CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 24 giugno 2015
470.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-05864 Busin: Sospensione del pagamento di premi a dirigenti delle Agenzie fiscali la cui nomina è stata dichiarata illegittima.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante afferma che, a seguito della sentenza n. 37 del 2015 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità delle norme di legge che consentivano di attribuire provvisoriamente incarichi dirigenziali a funzionari della III area, ai predetti funzionari non debba più essere erogata la retribuzione di risultato relativa ai periodi di svolgimento degli incarichi medesimi.
  Secondo l'Onorevole interrogante, infatti, il valore retroattivo delle sentenze di incostituzionalità fa salvi solo i rapporti giuridici definiti e non anche quelli pendenti: le somme non ancora corrisposte al momento della sentenza di incostituzionalità rientrerebbero tra questi ultimi e pertanto il diritto a percepirle sarebbe stato travolto dalla pronuncia della Corte.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  Giova osservare che l'Agenzia delle entrate si è attenuta al parere reso dall'Avvocatura Generale dello Stato concernente la possibilità di dare esecuzione all'accordo sindacale sottoscritto in data 22 aprile 2015, avente ad oggetto l'erogazione di un acconto della retribuzione di risultato anche in favore dei funzionari destinatari di incarichi dirigenziali conferiti in base all'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012, dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza 37 del 2015.
  Nel citato parere si fa presente che allo svolgimento delle mansioni superiori consegue l'attribuzione del relativo trattamento, come chiariscono le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza 16 febbraio 2011, n. 3814, poiché nel pubblico impiego privatizzato il divieto di corresponsione della retribuzione corrispondente alle mansioni superiori, stabilito con decreto legislativo n. 29 del 1993, è stato soppresso dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 387 del 1998, con efficacia retroattiva.
  La portata retroattiva di detta disposizione risulta conforme alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha ritenuto l'applicabilità anche nel pubblico impiego dell'articolo 36 della Costituzione, nella parte in cui attribuisce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionale alla quantità e qualità del lavoro prestato, nonché alla conseguente intenzione del Legislatore di rimuovere con la disposizione correttiva una norma in contrasto con i principi costituzionali (Corte Cost. n. 236 del 1992; n. 296 del 1990; Cassazione, sez. un., n. 4063 del 2010).
  Nel parere in argomento si osserva altresì che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato l'applicabilità, anche al pubblico impiego, dell'articolo 36 della Costituzione non ostando a tale riconoscimento, a norma dell'articolo 2126 codice civile, l'eventuale illegittimità del provvedimento di assegnazione del dipendente a mansioni superiori rispetto a quelle della qualifica di appartenenza (Corte Cost. sent. n. 57/1989, n. 296/1990, n. 236/1992, n. 101/1995, n. 115/2003, n. 229/2003).
  Le uniche ipotesi, secondo il parere reso dall'Avvocatura Generale, in cui può essere disconosciuto il diritto alla retribuzione superiore dovrebbero essere circoscritte Pag. 145ai casi in cui l'espletamento di mansioni superiori sia avvenuto all'insaputa o contro la volontà dell'ente.
  Nel parere reso l'Avvocatura conclude osservando che «non sembra potersi negare ai funzionari incaricati di mansioni superiori dirigenziali la spettanza del diritto alla retribuzione di risultato secondo i contenuti concordati da codesta Agenzia nell'Accordo con le Organizzazioni Sindacali del 22 aprile 2015, con inclusione della retribuzione di risultato nel calcolo del trattamento differenziale. Sebbene, infatti, si tratti di un elemento attributivo accessorio, e non fondamentale, della retribuzione, connesso ai diversi livelli della funzione di dirigente e al conseguimento di predeterminati obiettivi propri di quella qualifica (cfr. Cass. n. 11084 del 2007), nondimeno, la Corte di Cassazione ha precisato (cfr. Cass. civ. Sez. un. 16 febbraio 2011 n. 3814; Cass. n. 29671 del 2008) che l'attribuzione delle funzioni dirigenziali, con la pienezza delle relative funzioni e con l'assunzione delle responsabilità inerenti al perseguimento degli obiettivi propri delle funzioni di fatto assegnate, non può che comportare, anche in relazione al principio di adeguatezza sancito dall'articolo 36 Cost., la corresponsione dell'intero trattamento economico; nelle differenze retributive, pertanto, può essere ricompreso il predetto emolumento accessorio».
  Infine, in merito al richiamo fatto dall'Onorevole interrogante al parere con il quale il Presidente dell'ANAC ha rilevato la responsabilità erariale connessa al conferimento di un incarico dirigenziale nullo deve precisarsi che detto parere, reso lo scorso 14 maggio, fa riferimento alle speciali situazioni di inconferibilità degli incarichi pubblici di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, emanato ai sensi della legge 6 novembre 2012, n. 190.
  Infine, l'Agenzia delle dogane e dei Monopoli riferisce di non aver erogato acconti per le somme spettanti a titolo di retribuzione di risultato a dirigenti di seconda fascia ovvero a funzionari destinatari in via provvisoria di incarichi dirigenziali non generali.
  In esito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015, depositata il 17 marzo 2015 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 marzo 2015, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme che consentivano il conferimento in via provvisoria di incarichi dirigenziali a funzionari delle Agenzie fiscali sprovvisti di qualifica dirigenziale, l'Agenzia delle dogane ha provveduto con atto n. 36047 del 25 marzo 2015 ha dichiarare la cessazione dell'efficacia di tutti gli atti di conferimento/proroga di incarichi dirigenziali che nelle disposizioni dichiarate illegittime trovavano la propria fonte di legittimazione, con decorrenza dal 26 marzo 2015.
  Dalla medesima data i titolari dei predetti incarichi, non avendo più espletato le funzioni dirigenziali agli stessi in precedenza affidate, non hanno percepito il trattamento economico previsto dall'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012.
  Lo stesso trattamento è stato pertanto corrisposto agli «ex incaricati di funzioni dirigenziali» fino al 25 marzo 2015, data limite cui si farà doverosamente riferimento anche per la quantificazione e l'erogazione delle cifre spettanti a titolo di retribuzione di risultato (anni 2013/2014/2015, limitatamente al periodo che intercorre dal 1o gennaio al 25 marzo).
  Infine, si rappresenta che a parere della Ragioneria Generale dello Stato, non appare irragionevole che – a fronte di un'attività effettivamente svolta negli anni 2013 e 2014, precedentemente alla sentenza della Corte Costituzionale – venga attribuita la correlata retribuzione di risultato, anche al fine di evitare contenziosi, con verosimile soccombenza per l'amministrazione.

