come essa operi ad un basso livello e abbia fallito nei suoi obiettivi istituzionali, pur avendo svolto un buon lavoro nei salvataggi di vite umane. Sulla prospettiva di un «Piano Marshall» per il Medio Oriente e il Nord Africa, segnalata dal presidente Cicchitto, Stirrup ha obiettato come esso abbia riguardato in passato paesi affini sul piano delle categorie istituzionali, culturali e sociali e che dunque, per quest'area geografica, manchino i presupposti per una sua attuazione. Stirrup ha quindi concluso che la politica sull'immigrazione, pur non dovendo contemplare i respingimenti, deve necessariamente includere delle limitazioni alla libertà di movimento e al numero di persone da accogliere.
  Il successivo incontro con il Segretario Generale del Foreign and Commonwealth Office, Simon McDonald, è stato di particolare rilievo, consentendo di individuare una correlazione tra Brexit e i temi del rapporto con la Russia e del Mediterraneo. Per McDonald non sussistono alla stato condizioni per la revoca delle sanzioni alla Russia e una discussione a tal proposito prima del 23 giugno appare inopportuna al fine di non indebolire la percezione dell'Unione europea da parte dei cittadini britannici. McDonald ha condiviso l'analisi del presidente Cicchitto sugli obiettivi strategici della Russia in Siria, obiettivi che non corrispondono al salvataggio di Assad ma alla tutela del mero interesse russo grazie al mantenimento della base di Lattakia. Non è peraltro da escludere un avvicendamento nel regime siriano all'interno della tribù alaouita. Inoltre, la strategia russa in Siria è da ascrivere al giudizio liquidatorio espresso da Obama sulla Russia quale mero attore regionale e non globale. McDonald ha, infine, condiviso l'analisi sul ritiro americano dal quadrante Pag. 73mediorientale. Se Russia e Iran sono due competitori regionali accomunati dal supporto ad Assad, il rapporto Russia – Turchia è assai più complesso, a causa dell'abbattimento da parte turca dell'aereo russo e delle preoccupazioni di Erdogan per l'evoluzione del dossier curdo.
  Sulla posizione dell'Italia in merito alle sanzioni a Mosca, caratterizzata da un approccio dialogante pur nel mantenimento delle misure, McDonald ha precisato che i russi al prossimo Consiglio europeo hanno pragmaticamente provocato una discussione per testare le spaccature nel fronte europeo, avendo registrato con sorpresa il mantenimento di una coesione europea per così tanto tempo. Mosca dà per scontata la proroga delle sanzioni e da parte europea non corrisponde ad un interesse revocare le sanzioni senza aver ottenuto qualcosa in cambio. Quanto al rapporto con l'Ucraina, McDonald ha inquadrato il Paese nel contesto europeo ma ha anche previsto per i prossimi anni una contesa prolungata tra Russia ed Europa per il controllo del suo territorio. Il Regno Unito non è d'altra parte disponibile a sostenere Kiev anche con l'uso della forza e ritiene che al vertice NATO di Bucarest siano stati compiuti passi prematuri.
  Quanto al Mediterraneo, ha auspicato la capacità dell'Italia a contenere i flussi migratori nell'interesse della permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. In tal senso la missione Sophia è essenziale, come pure l'attività di addestramento della guardia costiera libica in cui è impegnata l'Italia. Sugli errori compiuti in Libia nel 2011 in occasione dell'intervento NATO, McDonald ha condiviso l'analisi del presidente Cicchitto pur ricordando che l'intento dell'operazione fu di carattere umanitario. Adesso però la Libia rappresenta un punto di svolta per l'intero continente africano ed è dunque interesse di tutti che essa possa stabilizzarsi. Occorre una gestione collettiva del fenomeno migratorio basata sul ripristino di condizioni di fiducia intra-europee.
  Da ultimo, è stata posta dall'onorevole Quartapelle il caso Regeni, sul quale il Segretario Generale McDonald ha replicato manifestando l'impegno britannico per la soluzione del caso dato il coinvolgimento dell'Università di Cambridge nella controversia. Ha inoltre proposto l'analisi secondo cui Al Sisi non sarebbe stato ben informato dai servizi di sicurezza egiziani e ha evidenziato l'opportunità di un'interazione diretta con lui e non mediata dagli apparati dello Stato egiziano.
