CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 settembre 2015
513.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015. Doc. LVII, n. 3-bis.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3-bis);
   evidenziato come l'aspetto programmatico politicamente più rilevante della Nota di aggiornamento sia costituito dalla volontà del Governo di utilizzare pienamente i margini di flessibilità concessi all'Italia in materia di riforme strutturali nell'ambito del piano di rientro verso il pareggio di bilancio con riferimento al 2016, che ha consentito di guadagnare un ulteriore spazio di flessibilità pari a 0,1 punti percentuali di PIL, dopo che già nel programma di stabilità 2015 era stata richiesta una deviazione temporanea rispetto a tale obiettivo pari a 0,4 punti percentuali di PIL, nonché dalla volontà di chiedere l'applicazione della clausola di flessibilità per gli investimenti per 0,3 punti percentuali di PIL, allungando conseguentemente dal 2017, data prevista nel DEF 2015, al 2018 il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali;
   sottolineato come il predetto margine di flessibilità richiesto, il quale ammonta in totale a 0,8 punti percentuali di PIL, sarà utilizzato per irrobustire i primi segnali di ripresa della crescita del PIL, che già sono emersi con riferimento alle precedenti previsioni del DEF 2015 e che si estenderanno negli anni prossimi, rafforzando per questa via anche il processo di consolidamento fiscale del Paese;
   rilevato come un ulteriore margine di flessibilità finanziaria, pari a 0,2 punti percentuali di PIL, sarà richiesto dal Governo per far fronte ai costi relativi all'accoglienza degli immigrati, ma come esso non sia stato prudenzialmente considerato nelle stime indicate dalla Nota di aggiornamento;
   evidenziato come le indicazioni programmatiche contenute nella Nota di aggiornamento confermino la linea di politica economica perseguita dal Governo, avviata nel 2014 e nel 2015 con l'incremento del reddito disponibile dei lavoratori (attraverso il bonus fiscale di 80 euro mensili ai lavoratori con i redditi più contenuti), la riduzione del costo del lavoro delle imprese attraverso la cancellazione della componente lavoro dell'IRAP e la revisione della disciplina fiscale per la deducibilità delle svalutazioni crediti e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione, la quale ha già consentito di invertire la dinamica recessiva che ha caratterizzato la dinamica economica negli ultimi anni, consentendo, al contempo, di ripristinare la stabilità finanziaria e la credibilità internazionale del Paese, nonché di riprendere un cammino di crescita interrotto da troppi anni;
   sottolineato come, grazie a questa positiva dinamica e agli effetti di tali misure, già valutate positivamente dalla Commissione europea, le stime sulle variabili di finanza pubblica contenute nella Nota di aggiornamento mostrino un'evoluzione più favorevole rispetto alle previsioni del DEF 2015, sia per quanto attiene all'indebitamento netto tendenziale sia per quanto riguarda l'andamento dell'avanzo primario;Pag. 62
   rilevato inoltre come l'altro fondamentale aspetto politico della Nota di aggiornamento sia costituito dalla conferma della volontà del Governo di disattivare, attraverso tagli di spesa, le clausole di salvaguardia attualmente previste dalla legge di stabilità 2014 e dalla legge di stabilità 2015 e che dovrebbero scattare già il prossimo anno, la cui applicazione incrementerebbe il prelievo tributario per un ammontare pari a circa 16,8 miliardi nel 2016, a 26,2 miliardi nel 2017 e a poco meno di 29 miliardi nel 2019;
   evidenziato come tale importante scelta di disattivare le clausole di salvaguardia comporterà una riduzione della pressione fiscale, che si ridurrà, nello scenario tendenziale, anche grazie alla destinazione a tal fine degli incassi realizzabili nel 2015 dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, quantificati dalla Nota in 143 milioni di euro, dal 43,1 per cento nel 2015 al 42,6 per cento nel 2016, riducendosi ulteriormente negli anni successivi, e determinando conseguentemente ulteriori effetti positivi sul piano della crescita del PIL;
