CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 marzo 2015
413.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-04800 Tripiedi: Tutela dei lavoratori affetti da patologie tumorali in caso di superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto parlamentare in esame, gli onorevoli interroganti richiamano l'attenzione sulla tutela dei lavoratori affetti da patologie tumorali in caso di superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro.
  Voglio ricordare, in via preliminare, che la disciplina della conservazione del posto di lavoro durante la malattia è direttamente connessa alla tutela della salute del lavoratore, che è un bene di rilevanza costituzionale (articolo 32 della Costituzione).
  Inoltre, l'articolo 2110 del codice civile prevede che in caso di malattia:
   è dovuta al lavoratore la retribuzione o un'indennità per il periodo previsto dalle leggi speciali, dagli usi o secondo equità;
   il datore di lavoro può recedere dal rapporto solo dopo il decorso del periodo (cosiddetto comporto) previsto dalla legge, dagli usi o calcolato secondo equità. Sul punto, faccio presente che è il contratto collettivo a stabilire la durata massima del cosiddetto periodo di comporto.

  Occorre evidenziare che, alla tutela generale costituita dalla previsione dell'articolo 2110 del codice civile, e a quelle contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro, si affianca il periodo di congedo di 30 giorni all'anno, anche frazionato, introdotto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 119 del 2011 in favore dei lavoratori ai quali sia riconosciuta una percentuale di riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento. Tale congedo è a carico del datore di lavoro, non è computato nel periodo di comporto e, durante la sua fruizione, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia.
  Voglio ricordare, inoltre, che la contrattazione collettiva ha la facoltà di estendere il periodo di comporto nelle particolari ipotesi di malattie lunghe, caratterizzate dalla necessità di cure post-operatorie, terapia salvavita e di una conseguente gestione flessibile dei tempi di lavoro. Tali ipotesi si rilevano particolarmente significative con riferimento a lavoratori affetti da malattie oncologiche, che spesso necessitano di un periodo di comporto più ampio rispetto a quello previsto in regime ordinario.
  Voglio sottolineare che il Governo valuta con la massima attenzione tutte le questioni concernenti la tutela dei lavoratori affetti da patologie gravi e invalidanti come quelle segnalate nell'atto in esame.
  Segnalo, al riguardo, che nello schema di decreto legislativo che contiene il testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni, approvato in Consiglio dei ministri del 20 febbraio scorso, viene previsto per i lavoratori del settore pubblico e del settore privato affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale verticale o orizzontale. A richiesta del lavoratore, il rapporto di lavoro a Pag. 92tempo parziale può essere trasformato nuovamente in rapporto a tempo pieno.
  Nel ricordare le tutele previste in materia collocamento obbligatorio e il diritto alle prestazioni assistenziali, concludo ribadendo il massimo impegno del Governo al fine di rafforzare le misure volte a rendere effettiva la tutela del diritto al lavoro per i lavoratori affetti da gravi patologie.

