CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 marzo 2015
413.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

7-00596 Terzoni: Sulle attività di estrazione e coltivazione di idrocarburi nel mare Adriatico.

ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   premesso che:
    nel summit sul clima tenutosi a New York lo scorso settembre, che ha visto la partecipazione di 120 leader mondiali, il Governo italiano, attraverso le parole del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva preso una chiara posizione per sostenere la lotta ai cambiamenti climatici;
   in particolare il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha chiesto impegni vincolanti al fine di raggiungere «un accordo capace di dare il segno della volontà politica» dei partecipanti e ha evidenziato la necessità di «seguire un percorso che porti a una riduzione di emissioni» con target precisi: –40 per cento rispetto al 1990 entro il 2030 e –80 per cento sempre sul 1990, entro il 2050; il premier ha anche affermato l'esigenza di investire strategicamente sulle energie rinnovabili;
    il tema della valorizzazione delle riserve di idrocarburi presenti nel sottosuolo dei mari italiani è strettamente correlato con le linee strategiche definite nel documento finale della Strategia Energetica Nazionale (SEN);
    l'attività di esplorazione e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare o in terraferma, unitamente al concorso con l'attuazione della SEN, potrebbe comportare il ricorso ad operazioni invasive e potenziali rischi non eliminabili per l'ambiente e per la salute, così come l'aumento di emissioni climalteranti;
    eventuali attività di ricerca e di estrazione nel mare Mediterraneo, di ridotte dimensioni e semichiuso (con due soli accessi naturali, Gibilterra e i Dardanelli, ed uno artificiale, il Canale di Suez), comporterebbero ulteriori problemi considerata la particolare fragilità dell'ecosistema marino, la cui esigenza di tutela dovrebbe essere condivisa da tutti i paesi che vi si affacciano, come previsto del resto dalla direttiva europea 2013/30/UE e dalla convenzione di Barcellona;
    il Mediterraneo costituisce appena lo 0,7 per cento della superficie marina globale e il ricambio della massa idrica è stimato in circa 80 anni;
    all'interno del bacino del mar Mediterraneo, l'Adriatico è il mare che fornisce oltre la metà del pescato in Italia;
    tra i rischi connessi alle attività estrattive nel mare Adriatico c’è anche la presenza di molti ordigni bellici inesplosi, che potrebbero provocare danni enormi all'ambiente e all'ecosistema;
    in data 6 agosto 2014, le Commissioni riunite VIII ambiente e X attività produttive della Camera hanno approvato una risoluzione (8-00074 risultante dal testo unificato delle risoluzioni 7-00034 Mariastella Bianchi e 7-00086 Cominelli) nella quale, tra l'altro, si impegna il Governo:
    a valutare le linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale ai fini del divieto entro le 12 miglia delle attività di ricerca, di Pag. 74prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare;
    a non mettere a rischio e a non pregiudicare, neanche potenzialmente, lo stato delle aree di reperimento di parchi costieri e marini e di aree marine protette così come definite dall'articolo 31 della legge n. 979/82, e dagli articolo 34 e 36 della legge n. 394/91, nonché i beni individuati ai sensi delle leggi n. 184/77, n. 77/2006 e n. 689/1994;
    a prevedere la sospensione delle attività in zone di elevato rischio sismico, vulcanico, tettonico, così come indicato da indagini scientifiche, preventive di supporto effettuate dagli enti di ricerca INGV, ISPRA e CNR, nonché a prevedere il blocco del rilascio di autorizzazioni in zone di particolare ripopolamento ittico, così come opportunamente indicato da indagini scientifiche preventive di supporto effettuate dagli enti di ricerca INGV, ISPRA e CNR, prevedendo altresì adeguate compensazioni economiche nel caso di danni arrecati agli stock ittici esistenti;
    ad adottare le necessarie iniziative volte a una revisione del sistema delle autorizzazioni per le trivellazioni prevedendo il coinvolgimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare anche redigendo apposite griglie di valutazione in grado di recepire in modo oggettivo specifici punti di criticità quali ad esempio la presenza di falde acquifere o elevati rischi sismici e rilevanti fragilità geologiche dei territori interessati dall'ipotesi di ricerca clorazione e coltivazione di idrocarburi, supportate dal contributo delle analisi di ISPRA, INGV e CNR, così come il coinvolgimento degli enti locali e una maggiore trasparenza e pubblicizzazione dei risultati;
    a incrementare per le nuove concessioni di coltivazione le aliquote delle royalty fino al 50 per cento rispetto a quelle attualmente vigenti in funzione della produttività degli impianti, anche per individuare misure compensative a favore delle comunità rivierasche o comunque interessate, mutuando schemi quali quello dell'articolo 16 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;
    a verificare la sussistenza dei requisiti economici e tecnici delle società titolari di permessi di ricerca in modo da garantire efficienza tecnica, sicurezza e pieno rispetto di tutte le prescrizioni e dei vincoli stabiliti dalle autorità competenti: non solo degli obblighi – stabiliti dal Ministero dello sviluppo economico – per la gestione degli impianti e la sicurezza mineraria – ma anche, in particolare, dei vincoli disposti da Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dagli enti locali per gli aspetti di compatibilità ambientale nella realizzazione e gestione di impianti e pozzi, tenuto conto delle tecniche e delle conoscenze più avanzate per il «buon governo» dei giacimenti;
    occorre avviare un'attenta valutazione circa le conseguenze della decisione del governo croato di consentire, come annunciato dal Ministro degli affari esteri Ivan Vrdoliar, le trivellazioni petrolifere nelle proprie acque territoriali;
    nei giorni scorsi il Governo di Zagabria ha comunicato l'esito del bando sulle prime dieci aree (su 29), ognuna delle quali si estende su 1.000-1.600 chilometri quadrati: il consorzio costituito dall'americana Marathon Oil e dall'austriaca Omv ne ha ottenute sette, mentre due licenze sono andate alla società pubblica croata Ina e all'ungherese Mol e una al consorzio tra ENI e l'inglese Medoilgas;
    la Direzione generale per le valutazioni ambientali del ministero ha manifestato in due occasioni ufficiali l'interesse a partecipare alla procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del «Piano e Programma Quadro di ricerca e produzione degli idrocarburi nell'Adriatico» del governo croato, come previsto dalla Direttiva 2001/42/CE e dal Protocollo Vas alla Convenzione di Espoo sottoscritto nel 2003 a Kiev;
    il 26 febbraio la Croatia ha comunicato il proprio assenso alla richiesta del Pag. 75Governo italiano, a seguito del quale sono state informate le Regioni interessate (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia), invitandole a trasmettere entro il 20 aprile le osservazioni sul Piano, al fine di inoltrarle il 4 maggio, insieme a quelle del Governo, all'autorità competente croata,

