CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 maggio 2015
440.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-05523 Busin: Comunicazione dei curricula dei candidati alla nomina di due componenti della Commissione nazionale per le società e la borsa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Busin chiede chiarimenti in ordine alla nomina dei due componenti della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa.

1) Procedura per la nomina.

  Le nomine CONSOB sono disciplinate dalla legge istituiva della commissione con una procedura alquanto sintetica.
  La procedura di nomina è disciplinata dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 8 aprile 1974 n. 95, convertito dalla legge 7 giugno 1974 n. 216.
  La norma prevede che la Commissione sia composta dal presidente e da 4 membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Si applicano inoltre le disposizioni della legge 24 gennaio 1978 n. 14 richiamate dalla norma stessa.
  La procedura prevede il seguente iter:
   Delibera del Consiglio dei Ministri su proposta del Presidente;
   Acquisizione del parere parlamentare previsto dalla legge n. 14 del 1978;
   Proposta del Presidente del Consiglio dei ministri (in occasione dell'ultima nomina la proposta è stata preceduta da una nuova deliberazione del Consiglio dei ministri);
   Adozione del decreto del Presidente della Repubblica.

  Detto in altro modo, il Presidente del Consiglio propone il nome al Consiglio dei ministri, una volta approvato le commissioni parlamentari esprimono un parere consultivo e una nuova delibera del cdm formalizza la proposta che viene approvata con decreto del Presidente della Repubblica. Non essendo il nostro un sistema di common law non scritte come quello inglese nei limiti della normativa in vigore si è voluto rendere maggiormente pubblico il processo di nomina consentendo a chiunque ritenesse di avere requisiti richiesti nelle materie in cui opera la Consob di candidarsi, pur non avendo conoscenze dirette. La decisione, politica, di chi nominare, spetta solo al Presidente del Consiglio e al Consiglio dei ministri.

2. Requisiti per la nomina e durata dell'incarico.

  Ai sensi del citato articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 1974, i componenti devono essere scelti tra persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità e indipendenza.
  Come previsto dagli articoli 7 e 8 della legge 24 gennaio 1978, n. 14 richiamati dalla norma stessa, la nomina a componente CONSOB è incompatibile con le funzioni di:
   Membro del Parlamento;
   Dipendente del Ministero dell'economia e delle finanze;Pag. 30
   Dipendente dello Stato che comunque assolva mansioni inerenti all'esercizio sulla vigilanza di enti ed istituti;
   Membro dei consigli superiori o altri organi consultivi tenuti ad esprimere pareri sui provvedimenti della CONSOB;
   Magistrato ordinario, della giustizia amministrativa, della giustizia contabile e di ogni altra giurisdizione speciale;
   Avvocato o procuratore dello Stato;
   Appartenente alle forze armate in servizio permanente o effettivo.

  Coloro che svolgono tali funzioni sono tenuti a comunicare la cessazione delle situazioni di incompatibilità.
  Nel silenzio normativo dovrebbero applicarsi poi le disposizioni di portata generale in materia di incompatibilità.
  La durata dell'incarico, fissata in cinque anni dal decreto-legge n. 95 del 1974, è stata portata a sette anni dall'articolo 47-quater del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008.

3. Modalità di selezione dei componenti.

  Le norme in materia non definiscono quindi specifiche modalità di selezione.
  Nel caso specifico, si è voluta perseguire la massima pubblicità della selezione stabilendone in Consiglio dei ministri l'avvio e dandone evidenza inserendola nel Comunicato stampa ufficiale del Consiglio dei ministri relativo alla seduta del 12 marzo 2015.
  L'avviso per la presentazione della richiesta di manifestazione di interesse è stato pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio il 19 marzo 2015, sul modello già sperimentato dal Governo per la nomina dei componenti del Consiglio ANAC che affiancano il Presidente (tramite la piattaforma informatica gestita dal Dipartimento della Funzione Pubblica con il Formez).
  L'avviso è stato inoltre pubblicato, tradotto in inglese, sui siti internet istituzionali del Governo e del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Un testo esplicativo che dava notizia dell'avviso è stato pubblicato in italiano sui siti internet istituzionali del Governo, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Formez.
  Inoltre, comunicazione della pubblicazione dell'avviso è stata data sui social network sugli account ufficiali su twitter del Governo e del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Nel pieno rispetto della normativa in vigore, si è voluto rendere con tempestività maggiormente pubblico il processo di nomina consentendo a chiunque ritenesse di avere requisiti richiesti nelle materie in cui opera Consoli di candidarsi, a condizione di essere altresì in possesso dei requisiti di indipendenza e di indiscussa moralità.
  Illustrate le modalità di pubblicità dell'avviso, con riferimento alla questione sollevata dall'interrogante, si fa presente che in assenza di dettagliate prescrizioni normative sulle modalità di acquisizione delle candidature, si è ritenuto di non pubblicare l'elenco dei nominativi dei candidati sia a tutela della loro riservatezza e privacy sia, in particolare, al fine di favorire la massima partecipazione a tale fase, liberando così i candidati da possibili timori di danni professionali e reputazionali derivanti dalla esclusione al termine della selezione.
  Per tali motivazioni si ritiene di non rendere pubblici i nominativi dei 158 soggetti che hanno presentato la propria candidatura.

