CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 luglio 2015
493.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle Agenzie fiscali (Atto n. 181).

RIFORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina dell'organizzazione delle agenzie fiscali (Atto n. 181);
   rilevato come l'evoluzione del complesso delle Agenzie fiscali è tuttora in corso, rendendo ancora non valutabile nei suoi esiti il processo di accorpamento disposto con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95;
   valutata con favore la conferma del modello di amministrazione per Agenzie che caratterizza il settore tributario,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) per procedere nella riorganizzazione e nel rilancio del modello di amministrazione per agenzie iniziata meritoriamente dal decreto legislativo, valuti il Governo l'opportunità di predisporre un'analisi valutativa – che si avvalga anche di una comparazione fra il modello attuato nel nostro Paese e i migliori standard internazionali – degli aspetti istituzionali, organizzativi, strategici e operativi delle amministrazioni fiscali, anche ricorrendo alle professionalità e competenze di organismi terzi, di rilievo internazionale, fra cui prioritariamente l'OCSE;
   b) è opportuno collegare le modalità con cui devono essere effettuati il monitoraggio e le valutazioni richieste al Dipartimento delle Finanze dall'articolo 1, comma 7, dello schema di decreto legislativo, per quanto riguarda il maggior gettito derivante dall'attività svolta dalle agenzie fiscali per favorire la tax compliance, così come quello derivante dalle attività di controllo, con quelle previste dallo schema di decreto legislativo recante norme in materia di stima e monitoraggio dell'evasione fiscale e in materia di monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale (Atto n. 182);
   c) al fine di garantire la funzionalità dell'assetto operativo delle agenzie fiscali, l'articolo 1, comma 8, dello schema di decreto dovrebbe essere integrato al fine di prevedere che, a fronte della riduzione del loro organico dirigenziale, le stesse agenzie fiscali siano autorizzate a istituire posizioni organizzative di livello non dirigenziale, in aggiunta a quelle già previste dal decreto – legge n. 95 del 2012, finanziate con il risparmio di spesa derivante dalla soppressione delle posizioni dirigenziali – ferma restando una determinata quota da destinare in ogni caso a economia di bilancio – in numero non superiore a quello delle posizioni dirigenziali soppresse, da attribuirsi mediante specifiche procedure selettive conformi a criteri oggettivi e trasparenti di valorizzazione delle capacità e del merito e riservate a personale laureato inquadrato da almeno cinque anni nella III area, tenendo conto, ai fini della retribuzione, del livello di rilevanza e responsabilità delle posizioni organizzative di nuova istituzione; gli incarichi dovrebbero avere durata definita ed essere soggetti a valutazione annuale;Pag. 110
   d) con riferimento al comma 9 dell'articolo 1 dello schema, recante una riduzione almeno del 10 per cento delle posizioni dirigenziali di livello generale, sarebbe utile specificare che il parametro indicato si riferisce al complesso delle Agenzie e non a ciascuna di esse;
   e) con riferimento all'articolo 2, comma 1, dello schema, la richiesta valorizzazione della peculiare professionalità alla cui verifica sono finalizzati i concorsi ivi previsti potrebbe essere meglio raggiunta:
    innalzando al 50 per cento la percentuale massima dei posti messi a concorso riservati al personale dipendente dalle agenzie fiscali;
    sostituendo alla valutazione per esami una valutazione basata sulla verifica dell'esperienza acquisita e della preparazione tecnica relativa non solo al diritto tributario ma anche alle procedure effettivamente utilizzate nel funzionamento degli uffici dell'Amministrazione, o, quanto meno, affiancando alla valutazione per esami una valutazione dei curricula dei candidati, che permetta di tenere conto della loro esperienza lavorativa/operativa;
   f) valuti il Governo la possibilità di integrare l'articolo 2 dello schema con una previsione atta a consentire ai dirigenti delle Agenzie fiscali di delegare, per esigenze di funzionalità operativa, funzionari della terza area provvisti di esperienza almeno quinquennale nell'area stessa, e previa procedura selettiva con adeguate caratteristiche di oggettività e trasparenza, in numero non superiore a quello dei posti oggetto delle procedure concorsuali di cui al medesimo articolo e di quelle già bandite e non successivamente annullate, le funzioni relative agli uffici di cui hanno assunto la direzione interinale e i connessi poteri di adozione di atti, escluse le attribuzioni riservate per legge alla dirigenza, in ragione della specificità della preparazione, dell'esperienza professionale e delle capacità richieste in relazione alle diverse tipologie di compiti, della complessità gestionale e della rilevanza funzionale e organizzativa degli uffici interessati, per una durata non eccedente l'espletamento dei concorsi summenzionati e comunque non oltre il 31 dicembre 2016; ai funzionari delegati potrebbero essere temporaneamente attribuite nuove posizioni organizzative da remunerare in relazione al livello di rilevanza e responsabilità delle funzioni delegate; le risorse derivanti dal risparmio di spesa ottenuto fino all'espletamento dei concorsi per la copertura dei posti dirigenziali vacanti dovrebbero essere destinate al finanziamento delle posizioni organizzative temporaneamente istituite e, in misura pari almeno al 15 per cento, a economia di bilancio.

