CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 maggio 2015
450.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-02695 Ghizzoni: Sul personale scolastico all'estero.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto, la legge 135 del 2012 sulla «spending review» ha imposto alla Farnesina una graduale riduzione del contingente del personale scolastico da destinare all'estero fissandone a 624 il limite massimo di unità di personale. Questo ha comportato di fatto una diminuzione di 400 unità rispetto alle precedenti 1.024 stabilite prima dell'entrata in vigore della norma.
  La legge dispone inoltre che, fino al raggiungimento del predetto limite, non possono essere disposte nuove selezioni per il personale da destinare all'estero né possono essere rinnovati i relativi comandi o fuori ruolo.
  A partire dall'anno scolastico 2012/13, si è dovuto così procedere al graduale ridimensionamento del contingente, sopprimendo un numero di posti pari al numero dei rientri del personale in scadenza di mandato. Si tratta di 134 posti per l'anno scolastico 2012/13, 57 posti per il 2013/14 e 61 posti per il 2014/15.
  Con decreto interministeriale del 4 luglio 2014 è stato inoltre determinato il contingente per il triennio 2014/17 così ripartito: 772 unità la dotazione per l'anno scolastico 2014/15 e 624 quella per il biennio 2015/17. L'obiettivo di 624 unità di personale all'estero verrà, dunque, raggiunto con l'anno 2015/16.
  È chiaro che la riduzione di 400 unità ha determinato una situazione molto complessa con un innegabile impatto sulla nostra rete di scuole e lettorati all'estero e sul suo funzionamento. Come per gli anni precedenti, anche per il 2015/16 sono state operate, ove possibile, rimodulazioni qualitative al fine di contenere, per quanto possibile, alcuni disagi.
  Vengo ora a esporvi i criteri alla base di queste scelte.
  In primo luogo si sono tenuti presenti i vincoli vigenti per le scuole statali e le sezioni italiane presso scuole straniere/internazionali.
  Nelle scuole statali, infatti, la normativa prevede l'invio di personale scolastico di ruolo e, di conseguenza, le uniche riduzioni effettuate nelle scuole statali sono state limitate alle fisiologiche contrazioni di organico.
  È il caso, per fare un esempio, dell'accorpamento di classi per numero insufficiente di studenti.
  Nelle scuole straniere/internazionali la presenza di docenti dall'Italia discende da accordi o intese specifiche.
  Nella situazione contingente, è stata dunque adottata la soluzione più praticabile ovvero quella di sopprimere un certo numero di posti di lettorati e corsi di lingua e cultura italiana. Per i lettorati l'Amministrazione cercherà di compensare con l'erogazione di un contributo finanziario a sostegno di cattedre di italiano. Occorre tuttavia una richiesta delle autorità accademiche locali, che deve ovviamente tener conto dei nostri stringenti limiti di bilancio.
  In secondo luogo, l'adozione della legge 125 del 2013, citata dall'onorevole interrogante, ha permesso di disporre un numero limitato di partenze negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015. Tale legge, voluta dal Ministero degli esteri – e definita insieme al MIUR e al IVIEF – ha Pag. 30consentito, a decorrere dall'anno scolastico 2013/2014, di potere conservare in contingente, ad invarianza di spesa, un limitato numero di posti vacanti e disponibili sui quali potere assegnare unità di personale per specifiche ed insopprimibili esigenze didattiche o amministrative. Si sono individuati così 18 posti vacanti per l'anno scolastico 2013/14 e 21 per il 2014/15 sui quali potere destinare personale scolastico.
  L'approdo a 624 unità di personale scolastico che – ribadisco – verrà raggiunto il prossimo anno scolastico consentirà lo sblocco delle partenze dall'Italia. Quindi, sui posti disponibili nell'ambito del contingente stabilito, potrà essere destinato personale scolastico di ruolo, utilizzando le graduatorie aggiornate nel 2013. Nel contempo, la Legge 125/2013 non troverà più applicazione, avendo esaurito il suo scopo.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-05203 Scagliusi: Sulla sospensione della Russia dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nel marzo dello scorso anno il Consiglio europeo ha delineato, per la prima volta, l'architettura sanzionatoria nei confronti della Russia, a seguito delle gravi violazioni di norme e principi di diritto internazionale che ne hanno caratterizzato le scelte politiche rispetto alla crisi ucraina. Sin da allora, il Governo italiano ha sostenuto con fermezza i princìpi di coerenza, gradualità, proporzionalità, sostenibilità e reversibilità delle misure restrittive. Ciò vale sia per le sanzioni di «status» – ovvero quelle afferenti la partecipazione della delegazione russa ai lavori dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, sia – a maggior ragione – per le misure di carattere personale (divieto di ingresso e congelamento delle attività finanziarie) ed economico-settoriale.