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ALLEGATO 2

5-04899 Prataviera: Estensione ai trattamenti pensionistici con decorrenza antecedente al 1o gennaio 2015 dell'esclusione dalle penalizzazioni in caso di accesso alla pensione anticipata, prevista dall'articolo 1, comma 113, della legge di stabilità 2015.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in oggetto gli onorevoli Prataviera e Fedriga chiedono di conoscere quali iniziative il Governo intenda adottare per ovviare alla sperequazione venutasi a creare – per effetto dell'articolo 1, comma 113, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) – tra coloro che sono andati in pensione anticipata nel triennio 2012-2014 e coloro che, a parità di requisiti contributivi, andranno in pensione nel triennio successivo.
  Al riguardo, è opportuno ricordare che il comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, nell'ottica di un contenimento della spesa previdenziale, ha introdotto una penalizzazione per quei soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un'età inferiore a 62 anni. Tale penalizzazione, in particolare, si sostanzia in una riduzione del trattamento pensionistico percepito, da applicarsi sulla quota relativa all'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 2011.
  Successivamente, l'articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge n. 216 del 2011 ha stabilito che la predetta penalizzazione non trova applicazione nei confronti di quei soggetti che maturano il previsto requisito contributivo per il diritto alla pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, qualora l'anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro.
  In ogni caso, ricordo che, in tempi recenti, Governo e Parlamento hanno provveduto più volte ad estendere il novero di casi delle deroghe al richiamato meccanismo di penalizzazioni in relazione a talune fattispecie di particolare interesse e meritevolezza sociale. Mi riferisco, in particolare, ai periodi di astensione obbligatoria conseguenti alla donazione di sangue e di emocomponenti, ai congedi parentali previsti dal decreto legislativo n. 151 del 2001, nonché ai permessi concessi ai lavoratori che assistono persone con disabilità.
  Ciò, in considerazione dell'elevata importanza delle predette fattispecie, sia per il valore sociale che ne caratterizza la ratio, sia per le oggettive ragioni che le giustificano.
  Da ultimo, l'articolo 1, comma 113, della legge n. 190 del 2014 ha stabilito che – sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1° gennaio 2015 – le penalizzazioni anzidette non trovano applicazione per quei soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017.
  Ragioni di compatibilità finanziaria hanno circoscritto gli effetti del predetto intervento normativo ai soli trattamenti pensionistici decorrenti dal 1o gennaio 2015; qualora, infatti, tale intervento avesse avuto effetti retroattivi, gli oneri finanziari sarebbero stati notevolmente più elevati. Pertanto, laddove si decidesse di effettuare un intervento normativo volto a estendere retroattivamente l'efficacia della norma in esame, o anche solo a sospendere le penalizzazioni per il triennio 2015-2017 nei riguardi di coloro che hanno avuto accesso al pensionamento anticipato entro il 31 dicembre 2014, ne conseguirebbero maggiori oneri per la finanza pubblica in relazione ai quali dovrebbe essere reperita la necessaria copertura finanziaria.

