CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 giugno 2016
655.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08887 Pelillo: Chiarimenti in merito alla decorrenza del termine entro il quale trasferire la residenza per poter usufruire delle agevolazioni fiscali prima casa nel caso di acquisto di immobili in costruzione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli onorevoli interroganti segnalano la problematica relativa alla possibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della «prima casa», nell'ipotesi di acquisto di immobili in corso di costruzione.
  Gli onorevoli rappresentano che detta fattispecie non trova alcuna esplicita collocazione all'interno della disciplina normativa di riferimento ma che la suddetta possibilità è stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione la quale, con numerose sentenze (ex plurimis: sentenza n. 10011/2009), ha sostenuto che le agevolazioni per l'acquisto della «prima casa» sono fruibili anche nel caso di acquisto di un immobile in corso di costruzione.
  Tuttavia, gli onorevoli evidenziano che devono ancora registrarsi criticità in merito alla corretta individuazione del dies a quo dal quale decorre il termine di 18 mesi previsto dalla lettera a), della Nota 11-bis all'articolo 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Testo unico registro), per fissare la residenza nel comune in cui è situato l'immobile acquistato, qualora si tratti di un edificio in corso di costruzione.
  Pertanto, gli onorevoli chiedono di assumere iniziative volte a chiarire definitivamente che il termine dei 18 mesi per trasferire la residenza, utile per usufruire delle agevolazioni fiscali «prima casa», qualora si tratti dell'acquisto di un immobile in corso di costruzione, decorre dalla data di rilascio del certificato di agibilità dell'immobile, così da salvaguardare i contribuenti che si sono trovati per causa di forza maggiore impossibilitati a trasferire la propria residenza nell'abitazione acquistata entro i termini previsti dalla legge.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  La disposizione di cui lettera a) alla nota II-bis), dell'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, prevede, tra le condizioni necessarie per usufruire delle agevolazioni «prima casa», solo quella che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca la propria residenza entro 18 mesi dall'acquisto.
  Il possesso di tale requisito ovvero l'impegno a trasferire la residenza deve essere attestato dall'acquirente, mediante il rilascio di un'apposita dichiarazione nell'atto di trasferimento dell'immobile.
  Con particolare riferimento all'applicabilità di tale previsione normativa, nel caso di acquisto di un immobile in corso di costruzione, la Corte di Cassazione, con recenti sentenze, ha avuto modo di precisare che non costituisce causa di forza maggiore la mancata ultimazione di un appartamento in costruzione, con la conseguenza che il mancato trasferimento della residenza nel comune in cui è situato l'immobile acquistato, nel termine di 18 mesi, costituisce l'inadempimento di un Pag. 152obbligo del contribuente, che determina la decadenza dal beneficio «prima casa» provvisoriamente accordato.
  In particolare, la Corte di legittimità ha affermato che: «La realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, obbligo che va rispettato, pena la decadenza dall'agevolazione, pure da parte dell'acquirente di un immobile in corso di costruzione, non essendo ravvisabili, in assenza di specifiche disposizioni normative, plausibili ragioni per differenziare, ai fini della fruizione dell'agevolazione in esame, il regime fiscale di siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato, tenuto conto del congruo margine di tempo concesso dal legislatore ai fini dell'attuazione della destinazione dichiarata in seno all'atto» (cfr., sentenze 26 marzo 2014, n. 7067, e 7 ottobre 2015, n. 20042); l'unica deroga ammessa al suddetto obbligo di trasferire la residenza è costituita dalla «sopravvenienza di un caso di forza maggiore e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligazione caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento» (cfr., sentenza n. 14399 del 7 giugno 2013).
  La Suprema Corte, con la sentenza 12 marzo 2015, n. 5015, ha altresì chiarito che: «... non integra l'evento inevitabile ed imprevedibile (e, dunque, una causa di forza maggiore), la mancata ultimazione di un appartamento in costruzione, atteso che, in assenza di specifiche disposizioni, non vi è ragione di differenziare il regime fiscale di un siffatto acquisto rispetto a quello di un immobile già edificato».
  Pertanto, i comportamenti tenuti dagli uffici dell'Agenzia delle entrate che hanno inviato avvisi di liquidazione per recuperare l'indebito utilizzo delle agevolazioni «prima casa», qualora gli acquirenti degli immobili in costruzione non abbiano provveduto a trasferire la residenza nel comune della relativa ubicazione entro 18 mesi dalla registrazione dell'atto pubblico di acquisto, devono ritenersi coerenti con la normativa di riferimento, così come interpretata dalla menzionata giurisprudenza di legittimità.