  L'ultimo incontro della delegazione ha riguardato il presidente della Commissione Affari esteri della House of Commons, l'onorevole Crispin Blunt, autorevole portavoce istituzionale della campagna Leave, il quale ha fin da subito pronosticato la vittoria della campagna avversaria. A maggior sostegno della sua posizione ha argomentato che l'Unione europea ha bisogno di un impegno totale da parte degli Stati membri nelle sfide politiche ed economiche in cui è coinvolta, e che hanno natura globale e non meramente europea. In tal senso, il Regno Unito, opponendosi sul terreno del processo di integrazione europea, della difesa europea e anche della politica fiscale e monetaria, rappresenta uno stato membro «tossico» che impedirà all'UE di fare il salto di qualità desiderato. Il Regno Unito, secondo Blunt, non è mai stato profondamente europeo e non potrà svolgere un ruolo diverso in futuro malgrado l'aggravarsi del contesto di crisi che circonda l'Europa. Il presidente Cicchitto ha rimarcato l'importanza per l'Italia di un'Unione europea che includa Londra, a bilanciamento del noto asse franco-tedesco: il Regno Unito ha una posizione più forte dell'Italia sul piano economico e questo gli conferisce l'autorevolezza necessaria a contrastare l'austerity economica e le conseguenti politiche recessive. Sul caso Regeni il presidente della Commissione esteri Blunt ha segnalato infine l'attivazione della Commissione nei confronti dell'esecutivo proprio alla luce del coinvolgimento di influenti ambienti accademici inglesi nella vicenda.

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ALLEGATO 3

Sugli esiti della missione in Polonia, svolta dal 9 all'11 giugno 2016.

COMUNICAZIONI

  Una delegazione della Commissione Affari esteri e comunitari, guidata dal presidente Cicchitto e composta dagli onorevoli Francesco Monaco e Claudio Fava, ha svolto una missione in Polonia dal 9 all'11 giugno scorsi.
  La missione è stata finalizzata allo svolgimento di incontri a Varsavia con l'omologa Commissione del Sejm, nonché con esponenti governativi, ai fini di un approfondimento sulla situazione del Paese e sulle questioni di sicurezza connesse al rapporto con la Russia. La missione ha inoltre contemplato una visita presso il sito del Campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.
  La visita ha avuto inizio con un incontro con il Gruppo bilaterale di amicizia UIP, presieduto per la parte polacca dall'onorevole Halina Rozpondek, ad esordio del quale il presidente Cicchitto si è fatto carico di promuovere presso la Presidenza della Camera la ricostituzione della componente italiana del gruppo. Nel corso del colloquio gli interlocutori parlamentari polacchi hanno auspicato un rafforzamento della tradizionale amicizia parlamentare che lega i due Paesi, da estendere anche a livello di sistema paese. Hanno rappresentato una situazione economica della Polonia assai positiva e stabile in termini di investimenti esteri e di scambi commerciali, a ulteriore sostegno di un'intensificazione delle relazioni con l'Italia. Sul piano politico è emersa l'analisi di una Polonia coesa sul piano sociale e segnata da turbolenze confinate al mero interno dell'agone politico. Dal punto di vista internazionale, la situazione del Paese è stata descritta come positiva con tutti i Paesi della Regione, con l'unica eccezione data dal controverso rapporto con Mosca. Il presidente Cicchitto, a nome della delegazione, ha dato valore al rapporto italo-polacco anche nel segno della comune sensibilità sulla drammatica storia della Polonia e, in particolare, sul valore della figura di Papa Giovanni Paolo II, che rappresenta un riferimento politico-culturale anche per il mondo laico.