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ALLEGATO 2

5-05865 Marco Di Maio: Onere finanziario derivante dall'eventuale elevazione a 5.000 euro del limite di reddito per i familiari a carico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante sollecita un'apposita iniziativa normativa per modificare la disciplina in base alla quale si prevede che sono considerati familiari a carico tutti i componenti del nucleo familiare, conviventi con il contribuente, che hanno un reddito complessivo inferiore a 2.840,51 euro.
  Tenuto conto che sono trascorsi quasi 20 anni dall'ultimo adeguamento di tale limite avvenuto nel 1996, chiedono al Ministro dell'economia e delle finanze «quale sarebbe il costo per l'erario qualora il predetto limite venisse elevato dagli attuali 2.840,51 euro a 5.000,00 euro e se non ritenga urgente rivedere quanto prima il limite di reddito per i familiari a carico, con particolare attenzione ai nuclei mono-genitoriali e alle situazioni di maggior disagio sociale».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si fa presente quanto segue.
  Preliminarmente, giova richiamare il quadro normativo di riferimento.
  I cosiddetti familiari a carico sono i soggetti, indicati nell'articolo 433 del codice civile, che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 12, comma 2, del TUIR il quale così dispone: «Le detrazioni di cui al comma lei bis spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono possiedono un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili».
  Il verificarsi di tale circostanza consente al contribuente di avvalersi per i familiari a proprio carico:
   delle deduzioni previste dall'articolo 10, comma 1, del TUIR, lettera e) per i contributi previdenziali e assistenziali, lettera e-bis) per i contributi alle forme pensionistiche complementari, lettera e-ter) per i contributi versato ai fondi integrativi del SSN;
   delle detrazioni per carichi di famiglia di cui all'articolo 12, commi 1 e 1-bis, del TUIR;
   delle detrazioni previste dall'articolo 15, comma 1, del TUIR, lettera b) relative agli interessi passivi (limitatamente al coniuge a carico), lettera c) relative alle spese sanitarie, lettera e) concernenti le spese per i corsi di istruzione secondaria e universitaria, lettera f) relative ai premi di assicurazione, lettera i-quinquies), relative alle spese per le attività sportive praticate dai ragazzi compresi tra 5 e 18 anni, lettera i-sexies) relative alle spese per i canoni di locazione per gli studenti universitari;
   delle detrazioni previste dall'articolo 1, comma 335, della legge n. 266 del 2005 per le rette degli asili nido.

