CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 maggio 2016
641.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08547 Labriola: Estensione della durata della cassa integrazione guadagni riconosciuta ai lavoratori già occupati presso la società Taranto Container Terminal Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Labriola – inerente alla situazione occupazionale dell'impresa Taranto Container Terminal Spa, avente sede legale in Livorno e unità produttiva in Taranto ed esercente attività di operatore terminal container – passo a illustrare quanto segue.
  Preliminarmente, è opportuno ricordare che, il 16 giugno 2015, la Taranto Container Terminal Spa in liquidazione ha dato avvio – ai sensi degli articoli 4 e 24 delle legge n. 223 del 1991- ad una procedura di licenziamento collettivo nei confronti di 539 unità lavorative pari all'intero organico aziendale.
  La fase sindacale della predetta procedura si è conclusa, il successivo 3 agosto, con la stipula di un verbale di mancato accordo tra le parti e la conseguente apertura della successiva fase amministrativa presso la competente Provincia di Taranto.
  In considerazione della complessità della vicenda e della necessità di apprestare tutele in favore dei lavoratori coinvolti, la fase amministrativa è proseguita, su richiesta delle rappresentanze sindacali dei lavoratori, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  L'11 settembre 2015, infatti, presso il Ministero che rappresento, si è tenuto un incontro all'esito del quale le parti hanno sottoscritto un verbale di accordo con cui hanno definito la procedura di licenziamento collettivo in precedenza avviata sulla base del criterio della non opposizione al licenziamento. Le parti hanno altresì convenuto il ricorso da parte della Società al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) per cessazione di attività.
  Pertanto, su richiesta della società, i competenti uffici del Ministero che rappresento hanno provveduto – con decreto direttoriale del 5 novembre 2015 – all'approvazione del programma di CIGS presentato dalla società, finalizzato alla cessazione dell'attività, autorizzando, nel contempo, la corresponsione del trattamento di CIGS in favore di 533 lavoratori, per il periodo dal 12 settembre 2015 al 12 settembre 2016.
  Al riguardo, occorre precisare che una proroga del trattamento di CIGS – così come richiesto dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori – non è ammissibile in considerazione della effettiva cessazione di ogni attività aziendale nella società.
  Occorre peraltro considerare che la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali introdotta col decreto legislativo n. 148 del 2015 prevede, a decorrere dal 1o gennaio 2016, l'impossibilità di riconoscere il trattamento di CIGS nei casi di cessazione di attività.
  Ciò posto, faccio presente che lo scorso 24 febbraio, la società ha dato avvio ad una nuova procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività nei confronti di 524 lavoratori. Informo, in proposito, che, lo scorso 9 maggio, la fase amministrativa della predetta procedura – svoltasi presso la Provincia di Taranto – è stata definita in assenza di accordo tra le parti, a causa della mancata partecipazione delle rappresentanze sindacali dei lavoratori.
  Informo, inoltre, che è attualmente in corso la procedura per il rilascio di concessioni sul molo polisettoriale in precedenza Pag. 226occupato da Taranto Container Terminal Spa e che nel bando di gara l'Autorità portuale di Taranto ha previsto una premialità per l'impresa aggiudicataria che avesse provveduto all'assunzione dei dipendenti della società medesima.
  Da ultimo, posso assicurare che la situazione evidenziata dall'interrogante è all'attenzione del Ministero che rappresento il quale – nell'ambito del Tavolo sull'area di crisi industriale complessa di Taranto coordinato dal Ministero dello sviluppo economico – continuerà a monitorare i futuri sviluppi della vicenda, anche nella eventuale prospettiva di esaminarne le principali criticità.

