CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 settembre 2015
509.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015
(Doc. LVII, n. 3-bis).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   esaminata per le parti di competenza la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3-bis);
   in quadro congiunturale internazionale segnato dal rallentamento delle grandi economie emergenti della Cina, Russia, Brasile e Turchia che comprime le prospettive di mercato per le imprese esportatrici italiane ed accresce le pressioni concorrenziali dal lato delle importazioni, delineando altresì rischi significativi di una minore crescita del commercio internazionale;
   atteso che nell'area euro i segnali provenienti dagli indicatori congiunturali appaiono contrastanti e la dinamica dei prezzi, nonostante la politica monetaria espansiva adottata negli ultimi mesi dalla Banca centrale Europea, è tuttora lontana dall'obiettivo prefissato;
   condivisi gli obiettivi di politica economica, già indicati nel DEF e ribaditi in questa Nota, volti ad un rafforzamento della crescita economica e produttiva, alla promozione degli investimenti, al sostegno delle esportazione e ad una generale riduzione del carico fiscale sulle famiglie e sulle imprese, secondo un piano pluriennale avviato nel 2014 e che proseguirà fino al 2018;
   preso atto positivamente dell'indirizzo di riqualificare la composizione del bilancio pubblico (cioè l'impatto di impieghi ed entrate) attraverso interventi volti a rendere più efficace ed efficiente la spesa (spending review ed accelerazione degli investimenti pubblici cofinanziati con fondi europei) in combinazione con tagli selettivi e mirati delle imposte tali da stimolare gli investimenti privati;
   espresso altresì apprezzamento per l'adozione di un indirizzo di maggiore gradualità nel processo di consolidamento di bilancio, consentita dal quadro normativo europeo e pienamente funzionale all'esigenza di misurarsi con le implicazioni anche di tipo finanziario che derivano dall'ondata di immigrazione proveniente dall'Africa e Medio Oriente, che vedono l'Italia come uno dei paesi più esposti in Europa;
   valutate altresì positivamente le prospettate misure di stimolo all'economia che saranno in parte finanziate da risparmi di spesa attraverso una operazione selettiva, finalizzata ad una più efficace allocazione delle risorse nel settore pubblico;
   ritenendo pienamente matura e sostenibile la proposta di un'iniziativa comunitaria che consenta agli Stati membri di tenere conto dei costi e, più in generale, dell'impatto economico-finanziario connessi al fenomeno dell'immigrazione, anche ai fini del computo del disavanzo strutturale ed in generale dalle regole previste nel Patto di stabilità e di crescita,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Risoluzione n. 7-00643 Zampa: Sul processo di transizione democratica in Myanmar.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   premesso che:
    il Parlamento italiano, nel Senato della Repubblica e nella Camera dei deputati, segue da anni con costante attenzione la situazione del Myanmar, Paese strategico nel Sud est asiatico, guidato per decenni da una giunta militare e sottoposto a gravi violazioni dei diritti umani;
    l'Italia è vicina da tempo al popolo birmano e ha manifestato il suo sostegno sia attraverso le iniziative di associazioni, istituzioni locali e società civile, sia attraverso l'attività dell'Associazione parlamentare «Amici della Birmania» che, a partire dalla XIV legislatura, ha avuto contatti diretti con la realtà sociale e politica del Paese e con la leader dell'opposizione democratica, Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace, per lunghi anni agli arresti domiciliari;
    negli ultimi quattro anni è in atto in Myanmar un processo di transizione verso la democrazia e di riconciliazione nazionale, avviato dal Capo del Governo Thein Sein e da Aung San Suu Kyi, dopo la sua liberazione, avvenuta nel novembre 2010, e la sua elezione al Parlamento birmano il 1o aprile 2012;
