CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 maggio 2015
444.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione a risposta immediata n. 5-05571 Picchi: Sull'attuazione del piano dell'Unione europea di controllo al traffico di esseri umani nel Mediterraneo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il 23 aprile a Bruxelles abbiamo finalmente visto un risveglio della coscienza europea e una reazione politica all'immane tragedia avvenuta di fronte alle nostre coste pochi giorni prima. Il Vertice straordinario del Consiglio europeo è stato fortemente voluto dal Governo italiano; il Presidente Renzi aveva infatti chiesto e ottenuto dal Presidente Tusk la convocazione di una riunione straordinaria sull'emergenza migratoria.
  Come evidenziato dal Ministro Gentiloni, che ha fatto di recente il punto sui risultati e gli sviluppi del Vertice europeo del 23 aprile di fronte alle Commissioni Esteri di Camera e Senato, il bilancio che si deve fare come Governo italiano dal punto di vista politico è sostanzialmente positivo; è innanzitutto un successo italiano il fatto che il Vertice si sia svolto. Non solo; il giudizio è positivo anche alla luce del fatto che nell'agenda europea si sia finalmente avvertita la consapevolezza che la questione delle migrazioni nel Mediterraneo è ormai di assoluta priorità per l'Unione.
  Come sapete, il Commissario per le Migrazioni Avramopoulos, alla vigilia del Consiglio Europeo del 23 aprile, aveva indicato in modo chiaro – in dieci punti – gli impegni concreti che l'Unione europea sarebbe stata chiamata ad affrontare: si è trattato – sottolineo, finalmente – di un significativo passo avanti nella migliore gestione di un fenomeno divenuto oramai strutturale di cui approfittano le reti criminali dedite ad un vero e proprio traffico di esseri umani.
  Le tragedie degli ultimi mesi hanno infatti resa chiara l'urgenza di fornire una risposta comune ad una situazione che vede un crescente flusso di migranti, spesso in fuga da guerre e persecuzioni nei loro Paesi di origine, fatti salire a forza da mercanti senza scrupoli su imbarcazioni affatto inadeguate a reggere il mare.
  Mentre l'Unione europea resta impegnata con convinzione nel dialogo e nella cooperazione con i Paesi terzi di origine e transito dei migranti quale una delle chiavi per affrontare le cause della migrazione nel medio-lungo periodo, l'assoluta priorità che attribuiamo alla protezione della vita umana ci chiedeva con forza una risposta immediata.
  I 10 punti di Avramoupolos, che andavano nella direzione delle nostre richieste, sono stati pienamente sostenuti dal Consiglio Europeo straordinario. In quella occasione, i Capi di Stato e di Governo dei Ventotto hanno quindi impegnato gli Stati Membri e le istituzioni europee su quattro terreni 1) il rafforzamento della presenza dell'Unione europea in mare, soprattutto attraverso una triplicazione delle risorse a disposizione dell'operazione Triton ai fini di una più efficace azione di ricerca e soccorso; 2) il contrasto alle reti criminali dedite alla tratta dei migranti, anche «identificando, sequestrando e distruggendo le imbarcazioni prima che siano utilizzati dai trafficanti», come citato nel Comunicato finale; 3) rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori; 4) consolidamento Pag. 88della solidarietà all'interno dell'Unione europea sui temi dell'accoglienza e dell'asilo.
  Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che dopo i risultati politici ottenuti a Bruxelles il 23 aprile e consolidati nei giorni successivi, molto resta da fare, sia in sede europea sia a livello internazionale. Proprio oggi la Commissione europea ha presentato l'Agenda europea per le migrazioni, una proposta ambiziosa che fornisce un riscontro positivo a diverse delle nostre istanze e che mira a bilanciare responsabilità e solidarietà nell'ottica di un approccio globale e soprattutto condiviso alle questioni migratorie. Gli Stati Membri sono ora chiamati a fare la loro parte per approvare e mettere in atto queste proposte.