  Alla luce di quanto suesposto, l'Agenzia delle entrate sottolinea che non è possibile effettuare in via interpretativa il chiarimento auspicato dagli onorevoli interroganti.

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ALLEGATO 2

5-08888 Gebhard: Chiarimenti circa l'applicazione in misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali per i trasferimenti immobiliari effettuati nell'ambito di vendite giudiziarie.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'onorevole interrogante chiede chiarimenti interpretativi in merito all'articolo 16, comma 1 del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, con cui è stata modificata la disciplina fiscale applicabile ai trasferimenti immobiliari effettuati nell'ambito delle vendite giudiziarie, limitandone l'applicazione ai soggetti che svolgono attività di impresa e che si impegnano a trasferirli entro due anni.
  In particolare, l'onorevole interrogante chiede che venga precisato se l'agevolazione in parola possa trovare applicazione anche nel caso in cui l'acquirente dell'immobile, esercente attività di impresa, prima di rivendere il bene acquistato, nel termine di due anni, proceda alla trasformazione, demolizione o divisione dello stesso.
  Inoltre, l'onorevole chiede se il regime agevolativo in parola possa ritenersi applicabile anche nel caso in cui il trasferimento immobiliare, eseguito nell'ambito delle procedure giudiziarie di cui al citato articolo 16, avvenga a favore di una persona fisica, imprenditore agricolo, iscritto presso la camera di commercio.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, stabilisce che «Gli atti e i provvedimenti recanti il trasferimento della proprietà o di diritti reali su beni immobili emessi, a favore di soggetti che svolgono attività d'impresa, nell'ambito di una procedura giudiziaria di espropriazione immobiliare di cui al libro III, titolo II, capo IV, del codice di procedura civile, ovvero di una procedura di vendita di cui all'articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono assoggettati alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna a condizione che l'acquirente dichiari che intende trasferirli entro due anni».
  In base al comma 2 del citato articolo 16, inoltre, «Ove non si realizzi la condizione del ritrasferimento entro il biennio, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute nella misura ordinaria e si applica una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora di cui all'articolo 55, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. Dalla scadenza del biennio decorre il termine per il recupero delle imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria».
  Dalla lettura della riportata previsione normativa, emerge, dunque, che l'agevolazione si applica a condizione che si formalizzi l'impegno a vendere l'immobile entro due anni dall'acquisto e che tale impegno sia poi rispettato.
  In assenza di specifiche disposizioni normative che limitino l'applicazione della previsione agevolativa in argomento, deve ritenersi che la decadenza dall'agevolazione fruita in sede di acquisto non opera qualora l'immobile trasferito nell'ambito Pag. 154della procedura giudiziaria sia stato oggetto di interventi di demolizione, trasformazione o divisione prima della rivendita da effettuarsi entro il biennio dall'acquisto.
  Per quanto concerne, invece, la possibilità di riconoscere il trattamento agevolativo in argomento per i trasferimenti immobiliari a favore di piccoli imprenditori agricoli, iscritti presso la camera di commercio, si rileva che la norma in argomento trova applicazione nei confronti dei «soggetti che svolgono attività di impresa...».
  In considerazione dell'ampia formulazione utilizzata dal legislatore, l'Agenzia delle entrate precisa che il trattamento di favore previsto, ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale, deve essere riconosciuto, anche nel caso in cui il trasferimento avvenga a favore di un soggetto che svolge attività di impresa agricola.

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ALLEGATO 3

5-08733 Pisano: Modifiche alla disciplina concernente l'imputazione delle ritenute a titolo di acconto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli onorevoli interroganti ripropongono all'attenzione del Governo le criticità derivanti dalla disciplina di cui agli articoli 22 e 79 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), in merito allo scomputo delle ritenute a titolo d'acconto da parte delle società ai fini dell'IRES che determinerebbe notevoli complicazioni di carattere contabile e dichiarativo in conseguenza dello sfasamento temporale delle relative annotazioni, perdita del diritto alla detrazione in caso di omessa indicazione, salva la possibilità di effettuare una dichiarazione correttiva con conseguente aggravio di oneri.
  Pertanto, gli onorevoli chiedono se non ritenga opportuno rivedere la propria posizione in merito alla possibilità di consentire l'imputazione delle ritenute subite con il principio di cassa ovvero assumere iniziative per modificare gli obblighi dichiarativi, affinché l'amministrazione finanziaria possa ricevere in modo automatico, attraverso le dichiarazioni trasmesse dai sostituti di imposta, le informazioni necessarie per la verifica del corretto scomputo delle ritenute ex articolo 22, comma 1, lettera c).
