CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 aprile 2015
421.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-05267 Sandra Savino: Rafforzamento degli strumenti di carattere tributario in favore dei soggetti portatori di disabilità e delle loro famiglie.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'onorevole interrogante chiede quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di rafforzare gli strumenti di carattere tributario in favore dei soggetti portatori di disabilità e delle loro famiglie, rafforzando le deduzioni dal reddito imponibile e le detrazioni dall'imposta lorda ai fini IRPEF, nell'ipotesi in cui non decida di modificare la normativa in materia di calcolo dell'ISEE nel senso indicato da diverse pronunce del TAR. in modo da bilanciare in ogni caso gli effetti peggiorativi a danno di tali soggetti determinato dal nuovo regime ISEE rispetto al previgente regime.
Al riguardo, sentiti gli Uffici competenti dell'Amministrazione finanziaria in merito alla richiesta di rafforzare le misure agevolative in favore dei soggetti disabili e delle loro famiglie, giova ribadire che qualsivoglia iniziativa normativa dovrà necessariamente tener conto degli effetti negativi sui saldi di finanza pubblica per i quali è opportuno reperire idonei mezzi di copertura finanziaria.
  Con specifico riferimento alla modifica dell'attuale normativa in materia di nuovo calcolo dell'ISEE alla luce delle recenti pronunce del TAR citate nel documento in esame, si rappresenta quanto riferito dal competente Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.
  Le sentenze n. 2454. 2458 e 2459 dell'11 febbraio 2015 del TAR del Lazio, emanate in seguito ai ricorsi proposti da alcune Associazioni di categoria che tutelano gli interessi delle persone disabili nonché da alcuni diretti interessati e dai loro familiari, per ottenere l'annullamento del DPCM 5 dicembre 2013, n. 159. in materia di revisione dei criteri dell'ISEE, in accoglimento parziale dei ricorsi medesimi, hanno annullato l'articolo 4, comma 2, lettera f) del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ricomprende nella nozione di reddito ai fini ISEE «i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incinse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche».
  A giudizio del Tar, nella nozione di reddito di cui al predetto DPCM n. 159 del 2013 sono stati illegittimamente ricompresi anche gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo, indennitario e/o risarcitorio a favore delle situazioni di disabilità quali le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico.
  Secondo i giudici amministrativi, il Governo sarebbe andato oltre la previsione della norma primaria, secondo la quale il nuovo ISEE avrebbe dovuto utilizzare una «nozione di reddito disponibile, che includa la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale» (articolo 5, decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011. n. 214). Secondo il Tar, infatti, tale norma andava interpretata nel senso di considerare ai fini del calcolo dell'ISEE le forme di reddito sottratte al fisco (ad esempio, il reddito prodotto presso organismi internazionali) e non già i trattamenti concessi dalle amministrazioni pubbliche.
  Va sottolineato che si tratta di una questione largamente dibattuta, e a cui il Pag. 149Governo ha dedicato e dedica tuttora particolare attenzione nella consapevolezza delle difficoltà che quotidianamente devono affrontare i disabili e le loro famiglie, specie le più bisognose. In particolare si segnala quanto ampio e articolato sia stato il dibattito in Parlamento, dapprima, durante l’iter di conversione del citato decreto-legge n. 201 del 2011 e, poi, nella formulazione dei pareri delle Commissioni parlamentari sul regolamento attuativo. In tale contesto si fa doverosamente presente che. contrariamente a quanto asserito nell'atto parlamentare, non si può affermare né che il nuovo ISEE sia meno favorevole del precedente alle persone con disabilità, né che gli effetti delle sentenze siano favorevoli, in via generale, alle persone con disabilità. Da un lato si registrano, infatti, numerose voci provenienti dai Comuni che paventano pesantissime ripercussioni sui bilanci comunali a seguito dell'applicazione del sistema di franchigie per i disabili, che renderebbero il nuovo strumento di fatto più favorevole. Dall'altro, si segnala come importanti associazioni, tra quelle maggiormente rappresentative delle persone con disabilità, in merito alle sentenze del TAR si siano riservate di valutare gli effetti delle sentenze medesime, temendo effetti inattesi (e non sempre favorevoli) dalla loro applicazione.
  Quanto al decisum del TAR. si fa presente che lo stesso coinvolge la questione della corretta rappresentazione della disponibilità di risorse nella costruzione dell'ISEE; in proposito giova sottolineare che la mancata considerazione, nella disciplina previgente, di quei trasferimenti esenti da imposizione fiscale, poneva comunque problemi nell'identificare il livello delle condizioni economiche di un nucleo familiare. Laddove l'esiguità delle risorse imponga un razionamento, l'indicatore definito dalla normativa previgente paradossalmente favoriva quei nuclei familiari che rientravano in una delle categorie che già beneficiavano di indennità esenti da imposte e che quindi già godevano di qualche sostegno, a discapito di quelle famiglie appartenenti a gruppi esclusi dal nostro sistema di welfare, ancora così tanto categoriale e segmentato. Di ciò è data evidenza nella letteratura valutativa del vecchio ISEE nonché dai rapporti di monitoraggio predisposti negli anni dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
  Inoltre, proprio nei confronti delle persone con disabilità e solo per esse, il regolamento ISEE ha previsto una disciplina di favore istituendo franchigie – di per sé già superiori alla gran parte dei trattamenti – e permettendo di detrarre totalmente l'ammontare percepito se utilizzato per spese di assistenza personale o per collaboratori domestici (oltre alla possibilità di detrarre le spese relative alla disabilità detraibili e deducibili fiscalmente). Le franchigie sono inoltre differenziate in base alla gravità della condizione di disabilità, producendo il risultato di essere particolarmente più vantaggiose per le persone con disabilità più grave e più bisognose dal punto di vista economico. Si tratta di una serie di miglioramenti apportati alla disciplina previgente in favore delle persone con disabilità, laddove il vecchio indicatore – con il meccanismo della maggiorazione della scala di equivalenza – finiva per favorire le famiglie in condizioni economiche più agiate e indifferenziatamente rispetto alla gravità del bisogno. In ultimo, ma non in ordine di importanza, è stata prevista la possibilità di costituire un nucleo a sé stante per la persona con disabilità maggiorenne che rimane a carico dei genitori.
  Con riferimento alla richiesta specifica di conoscere le determinazioni del Governo in materia, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali fa presente che la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi – con propria nota in data 2 aprile 2015 ha manifestato di condividere la posizione espressa dal Ministero in ordine all'opportunità di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato, previa sospensione dell'esecutività delle sentenze impugnate.
  Il Ministero del Lavoro evidenzia che resta aperta la possibilità di sviluppare Pag. 150eventuali momenti di confronto con i soggetti portatori di interessi al fine di proporre l'adozione di misure correttive.
  A tal fine, è stato inviato alla firma del Ministro del Lavoro lo schema di decreto istitutivo del Comitato consultivo previsto dall'articolo 12, comma 6, del predetto 5 dicembre 2013, n. 159, che deve monitorare l'attuazione della disciplina dell'ISEE e valutare le eventuali proposte di correttivi.

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ALLEGATO 2

5-05268 Causi: Chiarimenti sul regime di detraibilità IVA degli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione in presenza di finanziamenti comunitari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, nel richiamare il ruolo del Fondo Sociale Europeo, quale strumento di sostegno delle misure dirette a prevenire e combattere la disoccupazione e sviluppare le risorse umane, sollecitano l'adozione di iniziative legislative ed interpretative dirette a chiarire la qualificazione ai fini della disciplina IVA dei contributi erogati dal predetto fondo nonché degli acquisti di beni e servizi effettuati dai beneficiari di tali sovvenzioni.
  In particolare, gli Onorevoli chiedono che venga riconosciuta la detrazione dell'imposta, assolta sugli acquisti posti in essere dagli organismi di formazione professionale che ricevono finanziamenti dal Fondo sociale europeo alla luce di quanto previsto dall'articolo 19, comma 2 e 3 lettera c), del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente giova osservare che. ai fini IVA. le elargizioni di denaro pubblico che non abbiano il carattere di corrispettività (i.e. contributi a fondo perduto) sono tendenzialmente neutre in quanto non incidono sulla determinazione dell'imposta, né dal lato attivo (del soggetto erogante) né dal lato passivo (del soggetto beneficiario).
  Per il soggetto erogante, che operi nella qualità di soggetto passivo d'imposta, la neutralità dei contributi è direttamente desumibile:
   dall'articolo 2, terzo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633. in base al quale «Non sono considerate cessioni di beni: a) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;[...]»;
   dall'articolo 19, terzo comma, lettera c), del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in base al quale – in deroga al divieto generale di detrazione previsto per le operazioni che, a valle, non danno luogo alla realizzazione di operazioni imponibili (come nel caso di operazioni escluse da IVA) – è ammesso il recupero dell'imposta assolta sugli acquisti di beni e servizi effettuati a monte dal soggetto che ha posto in essere la cessione di denaro (fuori campo IVA).

