CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 settembre 2015
502.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-06340 Gregori: Iniziative per la tutela del personale impiegato nei centri unici di prenotazione delle ASL e delle aziende ospedaliere della Regione Lazio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Gregori, inerente l'introduzione di una disposizione che, nei contratti di appalto, consenta la salvaguardia dei posti di lavoro nei casi di subentro di un nuovo appaltatore (cosiddetta clausola sociale), faccio presente quanto segue. 
  Il tema degli appalti è stato oggetto di una recente direttiva comunitaria (la n. 2014/24/UE, la cui attuazione, dopo l'approvazione del Senato, è ora all'esame della Commissione VIII della Camera) che, innovando la disciplina degli appalti pubblici, non ha mancato di tener conto delle possibili implicazioni di tale istituto nel raggiungimento di obiettivi di carattere sociale tra i quali figura la promozione delle opportunità di occupazione.
  La questione segnalata propone la ben nota contrapposizione tra due specifici interessi di rilievo Costituzionale entrambi sanciti dall'articolo 41 della Costituzione, da una parte la libertà di iniziativa economica riconosciuta ai privati, dall'altra l'utilità sociale.
  Sul tema si è pronunciata la Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 30 della legge della regione Puglia n. 4 del 2010, nella parte in cui imponeva alle nuove imprese o società affidatarie dell'appalto l'obbligo di assunzione a tempo indeterminato del personale dell'impresa uscente, in luogo del mero mantenimento in servizio di personale non eccedente i limiti temporali dell'affidamento del servizio, e, nella parte in cui prevedeva la stabilizzazione di personale della precedente impresa o società affidataria dell'appalto, senza alcuna forma selettiva (Corte costituzionale, 3 marzo 2011, n. 68).
  Anche l'Autorità nazionale anticorruzione, in un recentissimo parere, ritiene che la clausola sociale, anche al fine di garantire la sostenibilità dell'impresa sul mercato, non possa alterare o forzare la valutazione dell'aggiudicatario in ordine al dimensionamento dell'impresa e, in tal senso, non possa imporre un obbligo di assorbimento di personale, senza adeguata considerazione delle condizioni dell'appalto, del contesto sociale e di mercato o del contesto imprenditoriale in cui dette maestranze si inseriscono. Ne deriva che la condizione di occupare prioritariamente il personale già «inserito» nel precedente appalto è legittima ove non incida sulla libertà dell'imprenditore subentrante di decidere della propria organizzazione d'impresa e delle esigenze tecniche e di manodopera relative all'esecuzione dell'appalto. Tale orientamento si conforma, fra l'altro, a recenti pronunce giurisprudenziali. Il Consiglio di Stato, infatti, è intervenuto sul tema (si vedano le sentenze 3639/2013, 2533/2013 e 5890/2014) affermando che l'esigenza del mantenimento dei livelli occupazionali non deve impedire all'imprenditore di organizzare la propria attività nella maniera ritenuta maggiormente efficiente e che la clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa economica e di concorrenza.Pag. 84
  Per quanto concerne il caso specifico, richiamato nel presente atto parlamentare, la regione Lazio ha reso noto che la stessa è da sempre impegnata a garantire il mantenimento dei livelli occupazionali in caso di aggiudicazione dell'appalto ad un nuovo imprenditore, in specie negli appalti labour intensive come quello in esame. Nel caso in esame la regione Lazio ha chiarito che nel disciplinare di gara sono state inserite due condizioni: la prima riguarda la salvaguardia integrale dei soggetti svantaggiati ex articolo 4 della legge n. 381 del 1991 (invalidi fisici, psichici o sensoriali, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcoolisti eccetera); la seconda concerne la necessità di aprire un tavolo sindacale al fine di concordare le modalità operative di riassorbimento del restante personale alla luce delle mutate esigenze tecnico organizzative dell'appalto. Al riguardo la regione ha precisato che la riduzione del fabbisogno di personale consegue ad un'esigenza di razionalizzazione delle strutture sanitarie e alle ristrutturazioni che dovranno realizzarsi nei prossimi mesi.