  È inoltre di questi giorni la negoziazione a New York della risoluzione del Consiglio di Sicurezza sulle migrazioni sotto il Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite; un progetto preparato in primis dall'Italia, in stretta collaborazione con gli altri membri europei del Consiglio, che si pone il seguente obiettivo: affrontare l'emergenza migratoria, nel pieno rispetto della legalità internazionale, prima che essa diventi un ostacolo insormontabile sulla via della stabilizzazione e della pacificazione della Libia. Questa operazione dovrebbe essere una iniziativa europea, tramite gli strumenti offerti dalla Politica di sicurezza e difesa comune (PSDC). In ogni caso, come sottolineato dall'Alto Rappresentante Mogherini nel suo intervento dell'11 maggio di fronte al massimo organo esecutivo delle Nazioni Unite, ogni intervento si inserirà nella più ampia strategia UE sulla questione migratoria, incentrata sulla priorità della dimensione umanitaria e sulla necessità di affrontare le cause ultime del fenomeno migratorio. In una missione a trazione europea, il nostro Paese è pronto a continuare a svolgere un ruolo guida. Riteniamo che non possa essere altrimenti, per ragioni legate alla nostra conoscenza del fenomeno, alla nostra esperienza nell'affrontarlo facendocene carico e per le capacità della nostra Marina.
  In tale azione di vasta portata, imprescindibile è il ruolo della Libia, dalle cui coste proviene il 95 per cento dei flussi migratori; è fondamentale il raggiungimento di una soluzione politica di ampio respiro. Per questo l'Italia sostiene, come più volte ribadito dal Presidente Renzi e dal Ministro Gentiloni gli sforzi internazionali a guida delle Nazioni Unite volti alla formazione di un Esecutivo sufficientemente inclusivo che possa avviare rapidamente la ricostruzione del Paese e combattere il terrorismo, attraverso il forte e convinto sostegno dell'intera Comunità internazionale. In questo momento il negoziato guidato dalle Nazioni Unite è a un passaggio cruciale. Il 27 aprile Bernardino Leon, inviato speciale delle Nazioni Unite, ha trasmesso alle parti un progetto di accordo finale per la soluzione politica della crisi libica; riteniamo che il progetto di accordo presentato da Leon rappresenti il miglior compromesso possibile. Il testo potrà essere ulteriormente affinato da Leon nelle prossime settimane, recependo gli input delle Parti, prima di una nuova sessione di dialogo in Marocco in vista della finalizzazione dell'accordo.
  Fin dal primo momento, e in particolare nelle ultime settimane, l'Italia si è posta al centro dell'azione della Comunità internazionale a sostegno del processo di dialogo delle Nazioni Unite, mantenendo uno stretto raccordo con Leon, che ha incontrato nelle scorse settimane il Presidente del Consiglio Renzi e, pochi giorni fa, il Ministro Gentiloni. In questo sforzo non siamo soli. È costante e stretto il raccordo con i principali Partner, a partire dagli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Unione europea e Nazioni Unite. La Farnesina ha inoltre ospitato una riunione a livello di Alti funzionari il 5 maggio scorso, cui ha preso parte lo stesso Leon, per approfondire l'attuazione degli accordi di sicurezza, che rappresentano un pilastro fondamentale dell'accordo complessivo. Qualora la mediazione ONU abbia successo e si attivi alla formazione di un Governo di Unità Nazionale, sarà necessario essere pronti a sostenerlo per renderlo operativo ed efficace Pag. 89fin dal primo momento. L'Italia è pronta a svolgere un ruolo cruciale nella decisiva fase della stabilizzazione e della ricostruzione del Paese.
  Vorrei concludere ricordando che ci troviamo di fronte a fenomeni destinati a durare nel tempo; non esiste una bacchetta magica, ha sottolineato la scorsa settimana di fronte alle Commissioni Esteri il Ministro Gentiloni. Ciò tuttavia non significa che come Italia, come Unione europea, non dobbiamo intervenire, con lo scopo di gestire tali flussi in modo regolato e ordinato, con un obiettivo chiaro sempre ben in mente: la tutela della dignità umana.