  Specularmente, per il soggetto beneficiario del contributo a fondo perduto, nel caso di specie l'ente di formazione, il diritto a detrazione non è pregiudicato dalla natura contributiva delle somme percepite, bensì dipende esclusivamente dal regime impositivo delle operazioni attive dal medesimo poste in essere.
  Pertanto, per il soggetto beneficiario, il diritto a detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi «finanziati» da contributi fuori campo IVA, è soggetto alle regole di carattere generale che disciplinano il diritto di detrazione di cui agli articoli 19 e seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  In particolare, in base all'articolo 19, primo comma, del decreto del Presidente Pag. 152della Repubblica n. 633 del 1972, la detrazione dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi compete nella misura in cui detti beni e servizi sono impiegati per realizzare operazioni imponibili o a queste assimilate.
  Non è, dunque, detraibile l'IVA relativa all'acquisto di beni e di servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, salvo le deroghe previste dall'articolo 19. terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  È il caso di precisare che nei confronti del soggetto beneficiario non opera la deroga riconosciuta dall'articolo 19, terzo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. trattandosi - come innanzi precisato – di una previsione da intendersi riferita agli acquisti di beni e di servizi effettuati dal soggetto erogante (colui che pone in essere l'operazione di cessione di denaro).
  In senso conforme ai principi sopra enunciati, questa Direzione si è espressa più volte, in numerosi documenti di prassi, in cui è stato chiarito che la detraibilità dell'IVA pagata all'atto dell'acquisto di beni e servizi da parte di un soggetto che agisce nell'esercizio di impresa, arte o professione, non risulta influenzata dalla percezione di erogazioni di carattere contributivo; l'IVA è detraibile nella misura in cui il soggetto passivo utilizza detti beni e servizi per l'effettuazione di operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto (cfr. risoluzione 11 marzo 2009. n. 61 E; circolare 19 luglio 2007, n. 46/E; risoluzione 25 luglio 2005, n. 100/E; risoluzione 16 marzo 2004. n. 42/E; circolare 24 dicembre 1997, n. 328).
  Ciò premesso, alla luce della disciplina sopra richiamata, in relazione alla questione rappresentata dagli interroganti, si ribadisce il principio di carattere generale in base al quale per i beni e i servizi utilizzati esclusivamente per realizzare operazioni fuori campo IVA – rectius, servizi di formazione fuori campo IVA in quanto non riconducibili ad un rapporto caratterizzato dal nesso di sinallagmaticità – non compete alcuna detrazione d'imposta.
  Peraltro, qualora i beni e i servizi acquistati siano utilizzati promiscuamente. Vale a dire impiegati per realizzare sia operazioni imponibili sia operazioni fuori campo IVA, a fronte dell'imposta assolta su tali acquisti spetta una detrazione rapportata all'entità del loro impiego nelle operazioni soggette ad imposta (cfr. articolo 19, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972: «Per i beni ed i servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all'imposta la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni [...]».
  Come chiarito con la circolare n. 328 del 1997, in merito al criterio di ripartizione dell'imposta tra la quota detraibile e la quota indetraibile, la norma non detta alcuna regola specifica, demandando al contribuente la scelta del criterio più appropriato purché sia oggettivo e coerente in considerazione della natura dei beni e servizi acquistati.
  È il caso di precisare, altresì, che, qualora il soggetto passivo realizzi, oltre alle operazioni escluse dal campo di applicazione dell'imposta, anche operazioni imponibili e operazioni esenti (ad esempio, nell'ipotesi in cui l'organismo di formazione accreditato fornisca, oltre ai servizi di formazione fuori campo, anche servizi di formazione esenti da IVA, ai sensi dell'articolo 10, primo comma, n. 20) del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e servizi di formazione imponibili) occorre scomputare, preliminarmente, dall'ammontare complessivo dell'IVA assolta sugli acquisti di beni e servizi la quota-parte indetraibile ai sensi dell'articolo 19, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in quanto specificamente imputabile ad operazioni fuori campo IVA. L'importo ammesso in detrazione dovrà essere calcolato sulla quota residua (risultante dal predetto scomputo) applicando la percentuale di detrazione di cui Pag. 153all'articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.
  È opportuno sottolineare, inoltre, che tale impostazione è perfettamente coerente con il principio di integrità dei pagamenti a valere sul Fondo Sociale Europeo sancito dall'articolo 80, del regolamento comunitario n. 1083/2006, in base al quale non si applica nessuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione degli importi dovuti ai beneficiari. Si evidenzia, infatti, che le somme derivanti dal predetto Fondo, in quanto riconducibili – secondo i termini anzidetti – nell'ambito di contributi fuori campo IVA. non sono «decurtate» dell'IVA corrispondente, bensì sono erogate al soggetto beneficiario per l'intero ammontare.
  Per quanto riguarda, invece, le preoccupazioni espresse circa l'incidenza negativa dell'indetraibilità dell'IVA sul livello delle prestazioni formative erogabili attraverso i finanziamenti del Fondo sociale europeo, pur comprendendo la rilevanza delle ricadute e gli eventuali impatti sociali, si evidenzia che la lettura finora data alle disposizioni nazionali concernenti la detrazione IVA è l'unica compatibile con le disposizioni della direttiva CE 112/2006. alle quali le normative degli Stati membri, e le relative interpretazioni devono necessariamente conformarsi.

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ALLEGATO 3

5-05269 Sberna: Istituzione della Commissione sull'economia non osservata e l'evasione fiscale e della Commissione sulle spese fiscali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'onorevole interrogante chiede di conoscere lo stato dei lavori per l'attuazione della lettera d), dell'articolo 3 della legge 11 marzo 2014, n. 23. concernente l'istituzione di una Commissione per la predisposizione del rapporto annuale sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva.
  Al riguardo, si rappresenta che è in fase di predisposizione il decreto per l'attuazione della disposizione di cui trattasi che verrà emanato nei tempi previsti per l'attuazione della delega.

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ALLEGATO 4

5-05270 Paglia: Dati relativi ai mutui ipotecari residenziali compresi nell'ambito dei crediti deteriorati.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione immediata in Commissione l'On. Paglia nel richiamare la situazione dei crediti deteriorati nel sistema bancario italiano, formula alcuni quesiti circa i non performing loans (NPL) assistiti da garanzie reali.
  Al riguardo, sentita in proposito la Banca d'Italia, si fa presente che le informazioni relative allo «stato attuale dei non performing loans nel nostro Paese, con particolare riferimento a quelli supportati da garanzie reali» sono disponibili nel Bollettino Statistico (1-2015, sezione B), che contiene dati dettagliati al 31 dicembre 2014 sui finanziamenti deteriorati (Tavole B4, pag. 82 e seguenti). Per le sole sofferenze (Tavola B4.9) sono disponibili i dati relativi ai crediti assistiti da garanzia reale (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bollettino-statistico/2015-bolstat/bolstat–1–2015.pdf).
  I dati relativi all'incidenza dei crediti garantiti per ciascuna tipologia di credito deteriorato sono disponibili con riferimento al 30 giugno 2014 nel Rapporto sulla Stabilità Finanziaria (tavola 3.4, pag. 36, (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/rapporto-stabilita/2014-2/RFS”-2014.pdf).
  Con riguardo, poi, alla richiesta di «dati relativi alla quantità di mutui ipotecari residenziali, in particolare collegati a prima casa, fra i NPL», la Banca d'Italia ha segnalato che il dato sull'ammontare complessivo di prestiti a famiglie consumatrici per l'acquisto di abitazioni – con dettaglio dei crediti in bonis, deteriorati, scaduti, incagli e sofferenze – a fine giugno 2014 è disponibile nella tavola 2.1 del citato Rapporto sulla Stabilità Finanziaria (pag. 19).

