CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 5 agosto 2015
498.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Documento di consultazione congiunto della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza – Verso una nuova politica europea di vicinato (JOIN(2015) 6 final).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione (Affari esteri e comunitari),
   esaminato, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, il Documento di consultazione congiunto della Commissione europea e dell'Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza del 4 marzo 2015 » Verso una nuova politica europea di vicinato» (JOIN(2015) 6 Final);
   preso atto della relazione della Commissione Affari esteri del Parlamento europeo sulla revisione della PEV, approvata il 18 giugno 2015 e del parere reso a questa Commissione dalla Commissione per le politiche dell'Unione europea l'8 luglio scorso;
   condivisa la risoluzione approvata il 16 giugno scorso dalla Commissione Affari esteri ed emigrazione del Senato della Repubblica, da considerare in modo integrato e complementare con questo Documento;
   richiamato che, a tal fine, la Commissione ha svolto un'attività di approfondimento istruttorio ad accogliere le istanze dei Paesi del vicinato e, in particolare, di quelli dell'area mediterranea. Si è, quindi, tenuto un ciclo di audizioni informali dei rappresentanti diplomatici di Marocco, Egitto, Giordania e Ucraina, svolte nella sede del Comitato permanente per la politica estera dell'Unione europea, istituito nell'ambito della III Commissione, ed è stata depositata agli atti della Commissione documentazione trasmessa dalle rappresentanze diplomatiche di Tunisia e Libano;
   richiamati gli esiti della Riunione interparlamentare presso la Commissione Affari esteri del Parlamento europeo, finalizzata ad un dibattito sui temi della politica estera e di sicurezza dell'Unione europea, svolta a Parigi il 5 maggio 2015, in cui è emersa la non centralità delle questioni relative alla dimensione meridionale della Politica di vicinato rispetto alle tematiche derivanti dalla gestione della crisi ucraina e dal nuovo atteggiamento della Russia come attore di politica internazionale;
   richiamate, altresì, la risoluzione n. 8-00106, approvata da questa Commissione il 5 maggio 2015, sull'impegno dell'Italia in sede multilaterale a sostegno della Tunisia, e la mozione n. 1-00920, approvata dall'Aula della Camera il 25 giugno 2015, in materia di iniziative volte alla revoca delle sanzioni dell'Unione europea contro la Federazione russa e al raggiungimento di una soluzione politico-diplomatica della crisi ucraina,
  date le seguenti premesse sul piano geopolitico:
   l'Italia, Paese fondatore dell'Unione europea, contribuisce con convinzione al percorso di consultazione lanciato dall'Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, finalizzato alla riforma della Politica di vicinato in quanto tassello di un Pag. 46urgente e doveroso rilancio dell'ideale e del progetto europeo alla luce delle gravi sfide internazionali affrontate negli ultimi anni. L'Europa, che è la sola dimensione futura nella quale noi europei potremo essere in grado di partecipare con dignità e protagonismo al mondo globale, ha bisogno di una visione strategica, basata sui suoi ideali e capace di attrarre e conquistare consensi, di Stati e di società civili, se non si vuole che le relazioni internazionali, ed anche l'ordine economico e sociale, siano determinati dalle sole ragioni della finanza e delle dinamiche mercantilistiche;
   l'obiettivo di «Più Europa», che appartiene alla categoria delle grandi scelte strategiche, è elemento portante di un ordine mondiale da rifondare su principi rispettosi della persona e delle comunità, sul rispetto dei diritti umani e sulla ricerca della pace, della stabilità, della sicurezza, dello sviluppo economico e sociale, poiché da tale ordine dipendono tante sfide che rientrano a pieno titolo nella politica estera: economia, immigrazione, sicurezza, ambiente e anche lo stesso uso del web;
   per consolidarsi quale attore credibile e influente di politica internazionale, l'Unione europea ha bisogno di maggiore integrazione, di politiche attive per la crescita, di difesa e politica estera comuni;
   in particolare il 2015 si è connotato con annus horribilis per la pace e la stabilità lungo i confini del continente europeo: la crisi russo-ucraina sul versante orientale e il dilagare del terrorismo fondamentalista lungo il versante meridionale costituiscono due questioni prioritarie per l'azione esterna dell'Unione europea, che impongono una strategia mirata ad interlocutori che si trovano ben al di là dei Paesi terzi confinanti e che si configurano quali «vicini dei vicini»: Russia da un lato e, dall'altro, Paesi islamici attori della dinamica tra sciiti e sunniti o comunque leader nelle dinamiche intrasunnite;
   quanto alla Russia, la lezione appresa consiste in un rilancio degli strumenti della politica e del dialogo nella consapevolezza delle gravi responsabilità che incombono su Mosca ma anche del suo imprescindibile ruolo per la soluzione delle maggiori crisi regionali e di diversi dossier globali;
   quanto al terrorismo fondamentalista, esso evidenzia il ritardo nella percezione dei nodi irrisolti lasciati dall'Occidente in Medio Oriente e nel continente africano, le cui conseguenze dirette sono rappresentate dai tragici accadimenti in Tunisia o in Francia. Contro Daesh, l'autoproclamato Stato islamico, occorre non solo l'impegno sul terreno delle politiche di difesa e di sicurezza ma soprattutto sul terreno politico-culturale, curando in particolare le comunità islamiche in territorio europeo che nella stragrande maggioranza rifiutano l'estremismo fondamentalista. Occorre anche promuovere politiche di tutela delle minoranze religiose in Medio Oriente, a partire da quelle cristiane;
   abbiamo bisogno di un «patto di civiltà» che riscopra l'interazione positiva tra Islam e Occidente che la storia ha già conosciuto e da cui possono derivare politiche di sviluppo e principi comuni, a partire dai diritti fondamentali della persona umana, ponendo fine alle persecuzioni per ragioni etniche o religiose, come nel caso delle comunità cristiane in Oriente; a tal fine è essenziale operare sul terreno del dialogo interreligioso, individuare spazi per la definizione di valori comuni e ricorrere a strumenti di formazione su tali temi con il coinvolgimento delle istituzioni nazionali e della rete delle università in quanto vettori di dialogo tra le culture;
   occorre, pertanto, portare la crisi mediterranea al centro dell'agenda globale e rifondare un'Europa politica per il Mediterraneo quale parte integrante dello spazio europeo. Il Mediterraneo non può essere considerato solo confine meridionale dell'Unione. L'Europa è parte del Mediterraneo che fonda un continuum che unifica l'Europa al Marocco, alla Tunisia, all'Egitto, a Israele, al Libano, ad ogni Paese della cosiddetta dimensione meridionale. Pag. 47È nel Mediterraneo che l'Europa può giocare carte importanti di attore globale, come promotore e artefice della pace, cogliendo tutte le opportunità di una cooperazione per lo sviluppo e, al tempo stesso, aprire una stagione di collaborazione e di dialogo tra le culture e le religioni. D'altra parte, la programmazione 2014-2020 dello strumento finanziario UE per il vicinato ENI (European Neighbourhood Instrument) ha visto confermata la centralità del Mediterraneo nella allocazione delle risorse;
   l'Unione europea dovrebbe porre al centro della propria azione il Mediterraneo, in particolare, in quanto esso è il fulcro di tre sfide globali: il terrorismo, che si propaga dal Golfo di Guinea al Pakistan e che ha per epicentro il Nordafrica, il Medioriente e lo Yemen; l'Africa, continente che ha vinto molte battaglie sul piano della lotta alla fame, alle pandemie e in crescita assai sostenuta sul piano economico, dello sviluppo umano e dell'influenza sul piano multilaterale; la questione demografica, insita nello squilibrio tra Paesi europei e Paesi extraeuropei e che trova riscontro nella pressione migratoria rafforzata dalle migliaia di profughi che hanno trovato rifugio in Libano, Giordania e Turchia e che premono alle frontiere di tutti i Paesi dell'Unione europea, a nord come a sud. In particolare occorre tenere adeguatamente conto delle dinamiche demografiche divergenti tra Paesi della sponda sud del Mediterraneo e Paesi europei (da oggi al 2030 l'Europa perderà il 12 per cento della sua popolazione, mentre si prevede che gli abitanti dell'Africa possano raggiungere la cifra complessiva di 1 miliardo e 200 milioni);
   su questo terreno, le politiche europee, se coerenti e omogenee, sarebbero robusti fattori di sicurezza: governare i flussi migratori richiede risposte articolate, compresa la cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi, e la necessaria azione di contrasto contro i trafficanti;
   dopo il negoziato con l'Iran sul nucleare, da cui si auspica l'avvio di un processo di distensione che produca effetti positivi nell'intero Medio Oriente, occorre operare al rilancio del negoziato per i due Stati in Israele e Palestina per affermare il diritto di Israele alla sua esistenza e sicurezza, in quanto precondizione per la nostra stessa sicurezza, e quello del popolo palestinese ad un proprio Stato riconosciuto dalla comunità internazionale, radicalmente mutato quanto alla condizione economica complessiva;
   occorre ripensare alla Politica di vicinato rispetto al Medioriente a realtà come quella libica, che hanno messo totalmente fuori gioco dalla Politica per come essa è oggi. A tal fine, la stabilizzazione della Libia è certamente un tassello prioritario ed è essenziale che l'Unione europea, insieme alla comunità internazionale, si faccia trovare pronta al fine di garantire il necessario sostegno all'eventuale nuovo governo di unità nazionale,
  quanto alla Politica di Vicinato nel suo complesso, formula le seguenti osservazioni:
   la PEV, quale specifico esercizio multilaterale, è sintomo della credibilità e della capacità dell'Europa quale attore strategico influente sul piano internazionale. Per essere tale l'Europa deve essere percepita non solo come soft ma anche come hard power, come coerentemente avviene in numerosi teatri grazie al dispiegarsi delle missioni di natura militare e civile dell'Unione europea, diversamente la Politica di vicinato di riflesso risulterà modesta;
   ciò implica una maggiore integrazione della PEV in una riformata politica estera e di difesa comune, esaltando in questo senso il ruolo dell'Alto Rappresentante, del SEAE e, in particolare, della rete diplomatica europea, in linea con il disposto dell'articolo 18, paragrafo 4, del TUE, e dunque essere oggetto di considerazione nella nuova Strategia di sicurezza dell'UE, alla quale i Paesi partner dovrebbero contribuire nell'esercizio del principio Pag. 48di corresponsabilità esterna comune, come avviene in altre dimensioni multilaterali come la Nato;
   una Politica di vicinato efficace va mantenuta in un quadro complementare e sinergico, in particolare, rispetto ad una politica estera e di sicurezza dell'Unione europea unitaria e coraggiosa, che sia autorevole e realmente in grado di incidere sugli scenari critici particolarmente rilevanti per le regioni vicine. Solo una siffatta Politica europea di vicinato può creare i presupposti per la stabilità, la crescita democratica e l'instaurazione dello stato di diritto;
   la riforma della PEV si deve fondare su un salto di qualità anche sul piano valoriale, per scongiurare la percezione di un'Unione europea esportatrice unilaterale di valori e per pervenire ad una res pubblica commune, dotata di uno statuto politico avanzato fondato su consenso coeso e visione condivisa;
   in tal senso una delle prime istanze condivise è il superamento del principio more for more, implicante una dinamica di matrice unilaterale e percepito dai partner come forma di «paternalismo istituzionale», reso obsoleto dai mutamenti intervenuti, nella consapevolezza che la nuova PEV opererà per la realizzazione di obiettivi convergenti, quali innanzitutto lotta alla povertà, pace, stabilità e prosperità regionale;
   è essenziale semmai una razionalizzazione dei contributi finanziari concentrandoli sui Paesi che in determinate fasi mostrino di ben operare sul terreno delle riforme e, in generale, degli obiettivi della PEV;