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  Per completezza, deve osservarsi che non necessariamente il familiare deve essere convivente con il contribuente di cui è fiscalmente a carico.
  Ciò premesso, in merito alla stima degli effetti finanziari dell'innalzamento del limite reddituale in argomento, sulla base dei dati delle dichiarazione dei redditi delle persone fisiche presentate nell'anno 2013, risulta che i soggetti che percepiscono un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, compreso tra 2.840,51 euro e 5.000 euro sono circa 1.650.000.
  Pertanto, ipotizzando prudenzialmente che tutti i soggetti corrispondano effettivamente a nuovi familiari fiscalmente a carico, si stima una perdita di gettito di competenza IRPEF a regime di circa di 1.320.000 milioni di euro.

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ALLEGATO 3

5-05866 Alberti: Ammontare del gettito IVA suddiviso per aliquota e per tipologia di bene o servizio e valutazione dell'impatto economico delle aliquote IVA ridotte applicate ai servizi prestati localmente.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere la ripartizione del gettito IVA per singola tipologia di bene o servizio distintamente per ciascuna delle aliquote attualmente in vigore nonché informazioni in ordine all'esistenza, ed eventuale reperibilità, di studi condotti a livello europeo sull'impatto derivante dall'applicazione delle aliquote ridotte ai servizi prestati a livello locale.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si fa presente quanto segue.
  Il gettito Iva contabilizzato a bilancio trova imputazione sugli appositi articoli del capitolo n. 1203 dello stato di previsione delle entrate indistintamente, in correlazione alla modalità di versamento operata dai soggetti contribuenti, conseguente al meccanismo di liquidazione dell'imposta dovuta quale differenza tra IVA a debito e IVA a credito.
  Pertanto, il versamento eseguito attraverso il modello F24 dai contribuenti avviene senza distinzione tra le varie aliquote e senza distinzione della tipologia di transazione sottostante. D'altra parte dalle dichiarazioni annuali Iva presentate dai contribuenti, non è possibile ricavare alcuna informazione utile in ordine alla tipologia di beni e servizi oggetto delle transazioni che hanno generato debiti di imposta.
  Ai fini dell'assolvimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea, il Dipartimento delle Finanze annualmente svolge e coordina tutta una serie di attività di studio, analisi ed elaborazione di dati finalizzati all'individuazione per anno d'imposta della base di calcolo per la determinazione del contributo da devolvere all'Unione stessa a titolo di risorse proprie Iva, sintetizzata in apposito documento esaminato dalla Commissione dell'Unione europea.
  Nell'ambito di tale documento vengono in particolare effettuate approfondite analisi sui dati di Contabilità Nazionale rilevati dall'Istat per la ricostruzione della base imponibile Iva, con il maggior grado di dettaglio possibile, stante la disponibilità dei dati.
  Ciò premesso, è necessario precisare che il dettaglio richiesto dagli Onorevoli interroganti, con particolare riferimento alla distribuzione del gettito per singoli beni e servizi, viene ricostruito nell'ambito di tali elaborazioni solo con riferimento ai consumi finali delle famiglie, non essendo disponibili basi dati analoghe per gli altri settori istituzionali i cui consumi concorrono alla formazione della base imponibile Iva, quali ad esempio la Pubblica Amministrazione e i settori con limitato diritto alla detrazione dell'imposta gravante sui propri acquisti.
  Inoltre, la ricostruzione mira a determinare la dimensione della base imponibile Iva potenziale in base ai dati di Contabilità Nazionale, rendendo pertanto eventualmente necessaria un'ulteriore ipotesi di stima per realizzare il dovuto riproporzionamento di tali volumi in base al gettito effettivamente riscosso.
  Per lo svolgimento della propria attività istituzionale, il Dipartimento delle Finanze dispone inoltre di modelli di simulazione Pag. 149in grado di elaborare stime sulla variazione attesa di gettito derivante da possibili interventi di modifica delle aliquote legali in relazione a singole tipologie di beni e servizi. Tuttavia, tali elaborazioni sono generalmente effettuate ad hoc in relazione a specifiche poste di consumo, rispetto alle quali, la predisposizione di una ricognizione complessiva richiederebbe corrispondenti congrui tempi di lavorazione.
  Tanto premesso, è possibile in questa sede fornire esclusivamente le seguenti informazioni sintetiche in ordine alla stima della ripartizione per aliquote del gettito Iva riscosso in via ordinaria nell'anno 2013. Al riguardo, si evidenzia che in tale anno è stato introdotto, a decorrere dal 1o ottobre, l'aumento di un punto percentuale dell'aliquota Iva ordinaria dal 21 per cento al 22 per cento.