    l'esecutivo birmano ha intrapreso diversi gesti di apertura verso i gruppi etnici armati che combattevano da decenni contro la dittatura, firmando un accordo con le etnie Wa e Mongla e ufficializzando il cessate il fuoco con i ribelli Karen, protagonisti di una delle più lunghe insurrezioni armate della storia del Paese;
    nell'opera di pacificazione si è distinto il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e primo porporato della storia della Chiesa birmana, che sta operando per una mediazione tra le forze armate e le milizie etniche, esortando le parti in lotta ad incontrarsi per riprendere i negoziati di pace e mettere così fine a un conflitto armato che imperversa da decenni e ha causato migliaia di vittime e feriti, anche fra i civili;
    parallelamente il Governo birmano ha avviato un'azione di apertura nei riguardi della Comunità internazionale, avvalendosi anche del ruolo di presidente di turno dell'Associazione delle nazioni dell'Asia del sud orientale (ASEAN) nel 2014;
    l'Italia è convintamente schierata a sostegno dello sviluppo democratico del Myanmar, come è emerso dalla visita effettuata da Aung San Suu Kyi in Italia, dal 27 al 31 ottobre 2013, durante la quale ha incontrato il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, la Presidente della Camera, il Presidente del Consiglio, il Ministro degli affari esteri, l'Associazione parlamentare «Amici della Birmania», le città di Roma, Torino, Bologna, Parma e l'Università di Bologna. In quella occasione Aung San Suu Kyi si è detta «toccata dall'accoglienza di Roma» – dove ha ricevuto la cittadinanza onoraria che le era stata conferita nel 1994 – ed ha affermato «L'Italia resti vicina alla Birmania», dando impulso sia alle relazioni politiche e istituzionali sia alla cooperazione Pag. 55economica, sociale e culturale per il progresso del suo Paese, la costruzione della sua democrazia e per la crescita dei rapporti tra l'Italia e la Birmania;
    sono stati avviati nuovi rapporti bilaterali di collaborazione politica ed economica con Rangoon, rinnovati da ultimo con la missione nella capitale birmana, nel febbraio scorso, del Sottosegretario agli affari esteri ed alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, nel corso della quale egli ha ribadito il convinto sostegno dell'Italia al processo di transizione verso la democrazia ed ha sottolineato l'importanza che le prossime elezioni politiche, programmate entro l'anno, siano libere e trasparenti, in un contesto stabile e democratico pienamente funzionale anche all'attrazione di nuovi investimenti esteri. Il Sottosegretario ha anche incontrato Aung San Suu Kyi, presso la sede del Parlamento birmano. Nel corso del colloquio, Della Vedova ha ribadito l'importanza del ruolo da lei svolto, e che sarà chiamata ancora a svolgere, nell'evoluzione del processo democratico del Myanmar;
    tuttavia, pur in presenza di questi sforzi verso un'apertura democratica delle istituzioni politiche ed un nuovo ruolo internazionale del Paese, la Costituzione in vigore nel Myanmar, la cui revisione è oggetto di discussione politica e parlamentare, evidenzia ancora oggi elementi di forte criticità democratica, tra i quali la discriminazione sulle candidature alla Presidenza e alla Vicepresidenza dell'Unione birmana, l'assegnazione del 25 per cento dei posti ai militari nell'Assemblea dell'Unione e nella Camera delle nazionalità, e la previsione di procedure estremamente restrittive per l'approvazione degli emendamenti alla Costituzione;
    in particolare, la Costituzione al capitolo 3 punto f), prevede per il Presidente dell'Unione e il vicepresidente «non lui, i suoi genitori, il coniuge, uno dei figli legittimi o i loro coniugi devono avere legami con una potenza straniera, non deve essere soggetto al potere o cittadinanza di un Paese straniero», determinando con ciò una evidente discriminazione nei confronti di Aung San Suu Kyi, che ha manifestato l'intenzione di candidarsi alla Presidenza del Myanmar nelle prossime imminenti elezioni;
