CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 marzo 2015
411.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (XI e XII)
ALLEGATO

ALLEGATO

Sulla missione a Riga di una delegazione di deputati delle Commissioni XI e XII alla Conferenza dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di lavoro e affari sociali dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, organizzata nell'ambito del semestre di presidenza della Repubblica di Lettonia.

RELAZIONE

  Una delegazione parlamentare composta dalla deputata Silvia Giordano, per la XII Commissione Affari sociali, e dal deputato Davide Baruffi, in rappresentanza della XI Commissione Lavoro si è recata in missione a Riga il 22 e il 23 febbraio 2015, per partecipare alla Conferenza dei Presidenti delle Commissioni competenti in materia di lavoro e affari sociali dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea, organizzata nell'ambito del semestre di presidenza della Repubblica di Lettonia. Alla Conferenza ha preso parte anche la vicepresidente della Commissione Lavoro del Senato, senatrice Maria Spilabotte.
  La Conferenza ha riunito membri di ventisei Camere parlamentari in rappresentanza di ventidue Stati membri dell'Unione europea, delegati del Parlamento europeo, della Commissione europea, di tre Paesi candidati (Albania, Serbia e Montenegro), nonché parlamentari norvegesi e dell'Assemblea Baltica.
  La Conferenza è stata aperta da Inâra Mûrniece, Presidente della Saeima della Repubblica di Lettonia, che, nel rivolgere un indirizzo di saluto ai partecipanti, ha sottolineato come la presidenza lettone ritenga una priorità del semestre la promozione di iniziative volte ad Europa più inclusiva che sviluppi politiche per favorire l'occupazione in un mercato del lavoro sostenibile ed inclusivo, da Aija Barca, Presidente della Commissione affari sociali e dell'occupazione del parlamento lettone, e da Valdis Dombrovskis, Vicepresidente della Commissione europea per l'euro e il dialogo sociale, che hanno svolto interventi introduttivi, nei quali è stata evidenziata la centralità – per le politiche dell'Unione europea nell'attuale momento di grave crisi economica – dell'integrazione nel mercato del lavoro delle persone fragili e disagiate, dell'impresa sociale e dell'iniziativa «Garanzia per i giovani», tematiche oggetto delle tre sessioni in cui si è articolata la Conferenza.
  In particolare, il Vicepresidente Dombrovskis ha auspicato una maggiore cooperazione tra le istituzioni europee e i Parlamenti nazionali, necessaria a suo avviso alla definizione di politiche volte alla conciliazione tra l'obiettivo di una più forte coesione sociale e di una maggiore competitività e crescita economica, nonché all'adozione di programmi per far fronte alla disoccupazione di lungo periodo e per favorire l'occupazione giovanile. Su quest'ultimo aspetto ha ricordato due importanti iniziative della Commissione europea, la «Garanzia per i giovani» e le misure per la mobilità dei lavoratori, su cui ha preannunciato una prossima revisione della direttiva europea che regola la materia, sottolineando che entrambe le iniziative richiedono una stretta cooperazione con la Commissione per l'occupazione e gli Affari sociali del Parlamento europeo.
  La presidente della Commissione affari sociali e dell'occupazione del parlamento lettone Barca ha richiamato quindi l'attenzione sulla necessità che gli Stati membri Pag. 9affrontino non solo le questioni legate alla crisi economica ma anche le non meno importanti questioni sociali e dell'occupazione, proprio in considerazione del fatto che la scarsità di risorse finanziarie rende sempre più urgente attivare nuove politiche rivolte alla soluzione di problematiche sociali e occupazionali, anche con l'apporto e il contributo di iniziative della società civile e un adeguato coinvolgimento dei cittadini. Ha quindi ribadito l'esigenza che le persone con disabilità e fragilità sociale siano poste in condizione di partecipare a tutte le attività della vita quotidiana inclusa la vita lavorativa in quanto maggiormente esposte al rischio di emarginazione sociale e che pertanto l'obiettivo delle politiche europee e nazionali sia quello di consentire a queste categorie di condurre una vita dignitosa. A tal fine, ha sottolineato la necessità che sia confermato l'impegno degli Stati membri per il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, ovvero la creazione di più posti di lavoro, l'innalzamento del tenore di vita e l'impegno a favore di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, e che si intensifichi lo scambio di esperienze condotte nei diversi Stati membri per la protezione delle fasce deboli, atteso che un ambiente e dei servizi accessibili alle persone con capacità limitate sono essenziali per la crescita economica complessiva.