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ALLEGATO 2

Interrogazione a risposta immediata n. 5-05573 Palazzotto: Sull'invio di aiuti alla popolazione curdo-siriana, anche in relazione all'apertura di un corridoio umanitario alla frontiera turco-siriana.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio l'onorevole Palazzotto per aver riproposto questo tema e colgo l'occasione per fornire qualche aggiornamento rispetto alla risposta che ho fornito lo scorso ottobre in Aula Camera. Purtroppo, come tutti sapete, la situazione in Siria è tuttora a dir poco drammatica. Da parte nostra, stiamo però dando il nostro fattivo contributo. Stiamo infatti finalizzando un importante trasporto umanitario che – nonostante le difficoltà di accesso che potete immaginare – mira a dare una risposta concreta alle esigenze della popolazione nella regione di Rojava in Siria. Con il supporto logistico del Deposito dell'ONU di Brindisi e con la collaborazione dell'ONG «Un Ponte Per ...» la Cooperazione ha finanziato l'invio di un convoglio di beni umanitari diretto all'area di Hassakè, che si trova appunto nella regione del Rojava. Il carico è costituito da kit sanitari di emergenza per il trattamento di patologie derivanti da traumi e per la medicina di base in grado di assicurare assistenza medica ad una popolazione di 10.000 persone. Tramite il sostegno di «Un Ponte per...» (che utilizzerà personale locale), si procederà alla distribuzione dei beni in centri sanitari gestiti dalla Mezzaluna Rossa curda ed in partenariato con quest'ultima, in alcuni ospedali pubblici della regione e nel campo profughi Newroz di Derik. In tale operazione sarà coinvolto anche il nostro Ufficio consolare di Erbil – in raccordo con le Autorità della regione autonoma del Kurdistan iracheno – che assicurerà tutto il necessario sostegno ai fini del disbrigo delle pratiche doganali per l'attraversamento della frontiera fra Iraq e Siria.
  Si stima che, una volta completate le procedure logistico-burocratiche, il carico di aiuti, del peso di circa 8 tonnellate e del valore di circa 100.000 euro, possa partire entro le prossime 2-3 settimane. Nuovi trasporti potranno essere realizzati in futuro tenendo conto delle richieste e dei bisogni delle popolazioni beneficiarie, dell'evoluzione delle condizioni di accesso e sicurezza nelle aree di destinazione e beninteso – delle disponibilità finanziarie della Cooperazione Italiana.
  Per quanto riguarda l'apertura e l'accessibilità dei valichi, di fronte al continuo deteriorarsi del quadro umanitario, riteniamo che sia necessario ampliare il loro numero al fine di consentire l'invio di convogli umanitari dell'ONU. Questa posizione viene da noi espressa con forza in tutti i competenti consessi internazionali, da ultimo a Ginevra lo scorso 12 maggio, nell'ambito del Consiglio Diritti Umani, in occasione delle riunioni tecniche in vista della revisione semestrale del rapporto sulla Siria. La ribadiremo qui a Roma, in occasione del Board annuale del World Food Programme (avrà luogo il 25 maggio).
  Permangono tuttora restrizioni turche al transito verso le zone della Siria a prevalenza curda sebbene, da parte turca, sia stato reso utilizzabile in alcune occasioni il valico di Qamishli (nell'estrema propaggine orientale della Siria) controllato dal Governo siriano e legalmente accessibile ai convogli delle Nazioni Unite per consentire il passaggio di convogli umanitari. Purtroppo la fruibilità di tale Pag. 91passaggio dipende dalle condizioni di sicurezza e soprattutto dai rapporti politici tra il governo turco e il PYD, il Partito dell'Unione Democratica. Il PYD persegue un'agenda politica di autonomia regionale che non è del tutto in linea con gli obiettivi della coalizione delle opposizioni siriane (SOC). Il PYD ha legami organici con il PKK, che è ancora considerato un'organizzazione terroristica a tutti gli effetti sia in Turchia che in Europa ma è al tempo stesso l'attore sul terreno più efficace nella lotta a Daesh in Siria.