impegna il Governo:

   a proseguire tutte le iniziative in corso in tutte le sedi, comunitarie ed internazionali, al fine di tutelare il mare Adriatico da interventi che potrebbero causare danni irrimediabili all'ambiente marino, patrimonio dell'intera umanità, ricorrendo, a all'uopo, a tutti gli strumenti di tutela previsti dal diritto internazionale e comunitario, sia invocando principi di prevenzione e di precauzione, sia facendo ricorso alle convenzioni, alle direttive ed ai trattati internazionali, tra cui la Convenzione di Barcellona del 16 febbraio 1976, relativa specificamente alla salvaguardia del mare Mediterraneo, considerato «area speciale» proprio per la sua particolare valenza ecologica, la Convenzione di Londra del 1954 sulle regole di prevenzione dell'inquinamento da idrocarburi, la Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay del 1982, finalizzata alla protezione dell'ambiente marino dall'inquinamento, che impone l'obbligo di proteggere e preservare l'inquinamento marino e la Convenzione di Bruxelles sulla responsabilità civile per l'inquinamento da idrocarburi del 29 novembre 1969;
   a promuovere uno studio sull'opportunità dell'istituzione di una Zona di protezione ecologica nel mare Adriatico, con l'obiettivo di tutelare la biodiversità e gli ecosistemi marini e il patrimonio dei fondali del mare Adriatico, in attuazione delle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 10 dicembre 1982;
   ad attivare le procedure di valutazione ambientale strategica (VAS), così come previste dalle normative nazionali e europee, per tutti i piani e i programmi concernenti le attività programmatiche nelle acque territoriali.
(8-00101) «Terzoni, Benedetti, Da Villa, Micillo, Busto, Daga, De Rosa, Mannino, Zolezzi, Crippa, Lupo, Vallascas, Fantinati, Della Valle, Vignaroli, Spessotto, Villarosa, Businarolo, Sarti, Ferraresi, Colletti, Cozzolino, Agostinelli, Brescia, Paolo Nicolò Romano, Dell'Orco, Parentela, L'Abbate, Cariello».