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ALLEGATO 2

5-06065 Paglia: Interpretazione delle clausole contrattuali contenute nei mutui ipotecari indicizzati al franco svizzero con tasso Libor concessi dalla banca Barclays.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'On. Giovanni Paglia – nell'esprimere considerazioni sui mutui ipotecari indicizzati al franco svizzero con tasso Libor offerti da Banca Barclays – chiede se non si ritenga di intervenire in via primaria o regolamentare al fine di fornire una interpretazione autentica che eviti la necessità di continui ricorsi giurisdizionali, chiarendo se tali prodotti debbano intendersi o meno come derivato. In particolare, la richiesta è finalizzata ad appurare se la clausola contrattuale relativa all'indicizzazione del mutuo al tasso di cambio debba intendersi o meno come derivato e, quindi, comportare il rispetto del T.U.F. e delle relative norme di attuazione.
  Al riguardo, occorre premettere che la materia dei mutui ipotecari è stata oggetto di una recente direttiva dell'Unione Europea finalizzata, tra l'altro, a rafforzare la tutela dei mutuatari. La direttiva approvata è la numero 17 del 4 febbraio 2014, pubblicata sulla G.U.U.E. del 28 febbraio 2014.
  Per la stessa direttiva (2014/17/UE) e, nel merito, per i contratti di credito ai consumatori per beni immobili residenziali, sono stati elaborati i relativi criteri per l'inserimento nello schema di decreto legislativo di recepimento, attualmente in fase di predisposizione.
  Occorre segnalare che sono stati individuati diversi problemi relativamente ai crediti denominati in una valuta estera contratti dai consumatori senza un'adeguata informazione o comprensione in ordine al rischio di cambio connesso. La Direttiva (articolo 23) prevede misure atte a garantire che i consumatori siano consapevoli del rischio che stanno assumendo e abbiano la possibilità di limitare la propria esposizione al rischio di cambio per la durata del credito.
  Il rischio può essere limitato riconoscendo al consumatore il diritto di convertire la valuta in cui è denominato il credito, ovvero con altri meccanismi, quali l'introduzione di limiti massimi o mediante avvertenze, qualora esse siano sufficienti a limitare il rischio di cambio.
  Infine, con riguardo alla disciplina MiFID (applicabile in Italia dal 1o novembre 2007), la Commissione Europea, rispondendo ad un quesito su finanziamenti erogati ad aziende, ha precisato che «un'opzione incorporata in un prestito – quale ad esempio quella che dà diritto a modificare il metodo di calcolo del tasso di interesse o la valuta del prestito – che non è essa stessa un titolo, non è uno strumento finanziario ai fini MiFID».
  Con riferimento allo specifico caso segnalato nell'interrogazione e all'attività svolta dall'Arbitro Bancario Finanziario (ABF), la Banca d'Italia ha precisato quanto segue.
  L'Arbitro Bancario Finanziario è un organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, operante dal 15 ottobre 2009, la cui disciplina è contenuta nel Testo Unico Bancario, nella delibera del CICR del 2008 e nelle disposizioni applicative della Banca d'Italia.
  In base alle norme che regolano l'ABF, alla Banca d'Italia sono affidati compiti di Pag. 112carattere normativo per l'emanazione delle disposizioni applicative e di nomina dei membri dell'organo decidente, nonché lo svolgimento di alcune attività ausiliarie. Per svolgere queste ultime, la Banca d'Italia mette a disposizione dell'ABF mezzi e risorse, anche attraverso l'istituzione di strutture dedicate – le Segreterie tecniche – presso le Sedi della Banca d'Italia ove operano i Collegi dell'ABF.
  L'Arbitro Bancario Finanziario svolge in autonomia le proprie funzioni, delle quali ha la piena ed esclusiva titolarità. La Banca d'Italia non entra nel merito delle singole decisioni dell'ABF che rappresenta uno strumento aggiuntivo per risolvere le controversie insorte con gli intermediari bancari e finanziari, senza precludere ai cittadini la possibilità di far valere le proprie pretese dinanzi all'Autorità Giudiziaria.
  Al fine di assicurare una maggiore uniformità tra gli orientamenti dei Collegi e contenere i contrasti interpretativi, è stato istituito il Collegio di Coordinamento, operativo dal 2012.
  Con la decisione n. 7727 del 20 novembre 2014, il Collegio di Coordinamento dell'Arbitro Bancario Finanziario ha esaminato un caso di estinzione anticipata di un mutuo indicizzato in franchi svizzeri erogato da Banca Barclays e, in particolare, la clausola contrattuale che prevedeva il ricalcolo in franchi svizzeri e la successiva riconversione in euro del capitale restituito, anziché di quello residuo. L'ABF ha ritenuto contrario a buona fede il comportamento dell'intermediario che non poteva non essere consapevole della grave inesattezza contenuta nella formulazione della clausola. Conseguentemente l'ABF ha condannato l'intermediario a restituire le somme relative ai conteggi di estinzione errati e ha disposto un risarcimento nei confronti del cliente determinato in via equitativa.
  Inoltre, con la decisione del 20 maggio 2015, il Collegio di Coordinamento ha esaminato la legittimità della clausola che prevede la doppia conversione (prima in franchi svizzeri al tasso convenzionale pattuito nel contratto e poi in euro al cambio rilevato il giorno del rimborso); tale clausola esporrebbe il cliente alla doppia alea della duplice conversione del capitale residuo.
  Il Collegio di Coordinamento ha rilevato che tale clausola, violando il principio di trasparenza, non indica le operazioni aritmetiche da eseguire per realizzare tale duplice conversione che è stata valutata abusiva e, pertanto, nulla. Conclusivamente il Collegio ha disposto il ricalcolo delle somme che il cliente è tenuto a restituire in caso di estinzione anticipata.
  Barclays BANK PLC non ha adempiuto alla decisione assunta dal Collegio dell'ABF di Roma e alla citata decisione del Collegio di Coordinamento, relative a mutui indicizzati in franchi svizzeri e dell'inadempimento è stata data notizia sul sito dell'Arbitro Bancario Finanziario, nel quale è stato precisato che la controversia è stata sottoposta dal cliente all'Autorità Giudiziaria.