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ALLEGATO 2

5-06341 Chimienti: Ritardi nell'erogazione dei trattamenti NASpI.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Chimienti, inerente alla procedura di liquidazione della Nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI), passo ad illustrare gli elementi informativi acquisiti presso l'INPS.
  Preliminarmente, è opportuno ricordare che la NASpI istituita con il decreto legislativo n. 22 del 2015 e disciplinata con circolari INPS del 12 maggio e del 29 luglio 2015 – costituisce un'indennità mensile di disoccupazione avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perso involontariamente la propria occupazione.
  Tale ammortizzatore sociale va a sostituire le indennità ASpI (Assicurazione sociale per l'impiego) e mini ASpI – introdotte dall'articolo 2 della legge n. 92 del 2012 – con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1o maggio 2015.
  La NASpI, inoltre, è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni.
  La NASpI rivolta a tutti i dipendenti ad esclusione dei dipendenti pubblici a tempo indeterminato e degli agricoli è perciò da considerare una prestazione a carattere universale in quanto riesce ad ottenerla il 97,5 per cento.
  La durata massima di fruizione del trattamento in questione è pari a 2 anni per tutti contro un solo anno dell'ASspI per gli under 55 ed un anno e mezzo per gli over 55. Inoltre, rispetto al precedente trattamento ASpI, il cui importo massimo era pari per il 2015 a euro 1.170,00 euro mensili, l'importo massimo della NASpI è pari per il 2015 a 1.300,00 euro al mese.
  Ciò posto, per quanto concerne la procedura per la liquidazione della NASpI l'INPS ha reso noto che la stessa è stata rilasciata, nella versione definitiva, per tutte le strutture territoriali lo scorso 15 luglio a conclusione di un periodo di sperimentazione e collaudo presso alcune «sedi pilota».
  Al riguardo, l'Istituto ha precisato che la procedura in parola ha necessitato di importanti implementazioni rispetto a quella precedente – avente ad oggetto l'erogazione dell'ASpI – a causa della complessità del sistema di calcolo della durata della NASpI.
  Tale complessità, nello specifico, deriva dalla necessità di non computare – ai fini della determinazione della durata della NASpI – quei periodi di contribuzione che hanno già dato luogo alla erogazione delle diverse tipologie di prestazioni di disoccupazione succedutesi nel tempo (Indennità di disoccupazione ordinaria e a requisiti ridotti, ASpI e mini ASpI), in conformità a quanto stabilito dell'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 22 del 2015. Al tempo stesso, vi sono periodi da considerare neutri, cioè non utili alla determinazione del requisito contributivo e lavorativo (quali periodi di fruizione di CIG in deroga, periodi di lavoro all'estero in paesi non convenzionati), che di conseguenza comportano un ampliamento del quadriennio di riferimento, in misura pari alla durata dell'evento neutro.
  L'Istituto con la circolare n. 142 del 29 luglio 2015 ha fornito i chiarimenti su esposti in merito al procedimento di calcolo della Pag. 86prestazione e precisazioni su altri aspetti (come la compatibilità con il lavoro intermittente, lo svolgimento di lavoro accessorio, il lavoro all'estero o l'espletamento di cariche pubbliche elettive e non). 
  L'INPS ha, infine, reso noto che le domande per l'erogazione della NASpI – definite grazie alla nuova procedura, rilasciata lo scorso 15 luglio – sono circa 264.000.

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ALLEGATO 3

5-06342 Giacobbe: Verifica della rappresentatività delle organizzazioni sindacali nel settore delle aziende assicurative.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Giacobbe, inerente il tema della rappresentatività delle organizzazioni sindacali nell'ambito della contrattazione collettiva, faccio presente quanto segue.
  Preliminarmente, è opportuno ricordare che la mancata attuazione dell'articolo 39 della Costituzione fa sì che ancora oggi le associazioni sindacali siano disciplinate dalla normativa dal codice civile: esse costituiscono, pertanto, delle mere associazioni non riconosciute, e cioè enti di fatto privi di personalità giuridica.
  Conseguentemente non esistono particolari procedure da seguire per la costituzione di un sindacato né esiste alcun obbligo per i sindacati di segnalare al Ministero del lavoro la propria esistenza ed operatività. Tutto ciò ha consentito al sindacato di assumere la qualità di parte contrattuale e di ammissione alla contrattazione in base ai rapporti di forza con la controparte cioè per effetto della sua capacità di imporsi come interlocutore negoziale.
  Pertanto, il Ministero che rappresento non effettua alcuna validazione o certificazione contrattuale in quanto l'attività sindacale e rimessa alla libera iniziativa della parti.
  Ciò comporta la possibile vigenza di diversi contratti collettivi nel medesimo settore e di conseguenza la libertà del datore di scegliere se applicare o meno contratti stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
  Nel rispetto di tale principio, tuttavia, il Legislatore, al fine di incentivare l'applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, riconnette solo a questi contratti determinati effetti giuridici favorevoli (ad esempio, assunzioni agevolata di disoccupati di lungo periodo, dei lavoratori in mobilità e di quelli in Cassa integrazione).
  Rappresento, inoltre, che in forza del disposto dell'articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 338 del 1989, il requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi rileva ai fini della determinazione dei contributi dovuti. In conseguenza di ciò, laddove il datore applichi un contratto collettivo stipulato da organizzazioni sociali prive del requisito in argomento, la contribuzione dovuta deve essere comunque calcolata sulla base delle retribuzioni stabilite dai contratti stipulati da organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a tutela della posizione previdenziale del lavoratore.
  In conclusione, nel rilevare – come peraltro evidenziato dall'interrogante – che sul tema della rappresentatività sindacale pendono in Parlamento diversi disegni di legge, posso sin d'ora rassicurare l'interrogante che il tema della rappresentatività è all'attenzione del Ministero che rappresento e dell'intero Governo.