CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 aprile 2015
429.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per le questioni regionali
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto (C. 2722 Governo).

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il disegno di legge del Governo C.2722, recante «Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto», approvato dal Senato;
   rilevato che:
    il disegno di legge contiene disposizioni prevalentemente riconducibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» e di «ordine pubblico e sicurezza», ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere h) ed l);
    alcune delle disposizioni recate dal testo incidono altresì sulla materia «porti e aeroporti civili», la cui disciplina è affidata, dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, alla competenza legislativa concorrente tra lo Stato e le regioni, mentre l'articolo 1, comma 2, lettera t), intervenendo a disciplinare (nell'ambito dei principi e criteri direttivi della delega legislativa) la formazione professionale della figura dell'istruttore di vela incide su una materia che rientra nell'ambito delle competenze legislative residuali delle regioni;
    osservato peraltro che, nel dettare tale ultima disciplina, l'articolo 1, comma 2, lettera t) alinea fa «salve le prerogative costituzionali delle regioni» e che, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, sugli schemi dei decreti legislativi di attuazione della delega, come pure sugli eventuali decreti legislativi correttivi, è prevista l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Documento di economia e finanza 2015. Doc. LVII, n. 3.

PROPOSTA DI PARERE

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3);
   premesso che:
    il documento illustra in modo organico le iniziative assunte dal Governo per il rilancio dell'economia italiana e, a tale proposito, evidenzia come il piano di politica economica da esso delineato e perseguito attraverso riforme strutturali, si articoli su tre linee principali: il recupero della produttività attraverso la valorizzazione del capitale umano; la riduzione dei costi d'impresa dovuti alla complicazione e all'inefficienza dell'amministrazione pubblica, attraverso la semplificazione burocratica e la trasparenza dell'amministrazione; l'eliminazione dell'incertezza nei rapporti economici legati alla scarsa certezza del diritto e all'inefficiente attuazione dei contratti, anche attraverso la riforma della giustizia civile;
    al riguardo, il Governo precisa che «l'efficacia del piano viene infine potenziata dalle riforme volte allo sveltimento del processo decisionale di approvazione delle leggi, attraverso le riforme istituzionali che interessano la legge elettorale e la differenziazione delle funzioni di Camera e Senato»;
    la riforma delle istituzioni – avviata nel 2014 e in via di definizione per il 2015 – è iscritta nel Programma nazionale di riforma tra i principali obiettivi da perseguire, sul presupposto che gli interventi sulle finanze pubbliche e sull'economia possano portare risultati concreti solo se accompagnati da un solido processo di ammodernamento delle istituzioni repubblicane e che le riforme istituzionali e costituzionali possano fornire alle misure di contenimento della spesa pubblica e di rilancio della competitività il valore aggiunto che serve per renderle pienamente efficaci;
    le riforme strutturali incidenti sull'assetto istituzionale del Paese prevedono – oltre a una nuova legge elettorale – l'istituzione delle città metropolitane, il superamento delle province come enti di diretta elezione da parte del corpo elettorale e incentivi alle unioni e fusioni di comuni (a ciò provvede la legge 7 aprile 2014, n. 56), alcuni interventi strutturali di riforma della pubblica amministrazione che sono in massima parte definiti in un disegno di legge delega attualmente all'esame del Parlamento (A.S. 1577), nonché un'ampia riforma costituzionale volta la revisione del bicameralismo e dei rapporti tra lo Stato e le regioni di cui al titolo V della parte II della Costituzione (a ciò provvede il disegno di legge costituzionale del Governo S. 1429-B, attualmente all'esame del Senato);
    l'obiettivo principale della riforma costituzionale consiste nella razionalizzazione dei procedimenti decisionali e dei rapporti tra i diversi livelli di governo, anche mediante l'introduzione del «voto a data fissa», che consentirà al Governo di chiedere alla Camera di deliberare entro un termine stabilito sui provvedimenti essenziali per l'attuazione del programma di Governo;
    a tale proposito, il Governo rileva che «il testo della riforma costituzionale elimina il concorso di competenze tra Pag. 226regioni e Stato», che «il nuovo assetto istituzionale consentirà di superare sia l'elevata conflittualità che ha caratterizzato l'attuazione della riforma del riparto di competenze tra lo Stato e le regioni approvata nel 2001, sia la disomogeneità delle regolazioni di interi comparti che hanno finora scoraggiato gli investimenti nazionali ed esteri» e che «tale situazione ha finora interferito con molti processi di riforma generando altresì un grave livello di incertezza nel diritto e un significativo contenzioso a livello costituzionale, elementi questi che hanno inciso negativamente sulla competitività del sistema Paese» (Programma nazionale di riforma, parte I, I.1);