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ALLEGATO 5

5-05271 Pesco: Controlli sulla trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri da parte dei punti vendita delle imprese operanti nel settore della grande distribuzione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante richiama la disciplina di cui all'articolo 1, commi 429 e seguenti, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. che ha previsto la trasmissione telematica dell'ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e di prestazioni di servizi, di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972. n. 633.
  In particolare, l'Onorevole chiede di conoscere il numero dei punti vendita che annualmente ha esercitato l'opzione in argomento, quali forme di controllo sono state eseguite per verificare l'attendibilità dei dati forniti e quanti sono i controlli che sono stati effettuati in relazione al numero dei contribuenti beneficiari dell'opzione stessa.
  Al riguardo, sentita l'Agenzia delle entrate, si osserva quanto segue.
  Sulla base delle comunicazioni trasmesse, in ottemperanza delle regole tecniche di cui al provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate attuativo dell'articolo 1, comma 431, della legge n. 311/2004, sino alla fine dell'anno 2014, risulta che:
   il numero dei soggetti che hanno aderito all'opzione di trasmissione telematica in argomento è pari a 217 unità;
   il numero dei punti vendita collegati a tali soggetti è pari a 7.491 unità.

  In merito alle attività di controllo nei confronti dei soggetti in argomento, si fa presente che la gran parte degli stessi rientra nelle categorie che l'Agenzia delle entrate definisce di «medio grandi dimensioni».
  In relazione alla quota parte dei soggetti di grandi dimensioni (ossia soggetti che hanno dichiarato un volume d'affari/ricavi superiore a 100 milioni di euro), l'Agenzia delle entrate ha attivato un controllo sostanziale, ai sensi dell'articolo 27, comma 9, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2009. n. 2. entro l'anno successivo a quello della presentazione delle dichiarazioni, realizzato in modo selettivo sulla base di specifiche analisi di rischio (cosiddetto «tutoraggio»).
  Per la restante parte dei soggetti in argomento l'Agenzia riferisce che è comunque prevista un'attività di analisi del rischio, anche mediante il confronto tra i dati dichiarativi e di bilancio, che consente un controllo conseguente al grado di rischio determinato sul soggetto.
  A seguito di tali attività, con riferimento ai periodi d'imposta dal 2006 in poi, sono stati emessi 236 atti di accertamento.

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ALLEGATO 6

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (Atto n. 146).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Atto n. 146);
   rilevato come lo schema di decreto legislativo rechi un'ampia serie di modifiche al Codice delle assicurazioni private (CAP) di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005;
   evidenziato come la direttiva 2009/138/CE armonizzi le legislazioni degli Stati membri in materia assicurativa, al fine di fornire alle imprese un quadro giuridico unitario nel quale esercitare la propria attività nel mercato interno;
   rilevato inoltre come il quadro normativo delineato dalla direttiva intenda migliorare la quantità e qualità dei requisiti patrimoniali delle imprese di assicurazione, nonché conferire alle autorità di vigilanza gli strumenti appropriati per determinare la solvibilità complessiva delle imprese di assicurazione e riassicurazione;
   sottolineato altresì come la direttiva riveda la vigilanza prudenziale sul settore assicurativo, seguendo un approccio orientato al rischio, secondo il quale le imprese dovranno tenere in considerazione tutti i rischi ai quali sono esposte, tenendo conto anche dei rischi dal lato dell'attivo e delle interrelazioni tra tutti i rischi in capo all'impresa, gestendo tali rischi in maniera efficace ed efficiente;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) valuti il Governo l'opportunità di inserire nel Titolo III, Capo IV, del CAP, dopo l'articolo 44-bis, una norma che vieti la possibilità di effettuare distribuzioni di utili o di altri elementi del patrimonio in relazione agli elementi dei fondi propri, tra cui il capitale, in caso di inosservanza del requisito patrimoniale di solvibilità, in quanto, dando certezza normativa a tale aspetto si eviterebbe che ogni singola società sia costretta a modificare il proprio statuto, con possibili diverse modalità, nonché in quanto, in tal modo, tutti gli azionisti assicurativi avrebbero un uguale trattamento e si eviterebbero gravosi oneri per le imprese;
   b) con riferimento all'articolo 76 del Codice delle assicurazioni private, come modificato dall'articolo 1, comma 94, dello schema di decreto, il quale estende l'obbligo di possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza già previsti per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo, anche a coloro che svolgono funzioni fondamentali presso le imprese di assicurazione, valuti il Governo l'opportunità di specificare che il predetto obbligo si riferisce solo ai titolari o responsabili di tali funzioni fondamentali, in armonia con il dettato della direttiva 2009/138/CE, valutando altresì l'opportunità di modulare i requisiti di professionalità secondo un Pag. 158principio di proporzionalità e tenendo conto della rilevanza e complessità del ruolo ricoperto;
   c) con riferimento all'articolo 102 del CAP, relativo alla revisione del bilancio delle imprese di assicurazione e riassicurazione, come modificato dall'articolo 1, comma 106, dello schema di decreto, il quale prevede che la relazione del revisore o della società di revisione esprime anche un giudizio sulla sufficienza delle riserve tecniche dell'impresa, valuti il Governo l'opportunità di individuare meccanismi volti a garantire che tale attività di revisione dei bilanci delle imprese di assicurazione e riassicurazione avvenga nel rispetto dei principi di revisione ISA Italia a cui si attengono i revisori legali e le società di revisione legale, attraverso interventi di coordinamento con la disciplina nazionale vigente, eventualmente mediante l'adozione di regolamenti IVASS che ne garantiscano l'applicazione per quanto riguarda la specifica tematica delle riserve tecniche;
   d) valuti il Governo l'opportunità di definire con maggiore precisione gli ambiti di competenza delle diverse autorità di vigilanza che a vario titolo esercitano poteri sul settore assicurativo, assicurando, in armonia con la previsione dell'articolo 247, comma 8, della direttiva 2009/138/CE, nonché con gli sviluppi della normativa comunitaria in materia, la massima collaborazione tra di esse, al fine di garantire la migliore efficacia degli assetti di vigilanza pubblicistica in materia, in particolare evitando duplicazioni, sovrapposizioni o conflitti di competenza tra le medesime autorità;
   e) con riferimento alla lettera e) del comma 3-bis dell'articolo 188 del CAP, come modificato dall'articolo 1, comma 115, dello schema di decreto legislativo, laddove si prevede che l'IVASS possa disporre la rimozione dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione e controllo, nonché dei titolari di funzioni fondamentali presso le imprese di assicurazione, valuti il Governo se tale previsione trovi specifica rispondenza nel contenuto della direttiva 2009/138/CE, valutando altresì l'opportunità di circoscrivere tale potere di rimozione ai soli esponenti aziendali che svolgono funzioni di amministrazione, di direzione e controllo, analogamente a quanto previsto in ambito creditizio dagli articoli 70-bis e 98-bis del TUB, come introdotti dallo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva CRD IV (Atto n. 147);
   f) valuti il Governo l'opportunità, al fine di garantire parità di trattamento degli assicurati e di salvaguardare la stabilità dei mercati, di prevedere, nel caso di eccezionali condizioni dei mercati finanziari o dei titoli governativi, che con provvedimento governativo, sentito l'IVASS, possa essere disposto il differimento delle scadenze sulle polizze e il collegamento del valore di riscatto al valore degli attivi posti a copertura delle riserve, considerato anche che una norma analoga è prevista per i fondi comuni dall'articolo 7, comma 3, del TUF;
   g) con riferimento all'articolo 189, comma 2, del CAP come modificato dall'articolo 1, comma 116, dello schema di decreto, che consente all'IVASS di avvalersi di esperti esterni per le ispezioni nei confronti delle imprese che hanno a oggetto i modelli interni di cui al Titolo III, Capo IV-bis, Sezione III del CAP, valuti il Governo l'opportunità, in considerazione dell'eccezionalità e specificità della disposizione, di limitare temporalmente l'efficacia della previsione al 31 dicembre 2016;
   h) con riferimento all'articolo 191, comma 1, del CAP, come sostituito dall'articolo 1, comma 119, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di integrare la disposizione nel senso di prevedere che l'IVASS può adottare regolamenti o altre disposizioni di carattere generale, nelle materie elencate dallo stesso comma 1, anche per l'attuazione delle raccomandazioni, delle linee-guida e delle altre disposizioni emanate dalle Autorità di vigilanza europee;
   i) con riferimento all'articolo 210, comma 2, del CAP, come modificato dell'articolo Pag. 1591, comma 147, dello schema di decreto, relativo alla vigilanza dell'IVASS sui gruppi assicurativi, valuti il Governo l'opportunità di specificare la definizione a tali fini di società capogruppo, facendo riferimento alla società che sia in grado di esercitare un'effettiva attività di direzione e coordinamento sulle altre società del gruppo;
   l) con riferimento agli articoli 214 e 214-bis del CAP, come sostituiti dall'articolo 1, comma 151, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di prevedere che l'IVASS, nell'ambito della vigilanza sui gruppi assicurativi, può effettuare ispezioni, oltre che presso le società del gruppo, anche presso i soggetti che svolgono funzioni parzialmente comprese nel ciclo operativo delle società indicate dall'articolo 210-ter, comma 2, del CAP, nonché di prevedere che la stessa IVASS possa esercitare nei confronti della società capogruppo i poteri di intervento previsti dall'articolo 188 del CAP;
   m) con riferimento all'articolo 311, comma 3, del CAP, valuti il Governo l'opportunità di prevedere che le sanzioni amministrative pecuniarie ivi previste si applicano anche nel caso di mancata alienazione, entro i termini stabiliti dall'IVASS ai sensi dell'articolo 77, comma 4, del CAP, delle partecipazioni nelle imprese di assicurazione e riassicurazione eccedenti le soglie previste dallo stesso articolo 77;
   n) valuti il Governo l'opportunità di integrare lo schema di decreto nel senso di prevedere che le sanzioni previste dal Titolo XVIII, Capo II, del CAP si applicano anche in caso di inosservanza del Regolamento UE n. 2015/35, delle norme tecniche di regolamentazione e di attuazione emanate dalla Commissione europea ai sensi degli articoli 10 e 15 del Regolamento UE n. 1094/2010, ovvero in caso di inosservanza degli atti dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) direttamente applicabili ai soggetti vigilati, adottati ai sensi di tale ultimo Regolamento;
   o) con riferimento all'articolo 335 del CAP, come modificato dell'articolo 1, comma 191, dello schema di decreto, relativo al contributo di vigilanza dovuto all'IVASS dalle imprese di assicurazione e riassicurazione, dalle relative sedi secondarie e dalle mutue di assicurazione, valuti il Governo l'opportunità di specificare che tutti i contributi dovuti da tali soggetti devono intendersi calcolati al netto di un'aliquota per oneri di gestione sostenuti dai medesimi soggetti;
   p) valuti il Governo l'opportunità di assicurare il massimo coordinamento tra le previsioni del CAP e quelle del TUB, in particolare:
    1) prevedendo che l'articolo 76 del CAP, relativo ai requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza degli esponenti aziendali e dei soggetti che svolgono funzioni fondamentali nelle imprese di assicurazione, modificato dall'articolo 1, comma 94, dello schema di decreto, sia formulato in termini speculari all'articolo 26 del TUB, come sostituito dall'articolo 1, comma 13, dello schema di decreto recante recepimento della direttiva 2013/36/UE, relativo all'idoneità allo svolgimento degli esponenti aziendali delle banche;
    2) prevedendo che l'articolo 77 del CAP, relativo ai requisiti dei partecipanti al capitale delle imprese di assicurazione, modificato dall'articolo 1, comma 95, dello schema di decreto, sia formulato in termini speculari all'articolo 25 del TUB, come sostituito dall'articolo 1, comma 12, dello schema di decreto recante recepimento della direttiva 2013/36/UE, relativo ai partecipanti al capitale delle banche;