Gettito complessivo Prodotti e servizi al 4 per cento Prodotti e servizi al 10 per cento Prodotti e servizi al 21-22 per cento
112 3 23 86

(mld di euro)

  Per quanto concerne, infine, la richiesta di informazioni in merito all'esistenza di studi condotti a livello europeo sull'impatto delle aliquote Iva agevolate nel settore dei servizi locali, si segnala che il 25 marzo 2015. sono stati pubblicati dalla Commissione europea due rapporti sulle aliquote ridotte: uno studio generale sulla struttura delle aliquote ridotte ed uno studio mirato al rapporto tra libri su ogni tipo di supporto fisico e libri elettronici.
  Le conclusioni del primo studio sono di carattere generale, data la difficoltà di stimare con precisione gli effetti degli scenari di riforma in un'Unione a 27 che presenta regimi di aliquote IVA ancora molto differenziati da Stato a Stato.
  Le conclusioni del secondo studio, sui rapporti tra mercato cartaceo e mercato digitale di libri e pubblicazioni, evidenziano un consistente calo delle vendite delle pubblicazioni a stampa in caso di allineamento verso l'alto dell'aliquota di imposta per i prodotti cartacei (cosiddetto «equalising-up scenario»), mentre il calo delle vendite delle pubblicazioni su stampa nel caso di allineamento verso il basso dell'aliquota di imposta per i prodotti digitali (cosiddetto «equalising-down scenario») sarebbe moderata.