    appare opportuno, a tale riguardo, verificare la fondatezza della tesi del Governo secondo cui, per eliminare le predette criticità, occorrerebbe eliminare le materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni (PNR, parte I, I.1): tale assunto non considera infatti che la riforma costituzionale in discussione, incidendo sulle sfere di attribuzione degli enti territoriali, presumibilmente determinerà, in sede di prima applicazione, un incremento del contenzioso costituzionale avente ad oggetto l'esatta individuazione delle relative sfere di competenza, anche in ragione del mantenimento della competenza legislativa residuale in capo alle regioni;
    occorre inoltre considerare che, all'eliminazione delle materie di legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni (sia pure accompagnata dall'introduzione della facoltà del legislatore statale di delegare alle regioni la disciplina di determinate materie), alla connessa attribuzione alle regioni della potestà legislativa in riferimento alle sole materie espressamente indicate in Costituzione oltre che su ogni materia non espressamente riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, unitamente all'introduzione di una forte clausola di supremazia (in base alla quale lo Stato può intervenire con legge in materie non riservate alla sua legislazione quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, nonché quando lo renda necessario la tutela dell'interesse nazionale), si aggiunge – nel testo del disegno di legge costituzionale approvato dalla Camera dei deputati in prima deliberazione – l'assenza, in capo al Senato della Repubblica, trasformato in Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali, di qualsiasi competenza esclusiva, neppure nell'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l'Unione europea. In relazione a tale ultimo aspetto, si osserva peraltro che l'attenuazione del ruolo del Senato quale organo di raccordo tra le istanze dei diversi livelli di governo, potrebbe ridurne il ruolo di Camera di compensazione tra le esigenze di territori dei quali è espressione;
    a tali misure si somma la delimitazione del campo di applicazione della procedura di approvazione rafforzata delle leggi ai soli casi di esercizio, da parte dello Stato, di competenze legislative in forza della così detta clausola di supremazia e la riconduzione della disciplina di alcuni ambiti materiali di interesse delle regioni e degli enti locali (come, ad esempio, le disposizioni generali e comuni sul governo del territorio e il coordinamento della protezione civile e le forme di coordinamento in materia di beni culturali e paesaggistici) nell'ambito del procedimento legislativo ordinario, nel quale il Senato dispone della sola facoltà di proporre modificazioni al testo del progetto di legge sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva;
    ritenuto che il complesso di tali interventi è suscettibile di determinare un sostanziale arretramento dell'autonomia regionale e un'alterazione del modello di Stato regionale prescelto in sede di Assemblea costituente;
    considerata infine l'assenza, tra le riforme strutturali incidenti sull'assetto istituzionale del Paese, di qualsiasi intervento di riforma e di semplificazione del sistema delle Conferenze permanenti (Stato-regioni, Pag. 227Stato-città-autonomie locali e Conferenza unificata) nell'ambito del quale, a Costituzione vigente, si svolge il rapporto di cooperazione tra Stato, regioni e autonomie locali,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
  con le seguenti osservazioni:
   a) si dovrebbe verificare se il disegno complessivo delle riforme in materia di rapporti tra lo Stato e le regioni – che, in base al DEF e al disegno di legge costituzionale del Governo (S. 1429-B), prevede l'eliminazione dell'area delle materie di legislazione concorrente, il rafforzamento della potestà legislativa dello Stato, l'attribuzione a quest'ultimo, a tutto scapito delle autonomie regionali, di un consistente potere di intervento nelle materie non riservate alla sua legislazione quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, o la tutela dell'interesse nazionale, e la costituzione di un Senato delle autonomie territoriali privo della titolarità di competenze in via esclusiva, neppure in relazione all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l'Unione europea – conservi davvero il modello di Stato regionale delineato dalla Costituzione del 1948;
   b) si dovrebbe verificare l'opportunità di affiancare alle riforme istituzionali in discussione un ulteriore intervento di riforma dei meccanismi di cooperazione tra Stato, regioni e sistema delle autonomie locali e di semplificazione dell'organizzazione delle Conferenze permanenti che, anche attraverso la riduzione di tale sistema ad unica sede di raccordo istituzionale, dia vita ad un modello di relazioni intergovernative snello e trasparente che assicuri il concorso delle regioni e degli enti territoriali alla produzione delle fonti secondarie e delle decisioni amministrative di loro interesse;
   c) si dovrebbe verificare, infine, l'opportunità di prevedere, nell'ambito degli interventi previsti dal Programma nazionale di riforma, l'adozione di ulteriori misure volte, da un lato, ad adeguare i contenuti della legge 7 aprile 2014, n. 56, al nuovo quadro istituzionale delineato dalla riforma costituzionale in discussione, che prevede, tra l'altro, la soppressione dell'ente territoriale provincia, avviando, nel contempo, una riflessione volta all'individuazione della dimensione ottimale degli enti territoriali allo scopo di assicurare il più virtuoso esercizio delle funzioni loro costituzionalmente attribuite.