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ALLEGATO 2

5-08217 Gnecchi: Quantificazione della platea dei beneficiari e degli oneri delle disposizioni di cui all'articolo 24, comma 15-bis, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 ed eventuale estensione dell'applicazione delle medesime disposizioni ai lavoratori autonomi e ai dipendenti pubblici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Gnecchi, con il quale si chiede di conoscere la quantificazione della platea dei beneficiari e degli oneri delle disposizioni di cui al comma 15-bis dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto decreto «Salva Italia»), rappresento quanto segue.
  Per quanto concerne il primo quesito, l'Inps ha rappresentato di non aver effettuato valutazioni sulla platea di lavoratori e lavoratrici del settore privato nati nel 1952. Ad ogni modo, faccio presente che nella nota di lettura (n. 115 di dicembre 2011) del Servizio del bilancio del Senato concernente il disegno di legge di conversione in legge del 201 del 2011 si stimavano in 55.000 i soggetti interessati alla regole speciali per i lavoratori dipendenti del settore privato che avrebbero maturato, sulla base della normativa previgente, i requisiti nell'anno 2012, per i quali l'accesso al pensionamento è consentito ad una età non inferiore a 64 anni.
  Per quanto riguarda la quantificazione degli oneri, la tabella n. 1 – che metto a disposizione della Commissione – mostra le stime previste nella relazione tecnica allegata all'emendamento che ha introdotto il comma 15-bis.
  Per quanto concerne il secondo quesito, non risulta effettuata alcuna quantificazione. Ricordo, peraltro, che al fine di dettare le istruzioni applicative del decreto-legge n. 201 del 2011 e in considerazione del dettato letterale del comma 15-bis, l'INPS, con la circolare n. 35 del 2012, condivisa dai Ministeri vigilanti, ha previsto l'applicazione di tale disposizione eccezionale esclusivamente ai lavoratori e alle lavoratrici che svolgevano attività di lavoro dipendente al momento dell'entrata in vigore della norma, ovverosia il 28 dicembre 2011. L'interpretazione letterale della disposizione riferisce, infatti, la nozione di dipendente al lavoratore in attività e non anche al lavoratore che ha perso il posto di lavoro.
  Per quanto concerne il terzo quesito, la tabella n. 2 – che metto a disposizione della Commissione – mostra una stima effettuata dall'Inps in merito ad una proposta di modifica normativa che prevede l'estensione dei requisiti del comma 15-bis ai lavoratori iscritti alla gestione separata e ai lavoratori autonomi. La platea dei lavoratori autonomi è stata identificata con lo specifico requisito della quota (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) prevista nell'anno 2012 dalla normativa previgente al cosiddetto decreto «Salva Italia», ovvero quota 97 con almeno 61 anni di età. Tale valutazione è riferibile quasi esclusivamente ai soggetti nati nel 1952.
  In riferimento al quarto quesito, la tabella n. 3 – che metto a disposizione della Commissione – mostra una stima effettuata dall'Inps in merito ad una proposta di modifica normativa che prevede l'estensione dei requisiti del comma 15 bis ai lavoratori del settore pubblico, ipotizzandone l'entrata in vigore dal 1o gennaio 2016. Pag. 228
  L'estensione del comma 15 bis anche alla gestione pubblica determinerebbe la possibilità:
   per le donne che nel 2012 avevano almeno 60 anni di età e 20 anni di contribuzione di accedere alla pensione al compimento dei 64 anni;
   per gli uomini che nel 2012 avevano raggiunto la quota 96 – con almeno 60 anni di età e 35 anni di contribuzione – di accedere alla pensione al compimento dei 64 anni.

  L'INPS ha, inoltre, precisato che tale stima ricomprende anche i lavoratori nati dopo il 1952 che maturano il requisito della quota 96 con almeno 60 anni di età.
  La valutazione è stata effettuata su tutte le posizioni assicurative della Gestione dipendenti pubblici (GDP) al netto dei pensionamenti fino a tutto settembre 2015, stimando le anzianità contributive e il comparto di appartenenza compreso il comparto scuola.
  II numero di lavoratori interessati, che maturano il requisito anagrafico di 64 anni nel periodo 2013-2017, è stimato in 44.300 unità (35.600 donne e 8.700 uomini) con importo medio annuo della pensione pari a 28.650 euro (27.800 euro per le donne e 32.000 euro per gli uomini).

Tabella n. 1

Anno 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
Maggiori spese correnti in milioni di Euro

10

15

20

23

425

635

450

200

50

Tabella n. 2

Anno   Maggiore numero di pensioni (migliaia di unità) Onere (+) / Risparmio (–) (milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)
2016 19,1 +230,0
2017 33,1 +447,3
2018 20,3 +349,4
2019 2,5 +170,1
2020 –14,7
2021 –14,8
2022 –14,8
2023 –14,7
2024 –14,5
2025 –14,3
Pag. 229

Tabella n. 3

   
Anno    
Maggiore numero di pensioni vigenti a fine anno
(migliaia di unità)
Onere/(Risparmio) spesa pensionistica
(milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)  
Onere/(Risparmio) TFS/TFR
(milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)  
Onere/(Risparmio) totale (-)
(milioni di euro al lordo degli effetti fiscali)  
2016 43,9 601,4 601,4
2017 38,6 1.182,9 1.182,9
2018 19,5 843,7 843,7
2019 2,4 333,8 (0,2) 333,6
2020 (101,9) (20,5) (122,4)
2021 (101,1) (119,3) (220,4)
2022 (100,1) (146,7) (246,8)
2023 (99,1) (26,2) (125,3)
2024 (98,1) (98,1)
2025 (97,1) (97,1)
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ALLEGATO 3