   sottolineato positivamente come la Nota segnali l'indirizzo programmatico del Governo di adottare una ulteriore serie di importanti misure di politica fiscale di alleggerimento del carico tributario a favore delle famiglie e delle imprese e di stimolo ai consumi e agli investimenti privati, che si sostanzieranno in prima battuta nell'eliminazione dell'IMU e della TASI sulla prima casa, nella cancellazione dell'IMU sui macchinari cosiddetti «imbullonati», nonché, in una prospettiva temporale più ampia, nella riduzione della tassazione gravante sugli utili aziendali, per accrescere l'occupazione e la capacità dell'Italia di attrarre imprese ed investimenti, e nella riduzione dell'imposizione IRPEF sulle persone fisiche, misure che saranno finanziate attraverso risparmi di spesa finalizzati anche ad aumentare ulteriormente l'efficienza del settore pubblico;
   evidenziato come la strategia di politica tributaria del Governo trovi fondamento nella delega per la riforma del sistema fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014, che ha già trovato attuazione in molte sue parti, in particolare per quanto riguarda la semplificazione dei rapporti tra fisco e contribuenti, le misure per migliorare il rispetto della normativa tributaria, il meccanismo di revisione delle agevolazioni fiscali, la revisione del sistema sanzionatorio e del contenzioso tributario, la razionalizzazione della riscossione, la revisione organizzativa delle agenzie fiscali e le misure per favorire la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
   valutati positivamente i risultati dell'attività di contrasto all'evasione fiscale nel 2014, indicati dal rapporto in materia contenuto nell'Allegato II alla Nota, dal quale emerge un aumento dell'8,4 per cento dell'attività di riscossione rispetto al 2013, con un incremento sia degli incassi derivanti da ruoli sia dai versamenti diretti, che ha consentito di aumentare di 143 milioni di euro rispetto al 2014 le risorse del Fondo per la riduzione della pressione fiscale per l'anno 2015;
   evidenziata a tale riguardo l'accresciuta efficacia complessiva dell'attività di controllo svolta dall'Amministrazione finanziaria, e rilevato come in tale ambito sia stata opportunamente privilegiata la qualità e l'efficacia dei controlli, mediante un'attività meno invasiva e più mirata;
   sottolineato comunque come le dimensioni delle somme sottratte all'imposizione fiscale rimangano inaccettabili, e come sia pertanto necessario consolidare e rafforzare i risultati già ottenuti in questo campo, facendo leva in particolare su un affinamento dei controlli, che devono concentrarsi prioritariamente sui contribuenti meno collaborativi e maggiormente propensi all'evasione, individuati secondo modelli di analisi del rischio, sulla valorizzazione del nuovo istituto della voluntary disclosure di cui alla legge n. 186 del 2014, sul miglioramento del rapporto tra Fisco e contribuente in una prospettiva di certezza del diritto, sul rafforzamento dell'adempimento Pag. 63spontaneo (tax compliance), anche attraverso gli strumenti del tutoraggio e del controllo sulla pianificazione fiscale aggressiva, sul potenziamento dei servizi telematici, sull'elaborazione di nuovi strumenti informatici e sull'adeguamento di quelli già esistenti, su un più efficace utilizzo delle indagini finanziarie, nonché sul potenziamento degli strumenti di cooperazione internazionale ai fini del contrasto agli illeciti fiscali internazionali;
   rilevato il miglioramento delle condizioni del mercato del credito in Italia, le quali costituiscono elemento fondamentale per la ripresa dell'economia nel suo complesso, testimoniato dalla riduzione dei tassi bancari alla clientela e dal miglioramento del flusso di crediti all'economia sia per le imprese sia per famiglie, condizioni che dovrebbero protrarsi e consolidarsi anche grazie alle misure di quantitative easing adottate dalla Banca Centrale Europea e che hanno consentito di ridurre conseguentemente lo svantaggio competitivo rispetto agli altri Paesi dell'area dell'Euro esistente in questo campo;