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ALLEGATO 3

Documento di economia e finanza 2015. Doc. LVII, n. 3.

PARERE APPROVATO

  La Commissione parlamentare per le questioni regionali,
   esaminato il Documento di economia e finanza 2015 (Doc. LVII, n. 3);
   premesso che:
    il documento illustra in modo organico le iniziative assunte dal Governo per il rilancio dell'economia italiana e, a tale proposito, evidenzia come il piano di politica economica da esso delineato e perseguito attraverso riforme strutturali, si articoli su tre linee principali: il recupero della produttività attraverso la valorizzazione del capitale umano; la riduzione dei costi d'impresa dovuti alla complicazione e all'inefficienza dell'amministrazione pubblica, attraverso la semplificazione burocratica e la trasparenza dell'amministrazione; l'eliminazione dell'incertezza nei rapporti economici legati alla scarsa certezza del diritto e all'inefficiente attuazione dei contratti, anche attraverso la riforma della giustizia civile;
    al riguardo, il Governo precisa che «l'efficacia del piano viene infine potenziata dalle riforme volte allo sveltimento del processo decisionale di approvazione delle leggi, attraverso le riforme istituzionali che interessano la legge elettorale e la differenziazione delle funzioni di Camera e Senato»;
    la riforma delle istituzioni – avviata nel 2014 e in via di definizione per il 2015 – è iscritta nel Programma nazionale di riforma tra i principali obiettivi da perseguire, sul presupposto che gli interventi sulle finanze pubbliche e sull'economia possano portare risultati concreti solo se accompagnati da un solido processo di ammodernamento delle istituzioni repubblicane e che le riforme istituzionali e costituzionali possano fornire alle misure di contenimento della spesa pubblica e di rilancio della competitività il valore aggiunto che serve per renderle pienamente efficaci;
    le riforme strutturali incidenti sull'assetto istituzionale del Paese prevedono – oltre a una nuova legge elettorale – l'istituzione delle città metropolitane, il superamento delle province come enti di diretta elezione da parte del corpo elettorale e incentivi alle unioni e fusioni di comuni (a ciò provvede la legge 7 aprile 2014, n. 56), alcuni interventi strutturali di riforma della pubblica amministrazione che sono in massima parte definiti in un disegno di legge delega attualmente all'esame del Parlamento (A.S. 1577), nonché un'ampia riforma costituzionale volta la revisione del bicameralismo e dei rapporti tra lo Stato e le regioni di cui al titolo V della parte II della Costituzione (a ciò provvede il disegno di legge costituzionale del Governo S. 1429-B, attualmente all'esame del Senato);
    l'obiettivo principale della riforma costituzionale consiste nella razionalizzazione dei procedimenti decisionali e dei rapporti tra i diversi livelli di governo, anche mediante l'introduzione del «voto a data fissa», che consentirà al Governo di chiedere alla Camera di deliberare entro un termine stabilito sui provvedimenti essenziali per l'attuazione del programma di Governo;
    a tale proposito, il Governo rileva che «il testo della riforma costituzionale elimina il concorso di competenze tra Pag. 229regioni e Stato», che «il nuovo assetto istituzionale consentirà di superare sia l'elevata conflittualità che ha caratterizzato l'attuazione della riforma del riparto di competenze tra lo Stato e le regioni approvata nel 2001, sia la disomogeneità delle regolazioni di interi comparti che hanno finora scoraggiato gli investimenti nazionali ed esteri» e che «tale situazione ha finora interferito con molti processi di riforma generando altresì un grave livello di incertezza nel diritto e un significativo contenzioso a livello costituzionale, elementi questi che hanno inciso negativamente sulla competitività del sistema Paese» (Programma nazionale di riforma, parte I, I.1);
    appare opportuno, a tale riguardo, verificare la fondatezza della tesi del Governo secondo cui, per eliminare le predette criticità, occorrerebbe eliminare le materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni (PNR, parte I, I.1): tale assunto non considera infatti che la riforma costituzionale in discussione, incidendo sulle sfere di attribuzione degli enti territoriali, presumibilmente determinerà, in sede di prima applicazione, un incremento del contenzioso costituzionale avente ad oggetto l'esatta individuazione delle relative sfere di competenza, anche in ragione del mantenimento della competenza legislativa residuale in capo alle regioni;