5-08552 Lombardi: Tutela sul piano occupazionale dei lavoratori della società I.M. Intermetro Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Lombardi concernente la tutela del piano occupazionale dei lavoratori della società I.M. Intermetro Spa, premetto che il problema sollevato dall'onorevole interrogante attiene ad ambiti di competenza e rilevanza locale.
  La vicenda, infatti, trae origine dalla progressiva ultimazione di vari lavori appaltati dal Comune di Roma alla società IM Intermetro S.p.A. aventi ad oggetto la progettazione, realizzazione, ammodernamento, ricostruzione e manutenzione straordinaria delle linee metropolitane A e B e della ferrovia concessa Roma-Lido, cui avrebbero fatto seguito, secondo quanto riferito dall'onorevole interrogante, una serie di accordi sindacali che prevedevano la tutela dei livelli occupazionali mediante assorbimento degli ex dipendenti della Intermetro Spa (attualmente in liquidazione volontaria) da parte delle società partecipate del Comune di Roma operanti nel settore dei trasporti e della mobilità, tra cui ATAC Spa e Roma Metropolitane Srl.
  Al riguardo, il Comune di Roma, espressamente interpellato, nel sottolineare che la società I.M. Intermetro Spa non è e non è mai stata partecipata da Roma Capitale, ha rappresentato che con lettera del 1o febbraio 2010 la società I.M. Intermetro Spa aveva comunicato alle organizzazioni sindacali di categoria e alla Regione Lazio, di dover procedere al licenziamento collettivo di 30 lavoratori, pari all'intero organico dell'unità produttiva di Roma, a seguito della decisione di cessare le attività.
  Inoltre il Comune di Roma ha riferito che in data 11 maggio 2010 risulta essere stato siglato un Accordo presso la Regione Lazio tra l'Assessorato alla mobilità e trasporti del Comune di Roma, l'Assessorato al Lavoro del Comune di Roma, la Regione Lazio, Intermetro Spa e le rappresentanze sindacali per l'avvio della procedura per il ricorso al trattamento di Cassa Integrazione Guadagni per i dipendenti impiegati di Intermetro. L'Accordo, di natura politica, prevedeva l'impegno da parte dell'Amministrazione Comunale di ricollocare presso le Società Roma Metropolitane Srl e ATAC Spa i lavoratori oggetto della procedura, in possesso delle necessarie qualifiche.
  Il 23 dicembre 2010 veniva emanata, dall'Assessore al Bilancio di Roma Capitale, una direttiva in materia di nuove assunzioni con la quale, nel rappresentare l'imminente approvazione di un nuovo regolamento per il reclutamento del personale all'interno del Gruppo Roma Capitale, si disponeva con effetto immediato l'inammissibilità della «chiamata diretta», bloccando tutte le procedure di selezione e di assunzione in corso.
  Il Comune di Roma ha ricordato la delibera n. 58 del 6 marzo 2015 che ha dettato, tra l'altro, disposizioni urgenti in materia di contenimento dei costi del personale, stabilendo che siano applicati i divieti e le limitazioni alle assunzioni di personale stabiliti dall'ordinamento per Roma Capitale. In particolare, la delibera dispone che venga assicurata, a decorrere dall'esercizio 2015, una graduale riduzione del rapporto tra spese di personale e spese correnti, conseguendo entro il termine del 31 dicembre 2015, il rispetto di determinati parametri. Pag. 231
  Secondo quanto riferito dal Comune di Roma, pertanto, fino al raggiungimento dei parametri predeterminati, è disposto un tassativo divieto di assunzione di personale ascrivibile al tempo indeterminato e a qualunque tipologia di forma flessibile.
  Voglio chiarire, inoltre, che I.M. Intermetro Spa è un soggetto privato, già appaltatore di lavori pubblici per conto del Comune di Roma, in quanto tale chiaramente estraneo al perimetro delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Pertanto, al personale dipendente di tale società non trova applicazione il decreto legislativo 165 del 2001 e, più in generale, la normativa in materia di pubblico impiego.
  Ricordo, altresì, che l'articolo 1, commi 424 e 425, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) e l'articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 192 del 2014 hanno poi previsto, come è noto, il divieto di procedere a nuove assunzioni a valere sui budget 2015 e 2016, fatta salva l'immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della legge 190 del 2014.
  Sul punto preciso che le società partecipate del Comune di Roma – ad opera delle quali si ipotizza nell'interrogazione il riassorbimento del personale già dipendente della Intermetro Spa – non rientrano nel novero delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, né tanto meno tra le amministrazioni destinatarie delle previsioni di cui ai sopra richiamati articolo 1, commi 424 e 425, della legge n. 190 del 2014 e articolo 7, comma 2-bis, del decreto-legge n. 192 del 2014.
  Faccio presente, inoltre, che il Dipartimento della funzione pubblica, espressamente interpellato ha reso noto che la richiesta menzionata nel testo dell'interrogazione indirizzata dalle organizzazioni sindacali al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ai fini del superamento di un presunto blocco delle assunzioni applicabile al caso in esame non risulta agli atti dell'Ufficio.
  Da ultimo, voglio evidenziare che il Ministero che rappresento è già intervenuto in favore dei lavoratori interessati dalla vicenda autorizzando il trattamento di integrazione salariale per il periodo dal 18 maggio 2010 al 17 maggio 2011.
  Pertanto, sarà cura del Ministero che rappresento prestare attenzione alla vicenda in parola, continuando a monitorarne gli ulteriori sviluppi al fine di valutare – qualora richiesto – ogni possibile soluzione volta a tutelare la posizione dei lavoratori e delle loro famiglie, tenuto anche conto degli istituti di tutela dei lavoratori finora attivati.