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ALLEGATO 3

5-06067 Causi: Interventi in merito alla disciplina in materia di detraibilità dell'IVA sugli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in oggetto, gli Onorevoli interroganti ripropongono la questione concernente la detraibilità dell'imposta, assolta sugli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione professionale che ricevono finanziamenti dal Fondo sociale europeo alla luce di quanto previsto dall'articolo 19, commi 2 e 3 lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633.
  Gli Onorevoli chiedono che l'Agenzia delle entrate riconsideri il proprio orientamento interpretativo alla luce delle considerazioni espresse dalla Suprema Corte di cassazione nella sentenza 12523 del 17 giugno 2015, che ha ammesso la possibilità di portare in detrazione l'IVA assolta sugli acquisti effettuati per l'esercizio dell'attività di formazione.
  Gli Onorevoli richiamano, altresì, l'ordine del giorno 9/2803-A/179, accolto dal Governo nella seduta del 20 febbraio 2015, che impegnava l'Esecutivo in tal senso.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate riferisce quanto segue.
  Come già evidenziato in sede di risposta al documento di sindacato ispettivo di analogo contenuto svolto nella seduta del 9 aprile 2015, le elargizioni di denaro pubblico che non abbiano il carattere di corrispettività (i.e. contributi a fondo perduto) sono tendenzialmente neutre agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, in quanto non incidono sulla determinazione dell'imposta, né dal lato attivo (del soggetto erogante) né dal lato passivo (del soggetto beneficiario).
  Per il soggetto erogante, che operi nella qualità di soggetto passivo d'imposta, la neutralità dei contributi è direttamente desumibile:
   dall'articolo 2, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in base al quale «Non sono considerate cessioni di beni: a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro; [...]»;
   dall'articolo 19, terzo comma, lettera c), del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in base al quale – in deroga al divieto generale di detrazione previsto per le operazioni che, a valle, non danno luogo alla realizzazione di operazioni imponibili (come nel caso di operazioni escluse da IVA) – è ammesso il recupero dell'imposta assolta sugli acquisti di beni e servizi effettuati a monte dal soggetto che ha posto in essere la cessione di denaro (fuori campo IVA).