   rilevato come al rafforzamento del sistema bancario nazionale contribuirà in modo significativo la riforma della disciplina della struttura societaria delle banche popolari, nonché la revisione, in via di autoregolamentazione, del ruolo e della governance delle fondazioni e delle banche di credito cooperativo;
   ribadita l'esigenza di ampliare i canali di finanziamento alle imprese, in particolare le PMI, migliorando la possibilità per queste ultime di accedere ai mercati del capitale, non solo di debito, sia rafforzando l'efficacia dei molteplici fondi di garanzia pubblici finalizzati a facilitare l'erogazione del credito, sia attraverso incentivi fiscali, sia mediante semplificazioni finanziarie, sia attraverso il miglioramento delle procedure fallimentari e concordatarie,
   sottolineata in tale contesto la necessità di affrontare, nel quadro fissato dalla normativa europea, il tema dei crediti bancari deteriorati del settore bancario italiano, aumentati in modo molto rilevante dalla fine del 2008, il quale costituisce un elemento cruciale per liberare risorse da destinare al finanziamento dell'economia;
   valutati positivamente i passi avanti compiuti a livello europeo e nazionale sul piano della vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, nonché circa il quadro di risanamento e risoluzione in materia;
   segnalata l'esigenza di completare, anche attraverso l'attivo coinvolgimento degli Enti territoriali e degli altri soggetti del settore pubblico, il Piano di valorizzazione del patrimonio pubblico, sia per realizzare gli introiti attesi da tali operazioni di vendita straordinaria di immobili pubblici, che hanno già reso 498 milioni di euro nel 2013 e 235 milioni nel 2014, sia per favorire una più efficiente, trasparente e funzionale gestione del patrimonio immobiliare pubblico, che rappresenta uno snodo fondamentale per la complessiva strategia di riduzione del debito e di finanziamento degli investimenti, nonché per portare a compimento il processo di federalismo demaniale disciplinato dal decreto legislativo n. 85 del 2010;
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

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ALLEGATO 2

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015.  Doc. LVII, n. 3-bis.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA DEL DEPUTATO PAGLIA

  La VI Commissione,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3-bis),
   premesso che:
    lo scenario macroeconomico italiano rappresenta una nazione il cui sistema produttivo si sta sgretolando e che sta esaurendo la sua spinta propulsiva e la sua capacità progettuale, in cui si sono amplificate le diseguaglianze, in cui si è ristretto il perimetro dei diritti, ed in cui l'emarginazione ha allargato la propria platea di ultimi, deboli e meno fortunati: tutti fattori che dimostrano quanto non sia non è più eludibile costruire tutte quelle condizioni adatte a consolidare ed incrementare la crescita economica del nostro Paese, e quanto sia altrettanto indispensabile e coerente con questo obiettivo, realizzare una maggiore equità sociale, anche attraverso una migliore distribuzione del reddito a favore delle fasce della popolazione vulnerabili e quindi più esposte alle difficoltà economiche, attuabile grazie a politiche fiscali mirate ad un significativo alleggerimento della pressione tributaria su lavoratori dipendenti e pensionati, conseguibile solo con un'incisiva e determinata lotta all'evasione fiscale;