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ALLEGATO 3

5-04175 Lauricella: Lavoratori già impegnati in attività socialmente utili nella regione siciliana impiegati in attività di pulizia degli istituti scolastici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato ispettivo l'onorevole interrogante chiede di conoscere le iniziative che questo ministero intende assumere in ordine alla stabilizzazione dei lavoratori già dipendenti di Enti locali siciliani, nonché di altri soggetti inseriti in progetti socialmente utili di cui all'articolo 23 della legge n. 67 del 1988, con particolare riferimento agli addetti ai servizi di pulizia negli istituti scolastici statali.
  Corre l'obbligo precisare, in via preliminare, che ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 124 del 1999, il personale di ruolo, dipendente dagli enti locali in qualità di personale ATA ed in servizio nelle istituzioni scolastiche statali alla data di entrata in vigore della legge, veniva trasferito nei ruoli del personale ATA statale ed inquadrato nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali corrispondenti per lo svolgimento dei compiti propri dei predetti profili.
  Tale norma faceva riferimento, appunto, solo al personale di ruolo degli enti locali, con esclusione, quindi, dei lavoratori socialmente utili (LSU).
  Quest'ultimi, ai sensi dell'articolo 23 della legge n. 67 del 1988, sono definiti quali «soggetti destinatari di iniziative a livello locale, temporalmente limitate, consistenti nello svolgimento di attività di utilità collettiva mediante l'impiego, a tempo parziale, a seguito di specifico stanziamento a valere sui fondi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali».
  Relativamente a tali soggetti, invece, il decreto interministeriale n. 184 del 1999 prevedeva unicamente la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU (Lavori Socialmente Utili) e LPU (Lavori di Pubblica Utilità) in corso ai sensi delle leggi vigenti.
  In particolare si stabiliva che lo Stato subentrasse nelle convenzioni stipulate dagli enti locali con i soggetti imprenditoriali, comprese le cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti per lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA demandate per legge all'Ente Locale in sostituzione dello Stato.
  Il successivo decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, ha previsto, all'articolo 10, la possibilità di adottare misure «finalizzate alla stabilizzazione occupazionale esterna dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, i quali hanno svolto attività di lavori socialmente utili».
  Con tale disposizione, dunque, si precisa ulteriormente la volontà del legislatore di procedere ad una stabilizzazione occupazionale degli LSU mediante il loro impiego a tempo indeterminato presso soggetti esterni alla pubblica amministrazione.
  Ed infatti, con successivo provvedimento normativo, articolo 78, comma 31, della legge n. 388 del 2000, sono state previste apposite «procedure di terziarizzazione» che consentissero la stabilizzazione dell'occupazione dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici.
  Si tratta, dunque, di un processo che non fa riferimento all'inserimento del predetto Pag. 95personale nei ruoli dell'amministrazione dello Stato, ma esclusivamente alla stabilizzazione degli LSU presso le società di cui gli stessi sono dipendenti e presso le quali prestano servizio.
  In attuazione di tali norme, il Ministero della pubblica istruzione di concerto con i Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, adottava il decreto ministeriale n. 65 del 2001, contenente i criteri e le modalità per la terziarizzazione dei servizi di pulizia nelle istituzioni scolastiche a vantaggio dei soggetti impegnati nelle attività socialmente utili, riconducibili a funzioni ausiliarie nell'ambito degli ATA nelle istituzioni scolastiche statali, quale iniziativa di stabilizzazione occupazionale.
  Alla luce di quanto esposto, quindi, la normativa su richiamata non prevede la «stabilizzazione ex lege nei ruoli dello Stato» dei lavoratori socialmente utili, non dovendosi confondere con essa la previsione di iniziative di stabilizzazione occupazionale, tendente a garantire l'impiego delle risorse umane interessate mediante l'affidamento preferenziale del servizio di pulizia alle società che le occupano.
  Il personale in questione gode quindi di una ampia garanzia occupazionale che discende dall'essere dipendenti a tempo indeterminato di società private, nonché dall'articolo 4 del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto pulimento e multi-servizi, che dispone, in caso di cambio di appalto, che la società subentrante debba necessariamente assumere tutti i dipendenti già impegnati nell'appalto dalla società uscente.
  Circa la questione delle gare Consip, si rappresenta che l'acquisto all'esterno di servizi di pulizia ed altri ausiliari presso le scuole statali deve necessariamente essere effettuato a seguito di gara europea, dato che l'importo complessivo della commessa è ben superiore alla soglia di rilievo comunitario.
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, recante il regolamento attuativo del Codice dei contratti pubblici, prevede che i contratti di appalto per l'acquisto di servizi di pulizia debbano essere aggiudicati secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Naturalmente, la gara europea che ha condotto agli attuali contratti è stata effettuata, dalla Consip, nel pieno rispetto di tale previsione legislativa.
  L'acquisto dei servizi avviene, quindi, sulla base dei prezzi offerti dalle imprese aggiudicatarie dell'appalto, nonché nel rispetto dell'ulteriore vincolo di cui all'articolo 58, comma 5, del decreto-legge n. 69 del 2013, ovvero in nessun caso l'Amministrazione può spendere per detto acquisto più di quanto spenderebbe per assicurare gli stessi servizi mediante propri dipendenti, poiché, diversamente, il ricorso ad imprese esterne sarebbe, ovviamente, diseconomico.