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ALLEGATO 4

5-08393 Tripiedi: Iniziative volte a migliorare la qualità dell'occupazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il presente atto parlamentare, gli onorevoli Tripiedi e altri fanno riferimento a un articolo, pubblicato su una testata giornalistica on-line, concernente gli esiti di una recente indagine avviata dall'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ed avente ad oggetto la qualità del lavoro nei Paesi ad essa aderenti. L'indagine, in particolare, ha preso in considerazione – quali indicatori oggettivi della qualità del lavoro – l'adeguatezza delle retribuzioni, la sicurezza nel mercato di lavoro e la qualità degli ambienti di lavoro.
  Al riguardo – fermo restando l'apprezzamento più volte mostrato dal Governo per le iniziative di organismi sovranazionali finalizzate a valutare le condizioni del mercato del lavoro in una prospettiva più ampia di quella meramente quantitativa – occorre evidenziare che il sistema di monitoraggio messo a punto dall'OCSE si basa – come peraltro riportato nello stesso articolo citato dagli interroganti – su dati raccolti da fonti statistiche non aggiornate alla data odierna.
  In particolare, per quanto attiene agli indicatori sulle remunerazioni e sul livello di sicurezza del mercato del lavoro, gli ultimi dati disponibili per l'Italia si riferiscono rispettivamente al 2012 e al 2013, mentre, per quanto attiene alla qualità dell'ambiente di lavoro, nell'articolo viene estrapolato un solo dato relativo al 2015 e cioè la percentuale dei lavoratori che riferiscono di lavorare sotto pressione.
  Una più completa conferma circa il grado e il livello di aggiornamento delle informazioni che stanno a base della ricerca dell'OCSE può aversi visitando l'apposita sezione dedicata agli indicatori in oggetto sul sito internet dell'OCSE stessa.
  È, quindi, del tutto evidente che il deterioramento della qualità del lavoro lamentato dai firmatari – e in parte ripreso dai dati OCSE – non può essere riconducibile all'azione di questo Governo e al Jobs Act.
  A tal proposito, mi pare opportuno ricordare che – in base agli ultimi dati forniti dall'INPS lo scorso 19 aprile – nel corso del 2015 il numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato nel settore privato, tra nuove assunzioni e trasformazioni di altre tipologie contrattuali, è stato pari a 2 milioni e 674 mila (un milione in più rispetto all'anno precedente). E ancora, sempre nel 2015, la variazione netta dei contratti di lavoro a tempo indeterminato (e cioè il numero delle attivazioni meno quello delle cessazioni) è stata positiva per oltre 911 mila unità, a fronte di un calo di 50 mila posizioni nel 2014. Anche considerando l'anticipo di assunzioni avvenuto a dicembre e legato alla diminuzione della decontribuzione prevista per il 2016, il saldo resta comunque ampiamente positivo.
  In termini percentuali, le misure adottate dal Governo hanno consentito di innalzare la quota dei nuovi contratti a tempo indeterminato, sul totale dei nuovi contratti, dal 15,6 per cento del 2014 al 22,8 per cento del 2015.
  Se si escludono poi dal computo i contratti a tempo determinato di durata inferiore a un mese – che rispondono a esigenze di brevissima durata e non sono Pag. 233evidentemente sostituibili con altre tipologie contrattuali – la quota di assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato è cresciuta in un solo anno dal 20,4 per cento al 29,8 per cento.
  Secondo i dati recentemente rilasciati dall'ISTAT, nel marzo 2016 si registrano 263 mila occupati in più, 274 mila disoccupati in meno e 125 mila inattivi in meno. E ancora nello stesso mese, il tasso di disoccupazione, pari all'11,4 per cento (-1,1 punti percentuali rispetto a marzo 2015), è ai minimi dal 2012.
  Positivo è anche il dato relativo al tasso di disoccupazione giovanile che, sebbene ancora troppo elevato (36,7 per cento), diminuisce di 5,4 punti rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
  In conclusione, mi sembra, dunque, che i dati aggiornati suggeriscono una risposta positiva al quesito contenuto nell'articolo citato dagli interroganti, e riguardante la qualità dei posti di lavoro creati a seguito del Jobs Act come indicatore del funzionamento del complesso delle norme varate dal Governo in materia di lavoro.