   q) valuti il Governo l'esigenza di rafforzare le risorse umane e professionali dell'IVASS, alla luce delle nuove competenze affidate all'Istituto dal nuovo sistema normativo sotteso alla direttiva Solvency II, perseguendo prioritariamente a tal fine ogni possibile sinergia con la Banca d'Italia.

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ALLEGATO 7

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (Atto n. 146).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAI DEPUTATI PESCO E ALTRI

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Atto n. 146);
   premesso che:
    il suddetto schema di decreto prevede una modifica sostanziale delle disposizioni del Codice delle assicurazioni private (CAP) di cui al decreto legislativo n. 209 del 2005, con l'obiettivo di migliorare la quantità e la qualità dei requisiti patrimoniali delle imprese di assicurazione e porre in essere un rafforzamento della vigilanza prudenziale sugli istituti assicurativi e riassicurativi al fine di ridurre i rischi di solvibilità dei medesimi;
   considerato che:
    sebbene le finalità ultime dello schema di decreto legislativo siano condivisibili in linea di principio, il medesimo schema desta alcune perplessità sotto vari aspetti:
    a) l'articolo 188, comma 3, del CAP, come modificato dal comma 115 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, amplia i poteri di intervento dell'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS); la disposizione in commento attribuisce all'Autorità di vigilanza l'adozione di qualsiasi potere nei confronti sia delle imprese di assicurazione o di riassicurazione sia dei relativi membri dei loro organi amministrativi, direttivi o di vigilanza; tale disposizione risulta essere eccessivamente ampia e generale e per tal motivo non propriamente opportuna nell'ambito di una precisa delimitazione dei poteri di vigilanza; nello specifico, il medesimo articolo 188 attribuisce all'IVASS il potere di vietare la commercializzazione di specifici prodotti, di effettuare determinate operazioni, di distribuire gli utili e di rimuovere gli esponenti aziendali ed i titolari delle funzioni fondamentali; tali disposizioni non si enucleano con tale linearità nella legge 7 ottobre 2014, n. 154, relativa al recepimento delle direttive europee e all'attuazione degli altri atti dell'Unione Europea: per tal motivo sarebbe preferibile limitarsi alle disposizioni della direttiva senza ulteriori specificazioni, diversamente si potrebbe configurare un eccesso di delega, con tutte le conseguenze ipotizzabili sul piano normativo e giurisdizionale;
    b) la lettera e) del comma 3-bis, introdotto dal comma 115 dell'articolo 1 dello schema di decreto nell'articolo 188 del CAP, introduce il potere dell'IVASS di rimuovere i titolari delle funzioni fondamentali; questa disposizione non trova alcuna corrispondenza normativa nel dettato normativo della direttiva: quindi, oltre a configurare un eccesso di delega, non trova nemmeno corrispondenza analogica nel dettato normativo di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, il quale prevede che la Banca d'Italia possa esercitare i suoi poteri esclusivamente nei Pag. 161confronti degli «esponenti aziendali» ovverosia dei soggetti che svolgono funzioni amministrative, direttive e di controllo: per tal motivo, considerato che la responsabilità ultima del sistema di governo societario compete all'organo amministrativo e che l'IVASS abbia il potere di disporre la rimozione dei membri del citato organo, la disposizione in commento sembra eccessiva e non perfettamente coerente con il complesso del sistema normativo vigente;
    c) l'articolo 189, comma 2, del CAP, come modificato dal comma 116 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, prevede che l'IVASS, nelle ispezioni nei confronti delle imprese assicurative, possa avvalersi di «esperti esterni», tra cui revisori dei conti ed attuari, ma a carico delle medesime imprese, in aggiunta al contributo di vigilanza (calcolato sul volume complessivo degli incassi); la funzione di vigilanza rappresenta e tutela un interesse pubblico, motivo per il quale non si spiega perché debba essere interamente a carico dei soggetti vigilati; al fine di tutelare le risorse erariali si potrebbe prevedere un aumento delle sanzioni di natura amministrativa, avendo le stesse anche efficacia dissuasiva, ma porre a carico dei soggetti vigilati i costi della funzione di vigilanza non sembra corretto sul piano normativo, infatti, nel caso dell’Asset Quality Review (AQR) in ambito bancario, la Banca d'Italia ha la possibilità di esternalizzare alcune funzioni ispettive con oneri a carico della stessa Banca d'Italia;
    d) lo schema di decreto legislativo introduce nel Titolo III del CAP un Capo II-bis, relativo alla la disciplina in materia di investimenti; nonostante il principale obiettivo dello schema di decreto legislativo sia garantire un ampio margine di solvibilità delle imprese assicurative e porre in essere una vigilanza prudenziale, consente alle medesime imprese di assicurazione di investire in strumenti finanziari derivati: non si comprende perché, in materia di vigilanza, lo stesso schema preveda una puntuale precisazione dei poteri dell'IVASS e, in materia di investimenti, aspetto di primaria importanza per garantire la solvibilità delle imprese assicurative, non vieti gli investimenti in specifici strumenti derivati da ritenersi pregiudizievoli oppure non fornisca una maggiore e più dettagliata precisazione delle operazioni da ritenersi ammissibili;
    e) la disciplina introdotta dal nuovo Titolo XV del CAP, relativa alla vigilanza sui gruppi assicurativi, non prevede l'esercizio dei poteri ispettivi dell'IVASS nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni comprese nel ciclo operativo delle società capogruppo e non prevede l'esercizio, da parte dello stesso IVASS, dei poteri di intervento di cui all'articolo 188 del CAP nei confronti delle società capogruppo;
    f) le sanzioni pecuniarie in materia di mancata comunicazione e autorizzazione circa l'assunzione di partecipazioni soggette a comunicazione preventiva e autorizzazione preventiva non sembrerebbero essere estese anche alle ipotesi di mancata alienazione delle medesime partecipazioni;
    g) risulta assente un prospetto volto ad accertare la concordanza tra la direttiva oggetto del recepimento e lo schema di decreto legislativo in esame, disattendendo le prescrizioni indicate dai competenti organi europei;
    h) la legge di delegazione europea 2014, che risulta attualmente all'esame del Senato (A.S. 1758), prevede, all'articolo 7, una delega al Governo per il recepimento della direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID II) e l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni di cui al regolamento UE n. 600 del 2014 sui mercati degli strumenti finanziari: per tale motivo, al fine di procedere a un corretto riordino delle autorità nazionali preposte alla vigilanza, sarebbe opportuno sospendere l'esame del presente schema di decreto legislativo e coordinare le disposizioni di cui all'articolo 3 del medesimo con le disposizioni della legge di delegazione europea, la direttiva Pag. 1622014/65/UE ed il regolamento UE n. 600 del 2014; si evidenzia altresì come la governance dell'IVASS risulti strettamente connessa a quella della Banca d'Italia; questa impostazione potrebbe pregiudicare l'indipendenza in materia di regolamentazione e vigilanza del settore assicurativo: infatti, in seguito alle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 133 del 2013, le imprese assicurative e le banche partecipanti al capitale della Banca d'Italia potrebbero influenzare la governance e l'esercizio dei relativi poteri, con il conseguente rischio di possibili alterazioni del mercato; al fine di eliminare ogni possibile pregiudizio, anche solamente in linea di principio, sarebbe più opportuno che la nomina della governance degli Istituti di vigilanza sia subordinata al controllo parlamentare, con un'ampia partecipazione anche delle minoranze parlamentari; la vigilanza e la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso è di interesse pubblico e non può non essere controllata dagli organi parlamentari,
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PARERE CONTRARIO

