CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 aprile 2016
630.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-08355 Dall'Osso: Tutela dei livelli occupazionali nello stabilimento Alstom di Bologna.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Dall'Osso – inerente alla situazione produttiva e occupazionale della sede Alstom Ferroviaria Spa di Bologna – faccio presente che la Alstom Ferroviaria Spa – appartenente al gruppo francese Alstom – rappresenta, sia per il numero e l'importanza dei progetti realizzati che per il loro contenuto tecnologico, una delle principali realtà industriali italiane nel settore ferroviario. Il sito di Bologna, in particolare, costituisce, a oggi, un centro di eccellenza mondiale per i sistemi di segnalamento ferroviario che garantisce occupazione a centinaia di famiglie e sviluppo all'intero territorio emiliano. Presso il predetto sito sono occupati oltre 600 dipendenti.
  Ciò posto, per quanto riguarda la gara a evidenza pubblica avente ad oggetto la fornitura di nuovi treni, la regione Emilia-Romagna ha precisato che la individuazione del fornitore non è di propria competenza bensì di Trenitalia spa, quale capogruppo dell'associazione di imprese risultata vincitrice. Tale procedura risulta essere ad oggi in fase avanzata.
  Lo scorso 16 marzo, presso la sede Assolombarda di Milano, si è tenuto un incontro tra i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori. In tale occasione, la Società ha presentato un progetto di riorganizzazione che prevede, per il sito di Bologna, ventidue esuberi e undici trasferimenti.
  Gli esuberi, in particolare, sono stati determinati dalla decisione aziendale di chiudere il reparto produttivo e razionalizzare il settore della logistica.
  I trasferimenti invece sono riconducibili alla scelta di trasferire presso la sede di Sesto San Giovanni le attività di manutenzione, riparazione e assistenza tecnica.
  Proprio in data odierna è stato fissato un ulteriore incontro tra le Parti per la discussione del progetto di riorganizzazione presentato dalla Società.
  In siffatto contesto, la regione Emilia-Romagna, espressamente interpellata, ha manifestato la disponibilità a seguire con attenzione l'evolversi della situazione, in considerazione della rilevanza che la Alstom Ferroviaria spa riveste per il territorio e per il settore di appartenenza.
  Inoltre, ad oggi, non risulta essere pervenuta al Ministero che rappresento alcuna richiesta per l'esame della situazione occupazionale dei lavoratori del sito Alstom Ferroviaria spa di Bologna. In ogni caso, posso confermare la piena disponibilità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali a valutare, qualora richiesto, ogni possibile soluzione in ordine alla vicenda aziendale posta all'attenzione con il presente atto parlamentare, mettendo in campo tutti gli strumenti previsti dalla normativa vigente per la salvaguardia dei livelli occupazionali.

Pag. 159

ALLEGATO 2

5-05855 Dell'Aringa: Attestazione della regolarità contributiva nei casi di responsabilità solidale tra imprese.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole interrogante – con il presente atto parlamentare – pone all'attenzione del Governo il tema dell'attestazione della regolarità contributiva nei casi di responsabilità solidale tra le imprese.
  Il comma 2 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 276 del 2003 stabilisce che, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente è obbligato in solido con l'appaltatore e con gli eventuali subappaltatori, entro il limite di due anni dalla conclusione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto. Tale disposizione risulta finalizzata a garantire, tra l'altro, l'effettività dei versamenti previdenziali ed assistenziali mediante l'estensione dell'obbligo di corresponsione ad un soggetto giuridico terzo (impresa committente) che si avvale, sulla base di un contratto di appalto o di subappalto, delle prestazioni eseguite dall'obbligato principale (impresa appaltatrice). Tale vincolo solidale opera esclusivamente in relazione all'omissione, riscontrata anche in sede di verifica ispettiva, dei versamenti relativi al periodo di esecuzione dell'appalto e limitatamente all'importo dello stesso, seppur resta salva l'azione di regresso da parte dell'impresa committente.
  Il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) è il documento che attesta la regolarità contributiva di una impresa nei confronti di INPS, dell'INAIL e, nel caso di aziende che applicano il contratto collettivo dell'edilizia, nei confronti della Cassa edile.
  Tale documento è stato introdotto al fine di semplificare gli adempimenti posti a carico delle imprese:
   ai fini del conseguimento di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari e vantaggi economici, di qualunque genere;
   nell'ambito delle procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubblici e nei lavori privati dell'edilizia – in relazione alle quali l'acquisizione del DURC è finalizzata ad evitare che le imprese, in violazione dei principi di concorrenza leale, possano trarre vantaggio dalla mancata osservanza delle disposizioni in materia di sicurezza sociale;
   per il rilascio dell'attestazione SOA (la certificazione obbligatoria per la partecipazione a gare d'appalto).

  L'articolo 4 del decreto-legge n. 34 del 2014 ed il successivo decreto di attuazione (decreto ministeriale 30 gennaio 2015), con l'intento di semplificare ulteriormente il rilascio del DURC, ne hanno modificato la disciplina prevedendo che:
   la verifica di regolarità contributiva avvenga con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale, indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare;
   la verifica riguardi i pagamenti scaduti sino all'ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata;Pag. 160
   la risultanza dell'interrogazione ha validità di centoventi giorni dalla data di acquisizione.

  Il DURC certifica la regolarità dei versamenti previdenziali come risultanti dal riscontro tra le denunce presentate dalle aziende e i versamenti dalle medesime eseguiti. Di conseguenza, se il datore di lavoro occupa irregolarmente dei lavoratori, tale circostanza non può risultare dal DURC ma potrà essere accertata solo all'esito di una specifica verifica ispettiva.
  Il DURC, d'altro canto, attesta una situazione di regolarità contributiva che, in ragione della tempistica dei flussi delle denunce e dei pagamenti, si riferisce ai due mesi antecedenti la prima richiesta.
  Le risultanze del DURC, dunque, vanno valutate tenendo in considerazione quanto appena rappresentato.
  In particolare, tenendo conto che, come già accennato, se le imprese effettuano denunce contributive non veritiere (ad esempio, omettono di regolarizzare un dipendente o lo regolarizzano in modo difforme da quanto dovuto), ciò non incide sul rilascio del DURC. Per ovviare a tale inconveniente o, comunque, limitarlo, sarebbe necessario che il rilascio di ogni DURC fosse preceduto da un'apposita verifica ispettiva; il che, considerato il numero di DURC chiesti e rilasciati, appare difficilmente praticabile.