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ALLEGATO 5

7-00963 Rizzetto, 7-00979 Miccoli, 7-00981 Lombardi, 7-00982 Polverini e 7-00984 Simonetti: Iniziative per la tutela sul piano occupazionale dei dipendenti della società Alitalia Maintenance Systems.

TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La XI Commissione,
   premesso che:
    Alitalia Maintenance Systems (AMS) è una società nata nel luglio del 2003 da una costola di Alitalia – LAI, con sede in Fiumicino (Roma), e rappresenta un'eccellenza nazionale nel settore delle complesse attività di manutenzione, revisione e riparazione di motori, componenti aeronautici e aeroderivati, nonché di compravendita e leasing di APU (auxiliary power unit);
    il 24 settembre 2015 è stata respinta la richiesta di concordato preventivo presentato dalla società;
    in data 30 settembre 2015, con sentenza n. 839, il tribunale civile di Roma ha dichiarato il fallimento della società (fallimento n. 828 del 2015) con la conseguente nomina di un curatore fallimentare;
    alla medesima data 240 lavoratori impiegati venivano sospesi dal lavoro e posti in cassa integrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 223 del 1991, con scadenza il 14 aprile 2016;
    al fine di individuare ogni strumento utile e necessario alla salvaguardia dei livelli occupazionali in costanza di rapporto di lavoro, i curatori fallimentari e le organizzazioni sindacali si sono incontrati presso la Regione Lazio il 13 e il 15 gennaio 2016;
    nel corso dell'ultimo incontro si è giunti ad un accordo per la concessione di tre mesi di cassa integrazione in deroga per un numero massimo di 177 lavoratori fino al 14 aprile 2016;
    in attesa di manifestazioni d'interesse da parte di eventuali acquirenti, in data 14 marzo 2016 AMS ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per tutta la forza lavoro, con conseguente collocazione in mobilità di 177 dipendenti, «strutturalmente esuberanti rispetto alle esigenze aziendali dell'unità produttiva di Fiumicino (Roma)»;
    il 25 marzo 2016, la curatela fallimentare ha pubblicato un bando per una procedura competitiva ad evidenza pubblica per la vendita del ramo d'azienda AMS fissando il termine per la presentazione delle offerte al 5 maggio 2016;
    la prima fase della procedura prevista dalla legge n. 223 del 1991, si è esaurita il 13 aprile 2016 con un verbale di mancato accordo tra le parti e le organizzazioni sindacali in causa hanno chiesto la prosecuzione del confronto in sede istituzionale;
    nell'incontro svoltosi in data 14 aprile, ai sensi dell'articolo 4, comma 7, della legge n. 223 del 1991, le organizzazioni sindacali hanno chiesto: «ulteriori forme di sostegno al reddito al fine di arrivare alla chiusura del bando pubblicato», nonché «la sospensione su base volontaria del rapporto di lavoro fino alla data di chiusura del bando»;Pag. 235
    in merito a tale ultima richiesta, la curatela ha comunicato l'impossibilità di procedere alla sospensione per carenza di continuità aziendale;
    la Regione Lazio, pur avendo evidenziato di essere impossibilitata dal quadro normativo vigente a «concedere o prorogare» altro ammortizzatore «conservativo», ha ribadito la disponibilità, anche in accordo con il Ministero dello sviluppo economico, di monitorare gli eventuali sviluppi connessi alla vendita «anche al fine di favorire il riassorbimento dei lavoratori» e «a valutare l'attivazione di interventi volti a sostenere i lavoratori e le imprese che operano nel settore dell'aeromobile attraverso la nuova programmazione comunitaria 2014-2020 e attraverso il rifinanziamento dell'articolo 16 della legge regionale 24 dicembre 2008, n. 31»;
    il prolungato fermo produttivo rischia di determinare inevitabili ripercussioni negative sui macchinari e sulle competenze dei lavoratori e, di conseguenza, sulla competitività dell'azienda;
     i lavoratori della società AMS possiedono notevoli competenze specialistiche che rischiano di andare disperse qualora le attività di manutenzione per conto di Alitalia fossero affidate a operatori con stabilimenti all'estero;
    nel passato anche gli enti territoriali hanno effettuato consistenti investimenti su AMS in termini di formazione e sviluppo di nuovi processi, con l'importante risultato di formare lavoratori altamente specializzati e con notevoli competenze in campo aeronautico, in grado di poter svolgere attività anche in altri campi, come quello militare, in cui già in passato hanno operato, e in quello delle turbine a gas;
    è opportuno assumere tutte le iniziative necessarie, allo scopo di garantire la tutela occupazionale dei lavoratori di AMS e il rilancio di una realtà produttiva strategica, che rappresenta l'unica eccellenza motoristica nel campo della revisione aeronautica nel nostro Paese,