    in tale quadro, accanto ai segnali incoraggianti, non mancano episodi di gravissima tensione sociale, carica di opportunità alla vigilia delle nuove consultazioni politiche ma anche foriera di gravi tensioni come i recenti scontri, svoltisi nella città di Letpadan, tra la polizia e gli studenti che manifestano contro una controversa riforma dell'istruzione, conclusisi con atti di violenza da parte delle forze dell'ordine, arresti illegittimi e violazioni dei diritti umani;
    l'insicurezza e la precarietà economica di una società ancora largamente rurale è ora acuita dalla prosecuzione di gravi operazioni di confisca delle terre dei contadini perpetrate delle autorità governative, del tutto al di fuori di legalità, che espongono migliaia di persone all'incertezza ed alla povertà;
    il Parlamento italiano ha negli anni scorsi seguito costantemente l'evoluzione del quadro politico del Myanmar, anche attraverso l'adozione di appositi atti d'indirizzo come la risoluzione n. 8-00017, approvata dalla Commissione affari esteri il 16 ottobre 2013, e la risoluzione n. 7-00389, approvata dalla stessa Commissione il 18 giugno dello scorso anno, che impegna tra l'altro il Governo a garantire costante determinazione nell'intervenire in ogni sede, europea ed internazionale, per assicurare, in rapporto diretto con il Governo e con il Parlamento del Myanmar, con continuità l'ulteriore positiva evoluzione del processo democratico del Paese asiatico, anche nella prospettiva delle elezioni politiche del 2015; a sostenere l'apertura democratica del Myanmar e, quindi, l'eguale e pari partecipazione di tutti i partiti politici e di tutti i cittadini, senza alcuna esclusione, alla vita democratica ed istituzionale del Paese, nonché lo svolgimento di elezioni libere e democratiche; Pag. 56fermo restando il diritto all'autodeterminazione e alla sovranità legislativa di ogni Paese, a incoraggiare in ambito internazionale la modifica della Costituzione del Myanmar, in particolare nel punto in cui impedisce a chi abbia parenti di nazionalità straniera di candidarsi alle elezioni presidenziali, previsione che non ha fondamento nei principi democratici universalmente riconosciuti; a sostenere la legittima aspirazione del premio Nobel Aung San Suu Kyi, al pari di ogni altro cittadino birmano, a partecipare pienamente alla vita politico-elettorale nazionale;
    questi sono mesi cruciali per la transizione democratica in Myanmar in considerazione delle imminenti elezioni politiche;
    la collaborazione politica, economica e sociale tra l'Italia e il Myanmar, che vede uno sviluppo crescente, corrisponde all'interesse di entrambi i popoli e si inserisce nell'ambito dei rapporti tra l'Europa e l'Asia che aprono prospettive nuove per il futuro del mondo; il consolidamento della riforma democratica in Myanmar è fattore decisivo per lo sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e il Myanmar, e, dunque, tra l'Italia e il Myanmar, nell'ambito delle relazioni internazionali per l'armonico sviluppo dei Paesi nel mondo globale, il progresso civile delle nazioni e il conseguimento dei comuni obiettivi di salvaguardia dei diritti umani e della pace;
    l'evoluzione democratica del Myanmar, il rispetto dei diritti umani, la liberazione di tutti i prigionieri politici, il superamento dei conflitti etnici devono continuare ad essere considerati parte integrante dello sviluppo economico e sociale della Birmania;
    è evidente che l'attuale fase politica in Myanmar, alla vigilia delle elezioni, è decisiva e non può non prevedere in tempi rapidi il cambiamento della Costituzione, come testimonia il crescente movimento nel Paese per il conseguimento di questo obiettivo e come è costantemente auspicato dalla comunità internazionale;
    Aung San Suu Kyi è impegnata con coraggio, determinazione e con tutte le sue forze per il cambiamento della Costituzione, poiché è in gioco la libertà e il progresso del suo popolo, e per ricostruire la nazione sulla base della giustizia, della verità, della fiducia, della riconciliazione, della pace, dello sviluppo umano, di un'autentica democrazia in Myanmar;
    nel processo di transizione verso la democrazia in Myanmar è necessario che siano sostenute tutte le forze che credono nella democrazia, avendo anche presenti i rischi di inversione del cammino democratico che sempre si accompagnano alle grandi scelte di cambiamento,