Pesco, Villarosa, Cancelleri, Alberti, Ruocco, Pisano

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ALLEGATO 8

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Atto n. 147).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAI DEPUTATI PESCO E ALTRI

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante norme per l'attuazione della direttiva 2013/36/UE, che modifica la direttiva 2002/87/UE ed abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, relativamente all'accesso all'attività degli enti creditizi, nonché alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento;
   premesso che:
    il suddetto schema dispone una modifica sostanziale delle disposizioni del Testo unico bancario (TUB) di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385 e del Testo unico finanziario (TUF) di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in particolar modo prevedendo:
    a) una complessiva riforma dei requisiti degli esponenti aziendali e dei principali partecipanti al capitale, riferita sia al settore bancario e creditizio sia agli enti operanti nel settore finanziario;
    b) un rafforzamento dei poteri di intervento e correttivi delle Autorità di vigilanza – Banca d'Italia e CONSOB – mediante l'introduzione del potere di removal che consente la rimozione di uno o più esponenti aziendali al verificarsi dei presupposti di legge;
    c) l'obbligo di astensione dei soci e degli amministratori nelle delibere in cui presentino un interesse in conflitto;
    d) l'abolizione della propedeuticità della previa deliberazione del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio nell'esercizio del potere regolamentare della Banca d'Italia;
   considerato che:
    l'articolo 1, comma 3, del TUB, così come modificato dal comma 1, lettera f), dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo, elimina l'obbligo per la Banca d'Italia di adeguarsi alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio per l'ulteriore definizione – rispetto alla nozione di legge – del concetto di «stretti legami» tra banca e soggetti italiani o esteri;
    l'articolo 4, comma 1, del TUB, così come modificato dal comma 2 dell'articolo 1 dello schema di decreto in esame, elimina il potere propositivo della Banca d'Italia al Comitato interministeriale per il Credito ed il Risparmio in materia di vigilanza, quindi per tutta la disciplina di cui al Titolo III del medesimo TUB;
    il comma 6 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo modifica l'articolo 12 del TUB, relativo alle modalità di emissione di obbligazioni e titoli di deposito, consentendo alla Banca d'Italia di Pag. 164esercitare il potere di disciplinarne l'emissione da parte delle banche senza conformarsi a una preventiva delibera del CICR;
    il comma 8 dell'articolo 1 del medesimo schema di decreto legislativo elimina la preventiva deliberazione del CICR anche relativamente alla disciplina – da parte della Banca d'Italia – dell'esercizio di attività non ammesse al mutuo riconoscimento effettuato dalle banche comunitarie nel territorio della Repubblica Italiana;
    la lettera b) del comma 10 dell'articolo 1 dello schema di decreto modifica il comma 9 dell'articolo 19 del TUB, escludendo il potere deliberativo del CICR in materia di acquisto di partecipazioni rilevanti negli istituti bancari;
   ritenuto che:
    il Comitato interministeriale per il Credito ed il Risparmio svolge una funzione di alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio e rappresenta un organo di vigilanza interamente pubblico che consente ai cittadini, seppur mediante una rappresentanza indiretta, di fissare i principi generali in materia di credito e risparmio;
    alle riunioni del CICR partecipa il Governatore della Banca d'Italia, senza diritto di voto: attribuire quindi alla Banca d'Italia delle competenze, per le quali la medesima Banca d'Italia disponeva finora esclusivamente del potere propositivo, senza un adeguato confronto parlamentare, limitando altresì il coinvolgimento del Parlamento a un mero parere su un atto del Governo, sembra del tutto inopportuno;
    l'eliminazione di molte delle competenze del CICR relativamente all'alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio potrebbe configurarsi come una violazione dell'articolo 47 della Costituzione, il quale prevede che: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.»;
   ritenuto altresì che:
    l'assunzione di condotte anticoncorrenziali è dissuasa dall'applicazione di sanzioni di natura amministrativa: soprattutto in condizioni di crisi economica, l'assenza di un adeguato sistema sanzionatorio indurrebbe all'adozione di pratiche anticoncorrenziali, con grave pregiudizio per l'economia e per i consumatori; il riordino delle sanzioni amministrative previsto dallo schema di decreto legislativo non sembra soddisfare tali esigenze, in quanto il massimo edittale delle sanzioni previste è pari al 10 per cento del fatturato, ma la nozione di fatturato non sembrerebbe essere delucidata e qualificata: per tale motivo potrebbero crearsi delle incertezze in sede applicativa, poiché essa potrebbe essere parametrata alla singola impresa e non al valore consolidato di un gruppo di imprese e conseguentemente ciò potrebbe vanificare il suo intrinseco effetto dissuasivo, con grave pregiudizio per il sistema bancario e finanziario nel suo complesso, comportando un'ulteriore e inopportuna riduzione del sistema di tutele a favore dei consumatori;
    le nuove sanzioni sembrerebbero riferirsi esclusivamente agli enti creditizi e non anche agli istituti di moneta elettronica;
    il comma 15 dell'articolo 1 dello schema di decreto, il quale integra l'articolo 28 del TUB, limita, anche in deroga alla normativa vigente, il diritto al rimborso delle azioni delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo nelle ipotesi in cui sia necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca: tale limitazione comprime le libertà costituzionalmente garantite;
    la pubblicazione in forma anonima dei provvedimenti sanzionatori, per di più pubblicati non più sui giornali ma solo sul sito della Banca d'Italia, appare del tutto irragionevole e potrebbe altresì pregiudicare la stabilità dei mercati finanziari, per la sua scarsa efficacia dissuasiva rispetto Pag. 165al compimento di violazioni normative pregiudizievoli per il sistema bancario e finanziario nel suo complesso;
    la modifica della disciplina delle partecipazioni nelle banche di cui all'articolo 25 del TUB, operata dal comma 12 dell'articolo 1 dello schema di decreto, non sembrerebbe prevedere l'introduzione di requisiti di indipendenza per i titolari delle partecipazioni rilevanti;
    la disciplina introdotta dal comma 19 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo in esame, relativa alla vigilanza regolamentare di cui all'articolo 53 del TUB, prevede l'obbligo di astensione per i soci e gli amministratori, in sede deliberativa, al sussistere di casi di conflitti di interesse: la mancata tipizzazione, da parte del medesimo schema di decreto legislativo, dei casi di conflitto di interesse e la mancata revisione di quelli attualmente in vigore potrebbe pregiudicare le finalità della norma introdotta;
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PARERE CONTRARIO