  Oltre alle operazioni di assistenza umanitaria transfrontaliere, il Governo turco (tramite la Mezzaluna Rossa e AFAD) continua a mantenere attiva una forma di assistenza umanitaria transfrontaliera denominata «zero-point», che utilizza 10 ulteriori valichi di frontiera terrestri per la consegna di aiuti al confine direttamente a destinatari civili in Siria (prevalentemente ONG locali). Secondo alcune fonti, da parte turca si starebbero valutando anche autorizzazioni per singole operazioni di consegna di aiuti umanitari tramite il valico di Kobane.
  Segnalo infine che Ankara già svolge un'importante azione di assistenza umanitaria ai rifugiati dalla Siria. Dall'inizio dell'ultima crisi, la Turchia ha accolto circa 200.000 rifugiati provenienti dall'area di Kobane (dati UNHCR). Complessivamente ospita sul suo territorio circa 1,7 milioni di rifugiati siriani. Di questi solo 250.000 sono alloggiati in campi attrezzati, mentre gli altri hanno trovato sistemazioni presso parenti/conoscenti in aree urbane periferiche, creando non poche frizioni con le locali comunità turche.

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ALLEGATO 3

Interrogazione a risposta immediata 5-05574 La Marca: Su alcune irregolarità nella presentazione delle liste elettorali per i Comitati italiani all'estero nella circoscrizione consolare di Toronto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Vorrei rispondere ricordando quanto fatto presente dall'onorevole interrogante nella sua interrogazione. In Canada è la prima volta che si costituiscono i COMITES, non essendo stato possibile nel 2004 per i motivi menzionati dall'onorevole La Marca. Si tratta dunque di un appuntamento di grande importanza per la nostra collettività presente in quel Paese e, come tale, si comprende come i fatti oggetto di questa interrogazione possano aver destato preoccupazione nei nostri connazionali. In questo quadro, va tenuto innanzitutto conto che il controllo sulla presentazione delle liste compete al Comitato elettorale circoscrizionale e non al Consolato. Peraltro, il Console generale a Toronto ha esercitato tutte le forme di controllo che gli sono attribuite e, lo scorso 24 aprile, ha inoltrato alla procura della Repubblica di Roma una segnalazione per l'accertamento di eventuali ipotesi di reato connesse al procedimento elettorale per il rinnovo del Comites di Toronto.
  Vorrei qui di seguito condividere, in breve, le versioni dei fatti che sono state esposte alla nostra sede consolare.
  La prima è quella del signor Cucchi. Lo scorso 19 ottobre il signor Luigi Cucchi ha presentato al Consolato generale di Toronto la lista elettorale «Per l'Italia in cui crediamo» (di cui è anche sottoscrittore), munita dell'autenticazione delle firme di sottoscrittori effettuata dall'avvocato Tucci, con funzioni di notaio pubblico. L'Ufficio elettorale del consolato di Toronto ha poi legalizzato la firma del notaio, depositata agli atti del citato Consolato generale, accettando così la menzionata lista elettorale, risultata in possesso dei requisiti formali richiesti.
  Successivamente, il signor Cucchi ha formalmente comunicato al Consolato generale di avere firmato la lista elettorale «senza la presenza di nessun Notaio o Avvocato», aggiungendo, qualche giorno più tardi, di non avere mai incontrato il notaio Tucci. Cinque giorni dopo anche il dottor Marino, Responsabile nazionale PD italiani nel mondo, ha inoltrato al Consolato generale una comunicazione, firmata da cinque sottoscrittori della lista «Per l'Italia in cui crediamo», con cui gli stessi dichiaravano di non avere firmato la lista dinanzi ad un notaio o ad un avvocato. Lo scorso 21 aprile 2015 il Segretario del Partito Democratico del Canada, signor Mario Marra, ha presentato al Consolato generale di Toronto un'istanza in cui richiede lo scioglimento del neo-eletto Comites di Toronto, manifestando anche la propria intenzione di presentare querela di falso in sede giudiziale in Canada.