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ALLEGATO 4

5-05867 Paglia: Effetti dell'aumento del prelievo fiscale sui prodotti da inalazione senza combustione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione in esame, si chiede di conoscere quali ulteriori misure di carattere normativo, regolamentare e di controllo il Governo intenda intraprendere al fine di arginare gli effetti negativi riconducibili all'aumento dell'imposizione fiscale su tutti i prodotti da inalazione senza combustione contenenti o meno nicotina.
  Al riguardo e in riferimento alle premesse esposte nell'interrogazione, occorre rilevare che la sentenza della Corte costituzionale n. 83 del 2015 è stata pronunciata sulla norma, in vigore fino al 31 dicembre 2014, che assoggettava ad imposizione «i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonee a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo».
  La norma alla quale fa riferimento l'interrogazione è in vigore dal 1o gennaio 2015 ed assoggetta ad imposta di consumo i «prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina, esclusi quelli autorizzati all'immissione in commercio come medicinali ai sensi del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, e successive modificazioni».
  La Corte costituzionale, in relazione alla previgente normativa, contenuta nel comma 1, dell'articolo 62-quater del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, ne ha dichiarato la illegittimità costituzionale nella parte in cui sottopone ad imposta di consumo, nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico, la commercializzazione dei prodotti non contenenti nicotina, atteso che «non possono essere considerati succedanei del tabacco» e non presentano il «disfavore» proprio dei tabacchi lavorati il cui consumo è nocivo per la salute.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli si rappresenta quanto segue.
  A parere di detta Agenzia non sembrerebbe che i principi affermati dalla citata sentenza siano applicabili anche alla nuova normativa, con la quale il presupposto impositivo è stato individuato non solo nella «succedaneità» dei prodotti da inalazione e delle sigarette, ma anche nella considerazione «unitaria» della domanda fumo/inalazione, la cui corrispondente offerta non può che essere oggetto di un trattamento fiscale «unitario», pena l'alterazione della concorrenza tra le aziende degli operatori di settore, e la disparità di trattamento di una sostanziale identica manifestazione di capacità contributiva dei consumatori.
  Inoltre, la nuova norma terrebbe conto del «disvalore» del consumo delle sigarette, evidenziato dalla Corte costituzionale, stabilendo che l'imposta di consumo sui prodotti liquidi da inalazione sia pari alla metà dell'accisa gravante sull'equivalente consumo di sigarette. Tale fondamentale elemento, che era assente nella normativa sulla quale si è pronunciata la Corte costituzionale, è ampiamente descritto nella relazione illustrativa del decreto legislativo che ha disciplinato la nuova imposta.Pag. 151
  Gli effetti indicati nell'interrogazione non sembrano, quindi, riconducibili «all'aumento dell'imposizione fiscale» considerato che dal 1o gennaio 2015, la misura dell'imposta e il suo impatto sui livello dei prezzi sono stati notevolmente ridotti, rispetto alla normativa vigente nel 2014. Ciò è dovuto sia all'applicazione di una aliquota specifica (cioè per unità di prodotto) in luogo di un'aliquota ad valorem (cioè proporzionale al prezzo di vendita) che alla indicata riduzione del 50 per cento rispetto all'accisa applicata sull'equivalente consumo di sigarette.
  Dunque, è da ritenere a parere dell'Agenzia che l'attuale sistema impositivo sui prodotti liquidi da inalazione sia coerente con l'esigenza di considerare unitariamente sia la domanda di fumo/inalazione sia l'unicità della capacità contributiva che questa manifesta.
  Gli effetti negativi evidenziati nell'interrogazione sono tipici dei settori assoggettati ad imposizione, nei quali si manifestano fenomeni di elusione o di evasione e di contraffazione, per contrastare i quali, già sono previsti dal testo unico delle accise (cioè dal decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, nel quale sono state inserite le norme in argomento) poteri di controllo e sanzionatori.
  I medesimi effetti negativi sono infatti registrati anche nel settore dei tabacchi lavorati, in particolare delle sigarette, nel quale vige una fiscalità complessiva (accisa ed imposta sul valore aggiunto) pari al 76 per cento del prezzo di vendita, rispetto a quella media sui prodotti liquidi da inalazione stimabile nell'ordine del 53 per cento.
  Il prezzo di vendita, prima dell'imposizione, di una confezione di 10 millilitri di prodotto liquido da inalazione, è pari in media a euro 6, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto. Il maggior carico fiscale, applicato a decorrere dal 1o gennaio 2015, è pari complessivamente a euro 4,55, di cui euro 3,73 a titolo di imposta di consumo ed euro 0,82 a titolo di imposta sul valore aggiunto, per cui il prezzo complessivo risulta di euro 10,55. Quindi, l'aumento dei prezzi di vendita dovuti air imposizione è di circa il 75 per cento e non del 150 o 300 per cento come indicato nel documento di sindacato, e, rispetto alla previgente normativa, il carico fiscale complessivo è passato dal 76,5 per cento (58,5 per cento a titolo di imposta di consumo e 18 per cento a titolo di imposta sul valore aggiunto) al 53 per cento.
  In conclusione, l'Agenzia ritiene che gli strumenti di vigilanza, controllo e accertamento definiti dal Testo unico delle accise, che sono previsti per gli altri settori merceologici assoggettati ad accisa e ad altre imposte indirette, siano adeguati anche per il contrasto dei fenomeni elusivi e nel settore dei prodotti liquidi da inalazione.