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ALLEGATO 2

5-05154 Borghi: Iniziative del Governo per la messa in sicurezza e la bonifica del sito di Bussi sul Tirino, in provincia di Pescara.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Per quanto attiene allo stato delle attività di bonifica e risanamento delle aree ricadenti nel SIN di Bussi sul Tirino, si ricorda che questo Ministero aveva diffidato nel settembre 2013 la società Edison, ritenuta responsabile della contaminazione, a provvedere ai conseguenti interventi di risanamento.
  La Edison ha impugnato il provvedimento di diffida innanzi al TAR Abruzzo e proposto appello al Consiglio di Stato, il quale, con sentenza depositata lo scorso 5 marzo, ha accolto il ricorso promosso.
  Nel febbraio 2014 si era provveduto a diffidare anche la Soc. Solvay, attuale proprietaria dell'area, ad adottare nel sito a monte dello stabilimento le misure necessarie per la sua messa in sicurezza; nel mese di maggio veniva presentato il relativo studio di fattibilità.
  Dal canto suo il Commissario delegato nell'agosto 2014 aveva reso noto il progetto elaborato per il risanamento delle restanti aree, a completamento ed in coordinamento con le attività già previste da Solvay, al fine della integrale bonifica dei 5,5 ettari delle aree a monte dello stabilimento industriale di Bussi.
  Nel settembre 2014, il medesimo Commissario veniva invitato a predisporre uno studio di fattibilità contenenti i requisiti minimi affinché gli Enti territoriali interessati potessero esprimere le valutazioni, le osservazioni e i pareri di competenza, al fine di pervenire a soluzioni condivise. In particolare, veniva richiesto alla regione di proporre eventuali soluzioni alternative alla realizzazione in sito di una discarica per i rifiuti non pericolosi derivanti dalla bonifica in attuazione dei principi e criteri stabiliti dal vigente Piano Regionale di Gestione dei rifiuti.
  La Conferenza dei Servizi istruttoria tenutasi lo scorso 6 febbraio, ha approvato con prescrizioni il Piano della caratterizzazione delle aree pubbliche nel SIN di Bussi sul Tirino (PE), preso atto del Piano di caratterizzazione delle aree «Solvay», e avviato l'istruttoria del progetto Interventi di bonifica Aree esterne Solvay in Bussi sul Tirino, rinviando ad altra seduta per le conseguenti decisioni.
  In ultimo, si precisa che sono in corso di valutazione le iniziative giudiziarie e amministrative da assumere alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, in particolare l'adozione di un'ordinanza, ai sensi della Parte VI del decreto legislativo n. 152/2006 nei confronti di Edison spa.