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ALLEGATO 2

5-05524 Laffranco: Iniziative a seguito delle sentenze del Consiglio di Stato che hanno annullato i provvedimenti con cui è stata disposta l'amministrazione straordinaria della Banca popolare di Spoleto.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Laffranco ed altri, chiedono chiarimenti riguardo alle pronunce con le quali il Consiglio di Stato ha annullato i decreti ministeriali che hanno sottoposto ad amministrazione straordinaria la Banca Popolare di Spoleto e la controllante Spoleto Crediti e Servizi e sulle eventuali iniziative che il Ministro delle economia e delle finanze intenda adottare.
  Al riguardo, sentita in proposito la Banca d'Italia, alla luce delle pronunce del giudice amministrativo e dell'esigenza di evitare qualsiasi incertezza in ordine alla stabilità dei rapporti medio tempore sorti e proseguiti, la Banca d'Italia ha reiterato «ora per allora» le proposte al Ministero dell'economia e delle finanze di amministrazione straordinaria della Banca Popolare di Spoleto e della Spoleto Credito e Servizi.
  In particolare con i provvedimenti nn. 149 e 150 del 20 aprile 2015, adottati su proposta dell'Istituto, il Ministro dell'economia e delle finanze ha reiterato i decreti ministeriali di amministrazione straordinaria nei confronti dei citati intermediari, con effetto a partire dall'8 febbraio 2013.
  Si precisa che i provvedimenti sono in via di pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, e confermano integralmente gli atti alla base delle procedure a suo tempo avviate.

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ALLEGATO 3

5-05525 Causi: Orientamenti in merito agli interventi per la tutela dei depositanti e degli azionisti coinvolti dalla crisi della Cassa di Risparmio di Ferrara.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Causi ed altri, chiedono l'intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi in vista dell'imminente scadenza del periodo di amministrazione straordinaria della Cassa di Risparmio di Ferrara SpA.
  Al riguardo, sentita in proposito la Banca d'Italia, si fa presente che le valutazioni in ordine alla possibile soluzione della crisi della Cassa di Risparmio di Ferrara sono tuttora in corso.
  Per quanto riguarda il quesito «se le disposizioni europee previste dal meccanismo di risoluzione unico potranno, dalla loro entrata in vigore, garantire una maggior tutela dei depositanti e degli azionisti coinvolti in crisi bancarie di pari entità», si rappresenta quanto segue.
  Si fa presente che la situazione degli azionisti, in quanto investitori in capitale di rischio sopportano per primi le perdite della società (qualunque sia la natura dell'attività, finanziaria o industriale, della società) è ben diversa da quella dei depositanti, che non intendono assumere alcun rischio nel rapporto con la banca depositaria. La tutela dei primi non potrà mai derivare dalle regole sulle crisi, ma dai presidi di governance e dai sistemi di controllo interni ed esterni sulla società. Il complesso del Regolamento n. 806 del 2014 che istituisce il Meccanismo di risoluzione unico Single Resolution Mechanism (SRM) e della direttiva 2014/59/UE sul risanamento e la risoluzione delle banche – Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD) non fa, infatti, che confermare il principio, comune al diritto societario di qualsiasi Paese, che gli azionisti sopportano per primi le perdite. Il complesso BRRD/Regolamento SRM introduce il principio che anche i creditori diversi dai detentori di debito subordinato (per i quali è già previsto) sono chiamati a concorre al ripianamento delle perdite e alla ricostituzione del capitale (cd. bail-in). Tra i creditori della società sono ricompresi anche i depositanti, ad esclusione di quella parte dei depositi (fino a 100.000 euro) che è coperta dagli schemi di garanzia dei depositi. In ogni caso la BRRD introduce la cd. depositor preference per cui l'ordine di priorità dei creditori in insolvenza deve essere modificato per prevedere che i crediti dei depositanti siano preferiti rispetto alle altre categorie: l'aggressione dei depositi è quindi un evento sostanzialmente improbabile.
  Ferma restando la regola del bail-in, il maggior grado di tutela degli investitori e creditori della banca è assicurato dal complesso delle norme di vigilanza prudenziale, oggetto del pacchetto CRD4_CRR, nonché dall'obbligo per le banche di predisporre piani di risanamento da attuare in caso di insorgere di una crisi, oltre che dalla dotazione delle misure di intervento precoce che vengono attribuite alle autorità competenti al fine di evitare l'evolversi della crisi e il materializzarsi delle condizioni di dissesto.
  Si evidenzia infine che nel quadro del complesso la BRRD/Regolamento SRM resterà uno spazio molto ristretto per eventuali misure di sostegno finanziario pubblico alle banche, nonché per gli interventi Pag. 33preventivi e alternativi dei meccanismi di garanzia dei depositi, la cui funzione resterà probabilmente confinata a quella del rimborso dei depositanti in caso di liquidazione. L'utilizzo del Fondo di risoluzione a ripianamento delle perdite sarà consentito solo dopo che sia stata applicato il bail-in per un importo corrispondente almeno all'8 per cento del totale passivo della banca.