  Un'altra versione è quella dell'avvocato Consiglio, candidato della citata lista che, in una missiva indirizzata al Consolato generale, sostiene che quanto dichiarato dal signor Cucchi non risponde a verità, segnalando in proposito di averlo condotto egli stesso dall'avvocato Tucci ad apporre la propria firma per la lista elettorale.
  Vi è poi l'avvocato Tucci, che non ha voluto o potuto fornire chiarimenti di fronte alla richiesta formale avanzata dal nostro Console generale.
  Di fronte a queste diverse posizioni, il Console generale a Toronto ha più volte Pag. 93fatto presente ai denuncianti che questi avrebbero potuto proporre gli accertamenti giudiziali necessari a fare chiarezza sui fatti e – inoltrando la predetta segnalazione all'autorità giudiziaria – ha fatto tutto quanto era nelle sue prerogative per fare in modo che venga accertata l'eventuale falsità dell'atto che – come noto – non può essere determinata a livello amministrativo.

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ALLEGATO 4

Interrogazione a risposta immediata n. 5-05572 Grande: Sul rientro in Italia della salma del cooperante italiano Giovanni Lo Porto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  A titolo di premessa vorrei ricordare che sui tragici eventi che hanno portato alla morte di Giovanni Lo Porto il Governo si è espresso in sede parlamentare e, in particolare, nella sede competente in materia.
  Giovanni Lo Porto è stato rapito il 19 gennaio 2012 a Multan, ove, assieme ad un collega tedesco, Bernd Muehlenbeck, operava per l'ONG Welthungerhilfe in progetti di assistenza alle popolazioni locali. Il cooperante tedesco, sequestrato insieme a Giovanni, era stato successivamente separato da lui, per poi essere liberato in Afghanistan, il 10 ottobre 2014, alla periferia di Kabul.
  Nella tarda serata del 22 aprile 2015 il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha informato il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che nel corso di una operazione condotta con droni armati a ridosso del confine tra Pakistan e Afghanistan per colpire alcuni affiliati ad Al Qaeda presenti in un compound, avevano perso la vita anche il cittadino americano Warren Weinstein, rapito in Pakistan il 13 agosto 2011, e il nostro connazionale Giovanni Lo Porto. Secondo quanto riferito dal Governo statunitense non vi era tuttavia alcuna informazione in base alla quale si potesse ritenere che nel compound colpito fossero presenti anche i due ostaggi.
  L'informazione relativa al decesso dei due rapiti è stata fornita al nostro Governo dagli USA solo appena dopo la finalizzazione delle necessarie verifiche condotte da parte statunitense. Tali verifiche si sarebbero infatti protratte per alcuni mesi dal momento dell'attacco e concluse solo il giorno precedente la dichiarazione pubblica del Presidente Obama, data la difficilissima natura dell'area in cui si è svolta l'azione antiterrorismo americana.
  Il governo americano ha informato della morte dei due ostaggi sulla base delle valutazioni effettuate che conducevano a dichiarare con «ragionevole certezza» che tra i corpi individuati sul luogo dell'attacco vi erano anche quelli di Giovanni Lo Porto e di Warren Weinstein. Non risulta tuttavia che il corpo del nostro connazionale sia stato rinvenuto né che sia pertanto stato possibile effettuare alcun esame diretto del DNA, come peraltro già riferito nelle competenti sedi parlamentari.
  Nel premettere che sull'intera vicenda è aperta, come noto, un'inchiesta della magistratura, con la quale è in atto ogni collaborazione relativamente alle circostanze del tragico evento, restano intensi altresì e a tutti i livelli i contatti con le Autorità americane, con particolare riguardo alla necessità di rinvenire la salma di Giovanni Lo Porto, tenendo comunque conto delle difficoltà logistiche dell'area, interamente controllata da gruppi terroristici locali nonché recentemente teatro di continue azioni militari.