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ALLEGATO 3

5-05155 Zolezzi: Intendimenti del Governo in merito alla situazione di rischio idrogeologico e sismico dell'area ricompresa tra i comuni di San Benedetto Po e Bagnolo San Vito, in provincia di Mantova.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Sulla base degli elementi forniti dall'Agenzia Interregionale per il Fiume Po (AIPo) e dalla Autorità di Bacino Nazionale del Fiume Po, si è accertato che, attualmente l’iter procedurale per la realizzazione dell'opera, la cui progettazione è stata curata dalla provincia di Mantova, in ragione di un finanziamento regionale concesso a seguito degli eventi sismici del maggio 2012 si trova nella fase di approvazione del progetto preliminare da parte della Conferenza dei Servizi, nella quale sono coinvolti tutti gli Enti interessati dalla sua realizzazione.
  È stato riferito dall'AIPo che da tempo è attivato un attento monitoraggio dell'opera esistente, che verrà successivamente demolita, in quanto interferente in modo significativo con la sicurezza idraulica a causa delle gravi criticità strutturali del tratto in alveo, conseguenti, in particolar modo agli eventi del maggio 2012. Dai lavori della Conferenza dei Servizi è emerso che la soluzione progettuale, approvata all'unanimità, risulta essere la più confacente dal punto di vista sia ambientale che paesaggistico. Il progetto proposto, risulta migliorativo e maggiormente conforme alla pianificazione ed agli obiettivi della Comunità Europea, in materia di navigazione fluviale. In particolare, prevedendo il progetto la realizzazione di un ponte a due campate già di per sé procura meno ostruzione allo scorrimento dell'acqua rispetto a un attraversamento con cinque pile in alveo, come quello esistente e destinato ad essere demolito.
  Le eventuali problematiche realizzative connesse alla occupazione di parte della golena dalla Ditta Rondelli, già a suo tempo regolarmente concessionata dal Piano Cave della provincia di Mantova, sembrerebbero di facile risoluzione adottando gli adeguati accorgimenti nella fase esecutiva dell'opera.
  Per quanto attiene all'Autorità di bacino Nazionale del Fiume Po, questi in data 9 settembre 2014 ha depositato, in sede di Conferenza dei Servizi sul progetto preliminare del nuovo ponte, la propria valutazione favorevole sul tracciato dell'opera in progetto, riservandosi comunque di esprimere il parere di compatibilità sulla scorta di approfondimenti specifici che andranno a corredo del progetto definitivo. Il contributo della Agenzia è limitato solo alla disamina delle interferenze e delle eventuali criticità idrauliche che la struttura in progetto potrebbe generare al libero deflusso delle acque, suggerendo i necessari interventi correttivi per la riduzione del rischio idraulico.

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ALLEGATO 4

5-05156 Grimoldi: Sull'ambito di applicazione dell'articolo 15, comma 1, lettera c) del decreto-legge n. 91 del 2014, in materia di verifica di assoggettabilità a V.I.A.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il regime transitorio di cui si tratta è stato introdotto dal decreto-legge n. 91 del 2014 che, modificando il decreto legislativo n. 152 del 2006, ha determinato l'azzeramento delle soglie dimensionali già previste dal suo Allegato IV, con la conseguenza che tutte le categorie progettuali devono essere sottoposte alla procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA, aumentando notevolmente il numero delle procedure di screening regionali.
  A fronte dei molteplici quesiti pervenuti su come operare sino alla adozione delle previste «Linee guida», la Conferenza Stato-Regione ha adottato, nelle forme dell'accordo ex decreto legislativo 281/1997, una nota esplicativa, proposta dal Ministero dell'ambiente, per la gestione della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA nel periodo transitorio.
  Si evidenzia il carattere assolutamente non vincolante della nota esplicativa appena citata, in quanto al fine di semplificare le procedure amministrative regionali, in essa viene suggerito, dal punto di vista metodologico, che la verifica di assoggettabilità «caso per caso» sia contestualizzata negli iter autorizzativi dei progetti, secondo modalità coerenti con la «Direttiva VIA» e tenendo conto delle attribuzioni a livello regionale delle competenze. Il titolo autorizzativo, comunque denominato, espliciterà le modalità e gli esiti delle valutazioni svolte tenuto conto dei criteri dettati dall'Allegato V del decreto legislativo n. 152 del 2006 che recepisce integralmente l'Allegato III della Direttiva VIA.
  Per quanto attiene la Circolare della regione Emilia Romagna, emanata prima della elaborazione della nota esplicativa Stato-Regioni, appare opportuno osservare che laddove i criteri utilizzati per la determinazione dei progetti da assoggettare a screening risultino conformi alla normativa comunitaria in materia di VIA, non si rileva alcuna criticità. Nella sua Circolare la Regione evidenzia, infatti, che sono state introdotte nell'ordinamento regionale disposizioni che rendono obbligatoria la declinazione di tutti i criteri previsti dall'allegato III della Direttiva 2011/92/CE, il cui rispetto costituisce un obbligo comunitario che grava tanto sul legislatore nazionale come su quello regionale ai sensi dell'articolo 117, comma 1, della Costituzione.
  Con specifico riferimento all'impianto a biogas di Forlimpopoli, trattandosi di intervento la cui verifica di assoggettabilità è di competenza regionale, il Ministero non dispone di elementi tecnici sufficienti per valutare se tale progetto può avere effetti negativi e significativi sull'ambiente. Il Ministero dell'Ambiente ha attivato la competente Direzione Generale per reperire tutte le informazioni necessarie dalla predetta regione, al fine di elaborare quanto prima un adeguato quadro conoscitivo della questione.