Pag. 161

ALLEGATO 3

Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace.
(C. 3672 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato, per quanto di competenza, il disegno di legge Atto Camera n. 3672, approvato dal Senato della Repubblica, recante delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace;
   apprezzato l'intento del provvedimento, volto ad attuare una riforma organica della magistratura onoraria, da tempo attesa;
   rilevato che, tra i principi e i criteri direttivi della delega, elencati all'articolo 2, è prevista, al comma 3, lettera d), la preclusione della nomina a magistrato onorario per i soggetti che, pur essendo in possesso dei requisiti previsti, risultano collocati in quiescenza;
   osservato che, tra i medesimi principi e criteri direttivi, è prevista, al comma 5, lettera c), l'esclusione dell'applicazione dei giudici onorari di pace per la trattazione di procedimenti civili in materia di rapporti di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie;
   considerato che, al comma 7, lettera g), si prevede il riconoscimento di un titolo di preferenza a parità di merito nei concorsi indetti dalle amministrazioni dello Stato per i magistrati onorari confermati per due quadrienni, in relazione al quale potrebbe essere opportuno valutare, ai fini dell'attuazione della delega, le professionalità per le quali esso possa essere fatto valere;
   evidenziato che il successivo comma 13, lettera e), prevede la corresponsione, in favore dei magistrati onorari che raggiungono gli obiettivi prefissati, di una indennità in misura non inferiore al 15 per cento e non superiore al 50 per cento della parte fissa loro dovuta, per la quantificazione della quale non sono, peraltro, fissati specifici criteri;
   rilevato che il criterio direttivo di cui al comma 13, lettera l), stabilisce la costituzione di un regime previdenziale e assistenziale compatibile con la natura onoraria dell'incarico, senza oneri per la finanza pubblica, prevedendo l'acquisizione delle risorse necessarie mediante misure incidenti sull'indennità;
   osservato che, ai fini dell'attuazione della delega, appare rilevante individuare la gestione previdenziale in cui saranno iscritti i magistrati onorari e definire in modo puntuale la configurazione del nuovo sistema pensionistico, anche alla luce della circostanza che molti dei magistrati onorari in servizio hanno già una propria copertura previdenziale, nonché definire le caratteristiche delle tutele previdenziali e assistenziali da assicurare,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

Pag. 162

ALLEGATO 4

Documento di economia e finanza 2016.
(Doc. LVII, n. 4 e allegati)