   a tal fine, secondo quanto emerso anche in sede di approfondimenti istruttori, occorre superare l'attuale concezione della PEV come strumento giuridico che non presenta forme più articolate di differenziazione, sia tra la dimensione meridionale e quella orientale, sia all'interno di ciascuna di essere, adeguate alle sfide e al contesto, e rifondarla su basi non unilaterale ma paritarie, promuovendo corresponsabilità e reciprocità e procedendo a rifondare una nuova legittimità della Politica di vicinato, in quanto destinata a divenire parte dei sistemi legislativi nazionali;
   a tal fine è essenziale, ad est come ad ovest, operare sul piano della visibilità e del consenso, coinvolgendo i popoli e creando spazio d'azione per attori non legislativi, come la società civile;
   quanto al coinvolgimento dei «vicini dei vicini» la PEV deve inoltre includere un dialogo con attori non europei e anche non africani, inclusa la Russia o i Paesi del Golfo, nonché con organizzazioni multilaterali come la NATO;
   sul piano delle politiche è opportuno che la Politica di vicinato declini la propria azione nel quadro di una valutazione integrata con le grandi politiche e sfide globali, inquadrando i singoli interventi in un contesto tematico ampio che assicuri priorità ai temi della sicurezza energetica, dei cambiamenti climatici e dei flussi migratori;
   in particolare è essenziale che in sede PEV vi sia un coordinamento mirato alle politiche migratorie, fondato sul dialogo con i Paesi partner in vista di una gestione condivisa delle dinamiche migratorie, nel quadro di un progressivo superamento di logiche meramente emergenziali, da realizzarsi anche attraverso l'auspicabile e urgente revisione del Regolamento Dublino III, e dell'instaurazione di criteri solidaristici tra gli Stati membri. Sarebbe in particolare urgente trovare un accordo in merito alla redistribuzione, su base equa e proporzionale, dei carichi relativi alle domande dei richiedenti asilo e protezione temporanea che interessano principalmente proprio il versante mediterraneo dei rapporti di vicinato;
   in generale, occorre concentrare strumenti e risorse della PEV in ulteriori settori ugualmente prioritari, al fine di massimizzarne l'impatto, quali: promozione dell'occupazione giovanile; infrastrutture Pag. 49di trasporto e reti digitali; sostegno alle piccole e medie imprese; mobilità dei giovani, degli studenti e dei ricercatori; politiche sociali;
   occorre anche rendere più effettiva la Priorità del vicinato meridionale, promuovendo il «dialogare» tra dimensione orientale e dimensione meridionale della PEV, superando una visione competitiva tra le due dimensioni;
   considerato che, nonostante i risultati insoddisfacenti a distanza di un decennio, una Politica europea di vicinato così riformata rappresenterebbe ancora uno strumento valido per fare progredire i valori dell'Unione europea alle sue frontiere,
  quanto alla dimensione meridionale, le specifiche istanze prioritarie risultano:
   1) enfatizzare i principi di differenziazione, inclusione e flessibilità;
   2) promuovere una struttura «istituzionale» che raggruppi i Paesi nordafricani coinvolti nella PEV meridionale, in modo da trovare il giusto contrappeso ed una più fattiva collaborazione con l'Unione europea per un passaggio della cornice della PEV da unilaterale a bilaterale;
   3) rendere più democraticamente legittime le procedure di attuazione dei contenuti degli Accordi, coinvolgendo al tempo stesso anche attori non istituzionali;
   4) stanziare risorse superiori agli 11 miliardi attualmente previsti, con l'obiettivo finale di creare 40 milioni di nuovi posti di lavoro nel bacino del Mediterraneo;
   5) impostare una strategia condivisa quanto alla sicurezza comune, tenendo conto del fatto che la PEV è oggi posta in un ambiente assai meno favorevole di quanto non lo fosse nel momento in cui è stata concepita ed estendendo ai partner della PEV la partecipazione alle missioni e operazioni militari e civili dell'Unione europea;
   6) riposizionare il Mediterraneo al centro dell'azione esterna dell'Unione europea, indirizzando gli Stati membri verso un'attenzione nei confronti del vicinato meridionale pari a quella dimostrata per il vicinato orientale, e così riducendo i disavanzi di sviluppo esistenti fra Paesi del primo e Paesi del secondo;
   7) adattare i principi della PEV alle specifiche aspettative dei singoli Paesi vicini, creando una «notevole differenziazione» che favorirebbe quelli che abbiano optato per uno stretto avvicinamento all'Unione europea, ed incoraggerebbe più sostanzialmente quelli che condividono con essa dei valori civili;
   8) trattare i Paesi vicini che iscrivono le loro relazioni con l'Unione europea nel quadro di uno stretto avvicinamento, in una vasta gamma di settori che vanno dalla politica, alla sicurezza e all'economia, fino al sociale e al culturale, in una logica di preadesione. Ciò potrebbe rendere possibile a tali Paesi di rispondere ai criteri di adesione, senza dover effettivamente aderire;
   9) aprire i fondi dell'Unione europea destinati a scopi di coesione anche ai Paesi vicini. Ogni fondo strutturale dell'Unione europea dovrebbe avere una componente dedicata ai Paesi partner che lo meritano;
   10) rafforzare i fora regionali di dialogo già esistenti, ed in particolare l'Unione per il Mediterraneo;
   11) rafforzare la dimensione sub-regionale della PEV meridionale, ed in particolare l'esperienza del Dialogo dei Paesi del Mediterraneo Occidentale (5+5), per esempio attraverso l'avvio di azioni prioritarie stabilite a livello di alti funzionari dei Paesi dell'Unione del Maghreb Arabo e dell'Unione europea;
   12) orientare la PEV verso la consacrazione dei valori di cittadinanza, garantendo dei sistemi politici che rispettino i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali. Ciò può avvenire a quattro condizioni: a) la stabilità, ovvero la gestione delle frontiere, dei conflitti e della lotta al terrorismo Pag. 50mediante un approccio multidimensionale; b) uno sviluppo sociale ed economico inclusivo, portatore di speranza per i giovani e per le regioni svantaggiate, valorizzando in modo specifico l'Accordo di libero scambio completo e approfondito (DCFTA) al fine di favorire l'integrazione tra Unione europea ed i Paesi vicini; c) una mobilità delle persone che sia concepita come opportunità e non come problema, una partnership che passi attraverso l'agevolazione del rilascio dei visti e la lotta all'immigrazione clandestina; d) un maggior coinvolgimento della società civile e dei giovani;
   13) per quanto riguarda nello specifico la Tunisia, in questo momento in una fase di transizione cruciale per il consolidamento della democrazia, un trattamento in una logica di preadesione, la conversione del debito, l'apertura dei fondi strutturali dell'Unione europea, l'eleggibilità ai prestiti per le regioni svantaggiate;
   14) provvedere ad un sostegno rafforzato ai partner più impegnati sul terreno dell'assistenza ai rifugiati, con particolare riferimento alla Giordania e al Libano;
   15) sul terreno delle politiche commerciali, valutare spazi di maggiore flessibilità e di condivisione di quote di mercato per i prodotti europei ed extraeuropei;
   16) dedicare attenzione specifica alla dimensione sociale, umanitaria e formativa, con particolare riferimento all'alta formazione e al dialogo interculturale;
   17) incrementare la cooperazione scientifica e tecnologica, incrementando l'accesso dei partner ai progetti soprattutto in vista del lancio del nuovo programma EU Horizon 2020;
   18) una maggiore valorizzazione della Convenzione di Lomé, oggi Convenzione di Cotonou;
   19) una maggiore apertura all'adesione della Turchia all'Unione europea in quanto Paese candidato chiave per la stabilizzazione regionale;
   20) nell'ottica dei «vicini dei vicini», un fattivo sostegno al Sudan del Sud, il cui fabbisogno «ufficiale» è stato nel 2014 di 1,8 miliardi di dollari, cifra che corrisponde tuttavia appena al 20 per cento delle sue effettive necessità;
   21) sviluppare articolate modalità di cooperazione culturale e universitaria, rilanciando programmi bilaterali di collaborazione ispirati al modello «Erasmus».
   quanto alla dimensione orientale, le specifiche istanze prioritarie risultano:
    1) la nuova Politica europea di vicinato dovrà registrare i cambiamenti che si sono verificati dal momento del lancio dell'iniziativa «Partenariato orientale» nel maggio 2009, nella premessa di fondo secondo cui la PEV è uno strumento supplementare che in nessun modo può confondersi con il processo di integrazione europea;
    2) il Summit di Riga svoltosi nel maggio del 2015 – quale quarto incontro tra i leader dell'Ue e i rappresentanti di Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina – rappresenta uno dei punti chiave per l'avvio del processo dell'elaborazione della nuova strategia dell'UE riguardante la dimensione orientale della Politica di vicinato, la cui meta principale è prendere in considerazione sia la nuova realtà geopolitica nella regione, sia l'approccio individuale da parte dell'UE verso gli interessi individuali dei Paesi-partner. Uno dei risultati più importanti del Summit è dunque la comprensione che i partner dell'Est non sono omogenei e quindi serve elaborare degli approcci e degli strumenti individuali;
    3) in generale, è necessario affermare il diritto sovrano di ogni partner a scegliere liberamente il livello di ambizione e gli obiettivi a cui vuole aspirare in relazione all'Unione europea; in tal senso il Summit di Riga ha evidenziato le velocità diverse all'interno del Partenariato orientale fra i tre partner che hanno firmato l'Accordo di associazione (Ucraina, Georgia, Moldova) rispetto agli Pag. 51altri partner che hanno scelto una strada diversa per lo sviluppo dei rapporti con l'UE;
    4) il compito comune all'Unione europea e ai Paesi partner nel contesto di revisione della Politica del vicinato/Partneriato orientale dovrebbe essere quello di trasformare il Partneriato orientale in un'iniziativa con una prospettiva a lungo termine, con diverse velocità, basata sui princìpi di differenziazione, della titolarità e delle responsabilità comuni e soprattutto concentrata su ambiti prioritari;
    5) quanto all'Ucraina, la firma dell'Accordo di associazione con l'Unione Europea ha creato le condizioni idonee per l'avvio di un ambizioso programma di riforme politiche ed economiche; questo processo di riforme avrà nuovo slancio con l'inizio dell'applicazione della Zona di libero scambio (ZLS), che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2016 e che da parte ucraina è percepito, come la prima tappa di un complesso processo della piena integrazione economica ed associazione politica;
    6) quanto al futuro, occorre attuare le decisioni prese dai precedenti vertici del Partenariato orientale che hanno già riconosciuto le vocazioni europee e la scelta Europea di alcuni partner orientali e compiere un passo successivo: redigere una road map per il completamento del processo di integrazione economica ed associazione politica previsto nel quadro della PEV, da portare avanti con gli strumenti del Partenariato orientale;
    7) occorre anche operare sul terreno della liberalizzazione dei visti, nella consapevolezza che tale percorso non reca alcuna minaccia di aumento dei flussi migratori illegali; tuttavia, le auspicate decisioni sull'eventuale abolizione dei visti, in particolare per i cittadini ucraini, si baseranno su criteri tecnici, e non politici.
    8) un segmento cruciale della PEV è la collaborazione nel settore delle piccole e medie imprese, tenendo soprattutto conto della buona prospettiva che si apre con lo sviluppo della politica TEN-T (Trans-European Transport Networks), che è uno degli strumenti più efficaci per l'integrazione dei mercati di trasporto dell'UE;
    9) un settore non meno importante per aumentare la visibilità del Partenariato orientale della regione è la società civile e, soprattutto, i giovani che sono la forza trainante necessaria alla trasformazione degli Stati partner in democrazie sostenibili sulla base di valori comuni europei. A questo proposito, saranno necessari ulteriori sforzi per migliorare ulteriormente la cooperazione nel settore dell'istruzione e della cultura sull'esperienza di programmi e iniziative come Erasmus Mundus, Tempus e Finestra del Partenariato orientale per la Gioventù.