    appare infatti oramai inconfutabile che tra le debolezze strutturali del sistema-Italia, fortemente pervaso anche dalla crisi globale, vi sia un'iniqua distribuzione della ricchezza, aggravata da un iniquo prelievo fiscale, risultato questo a cui si è addivenuti perché processo di risanamento dei conti pubblici messo in atto in questi ultimi anni dai Governi italiani, inasprito dall'incombente crisi internazionale, ha avuto come attori/destinatari principali i lavoratori dipendenti ed i pensionati, che sono stati chiamati a pagarne la maggior parte del costo; se il ricorso alla leva fiscale ha, infatti, permesso ai governi di attuare con successo un processo di risanamento della finanza pubblica, ciò è stato possibile con provvedimenti che non hanno ripartito equamente il carico tributario, ma che hanno progressivamente innalzato il livello della tassazione reale fino ad un insostenibile, come ha recentemente accertato la Corte dei conti con riferimento al 2014, 43,5 per cento del PIL con 1,7 punti in più sulla media UE;
    la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economica e finanziaria 2015 conferma gli errori di valutazione del DEF 2015, così come denunciato a suo tempo da SEL, con un quadro macroeconomico fortemente deteriorato rispetto al Documento dello scorso mese di aprile; infatti anche la manovra delineata dalla Nota di aggiornamento che, nonostante il ricorso alla «Clausola degli investimenti», da un lato prospetta una riduzione degli investimenti pubblici, a partire dal livello minimo attuale e dall'altro si adegua ai parametri del Fiscal compact, limitandosi semmai a giocare su alcuni eventuali decimali di flessibilità, strategia che non riuscirà ad invertire quella tendenza che vede la nostra economia ancora significativamente lontano dai livelli pre-crisi, legata a doppio filo ad un trend di deficit poco virtuoso ed ancora imbrigliata in una spirale recessiva che, Pag. 65oltre a rendere sempre più drammatica la condizione di molti lavoratori, di molte famiglie e dello stesso sistema di imprese, può ancora determinare uno scostamento significativo degli obiettivi di finanza pubblica;
    nella premessa alla Nota si legge che il sostegno alla crescita del Paese unito alla graduale riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL sarebbero affidati, oltreché ad un ampio programma di riforme strutturali, ad un piano di riduzione del carico fiscale su famiglie ed imprese sulla scia di quello già avviato nel 2014 con l'incremento del reddito dei lavoratori (bonus fiscale di 80 euro), proseguito nel 2015 con la riduzione del costo del lavoro delle imprese a parità di reddito per i lavoratori (attraverso la cancellazione della componente lavoro dell'IRAP), ma rafforzato, nell'ottica di una strategia pluriennale di riduzione della pressione fiscale, a partire dal 2016 da uno schok fiscale che contempla dal 2016 l'eliminazione delle imposte sull'abitazione principale (Imu e Tasi) e su alcuni fattori produttivi (Imu su imbullonati, misure di stimolo agli investimenti, riduzione dell'Ires) e dal 2017 interventi sulla fiscalità d'impresa e per le persone fisiche;
    viene confermato per grandi linee anche l'impianto, già annunciato nel DEF presentato nel mese di aprile, che prevede la cancellazione degli aumenti di imposta connessi alle clausole di salvaguardia per il 2016 e la copertura della riduzione del gettito, in via prevalente e crescente, tramite tagli di spese, senza però fornire ulteriori dettagli riferibili agli effetti ascrivibili alla clausola di salvaguardia ereditata dal Governo Letta e disposta dall'articolo 1, comma 430, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), che ha inoltre previsto interventi di variazione di aliquote d'imposta e di riduzione delle agevolazioni e delle detrazioni (cosiddetta tax expendilures);
    tali intenti vengono però smentiti a pagina 40 del documento, laddove il Governo precisa, quasi a volersi assolvere, che per effetto delle suddette clausole di salvaguardia ed il relativo aumento delle aliquote IVA e delle accise sugli oli minerali, l'evoluzione della pressione fiscale risulterebbe in crescita: dal 43,7 per cento nel 2015 raggiungerebbe il 44,3 per cento nel 2017 per poi attestarsi al 44 per cento nel 2019;