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato, per le parti di competenza, il Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4) e i relativi allegati;
   considerato che il Documento provvede all'individuazione degli obiettivi programmatici per il periodo 2016-2019, riferiti, da un lato, alla finanza pubblica e alla politica economica e, dall'altro, alle misure da adottare nell'ambito della strategia europea di riforme per una crescita sostenibile e inclusiva in un contesto economico sicuramente migliorato rispetto agli anni precedenti, dal momento che nel 2015 l'economia italiana è tornata a crescere, dopo tre anni consecutivi di contrazione, e nello stesso anno si sono riscontrati un incremento dell'occupazione e un calo della disoccupazione;
   osservato che per l'anno 2016 si prospetta una prosecuzione e un rafforzamento della crescita del prodotto interno lordo, pur in un contesto nel quale si manifestano segnali di rallentamento, già avvertiti nel secondo semestre dello scorso anno, dovuti essenzialmente al peggioramento del quadro internazionale, che hanno determinato il contenimento dell'effetto di trascinamento della crescita;
   rilevato che, alla luce di tale scenario e del deterioramento della congiuntura a livello internazionale, il Documento provvede a una revisione delle proiezioni di crescita per il triennio 2016-2018 effettuate dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015, stimando per l'anno in corso un incremento del prodotto interno lordo reale dell'1,2 per cento, a fronte dell'1,6 per cento ipotizzato nel precedente documento programmatico;
   osservato che, su base tendenziale il prodotto interno lordo continuerebbe a crescere dell'1,2 per cento annuo negli anni 2017 e 2018, mentre nel 2019 l'incremento salirebbe all'1,3 per cento, e che, in termini programmatici, la crescita nel triennio 2017-2019 risulterebbe più elevata, tenendo conto degli effetti di una politica di bilancio che, pur essendo indirizzata al conseguimento del pareggio di bilancio nel medio periodo, intende promuovere la ripresa dell'attività economica e dell'occupazione, e, pertanto, il prodotto interno lordo crescerebbe dell'1,4 per cento nel 2017, dell'1,5 per cento nel 2018 e dell'1,4 per cento nel 2019;
   rilevato che, per quanto attiene agli obiettivi di finanza pubblica, nel quadro tendenziale, si prevede che l'indebitamento netto passerebbe dal 2,6 per cento del prodotto interno lordo registrato nel 2015 al 2,3 per cento nell'anno 2016, per poi ridursi progressivamente all'1,4 per cento nel 2017 e allo 0,3 per cento nel 2018, raggiungendo nel 2019 un saldo attivo dello 0,4 per cento;
   apprezzata la scelta compiuta dall'Esecutivo, in considerazione di tale quadro economico e dell'esigenza di tenere conto delle ripercussioni della profonda e prolungata fase di recessione attraversata dal nostro Paese, di prefigurare un sentiero di riduzione dell'indebitamento più graduale di quello programmato nella Nota di aggiornamento Pag. 163del Documento di economia e finanza 2015 e nella legge di stabilità 2016, presentando conseguentemente una relazione al Parlamento, ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243;
   considerato che, per effetto di tale decisione, il rapporto tra indebitamento netto e prodotto interno lordo in termini programmatici si collocherebbe su valori più alti di quelli tendenziali, raggiungendo l'1,8 per cento nel 2017, lo 0,9 per cento nel 2018 e un saldo attivo dello 0,1 per cento nel 2019;
   osservato che il nuovo percorso di riduzione dell'indebitamento netto determina un rallentamento nell'avvicinamento all'obiettivo di medio termine del pareggio di bilancio in termini strutturali, che sarebbe sostanzialmente conseguito nell'anno 2019, in considerazione dell'esigenza di evitare una stretta fiscale che rischierebbe di rivelarsi controproducente per l'economia del nostro Paese;
   apprezzata, in questo contesto, la volontà manifestata dal Governo di sterilizzare le clausole di salvaguardia che diventerebbero operative nel 2017 e avrebbero un impatto pari a circa lo 0,9 per cento del prodotto interno lordo, attraverso una serie di interventi di revisione della spesa pubblica, ivi incluse le spese fiscali, e di strumenti che accrescano la fedeltà fiscale e riducano i margini di evasione e di elusione, ferma restando la prosecuzione, compatibilmente con gli equilibri di bilancio, del processo di riduzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese;
   valutata positivamente la circostanza che, sul piano programmatico, nell'anno 2016 il rapporto tra debito e prodotto interno lordo si avvierà finalmente su un sentiero di riduzione, passando dal 132,7 per cento, registrato nell'esercizio appena concluso, al 132,4 per cento, per poi raggiungere il 130,9 per cento nel 2017, il 128 per cento nel 2018 e il 123,8 per cento nel 2019;
   considerato che, nell'ambito del quadro macroeconomico tendenziale, si prevede che il tasso di disoccupazione si riduca costantemente nel corso del periodo di riferimento, a un ritmo dello 0,5 per cento, che dovrebbe portare da un valore dell'11,9 per cento nell'anno 2015 al 9,9 per cento previsto per l'anno 2019;
   osservato che, sul piano programmatico, la riduzione del tasso di disoccupazione dovrebbe procedere, tra il 2017 e il 2019, a un ritmo leggermente più sostenuto, che dovrebbe portare a raggiungere un tasso del 10,8 per cento nel 2017, del 10,2 per cento nel 2018 e del 9,6 per cento nel 2019;
   rilevato che analoghi progressi si determinerebbero con riferimento al tasso di occupazione dei soggetti tra i 15 e i 64 anni, che, sul piano tendenziale, passa dal 56,3 per cento del 2015 al 57 per cento nel 2016, per poi crescere al 57,4 per cento nel 2017, al 57,8 per cento nel 2018 e al 58,1 per cento nel 2019;
   preso atto con favore dell'incremento del livello di occupazione per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni, che è passato dal 59,9 per cento del 2014 al 60,5 per cento del 2015, raggiungendo tuttavia un valore sensibilmente inferiore a quello registrato nel 2008, all'inizio della crisi economica, quando il tasso di occupazione era pari al 62,9 per cento, e ancora lontano dall'obiettivo del 67-69 per cento fissato per il nostro Paese nell'ambito della Strategia Europa 2020;
   considerato che, nonostante i positivi risultati raggiunti nel corso dell'anno appena concluso, si rendono necessarie misure incisive per promuovere un sensibile incremento del tasso di occupazione delle donne, pari nel 2015 al 50,6 per cento, e di quello riscontrato nel Mezzogiorno, dove il tasso di occupazione è stato pari al 46,1 per cento;
   rilevato che, nell'esaminare le recenti tendenze del mercato del lavoro il Documento, sottolinea il positivo apporto dato all'incremento dell'occupazione dalle nuove Pag. 164disposizioni legislative in materia di lavoro introdotte nel corso dell'anno 2015 e dagli interventi contenuti nella legge di stabilità per il 2015 volti a ridurre il carico fiscale sul lavoro e a introdurre un esonero contributivo per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato effettuate nel corso del medesimo anno;
   ravvisata l'opportunità, in linea con quanto osservato anche dalla Banca d'Italia nel corso della sua audizione preliminare all'esame del Documento, di individuare misure volte a realizzare una riduzione strutturale del cuneo fiscale, quantificato dall'OCSE nella sua pubblicazione Taxing Wages 2016, nella misura del 49 per cento, a fronte di una media dei Paesi membri dell'OCSE pari al 35,9 per cento;
   segnalata, in questa ottica, l'esigenza di valutare in primo luogo la stabilizzazione o, in via subordinata, la proroga dello sgravio contributivo per le nuove assunzioni effettuate con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel corso dell'anno 2016, previsto dall'articolo 1, comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, promuovendo in questo modo la creazione di rapporti di lavoro stabili, che, da un lato, assicurano ai lavoratori maggiori diritti e tutele e, dall'altro, rafforzano la capacità produttiva e innovativa del sistema imprenditoriale;
   ritenuto che, in questo contesto, vadano previste misure specifiche volte a rafforzare gli incentivi di carattere contributivo per l'assunzione delle donne e per la creazione di nuovi posti di lavoro nelle regioni del Mezzogiorno, anche considerando che l'articolo 1, comma 121, della legge di stabilità 2015 ha soppresso l'articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, che attribuiva sgravi contributivi particolarmente rilevanti ai datori di lavoro operanti nei territori del Mezzogiorno che assumevano, con contratto a tempo indeterminato, lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale da uguale periodo;
   considerato che, nell'ambito delle indicazioni relative alla strategia di riforma contenute nel Programma nazionale di riforma, si sottolinea come si sia conclusa la fase di attuazione della delega di cui alla legge n. 183 del 2014 e che il percorso di riforma del cosiddetto Jobs Act si completerà nell'anno in corso con la piena operatività dell'ANPAL e dell'Ispettorato nazionale del lavoro;