  Le evoluzioni della crisi ucraina, la ricerca di una soluzione politica sostenibile, la necessità di conservare un atteggiamento unitario e determinato da parte di tutta la comunità internazionale sono state alla base delle decisioni, che nell'ultimo anno e mezzo hanno via via condotto ad una articolazione delle misure sanzionatorie lungo una direttrice di crescente severità e di progressivo ampliamento dei soggetti colpiti. Il regime attualmente in vigore si fonda su due assunti essenziali.
  Il primo è che le sanzioni non costituiscono un fine, ma uno strumento. Esse non hanno l'obiettivo di deprimere l'economia russa, ma di ricondurre Mosca al tavolo negoziale con genuino spirito di compromesso ed atteggiamento costruttivo.
  Il secondo è che l'applicazione delle misure sanzionatorie deve essere accompagnata da un dialogo politico e diplomatico costruttivo e coerente con l'orientamento degli altri Paesi dell'Unione europea. Il Governo italiano è fortemente convinto che una Russia recuperata ai valori che ispirano la convivenza fra paesi democratici e a una interlocuzione propositiva anche su dossier dell'attualità internazionale diversi dall'Ucraina possa costituire condizione di relazioni più solide e di rinnovati rapporti economici e commerciali.
  Il Governo italiano pertanto non ha mai abbandonato, anche in costanza di sanzioni, i canali di dialogo con Mosca. Non sono mancati gli incontri a livello politico (ricordo – solo per citare le più recenti – la missione a Mosca del Presidente del Consiglio lo scorso 5 marzo e la partecipazione del Ministro Gentiloni al 70o anniversario del giorno della Vittoria a Mosca il 9 maggio). Hanno continuato ad avere luogo anche gli incontri a livello tecnico, non ritenendo corretto abbandonare sentieri di cooperazione in settori non controversi o non coperti da sanzioni e comunque per esplorare forme innovative di partenariato compatibili con le limitazioni vigenti.
  Rispetto alla situazione in seno al Consiglio d'Europa richiamata dall'onorevole interrogante, va sottolineato come nella sessione di aprile 2015, il dibattito sulla revisione delle sanzioni alla Russia è stato in realtà dedicato prevalentemente alla situazione in Ucraina. Si è infatti ritenuto che Mosca non avesse ancora soddisfatto le condizioni, poste dallo stesso Consiglio Pag. 32alla Russia, per una revisione della misura restrittiva in questione. Anche in quella sede, si è riconosciuto che la soluzione della crisi ucraina passa non soltanto attraverso la tregua e la stabilizzazione, ma soprattutto attraverso riforme strutturali interne al Paese, che ne risanino l'economia e ne ridisegnino la veste politico-istituzionale.
  Il Governo ritiene necessario che non debbano venire meno pressioni su Mosca, affinché possano presto essere ricostituite le condizioni per una piena recupero in tutte le articolazioni dell'Organizzazione, ivi inclusa la componente parlamentare. Rispetto alle sanzioni economiche, di cui il prossimo Consiglio europeo sarà investito rispetto alla loro proroga, il Governo italiano condivide l'approccio deciso in occasione del consiglio Europeo del 19-20 marzo, che ha creato un legame sostanziale fra misure restrittive ed attuazione degli Accordi di Minsk, di cui le parti hanno previsto l'attuazione entro il prossimo 31 dicembre.
  Il Governo, assieme ai partner europei, continuerà a monitorare in maniera aperta, trasparente ed oggettiva gli sviluppi sul campo, anche avvalendosi del prezioso contributo degli osservatori dell'OSCE, affinché siano tenuti in dovuto conto i risultati conseguiti nell'attuazione delle intese da tutti gli attori interessati.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-05508 Amendola: Sulle condizioni di sicurezza in Burundi in vista delle elezioni presidenziali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Vorrei iniziare fornendovi qualche aggiornamento sulla situazione nel Paese africano, nella consapevolezza che la situazione è ancora molto fluida. Come sapete, il colpo di Stato ad opera dell'ex Capo di Stato maggiore burundese Nyombare’ è fallito. Il Presidente Nkurunziza, destituito lo scorso 13 maggio mentre si trovava in Tanzania per un vertice, ha ripreso dopo due giorni le proprie funzioni e l'esercito, in maggioranza più solidale al Presidente, ha ripristinato l'ordine.