    nella stessa nota di aggiornamento il Governo rivendica l'iniziativa di aver modificato, nell'ambito della definizione di un quadro normativo che risolvesse il problema dei crediti deteriorati, il regime di deducibilità ai fini Ires ed Irap delle svalutazioni e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione, iniziativa che pur se adottata allo scopo di incentivare le banche a dismettere crediti incagliati alimentando il margine patrimoniale per la concessione di nuovo credito, ha rappresentato, di fatto, un ulteriore regalo alle stesse; le sofferenze bancarie sono insite e strettamente connesse al rischio dell'attività creditizia e quindi già scontate all'interno del prezzo del credito, l'intervento pertanto non era giustificabile; la crisi ha certamente introdotto un elemento di straordinarietà determinando un eccesso di crediti deteriorati rispetto ai quali esiste anche un interesse pubblico al loro riassorbimento, purtuttavia, a fronte di una riduzione in favore delle banche dei tempi di deducibilità delle perdite sui crediti, doveva corrispondere, quale contropartita per famiglie ed imprese, anche la certezza per questi ultimi dei tempi di effettiva erogazione del credito;
    l'Allegato II alla nota di aggiornamento che reca il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale, evidenzia che l'attività di recupero dell'evasione ha comportato riscossioni per complessivi 14,2 miliardi di euro, in aumento (8,4 per cento) rispetto al 2013, risultato che rappresenterebbe la somma più alta mai incassata dall'Agenzia delle Entrate dalla sua costituzione in seguito all'attività di controllo, e che comprende le entrate erariali e non erariali riscosse nell'anno Pag. 662014 a seguito della complessiva azione di contrasto degli inadempimenti dei contribuenti (accertamento, contenzioso, controllo formale e liquidazione automatizzata), sia in termini di versamenti diretti che di riscossioni coattive; inoltre, l'attività di contrasto all'evasione svolta nel 2014 dall'Agenzia delle entrate ha consentito di accertare complessivamente 26,1 miliardi di euro di maggiore imposta a fronte di un numero totale di accertamenti pari a 642.256;
    lo stesso Allegato II non fa mistero del fatto che buona parte delle maggiori entrate ascrivibili al successo della lotta all'evasione fiscale non sono confluite nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, ma hanno concorso alla copertura degli oneri derivanti dal decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, (cosiddetto bonus degli 80 euro), distraendole, pertanto, dalla loro finalità di redistribuzione dell'onere fiscale;
    il capitolo III del suddetto Allegato, interamente dedicato alla stima ed al monitoraggio dell'evasione fiscale, si sofferma sull'entità del cosiddetto tax gap delle imposte, cioè quella differenza tra imposta potenziale ed imposta effettiva in grado di fornire la misura della cosiddetta non compliance fiscale. Il dato più macroscopico che se ne ricava è quello relativo al tax gap dell'Imu, che registra una perdita del 28 per cento, circa 5,5 miliardi, pari ad un terzo del gettito atteso: la differenza tra la base imponibile teorica (che arriva a 2.615 miliardi di euro) e quella effettiva (che si ferma a 1.845 miliardi di euro) ammonta a 770,1 miliardi, ciò significa che quasi un terzo della base imponibile totale dell'IMU non viene sottoposta alla tassazione; il Ministero dell'economia e l'Agenzia delle Entrate, di fronte a questa realtà, suggeriscono prudenza nell'interpretazione dei risultati, e con atteggiamento quasi auto assolutorio e di pericolosa sottovalutazione del fenomeno, sostengono che gran parte del mancato gettito «non è riconducibile a comportamenti intenzionalmente evasivi, ma si tratta di mancati pagamenti dovuti a errori/omissioni nel versamenti e nell'interpretazione delle norme e crisi di liquidità», e che in sostanza non si tratterebbe di evasione ma «di forme fisiologiche di bassa propensione all'adempimento dei contribuenti»;