Pesco, Villarosa, Cancelleri, Alberti, Ruocco, Pisano

Pag. 166

ALLEGATO 9

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Atto n. 147).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAL DEPUTATO PAGLIA

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento;
   premesso che:
    lo schema di decreto legislativo in esame, al fine di recepire la direttiva 2013/36/UE che ha introdotto nell'eurozona il cosiddetto SSM (Single Supervisory Mechanism), cioè quel meccanismo di vigilanza unico del sistema bancario amministrato, in stretta collaborazione con le altre autorità di vigilanza bancaria nazionali, dalla BCE, apporta sostanziali modifiche al TUB (Testo unico bancario) e al TUF (Testo unico finanziario), prevedendo, tra l'altro, il totale svincolamento del potere regolamentare della Banca d'Italia dalla previa deliberazione del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), allo scopo di rimuovere tutte quelle residuali situazioni di ostacolo all'effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza da parte della Banca Centrale europea;
    la soluzione normativa adottata al suddetto scopo dallo schema di decreto legislativo risulta fortemente pervasiva, in quanto travalica quanto previsto sia dalla delega di cui all'articolo 3 della legge n. 154 del 2014 (Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre) sia dalla stessa direttiva 2013/36/UE, che invece si limitano a prevedere che in futuro le disposizioni di attuazione della Banca d'Italia siano emanate senza previa deliberazione del Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), senza però statuirne espressamente il suo completo superamento;
    invero, la previsione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera f), dello schema di decreto, elimina l'obbligo per la Banca d'Italia di adeguarsi alle deliberazioni del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio per l'ulteriore definizione, rispetto alla nozione di legge, del concetto di «stretti legami» tra banca e soggetti italiani o esteri; quella di cui al medesimo articolo 1, comma 2, prevede che la Banca d'Italia non formuli più proposte al CICR in materia di vigilanza; quella di cui al medesimo articolo 1, comma 6, consente alla Banca d'Italia di esercitare il potere di disciplinare l'emissione da parte delle banche di obbligazioni e titoli di deposito senza conformarsi ad una preventiva delibera CICR; quella di cui allo stesso articolo 1, comma 8, espunge il riferimento alle deliberazioni del CICR anche per quanto riguarda la disciplina, da parte Pag. 167della Banca d'Italia, dell'esercizio di attività non ammesse al mutuo riconoscimento, comunque effettuato da parte di banche comunitarie nel territorio della Repubblica; così come la lettera b) del comma 10, del medesimo articolo 1, svincola dalla delibera del CICR il potere della Banca d'Italia di emanare le disposizioni attuative della disciplina sull'acquisto di partecipazioni rilevanti; mentre quella di cui al comma 14 dell'articolo 1, abroga la disposizione che attribuiva al CICR la facoltà di disciplinare l'assunzione di cariche amministrative presso le banche da parte di dipendenti delle amministrazioni dello Stato; quella di cui al comma 16 del medesimo articolo 1 svincola inoltre dalla conformità al parere del CICR il potere della Banca d'Italia di fissare la misura, la composizione e le modalità per il versamento della cauzione che le banche emittenti sono tenute a costituire presso la medesima Banca d'Italia a fronte della circolazione degli assegni circolari;
    a seguito dell'entrata in vigore delle suddette disposizioni il Comitato interministeriale per il Credito e il Risparmio vedrebbe decadere le sue residue funzioni di indirizzo economico di politica monetaria e di alta vigilanza del sistema del credito affidategli, fino ad oggi, in qualità di organismo politico-collegiale di nomina governativa e pertanto espressione della sovranità nazionale; inoltre le stesse disposizioni allargherebbero ulteriormente quel distacco fra la politica e la Banca d'Italia determinatosi dopo l'inserimento dell'Istituto nel Sistema europeo delle Banche centrali (SEBC), e la cui regolamentazione è anch'essa, in larga misura, determinata a livello comunitario;
    con riferimento alla disciplina delle sanzioni amministrative pecuniarie, la legge di delegazione europea 2013 è più ampia del disposto della direttiva 2013/36/UE: essa recepisce quest'ultima in relazione all'obiettivo di sanzionare in primo luogo l'ente e, solo sulla base dei presupposti che avrebbero dovuto essere individuati dal diritto nazionale in sede di esercizio della delega, anche l'esponente aziendale o la persona fisica responsabile della violazione; al contrario, il testo dello schema di decreto, pur confermando l'impianto sanzionatorio nei confronti delle società con un adeguamento dei minimi e massimi edittali, provvede a eliminare o ridurre quello nei confronti delle persone fisiche, cioè gli esponenti aziendali, nonostante la direttiva, con riferimento a quest'ultima fattispecie, invitasse gli Stati membri ad andare anche oltre in termini di severità sanzionatoria, anche prevedendo nuove di sanzioni amministrative, con il risultato finale di una disciplina monca, inefficace e poco dissuasiva, diretta a colpire in primo luogo, piuttosto che le persone fisiche che si sono rese responsabili delle violazioni, le società o gli enti nei cui confronti le stesse siano state accertate;
    lo schema di decreto ignora anche qualsivoglia principio di democrazia partecipativa, disattendendo in tal modo la direttiva 2013/36/UE anche nella parte in cui la stessa espressamente prevede che si debbano promuovere, ai vertici ed in tutti gli organi di gestione delle società del settore bancario e creditizio, l'equilibrio di genere e la presenza dei lavoratori, al fine di rafforzare il controllo su tutti i processi decisionali; nel nostro Paese, molto si deve ancora fare per migliorare in tal senso la governance delle società del settore bancario e creditizio, nonostante già da anni la Commissione europea abbia sollecitato i paesi membri ad infrangere quel «soffitto di cristallo» che continua ad ostacolare l'ascesa di donne di talento ai vertici delle principali imprese europee; d'altra parte, una gestione corretta e professionale del board è il miglior segnale che si può dare al mercato sull'affidabilità di una banca e sulla sua capacità di tutelare adeguatamente il risparmio; in questo senso, fino ad oggi Governo da una parte e Banca d'Italia dall'altra si sono dimostrati sordi;
    le suddette considerazioni possono estendersi anche in termini di politica di remunerazione, che dovrebbe essere basata sui risultati a lungo termine e derivare da processo decisionali trasparenti: in Pag. 168tal senso in ambito internazionale, in attuazione della direttiva 2013/36/UE sono in corso ulteriori lavori sui sistemi di remunerazione e incentivazione nelle banche, tra cui l'elaborazione di nuove linee guida da parte dell'Autorità bancaria europea; la direttiva 2013/36/UE reca infatti principi e criteri specifici a cui le banche devono attenersi al fine di: garantire la corretta elaborazione e attuazione dei sistemi di remunerazione; gestire efficacemente i possibili conflitti di interesse; assicurare che il sistema di remunerazione tenga opportunamente conto dei rischi, attuali e prospettici, del grado di patrimonializzazione e dei livelli di liquidità di ciascun intermediario; accrescere il grado di trasparenza verso il mercato; rafforzare l'azione di controllo da parte delle Autorità di vigilanza; l'obiettivo è quello pervenire, nell'interesse di tutti gli stakeholders, a sistemi di remunerazione, in linea con le strategie e gli obiettivi aziendali di lungo periodo, collegati con i risultati aziendali, opportunamente corretti per tener conto di tutti i rischi, coerenti con i livelli di capitale e di liquidità necessari a fronteggiare le attività intraprese e, in ogni caso, tali da evitare incentivi distorti che possano indurre a violazioni normative o ad un'eccessiva assunzione di rischi per la banca e il sistema nel suo complesso: di tali criteri e principi all'interno dello schema di decreto non vi è tuttavia traccia alcuna;
    la legge di delegazione europea 2013, all'articolo 3, comma 1, lettera d), invitava il Governo, a rivedere, in linea con la direttiva 2013/36/UE, la materia dei requisiti degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale degli intermediari, valida sia per il settore bancario e creditizio che per quello finanziario, in maniera da «rafforzare l'idoneità a garantire la sana e prudente gestione degli intermediari», mentre lo schema di decreto si limita a modificare, solo formalmente, senza alcuna ragionevolezza ed in peius, la normativa preesistente, riproponendo testualmente quanto già dalla stessa previsto ma affidando a un regolamento del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, la determinazione dei requisiti di onorabilità sia degli esponenti aziendale che dei partecipanti al capitale: sorge il dubbio che, dietro il mero pretesto dell'armonizzazione, si nasconda la volontà di voler intervenire, novellandola, su una normativa già perfettamente in linea con gli indirizzi comunitari, che negli ultimi anni stava, peraltro, cominciando a produrre qualche risultato lusinghiero,
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PARERE CONTRARIO