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ALLEGATO 2

Sulla missione svolta in Libano e Giordania (16-19 novembre 2014).

COMUNICAZIONI

  Alla missione in Giordania e Libano, svoltasi dal 16 al 19 novembre del 2014 e finalizzata ad incontri con autorità politiche e governative e con rappresentanti di organizzazioni internazionali al fine di acquisire elementi di approfondimento sulla situazione in Medio Oriente, ha preso parte una delegazione guidata dal presidente della Commissione, onorevole Fabrizio Cicchitto, e composta dagli onorevoli Alessandro Di Battista, anche in qualità di vicepresidente della III Commissione, Vincenzo Amendola, Pia Locatelli, Mariano Rabino ed Erasmo Palazzotto.
  La visita in Giordania ha previsto incontri con: il Presidente della Camera, Atef Al Tarawneh; il Primo Ministro, Eng. Abdullah Ensour; il Ministro degli Esteri pro-tempore.
  L'incontro con lo Speaker giordano ha permesso di approfondire le riforme istituzionali che hanno modificato il sessanta per cento della Costituzione giordana, provvedendo ad istituire la Corte costituzionale ed un'Autorità indipendente di monitoraggio delle elezioni. L'incontro ha subito permesso di individuare il tema prioritario della gestione dei profughi provenienti dai territori aggrediti dal Daesh. Su tale questione lo Speaker giordano ha rivendicato il primato della Giordania, Paese tra i più poveri al mondo soprattutto quanto a patrimonio idrico, nel rispetto del diritto internazionale, alla luce dell'accoglienza data ai 1,5 milioni di profughi siriani e ai 500 mila profughi iracheni, oltre alla tradizionale presenza palestinese. Quest'ultima costituisce la maggior causa di instabilità per la Giordania, minacciata dal risorgere di cellule terroristiche ed impegnata, pertanto, nell'obiettivo principale di rafforzare l'unità interna. L'auspicio espresso da Atef Al Tarawneh è stato per una posizione ferma ed unitaria da parte dell'Europa e del Parlamento europeo. Nel corso dell'incontro il presidente Cicchitto ha precisato le ragioni della visita da parte italiana, relative ad una migliore comprensione dell'attuale situazione mediorientale e alla preoccupazione per la situazione in atto, rispetto alla quale il ruolo della Giordania, Paese storicamente vicino all'Italia e caratterizzato da uno specifico rapporto con Israele nel contesto regionale, unitamente a quello della monarchia costituzionale marocchina, rappresenta un baluardo di stabilità. Il presidente Cicchitto ha approfondito il ruolo della Giordania rispetto alla questione israelo-palestinese, apprezzando la capacità di Amman di preservare la solidarietà intra-araba e di farsi carico della gestione reale del percorso finalizzato alla nascita dei due Stati. Tuttavia, la crisi mediorientale determinata da Daesh evidenzia che le ragioni dell'instabilità vanno oltre l'annosa questione israelo-palestinese e attengono alla crisi nella configurazione degli Stati dopo il secondo conflitto mondiale. Rispetto ai temi della tutela della condizione delle donne e delle necessarie riforme del codice penale in materia, ad esempio, di matrimonio riparatore, il presidente Atef Al Tarawneh ha segnalato la questione come prioritaria ma successiva alla gestione delle violenze nei territori controllati dai fondamentalisti.
  Nel segno di un approfondimento del ruolo giordano come fattore di equilibrio tra le tendenze estreme sia in campo palestinese che in campo israeliano e come elemento di tenuta nel Medioriente, si è Pag. 53svolto il successivo incontro con il ministro degli esteri pro-tempore, ..............., che ha invece posto la tematica al centro dell'instabilità, molto più delle tematiche religiose o di lotta alla povertà. Il ministro ha quindi indicato nelle tematiche dell'istruzione e della sanità le priorità giordane anche rispetto alla gestione dei nuovi profughi, rispetto alle quali ha chiesto aiuto anche al nostro Paese, a cui assicura sostegno con particolare riferimento alla crisi libica.
  Successivamente la Commissione ha svolto un sopralluogo presso il campo profughi di Azraq, istituito nell'aprile del 2014 e che ospita circa 50 mila rifugiati provenienti da Derna e Aleppo, secondo le informazioni riportate dai responsabili dell'UNHCR.
  Il segmento successivo della missione ha riguardato personalità politiche ed istituzionali di spicco della scena libanese, a partire dal presidente della Commissione esteri Abel Latif Zein, esponente sciita di Amal, partito dello Speaker Berry. Il capo delegazione italiano ha subito indicato nello specifico sistema pluripartitico e a base etnica l'elemento di forte interesse per l'Italia e per tutta la comunità internazionale rispetto al Libano, Paese pressato da due crisi, quella israelo-palestinese e quella siro-irachena. Da questo punto di vista l'emergenza dei rifugiati rischia di avere un impatto grave su un sistema politico già in difficoltà nella gestione degli equilibri interni. L'Italia mantiene con il Libano un rapporto privilegiato che ha alle sue basi la presenza ormai risalente della missione internazionale UNIFIL, tuttora a guida italiana, nonché nelle svariate attività di cooperazione allo sviluppo, dispiegate soprattutto in ambito UNDP, secondo un riconoscimento condiviso dalla comunità internazionale. Il presidente Zein ha quantificato in due milioni i profughi provenienti da ultimo dai confini iracheni e siriani. È quindi intervenuto sul tema l'onorevole Habib, esponente alawita, auspicando una risposta condivisa dall'Unione europea sul tema dei rifugiati nell'esercizio di una identità mediterranea condivisa e anche di una responsabilità nella mancata soluzione del nodo israelo-palestinese. Sul punto ha auspicato una posizione dell'Italia dichiaratamente favorevole al riconoscimento dello Stato della Palestina. Sulla tematica è intervenuto l'onorevole Di Battista, concordando sulla rilevanza del tema del riconoscimento per gli equilibri della regione e manifestando preoccupazione per eventuali atti di ingerenza rispetto al regime di Assad finalizzati ad assecondare una volontà statunitense. Sulla stessa linea si è espresso il presidente Zein, sollecitando l'intervento dissenziente del presidente Cicchitto, convinto che la crisi siriana non abbia come causa prima la questione israelo-palestinese ma sia il frutto di tematiche interne alla leadership di Assad. Non è d'altra parte sostenibile la presenza di ingerenze esterne neanche da parte di Israele, il cui riconoscimento da parte di Hamas, unitamente al blocco degli insediamenti, va insieme al riconoscimento dello Stato della Palestina. Sul tema dei rifugiati siriani vi è piena unità di vedute, anche alla luce del contenzioso in atto tra Unione europea e Italia sulla gestione dell'emergenza profughi nel Mar Mediterraneo. Il parlamentare libanese sunnita Zaharaman ha individuato nella capacità del Libano di dissociarsi dalle questioni interne al regime siriano la politica migliore per proteggere se stesso e resistere alla pressione dei profughi. Occorre anche il sostegno europeo ed internazionale, analogamente a quanto è avvenuto rispetto ai temi oggetto del mandato di UNIFIL. Inoltre, la crisi siriana, dettata da mancate soluzioni internazionali e crisi interne, è emblematica della condizione complessiva in Medioriente. Il contributo dell'onorevole Barzi del partito sciita ha riguardato l'auspicio per una soluzione politica della crisi siriana, contestualmente al rilancio del negoziato israelo-palestinese. Infine, il deputato maronita Khaoury ha elencato quattro elementi da considerare particolarmente pericolosi per gli equilibri libanesi: la questione dei rifugiati siriani, alla luce della densità di popolazione libanese e delle ripercussioni sul piano politico; il terrorismo, ormai diffuso ben oltre il territorio Pag. 54mediorientale; lo stallo nella situazione politica interna libanese, che dovrà necessariamente evolvere verso forme di governo di unità nazionale; infine, il confine con Israele, rispetto al quale anche grazie a UNIFIL si è pervenuti ad una situazione di equilibrio.
  Il successivo colloquio con l'ex primo ministro sunnita indipendente vicino alla coalizione dell’«8 marzo», Najib Mikati, ha permesso di condurre un'analisi a tutto campo sul quadro libanese. In particolare, Mikati ha descritto il Libano come un paese situato in un corridoio tra Occidente ed Oriente e al centro dell'attenzione globale anche in ragione della sua struttura profondamente plurale. Sul tema israelo-palestinese, ha auspicato un rafforzamento dell'iniziativa lanciata nel 2002 dal Re di Giordania per i due Stati, anche per affrontare la frustrazione araba rispetto alla mancata soluzione. Fallito l'ideale del nazionalismo, la religione sembra oggi un rifugio in risposta all'assenza di speranze. Sulla crisi siriana Mikati ha rimarcato il maggiore realismo internazionale di fronte alla prospettiva che Assad permanga al potere pur se da una posizione più debole che include il riconoscimento della presenza di un'opposizione. La crisi siriana va comunque risolta contestualmente alle altre crisi regionali, incluso quella in Bahrein, e proponendo immediate soluzioni di carattere infrastrutturale per la questione dei rifugiati. L'ex premier Mikati ha espresso l'auspicio affinché le minoranze cristiane, quasi del tutto sparite dal territorio iracheno, possano restare in Medioriente, e per questo sarà essenziale il sostegno dell'Italia.
  La delegazione ha avuto un successivo incontro con l'ex primo ministro sunnita del Patito del futuro, leader della coalizione del 14 marzo, Fouad Siniora, che ha accolto la delegazione italiana insieme ad una rappresentanza della Commissione Difesa libanese. Nuovamente la causa palestinese è stata definita dagli interlocutori libanesi come la questione fondamentale per il Libano, che convive con gli effetti negativi di una «primavera araba», alla quale, a differenza di quanto avvenuto nell'Europa orientale dopo il crollo del muro, è mancato ogni sorta di sostegno esterno. Quanto all'Iraq, Siniora ha affermato che tale Paese ha da sempre separato politicamente l'Iran dal Mediterraneo, con le note conseguenze in Yemen. Alla luce del quadro complessivo, l'Europa e con essa l'Italia devono sostenere i moderati della regione e tornare alle Conferenze di Ginevra, avviando un percorso inclusivo per tutte le parti politiche presenti sulla scena irachena. Analoghe analisi rispetto agli interlocutori precedenti sono state condotte sul tema israelo-palestinese, rispetto al quale Siniora ha rimarcato l'importanza degli attori arabi nella pacificazione dell'intera regione. Durante l'incontro è emerso il problema della mancata elezione del Presidente della Repubblica, da cui è derivata la proroga straordinaria della legislatura fino al 2017. Siniora ha auspicato l'individuazione di una figura riconosciuta da tutte le parti politiche, incluso Hezbollah e anche da Mosca. Ad avviso di Siniora occorre una personalità non divisiva, come invece sarebbe il generale Aoun, che porta su di sé la responsabilità di aver portato il Paese in guerra ed aver contribuito alla destabilizzazione del Libano.
  Il ciclo di incontri istituzionali ha contemplato la carismatica figura del presidente del parlamento libanese, Nabih Berry, leader di Amal, partito sciita in quota «8 marzo». Il presidente Cicchitto ha aperto l'incontro elogiando il ruolo equilibratore del Libano e la sua capacità di emarginare le tendenze estreme che tra gli anni ’70 e gli anni ’80 hanno turbato il Paese. Al quadro già complesso si aggiungono oggi le questioni Daesh e rifugiati, rispetto alle quali la presenza di UNIFIL gioca un ruolo positivo non solo sul piano militare. Il presidente Berry ha a sua volta encomiato l'Italia per la vicinanza tradizionale rappresentata da UNIFIL, la cui guida italiana rappresenta per il Libano un fattore di garanzia. Rispetto al nodo israelo-palestinese, il presidente Berry ha segnalato la rinascita di scuole islamiche ortodosse in reazione allo stallo dei negoziati, Pag. 55con evidenti riflessi negativi sul fenomeno terroristico. Un Paese che difende e propugna una sola religione non può essere un Paese democratico; occorre pertanto operare per condizione di maggiore tolleranza anche a livello internazionale, nell'interesse di una soluzione del nodo siriano. Nel corso dell'intervento, sono intervenuti gli onorevoli Palazzotto e Amendola, esprimendo preoccupazione per una possibile regressione nei rapporti con Israele e di un possibile nuovo fronte sul confine con la Siria, alla luce della presenza di combattenti libanesi in territorio Daesh. In tal senso, la questione dei due Stati presuppone il permanere di confini che il Daesh notoriamente si propone di azzerare in tutto il quadrante. Il presidente Berry ha concluso l'incontro richiamando il pluralismo religioso che caratterizza il Libano, dove si professano quasi venti diverse confessioni, e dove i cristiani rappresentano circa la metà della popolazione. In questo contesto, lo stallo nel nodo israelo-palestinese insieme alla presenza di 1,5 milioni di rifugiati distribuiti in sette grandi campi di accoglienza, costituiscono forti elementi di destabilizzazione per il Libano.
  Conclusivamente la delegazione ha incontrato lo storico leader della minoranza drusa libanese, Walid Joumblatt, il cui contributo di analisi si è incentrato sui nuovi contorni di un contesto arabo in cui gli accordi relativi ai confini definiti dopo il secondo conflitto mondiale debbono essere considerati superati. Joumblatt ha quindi descritto il contesto politico interno connesso alla mancata individuazione di un candidato condiviso per la presidenza della Repubblica, e ciò in ragione di una difficoltà interna al versante Heztbollah, assai coinvolto dalle dinamiche intrasiriane.
  La visita della delegazione in Libano ha incluso un breve sopralluogo presso il Comando di UNIFIL, per uno scambio di vedute con il Force Commande e Head of Mission, Gen. Div. Luciano Portolano e con il Comandante del Settore Ovest di UNIFIL e Comandante del Contingente Italiano (Leonte 17 su base Brigata di Fanteria di «Pinerolo»), Gen. B. Stefano Del Col.

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ALLEGATO 3

Sulla missione svolta a Tunisi (18-21 gennaio 2015).