    a fronte di tale situazione, il governo a più riprese nella nota di aggiornamento non trascura di voler abolire nel 2016 in maniera strutturale l'imposizione sugli immobili destinati ad abitazione principale volendo trascurare l'ingente flusso di risorse che le suddette imposte generano per l'Erario, pari, con riferimento alla sola Tasi, a 3,4 miliardi di euro in ragione annua, un taglio indiscriminato e generalizzato delle imposte sulla casa comporterebbe dannosi effetti redistributivi, andando a tutto vantaggio dei decili di reddito più elevati che da soli, come risulta da un'elaborazione dei dati sulla distribuzione delle abitazioni di residenza svolta dalla Banca d'Italia, concorrono ad oltre il 40 per cento del relativo gettito;
    un eventuale abolizione della tassazione sull'abitazione principale, premierebbe una delle forme di patrimonio certamente più diffusa, ma anche uno dei fattori economici in assoluto più statici; a ciò si aggiunga che l'imperdonabile ritardo e la reiterata dilazione dei tempi con i quali si è fissata, finalmente, a livelli europei la tassazione delle rendite finanziarie, uniti ai recenti provvedimenti di definizione agevolata dell'emersione dei capitali occultati all'estero (voluntary disclosure), hanno sottratto alle politiche pubbliche imponenti risorse che, invece, avrebbero potuto essere dirottate, ad esempio, a garantire maggiore inclusività e maggiore qualità del nostro welfare;
    l'obiettivo di perseguire tout court una riduzione della pressione fiscale complessiva non dovrebbe, invece, tradire quello di realizzare contestualmente una maggiore equità, progressività ed efficienza nella distribuzione del prelievo; nel settore immobiliare per aumentare l'equità sarebbe cruciale la riforma del catasto, già prevista nella legge di delega fiscale ma che il Governo, accortosi dalle Pag. 67simulazioni sugli effetti dell'algoritmo che avrebbe dovuto rivedere i valori catastali che le rendite sarebbero cresciuta in misura esponenziale, toccando quindi gli interessi dei pochi e facoltosi abbienti, ha preferito congelare;
    una revisione dell'imposizione immobiliare mirata ad una maggiore efficienza, equità e progressività in grado di realizzare una redistribuzione del carico fiscale dai più abbienti al ceto medio-basso, non può prescindere dalla preliminare revisione delle rendite catastali, per renderle che le renda più aderenti ai valori di mercato, e deve prevedere forme di esenzione correlate al valore degli immobili ed alla situazione economica dei nuclei familiari che li occupano, anche superando il meccanismo di solidarietà che attualmente vincola proprietario ed affittuario, superando la quota d'imposta a carico di quest'ultimo e che grava soprattutto sulle generazioni più giovani;
    qualsiasi discorso sull'equità fiscale in questo Paese è compromesso se non si accetta di partire alla considerazione che il nostro Paese proviene da decenni di evasione fiscale scandalosa che ha consentito l'accumulazione di grandi ricchezze e la realizzazione di grandi patrimoni personali grazie, soprattutto, a transazioni speculative e rendite, la crisi inoltre ha messo a nudo un rancore crescente verso l'ineguaglianza sociale e verso il paradosso che vede l'Italia come uno dei paesi più ricchi del mondo, senza che questo venga riconosciuto nell'esperienza quotidiana che lo dipinge come un paese ricco, ma abitato da poveri...;
    nel nostro Paese la ricchezza finanziaria (depositi, titoli di Stato, azioni, fondi comuni di investimento, eccetera), rappresenta il 43 per cento del patrimonio privato totale ed è distribuita in modo più diseguale e inefficiente rispetto a quella immobiliare; malgrado la complessità di operare a breve una riforma organica del sistema fiscale ed in vista del riordino della tassazione locale, in questa fase sarebbe subito possibile introdurre un'imposizione, ordinaria, con aliquota progressiva (da 0,55 per cento all'1,8 per cento), sui grandi patrimoni improduttivi come ad esempio la ricchezza esclusivamente finanziaria; esprime anche di tutto questo nella nota di aggiornamento al def 2015 non v’è traccia,
   esprime

PARERE CONTRARIO

Paglia.

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ALLEGATO 3

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015. Doc. LVII, n. 3-bis.

DOCUMENTAZIONE DEPOSITATA DAL RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO

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