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ALLEGATO 5

5-05157 Matarrese: Iniziative del Governo in merito alle discariche abusive situate nella regione Puglia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Sulla base degli elementi acquisiti dall'ARPA Puglia e dal Corpo Forestale dello Stato, si rappresenta quanto segue.
  Tra le attività istituzionali svolte dall'ARPA Puglia vi è il monitoraggio dei siti contaminati, nonché il censimento degli stessi da sottoporre a procedimento di bonifica e il monitoraggio delle acque sotterranee. È stato al proposito riferito che al 31 dicembre 2014, i siti censiti nella regione Puglia per la sottoposizione a bonifica risultavano essere complessivamente 415.
  Con l'Accordo di Programma Quadro sottoscritto il 9 marzo 2007 fra Regione Puglia, Arpa Puglia Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente, Guardia di Finanza, Corpo forestale dello Stato e CNR, al fine di coordinare e potenziare le attività di controllo e monitoraggio dell'intero territorio regionale di tutte le attività illecite di abbandono dei rifiuti, l'ARPA Puglia interviene nelle attività di controllo, attraverso sopralluoghi in sito, indagini analitiche e verifica dei livelli di contaminazione e delle concentrazioni di rischio dei siti inquinati individuati.
  La rilevazione di un evento potenzialmente in grado di contaminare un sito, comporta che il responsabile dell'inquinamento entro 24 ore deve mettere in opera le necessarie misure di prevenzione e ne dà immediata comunicazione a Comune, Provincia e Regione.
  Ad oggi, il monitoraggio ambientale, ha permesso di rilevare complessivamente 3177 siti contaminati.
  Anche il Corpo Forestale dello Stato ha individuato rifiuti speciali e amianto frantumato, in una vasta area in località Santa Fara del Comune di Bari. Il materiale era tombato in una superficie di circa due ettari. Le indagini sono tuttora in corso e coperti dal segreto istruttorio.
  Per quanto attiene la vicenda dello smaltimento illecito di rifiuti sul sito nel Comune di Ordona, consta che la Regione Puglia abbia indetto un incontro il 28 aprile 2014. Nell'occasione L'ARPA Puglia ha fornito il proprio contributo sul piano di indagine preliminare redatto dal CNR-IRSA di Bari in ordine al numero delle aliquote di campioni da prelevare ed alle metodiche da applicare per i campionamenti. Tale lavoro è propedeutico per meglio indirizzare gli interventi futuri.
  Il Ministero dell'Ambiente segue con attenzione la vicenda segnalata e non mancherà di fornire il proprio apporto, se richiesto, agli enti territoriali e locali interessati.

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ALLEGATO 6

5-05158 Segoni: Iniziative del Governo in merito alla situazione di grave inquinamento ambientale della ex cava di Paterno, sita nel comune di Vaglia (FI).