  Specularmente, per il soggetto beneficiario del contributo a fondo perduto (i.e. l'organismo di formazione) il diritto a detrazione non è pregiudicato dalla natura contributiva delle somme percepite, bensì dipende esclusivamente dal regime impositivo delle operazioni attive dal medesimo poste in essere (ai fini che qui interessano, dal regime impositivo dell'attività di formazione svolta dagli organismi interessati).
  Pertanto, per il soggetto beneficiario – ossia l'organismo di formazione nel caso di cui si discute – il diritto a detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e Pag. 114servizi «finanziati» da contributi fuori campo IVA, è soggetto alle regole di carattere generale che disciplinano il diritto di detrazione di cui agli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  In particolare, in base all'articolo 19, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi compete nella misura in cui detti beni e servizi sono impiegati per realizzare operazioni imponibili o a queste assimilate. Non è, dunque, detraibile l'IVA relativa all'acquisto di beni e di servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, salvo le deroghe previste dall'articolo 19, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  E il caso di precisare che nei confronti del soggetto beneficiario non opera la deroga riconosciuta dall'articolo 19, terzo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, trattandosi – come innanzi precisato – di una previsione da intendersi riferita agli acquisti di beni e di servizi effettuati dal soggetto erogante (colui che pone in essere l'operazione di cessione di denaro).
  In senso conforme ai principi sopra enunciati, l'Agenzia delle entrate si è espressa più volte, in numerosi documenti di prassi, in cui è stato chiarito che la detraibilità dell'IVA pagata all'atto dell'acquisto di beni e servizi da parte di un soggetto che agisce nell'esercizio di impresa, arte o professione, non risulta influenzata dalla percezione di erogazioni di carattere contributivo.
  In altri termini, la richiesta condizione di inerenza degli acquisti di beni e di servizi deve essere verificata in relazione alle operazioni attive realizzate a valle dall'organismo di formazione professionale.
  Ciò premesso, alla luce della disciplina sopra richiamata, in relazione alla questione rappresentata dagli interroganti non può che ribadirsi il principio di carattere generale in base al quale per i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per realizzare operazioni fuori campo IVA – rectius, servizi di formazione fuori campo IVA in quanto non riconducibili ad un rapporto caratterizzato dal nesso di sinallagmaticità perché resi agli utenti finali «gratuitamente» – non compete alcuna detrazione d'imposta.
  È il caso di ribadire che la lettura finora data alle disposizioni nazionali concernenti la detrazione IVA è Tunica compatibile con le disposizioni della Direttiva CE 112/2006, alle quali le normative degli Stati membri e le relative interpretazioni devono necessariamente conformarsi.
  In ordine, poi, alla richiesta degli Onorevoli interroganti si fa presente che l'Agenzia delle Entrate ha forniti gli opportuni indirizzi interpretativi in materia di detraibilità dell'Iva degli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione, in presenza di finanziamenti comunitari, con la circolare 11 maggio 2015, n. 20/E, ove si chiarisce, tra l'altro, che l'IVA è detraibile nella misura in cui il soggetto passivo utilizza detti beni e servizi per l'effettuazione di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto.