impegna il Governo:

   a valutare ogni iniziativa per assicurare il sostegno dei lavoratori della società Alitalia Maintenance Systems (AMS) nelle more del completamento della gara a evidenza pubblica;
   a sostenere, per quanto di competenza, ogni iniziativa utile alla salvaguardia dei livelli occupazionali e del patrimonio di competenze e specializzazioni dei lavoratori della società Alitalia Maintenance Systems (AMS), con particolare riferimento al mantenimento delle attività nel territorio italiano e alla continuità dei rapporti di lavoro di tutti i lavoratori con la società acquirente e, in assenza di offerte nell'ambito della gara ad evidenza pubblica, a valutare, nell'ambito delle proprie competenze, ogni iniziativa utile a promuovere la ricollocazione occupazionale dei lavoratori della società.
(8-00180) «Damiano, Rizzetto, Miccoli, Lombardi, Polverini, Simonetti, Albanella, Casellato, Chimienti, Ciprini, Cirielli, Cominardi, Dall'Osso, Gnecchi, Gribaudo, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rampelli, Saltamartini, Taglialatela, Tripiedi, Totaro».

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ALLEGATO 6

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (COM(2016)128 final).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (COM(2016)128 final);
   considerato che la proposta mira a modificare la vigente normativa europea, contenuta nella direttiva 96/71/CE, al fine di superare le criticità che si sono evidenziate, in sede di attuazione della medesima direttiva, con riferimento alla possibilità che, tra lavoratori distaccati e lavoratori locali, si creino differenze retributive che comportino vantaggi a favore delle imprese distaccanti, nonché alla necessità di introdurre norme più stringenti per quanto attiene alla somministrazione transnazionale di lavoro interinale;
   constatato che sulle modalità di superamento delle richiamate criticità e sull'opportunità dell'adozione di uno specifico provvedimento non si è raggiunto un pieno accordo tra gli Stati membri, in quanto ai Paesi che ritengono necessario un tempestivo intervento, al fine di garantire ai lavoratori distaccati parità di trattamento con i lavoratori del Paese ospitante, si contrappongono quelli che auspicano il rinvio di un intervento in materia, reputando utile continuare a verificare gli effetti dell'applicazione della disciplina vigente;
   apprezzata la posizione assunta dal Governo italiano che, nella Relazione programmatica relativa alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2016 (Doc. LXXXVII-bis, n. 4), ha espresso il suo impegno nel processo di revisione della direttiva 96/71/CE con la finalità di scongiurare il dumping sociale;
   considerato che anche nella relazione trasmessa alle Camere dal Governo, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, si esprime un giudizio complessivamente favorevole sulla proposta di direttiva, pur rappresentandosi talune osservazioni circa la formulazione del testo normativo, e si evidenzia come la proposta abbia la finalità di rafforzare il contrasto delle pratiche sleali e di promuovere il principio di parità di trattamento dei lavoratori;
   osservato che nel 2014 è stata approvata la direttiva 2014/67/UE, la cosiddetta «direttiva di applicazione», con l'obiettivo di rafforzare l'efficacia delle regole relative al distacco dei lavoratori attraverso il contrasto delle frodi e dell'elusione delle norme e il miglioramento dello scambio di informazioni tra gli Stati membri;
   rilevato che è all'esame di questa Commissione lo schema di decreto legislativo per il recepimento di tale direttiva (Atto n. 296), adottato in attuazione della delega di cui alla legge 9 luglio 2015, n. 114, e che il relativo decreto legislativo dovrà essere emanato entro il 18 giugno 2016;Pag. 237
   ritenuto che il recepimento nell'ordinamento interno della direttiva 2014/67/UE e l'adozione della proposta di direttiva in esame possano contribuire, in modo sinergico, al rafforzamento del contrasto di fenomeni di utilizzo abusivo del distacco dei lavoratori nell'ambito degli Stati membri dell'Unione europea;
   evidenziato che i dati forniti dalla Commissione europea nella valutazione di impatto allegata alla proposta di direttiva in esame evidenziano come il fenomeno del distacco dei lavoratori sia in continua crescita;
   osservato che una ridotta tutela dei diritti dei lavoratori distaccati, oltre a determinare un indebolimento delle protezioni riconosciute nel territorio di uno Stato membro, attribuisce un ingiustificato vantaggio competitivo alle imprese distaccanti, con effetti distorsivi sul mercato unico europeo;