COMUNICAZIONI

  Sulla base di quanto convenuto in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nei giorni 18-21 gennaio 2015 una delegazione della III Commissione, composta dagli onorevoli Vincenzo Amendola, Valentino Valentini, Daniele Del Grosso ed Edmondo Cirielli si è recata a Tunisi con la finalità di approfondire il quadro politico tunisino emerso dalle ultime elezioni legislative e presidenziali, che hanno confermato la vittoria della formazione laica guidata dal nuovo capo dello Stato Essebsi, e le priorità del prossimo governo di Tunisi, chiamato ad affrontare cruciali tematiche economiche, sociali e di sicurezza, anche nella prospettiva di un rilancio del rapporto con l'Unione europea.
  La missione della Commissione, che ha costituito la prima visita in Tunisia di una delegazione parlamentare europea dopo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi, ha, inoltre, inteso contribuire ad un rafforzamento delle relazioni tra i due Paesi, anche sul piano della cooperazione parlamentare.
  Il contesto tunisino, in cui la missione si è collocata, si è caratterizzato per la centralità delle tematiche di sicurezza, connesse all'incombere della minaccia terroristica di matrice fondamentalista, e delle perduranti difficoltà economiche, aggravate da un drastico calo di afflusso turistico dall'Europa registrato a partire dal 2011, con conseguente riduzione dell'afflusso di valuta estera. In tale contesto le elezioni si sono svolte in un clima di forte aspettativa rispetto ad un nuovo corso e di insistite rassicurazioni da parte delle forze politiche in campo rispetto ad una normalità raggiunta. L'economica tunisina presenta effettivi spazi di investimento remunerativo, soprattutto nell'ambito dell'edilizia e del turismo anche in considerazione del crescente afflusso verso la Tunisia di cittadini italiani in pensione. La comunità italiana residente in Tunisia è circondata da particolare simpatia in ragione degli storici buoni rapporti e della diffusa conoscenza della lingua italiana grazie alla trasmissione gratuita del segnale Rai quale unico canale televisivo straniero nel corso degli anni ’80.
  Al centro della scena politica si colloca la figura del nuovo Capo dello Stato che resterà alla guida del partito da lui fondato (Nidaa Tounes) e che sarà chiamato a presidiare il percorso attuativo della nuova Costituzione e della neoistituita democrazia parlamentare tunisina. Il presidente della Repubblica è figura destinata a mantenere importanti prerogative soprattutto in materia di politica estera e di difesa grazie al ruolo di presidenza del Consiglio dei Ministri ma soprattutto grazie ad un diffuso consenso popolare in favore di un ruolo presidenziale forte, in analogia con il modello egiziano. Altro polo della scena politica tunisina è il partito islamico di Ennahda, sconfitto alle legislative e alle presidenziali e chiamato ad assumere un ruolo di co-protagonista responsabile, più defilato rispetto al triennio costituente e in posizione di maggiore distanza rispetto alla Fratellanza musulmana. D'altra parte il partito islamico ha saputo controllare le frange estreme per cui se si conferma che la Tunisia è il Paese del Maghreb con il maggior numero di foreign fighters a sostengo del Daesh (oltre i tremila), anche grazie all'impegno di Ennahda si è riusciti finora a trattenere le Pag. 57partenze di ancor maggior numero di tunisini disponibili ad imbracciare le armi. Questo impegno potrebbe costare scissioni interne, di cui potrebbe avvantaggiarsi il presidente uscente Marzouki. Gannouchi ha comunque saputo finora condurre il partito fino alla coalizione di governo garantendo controllo sulle diverse componenti interne.
  Il riposizionamento del Paese si registra nell'annuncio di Essebsi relativo alla riapertura delle relazioni diplomatiche con Damasco e con la valorizzazione di un sistema di alleanze regionali ed internazionali in parte ereditato dal vecchio regime. Ridiventa strategica l'amicizia con l'Algeria, Paese che Essebsi ha visitato insieme al leader islamico Gannouchi, in un'ottica di condivisione del compito di controllo e contrasto alle cellule terroristiche attive lungo i reciproci confini. Le relazioni con il Marocco hanno assunto un carattere più competitivo soprattutto in ottica di rapporto privilegiato con l'Europa. In generale, è emerso dai colloqui un approccio tunisino definito di «neutralità positiva» con tutti i Paesi islamici, nei cui riguardi la Tunisia è lungi dal volere assumere il ruolo di modello soprattutto ai fini del rapporto islam-democrazia.
  Quanto ai rapporti bilaterali è emersa, innanzitutto, soddisfazione per le visite del Presidente Renzi, del Ministro Alfano, oltre che della delegazione parlamentare, con un accento specifico al buon andamento degli accordi siglati in tema di contrasto all'immigrazione clandestina, confermato dalla drastica riduzione dei flussi dalla Tunisia verso l'Italia passati dai circa 24.000 clandestini nel 2011 ai circa 600 nel 2013, questi ultimi bilanciati da un elevato numero di rientri. All'Italia si riconosce di avere assistito la Tunisia con importanti strumenti operativi per il controllo delle frontiere, di cui si dovrebbe dare maggiore evidenza a livello internazionale, e si chiede un ulteriore contributo tecnologico in ambito di difesa per la fornitura di strumenti per la visione notturna e il controllo del territorio con droni a testimonianza di una consapevole strategia di sicurezza da parte tunisina. Sempre in tema di immigrazione vi è disponibilità della Tunisia a collaborare per contribuire alla riduzione delle partenze dalla costa libica, tenuto conto che la crisi in Libia ha determinato l'afflusso in Tunisia di circa 1 milione di rifugiati di cui ancora circa 800 mila tuttora presenti nel Paese. che rilevano i dati da consegnare ai tunisini. L'impegno di Tunisi contro i traffici illegali di esseri umani chiede come contropartita maggiori investimenti esteri.
  Se da parte italiana non si registrano casi di contenzioso nei confronti del nostro Paese, gli interlocutori tunisini hanno posto con insistenza, invocando maggiore impegno da parte delle autorità italiane, il tema della sparizione di centinaia di clandestini tunisini, in gran parte minorenni, di cui talune fonti hanno documentato l'arrivo in Italia ma di cui si sarebbero perse le tracce.
  Complessivamente, in risposta alla transizione democratica in atto, la richiesta tunisina nei nostri riguardi concerne una continuità di rapporto, una conferma di impegno circa gli accordi raggiunti in tema di controllo dell'immigrazione clandestina ed un rilancio della cooperazione a partire dalle attuali imprese italiane basate in Tunisia.
  Passando ad una disamina degli incontri svolti, il colloqui con il primo ministro in carica Medi al Jomaa ha consentito di stendere un bilancio sulla transizione tunisina, di analizzare i rapporti con i paesi di fascia nordafricana e di individuare le specifiche aspettative rispetto al nostro paese nei termini già segnalati. Il valore simbolico della visita del presidente Renzi, la prossimità geografica, il comune nemico terrorista sono elementi che contribuiscono a saldare l'impegno comune per un Mediterraneo come zona di cooperazione e non di tensione.
  Quale capo di un governo tecnico chiamato a traghettare il Paese verso le elezioni ed istituzioni democratiche, al Jomaa ha steso un bilancio positivo sottolineando l'impegno profuso per la gestione di una fase caratterizzata da elevata politicità, in cui è stato fondamentale mantenere rapporti equidistanti con i partiti. Oltre all'avvio Pag. 58di un programma di riforme il governo tecnico ha operato per ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini e con le forze armate e di sicurezza. Si è quindi costituita una sorta di unità nazionale in cui è stato possibile costruire la riconciliazione. Quanto alle riforme esse hanno riguardato il sistema fiscale, il sistema dei sussidi, il blocco delle assunzioni nel settore pubblico, la riforma sanitaria, il divario tra sviluppo economico e il livello di scolarizzazione, tema centrale nella rivoluzione tunisina. Occorre in generale che la Tunisia si ponga come un competitore internazionale paritario che cooperi con l'Italia in una sinergia da spendere positivamente nel rapporto con gli altri grandi attori, soprattutto asiatici. La Tunisia oggi non ha bisogno di aiuti monetari ma di potere innescare al proprio interno dinamiche economiche positive. Tale vision, fondata sulla co-localizzazione delle attività, è stata condivisa dalla delegazione italiana, con particolare riferimento all'auspicio espresso dall'onorevole Amendola affinché l'Italia possa sviluppare a sua volta progetti economici competitivi in risposta alle attese tunisine e al suo percorso di successo di transizione e di riforme.
  Il successivo incontro con il presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo Ennaceur ha visto la partecipazione dei vicepresidenti del Parlamento nonché di due deputati tunisini eletti in Italia mediante il sistema di votazione di deputati tunisini all'estero. Tale incontro, che ha ripercorso i temi già affrontati con il Primo Ministro, ha evidenziato l'esigenza di un rafforzamento delle relazioni parlamentari italo-tunisine in ragione della speciale attenzione che anche questa visita ha confermato. Sono evocati i temi del deficit di sviluppo e la grave disoccupazione giovanile, che sono alla base del forte astensionismo elettorale registrato.
  Successivamente contro con il Sottosegretario agli affari esteri ha consentito di approfondire le tematiche centrali della cooperazione bilaterale, inerenti il settore della sicurezza, dell'immigrazione e degli affari sociali. L'on. Amendola, a nome della delegazione e del metodo della neutralità positiva, ha auspicato rilancio dell'partenariato italo tunisina soprattutto sul versante della sicurezza e dell'economia, in risposta al comune interesse per la lotta contro il terrorismo, considerato che Italia e Tunisia sono i paesi più esposti alle conseguenze negative della instabilità libica. Il Sottosegretario ha analizzato il fenomeno terroristico individuando come cause di natura interna ed esterna, l'eredità della dittatura e le crisi libica, irachena, siriana o yemenita. Per tali ragioni è centrale per Tunisi la cooperazione con l'Algeria con cui è stato conseguito il comando il comando congiunto delle forze di frontiera.
  L'Italia in questo contesto ha collaborato più di quanto non abbia reso noto pubblicamente sui temi della sicurezza marittima, frontaliera e regionale e il segnale fortissimo, derivante dalla visita del presidente Renzi, ha alimentato l'aspettativa per lo sviluppo di relazioni bilaterali stabili, utili a consolidare la democrazia parlamentare.