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alla problematica affrontata con la interrogazione cui si risponde, appare preliminarmente opportuno sottolineare che il Ministero dell'ambiente non è titolare di funzioni e poteri in ordine al procedimento di autorizzazione e di controllo degli impianti di discarica che, ai sensi dell'articolo 208 del decreto legislativo 152 del 2006, sono attribuiti alle Regioni o alle Province, se delegate. Allo stesso modo l'accertamento delle violazioni alle disposizioni di cui alla parte IV dello stesso decreto ricadono sotto la competenza locale, provinciale o regionale.
  Sulla base, così, degli elementi informativi acquisti presso gli Enti locali, è emerso che le problematiche affrontate possono essere scisse in due scenari.
  Per quanto riguarda la discarica abusiva realizzata nell'ex cava di Paterno, già oggetto di indagine da parte della Autorità giudiziaria e attualmente sottoposta a sequestro penale, con ordinanza dell'aprile 2014 il Sindaco del Comune di Vaglia aveva intimato alla proprietà dell'area la sua messa in sicurezza e lo smaltimento dei rifiuti rinvenuti. Allo stato la relativa ordinanza sindacale risulta, peraltro, inottemperata. Tuttavia, la Proprietà del sito di cava e la ditta produttrice dei rifiuti contestati si sono dichiarati disposti a provvedere a quanto richiesto, proponendo a tal fine un «piano di gestione» finalizzato a realizzare nuovi campionamenti per poi addivenire alla predisposizione di un vero e proprio piano di smaltimento. Tale proposta, allo stato, è al vaglio delle competenti Autorità.
  Per quanto attiene alla realizzazione, presso la stessa ex cava di Paterno, di una discarica destinata a rifiuti contenenti amianto, così come previsto nel «piano interprovinciale per i rifiuti di Firenze, Prato e Pistoia», recependo la disponibilità espressa nel mese di ottobre 2010 dal Sindaco pro-tempore del Comune di Vaglio, risulta che tale pianificazione è al momento sospesa, probabilmente in relazione ad un orientamento negativo da parte delle competenti Autorità, sia regionale che locali.
  Per quanto riferito, e ferma restando la competenza in capo agli enti locali, si rassicurano gli Onorevoli Interroganti che il Ministero dell'ambiente vigilerà, nell'ambito e nei limiti delle proprie competenze generali, sull'evolversi della vicenda.

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ALLEGATO 7

5-05159 Pellegrino: Sull'impiego della tecnica dell’air gun per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La tecnica air gun è utilizzata da decenni in tutto il mondo non solo per la ricerca di giacimenti di idrocarburi, ma anche per scopi di natura squisitamente scientifica.
  Le competenti Autorità di ciascun Paese sono consapevoli che l'utilizzo indiscriminato di tale tecnica potrebbe provocare delle conseguenze anche non irrilevanti sulla fauna marina, e impone, pertanto, per il suo utilizzo, un rigoroso approccio di tipo precauzionale, volto a eliminare, o quanto meno a minimizzare al massimo livello possibile, i rischi da impatto sugli ecosistemi marini e sui cetacei in particolare.
  A questo fine sono state all'uopo sviluppate nel corso degli anni dagli Organismi internazionali competenti, con il rilevante contributo del nostro Paese, puntuali linee guida volte a minimizzare l'impatto delle emissioni acustiche degli air gun, rendendone così l'uso compatibile con l'ambiente marino a patto di una rigorosa vigilanza sulle modalità di esecuzione. In nessun paese del mondo, peraltro, con la sola eccezione del Costarica, l'utilizzo di tale tecnica risulta essere vietato.
  E, infatti, nell'ambito del processo di Valutazione di Impatto Ambientale il Ministero dell'ambiente richiede specifiche prescrizioni obbligatorie per la minimizzazione degli impatti collegati all'impiego dell’air gun, basate, in particolare, sulle linee guida di ACCOBAMS.
  Alla luce di quanto appena riferito, non si può non ritenere prematura qualsiasi iniziativa volta ad impedire l'impiego della tecnica air gun ai fini della ricerca degli idrocarburi, ovviamente nel solo ambito nazionale, senza prima svolgere una attenta e complessiva riflessione sulle possibili confligenze con gli interessi strategici nazionali, anche a medio termine, sì da individuare diversi possibili percorsi, preferibilmente da condividersi con le altre realtà comunitarie – ad esempio, nell'ambito della marine strategy – e internazionali.
  Nelle more che ciò avvenga, non v’è dubbio che sarà necessario perseguire un obiettivo di riduzione degli impatti connessi alle ricerche in campo sottomarino, vigilando sulla piena e puntuale applicazione di tutte le norme, prescrizioni e migliori pratiche esistenti per evitare qualsiasi dannoso effetto sulla fauna marina derivante dell'utilizzo dell’air gun, perseguendo rigorosamente il mancato rispetto delle procedure e delle prescrizioni cui sono condizionate le pertinenti autorizzazioni.