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ALLEGATO 4

5-05527 Gebhard: Ritardi nella predisposizione in lingua tedesca e slovena del modello 730 precompilato.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti evidenziano che i modelli relativi alla dichiarazione dei redditi precompilata di cui al decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, risultano disponibili solamente in lingua italiana, in palese elusione delle norme di rango costituzionale sul bilinguismo, e che invece sarebbe necessario tener conto delle esigenze delle minoranze linguistiche tedesca e slovena presenti, in particolare, nella provincia autonoma di Bolzano e nella regione Friuli Venezia-Giulia.
  Pertanto, gli Onorevoli interroganti chiedono di conoscere quali misure intenda intraprendere il Governo per assicurare il pieno rispetto del principio del bilinguismo nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente giova evidenziare il quadro normativo di riferimento. L'esistenza di un obbligo giuridico alla traduzione degli atti e documenti – con particolare riguardo alla lingua tedesca usata nella regione Trentino-Alto-Adige – sembra sussistere esclusivamente in riferimento ad atti e provvedimenti emanati da uffici della Pubblica Amministrazione aventi sede nel territorio della provincia di Bolzano, tra i quali possono essere ricompresi anche gli uffici territoriali dell'Agenzia delle Entrate.
  In particolare, l'articolo 100 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), prevede che «I cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua nei rapporti cogli uffici giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella provincia o aventi competenza regionale, nonché con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia stessa». L'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), stabilisce che nella regione Trentino-Alto Adige la lingua tedesca è parificata a quella italiana, che è la lingua ufficiale dello Stato, nei rapporti con gli organi e gli uffici della pubblica amministrazione e degli enti pubblici, situati nella provincia di Bolzano o aventi competenza regionale, nonché con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia medesima.
  Previsioni normative per la tutela delle minoranze linguistiche, seppur espresse in termini più generali, sono previste dalla legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia). In particolare, l'articolo 3 della citata legge costituzionale prevede che nella «Regione è riconosciuta parità di diritti e di trattamento di tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali».
  Inoltre, l'articolo 9 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di Pag. 35tutela delle minoranze linguistiche storiche), dispone che «nei comuni di cui all'articolo 3 è consentito, negli uffici delle amministrazioni pubbliche, l'uso orale e scritto della lingua ammessa a tutela». L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001, n. 345 (Regolamento di attuazione della legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche), prevede che in «attuazione dell'articolo 9 della legge, gli uffici delle pubbliche amministrazioni, nei comuni di cui all'articolo 3 della legge medesima, istituiscono almeno uno sportello per i cittadini che utilizzano la lingua ammessa a tutela e possono prevedere indicazioni scritte rivolte al pubblico, redatte, oltre che in lingua italiana, anche nella lingua ammessa a tutela, con pari dignità grafica».
  Alla luce del quadro normativo così sommariamente delineato, con riferimento ai modelli dichiarativi approvati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate e destinati alla generalità dei contribuenti, si rappresenta che, dall'analisi delle fonti normative, non si ravvisa la sussistenza di un espresso obbligo di traduzione, in quanto gli adempimenti a tutela delle minoranze linguistiche – tra cui la traduzione degli atti – sono previsti esclusivamente per le attività poste in essere direttamente dagli uffici delle Amministrazioni con sede nel territorio ove sono presenti le predette minoranze.
  L'Agenzia delle Entrate, tuttavia, nel corso degli anni ha provveduto a rendere disponibili in versione multilingue i modelli di dichiarazione di utilizzo più diffuso (CUD, Modello 730, Modello Unico Persone Fisiche fascicoli numeri 1 e 2), nonché quelli di rilevanza internazionale (modello IVA annuale), tenendo conto di quanto stabilito dagli articoli 5 e 6 dello Statuto dei diritti del contribuente in materia di conoscenza degli atti e di semplificazione.
  Tutto ciò premesso, in considerazione della natura sperimentale della dichiarazione precompilata, la cui procedura è stata da poco definita e perfezionata, si rileva che la predisposizione di appositi applicativi software in lingua diversa dall'italiano poteva essere ragionevolmente intrapresa soltanto nel momento in cui il modello 730 precompilato e la procedura informatica avesse assunto una connotazione stabile e definitiva.
  Con riferimento alla concreta fattibilità di tale iniziativa, tenuto conto dei tempi tecnici a disposizione per la traduzione e gli interventi informatici, la dichiarazione precompilata in lingua tedesca e slovena sarebbe stata disponibile solo dopo il termine di presentazione della dichiarazione precompilata per il 2015.
  Al fine di garantire già da quest'anno la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche, si rappresenta che le informazioni generali sulla dichiarazione precompilata sono contenute nelle istruzioni al Modello 730/2015 che, come ogni anno, è stato predisposto anche nella versione in lingua tedesca e slovena e che gli uffici dell'Agenzia dislocati nei territori interessati garantiranno un adeguato livello di assistenza ai contribuenti.
  Per il futuro è, in ogni caso, possibile ipotizzare di tradurre in versione multilingua il prodotto web 730 precompilato e le relative schede informative presenti sul sito. Per questo impegnativo piano di sviluppo potrebbero essere conclusi protocolli di intesa con le Amministrazioni locali, anche al fine di affidare l'effettuazione delle traduzioni a tali amministrazioni, onde poter contenere i costi e migliorare la qualità delle traduzioni.