   considerato che l'articolo 1, punto 1, della proposta di direttiva introduce nella direttiva 96/71/CE un articolo 2-bis, il quale, per evitare il ricorso da parte delle imprese all'utilizzo strumentale del distacco dei lavoratori con finalità di concorrenza sleale, prevede che, qualora il distacco abbia durata superiore ai ventiquattro mesi, lo Stato membro nel cui territorio è distaccato il lavoratore sia considerato quello di abituale svolgimento del lavoro e, al fine di evitare elusioni di tale previsione, precisa che, in caso di sostituzione di lavoratori distaccati, che espletano le stesse mansioni nello stesso posto, viene presa in considerazione la durata complessiva dei periodi di distacco dei lavoratori interessati, per quanto riguarda i lavoratori che sono distaccati per una durata effettiva di almeno sei mesi;
   rilevato che tale ultimo termine temporale risulta superiore alla durata media dei distacchi, che, come evidenziato anche nella documentazione allegata alla proposta di direttiva, è di circa quattro mesi;
   apprezzato che la lettera a) del punto 2 dell'articolo 1 della proposta di direttiva dispone l'estensione dell'applicabilità ai lavoratori distaccati dei contratti collettivi relativi a tutti i settori dell'economia, attualmente, di fatto, limitata al solo settore dell'edilizia, nonché delle disposizioni sulla retribuzione applicabili ai lavoratori locali sulla base di previsioni legislative, regolamentari o contrattuali;
   considerato che, per effetto di tale norma, si passa dal riconoscimento ai lavoratori distaccati delle tariffe minime salariali alla garanzia delle condizioni di lavoro relative alla retribuzione, includendo anche elementi ulteriori, quali i bonus o le indennità, ove spettanti;
   rilevato che, come evidenziato anche dal Governo nella relazione trasmessa ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, tale riferimento alla retribuzione potrebbe comportare difficoltà di applicazione, in quanto, nell'ordinamento italiano, non esiste una definizione univoca di retribuzione alla quale rifarsi per l'equiparazione piena ed effettiva in tutti gli elementi richiamati dalla proposta di direttiva, ma solo salari determinati dalla contrattazione collettiva;
   osservata, peraltro, anche l'esistenza di difficoltà nella definizione della misura delle tariffe minime salariali, individuate, in assenza di contratti collettivi validi erga omnes, attraverso un'interpretazione giurisprudenziale costituzionalmente orientata alla luce delle previsioni dell'articolo 36 della Costituzione;
   rilevato che la lettera b) del punto 2 dell'articolo 1 della proposta di direttiva conferisce agli Stati membri la facoltà di imporre alle imprese, su base non discriminatoria e proporzionata, di subappaltare solo alle imprese che garantiscono ai lavoratori distaccati nel proprio territorio determinate condizioni di lavoro e di occupazione, comprese quelle derivanti dai contratti collettivi di applicazione non generale, purché gli stessi obblighi siano imposti a tutti i subcontraenti nazionali;
   osservato che, come risulta anche dalla relazione trasmessa dal Governo ai Pag. 238sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nell'ordinamento interno mancano disposizioni che limitino il subappalto in relazione al riconoscimento di determinate condizioni di lavoro o di occupazione;
   preso atto che le lettere c) e d) del punto 2 dell'articolo 1 introducono l'obbligo per gli Stati membri, in luogo dell'attuale previsione di una mera facoltà, di disporre che le imprese transfrontaliere di lavoro temporaneo garantiscano ai lavoratori distaccati le medesime condizioni applicate dalle agenzie nazionali di lavoro interinale ai propri lavoratori impiegati nel territorio nazionale;
   considerato che il principio della parità di trattamento è già recepito pienamente nel nostro ordinamento, nell'ambito della disciplina del distacco e della somministrazione, sia nazionale che internazionale, dagli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 72, e dall'articolo 35 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
   constatata l'assenza nel testo della proposta di direttiva di norme di dettaglio riguardanti la disciplina della prestazione di servizi transfrontalieri nel settore del trasporto su strada, che è segnalato come uno degli aspetti su cui la normativa vigente si è dimostrata carente;
   considerato il parere dalla XIV Commissione sulla proposta di direttiva, espresso in data 11 maggio 2016, che sarà trasmesso, unitamente a questo documento finale, alle Istituzioni europee nell'ambito del cosiddetto dialogo politico,
   esprime una