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ALLEGATO 4

Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. (Nuovo testo C. 2617 Governo e abb.).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato il nuovo testo del disegno di legge n. 2617 e delle proposte di legge ad esso abbinate, recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale;
   valutato favorevolmente l'obiettivo del provvedimento di favorire la partecipazione attiva e responsabile delle persone, singolarmente o in forma associata, valorizzando il potenziale in termini di sviluppo e di occupazione insito nell'economia sociale e nelle attività di carattere civico e solidaristico, anche attraverso il riordino e l'armonizzazione della disciplina in materia;
   rilevato, con riferimento ai profili più direttamente riconducibili alle materie di propria competenza, che l'articolo 5 delega l'Esecutivo a procedere al riordino e alla revisione dell'attuale disciplina in materia di attività di volontariato e di promozione sociale, sulla base di principi e criteri direttivi relativi alla armonizzazione e al coordinamento delle diverse discipline vigenti in materia, valorizzando, in particolare, il principio di gratuità;
   ritenuto che, nel rispetto di tale fondamentale principio, sia opportuno valutare la possibilità di semplificare i rapporti di rendicontazione esistenti tra volontari e organizzazioni di volontariato e di promozione sociale, consentendo a tali organizzazioni di rimborsare in modo forfetario ai volontari le spese sostenute per l'esercizio dell'attività prestata entro un limite di importo contenuto, prevedendo altresì l'esclusione dei rimborsi erogati dal reddito imponibile;
   osservato, poi, che l'articolo 6 delega il Governo all'adozione di decreti legislativi di riordino della disciplina dell'impresa sociale, prevedendo al comma 1, lettera e), la ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati tenendo conto delle nuove forme di esclusione sociale, anche con riferimento ai principi di pari opportunità e non discriminazione di cui alla vigente normativa nazionale e dell'Unione europea;
   osservato, in proposito, che, nell'ambito della disciplina europea sugli aiuti di Stato, il Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 reca specifiche definizioni di lavoratori svantaggiati e lavoratori molto svantaggiati;
   considerato che tali definizioni assumono rilevanza ai fini della disciplina dell'impresa sociale in considerazione della circostanza che, sulla base della legislazione vigente, alle imprese sociali si richiede l'assunzione di lavoratori svantaggiati in misura non inferiore al trenta per cento dei lavoratori impiegati a qualunque titolo nell'impresa;
   rilevata l'opportunità che l'articolo 6, comma 2, il quale prevede che le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscano di diritto la qualifica di impresa sociale, sia configurato in termini di criterio di- Pag. 97rettivo della delega in materia di riordino e revisione della disciplina in materia di impresa sociale di cui all'articolo 6, comma 1, al fine di inquadrare tale previsione nella complessiva riforma prefigurata dal provvedimento;
   considerato che l'articolo 7 del nuovo testo reca disposizioni in materia di vigilanza, monitoraggio e controllo, attribuendone lo svolgimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione, per quanto di competenza, con i Ministri interessati e con l'Agenzia delle entrate;
   rilevato che, per quanto di interesse della Commissione, l'articolo 7 non incide sulle competenze previste dalla legislazione vigente in materia di attività ispettiva sul lavoro e di controllo nel campo della tutela e della sicurezza del lavoro;
   osservato che misure volte alla razionalizzazione e alla semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro potranno essere adottate in attuazione della delega di cui all'articolo 1, comma 7, della legge n. 183 del 2014;
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   valuti la Commissione di merito l'opportunità di integrare le disposizioni dell'articolo 5 in materia di revisione della disciplina vigente in materia di volontariato e di promozione sociale al fine di consentire alle organizzazioni di volontariato, nel rispetto del principio di gratuità delle prestazioni dei volontari, di rimborsare loro in modo forfetario le spese sostenute per l'esercizio dell'attività prestata entro un limite massimo annuale, di valore contenuto, escludendo tale rimborso dal reddito imponibile;
   all'articolo 6, comma 1, valuti la Commissione di merito l'opportunità di inserire, dopo la lettera b), la seguente: «b-bis) acquisizione di diritto della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi» e, conseguentemente, sopprimere il comma 2 del medesimo articolo.

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ALLEGATO 5

Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. (Nuovo testo C. 2617 Governo e abb.).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI LOMBARDI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, CIPRINI, COMINARDI E DALL'OSSO