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ALLEGATO 5

5-05528 Paglia: Trasparenza dei contratti in strumenti derivati sottoscritti dal Governo italiano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione immediata in Aula l'onorevole Giovanni Paglia chiede di sciogliere il riserbo rendendo trasparenti tutti i contratti derivati in essere.
  Al riguardo, si ribadiscono le motivazioni già fornite dal Ministro Padoan il 1° aprile scorso presso l'Aula della Camera dei deputati in risposta all'interrogazione n. 3-01410 dell'onorevole Brunetta, con le quali si è dato conto dei riflessi pregiudizievoli per l'attività in derivati e per le possibili ripercussioni negative per la gestione del debito pubblico nel suo complesso derivanti dall'eventuale pubblicazione dei contratti derivati.
  Si fa presente che i dati aggregati sul portafoglio dei derivati e sul suo valore di mercato pubblicati sul sito del Ministero, i dati dei flussi annuali diffusi dall'ISTAT e le relazioni delle audizioni in Commissione Finanze nell'ambito dell'indagine conoscitiva, consentono una visione capace di inquadrare efficacemente le grandezze fondamentali del fenomeno.
  Si soggiunge infine, come peraltro già anticipato nelle precedenti risposte, che sono anche allo studio ipotesi per migliorare ulteriormente la divulgazione in materia.