  Sulla crisi libica il Sottosegretario ha espresso cauto ottimismo insieme ad un giudizio positivo per i negoziati di Ginevra e per l'operato di Bernardino Leon. La Tunisia sostiene l'integrità territoriale della Libia e l'immediato cessate il fuoco, nonché la necessità di aprire un dialogo negoziale con tutte le parti. Per la soluzione della crisi libica è centrale la cooperazione multilaterale con i Paesi vicini e con l'Unione europea. Ha infine auspicato la formazione di un governo di coalizione che permetta di superare l'attuale dualismo istituzionale. La delegazione italiana ha quindi espresso preoccupazione per il clima derivante dagli attacchi di Parigi e per le reazioni islamofobiche che ne sono seguite. Il Sottosegretario tunisino ha rassicurato gli interlocutori esprimendo fiducia nell'anima tollerante dell'Europa e nella sua capacità di superare questa crisi di rapporto con l'islam, anche tenendo conto che le prime vittime del terrorismo sono gli stessi musulmani.
  Centrale nel programma di incontri è stato il colloquio con il Presidente della Pag. 59Repubblica, che esordito richiamando i rapporti privilegiati tra Tunisia e Italia insieme all'appello affinché le imprese italiane presenti in Tunisia non lascino il Paese. La Tunisia è riuscita a conseguire come unico Paese della cosiddetta «primavera araba» una transizione per via pacifica, anche se devono ancora pervenire risposte adeguate alle sfide della sicurezza e del terrorismo, che è fenomeno estraneo alla tradizione tunisina. Occorre proseguire nello sforzo positivo, già profuso dal governo di transizione, per le politiche sociali ed economiche e in questo per la Tunisia gli interlocutori maggiori sono sicuramente i paesi della sponda sud del Mediterraneo, oltre all'Unione europea e agli Stati Uniti. La delegazione italiana ha inquadrato le relazioni tra Italia e Tunisia nel contesto del Mediterraneo, attraverso cui transita il 19 per cento delle merci destinate all'Europa. Se il futuro geopolitico dell'Europa passa per il Mediterraneo, occorre sostenere lo sforzo della Libia e valorizzare le risorse politiche e democratiche di cui è depositaria per far fronte alle sfide. La Tunisia rappresenta per l'Italia un’«eccezionalità positiva» che merita tutto il sostegno in campo economico. Il Presidente Essebsi ha anche richiamato il tema dell'immigrazione clandestina e degli straordinari flussi provenienti dalla Libia che hanno portato in Tunisia circa 1,3 milioni di persone. Anche su questo terreno le soluzioni sono di ampio respiro e riguardano prevalentemente la lotta contro la povertà.
  I successivi incontri hanno riguardato i capi dei maggiori partiti tunisini a partire da Yassi Brahim, leader di Afek Tounes, quinto partito del Paese, di orientamento liberale che ha sostenuto la candidatura di Essebsi. L'incontro ha consentito di approfondire le dinamiche tra i partiti di ispirazione laica ed islamica nel corso della campagna elettorale. Brahim ha, infatti, spiegato che al suo partito, nato nel marzo del 2011 e che ha preso parte ai lavori dell'Assemblea costituente con quattro deputati, si sono aggiunte in occasione delle ultime elezioni ulteriori formazioni laiche, nate per accrescere la competizione con gli islamisti di Ennhada e anche al fine di colmare il gap che separava i partiti di ispirazione confessionale rispetto alle altre forze. Ha sottolineato che il Presidente Essebsi ha necessità di essere sostenuto da una formazione non legata al vecchio regime e alle vecchie leadership laiche. Afek Tounes nel 2013 è pertanto ripartito da posizioni di centro-destra, di ispirazione liberal-sociale con elementi comuni al partito di governo. Rispetto a questo posizionamento, in Parlamento sono presenti formazioni di estrema sinistra, caratterizzati da un forte condizionamento sindacale, e formazioni di destra, capeggiate da Ennhada. Quanto al nuovo governo, Brahim ha argomentato che una coalizione che non contemplasse l'opposizione islamica sarebbe fragile; d'altra parte, le aspettative di Ennhada potrebbero essere facilmente assecondate con la scelta di un primo ministro esterno al Nidaa Tounes o con la scelta di ministri dell'interno e della giustizia indipendenti. Nell'attuale contesto internazionale, sfavorevole agli islamisti, Ennhada appare destinato ad accettare taluni compromessi, dovendosi d'altra parte riposizionare rispetto alla Fratellanza musulmana e al progetto confessionale. Su tali basi la coalizione di governo dovrebbe basarsi su due partiti, pari a circa centocinquanta deputati, con il sostegno di altre formazioni, tra cui Afek Tounes, che è un partito con base elettorale prevalentemente concentrata a Tunisi e a Sfax. Il sud del Paese si caratterizza per una prevalenza conservatrice, che trova espressione in Ennhada.
  Quanto al dato relativo all'astensionismo, si tratta di voti sottratti ad Ennhada e si spiegherebbe con la profonda delusione dei tunisini per la mancata soluzione dei problemi economici, non affrontati dal 2011. Ha quindi prospettato per il prossimo mese di aprile l'insediamento della Corte costituzionale, diversamente da rinviarsi al 2016, nonché l'indizione delle elezioni amministrative, l'approvazione di una nuova legge elettorale e la istituzione di regioni.
  Di particolare rilievo è stato l'incontro con il leader di Ennhada, Gannouchi, che Pag. 60ha introdotto l'incontro valorizzando il comune destino che unisce Italia e Tunisia in quanto Paesi sostanzialmente confinanti. Ha evidenziato l'interlocuzione attiva che Ennhada intrattiene con tutti i partiti italiani e ha posizionato il proprio partito in un'area moderata, paragonabile a quella occupata dalla vecchia democrazia cristiana italiana. Ha, inoltre, preannunciato la partecipazione di Ennhada al governo in formazione, sottolineando l'occasione storica che la Tunisia deve cogliere come modello democratico realizzato. Tale prospettiva è stata accolta con favore dalla delegazione italiana che, su iniziativa degli onorevoli Amendola e Valentini, ha valutato la prospettiva di coalizione di governo come presupposto di stabilità per la transizione politica ed economica della Tunisia. Tale prospettiva rafforzerebbe un'azione dell'Unione europea nel Mediterraneo, secondo una linea avviata dall'Alto Rappresentante Mogherini in occasione del suo primo viaggio in Medio Oriente. Lo scenario tunisino darebbe, inoltre, rilancio al binomio tra Islam e democrazia e rappresenterebbe un contributo di grande valore per l'opinione pubblica europea. Gannouchi, intervenendo su quest'ultimo punto, ha colto l'opportunità per evidenziare che il precedente governo guidato dagli islamisti, contraddicendo taluni pregiudizi, non ha esitato a lasciare il potere quando ciò è apparso necessario, e ciò sulla base di un mero dialogo nazionale, avviato con le altre forze politiche, e senza attendere le elezioni. Inoltre, Ennhada ha riconosciuto fin da subito la vittoria elettorale di Nidaa Tounes e si è candidata per collaborare con la maggioranza nel consolidamento di un rapporto di partenariato privilegiato con l'Unione europea. La rivoluzione tunisina ha consentito di selezionare, infatti, un'alternativa islamica moderata che si pone come antagonista al terrorismo di matrice fondamentalista e che ha contribuito alla conquista della democrazia e di maggior giustizia sociale in un Paese oppresso da decenni di dittatura e corruzione. Questo impegno deve adesso essere consolidato e realizzato su scala mondiale, nell'impegno di tutta la comunità internazionale nella lotta ai terroristi. All'incontro ha anche partecipato la deputata tunisina eletta in Italia Imen Ben Mohamed, che ha ribadito la scelta non semplice fatta da Ennhada nel segno della stabilità politica della Tunisia e del consolidamento di un ruolo e di un'immagine positiva nello scenario internazionale.
  La delegazione ha quindi incontrato il leader della formazione di sinistra, Fronte Popolare, guidata da Hammami. La lettura che Hammami ha fornito circa le priorità dell'agenda politica tunisina ha coinciso con quella degli altri interlocutori per quanto concerne le sfide sulla sicurezza, sulle riforme e sui temi economici. Sul tema della sfida contro il terrorismo, ha invocato una riforma delle forze armate e degli apparati di sicurezza sulla base di nuove premesse giuridiche. La sfida riformista riguarda l'attuazione della nuova Costituzione, soprattutto sul piano amministrativo. Le questioni economiche devono partire dai temi del lavoro, della salute e dell'istruzione, che hanno rappresentato, insieme ai temi delle libertà, i pilastri della rivoluzione del 2011. Su questi temi, la troika non ha conseguito alcun risultato per assenza di visione e disattenzione nei confronti del popolo tunisino. Tale quadro è aggravato dalla presenza di un'economia sommersa che rappresenta il 50 per cento di quella totale, laddove ai tempi di Ben Alì tale valore era attestato sul 30 per cento. Il Fronte Popolare è destinato a rappresentare probabilmente l'unico partito di opposizione presente in Parlamento, nella convinzione che il prossimo governo non avrà la volontà politica di andare alla radice dei problemi tunisini ed avendo già dichiarato di voler tagliare la cassa delle compensazioni e di volere porre mano ad un programma neoliberista, in cui i temi delle libertà saranno del tutto marginali. Hammami ritiene che la base elettorale del presidente Essebsi sia di fatto già ridotta nei numeri per il venir meno del sostegno delle donne tunisine rispetto alla prospettiva di accordo con gli islamici. Il Fronte Popolare, di contro, è intenzionato ad Pag. 61offrire una piattaforma democratica per consolidare le conquiste civili e far promuovere riforme ed un nuovo modello di sviluppo, che giunga ad includere anche le tematiche dell'ecologica. Hammami ha, infine, fornito un quadro sulle altre formazioni precisando che l'elemento portante di Nidaa Tounes è rappresentato dai vecchi quadri di Bel Alì, laddove Afek Tounes è un soggetto politico di matrice ultraliberale e il Fronte Popolare aggrega, invece, soprattutto i lavoratori e la scena intellettuale tunisina. Completerebbe il quadro il sindacato UGTT, attualmente impegnato nello sforzo di mantenere autonomia rispetto alle ambizioni di controllo nutrite dai partiti di maggioranza. Hammami ha, infine, menzionato il rapporto privilegiato con l'Italia, legato alla forte presenza tunisina nel nostro Paese, e ha menzionato come i suoi predecessori la questione dei cittadini tunisini clandestini dispersi su territorio italiano. A tal proposito, la delegazione ha nuovamente manifestato la piena disponibilità delle autorità italiane a collaborare sul caso, su cui non ci sono tuttavia allo stato evidenze che ne comproverebbero le dimensioni.
  Il programma della visita si è concluso con l'incontro con il leader del sindacato UGTT, avvenuto nel giorno del 69o anniversario della fondazione del sindacato. Abassi ha descritto il ruolo cruciale svolto dall'UGTT nella scena politica tunisina dopo il 2011, in qualità di elemento portante del Quartetto. Ha quindi insistito sui temi della tutela dei lavoratori, della lotta contro la disoccupazione, del rilancio dell'economia anche grazie agli investimenti provenienti dall'estero e sulla necessità di arginare derive liberiste che riportino la Tunisia ad uno scenario pre-2011.