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ALLEGATO 5

5-05778 Pesco: Presupposti in base ai quali il dottor Girolamo Pastorello riveste la carica di direttore centrale del personale dell'Agenzia delle entrate.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in esame gli onorevoli interroganti prendendo spunto da un articolo apparso il 24 settembre 2014 sul notiziario «La Notizia-Giornale.it», chiedono informazioni sull'incarico attualmente ricoperto dal dott. Girolamo Pastorello, dirigente di prima fascia dell'Agenzia delle entrate.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici competenti dell'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  Il dottor Pastorello è in pensione dal 1o novembre 2014 e gli è stato attribuito un incarico a titolo onorario per le funzioni di Direttore Centrale del Personale, sino al 31 ottobre 2015.
  Tale incarico gli è stato conferito il 29 novembre 2014 su delibera del Comitato di gestione dell'Agenzia delle entrate, al fine di fornire pieno supporto al vertice dell'Agenzia stessa per il completamento del processo organizzativo di integrazione con l'Agenzia del territorio.
  Il conferimento dell'incarico è stato disposto ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114; detta norma consente di conferire incarichi a titolo gratuito a soggetti già appartenenti ai ruoli della stessa amministrazione, per una durata non superiore ad un anno.
  Il dottor Pastorello, che non ha mai presentato alcuna domanda di trattenimento in servizio, ha dato la sua disponibilità ad eseguire l'incarico affidatogli, incarico per il quale non riceve alcun compenso.
  Ciò detto per quanto di competenza dell'Agenzia, lo scrivente Ministero aggiunge che, relativamente alla problematica degli incarichi dirigenziali dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale, il Governo è al lavoro per individuare una soluzione nell'immediato che garantisca una celere transizione rispettosa della sentenza verso una più ampia riorganizzazione delle agenzie fiscali.
  Viene da sé che, congiuntamente alle possibili soluzioni, sono in corso di valutazione le eventuali responsabilità e, laddove accertate, gli opportuni provvedimenti.