impegna il Governo
   a dare seguito alle risoluzioni n. 8-00017 e n. 7-00389 approvate dalla Commissione Affari Esteri della Camera rispettivamente nelle sedute del 16 ottobre 2013 e del 18 giugno 2014;
   a incoraggiare in ambito internazionale la modifica della Costituzione del Myanmar, in particolare nel punto in cui impedisce a chi abbia parenti di nazionalità straniera di candidarsi alle elezioni presidenziali, previsione che non ha fondamento nei princìpi democratici universalmente riconosciuti, fermo restando il diritto all'autodeterminazione e alla sovranità legislativa di ogni Paese;
   a promuovere e sostenere una partecipazione più intensa dell'Italia al processo di transizione democratica in Myanmar, a partire dal sostegno al processo di preparazione di consultazioni elettorali libere e giuste, attraverso un costante confronto sia con le autorità di Governo sia con l'opposizione, ed in particolare con la leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi;
   a promuovere, nelle idonee sedi multilaterali, una costante verifica dello stato del rispetto dei diritti umani, attraverso la puntuale denuncia delle loro violazioni ed Pag. 57il monitoraggio dei risultati raggiunti, da affiancare a tutti le opportune iniziative di mobilitazione internazionale per la liberazione di tutti i prigionieri politici ed il superamento dei conflitti etnici;
   a promuovere la richiesta, nelle sedi internazionali, che i risultati della Commissione d'inchiesta sulle recenti repressioni da parte della polizia delle manifestazioni studentesche lo scorso marzo siano resi noti;
   a sostenere nelle appropriate sedi multilaterali, iniziative di sensibilizzazione dei diritti dei contadini birmani;
   a valorizzare e sostenere le associazioni della società civile che in Italia hanno rapporti di amicizia e di collaborazione con il Myanmar.
(8-00136) «Zampa, Quartapelle Procopio, Chaouki, Cassano, Carra, Minnucci, Ribaudo, Marchi, Romanini, Gandolfi, Taricco, Iori, Cova, Piccione, D'Ottavio, Iacono, D'Incecco, Patriarca, Malisani, Patrizia Maestri, Miccoli, Giuliani, Mura, Murer, Fedi, Zan, Lenzi, Capone, Rubinato, Cinzia Maria Fontana, Zanin, Manfredi, Cimbro, Moscatt, Rossi, Ghizzoni, Tullo, Sbrollini, Amoddio, La Marca, Villecco Calipari, Baruffi, Fregolent, Valeria Valente, Locatelli».

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ALLEGATO 3

Risoluzione n. 7-00776 Spadoni: Sul Vertice per l'adozione dell'Agenda di sviluppo post-2015.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   premesso che:
    nel settembre del 2000 l'ONU ha adottato la Dichiarazione del Millennio con la quale 189 leader mondiali si erano impegnati a raggiungere 8 concreti obiettivi: dimezzare la povertà estrema e la fame; raggiungere l'istruzione primaria universale, promuovere l'uguaglianza di genere, diminuire la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l'HIV/AIDS, la malaria e le altre malattie, assicurare la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo (l'Aiuto pubblico allo sviluppo); gli 8 Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell'ONU (MDGs) hanno costituito il quadro di riferimento più importante anche per la cooperazione internazionale allo sviluppo e avrebbero dovuto essere raggiunti entro il 2015;
    in questo lasso di tempo si può complessivamente valutare positivamente il raggiungimento di alcuni risultati: il tasso di riduzione della povertà e l'aumento dell'accesso a servizi sanitari di base, all'educazione, all'acqua e ad altri servizi essenziali in molti Paesi è stato significativo;
    a partire dal Forum di alto livello tenutosi a Busan nel 2011, è in corso un dibattito sul passaggio da una visione centrata sull'efficacia dell'aiuto a quella dello sviluppo (sostenibile), con l'obiettivo di superare la dipendenza dei Paesi in via di sviluppo dai Paesi donatori, ponendo maggiore attenzione ai risultati concreti delle azioni intraprese ma anche prestando ascolto a chi opera direttamente sul campo, attraverso un approfondimento sui singoli obiettivi;