  Di particolare interesse per l'attuale fase politica polacca, è stato il successivo incontri con il leader del Comitato per la Difesa della Democrazia (KOD), Mateusz Kijowski, che ha avuto luogo nel giorno in cui il Sejm ha affrontato l'avvio dell'esame di tre disegni di legge di riforma costituzionale sulle controverse questioni attinenti il ruolo della Corte costituzionale e altri temi rilevanti ai fini della proceduta d'infrazione avviata dalla Commissione europea contro Varsavia sui temi dello Stato di diritto. Al leader Kijowski è stato innanzitutto posto dal presidente Cicchitto il tema delle gestione europea della «tempesta migratoria», che ha investito Italia e Grecia e del ruolo che la Polonia intende svolgere nella dinamica europea ed internazionale. Kijowski ha riconosciuto che nella fase in atto, su questo come su altri temi, è in questione l'immagine stessa della Polonia. Ha subito chiarito che le elezioni del 2015 si sono svolte conformemente al dettato costituzionale e che pertanto la maggioranza di governo è pienamente riconosciuta come tale dal movimento da lui rappresentato. Ciò contro cui il comitato si batte è la violazione delle regole di cui è artefice tale maggioranza e non il potere in quanto tale. Inoltre, ha spiegato, il KOD aggrega in tale impegno esponenti di tutte le componenti del Paese Pag. 75e non ha intenzione di adottare un proprio programma politico. Su queste basi è stato possibile organizzare la marcia del 7 maggio, in occasione della giornata dell'Europa, alla quale hanno partecipato 250 mila polacchi intenzionati ad assumere un impegno con l'Unione europea anche sul versante di un contributo di valori e non solo ai fini della percezione di fondi e contributi. In tal senso il KOD sostiene un approccio solidale e comune alla questione migratoria, a differenza del Governo, che fonda la propria azione sull'esclusione e sull'imposizione di un modello incentrato sui respingimenti. Ha quindi invocato l'aiuto dell'Unione europea e degli Stati membri per ripristinare le libertà democratiche in Polonia e per ricostruire il vincolo di solidarietà necessario a ottenere la collaborazione dei cittadini polacchi sull'immigrazione. Nel precisare ulteriormente le finalità del Comitato, Kijowski ha dichiarato di non volere prendere parte a future elezioni politiche ma di voler contribuire al rafforzamento di una società civile partecipe della vita pubblica. All'auspicio degli onorevoli Fava e Monaco affinché il KOD non escluda a priori l'impegno nelle istituzioni al fine di poter incidere sulle scelte governative, Kijowski ha insistito sull'obiettivo della mera partecipazione civile al dibattito pubblico, nell'intento di formare una generazione di futuri governanti migliori degli attuali: la partecipazione politica, a suo avviso, non significa solo impegno istituzionale, ma anche formazione delle coscienze ai valori della cittadinanza europea.
  Sul versante parlamentare la delegazione ha quindi incontrato il presidente della Commissione esteri, esponente del partito di opposizione Piattaforma Civica (PO), onorevole Grzegorz Schetyna, che ha sottolineato il nuovo capitolo delle relazioni bilaterali parlamentari, inauguratosi con la visita della delegazione italiana. Il presidente Cicchitto ha definito l'ambito del colloquio all'interno dell'equilibrio tra questione migratoria e stabilità del Mediterraneo, da una parte, e rapporto con la Russia ed appartenenza all'Unione europea e alla NATO, dall'altra, ed ha individuato i temi sullo stato di diritto come decisivi per l'opinione pubblica italiana. Il presidente Schetyna ha auspicato una proroga delle sanzioni alla Russia per altri sei mesi al fine di rappresentare a Mosca un approccio europeo unanime e coeso, l'unico in grado di assicurare un equilibrio nel rapporto tra Unione europea e Russia. Ha dimostrato di ben comprendere l'importanza per l'Italia del tema migratorio nel contesto della solidarietà europea e di un atteggiamento responsabile da parte di ogni singolo Stato membro sui problemi di carattere internazionale e regionale, oltre che nazionale. Ha quindi spiegato il ruolo del partito di opposizione PO nella crisi interna in atto sulle questioni dello stato di diritto e su cui ha invocato la voce delle istituzioni europee.