   ribadita l'esigenza, già evidenziata in occasione dell'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015, di assicurare il monitoraggio permanente degli effetti degli interventi previsti dai decreti legislativi attuativi delle deleghe di cui alla legge n. 183 del 2014, attraverso il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, anche in vista della possibile adozione di disposizioni integrative e correttive;
   segnalata, in tale contesto, l'opportunità di promuovere un ulteriore rafforzamento delle politiche attive del lavoro, anche attraverso un potenziamento degli investimenti per tali politiche, storicamente recessivi rispetto agli stanziamenti destinati ad altre finalità, nonché di verificare se sussista l'esigenza di effettuare ulteriori interventi in materia di ammortizzatori sociali, anche in considerazione dell'avanzamento del processo di progressivo superamento degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente;
   rilevato che nell'ambito del Programma nazionale di riforma si richiamano i contenuti del disegno di legge relativo al cosiddetto Jobs Act per i lavoratori autonomi e al lavoro agile, collegato alla manovra di finanza pubblica, attualmente all'esame dell'altro ramo del Parlamento (Atto Senato n. 2233), indicandosi come obiettivo per il completamento dell’iter del provvedimento il mese di settembre del 2016;Pag. 165
   ritenuto che alla definizione di un compiuto sistema di diritti e di tutele per i rapporti di lavoro autonomo debba accompagnarsi un intervento di carattere strutturale volto a stabilizzare la misura dell'aliquota di contribuzione previdenziale per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, nella prospettiva di una sua progressiva riduzione e di una sua tendenziale equiparazione a quella prevista per la generalità dei lavoratori autonomi;
   osservato che, nell'ambito del Programma nazionale di riforma, si rappresenta che nel 2016 il Governo si concentrerà su una riforma della contrattazione aziendale con l'obiettivo di rendere esigibili ed efficaci i contratti aziendali e di garantire la pace sindacale in costanza di contratto, sulla base di un criterio di prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali in materie legate all'organizzazione del lavoro e della produzione;
   condiviso l'obiettivo di un rafforzamento del secondo livello di contrattazione, al fine di promuovere, in quel livello contrattuale, la definizione di istituti incidenti sull'organizzazione del lavoro e della produzione che promuovano un incremento della produttività del lavoro, mantenendo al contratto nazionale il compito di delineare la normativa e le tutele comuni per tutti i lavoratori;
   ritenuto che un intervento normativo sulla materia della contrattazione collettiva che miri a consentire, in specifici e ben delimitati contesti, la prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali debba tenere conto delle esperienze maturate dalle parti sociali, con particolare riferimento alle previsioni del testo unico sulla rappresentanza, sottoscritto da CGIL, CISL, UIL e Confindustria nel gennaio 2014, che consente un trasferimento regolato di competenze dal contratto nazionale alla contrattazione di secondo livello;
   evidenziato, con riferimento alla spesa in materia previdenziale, che nel consueto approfondimento dedicato all'impatto finanziario dei più recenti interventi di riforma del sistema pensionistico, il Documento evidenzia come l'effetto del complessivo processo di riforma attuato a partire dal 2004 porterà l'età media del pensionamento a circa 64 anni nel 2020, a 67 anni nel 2040 e a circa 68 anni nel 2050, con una riduzione cumulata dell'incidenza della spesa previdenziale pari a circa 60 punti percentuali del prodotto interno lordo fino al 2050, dei quali circa un terzo sarebbe riferibile agli interventi previsti nel decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;
   osservato che anche la Corte dei conti nel Rapporto 2016 sul coordinamento della finanza pubblica, di recente pubblicazione, ha evidenziato che la spesa per pensioni nel 2015, in assenza di interventi correttivi nel periodo compreso tra il 2007 e il 2011, sarebbe stata superiore di oltre 30 miliardi di euro annui e che l'effetto di riduzione della spesa sarebbe ripartito in parti sostanzialmente identiche tra la riforma del 2007 e quelle realizzate nel biennio 2010-2011;
   considerato che l'analisi svolta annualmente sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano conferma la complessiva sostenibilità di tale sistema sul piano finanziario, anche a fronte delle dinamiche demografiche e della loro incidenza sulla spesa previdenziale, che nel suo momento di massima espansione, attorno al 2044 raggiungerebbe il 15,5 per cento del prodotto interno lordo;
   rilevato che, anche ai fini di una adeguata comparazione a livello internazionale, occorre considerare che i dati relativi alla spesa previdenziale sono comprensivi delle imposte dovute su tali redditi, che nel nostro Paese sono più gravose che in altri Stati e ammontano complessivamente a oltre 40 miliardi di euro;
   ritenuto che, anche alla luce dell'incisività degli interventi correttivi in materia Pag. 166di spesa pensionistica adottati nell'ultimo decennio, vi siano le condizioni per valutare positivamente la fattibilità di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle scelte individuali, salvaguardando la sostenibilità finanziaria e il corretto equilibrio nei rapporti tra generazioni, in linea con quanto rappresentato nel Documento;
   evidenziato che, in tale ottica, si possano ulteriormente sviluppare gli approfondimenti di carattere tecnico avviati dalla Commissione nell'ambito dell'esame delle proposte di legge Atto Camera n. 857 Damiano e abbinate, recanti disposizioni in materia di accesso dei lavoratori e delle lavoratrici ai trattamenti pensionistici e di riconoscimento a fini previdenziali dei lavori di cura familiare, in vista della definizione di un intervento compatibile con il quadro programmatico di finanza pubblica delineato nel Documento;
   considerata l'opportunità, già rilevata in uno studio del Dipartimento del tesoro pubblicato nel 2013, di effettuare un'attenta riflessione sui differenziali esistenti nell'aspettativa di vita dei lavoratori sulla base delle attività svolte e delle loro condizioni socioeconomiche;
   osservato che, nell'ambito del Programma nazionale di riforma, il Documento richiama i contenuti del disegno di legge Atto Camera n. 3594, collegato alla manovra di finanza pubblica, in materia di contrasto alla povertà, attualmente all'esame delle Commissioni riunite XI e XII della Camera dei deputati, sottolineando in particolare l'approccio organico del provvedimento, che dovrebbe raggiungere più della metà delle famiglie povere con minori;
   segnalato che, nel sintetizzare i contenuti del disegno di legge governativo, per il quale si prevede l'approvazione definitiva entro la fine del mese di giugno del 2016, il Documento fa riferimento alla razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale e di quelle di natura previdenziale, sulla base del principio dell'universalismo selettivo;
   considerato che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha già opportunamente chiarito che il riferimento a una razionalizzazione delle prestazioni previdenziali deve attribuirsi ad un errore tecnico, manifestando al contempo l'intenzione di presentare un emendamento governativo al disegno di legge Atto Camera n. 3594 al fine di chiarire in maniera assoluta e definitiva la questione;
   ritenuto che, anche alla luce di tale esplicita presa di posizione del Governo e in vista dell'esame del disegno di legge delega in materia di contrasto alla povertà, sia opportuno riaffermare la necessità di operare una chiara distinzione tra la spesa di carattere previdenziale e quella destinata a finalità assistenziali;
   osservato che con l'articolo 1, comma 386, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è stato costituito un Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, con una dotazione di oltre un miliardo di euro a decorrere dal 2017, che rende finalmente possibile procedere nella direzione della creazione di una misura strutturale contro la povertà di carattere nazionale, fondata sull'attivazione dei beneficiari degli interventi;
   rilevata l'opportunità di definire un percorso che porti a un progressivo incremento delle risorse destinate a tale misura, che ne garantisca la portata universalistica, in favore dei soggetti e dei nuclei familiari che versino in condizioni di povertà assoluta;
   considerato che, per quanto concerne il pubblico impiego, il Documento, nell'ambito del Programma nazionale di riforma, richiama in primo luogo il processo di attuazione della legge delega di riforma della pubblica amministrazione, approvata definitivamente nell'agosto dello scorso anno, che dovrebbe completarsi entro il mese di febbraio del 2017 con l'adozione dei decreti legislativi per il riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni;