    tuttavia, non si può certo sottacere che molto rilevanti sono stati in questi decenni trascorsi gli interessi che i Paesi industrializzati hanno avuto nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto per lo sfruttamento delle risorse energetiche, a fronte dell'impegno a investire nella cooperazione; purtroppo, molti Paesi poveri, nel tentativo di ottenere un minimo livello di benessere economico, si sono resi disponibili a ospitare sul proprio territorio impianti pericolosi appartenenti alle imprese delle nazioni industrializzate, anche grazie all'assenza di leggi che tutelino l'ambiente e al fatto che molti governi, corrotti, accolgono sul loro territorio milioni di tonnellate di rifiuti tossici o radioattivi; non solo, nell'ultimo decennio molti Paesi industrializzati, compresa l'Italia, si sono trovati nella paradossale situazione di aver causato, dietro lo scudo della partecipazione alle «necessarie» missioni internazionali di pace, pesanti ripercussioni (povertà e mortalità infantile) cui hanno poi «riparato» con esigui fondi (rispetto all'enorme quantità di denaro sperperata in armamenti e altro) a favore di interventi di cooperazione allo sviluppo e di ricostruzione;
    il Vertice sullo sviluppo sostenibile indetto dalle Nazioni Unite (meglio noto come Rio+20), tenutosi dal 20 al 22 giugno 2012 a Rio de Janeiro, ha riguardato Pag. 59l'economia verde, nel contesto dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà, e il quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile indicandole come priorità mondiali, impegnandosi al contempo a lanciare quelli che sono stati definiti gli «obiettivi di sviluppo sostenibile»; tuttavia, il documento finale ha in gran parte disatteso le aspettative relative allo stanziamento di nuovi fondi per l'economia verde (come avevano chiesto i Paesi in via di sviluppo) o all'adozione di decisioni sulle divisioni di responsabilità tra i Paesi che più inquinano;
    una Commissione di alto livello, nominata dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, ha presentato, nel luglio 2014, il suo rapporto finale sull'Agenda di sviluppo post-2015 secondo cui una delle mancanze degli attuali Obiettivi di Sviluppo del Millennio è di essere stati elaborati senza un contributo sufficiente dei Paesi in via di sviluppo, senza aver raggiunto i gruppi emarginati, come le minoranze, senza aver integrato gli aspetti economici, sociali e ambientali di sviluppo sostenibile come previsto dalla Dichiarazione del Millennio e senza aver sostenuto la necessità di promuovere gli schemi di consumo e produzione sostenibili;
    in occasione del vertice Agenda post-2015, organizzato dalle Nazioni Unite e previsto per fine settembre 2015, i leaders mondiali si riuniranno a New York per una valutazione conclusiva del processo realizzato tra il 2000 e il 2015 (già esplicitata nel citato rapporto) e per proporre anche la nuova Agenda per lo sviluppo e la sostenibilità con il lancio dei nuovi Obiettivi Globali (Sustainable Development Goals – SDGs) che sostituiranno i Millennium Development Goals (MDGs);
    per un più efficace raggiungimento dei nuovi obiettivi, però, occorre disporre di dati affidabili, accurati e puntuali, quali dovranno mostrare dove concentrare gli interventi e aiutare a monitorarne i progressi; ad oggi, infatti, i dati necessari per comprendere quali progressi siano stati compiuti dai diversi Paesi risultano spesso difficilmente reperibili o raccolti attraverso metodi statistici inaffidabili;
    in tal senso, il Festival dei Dati tenutosi dal 20 al 22 aprile 2015 a Cartagena (Colombia), si è rivelato essere un utile momento di confronto e scambio tra statistici e ricercatori provenienti da tutto il mondo per rafforzare i sistemi di dati e migliorare gli esiti dello sviluppo, per lavorare concretamente su come finanziare la rivoluzione dei dati e come modernizzarne e armonizzarne i sistemi attraverso l'individuazione di metodi, per potenziare e coinvolgere le comunità nell'utilizzo e nella produzione di dati per affrontare le esigenze locali;