  L'onorevole Fava ha posto la questione di un possibile impatto peggiorativo sulla tensione tra UE e Russia delle attività militari in atto sul territorio polacco in ambito NATO. Ha inoltre chiesto una valutazione sulle nomine governative in tema di informazione pubblica e sul ruolo dell'opposizione nell'ambito del movimento civico guidato da Kijowski. Sul tema del rapporto con la Russia il presidente Schetyna ha argomentato che la crisi ucraina non è stata determinata da una provocazione di carattere militare di tipo preventivo da parte di Kiev, e che per Varsavia i 30 mila soldati della NATO presenti sul territorio polacco rappresentano una garanzia di sicurezza. Ha espresso preoccupazione sul potenziale controllo totale da parte del partito di maggioranza dei mezzi di comunicazione pubblici e ha rivendicato al suo partito l'organizzazione, insieme ad altre formazioni di opposizione anche extra parlamentare, della marcia di maggio, la più grande manifestazione mai realizzatasi in Polonia dopo quelle di carattere religioso del 1956: si è trattato inoltre di una marcia per l'Europa il cui valore simbolico deve essere ben evidenziato agli interlocutori esteri.
  L'onorevole Monaco ha chiesto una valutazione sulla procedura di infrazione avviata per la prima volta dalla Commissione Pag. 76europea sui temi dello stato di diritto e sui margini di collaborazione tra opposizione parlamentare e KOD. Ha anche manifestato preoccupazione per l'approccio polacco ai temi dell'immigrazione, che appare caratterizzato da un rifiuto per culture diverse da quella mitteleuropea. Sul punto, l'onorevole Schetyna ha ricordato l'1,1 milioni di ucraini immigrati in Polonia anche a seguito della crisi con la Russia, molti dei quali in attesa di poter ricevere la cittadinanza polacca. Ha anche richiamato episodi di esperienze di accoglienza di scarso successo nei confronti dei profughi siriani. Circa il contenzioso comunitario, ha segnalato l'imminente impegno del Governo polacco a dare risposta alla Commissione sui temi dello stato di diritto.
  La delegazione ha poi interagito a livello governativo con il sottosegretario agli affari esteri Marek Ziòlkowski, a cui il presidente Cicchitto ha nuovamente posto l'esigenza che l'Italia e la Polonia affrontino i temi dell'immigrazione e del rapporto con la Russia in un contesto davvero europeo, di reciproca accoglienza. Il sottosegretario Ziòlkowski ha rivendicato il ruolo positivo del suo ministero nel coinvolgimento della Commissione di Venezia sui temi dello stato di diritto, che sono di competenza parlamentare. Quanto al rapporto con la Russia, ha segnalato la partecipazione del ministro degli esteri polacco alla giornata celebrativa dei 25 anni dalla nascita della Federazione russa rimarcando che non a caso Putin fu una delle voci contrarie a quel cambiamento, che implicava il riconoscimento della indipendenza delle ex repubbliche sovietiche, tra cui l'Ucraina, la Georgia e gli Stati baltici. Quanto all'Ucraina, l'errore è stato quello di non differenziare fin dall'inizio il modello ucraino da quello socialista e di procrastinare al 2014 la scelta a favore dell'Europa e dell'Occidente. Nel rimarcare l'assenza di soft power nell'approccio russo con l'Unione europea e con i Paesi confinanti, il sottosegretario Ziòlkowski ha condiviso l'analisi sugli svantaggi economici derivanti anche alla Polonia dalle sanzioni alla Russia, di cui ha auspicato la revoca solo contestualmente ad una soluzione della questione ucraina di pari gratificazione. Ha, quindi, illustrato il tentativo di Varsavia di scongelare parzialmente le relazioni con Mosca senza arrecare danno alla dinamica complessiva. Nel sottolineare che la prospettiva polacca dipende comunque dal quadro di sicurezza ucraino e nel considerare possibili relazioni ordinate tra Russia e Polonia, il sottosegretario ha provocatoriamente posto il quesito sulla possibilità che un Paese sanzionato dall'UE possa rapidamente trasformarsi in un partner. Sui temi delle quote di immigrati e della messa in comune di risorse economiche per un intervento in Medio Oriente, quali questioni focali per l'agenda europea, Ziòlkowski ha preso atto della valutazione della delegazione italiana sul carente apporto della Polonia, che va tuttavia inquadrato in un contesto di sicurezza interna e regionale interessato da migrazioni di massa da oltre 25 anni. La Polonia, impegnata peraltro in Africa con importanti progetti di cooperazione allo sviluppo, collabora con convinzione allo sviluppo di un sistema europeo di difesa.