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ALLEGATO 6

5-05529 Sottanelli: Possibilità di avvalersi del regime di esonero dall'applicazione dell'IVA previsto per gli esportatori abituali anche nel caso di omessa compilazione del quadro VC.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame gli interroganti assumono che la facoltà di optare per determinati regimi in relazione alle imposte sui redditi o all'IVA non è subordinata all'adozione di forme particolari, ben potendosi desumere la scelta dal comportamento «concludente» del soggetto, purché concretamente verificabile.
  A conforto di quanto assunto gli interroganti rilevano che la Corte di Cassazione avrebbe chiarito che nel caso di cui trattasi gli adempimenti imposti al contribuente sono da ritenersi puramente formali e, quindi, l'eventuale omissione degli stessi non appare ostativa per l'attività di accertamento e verifica delle imposte.
  Al riguardo, viene evidenziato che la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 9028 del 2011 ha sancito la legittimità degli acquisti senza applicazione dell'IVA da parte dei soggetti che effettuano cessioni all'esportazione, operazioni assimilate e servizi internazionali ed operazioni intracomunitarie (c.d. esportatori abituali), oltre i limiti del plafond, anche in mancanza della compilazione del quadro VC, contenuto nella dichiarazione annuale IVA, qualora la contabilità obbligatoria dell'azienda sia conforme al regime prescelto.
  Gli interroganti rilevano, altresì, come sulla questione siano pendenti diversi contenziosi, aventi ad oggetto non solo la citata interpretazione giurisprudenziale delle Suprema Corte, ma anche quella fornita in proposito dalla stessa prassi dell'Amministrazione finanziaria, la quale, con circolare 27 agosto 2009, n. 209, esplicativa del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, ha specificato le nuove modalità di esercizio delle opzioni, precisando che, alla luce della nuova disciplina, la comunicazione della scelta all'Ufficio non assume più rilevanza ai fini della validità dell'opzione bensì a fini puramente sanzionatori, dovendosi, quindi, a tale scopo, attribuire rilievo esclusivamente al comportamento concludente del soggetto.
  Gli interroganti, infine, chiedono che l'Agenzia delle Entrate abbandoni il contenzioso pendente in materia.
  In proposito, sentita l'Agenzia delle Entrate, si rappresenta quanto segue.
  In primo luogo, occorre far notare come per la fattispecie evidenziata vada valutato attentamente, caso per caso, anche il comportamento del fornitore dell'esportatore abituale.
  Secondo la disciplina in vigore prima del 1o gennaio 2015, infatti, il fornitore doveva comunicare i dati delle dichiarazioni d'intento ricevute dall'esportatore abituale.
  Quindi:
   a) se il fornitore aveva comunicato correttamente le dichiarazioni d'intento, l'Agenzia aveva effettivamente i dati necessari a controllare eventuali abusi e quindi si può effettivamente propendere per la prevalenza della forma sulla sostanza e non recuperare l'imposta (valutando l'applicazione delle sanzioni che, comunque, anche sulla base della giurisprudenza richiamata, non sembra essere messa in dubbio);Pag. 38
   b) se, invece, le dichiarazioni d'intento non erano state trasmesse, le operazioni poste in essere possono nascondere finalità elusive, se non addirittura fraudolente. In questi casi non sembrerebbe percorribile l'abbandono generalizzato del contenzioso, dovendosi propendere per una attenta valutazione di ciascun singolo caso.

  Dal 1° gennaio 2015, con l'entrata in vigore della nuova disciplina delle lettere d'intento dettata dall'articolo 20 del decreto semplificazioni (decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175), è operativa la seguente nuova procedura:
   l'esportatore che intende effettuare acquisti o importazioni usufruendo del regime di non imponibilità Iva deve, preventivamente, segnalare all'Agenzia delle Entrate i dati contenuti nella dichiarazione d'intento, che poi consegna al proprio fornitore di beni (o prestatore di servizi), assieme alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Amministrazione finanziaria;
   il fornitore, a sua volta, potrà effettuare l'operazione senza applicare l'Iva soltanto dopo aver riscontrato telematicamente l'avvenuta comunicazione alle Entrate, pena l'applicazione di una sanzione pecuniaria dal 100 al 200 per cento dell'imposta. Successivamente, nella dichiarazione annuale Iva, dovrà riepilogare i dati delle operazioni effettuate nei confronti dei singoli esportatori abituali.

  Quindi la nuova disciplina contempera due esigenze: semplificare le procedure per le imprese e assicurare un puntuale riscontro all'Agenzia di tutte le operazioni effettuate a fronte delle lettere d'intento. Al riguardo, è opportuno segnalare che consistenti frodi sono state effettuate utilizzando lettere d'intento emesse in violazione della vecchia normativa.
  In conclusione, anche a supporto di una scelta a favore di una valutazione caso per caso dell'abbandono del contenzioso pendente in materia, l'Agenzia rileva che non solo la Cassazione, ma anche la Corte di Giustizia EU (Corte di ultima istanza in materia di Iva), ha più volte ribadito il concetto che «la detrazione dell'IVA a monte dev'essere accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi. La soluzione può essere diversa se la violazione di tali requisiti formali abbia l'effetto di impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali (vedere per analogia, sentenza del 29 settembre 2007, Collée, C-146/05, Racc. pag. 1-7861, punto 31)» (Sentenza del 12 luglio 2012, EMS-Bulgaria C-284/11).
  Per completezza, infine, l'Agenzia rappresenta che dall'esame della banca dati del contenzioso tributario è emerso un numero limitato di controversie pendenti sulla specifica questione e che, anche nella giurisprudenza di legittimità, non risultano ulteriori pronunce rispetto a quella citata dagli interroganti.