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ALLEGATO 4

Sulla missione svolta a Tunisi (28-30 marzo 2015).

COMUNICAZIONI

  La seconda missione della Commissione in Tunisia è stata deliberata per svolgere incontri con le massime autorità istituzionali tunisine, nonché per visitare i luoghi colpiti dall'attentato terroristico del 18 marzo, con particolare riferimento al Parlamento e al Museo del Bardo. Il programma della visita ha incluso anche la partecipazione della delegazione alla marcia di solidarietà contro il terrorismo, indetta dal Presidente della Repubblica tunisina e tenutasi domenica 29 marzo. La delegazione, guidata dal presidente Fabrizio Cicchitto, è stata altresì composta dagli onorevoli Vincenzo Amendola (PD), Daniele Del Grosso (M5S), Erasmo Palazzotto (SEL) e Valentino Valentini (FI-PDL), in continuità con la delegazione che aveva preso parte alla missione di gennaio.
  Di particolare significato politico è stata la partecipazione della delegazione, insieme al Presidente del Consiglio Renzi e alla Presidente della Camera dei Deputati Boldrini, alla Marcia repubblicana contro il terrorismo, organizzata su impulso personale del Presidente Essebsi, per lanciare un accorato appello all'unita’ del mondo civile contro la minaccia jihadista ed affinché la Tunisia non venga lasciata sola a fronte del gravissimo attacco terroristico del Bardo.
  La partecipazione internazionale ha confermato le migliori attese degli organizzatori: presenti ventisette delegazioni straniere, in prevalenza europee e della regione. Particolarmente significativa la francese, con Hollande ed il Presidente dell'Assemblea; la polacca: Presidente Komorowski; il Gabon: Presidente Ali Bongo; la palestinese: Presidente Abbas. Tra i Capi di Governo, hanno preso parte il belga Michel; l'algerino Sallal; il libico Thnai. Tra i Vice Primi Ministri, Al-Khalifa del Bahrein. Presidenti di Parlamento anche dalla Svizzera ed il Kuwait. Vice Presidente del Parlamento europeo, Valcarcel Siso. Tra i Ministri, si segnalano, lo spagnolo Garcia Margallo; il tedesco De Maiziere (Interno); giordano (Interno); emiratino (Cultura); patarino (Cultura). I Segretari di stato egiziano (Esteri) e britannico (Esteri). Sul fronte multilaterale: UNESCO (Borkova) e OMT.
  La Marcia dei leader è stata tenuta separata (per motivi di sicurezza) dalla manifestazione popolare che ha visto scendere per le strade circa 70.000 dimostranti giunti anch'essi fino al Bardo. Nonostante un'organizzazione e una impalcatura logistica impostate in brevissimo tempo, è stato dispiegato un ingente dispositivo di sicurezza necessario alla tutela di cosi’ autorevoli presenze. La Marcia si è conclusa dinanzi il museo, con l'inaugurazione di una stele commemorativa recante i nomi delle vittime, sotto forma di mosaico (in ossequio alla nota collezione di reperti di epoca romana presente nel museo) posta all'ingresso del museo. Sotto di essa, il Presidente del Consiglio ha deposto una corona di fiori. La cerimonia è terminata con un breve intervento del Presidente Essebsi.
  Nel corso dei brevi colloqui avuti successivamente dalla delegazione con il Presidente della Repubblica essebsi, con il presidente del Parlamento Ennanceur e con il leader del partito islamico moderato Ennahda Ghannouchi il Presidente Cicchitto ha potuto rappresentare sentimenti di vicinanza e solidarietà dell'Italia raccogliendo la solidarietà per le quattro Pag. 63vittime italiane e gli auspici per un rafforzamento ulteriormente della collaborazione bilaterale sul piano della sicurezza al fine di condurre un'efficace e coordinata azione di contrasto al terrorismo.
  Si è trattato, nell'insieme, di un evento solenne la cui riuscita, anche in termini di visibilità e partecipazione, ha dimostrato la capacità della Tunisia di raccogliere attorno a sé, in un momento così difficile, i suoi principali partner internazionali. Le autorità tunisine hanno complessivamente dichiarato determinazione nella lotta al terrorismo dimostrati dalla enfasi è stata data all'eliminazione, proprio alla vigilia della marcia, di una cellula jihadista nei dintorni di Gafsa nel sud-ovest del Paese, zona da tempo colpita dal terrorismo, anche per la prossimità con la frontiera algerina. Lo stesso Ministro dell'Interno, Garsalli, ne ha dato l'annuncio alle televisioni, sottolineando che nove membri della formazione Okba Ben Nafaa sono stati uccisi, incluso il leader della sigla, ricercato da tempo.

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ALLEGATO 5

Sulla missione svolta a Tunisi (13-15 luglio 2015).