VALUTAZIONE POSITIVA
  con le seguenti osservazioni:
   a) in ambito europeo:
    1) si esprima apprezzamento per l'espressa affermazione, contenuta nella relazione allegata alla proposta di direttiva, del principio che lo stesso lavoro nello stesso posto debba essere retribuito allo stesso modo e per la conseguente scelta di operare una revisione mirata della direttiva sul distacco dei lavoratori per contrastare le pratiche sleali;
    2) si segnali l'esigenza di prevedere una più ridotta durata temporale per i distacchi cui applicare la disciplina di cui all'articolo 1, punto 1, della proposta di direttiva, in quanto la fissazione di un limite di ventiquattro mesi non appare idonea ad arginare fenomeni elusivi della normativa dell'Unione europea;
    3) con riferimento alle disposizioni dell'articolo 1, punto 1, si segnali, in ogni caso, l'opportunità di precisare che, anche al di sotto del limite previsto dal nuovo articolo 2-bis della direttiva 96/71/CE, sia possibile verificare la genuinità della temporaneità del distacco sulla base degli indici indicati dall'articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2014/67/UE;
    4) anche in relazione alla prospettata riduzione del limite di ventiquattro mesi previsto dal nuovo articolo 2-bis della direttiva 96/71/CE, si valuti l'esigenza di ridurre il termine di sei mesi indicato dal paragrafo 2 del medesimo articolo 2-bis, al fine di assicurare l'efficacia di tale norma antielusiva;
    5) si segnali l'esigenza di individuare un percorso che porti, in tempi certi e ragionevolmente contenuti, all'adozione di disposizioni specifiche per il settore dell'autotrasporto;
   b) sul piano nazionale:
    1) si rileva che il richiamo, introdotto dall'articolo 1, punto 2, della proposta di direttiva, a tutti gli elementi della retribuzione resi obbligatori da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali impone l'individuazione, in ambito nazionale, delle voci retributive da considerare obbligatorie, assumendo come riferimento i contratti collettivi come individuati dall'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
    2) si ravvisa l'esigenza di porre in essere tutte le misure utili ad assicurare il Pag. 239corretto ricorso all'istituto del distacco, rafforzando l'efficacia delle disposizioni già vigenti nell'ordinamento interno attraverso opportune previsioni di carattere amministrativo tese a favorire i controlli di carattere ispettivo, anche mediante la predisposizione di una copia in lingua italiana delle buste paga dei lavoratori stranieri distaccati in Italia;
    3) si invita a valutare l'opportunità di introdurre ulteriori previsioni di rango primario volte, in particolare a rivedere le disposizioni del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, relative al regime autorizzatorio delle agenzie per il lavoro, al fine di richiedere che, in caso di somministrazione transnazionale di lavoro da parte di agenzie autorizzate allo svolgimento di tale attività in altri Stati membri dell'Unione europea, vi sia una preventiva comunicazione dell'avvio della somministrazione alle autorità competenti.