   osservato che, con specifico riferimento alla spesa per redditi da lavoro Pag. 167dipendente nelle pubbliche amministrazioni, il Documento dà conto dei risparmi registrati nel periodo tra il 2009 e il 2015, nel quale si è determinata una diminuzione di 110.000 unità di lavoro e una riduzione dell'incidenza dalla spesa per redditi da lavoro dipendente nel settore pubblico sul prodotto interno lordo dal 10,9 per cento al 9,9 per cento, allineando l'Italia ai Paesi dell'Unione europea che presentano una spesa più contenuta;
   evidenziato che, nel quadro a legislazione vigente, la spesa per redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche, è stimata in aumento dell'1,4 per cento circa per il 2016, mentre si prospettano un calo dello 0,8 per cento nel 2017 e dello 0,2 per cento nel 2018, e un lieve aumento, dello 0,2 per cento, nel 2019, che passa allo 0,6 per cento nelle previsioni a politiche invariate sulla base di un'ipotesi meramente tecnica di rinnovo per il triennio contrattuale 2019-2021;
   ricordate le limitazioni al turn over nelle pubbliche amministrazioni stabilite, per il triennio 2016-2018, dall'articolo 1, commi 227 e 228, della legge di stabilità per il 2016;
   ritenuto che, in linea con quanto rappresentato nel Programma nazionale di riforma, la qualificazione e l'efficienza dell'azione delle amministrazioni pubbliche rappresentino elementi strategici ai fini del miglioramento della qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese e del rafforzamento della competitività del nostro sistema produttivo;
   considerato che il 5 aprile scorso è stato sottoscritto il contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale e delle relative aree dirigenziali delle amministrazioni pubbliche per il triennio 2016-2018, che ha ridotto da undici a quattro i comparti di contrattazione e costituirà il quadro di riferimento per la ripresa dell'attività contrattuale,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   si richiami l'opportunità di individuare misure permanenti di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, promuovendo in particolare l'applicazione in via strutturale delle misure di sgravio contributivo attualmente previste, con riferimento ai nuovi contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulati nell'anno 2016, dall'articolo 1, comma 178, della legge di stabilità 2016, estendendole anche a quanti saranno assunti negli anni successivi e valutando eventualmente una riconsiderazione della loro configurazione sotto il profilo della creazione di posti di lavoro stabili e di qualità;
   nel quadro delle misure volte a favorire l'incremento del tasso di occupazione e, in particolare, di quella giovanile, si rappresenti l'esigenza di adottare specifiche iniziative volte a rafforzare le misure incentivanti previste a legislazione vigente per promuovere l'occupazione femminile e la creazione di nuovi posti di lavoro nel Mezzogiorno;
   si segnali al Governo l'esigenza di assicurare un attento monitoraggio degli effetti delle riforme in materia di mercato del lavoro e di ammortizzatori sociali realizzate in attuazione delle deleghe di cui alla legge n. 183 del 2014, in linea con quanto previsto dall'articolo 1, comma 13, della medesima legge, anche al fine di valutare modifiche e integrazioni delle disposizioni adottate, nonché eventuali ulteriori interventi volti:
    a) a rafforzare i finanziamenti destinati alle politiche attive del lavoro e ai servizi per l'impiego, anche mediante l'utilizzo dei fondi strutturali europei;
    b) a rendere più stringente la normativa sui voucher al fine di ricondurne l'utilizzo all'ambito delle prestazioni di lavoro di carattere occasionale;
    c) a garantire che le risorse destinate agli ammortizzatori sociali assicurino una adeguata copertura in caso di disoccupazione Pag. 168involontaria, tenuto conto anche del processo di progressivo superamento degli ammortizzatori sociali in deroga;
   si indichi l'esigenza che, nella definizione dei contenuti di eventuali interventi normativi sulla riforma della contrattazione aziendale, volti a consentire la prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali in specifiche materie legate all'organizzazione del lavoro e della produzione, sia salvaguardata la centralità del primo livello di contrattazione e si tenga conto delle esperienze maturate negli ultimi anni dalle parti sociali e, in particolare, del testo unico sulla rappresentanza del gennaio 2014, prevedendo che ai fini dell'esigibilità e dell'efficacia dei contratti aziendali sia garantita la consultazione dei lavoratori interessati;
   anche in considerazione della sostanziale stabilità del sistema pensionistico e dei rilevanti risparmi conseguiti nell'ultimo decennio sul versante della spesa previdenziale, si rappresenti l'esigenza di promuovere, nel corso del presente anno, interventi volti a introdurre, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica indicati nel Documento, elementi di flessibilità nella disciplina dell'età di pensionamento, tenendo conto delle scelte dei lavoratori e delle lavoratrici, anche con la previsione di ragionevoli penalizzazioni in caso di accesso anticipato ai trattamenti previdenziali;
   si segnali l'esigenza di realizzare, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica indicati nel Documento in esame, interventi di razionalizzazione della disciplina in materia previdenziale che, nell'ambito dell'impianto complessivo della normativa vigente, introducano puntuali correttivi volti, in particolare:
    a) a superare la disciplina delle ricongiunzioni onerose introdotta dall'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, tenendo conto della diffusione del fenomeno di carriere previdenziali frammentate, in modo da consentire la piena valorizzazione dei contributi versati nelle diverse gestioni attraverso il cumulo dei periodi assicurativi ai fini del conseguimento di un'unica prestazione previdenziale, calcolata pro rata sulla base dei versamenti effettuati in ciascuna gestione previdenziale;
    b) a una revisione mirata delle disposizioni in materia di accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, di cui al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, anche tenendo conto delle disponibilità presenti nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 3, lettera f), della legge 24 dicembre 2007, n. 247;
    c) a rafforzare le misure previste a legislazione vigente finalizzate a valorizzare, ai fini pensionistici, i lavori di cura familiare, attraverso il riconoscimento di periodi di contribuzione figurativa, in linea con quanto indicato anche nella prima stesura del pilastro dei diritti sociali allegato alla Comunicazione della Commissione europea relativa all'avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali (COM(2016)127 final Annex 1), che indica il riconoscimento a fini previdenziali dei periodi dedicati alle attività di assistenza tra le misure da adottare per contrastare il divario di genere nei trattamenti pensionistici;
   si rappresenti l'opportunità di definire un percorso che porti a un progressivo incremento delle risorse destinate al finanziamento di una misura nazionale contro la povertà, che ne garantisca la portata universalistica, in favore dei soggetti e dei nuclei familiari che versino in condizioni di povertà assoluta, assicurando una chiara distinzione tra la spesa di carattere previdenziale e quella destinata a finalità assistenziali;
   nel quadro del processo di rafforzamento dei diritti e delle tutele nell'ambito dei rapporti di lavoro autonomo, avviato con il disegno di legge recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, collegato Pag. 169alla manovra di finanza pubblica, attualmente all'esame del Senato della Repubblica, si segnali l'esigenza di rendere definitivo il blocco dell'incremento dell'aliquota di contribuzione previdenziale per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultino iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria né pensionati, nella prospettiva di una sua progressiva riduzione e di una sua tendenziale equiparazione a quella prevista per la generalità dei lavoratori autonomi;
   con riferimento alla materia del pubblico impiego, si rappresenti l'opportunità di avviare le procedure per concludere i rinnovi contrattuali per il triennio 2016-2018 e di avviare una riflessione in ordine al progressivo superamento delle limitazioni al turn over e alla razionalizzazione dei vincoli previsti per la spesa di personale anche degli enti territoriali, promuovendo al contempo interventi volti a favorire la qualificazione del personale e una migliore allocazione della spesa, in linea con gli obiettivi di rafforzamento della qualità e dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni perseguiti dalla riforma avviata dalla legge 7 agosto 2015, n. 124.