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ALLEGATO 4

5-06109 Busin: Incremento degli importi delle deduzioni per spese non documentate da parte delle imprese di autotrasporto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito alla rimodulazione degli importi massimi delle spese non documentate da portare in deduzione da parte delle imprese di autotrasporto.
  Al riguardo, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dei competenti Uffici dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  La legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 150) autorizza, a decorrere dall'anno 2015, la spesa di 250 milioni di euro annui per interventi in favore del settore dell'autotrasporto.
  Il 29 aprile 2015 è stato adottato il previsto decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze che ha ripartito le suddette risorse fra le diverse aree d'intervento per il triennio 2015-2017. In particolare, sono stati stanziati:
   120 milioni di euro annui per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali;
   10 milioni di euro annui per la contribuzione di progetti per la formazione professionale posti in essere dalle imprese di autotrasporto;
   40 milioni di euro annui per investimenti finalizzati allo sviluppo dell'intermodalità e della logistica e ad iniziative dirette a realizzare processi di ristrutturazione e aggregazione;
   20 milioni per recupero somme versate per il contributo al servizio sanitario nazionale sui premi di assicurazione sulla responsabilità civile per la circolazione dei veicoli;
   60 milioni per deduzione forfetaria di spese non documentate (spese di trasferta per trasporti effettuati personalmente dall'imprenditore fuori Comune e fuori Regione).

  Gli importi unitari relativi al periodo d'imposta 2014 e resi noti con il comunicato dell'Agenzia delle entrate del 2 luglio 2015 (18 euro per i trasporti all'interno della Regione e delle Regioni confinanti e 30 euro per quelli effettuati oltre tale ambito), sono stati determinati tenendo conto della somma stanziata per tale finalità (60 milioni di euro), nonché del prevedibile volume delle attività di trasporto cui è correlata la fruizione del beneficio.
  La stima è stata effettuata con riferimento ai più aggiornati dati del Dipartimento delle Finanze e della predetta Agenzia, vale a dire le risultanze desunte dalle dichiarazioni dei redditi presentate per il periodo d'imposta 2013.
  Nondimeno, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riferisce che sono stati attivati ulteriori approfondimenti e verifiche al fine di garantire una misura delle deduzioni forfetarie di spese non documentate, che tenga conto delle difficoltà in cui versa il settore e in particolare le imprese artigiane.
  Sentite anche le Associazioni di categoria dell'autotrasporto maggiormente rappresentative, al fine di scongiurare ripercussioni negative sulle piccole imprese del settore già in una situazione di profonda crisi, il Ministero dell'infrastrutture sottolinea che si sta procedendo Pag. 116all'individuazione di possibili misure atte a risolvere la problematica, anche incrementando il fondo destinato alla copertura delle deduzioni forfetarie.
  In proposito si rappresenta che è in fase di predisposizione uno schema di decreto interministeriale che incrementa da 60 a 95 milioni di euro la somma stanziata per la deduzione forfetaria delle spese non documentate sostenute dalle imprese del settore autotrasporto.
  Una volta che detto decreto verrà adottato potranno essere rimodulati gli importi massimi da portare in deduzione.

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ALLEGATO 5

5-06190 Sandra Savino: Detraibilità delle spese per interventi di riqualificazione energetica effettuati acquistando i relativi materiali presso aziende situate al di fuori del territorio italiano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il question time in esame, l'Onorevole interrogante fa riferimento all'articolo 1, comma 47, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità per il 2015) che ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 la detrazione fiscale del 65 per cento per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici di cui all'articolo 1, commi da 344 a 347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
  In particolare, l'interrogante rileva che l'Agenzia delle Entrate sul proprio sito istituzionale ha illustrato tutti gli adempimenti utili e necessari all'ottenimento della detrazione ma non ha fornito altrettante indicazioni in merito ai luoghi di approvvigionamento dei materiali utili agli interventi di riqualificazione energetica, consentendo di fatto l'acquisto anche presso aziende situate in altri Stati membri dell'Unione europea, quali Austria, Slovenia, Francia.
  Ciò premesso, l'Onorevole interrogante chiede al Ministro dell'economia e delle finanze di conoscere quali iniziative intenda adottare, a tutela delle aziende italiane, al fine di arginare il fenomeno descritto proponendo di subordinare l'ottenimento della detrazione fiscale all'acquisto esclusivo di materiali volti al risparmio energetico presso aziende con sede sul territorio italiano.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  La limitazione all'approvvigionamento dei materiali a quelli forniti da aziende con sede nel territorio italiano non è prevista dalla norma agevolativa di cui al comma 47 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di Stabilità per il 2015).
  Ciò posto, l'introduzione di una limitazione di tal genere sarebbe potenzialmente contrastante con le disposizioni del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) riguardanti il funzionamento del mercato interno dell'UE in quanto determinerebbe una restrizione alla libera circolazione delle merci garantita dagli articoli da 28 a 37 del TFUE e alla libertà di stabilimento di cui all'articolo 49 del TFUE.
  Tra queste si segnala, in particolare, l'articolo 34 del TFUE che vieta «fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente».
  Per giurisprudenza costante della Corte di Giustizia dell'Unione europea, l'articolo 34 del TFUE riflette l'obbligo di rispettare 3 principi:
   a) il principio di non discriminazione;
   b) il principio di mutuo riconoscimento;
   c) il principio di assicurare ai prodotti comunitari libero accesso ai mercati nazionali.