  Il colpo di Stato si è verificato a seguito della decisione del Presidente Nkurunziza di concorrere per un terzo mandato. All'annuncio sono seguite numerose manifestazioni di piazza, che hanno contestato la decisione perché contraria agli accordi di Arusha, che hanno posto fine a sette anni di guerra civile e prevedono un massimo di due mandati presidenziali.
  Nonostante il golpe sia fallito, permane un'atmosfera turbolenta e contrassegnata da tensioni, nella quale il Burundi si appresta ad affrontare le elezioni amministrative e parlamentari (2 giugno 2015), nonché presidenziali (26 giugno 2015). Le opposizioni si sono ritirate sin dal 2010 ovvero da quando il Presidente, secondo la legge, può scegliere i loro leader. La principale forza di opposizione, già protagonista di diversi attentati negli ultimi anni, è extraparlamentare e minaccia, attraverso la ribellione armata, di riattizzare lo scontro fra hutu e tutsi. Anche l'ala militare del partito al potere – formalmente disciolta – ha ripreso a commettere atti di intimidazione e violenza. Il Presidente burundese ha da ultimo operato un rimpasto riguardante i dicasteri della Difesa degli Esteri e del Commercio, per sterilizzare ulteriormente qualsiasi dissidenza anche all'interno della compagine di Governo.
  La nostra posizione è coerente con quella dei nostri partner UE. Da ultimo nel Consiglio affari esteri dello scorso lunedì, abbiamo sostenuto con convinzione la decisione dell'UE di scoraggiare una ulteriore candidatura del Presidente Nkurunziza con costanti richiami al rispetto dei diritti umani e degli accordi di Arusha. A Bruxelles abbiamo inoltre più volte sostenuto l'opportunità di un chiaro segnale da dare al Burundi, specialmente se il governo continuerà sulla strada delle violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. La diplomazia UE ha convenuto sulla opportunità di inviare chiari messaggi alle autorità burundesi circa le proprie responsabilità a garanzia dell'esercizio pacifico dei diritti civili e politici e preparare scenari che prevedano una risposta UE con misure adeguate. Si sta anche riflettendo su possibili misure sanzionatorie individuali o anche misure ex articolo 96 Trattato di Cotonou (ovvero quelle che la UE può adottare in caso di violazioni di diritti umani).
  Sempre in ambito multilaterale, sosteniamo con convinzione l'azione dell'ONU. Ricordo che, qualche giorno fa, il Consiglio di Sicurezza ha condannato il ricorso alla violenza per la soluzione della crisi del Paese, raccomandando alle autorità burundesi di rispettare le libertà fondamentali e, con implicito riferimento ai golpisti e agli oppositori arrestati nei giorni scorsi, i principi del giusto processo. Il Consiglio di Sicurezza ha chiesto inoltre che sia riattivato il dialogo politico e le condizioni Pag. 34per un processo democratico e credibile «nello spirito di Arusha». Sosteniamo inoltre la mediazione condotta dall'Inviato Speciale del Segretario Generale per la Regione dei grandi Laghi, Said Djiinnit, e gli sforzi delle altre organizzazioni regionali, come l'Unione Africana e la Comunità dell'Africa Orientale.
  Quanto alla sicurezza dei connazionali, la nostra Ambasciata a Kampala, in Uganda – ricordo che non abbiamo un'Ambasciata in Burundi – continua a monitorare costantemente la situazione, in coordinamento con il Corrispondente Consolare a Bujumbura e con l'Unità di Crisi. La nostra Ambasciata a Kampala ha lavorato attivamente con le autorità diplomatiche francesi – che sono presenti sul posto – alla definizione dei Piani di emergenza a tutela della sicurezza anche dei cittadini italiani in Burundi, assicurando l'aggiornamento delle liste dei connazionali presenti sul territorio e dei loro contatti. I Piani di emergenza ed evacuazione sono stati portati all'attenzione dei connazionali, che ricevono, oltre alle allerte via mail e sms dell'ambasciata di Francia, frequenti aggiornamenti e informazioni dall'Unità di Crisi. Non si mancherà ovviamente di tenere sotto stretta osservazione la situazione nel Paese e di fornire la massima tutela e assistenza ai nostri connazionali che risiedono nel Paese africano.