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ALLEGATO 6

5-05854 Sottanelli: Revisione del sistema di tassazione sui liquidi da inalazione senza combustione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante, dopo aver evidenziato che la sentenza della Corte costituzionale n. 83/2015 ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 62-quater del decreto legislativo n. 504 del 1995, nel testo originario, antecedente alle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 188 del 2014, «nella parte in cui sottopone ad imposta di consumo, nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico, la commercializzazione dei prodotti non contenenti nicotina, idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati, nonché i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo» chiede di rivedere l'intero sistema impositivo dei liquidi da inalazione senza combustione, nonché di prevedere un sistema di tassazione bilanciato che consenta al mercato nazionale dei liquidi da inalazione di rimanere competitivo a livello internazionale; ciò anche per scongiurare il rischio concreto che gli acquisti da parte dei consumatori si spostino definitivamente sul mercato estero o su quello illegale.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si rappresenta quanto segue.
  La norma colpita dalla pronuncia della Consulta resta pienamente efficace relativamente alla commercializzazione dei prodotti contenenti nicotina, che costituiscono la maggior parte di quelli utilizzati per le cosiddette «sigarette elettroniche».
  Da ciò emergerebbe che le ripercussioni sul bilancio dello Stato non possono essere assunte in misura pari all'intero gettito – pari a 117 milioni di euro – previsto nella Relazione tecnica al provvedimento di modifica dell'articolo 62-quater (decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 99). infatti, la sentenza conferma la legittimità dell'imposizione sui liquidi per sigaretta elettronica «contenenti nicotina», che costituiscono la maggior parte di quelli oggi in commercio.
  Già a seguito di un'ordinanza del Consiglio di Stato, con la quale è stata revocata la misura cautelare a suo tempo concessa, in quanto le ricorrenti non avevano ottemperato agli adempimenti ai quali era subordinato l'accoglimento della relativa istanza, sono stati emanati avvisi di pagamento nei confronti delle ricorrenti.
  Infatti, il Consiglio di Stato ha stabilito che le «appellanti società avrebbero comunque dovuto comunicare all'amministrazione i dati relativi alle vendite cui commisurare l'imposta».
  A seguito della pronuncia della Corte costituzionale sono stati avviati i procedimenti per rettificare gli importi di detti avvisi di pagamento commisurando l'imposta al valore della base imponibile riferibile ai soli prodotti contenenti nicotina.
  Analoghi procedimenti sono stati avviati anche nei confronti di tutte le altre società che non avevano proposto ricorso avverso la normativa di cui al comma 1, dell'articolo 62-quater, del Testo unico delle accise, ed in relazione ai quali saranno esercitati i poteri di controllo e accertamento prevista dalla normativa vigente.
  Quindi una precisa quantificazione delle prevedibili minori entrate potrà essere Pag. 154operata a seguito della conclusione degli indicati procedimenti di accertamento e riscossione.
  Per quanto riguarda il vigente articolo 62-quater, come modificato dai decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, ed i provvedimenti di attuazione, in base ai quali, come previsto dallo stesso decreto legislativo, è stata determinata l'equivalenza dei liquidi con le sigarette tradizionali, si osserva che la norma primaria prevede che con distinti provvedimenti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli:
   1. siano definite «apposite procedure tecniche» per la determinazione del consumo equivalente tra sigarette e prodotti liquidi da inalazione «in ragione del tempo medio necessario, in condizioni di aspirazione conformi a quelle adottate per l'analisi dei contenuti delle sigarette»;
   2. sia indicata la misura dell'imposta di consumo, da applicare ai prodotti liquidi da inalazione;
   3. sia rideterminata, entro il primo marzo di ogni anno la misura dell'imposta di consumo sui prodotti liquidi da inalazione in riferimento alla variazione del prezzo medio ponderato delle sigarette.

  Il provvedimento di cui al punto 1, adottato in data 24 dicembre 2014, definisce le procedure tecniche per la determinazione del consumo equivalente, in termini di sigarette, sia dei tabacchi da inalazione senza combustione, sia dei liquidi da inalazione, ai fini del calcolo dell'accisa gravante sull'equivalente consumo di sigarette e, conseguentemente, dell'imposta di consumo sui nuovi prodotti.
  Le misurazioni per la determinazione dell'equivalenza sono state effettuate in base ai le previsioni contenute nel citato provvedimento direttoriale, nell'ambito della previsione di legge contenuta nell'articolo 62-quater, comma 1-bis.
  In ordine alla richiesta dell'Onorevole interrogante, circa l'opportunità di rivedere l'intero sistema impositivo dei liquidi da inalazione senza combustione, prevedendo, «anche per dar seguito alla sentenza della Corte costituzionale», un sistema di tassazione «basato» sulla nicotina, si osserva che la citata pronuncia della Consulta afferma espressamente che la incostituzionalità riguarda l'articolo 62-quater «nel testo originario, antecedente alle modifiche apportate dall'articolo 1, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188».
  Quindi, se da un lato la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la norma che assoggetta ad imposta i prodotti succedanei del tabacco che non contengono nicotina ed i dispositivi per il consumo, dall'altro ha ritenuto legittima l'aliquota di imposta prevista da detta norma (58,5 per cento del prezzo di vendita), che è di gran lunga più penalizzante di quella stabilita per i prodotti liquidi da inalazione a decorrere dal 1o gennaio 2015.
  Si evidenzia, inoltre, che a seguito dell'impugnativa dei provvedimenti attuativi della nuova norma, come modificata dal decreto legislativo n. 188 del 2014, il TAR Lazio ha fissato l'udienza di merito in data 8 luglio 2015. I ricorrenti hanno espressamente eccepito anche la supposta incostituzionalità dell'articolo 62-quater, comma 1-bis, questione su cui il tribunale amministrativo si pronuncerà a breve.