  Di conseguenza sono, in linea generale, contrari alle norme del TFUE tutti quei provvedimenti di uno Stato membro, in materia di importazioni, che ostacolano o penalizzano l'accesso al mercato di uno Stato membro di prodotti originari di altri Stati membri al fine di garantire trattamenti Pag. 118preferenziali alle merci nazionali.
  Pertanto, qualsivoglia norma di carattere restrittivo diretta ad ostacolare o anche a rendere potenzialmente più difficile l'acquisto di materiali presso un altro Paese dell'Unione europea, con evidenti effetti protezionistici rispetto alle analoghe produzioni interne, sarebbe idonea ad integrare una violazione del diritto europeo, esponendo l'Italia al rischio di una procedura di infrazione per violazione delle norme del TFUE.

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ALLEGATO 6

5-06191 Ruocco: Chiarimenti in merito all'esenzione dall'ICI e dall'IMU per gli enti religiosi e assistenziali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito al question time in esame, occorre far presente che il Ministro dell'economia e delle finanze ha già riferito in Aula Camera nella seduta del 29 luglio 2015 in risposta al question time presentato dagli Onorevoli Lupi ed altri.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, è necessario sottolineare che le sentenze della Corte di cassazione nn. 14225 e 14226 dell'8 luglio 2015 riguardano esclusivamente l'imposta comunale sugli immobili (ICI), poiché concernono l'impugnazione di avvisi di accertamento ai fini ICI per gli anni dal 2004 al 2009, relativamente ad unità immobiliari per i quali gli enti religiosi reclamavano l'esenzione prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.
  La Suprema Corte, ribadisce, nella sostanza, quanto già stabilito in precedenti sentenze chiarendo che la disciplina concernente l'esenzione dall'ICI «era sospettata, non senza fondamento, di essere in conflitto con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato e con le regole sulla concorrenza: ragione per la quale essa avrebbe dovuto esser disapplicata».
  La circostanza che la controversia non riguarda l'IMU è stata sottolineata dalla stessa Corte di cassazione, la quale sottolinea che per ovviare alla possibile condanna da parte della Commissione europea «è stato poi approvato il decreto-legge n. 1 del 2012, articolo 91-bis», al quale è stata data attuazione con il regolamento approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 200 del 2012.
  La Commissione europea con la decisione C(2012) 9461 final del 19 dicembre 2012, ha, in effetti, giudicato la disciplina ICI in questione un aiuto di stato incompatibile con il mercato interno in base all'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato.
  La stessa decisione ha stabilito, invece, che l'esenzione dall'IMU, come disciplinata a seguito della entrata in vigore del citato articolo 91-bis del decreto-legge n. 1 del 2012, e dell'emanazione del regolamento approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 200 del 2012, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del Trattato.
  Peraltro il citato regolamento dispone, in ordine all'esercizio dell'attività didattica con modalità non commerciali, che debbano essere soddisfatti alcuni requisiti specifici tra i quali quello che l'attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un importo simbolico, tale da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con lo stesso.
  Alla luce di tali considerazioni si ritiene che non sia necessario, a seguito delle sentenze citate un intervento di modifica della normativa attualmente in vigore.