COMUNICAZIONI

  Sulla base di quanto convenuto in Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nei giorni 12-13 luglio 2015 una delegazione della III Commissione, guidata dal presidente Fabrizio Cicchitto e composta dagli onorevoli Vincenzo Amendola ed Erasmo Palazzotto si è recata a Tunisi con la finalità di svolgere incontri con le massime autorità istituzionali e politiche tunisine nell'intento di approfondire ulteriormente la conoscenza del quadro geopolitico e di sicurezza regionale alla luce del tragico attentato terroristico avvenuto nella città di Sousse il 26 giugno 2015.
  La nuova visita della Commissione a Tunisi – dopo quelle già svolte nello scorso mese di gennaio e soprattutto di marzo a seguito dell'attentato presso il Museo del Bardo – ha inteso rappresentare una significativa testimonianza di solidarietà politica a sostegno della Tunisia a dimostrazione del comune impegno contro il terrorismo di matrice fondamentalista, oltre ad un utile contributo anche ai fini dell'indagine conoscitiva, in corso di svolgimento, sulle priorità strategiche regionali e di sicurezza della politica estera dell'Italia, anche in vista della nuova strategia di sicurezza dell'Unione europea.
  Il programma della missione ha previsto incontri con: con il Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi; la presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo, onorevole Bochra Bel Haj Hmida; il ministro degli esteri, Taieb Baccouche; il leader del partito Ennahdha, Rached Ghannouchi.
  L'incontro con il Presidente della Repubblica è stato occasione per ribadire le ottime relazioni bilaterali, segnate da incontri al più alto livello istituzionale. Nell'introdurre la delegazione, il presidente Cicchitto ha sottolineato la testimonianza di amicizia e di solidarietà che la terza visita della Commissione ha inteso portare alle istituzioni tunisine dopo il secondo grave attentato terroristico perpetrato dai fondamentalisti presso la località di Sousse. Si è trattato di un'aggressione alla democrazia tunisina in quanto baluardo contro il terrorismo e Paese decisivo per gli equilibri nel Mediterraneo e in Medioriente. La solidarietà dell'Italia è espressione dei rapporti molto solidi che legano i due Paesi e di un'azione che vede Governo e Parlamento italiani coesi e convergenti, in sinergia con il settore privato e le strutture produttive italiane operanti in Tunisia in settori strategici quali la sicurezza, la cooperazione militare e culturale.
  Il Presidente Essebsi ha chiarito che il progetto sociale, politico e costituzionale della Tunisia si distingue da quelli degli altri Paesi della Regione, e questo rende la Tunisia un Paese non troppo amato. Quanto al terrorismo, si tratta di un fenomeno regionale che coinvolge tutti i Paesi europei e del Mediterraneo e che impone progetti comuni. Il Presidente Essebsi ha citato il rapporto delle Nazioni Unite sul numero di foreign fighters tunisini pronti a partire alla volta del Daesh, manifestando la difficoltà di incidere profondamente sul fenomeno a meno di non avviare un profondo percorso di rinascita economica della Tunisia.
  Sul tema dei profughi, connesso a quello dell'immigrazione, ha dichiarato l'indisponibilità della Tunisia alla realizzazione Pag. 65di campi di accoglienza sul proprio territorio, alla luce dell'esperienza negativa maturata in altri Paesi. La soluzione è in politiche comuni tra Europa e Paesi di origine e di transito, come è d'altra parte la Libia. Quanto al negoziato in corso per un governo di unità nazionale libico, il Presidente Essebsi ha dichiarato la propria insoddisfazione per l'accordo raggiunto grazie all'intermediazione di Bernardino Leon, in quanto non inclusivo della parte legata a Tripoli. Ha anche precisato il significato del «muro» che il governo di Tunisi ha annunciato di voler costruire lungo i cinquecento chilometri di confine con la Libia. Nel ricordare il precedente marocchino relativo al Sahara occidentale, ha spiegato che si tratta di uno strumento preventivo volto a fornire all'opinione pubblica un segnale di attivazione sull'emergenza terrorismo, nei cui confronti è sicuramente più efficace l'impiego di strumenti elettronici rispetto ad un mero fossato, utile tutt'al più a rallentare i traffici illeciti lungo la frontiera.
  Il colloquio con la presidente della Commissione dei diritti, delle libertà e delle relazioni estere dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo, onorevole Bochra Bel Haj Hmida, ha coinvolto una delegazione di deputate della stessa Commissione, tra cui l'onorevole Imen Ben Mohamed, rappresentante di Ennahdha eletta in Italia, ed un'esponente del partito di governo, Nidaa Tounes. I temi al centro dell'incontro sono stati: il ruolo svolto dalla società civile quale elemento portante della democrazia tunisina sia durante la prima che durante la seconda Repubblica, il cui ruolo tiene malgrado il terrorismo e le pressioni esterne volte a mutare il processo democratico in atto; l'analisi degli attacchi terroristici quali aggressioni contro l'economia locale e contro i simboli dell'Occidente; la richiesta di sostegno a più livelli alla Tunisia per incidere profondamente e in modo definitivo sulle cause del fenomeno, soprattutto per quanto concerne il reclutamento dei giovani tunisini privi di ogni prospettiva ed orizzonte esistenziale.
  Nell'auspicare che l'esperienza tunisina non rappresenti un fenomeno isolato nel contesto nordafricano, la delegazione italiana ha sottolineato la rilevanza del successo tunisino per gli equilibri in Medioriente e quindi la necessità di affrontare i disequilibri territoriali in Tunisia attraverso strumenti di carattere economico, militare e culturale. La questione della condizione giovanile è stata approfondita dalla presidente Bochra, che ha insistito sull'esigenza di offrire opportunità culturali e borse di studio a studenti tunisini, nonché di operare per l'integrazione delle seconde e terze generazioni di tunisini immigrati in Europa. Da parte della deputata di Ennahdha, che ha espresso solidarietà all'Italia per l'attacco terroristico al consolato italiano al Cairo. È stata chiesta maggiore collaborazione all'Italia sui temi del terrorismo, ma anche della Libia, nel segno di un destino comune ai due Paesi. Ha espresso soddisfazione per la risoluzione 7-00670 Cicchitto, Sull'impegno dell'Italia in sede multilaterale a sostegno della Tunisia, approvata dalla Commissione esteri il 5 maggio scorso.
  Dall'onorevole Palazzotto è stato posto il tema dei diritti umani e della adesione della Tunisia ai maggiori strumenti di diritto internazionale umanitario nella gestione dell'emergenza immigrazione, mentre l'onorevole Amendola ha indicato nelle politiche culturali e in quelle di carattere militare e securitario i due maggiori piani di cooperazione tra i due Paesi. Da parte tunisina è stato posto un forte accento ad un rafforzamento della collaborazione sui temi istituzionali connessi alla nuova forma di governo presente in Tunisia e alla necessità di uno scambio di esperienze sui temi delle prassi parlamentari e delle maggiori sfide sul piano costituzionale, vista l'imminente istituzione in Tunisia di una Corte costituzionale, di un organo di autogoverno della magistratura e di un sistema di decentramento territoriale.