Pag. 170

ALLEGATO 5

Documento di economia e finanza 2016.
(Doc. LVII, n. 4 e allegati)

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI TRIPIEDI, CIPRINI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI E CHIMIENTI

  La XI Commissione,
   esaminati, per le parti di competenza, il Documento di economia e finanza 2016 e i relativi allegati;
   premesso che il quadro programmatico delineato prevede un incremento del PIL rispetto all'anno precedente pari all’ 1,2 per cento per l'anno in corso (e non dell'1, 6 per cento, come previsto dalla Nota d'aggiornamento al Documento di economia e finanza 2015); un tasso di disoccupazione pari al 11,4 per cento per l'anno in corso, fino a decrescere progressivamente dal 2017 in poi, posizionandosi al termine del periodo al 9,6 per cento, rispetto al 9,9 del quadro tendenziale; gli occupati (in termini di contabilità nazionale, ULA) crescerebbero mediamente di quasi 0,2 punti percentuali in più per ciascuno degli anni del periodo di previsione; già nel 2015, risultavano particolarmente bassi i valori dei tassi di occupazione (sempre con riferimento ai soggetti compresi tra i 20 ed i 64 anni di età) concernenti: le donne (50,6 per cento); le regioni del Mezzogiorno (46,1 per cento); le donne in queste ultime regioni (33,4 per cento); l'occupazione indipendente ha invece fatto registrare una lieve contrazione (-0,4 per cento). Rimane estremamente elevato il tasso di disoccupazione giovanile, che tuttavia si è ridotto di 2,4 punti percentuali, scendendo al 40,4 per cento nella media del 2015. La dinamica reddituale si è attestata su ritmi moderati. I redditi da lavoro dipendente pro-capite sono cresciuti in media annua di appena lo 0,5 per cento;
   preso atto che:
    in tema di politiche del lavoro, il Documento di economia e finanza delinea il quadro normativo scaturito dall'approvazione della legge n. 183 del 2014 (Jobs Act), con una valutazione positiva degli ultimi decreti legislativi, attuativi delle discipline di delega contenute nella predetta legge, enfatizzando eccessivamente il valore di dette norme che, secondo il Governo rappresentano «una riforma del lavoro di ampia portata e il cui impatto positivo è già evidente nei dati sull'occupazione a tempo indeterminato». Al riguardo si sottolinea che detti decreti legislativi, rappresentano, di fatto, l'istituzionalizzazione (come nel caso del contratto a tutele crescenti) della discriminazione su base generazionale dei lavoratori, ed aumentano il potere dei datori di lavoro, attraverso la cancellazione dall'ordinamento giuridico di tutele e diritti che appartengono, e non solo simbolicamente, alla civiltà europea del lavoro;
    in tema di rapporto fra spesa pensionistica e PIL, il Documento sottolinea che questo decresce fino a raggiungere il 15,3 per cento del PIL nel 2020, riprendendo a crescere per sfiorare il 16 per cento nel 2035 e infine ripiegando rapidamente nella fase finale del periodo di previsione, attestandosi al 14 per cento circa nel 2060. La previsione – secondo il Documento – recepisce le disposizioni della legge di stabilità del 2016 in materia di salvaguardie (cosiddetta settima salvaguardia), di prolungamento di un anno Pag. 171della sperimentazione relativa alla cosiddetta «Opzione donna» e di estensione al biennio 2017-2018 delle disposizioni di deindicizzazione per le pensioni di importo complessivamente superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, introdotte nel 2013;
    nonostante la fase di notevole incertezza economica a livello internazionale, il Documento di Economia e Finanza 2016 dà seguito alla relativa programmazione economica pluriennale, delineando gli obiettivi ormai noti, e sottolineando il rilancio della crescita e dell'occupazione. L'azione che il Governo intende continuare a percorrere prevede in generale:
    la riforma strutturale del Paese per stimolare gli investimenti, privati e pubblici;
    una politica di bilancio, Unione europea permettendo, orientata alla crescita e al consolidamento delle finanze pubbliche per ridurre progressivamente il rapporto tra debito e PIL;
    la riduzione della pressione fiscale, migliorando la spesa e l'efficienza della pubblica amministrazione;
    il potenziamento dello sviluppo d'impresa e della competitività del sistema Italia;
    più forti azioni di stimolo all'economia, tra cui l'ulteriore riduzione della pressione fiscale e l'aumento progressivo degli investimenti pubblici per lo sviluppo;
    in tema di mercato di lavoro, il Governo annuncia l'intenzione di volersi concentrare su una riforma della contrattazione aziendale con l'obiettivo di rendere esigibili ed efficaci i contratti aziendali e «di garantire la pace sindacale in costanza di contratto», sulla base di un criterio di prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali «in materie legate all'organizzazione del lavoro e della produzione». Al riguardo, il Documento di economia e finanza 2016, in primo luogo, ricorda:
     a) il recente decreto ministeriale (del 25 marzo 2016) che ha attuato le norme della citata legge di stabilità per il 2016 concernenti il regime tributario sostitutivo (con aliquota IRPEF pari al 10 per cento) per due tipologie di emolumenti, ovvero i premi di risultato di ammontare variabile e le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell'impresa, a condizione che siano previsti dai contratti collettivi di lavoro, territoriali o aziendali (stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o, limitatamente a quelli aziendali, stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria);
     b) le disposizioni normative dell'articolo 1, comma 190, della medesima legge di stabilità per il 2016 che hanno modificato le nozioni di alcuni valori, somme e servizi percepiti o goduti dal lavoratore dipendente ed esclusi dall'imposizione IRPEF (il cosiddetto welfare aziendale);
    in relazione all'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, il Documento segnala che «col nuovo anno ha preso avvio la seconda fase del programma Garanzia per i Giovani (Youth Guarantee), il quale «include una nuova misura, il superbonus (che oscilla da un minimo di 3.000 euro ad un massimo di 12.000 euro, erogati in dodici quote mensili di pari importo) a favore dei datori di lavoro che assumono con un contratto a tempo indeterminato un giovane tra i 16 e i 29 anni che abbia svolto, o stia svolgendo, un tirocinio extracurriculare nell'ambito della Garanzia Giovani». Una misura che «può apparire più elevata rispetto alla misura ordinaria massima dello sgravio contributivo per un contratto a tempo indeterminato stipulato nel 2016 – pari, come prevede l'articolo 1, comma 178, della legge di stabilità per il 2016, ad un totale di 6.500 euro, riconosciuti nell'arco di 24 mesi»;
    con riguardo al settore pensionistico, il Documento afferma che il Governo valuterà «la fattibilità di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle Pag. 172scelte individuali, salvaguardando la sostenibilità finanziaria e il corretto equilibrio nei rapporti tra generazioni, peraltro già garantiti dagli interventi di riforma che si sono susseguiti dal 1995 ad oggi». Nel Documento non viene menzionata la revisione della «legge Fornero» da attuare nella legge di Stabilità 2017, sebbene il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali abbia espresso ampie critiche alla citata riforma, varata nel 2011 dal Governo Monti sostenuto peraltro in Parlamento dalla maggioranza di larghe intese;
    relativamente alla spesa per ammortizzatori sociali, la previsione tiene conto sia del rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga per il 2016 sia degli effetti del potenziamento delle tutele previsto dai decreti attuativi del Jobs Act. Il livello di tali poste rispetto al PIL dovrebbe stabilizzarsi su valori leggermente inferiori all'1 per cento per il prossimo quinquennio, per poi flettere e stabilizzarsi su valori intorno allo 0,6 per cento a partire dal 2035;
    in tema di politiche sociali, il Documento espone le principali misure adottate dal Governo, in materia di lotta alla povertà, destinate alle famiglie povere con minori a carico e, segnatamente, l'istituzione del Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale. Tale Fondo, al quale è assegnata la somma di 600 milioni di euro per il 2016 e di un miliardo a decorrere dal 2017, è destinato a finanziare un'apposita legge di delega di riforma organica delle politiche assistenziali, con l'intento di introdurre un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà e di razionalizzare gli strumenti esistenti;
   valutato che:
    il Documento presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l'altro programmatico, che, ferme restando le assunzioni relative al quadro internazionale, coerenti con le più recenti previsioni delle principali istituzioni internazionali, differiscono per le assunzioni relative alle riforme economiche. In particolare, le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull'economia delle azioni di politica economica, delle riforme e della politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso. Il quadro programmatico, invece, include l'impatto sull'economia delle politiche economiche prospettate all'interno del Programma di Stabilità e del Piano Nazionale delle Riforme, che saranno concretamente indicate nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che sarà presentata a settembre 2016 e adottate con la prossima legge di stabilità;
    in materia di occupazione, il Documento osserva che i dati previsionali 2016, riportati nella Tabella 9, possono essere influenzati dalle modifiche apportate alla disciplina dell'esonero contributivo di cui alla legge n. 190 del 2014 che, com’è noto, risulta ridotto nell'importo (dal 100 al 40 per cento), nel massimale (da 8,060 a 3,250 euro annui) e nella durata (da 3 a 2 anni). Questo cambiamento potrebbe determinare nella prima parte del 2016 una attenuazione dei risultati positivi registrati a fine 2015, atteso che questi erano in parte legati alla accelerazione delle assunzioni per trarre pieno beneficio dall'incentivo. Ed in effetti nel Documento si segnala come i dati resi disponibili dall'INPS relativi a gennaio 2016 vadano in questa direzione, segnalando un indebolimento della spinta verso i contratti a tempo indeterminato, anche confermata dagli ultimi dati mensili dell'ISTAT sul mercato del lavoro. I dati sull'occupazione relativi ai mesi di gennaio e febbraio registrano infatti una variazione nulla rispetto al bimestre precedente. Secondo alcuni esperti, anche se il Documento non ne fa menzione, il miglioramento che dovrebbe registrarsi a partire dal 2020 potrebbe essere ascrivibile al miglioramento degli indici rilevanti (tasso di crescita del PIL e tassi di disoccupazione);
    come già sopra evidenziato, l'introduzione delle cosiddette «tutele crescenti», ben lungi dal portare effettivi e durevoli benefici per quanto riguarda l'occupazione, imputabili per l'appunto ai Pag. 173suddetti incentivi, si è tradotto in una diminuzione dei diritti, con l'abrogazione de facto dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o addirittura (basti pensare alla nuova normativa in materia di lavoro accessorio) in un incentivo alla precarizzazione. Detti incentivi paiono commisurati ad un periodo di tempo che potrà consentire alle imprese di coprire i costi del licenziamento per poi assumere a costi più bassi, oltretutto conteggiando tali ingressi come nuova occupazione. Del pari non sembrano efficaci le misure in tema di «disboscamento» delle molteplici tipologie contrattuali esistenti. L'azione del Governo si è concentrata nella eliminazione dei contratti di collaborazione a progetto, lasciando inalterati alcuni tipi di collaborazione coordinata e continuativa, legati a particolari settori (ad esempio i call center) o tipologie professionali (i professionisti iscritti agli ordini);
    l'opportunità di regolare il mercato del lavoro dovrebbe invece essere usata diversamente, puntando su redistribuzione e innovazione, dunque su un'idea diversa di stimolo alla domanda e non sulla svalutazione competitiva di lavoro e diritti. Sarebbe viceversa di vitale importanza rivedere la legislazione sul lavoro degli ultimi quindici anni; le scelte del governo, in materia di tipologie contrattuali, non risolvono il problema della disoccupazione, soprattutto se si guarda ai sopra citati dati macroeconomici;
    l'abrogazione della legge n. 490 del 1997 ha lasciato un vuoto normativo relativamente all'utilizzo di incentivi alla occupazione permanenti e strutturali, volti principalmente a vantaggio dei disoccupati di lunga durata. La legge di stabilità 2015 (n. 190 del 2014), ha infatti riproposto, «limitatamente alle assunzioni realizzate nel 2015», un analogo beneficio contributivo, per la durata di 36 mesi, ma più ampio (sgravio contributivo totale sull'intero territorio nazionale) e generalizzato (in quanto riferito a tutte le assunzioni a tempo indeterminato). Come evidenziato più volte, nel caso di aziende che offrono servizi in appalto, gli incentivi sono suscettibili di mettere in difficoltà quelle più solide e strutturate, a vantaggio di realtà imprenditoriali effimere e transitorie, con gravi ricadute occupazionali. Il risultato di tutto ciò è, assai spesso, che il bilancio pubblico, attraverso gli ammortizzatori sociali in deroga, deve farsi carico delle predette ricadute occupazionali;
    per evitare effetti distorsivi di qualsivoglia incentivo, sarebbe pertanto utile valutare l'opportunità di prevedere nella prossima legge di stabilità per il 2017, idonee misure normative strutturali e permanenti che possano indirizzare le risorse stanziate dalla legge di stabilità n. 190 del 2014, ed eventuali ulteriori misure economiche, non solo per favorire nuove assunzioni, ma anche e soprattutto per il mantenimento dell'occupazione esistente, in caso di crisi aziendale;
    in merito all'utilizzo dei fondi europei, si dovrebbe favorire una maggiore trasparenza circa la gestione delle risorse destinate alle politiche per l'occupazione e la formazione e implementare, anche a livello nazionale, apposite misure di responsabilizzazione degli enti locali, anzitutto le Regioni, per l'impiego efficace di tali risorse attraverso misure premiali e sanzionatorie, con un meccanismo che preveda l'istituzione di un registro della trasparenza, sul quale vengano annotati non solo le iniziative realizzate con i fondi strutturali, peraltro raccolte, aggiornate periodicamente e pubblicizzate sul sito «Open Coesione», ma anche i dati relativi alla quantificazione e alla qualità in termini occupazionali a livello territoriale;
    al fine di aumentare il tasso di occupazione femminile e, conseguentemente, il suo allineamento all'obiettivo di Lisbona (60 per cento, rispetto all'attuale 46 per cento), si dovrebbe procedere alla detassazione selettiva dei redditi di lavoro femminile, in particolare nelle regioni del Sud, dove il tasso di occupazione femminile è più basso;
    in merito alla riforma sulla contrattazione aziendale, il decreto legislativo n. 8 del 2015 ha già riservato le determinazioni Pag. 174ai contratti collettivi, nazionali, territoriali o aziendali, nonché consentito ulteriori o diverse determinazioni da parte di tali contratti. In precedenza, l'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha previsto che i contratti collettivi territoriali o aziendali (stipulati da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali aziendali) possano contenere specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati (a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle suddette rappresentanze sindacali) anche per le eventuali deroghe – in materie inerenti all'organizzazione del lavoro e della produzione – rispetto alle discipline legislative ed ai contratti nazionali (fermo restando il rispetto delle norme costituzionali, delle normative europee e di quelle poste dalle convenzioni internazionali). Secondo un certo indirizzo interpretativo, tale possibile portata della contrattazione di prossimità, di cui al citato articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011, sarebbe circoscritta, per le materie oggetto del decreto legislativo n. 81 del 2015, alle norme specifiche dello stesso che fanno riferimento (come detto) ai contratti collettivi;
   al riguardo, le associazioni sindacali di categoria hanno manifestato alcune perplessità sulla contrattazione di prossimità, per i seguenti motivi:
    indipendentemente dall'assicurazione relativa al mantenimento dei minimi retributivi tabellari, la contrattazione aziendale potrebbe eventualmente peggiorare gli standard retributivi e gli scatti di anzianità;
    l'Osservatorio della CISL sulla contrattazione di secondo livello (che ha monitorato 5.050 accordi dal 2009 a oggi) mostra che la quota di intese che hanno riguardato il salario è scesa dal 23 per cento del 2012 al 17 per cento nel 2014, mentre quelle sulla gestione della crisi sono passate dal 54 per cento del 2012 al 67 per cento nel 2014;
    prima di procedere a riforme di questo tenore, sarebbe più opportuno effettuare un monitoraggio circa gli effetti del quadro di contrattazione salariale sulla creazione di posti di lavoro e sulla competitività di costo, in modo tale da prevedere misure concrete contro la diseguaglianza salariale, soprattutto di genere;