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Come evidenziato in sede di risposta ai recenti atti di sindacato ispettivo richiamati dagli onorevoli interroganti, è opportuno preliminarmente osservare che la dichiarazione dei redditi costituisce lo strumento attraverso il quale rappresentare e mantenere la correlazione fra i redditi in essa dichiarati e l'imposta (Irpef o Ires) che sugli stessi deve essere assolta nel periodo d'imposta di riferimento.
  L'effettuazione della ritenuta a titolo d'acconto, costituendo una forma di prelievo anticipato rispetto alla nascita dell'obbligazione tributaria, fa sorgere in capo a chi la subisce un credito nei confronti dell'Erario, credito che, pertanto, viene fatto valere dal sostituito in sede di redazione della dichiarazione medesima.
  Le norme richiamate consentono, dunque, di rispettare tale correlazione attribuendo rilevanza a tutte le ritenute alla fonte operate fino alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi (principio di competenza). Solo in via «eccezionale» e, cioè, nell'ipotesi in cui le ritenute siano operate dopo tale termine, le stesse potranno essere scomputate dall'imposta relativa al periodo d'imposta in cui sono state operate (principio di cassa).
  Deve quindi precisarsi che l'articolo 22 del TUIR è diretto a favorire il sostituito consentendogli di scomputare per «competenza», anziché per «cassa», la ritenuta subita. L'applicazione di tale norma comporta necessariamente un disallineamento temporale tra la dichiarazione del sostituito, in cui è imputato per competenza il reddito cui la ritenuta accede, e la dichiarazione del sostituto di imposta, relativa all'anno solare in cui la ritenuta è stata operata. Costituisce comunque onere del sostituito conservare la documentazione atta a dimostrare di aver effettivamente subito la ritenuta e tenerne conto in sede di predisposizione Pag. 156della dichiarazione, indipendentemente dall'imputazione per «competenza» o per «cassa» della ritenuta.
  L'Agenzia delle entrate evidenzia che il controllo formale operato dagli uffici si basa sulla certificazione rilasciata dal sostituto e, solo ove tale certificazione non sia esibita dal contribuente, si richiede la dimostrazione del pagamento del corrispettivo al netto della ritenuta.
  Pertanto, il problema sollevato dagli onorevoli interroganti, relativamente alla sussistenza di presunti oneri amministrativi gravanti sui contribuenti e connessi alla dimostrazione dell'incasso del corrispettivo al netto della ritenuta, appare residuale.
  L'Agenzia delle entrate evidenzia, altresì, che la predisposizione di modelli dichiarativi, che tengano conto del particolare regime delle ritenute effettuate sui redditi tassati per competenza, potrebbe essere utile per verificare l'allineamento dei dati rilevati nelle dichiarazioni dei redditi con quelli esposti nelle dichiarazioni dei sostituti. Tuttavia, detta procedura comporterebbe a carico di questi ultimi, maggiori complessità di compilazione, a causa della analiticità dei dati da inserire e da verificare, in contrasto con le attuali tendenze alla semplificazione degli adempimenti dichiarativi.
  Infine, in relazione all'affermazione degli onorevoli interroganti per cui l'Agenzia delle entrate «non potrà che assoggettare ripetutamente le imprese sostituite al controllo formale», si fa presente che i controlli sono effettuati a campione e non riguardano tutte le imprese che subiscono la tipologia di ritenuta in esame.
  In merito ai dati forniti dall'Agenzia delle entrate nella risposta all'interrogazione n. 5-05950 del 1o luglio 2015, si precisa che il numero comunicato, pari a 58.885 controlli formali effettuati per l'anno d'imposta 2011, concerne tutte le ritenute diverse da quelle di lavoro dipendente. Tale dato, quindi, è riferibile solo per una parte minoritaria alla particolare tipologia di ritenute rappresentata dagli interroganti, riguardando soprattutto le ritenute sui redditi di lavoro autonomo.
  Di questi controlli, solo n. 20.152 hanno dato luogo a variazioni della dichiarazione, mentre per le restanti 38.733 posizioni non sono state operate «variazioni» e, di conseguenza, non sono stati effettuati recuperi d'imposta, né sono stati instaurati contenziosi.
  Inoltre, la valutazione dei costi del controllo formale rappresentata dagli onorevoli interroganti è sovrastimata, se si considera che il tempo unitario medio previsto per il controllo formale è pari a 45 minuti, rispetto alle 50 ore indicate dagli onorevoli interroganti.
  In ogni caso, l'Agenzia delle entrate sottolinea che la valutazione della proficuità dell'attività di controllo svolta ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 non può prescindere dal considerare anche l'effetto di deterrenza, diretto a prevenire i comportamenti evasivi, connaturato a tale tipologia di controlli.