  Il confronto con il ministro degli esteri si è incentrato sul negoziato libico, su cui il ministro Baccouche ha ribadito l'insoddisfazione tunisina per l'assenza di Tripoli tra i firmatari dell'accordo proposto da Pag. 66Leon, malgrado tale interlocutore rappresenti il sessanta per cento della popolazione libica ed ospiti sul proprio territorio l'ottanta per cento dei tunisini presenti in Libia. Tra le soluzioni all'emergenza terrorismo è emersa la necessità di un'operazione di carattere culturale rivolta agli imam che operano nelle regioni di frontiera e che manovrano giovani tunisini disoccupati e con basso livello scolastico. Nell'immediato, occorre operare lungo i confini per bloccare i traffici illeciti e in particolare il commercio di armi, ed è a questo obiettivo che è rivolto il cosiddetto «muro» in costruzione lungo la frontiera. In generale, il ministro Baccouche ha insistito sulla necessità di rafforzare le istituzioni tunisine, la cui continuità è essenziale nel confronto con il terrorismo e ciò anche alla luce dell'esperienza ancora troppo poco analizzata della vicenda irachena o della crisi siriana.
  La visita si è quindi conclusa con l'incontro con il leader islamico moderato Gannouchi, in quel giorno impegnato nella prima conferenza che ha visto sedersi allo stesso tavolo i quattro maggiori partiti tunisini uniti nella lotta contro il terrorismo. Il presidente Cicchitto ha aperto il colloquio sottolineando la specifica sintonia che si registra in Tunisia tra laici ed islamici, a differenza di quanto avviene ad esempio in Egitto, nonché la necessità di un convinto sostengo economico, politico e militare per irrobustire il pluralismo democratico di cui la Tunisia è espressione. Gannouchi, accompagnato da un deputato di Ennahdha, portavoce del partito ed eletto in Italia, ha sottolineato i rapporti eccellenti tra i due Paesi, confermati dagli importanti e intensi incontri istituzionali. Su sollecitazione dell'onorevole Amendola, ha espresso l'auspicio affinché le Nazioni Unite riescano nell'impegno rivolto alla Libia, al quale Ennahdha contribuisce positivamente esercitando le opportune pressioni affinché Tripoli divenga parte dell'accordo. In risposta all'onorevole Palazzotto sulle cause sociali del fenomeno dei foreign fighters, Gannouchi ha auspicato un mutamento nell'immagine collettiva dell'Islam, sottolineando quanto la Tunisia sia Paese non incline all'estremismo. Il fenomeno è da porre in relazione alle «falle» lasciate dal regime di Ben Alì sul territorio tunisino, con particolare riferimento alle regioni del Paese più interne, totalmente abbandonate sul piano degli investimenti e delle politiche di inclusione sociale. Quanto alle misure che il governo tunisino ha deliberato in risposta agli attacchi terroristici, Gannouchi ha precisato che il suo partito sarebbe di per sé contrario alla costruzione di muri lungo i confini, ma in questo caso ha sostenuto la decisione del governo in risposta ad una situazione eccezionale. Si è unito all'auspicio dell'ambasciatore De Cardona affinché il Forum economico italo-tunisino previsto per l'autunno possa tenersi in piena sicurezza e con proficui esiti per il rilancio della cooperazione economica bilaterale, e ciò anche come segno della riconoscenza verso l'Italia quale Paese coraggioso che ha dato prova di vicinanza alla Tunisia di fronte alla grave sfida rappresentata dal terrorismo.

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ALLEGATO 6

Sulla missione svolta in Armenia (23-25 aprile 2015).

COMUNICAZIONI

  Una delegazione parlamentare di Camera e Senato, guidata dai presidenti delle Commissioni Esteri, Pierferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto, ha preso parte a Jerevan alla cerimonia per il centenario del genocidio armeno, svoltasi il 24 aprile 2015.
  La delegazione, cui era affidato il compito di rappresentare l'Italia – che non ha riconosciuto i fatti del 1915 noti come Medz Yeghern (Grande Male) quale «genocidio» – ha compreso anche gli onorevoli Vincenzo Amendola, capogruppo del PD in Commissione Esteri, e Gianluca Pini della Lega, nonché i senatori Emma Fattorini (PD), Sergio Lo Giudice (PD) e Aldo Di Biagio (NCD-UDC), quest'ultimo anche in rappresentanza dell'Associazione di amicizia Italia-Armenia.
  Alle celebrazioni di Erevan, tra i maggiori leader internazionali, hanno presenziato il presidente russo Vladimir Putin e il capo dello stato francese, François Hollande, che nei loro discorsi hanno entrambi definito gli eventi del 1915 «genocidio». Erano presenti anche i presidenti di Serbia, Cipro e il segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Jacob Lew, per un totale di 60 delegazioni straniere, mentre a Canaale, in Turchia, negli stessi giorni si teneva un evento commemorativo indetto dal presidente Erdogan della campagna di Gallipoli, una delle più importanti battaglie della Prima guerra mondiale che vide contrapporsi britannici e francesi agli ottomani, guidati dal generale Mustafa Kemal, e in cui turchi e armeni combatterono insieme.
  Nel corso della missione il presidente Cicchitto ha espresso condivisione per l'appello e le parole del Pontefice di quei giorni a proposito del genocidio, quale prima di una serie di tragedie che hanno segnato il XX secolo. Contestualmente il presidente Cicchitto ha auspicato che fra la Turchia e l'Armenia si sviluppi un confronto e un dialogo positivi finalizzato ad una normalizzazione dei rapporti, in linea con la posizione espressa dall'Alto Rappresentante Mogherini, e che l'Europa rivaluti in chiave maggiormente costruttiva i propri rapporti con la Turchia.

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ALLEGATO 7

Sulla missione svolta a Milano presso EXPO 2015 (27-28 giugno 2015).

COMUNICAZIONI

  Una delegazione della Commissione Affari esteri e comunitari, guidata dal presidente, onorevole Fabrizio Cicchitto, e composta dai deputati Vincenzo Amendola (PD), Edmondo Cirielli (FdI-AN), Mario Marazziti (PI-CD) e Mariano Rabino (SCpI), ha svolto una missione a Milano per visitare EXPO 2015, nelle giornate del 27 e 28 giugno scorsi.
  La visita all'Esposizione Universale, evento internazionale al più alto livello, al quale prendono parte più di 140 Paesi ed Organizzazioni internazionali, con l'obiettivo di individuare risposte concrete e soluzioni condivise sui temi dell'alimentazione e del rispetto del pianeta e dei suoi equilibri, era finalizzata ad approfondire le tematiche relative alla politiche di cooperazione allo sviluppo come pure di una maggiore valorizzazione del nesso che intercorre tra pace, sicurezza e politiche di gestione dell'ambiente, contribuendo a corroborare l'impegno di tutti i soggetti, pubblici e privati, che cooperano all'evento in un'ottica di promozione e di internazionalizzazione del Sistema Paese.
  La delegazione ha visitato i seguenti padiglioni: Padiglione Zero, Nepal (realizzato con una «gara di solidarietà» dalla maestranze di Expo dopo il grave terremoto che ha colpito il Paese, Brasile, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti, Israele, Marocco, Giappone, USA, Bio Mediterraneo (paesi presenti: Albania, Algeria, Egitto, Grecia, Libano, Malta, Montenegro, San Marino, Serbia, Tunisia) e Cluster delle Zone Aride (paesi presenti: Eritrea, Mauritania, Senegal, Somalia, Mali), Padiglione Italia.