  La XI Commissione
   premesso che in sede di esame del disegno di legge C. 2617, recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale – va rilevato come sotto il profilo generale si rilevi una sostanziale indeterminatezza dei principi e dei criteri direttivi di delega legislativa recati dal testo, oltre ad una notevole vaghezza degli ambiti oggettivi della delega medesima, che determinano – nei fatti – una violazione dell'articolo 76 della Costituzione;
   rilevato, sotto il profilo sostanziale, che particolari elementi di criticità emergono in primis all'articolo 7, laddove viene previsto che le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo vengano affidate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   ferma restando la assoluta necessità di promuovere monitoraggio e controlli, pare poco probabile che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, possa adempiere nel migliore dei modi a tali incombenti, stante la carenza di strutture e risorse; pare evidente che le dette funzioni, se esercitate in maniera capillare, comportino una mole di lavoro enorme che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può essere in grado di sostenere soprattutto se, come espressamente richiesto dai sottoscrittori del presente parere, tra tali funzioni dovrà essere fatto rientrare un forte potenziamento dell'attività ispettiva e sanzionatoria in capo al Ministero;
   osservato che, secondo i dati del rapporto annuale dell'attività di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale forniti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel corso dell'anno 2014, la Direzione generale per l'attività ispettiva ha effettuato una specifica vigilanza nel settore delle cooperative sociali;
   rilevato che, come previsto nel Documento di programmazione dell'attività di vigilanza per l'anno 2014, le ispezioni sono state mirate alla verifica della regolarità dei rapporti di lavoro dei soci lavoratori, soprattutto con riferimento alle cosiddette cooperative spurie che – non aderendo alle centrali cooperative, organizzazioni nazionali aventi tra i fini istituzionali quello di vigilare sull'attività degli enti cooperativi associati – non vengono sottoposte ad alcuna forma di monitoraggio e controllo relativamente ai bilanci, al rispetto dell'attività indicata nello statuto e, naturalmente, della normativa lavoristica, previdenziale, fiscale e contrattuale;
   preso atto che l'azione di vigilanza in questione è risultata perciò finalizzata principalmente a contrastare le forme di elusione degli obblighi di legge e contrattuali; dai dati comunicati dagli Uffici territoriali è emerso in particolare che, su un totale di 3.905 cooperative ispezionate, come detto in massima parte non aderenti alle Organizzazioni comparativamente più Pag. 99rappresentative, sono state rilevate 1.907 cooperative irregolari; è emerso, inoltre, un numero di lavoratori irregolari pari a 13.194, di cui 1.140 totalmente in nero;
   tenuto conto che l'articolo 7, comma 1, del testo in esame prevede che le funzioni di monitoraggio, di vigilanza e controllo vengano affidate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al fine di evitare che l'assegnazione di tali competenze non rimanga vaga né strutturalmente lacunosa, si fa notare che sarebbe stato opportuno, oltre che specificare l'esercizio di una forte attività ispettiva ed eventualmente sanzionatoria, individuare l'esatto numero, in termini di personale, di risorse destinabili a tali tipi di incombenti così come individuati all'articolo 7 del testo sottoposto all'esame della Commissione, oltre che l'esatto numero di risorse, in termini di personale, destinabili per ciascuna delle funzioni (vigilanza, monitoraggio e controllo) attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   rilevato, tuttavia, che, secondo i sottoscrittori del presente parere, tale mole di controlli richiede la creazione di una Agenzia o Autorità indipendente, con componenti di nomina non politica, che in collaborazione con ANAC, Corte dei conti e Agenzia delle entrate, in stretta collaborazione con comuni e regioni, possa svolgere funzioni complesse e articolate quali quelle da effettivamente sostenere;
   osservato, peraltro, che la previsione di un’authority specifica del Terzo Settore non avrebbe comportato un mero riparto delle attribuzioni amministrative tratteggiate dalla riforma, bensì la condizione sostanziale per riconoscere all'ente:
    a) maggiori poteri autoritativi (propulsivi, di moral suasion, di controllo, di carattere ispettivo e sanzionatorio, di valutazione dell'impatto sociale, di regolamentazione normativa);
    b) una maggiore indipendenza rispetto al potere politico (ed esecutivo, in particolare);
    c) una maggiore capacità di coordinamento delle diverse funzioni amministrative attribuite ad altre Pubbliche amministrazioni (Ministeri, Agenzie, Regioni, Enti locali, Camere di commercio, e via dicendo);
   atteso che non minori perplessità suscita il contenuto dell'articolo 6 comma 1 lettera c), che prevede, infatti, la remunerazione del capitale sociale e, sebbene con limiti prefissati, ammette la ripartizione degli utili, così esponendo il terzo settore al fondato rischio di ricadere in contingenze distorsive del mercato con inevitabili ricadute sul mercato del lavoro ed in maniera specifica sul piano dei diritti dei lavoratori;