    in relazione al programma Garanzia giovani le risorse stanziate e i relativi risultati non appaiono soddisfacenti, in quanto né l'anticipo degli impegni in quanto tale, né le altre misure specifiche hanno indotto a una rapida mobilizzazione delle risorse. Le principali ragioni di tale insuccesso sembrano essere: la complessità del processo negoziale sui programmi operativi, cui deve seguire l'introduzione delle rispettive modalità di attuazione negli Stati membri; la limitata capacità delle autorità nel pubblicare inviti a presentare progetti e a trattare rapidamente le domande; l'insufficienza del prefinanziamento per avviare le misure necessarie. Il suddetto programma comunitario nelle intenzioni avrebbe dovuto offrire un lavoro o un percorso ai circa 2 milioni di beneficiari. Da dati forniti dalle direzioni competenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nell'anno 2015, i soggetti a cui sarebbe stata proposta un'opportunità sarebbero appena 69.811, su un totale di 502.000 registrati, e secondo stime più della metà sarebbe ancora in attesa di effettuare il colloquio conoscitivo in agenzie o centri per l'impiego. Le regioni meridionali sono quelle con maggiori difficoltà anche a far partire i programmi. Durante la recente audizione dei rappresentanti delle Regioni, in Commissione Lavoro, è stata ribadita, da parte di quest'ultimi, la scarsa operatività dei centri per l'impiego, che rappresentano lo snodo principale delle misure della Garanzia Giovani. È auspicabile che l'introduzione del cosiddetto «superbonus» non sconti la disomogeneità dei vari piani regionali, con conseguente impedimento della fruizione del vantaggio in parola;Pag. 175
    in relazione al contrasto sulla povertà, è stato più volte ribadito, anche attraverso iniziative legislative, presentate nei due rami del Parlamento dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle, come sia indispensabile attuare un'efficace ed efficiente lotta all'emarginazione sociale, attraverso la semplificazione del welfare, comprendendo tra le misure da attuare il reddito di cittadinanza, che, oltre ad essere un sussidio universale per il contrasto alla povertà, rappresenta uno strumento di politica attiva del lavoro che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà, essendo condizionato all'inserimento lavorativo, alla riqualificazione e alla ricerca attiva del lavoro;
    le misure recentemente proposte dal Governo italiano (il citato Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale) appaiono infatti insufficienti sia dal punto di vista sostanziale che dal punto dei vista dei soggetti potenzialmente interessati. Per dare reale efficacia la platea degli aventi diritto dovrebbe considerare come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, calcolata nei 6/10 del reddito mediano equivalente pro capite, come peraltro già previsto dal Modello sociale europeo e indicato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010;
    a quanto già illustrato, deve aggiungersi la totale mancanza di iniziative concrete da parte del Governo circa una riforma della normativa in materia del calcolo dell'ISEE, riforma ancor più necessaria alla luce della sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha bocciato la vigente normativa nella parte in cui essa faceva ricomprendere tra i redditi i trattamenti indennitari percepiti dai disabili;
    in relazione agli ammortizzatori sociali, si registrano rilevanti elementi di criticità, determinati dalla recente modifica dell'inquadramento previdenziale dell'azienda in parola, dal settore industria a quello terziario, privando ad esempio i lavoratori dei call center dei minimi retributivi, previsti dall'accordo del 1o agosto 2013 per i soli lavoratori inquadrati nel settore delle telecomunicazioni, determinando inoltre una disparità riguardo al versamento dell'aliquota di contribuzione alla cassa integrazione guadagni, con conseguenti effetti distorsivi della concorrenza;
    l'articolo 46, comma 3 del decreto legislativo n. 148 del 2015 dispone l'abrogazione, dal 1o luglio 2016, delle disposizioni concernenti i contratti di solidarietà stipulati dalle imprese che non rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge n. 726 del 1984, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 863 del 1984, stipulati cioè dai datori di lavoro non rientranti nell'ambito della CIGS; da tale data questa tipologia contrattuale è ricondotta nelle finalità dei fondi di solidarietà bilaterali, che, ad avviso dei sottoscrittori, non potranno comunque rispondere alle esigenze reali di supporto all'integrazione del reddito dei lavoratori di talune categorie, quali quella dei call center, poiché generalmente detti fondi sono privi dell'obbligo della condizionalità dell'utilizzo delle risorse ad essi assegnate, trasformandosi in veri e propri «foraggiamenti senza prospettiva»;
    in relazione alle «nuove formule» per l'accesso alla pensione anticipata, i sottoscrittori esprimono perplessità, alla luce delle carenti risorse che non consentirebbero al Ministero dell'economia e delle finanze di stanziare ben quattro miliardi di euro all'anno per la predetta flessibilità. I dati dell'INPS non sono peraltro confortanti: all'inizio del 2016 sono stati registrati 18,1 milioni di pensioni con «una forte concentrazione nelle classi basse» d'importo. Infatti, il 63,4 per cento degli assegni (11,5 milioni) è inferiore a 750 euro, secondo le statistiche dell'Osservatorio pensioni dell'INPS. Emergono sempre disparità di trattamento previdenziale di genere. Per le donne gli assegni inferiori a 750 euro sono più dei tre quarti del totale (il 77,1 per cento);Pag. 176
    quanto alla ventilata proposta di riduzione della pensione di reversibilità, in base al calcolo ISEE, il rischio è quello che un numero consistente di superstiti possano perdere detta pensione per aver superato una soglia ISEE molto bassa. In ogni caso, visto che il «contributo previdenziale» prevede il pagamento dell'invalidità e delle pensioni di reversibilità ai superstiti e di vecchiaia (IVS), tale operazione sarebbe incostituzionale;
    il comma 159, lettera b), dell'articolo 1 della Legge di stabilità 2016 prevede una drastica riduzione del fondo destinato al finanziamento del pensionamento anticipato dei lavoratori addetti alle mansioni particolarmente faticose e pesanti (i cosiddetti lavori usuranti), di cui all'articolo 1, comma 3, lettera f) della legge n. 247 del 2007;
    la dotazione per i lavoratori in parola, prevista dalla legge n. 247 del 2007 (articolo 1, comma 3, lettera f) viene ridotta di 140 milioni di euro per il 2017, 110 milioni di euro per il 2018, 76 milioni di euro per il 2019 e di altri 30 milioni di euro per il 2020, 17,7 milioni di euro per l'anno 2023, 18 milioni di euro per l'anno 2024 e 18,4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2025, con conseguente corrispondente riduzione degli importi destinati all'accesso anticipato al pensionamento per gli addetti alle lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, da utilizzare sia per il cumulo del riscatto degli anni di laurea con il riscatto del periodo di maternità facoltativa fuori dal rapporto di lavoro, sia per consentire a coloro che sono andati in pensione di anzianità con meno di 62 anni nel triennio 2012-2014 la cancellazione delle penalizzazioni, per i soli ratei corrisposti dal 1 gennaio 2016;
    il Fondo, com’è noto, era stato già ridotto per l'anno 2016 con la Legge di stabilità n. 190 del 2014 a 233 milioni di euro, a fronte dei 383 milioni di euro stanziati tra il 2013 e 2014;
    l'articolo 1, comma 235, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e l'articolo 1, comma 193, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, hanno definito le risorse finanziarie necessarie a garantire la copertura alle operazioni di salvaguardia, attraverso l'utilizzo dei risparmi, ovvero dei residui passivi iscritti nello stato di previsione del ministero competente;
    nel merito, il Documento in titolo non accenna ad iniziative di monitoraggio delle risorse di cui al comma 155 dell'articolo 1 della legge di Stabilità 2016. Si suppone che, qualora dovessero risultare risorse eccedenti, ai sensi del sopra citato comma 155, dette risorse non saranno utilizzate per ricompensare la dotazione del Fondo per i lavori usuranti, fortemente depauperato, vanificando quindi l'obiettivo di ampliare la platea dei beneficiari;
    alla luce di quanto premesso, ritenendo che non siano raggiunti gli obiettivi indispensabili allo sviluppo del nostro Paese,
   esprime

PARERE CONTRARIO.