  L'ulteriore incontro sul versante governativo è stato con il vice capo dell'Ufficio di Sicurezza Nazionale BBN, ministro Jaroslaw Brysiewicz, che ha rappresentato le ottime prospettive di collaborazione bilaterale in ambito militare. Quanto al problematico rapporto con la Russia, Brysiewicz ha richiamato le 10 mila vittime del conflitto russo-ucraino che non cessa ogni settimana di far registrare nuove perdite umane. Non è noto all'opinione pubblica europea che l'Ucraina ha perduto il 7 per cento del proprio territorio e il 20 per cento del suo potenziale economico e che secondo le stime dell'ONU ben 3 milioni di ucraini vivono al di sotto della soglia di povertà. Si registrano inoltre circa 100 incidenti armati al giorno, che documentano uno stato di guerra strisciante assai pericoloso per il futuro dell'Europa. In relazione al contesto descritto non si può escludere che i migranti provenienti dal Medio Oriente individuino l'Ucraina come anello debole lungo il confine Pag. 77europeo. Quanto all'area del Baltico, la presenza di minoranze russofone assai attive aggrava l'impatto dell'influenza di Mosca in quell'area. Da tale quadro si evince la volontà russa di ripristinare l'imperialismo sovietico e il controllo geopolitico in luogo di promuovere pace e stabilità. L'insicurezza crescente valorizza infatti Mosca come attore internazionale decisivo. Il colloquio ha incluso la critica negativa condivisa da parte sia polacca che italiana sull'accordo raggiunto dalla Cancelliera Merkel sul gasdotto North Stream a fronte del blocco del gasdotto South Stream, cruciale per l'Italia alla luce della crisi libica.
  Ai quesiti dell'onorevole Fava sulla fondatezza di un rischio di invasione russa nel Baltico o in Polonia e dell'onorevole Monaco circa gli obiettivi perseguiti dalla Russia attraverso un'aggressione che ne ha comunque leso l'immagine, Ziòlkowski ha dichiarato che la strategia russa ha per obiettivo il controllo dell'intero territorio ucraino, mentre i Paesi baltici debbono rappresentare un'area di continua verifica del rapporto di Mosca con la comunità internazionale. La Russia dispone infatti, grazie alle minoranze russofone, di strumenti adeguati ad una influenza asimmetrica se non addirittura a generare un conflitto con gli Stati del Baltico quando lo riterrà opportuno. La strategia russa lungo il confine orientale dell'Europa ha, infine, per obiettivo, quello di testare continuamente l'unità e il vincolo di solidarietà dell'Unione europea e della NATO. Questo spiega il significato profondo del conflitto con l'Ucraina che, se riguardasse davvero soltanto i due Paesi coinvolti, sarebbe già stato risolto sul piano militare. In realtà, esso rappresenta il terreno di confronto tra la Russia e il mondo occidentale. Sul piano militare, la Russia impedisce l'applicazione del trattato internazionale sui cieli aperti e si è ritirata da importanti accordi internazionali in tema di sicurezza; svolge un'intensa attività militare sull'area occidentale del proprio territorio e ammoderna le proprie dotazioni. Ha previsto simulazioni sull'uso delle armi nucleari e non esclude di svolgere un ruolo determinante sul Mar Mediterraneo a seguito dei successi militari conseguiti in Siria. Ziòlkowski ha invitato a guardare al fenomeno migratorio emergenziale come ad una sorta di arma non convenzionale finalizzata a destabilizzare l'Europa. In generale, Mosca opera per affievolire gli strumenti internazionali volti a tutelare la sicurezza nella regione, e ciò a fronte di un processo di integrazione nelle attività NATO avviato da molti anni che non consente di leggere la strategia di Putin come reazione ad un attivismo provocatorio dell'Alleanza Atlantica.
  A conclusione della missione, la delegazione ha quindi visitato il Campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.