    occorre inoltre considerare che, all'eliminazione delle materie di legislazione concorrente tra lo Stato e le regioni (sia pure accompagnata dall'introduzione della facoltà del legislatore statale di delegare alle regioni la disciplina di determinate materie), alla connessa attribuzione alle regioni della potestà legislativa in riferimento alle sole materie espressamente indicate in Costituzione oltre che su ogni materia non espressamente riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, unitamente all'introduzione di una forte clausola di supremazia (in base alla quale lo Stato può intervenire con legge in materie non riservate alla sua legislazione quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, nonché quando lo renda necessario la tutela dell'interesse nazionale), si aggiunge – nel testo del disegno di legge costituzionale approvato dalla Camera dei deputati in prima deliberazione – l'assenza, in capo al Senato della Repubblica, trasformato in Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali, di qualsiasi competenza esclusiva, neppure nell'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l'Unione europea. In relazione a tale ultimo aspetto, si osserva peraltro che l'attenuazione del ruolo del Senato quale organo di raccordo tra le istanze dei diversi livelli di governo, potrebbe ridurne il ruolo di Camera di compensazione tra le esigenze di territori dei quali è espressione;
    a tali misure si somma la delimitazione del campo di applicazione della procedura di approvazione rafforzata delle leggi ai soli casi di esercizio, da parte dello Stato, di competenze legislative in forza della così detta clausola di supremazia e la riconduzione della disciplina di alcuni ambiti materiali di interesse delle regioni e degli enti locali (come, ad esempio, le disposizioni generali e comuni sul governo del territorio e il coordinamento della protezione civile e le forme di coordinamento in materia di beni culturali e paesaggistici) nell'ambito del procedimento legislativo ordinario, nel quale il Senato dispone della sola facoltà di proporre modificazioni al testo del progetto di legge sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva;
    ritenuto che il complesso di tali interventi è suscettibile di determinare un sostanziale arretramento dell'autonomia regionale e un'alterazione del modello di Stato regionale prescelto in sede di Assemblea costituente;
    considerata infine l'assenza, tra le riforme strutturali incidenti sull'assetto istituzionale del Paese, di qualsiasi intervento di riforma e di semplificazione del sistema delle Conferenze permanenti (Stato-regioni, Pag. 230Stato-città-autonomie locali e Conferenza unificata) nell'ambito del quale, a Costituzione vigente, si svolge il rapporto di cooperazione tra Stato, regioni e autonomie locali,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   1) si verifichi l'opportunità di affiancare alle riforme istituzionali in discussione – anche tenuto conto dell'impegno assunto in tal senso dal Governo in occasione dell'esame del disegno di legge costituzionale C. 2613 alla Camera dei deputati – un ulteriore intervento di riforma dei meccanismi di cooperazione tra Stato, regioni e sistema delle autonomie locali e di semplificazione dell'organizzazione delle Conferenze permanenti che, anche attraverso la riduzione di tale sistema ad unica sede di raccordo istituzionale, dia vita ad un modello di relazioni intergovernative snello e trasparente che assicuri il concorso delle regioni e degli enti territoriali alla produzione delle fonti secondarie e delle decisioni amministrative di loro interesse;
  e con le seguenti osservazioni:
   a) si dovrebbe verificare se il disegno complessivo delle riforme in materia di rapporti tra lo Stato e le regioni – che, in base al DEF e al disegno di legge costituzionale del Governo (S. 1429 –B), prevede l'eliminazione dell'area delle materie di legislazione concorrente, il rafforzamento della potestà legislativa dello Stato, l'attribuzione a quest'ultimo, a tutto scapito delle autonomie regionali, di un consistente potere di intervento nelle materie non riservate alla sua legislazione quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica, o la tutela dell'interesse nazionale, e la costituzione di un Senato delle autonomie territoriali privo della titolarità di competenze in via esclusiva, neppure in relazione all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi ultimi e l'Unione europea – conservi davvero il modello di Stato regionale delineato dalla Costituzione del 1948;
   b) si dovrebbe verificare, infine, l'opportunità di prevedere, nell'ambito degli interventi previsti dal Programma nazionale di riforma, l'adozione di ulteriori misure volte, da un lato, ad adeguare i contenuti della legge 7 aprile 2014, n. 56, al nuovo quadro istituzionale delineato dalla riforma costituzionale in discussione, che prevede, tra l'altro, la soppressione dell'ente territoriale provincia, avviando, nel contempo, una riflessione volta all'individuazione della dimensione ottimale degli enti territoriali allo scopo di assicurare il più virtuoso esercizio delle funzioni loro costituzionalmente attribuite.