    si è tenuta, dal 13 al 16 luglio 2015, la conferenza ONU di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo: la terza dopo quella svoltasi in Messico nel 2002, dalla quale era scaturito quello che viene chiamato il «Consenso di Monterrey» e quella tenutasi nel 2008 a Doha (Qatar); peraltro, i risultati di queste due conferenze sono stati piuttosto limitati poiché, se da una parte hanno prodotto delle buone analisi, l'implementazione delle risoluzioni prese è, invece, rimasta vaga e non vincolante;
    la citata conferenza di Addis Abeba è stata voluta per promuovere, tra gli altri scopi, la cooperazione internazionale allo sviluppo, rafforzare i processi di controllo dei finanziamenti allo sviluppo, avviare un nuovo percorso per il finanziamento dello sviluppo sostenibile e costruire una visione comune per un mondo sostenibile, libero dalla povertà;
    dopo quattro giorni di incontri ai più alti livelli, è stato raggiunto l'accordo, realizzato dai 193 paesi ONU partecipanti alla conferenza (definito dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon «una pietra miliare») sul documento finale (il Programma d'Azione di Addis Abeba) che ha fissato la cornice per il finanziamento allo sviluppo nei prossimi 15 anni. Il testo contiene più di 100 misure concrete che comprendono tutte le fonti di finanziamento Pag. 60e che riguardano la cooperazione su una serie di questioni, tra cui la tecnologia, la scienza, l'innovazione, il commercio e lo sviluppo della conoscenza; inoltre, il documento prevede una serie di misure volte a generare investimenti per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali globali e la creazione di una «partnership globale rivitalizzata», al fine di garantire uno sviluppo sostenibile che non lasci nessuno indietro; infine, esso mira a promuovere una prosperità economica universale inclusiva e a migliorare il benessere della popolazione nel pieno rispetto dell'ambiente, oltre a fornire una base di partenza per l'attuazione della nuova Agenda di sviluppo sostenibile;
    tuttavia, va evidenziato come un ampio schieramento delle organizzazioni internazionali della società civile abbia espresso forti critiche sugli esiti della conferenza di Addis Abeba; la Confederazione Oxfam ha definito il summit come «un'occasione persa» per sconfiggere la povertà, evidenziando due principali criticità: 1) il documento conclusivo della conferenza assegna ai finanziamenti privati una posizione centrale nel piano degli stanziamenti per lo sviluppo, incoraggiando in particolare il ricorso a partnership fra il settore pubblico e quello privato e a strumenti misti di finanziamento. Tuttavia, appaiono scarse e inadeguate le garanzie che gli stanziamenti privati siano a tutti gli effetti utilizzati per favorire uno sviluppo sostenibile, garantire la tutela dei diritti umani e una maggiore responsabilità sociale e ambientale, assicurando, in via prioritaria, la tutela dell'interesse pubblico; 2) da parte dei Paesi in via di sviluppo era emersa chiaramente la volontà di lavorare insieme per la costituzione di un comitato intergovernativo per la cooperazione in materia di governance fiscale globale con risorse adeguate e un mandato chiaro per intervenire su alcuni dossier come l'armonizzazione dei regimi fiscali, il contrasto a pratiche di concorrenza fiscale aggressiva tra i Paesi e la lotta all'abuso fiscale (evasione ed elusione) internazionale, perpetrato da parte di grandi gruppi multinazionali che privano gli erari dei Paesi in via di sviluppo di miliardi di euro l'anno; il proposito è auspicabile, in particolare, che le grandi imprese siano soggette a misure obbligatorie di trasparenza finanziaria, come la rendicontazione Paese per Paese (il cosiddetto country-by-country reporting), volte a gettare luce sulle pratiche di tax planning aggressivo delle imprese, pratiche che agevolano l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili verso giurisdizioni fiscali, come i tax havens, a bassa tassazione o completamente tax free, privando i governi di risorse fondamentali per politiche pubbliche progressive di lotta alla povertà e contrasto alle disuguaglianze;