Paglia

Pag. 169

ALLEGATO 10

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Atto n. 147).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento;
   evidenziato come lo schema di decreto legislativo rechi un'ampia serie di modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
   rilevato come la direttiva 2013/36/UE, di cui si dispone il recepimento, faccia parte di un complesso più ampio di misure, denominato CRD-IV package, costituito, oltre che dalla predetta direttiva, dal regolamento (UE) n. 575/2013, con cui si innova la normativa in materia di regolazione, supervisione delle banche e risoluzione delle crisi bancarie, e si recepisce a livello UE l'accordo di Basilea 3 sui requisiti patrimoniali delle banche;
   segnalato come la direttiva tocchi molti aspetti fondamentali della disciplina relativa all'attività degli enti creditizi e alla relativa vigilanza, in particolare per quanto riguarda: le condizioni generali di accesso all'attività; la disciplina delle partecipazioni qualificate in un ente creditizio; i requisiti di capitale iniziale delle imprese di investimento; il diritto di stabilimento degli enti creditizi; la vigilanza prudenziale, i poteri di vigilanza e i poteri sanzionatori; il processo di valutazione dell'adeguatezza del capitale interno; i criteri tecnici relativi all'organizzazione e al trattamento dei rischi; la disciplina sul governo societario, le politiche di remunerazione e le sanzioni; le riserve di capitale;
   evidenziato quindi come l'intervento normativo costituisca un ulteriore, positivo passo avanti nel processo, stimolato dalla gravissima crisi economico-finanziaria iniziata nel 2009, di completamento e consolidamento dell'Unione bancaria europea e del Sistema di vigilanza comune su tutte le banche dell'area Euro attraverso la definizione di nuovo corpus normativo organico in materia;
   sottolineata la necessità di emanare sollecitamente il decreto legislativo, atteso che, a causa della scadenza del termine di recepimento della direttiva 2013/36/UE, fissato al 31 dicembre 2013, il 16 ottobre 2014 la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione (n. 2014/0142) per il mancato recepimento della predetta direttiva;
   evidenziato altresì come la direttiva 2014/59/UE istituisca un quadro di risanamento Pag. 170e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, volto ad assicurare alle autorità un insieme credibile di strumenti per un intervento precoce e rapido in un ente in crisi o in dissesto, al fine di garantire la continuità delle funzioni finanziarie ed economiche essenziali dell'ente, riducendo al minimo l'impatto del dissesto sull'economia e sul sistema finanziario;
   segnalato come la predetta direttiva 2014/59/UE abroghi conseguentemente il paragrafo 4 dell'articolo 74 della direttiva 2013/36/UE, oggetto di recepimento da parte dello schema di decreto, in materia di piani di risanamento e risoluzione, in quanto tali norme sono interamente sostituite dalle procedure introdotte dalla citata direttiva 2014/59/UE, la quale, tra l'altro, stabilisce che gli Stati membri possono prevedere che l'autorità di risoluzione sia l'autorità competente per la vigilanza ai fini del regolamento (UE) n. 575/2013 e della direttiva 2013/36/UE;
   rilevato come occorra permettere all'Italia di fornire il proprio contributo alla realizzazione di un quadro di risanamento e risoluzione che tenga conto delle peculiarità del nostro Paese, e come sia in tale quadro necessario consentire all'autorità nazionale di risoluzione di partecipare attivamente alla fase di avvio del Meccanismo di Risoluzione Unico (RMU) e al Resolution Committee istituito presso l'Autorità bancaria europea (EBA);
   sottolineata pertanto l'esigenza di designare – con la massima urgenza – la Banca d'Italia quale autorità di risoluzione nazionale, attribuendo a quest'ultima tutti i poteri assegnati all'autorità di risoluzione dalla direttiva 2014/59/UE;
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PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   provveda il Governo a designare la Banca d'Italia quale Autorità Nazionale di risoluzione ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2014/59/UE, ai fini della partecipazione al Comitato per la risoluzione presso l'Autorità bancaria europea previsto dall'articolo 127 della direttiva stessa, nonché ai fini dell'applicazione dell'articolo 99, paragrafi 3 e 4, del Regolamento 2014/806/UE, affidandole i poteri e i compiti che le disposizioni richiamate attribuiscono alle autorità di risoluzione nazionali;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) valuti il Governo l'opportunità di inserire la previsione di un coinvolgimento della CONSOB, per le società quotate nei mercati regolamentati, e della Autorità garante della concorrenza e del mercato, per gli intermediari vigilati dalla Banca centrale europea, nella valutazione della Banca d'Italia finalizzata alla rimozione dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo la cui permanenza in carica sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione, di cui all'articolo 26 del TUB, come sostituito dall'articolo 1, comma 13, dello schema di decreto;
   b) con riferimento alla disciplina relativa ai limiti al cumulo di incarichi per gli esponenti delle banche, recata dall'articolo 26 del TUB, come sostituito dall'articolo 1, comma 13, dello schema di decreto, e alla disciplina relativa ai limiti al cumulo di incarichi per gli esponenti delle SIM, recata dall'articolo 13 del TUF, come sostituito dall'articolo 3, comma 11, dello schema, valuti il Governo l'esigenza di contemperare l'obiettivo, pienamente condivisibile, di evitare l'accumularsi in capo alla medesima persona fisica di un numero eccessivo di incarichi, con la necessità di assicurare la migliore efficienza nella gestione di tali intermediari, consentendo loro di avvalersi di professionalità adeguatamente qualificate, anche nel caso di intermediari di minori dimensioni: a tal fine si valuti l'opportunità di modulare tali limiti anche sulla base delle dimensioni di tali intermediari e dell'effettiva esistenza di rapporti concorrenziali tra loro, in Pag. 171aderenza al principio di proporzionalità richiamato dalle stesse norme dei citati articoli 26 e 13;
   c) con riferimento ai poteri di vigilanza informativa della Banca d'Italia, valuti il Governo l'eventualità di chiarire la portata del nuovo comma 1-quinquies dell'articolo 51 del TUB, introdotto dall'articolo 1, comma 17, dello schema di decreto, che include anche i soggetti ai quali le banche abbiano esternalizzato funzioni aziendali importanti e al loro personale tra quelli cui la Banca d'Italia può chiedere dati e documenti, al fine di evitare duplicazioni;
   d) con riferimento all'articolo 1, comma 51, lettera b), dello schema di decreto legislativo, il quale sostituisce il comma 1 dell'articolo 144 del TUB, valuti il Governo l'opportunità di inserire, dopo le parole: «funzioni aziendali essenziali o importanti» le seguenti: «, se costoro esercitano l'attività in modo professionale e prevalente,»; conseguentemente, valuti il Governo l'opportunità di integrare la formulazione dell'articolo 190, comma 1, del TUF, come sostituito dell'articolo 4, comma 4, lettera a), dello schema di decreto, nel senso di inserire, dopo le parole: «funzioni aziendali essenziali o importanti» le seguenti: «, se costoro esercitano l'attività in modo professionale e prevalente,»;
   e) con riferimento all'articolo 1, comma 51, lettera e), dello schema di decreto legislativo, il quale abroga il comma 3-bis dell'articolo 144 del TUB, recante le sanzioni amministrative pecuniarie previste nel caso di inosservanza degli obblighi in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali del credito e dei servizi di pagamento e di rapporti con i clienti, valuti il Governo la necessità di adeguare a tale previsione il vigente dettato dell'articolo 2 del decreto – legge n. 3 del 2015, il quale, nel recepire le previsioni del Capo III della direttiva 2014/92/UE in materia di trasferibilità dei servizi di pagamento connessi al conto di pagamento di un consumatore, al comma 9 prevede l'applicazione delle sanzioni di cui al predetto comma 3-bis nel caso di inosservanza di quanto previsto dal medesimo articolo 2, al fine di assicurare la completezza e coerenza del tessuto normativo recato dal citato articolo 2 del decreto – legge n. 3;