   rilevato, in proposito, che l'Autorità garante della concorrenza ha pubblicato nel Bollettino n. 7 del 9 marzo 2015 la lettera del Presidente dell'Autorità Pitruzzella al Presidente della XII Commissione in risposta alla richiesta di parere sul disegno di legge recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale;
   considerato che nella lettera, dopo aver preliminarmente ricordato che l'impresa sociale ricade, come qualsiasi altro soggetto che presta un'attività economica, nel perimetro della disciplina antitrust, l’authority rileva che «in linea con i principi della giurisprudenza comunitaria, nella consolidata prassi interpretativa e applicativa dell'Autorità, l'impresa sociale – come ogni altro ente non profit – ricade pienamente nel perimetro applicativo della disciplina antitrust, che opera in relazione a qualsiasi soggetto che presti un'attività economica, indipendentemente dalla sua natura giuridica. Inoltre, secondo coordinate ermeneutiche consolidate a livello comunitario e nazionale, la circostanza che un soggetto offra beni e servizi senza perseguire uno scopo di lucro non è ex se idonea ad escludere la natura economica dell'attività svolta e la conseguente applicazione delle regole antitrust» e chiosa affermando che «affinché il ridisegno Pag. 100della disciplina dell'impresa sociale – per come individuato dalla legge di delega nelle sue linee portanti e per come sarà declinato in dettaglio dai decreti delegati – possa realizzarsi in conformità ai principi che governano il diritto antitrust, occorre che il regime delle agevolazioni previste venga adeguatamente modulato e coordinato con le disposizioni volte ad aprire l'impresa sociale al mercato dei capitali e ad una maggiore remunerazione del capitale investito. Siffatto intervento si rende necessario al fine da evitare di conferire vantaggi competitivi ingiustificati in capo a tali categorie di imprese, che possano esporre la disciplina così tracciata a censure di natura concorrenziale, anche in relazione a possibili violazioni della normativa in tema di aiuti di Stato.»;
   osservato che, di fatto, anche a parere del Garante, affiora l'incongruità di una norma che consente ad una impresa, solo perché qualificata come sociale, di poter continuare a godere di vantaggi fiscali sebbene essa possa ripartire gli utili; il combinato disposto del provvedimento assume, dunque, sul punto, caratteristiche di contraddittorietà, a mente del fatto che, esso da un lato apre al mercato, dall'altro tende a rafforzare l'ingresso nel settore di personale pressoché «volontario»; il rischio è quello di incentivare una occupazione «low cost» con bassi ed incerti salari (anche con utilizzo di lavoro gratuito e volontario) in contesti organizzativi che vengono, di fatto, aperti alla concorrenza;
   rilevato che il superamento, nel Terzo settore, della questione del divieto «formale» di distribuzione di utili (no profit appunto) accompagnata dall'esaltazione dell'elemento solidaristico e volontaristico, crea unicamente la base materiale per lo sviluppo commerciale e lucroso del settore, tuttavia derogando ai vincoli esistenti, immettendo forti alterazioni nel mercato del lavoro e della concorrenza tra imprese; non sfugga altresì che trattasi di un settore che, secondo gli ultimi dati ISTAT può contare sulla carta su 4,7 milioni di volontari, 681 mila dipendenti ai quali si sommano 270 mila lavoratori esterni, 5 mila lavoratori temporanei, 19 mila lavoratori distaccati dalle pubbliche amministrazioni, 40 mila religiosi e 19 mila giovani impegnati nell'attuale servizio civile;
   fatto notare che è nei settori della cooperazione sociale che abbiamo, peraltro, potuto già vedere applicati i contratti collettivi nazionali di lavoro con le previsioni di deroghe aziendali e territoriali, ben prima delle più recenti normative ed accordi interconfederali; una realtà che, in virtù della «condivisa» missione sociale, ha anticipato sperimentandole diversi modalità di precarietà e di flessibilità che oggi ritroviamo estese agli altri settori;
   ritenuto che non siano da trascurare, inoltre, gli intrecci di interessi che potenzialmente possono ulteriormente crearsi intorno al contenuto della riforma; non possono infatti sottacersi gli eventi giudiziari degli ultimi tempi che hanno coinvolto il mondo cooperativo e l'immenso arcipelago no profit di varia matrice; un vero blocco di interessi ramificato nella società che riceve, per molti versi, con la presente riforma, un ruolo rafforzato se non dominante, ancorché nessuna previsione sia stata disposta per contrastarla, anche alla luce del fatto che laddove emergano – come di fatto sono emerse – nelle cronache giudiziarie degli ultimi mesi sacche di corruzione, esse hanno, conseguenzialmente, prodotto fenomeni di precarietà regolata e «concertata» o irregolare e «sommersa» che avrebbero dovuto suggerire la necessità di urgenti interventi di natura correttiva alla normativa vigente, di cui non v’è traccia nel testo sottoposto all'esame della Commissione,
  esprime

PARERE CONTRARIO

«Lombardi, Tripiedi, Ciprini, Cominardi, Chimienti, Dall'Osso»