    infine, la conferenza di Addis Abeba ha portato all'istituzione di un nuovo fondo globale di finanziamento (Gff) da parte dei donatori internazionali, pari a 12 miliardi di dollari a sostegno della Strategia globale del segretario generale delle Nazioni Unite per la salute delle donne, dei bambini e degli adolescenti e degli Obiettivi di sviluppo sostenibile; tale fondo sarà gestito, oltre che dalle Nazioni Unite, dalla Banca mondiale e dai governi di Canada, Norvegia e Stati Uniti, a sostegno di quattro paesi africani: Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Kenya e Tanzania;
    la conferenza è il primo di tre eventi cruciali programmati nel 2015 e i suoi risultati serviranno da incoraggiamento per finanziare e adottare a New York, nel settembre 2015, il programma di sviluppo sostenibile e per raggiungere un accordo vincolante a Parigi (in occasione della Conferenza delle Parti – COP21) a dicembre 2015 per ridurre le emissioni globali di CO2;
    la recente riforma della legge italiana per la cooperazione allo sviluppo (legge n. 125 del 2014) e il decreto ministeriale concernente lo Statuto della nuova Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo prevedono che si possa affidare a soggetti privati con finalità di lucro la realizzazione dei relativi interventi, nel rispetto delle finalità previste dalla citata Pag. 61legge. Al fine di scongiurare fenomeni di finanziamento a pioggia o di perdita di controllo sulle finalità della politica di cooperazione allo sviluppo, nel quadro della giusta valorizzazione del rapporto pubblico-privato, occorre, tuttavia, prevedere una specifica responsabilizzazione dei soggetti con finalità di lucro rispetto agli obiettivi della politica italiana di cooperazione, cui tali soggetti devono contribuire con un coinvolgimento attivo e qualificato;
    in tal senso, occorre, quindi, che le imprese rispettino pienamente le linee guida internazionali ed europee sulla questione, come indicato nelle recenti Comunicazioni della Commissione europea sul ruolo del settore privato nella cooperazione allo sviluppo: si tratta delle Linee guida dell'Ocse, con particolare riferimento al Capitolo IV sui diritti umani, punto 3 e al Capitolo VI, in tema di ambiente, punto 1; rilevano inoltre al proposito i Principi guida su imprese e diritti umani adottati dalle Nazioni Unite; è inoltre prioritario che le imprese adottino criteri di trasparenza consentendo l'accesso pubblico agli atti dimostrativi della loro adesione ai citati principi e alle suddette linee guida, nonché delle azioni intraprese per garantire l'applicazione di tali principi e il rispetto dell'uguaglianza di genere,

impegna il Governo:

  a rappresentare, nell'ambito del prossimo vertice per l'elaborazione dell'Agenda post-2015 delle Nazioni Unite, previsto per settembre 2015, le seguenti istanze:
   a) l'Agenda universale post-2015 sia guidata da grandi cambi di marcia volti a: non lasciare indietro nessuno; mettere lo sviluppo sostenibile al centro dell'azione politica; trasformare le economie in modo tale da creare nuovi posti di lavoro e una crescita inclusiva; costruire la pace e creare istituzioni efficienti, aperte e responsabili; realizzare un nuovo partenariato globale che includa tutti gli attori, i governi a tutti i livelli, il settore privato, la società civile e i cittadini;
   b) l'Agenda abbia valenza universale e riguardi «tutti i Paesi e tutti i popoli» secondo il principio delle «responsabilità condivise, ciascuno secondo le sue possibilità»;
   c) non si dispensino solo fondi ma si favorisca anche un loro uso efficace, attraverso criteri di buon governo, di responsabilità, oltre che con programmi di ampio respiro che vadano realmente incontro alle esigenze e alle necessità delle aree interessate;
   d) si preveda che i dati necessari per comprendere quali progressi siano stati compiuti dai diversi Paesi siano universalmente reperibili e raccolti attraverso metodi statistici affidabili;
   e) si promuova l'obiettivo che le imprese partecipanti ai progetti di cooperazione che conducono attività che contribuiscono allo sviluppo del settore privato seguano le procedure di due diligence nel rispetto delle linee guida Ocse e dei princìpi guida su imprese e diritti umani adottati dalle Nazioni Unite.
(8-00137) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Sibilia, Scagliusi, Grande, Di Battista, Del Grosso».