   f) con riferimento all'articolo 3, comma 3, del TUF, come sostituito dall'articolo 3, comma 3, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di prevedere che anche i provvedimenti della CONSOB diversi dai regolamenti e dai provvedimenti di carattere generale siano pubblicati sul sito internet dell'Autorità, eliminando la pubblicazione sul relativo Bollettino, analogamente a quanto avviene per i provvedimenti di tale natura della Banca d'Italia;
   g) con riferimento all'articolo 7, comma 2, del TUF, come sostituito dall'articolo 3, comma 5, lettera c), dello schema di decreto, il quale prevede l'adozione a fini di stabilità da parte della Banca d'Italia di provvedimenti restrittivi o limitativi nei confronti dei soggetti abilitati, valuti il Governo, nelle ipotesi in cui tale previsione si sovrapponga con la fattispecie di cui all'articolo 51, comma 2, del TUF, la quale, in materia di provvedimenti ingiuntivi nei confronti degli intermediari nazionali e extracomunitari, stabilisce un previo coordinamento fra le due Autorità di vigilanza, l'opportunità di prevedere in tali casi un coordinamento tra la Banca d'Italia e la CONSOB, così da assicurare maggiore uniformità tra le diverse previsioni del TUF;
   h) con riferimento alla definizione, con regolamento del MEF, sentita la CONSOB, dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nelle società di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari, prevista dall'articolo 61 del TUF, modificato dall'articolo 3, comma 20, dello schema di decreto, e alla definizione, con regolamento del MEF, sentita la Banca d'Italia e la CONSOB, dei requisiti di Pag. 172onorabilità, professionalità e indipendenza dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nelle società di gestione accentrata di strumenti finanziari, prevista dall'articolo 80 del TUF, modificato dall'articolo 3, comma 21, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di specificare, in entrambe le disposizioni, che trovano applicazione i medesimi requisiti e criteri indicati, per i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso SIM, SGR, SICAV e SICAF, dall'articolo 13 del TUF, come sostituito dall'articolo 3, comma 11, dello schema di decreto, al fine di assicurare maggiore omogeneità alla normativa in materia;
   i) con riferimento alle previsioni sanzionatorie interessate dalle modifiche recate dallo schema di decreto legislativo, valuti il Governo l'opportunità di inserire, nell'articolo 144 del TUB, come modificato dall'articolo 1, comma 51, dello schema di decreto, nonché nell'ambito del sistema sanzionatorio del TUF, un esplicito richiamo al principio di proporzionalità e ai criteri generali in materia previsti, rispettivamente, dall'articolo 144-quater del TUB e dall'articolo 194-bis del TUF, nella determinazione, caso per caso, dell'ammontare della sanzione amministrativa pecuniaria da parte dell'Autorità competente;
   l) con riferimento alla disciplina dei procedimenti sanzionatori previsti svolti dalla Banca d'Italia o dalla CONSOB ai sensi delle previsioni del TUB o del TUF, valuti il Governo l'opportunità di stabilire, in capo ai soggetti interessati, il diritto, oltre che di presentare deduzioni, di chiedere un'audizione personale anche nella fase finale del procedimento dinanzi all'organo responsabile dell'adozione della decisione, modificando conseguentemente l'articolo 145 del TUB e gli articoli 187-septies e 195 del TUF;
   m) valuti il Governo l'opportunità di precisare meglio l'obbligo, gravante sul collegio sindacale ai sensi dell'articolo 149, comma 3, del TUF, di comunicare alla CONSOB le irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza, specificando che tale obbligo riguarda le irregolarità significative, e attribuendo alla stessa CONSOB il compito di individuare, con proprio regolamento, i criteri di «significatività» delle irregolarità oggetto di comunicazione, così da superare i dubbi interpretativi, sorti anche in sede giudiziaria, circa la portata del predetto obbligo di cui al predetto articolo 149, comma 3, del TUF;
   n) con riferimento all'articolo 193, comma 2, del TUF, modificato dall'articolo 4, comma 11, lettera d), dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di ridurre da 10.000 a 5.000 euro il minimo edittale della sanzione amministrativa pecuniaria prevista nel caso di omissione delle comunicazioni delle partecipazioni rilevanti e dei patti parasociali, di esercizio del diritto di voto inerente le azioni per cui sono stati omessi gli obblighi di comunicazione, di superamento dei limiti alle partecipazioni reciproche, al fine di attribuire all'Autorità maggiore flessibilità nel determinare l'ammontare della sanzione in base alle circostanze del caso concreto e sulla base dei criteri per la determinazione delle sanzioni indicati dall'articolo 194-bis del TUF, introdotto dall'articolo 4, comma 14, dello schema di decreto;
   o) in considerazione dell'esigenza di rafforzare i meccanismi di deflazione del contenzioso e di semplificare i procedimenti sanzionatori già introdotti dallo schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di estendere l'istituto dell'oblazione previsto dall'articolo 194-quinquies del TUF, introdotto dall'articolo 4, comma 14, dello schema di decreto, anche a ulteriori violazioni del TUF che discendono da errori operativi o disattenzioni nell'adempimento della normativa primaria e secondaria e che sono connotate da una scarsa efficacia lesiva dell'integrità dei mercati e della tutela degli investitori, in particolare per quanto riguarda le sanzioni irrogate ai sensi dell'articolo 193 del Pag. 173TUF per la violazione dell'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 149, comma 3, del TUF;
   p) con riferimento all'articolo 144-bis del TUB, come inserito dall'articolo 1, comma 52, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di introdurre una previsione in base alla quale, qualora vi è stata una tempestiva e completa rimozione degli effetti della violazione da parte dell'interessato, la Banca d'Italia o la CONSOB, secondo le rispettive competenze, ne tengono conto ai fini della conclusione del procedimento con provvedimento di archiviazione, da comunicare ai soggetti interessati; conseguentemente, valuti il Governo l'opportunità di integrare la formulazione dell'articolo 194-quater del TUF, come inserito dall'articolo 4, comma 14, dello schema di decreto, nel senso di inserire anche in tale ambito la medesima previsione;
   q) valuti ulteriormente il Governo l'opportunità di disciplinare esplicitamente, in applicazione del principio di delega di cui all'articolo 3, comma 1, lettera m), numero 1), della legge n. 154 del 2014, l'introduzione, nel sistema sanzionatorio del TUF, dell'istituto del favor rei, in base al quale si esclude l'applicazione di sanzioni per un fatto precedentemente punibile, ma che non risulta più punibile a seguito di modifiche apportate alla disciplina vigente nel momento in cui è stata commessa la violazione, prevedendo l'applicazione di tale istituto solo per le violazioni commesse successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo;
   r) valuti il Governo l'opportunità di definire più puntualmente la nozione di fatturato cui fanno riferimento gli articoli 188, comma 1, 189, comma 1, e 190, comma 1, del TUF, come novellati, rispettivamente, dall'articolo 4, commi 2, 3 e 4 dello schema di decreto, per il calcolo del massimo edittale delle sanzioni amministrative pecuniarie ivi previste, al fine di evitare incertezze applicative, nonché l'insorgere in merito di contestazioni in sede contenziosa.