  Nel corso della I Sessione di lavoro, dedicata all'integrazione nel mercato del lavoro delle persone più vulnerabili, sono intervenuti Robert Anderson, Vice direttore della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, e Gunta Anča, Presidente della Federazione nazionale delle Associazioni di persone con disabilità «SUSTENTO», Membro del Comitato economico e sociale europeo e Vicepresidente del Forum europeo delle persone disabili.
  Robert Anderson, rappresentante di Eurofound – la Fondazione istituita a Dublino nel 1975 con il compito di contribuire alla realizzazione di migliori condizioni di vita e di lavoro attraverso un'azione volta a sviluppare e a diffondere le conoscenze che possono facilitare tale miglioramento e nella quale sono rappresentati tutti gli Stati membri e i rappresentanti delle parti sociali – ha, in primo luogo, evidenziato le notevoli differenze esistenti nelle legislazioni dei diversi Stati membri nella definizione e nella individuazione delle categorie da includere nelle fasce deboli; solo alcuni Paesi considerano tali, ad esempio, i disoccupati di lungo periodo, che dal 2008 al 2013 sono cresciuti numericamente in modo significativo, o i genitori single o gli immigrati. Inoltre, ha evidenziato l'esigenza che, una volta favorita l'entrata nel mondo del lavoro delle categorie svantaggiate, gli Stati membri si attivino anche per mantenerne la permanenza, e che a tal fine la Strategia europea per l'inclusione attiva dovrà essere implementata per quanto attiene al mercato del lavoro, in quanto realizzata solo parzialmente. Nuove politiche di inclusione attiva dovranno tener conto della esigenza di consentire alle fasce svantaggiate la partecipazione non solo alla vita lavorativa ma alla vita sociale in genere, con un approccio che veda una più stretta integrazione tra i vari servizi e politiche sociali con quelli relativi a salute, abitazione, lavoro, formazione e istruzione, attraverso misure di politica integrata di tipo olistico. Nell'ambito delle categorie svantaggiate alle quali vanno rivolte le politiche per l'occupazione, grande rilievo assumono anche i giovani disoccupati, siano essi NEET, con disabilità o inattivi, tutti gruppi esclusi dal mondo del lavoro e per i quali sono necessarie risposte differenziate a seconda della categoria di appartenenza: per alcuni sarà necessario completare gli studi scolastici, per altri essere avviati a corsi di formazione professionale, per altri ancora una spinta motivazionale. In conclusione, nel ricordare alcune iniziative promosse da Eurofound, ha evidenziato l'importanza dello sviluppo continuo delle politiche per l'occupazione, ad esempio garantendo rapidamente un lavoro a chi è stato messo nelle condizioni di sviluppare delle capacità professionali, o potenziando servizi quali i trasporti o il babysitting, o aiutando anche Pag. 10i datori di lavoro per il raggiungimento di tali obiettivi. Infine, sull'occupazione lavorativa delle persone anziane ha espresso il convincimento che gli anziani debbano essere indirizzati principalmente verso funzioni e responsabilità di assistenza e che gli Stati membri debbano valorizzare le buone prassi. In conclusione, ha auspicato un maggiore impegno da parte di tutti gli Stati nazionali nella applicazione effettiva delle politiche di inclusione attiva e nel relativo potenziamento.
  La Presidente della Federazione nazionale delle Associazioni di persone con disabilità «SUSTENTO», Gunta Anca, ha innanzitutto ricordato che il numero dei disabili nell'Unione europea è pari a circa 80 milioni, e che nel 50 per cento dei casi la disabilità è stata acquisita durante l'età lavorativa e che solo una piccola percentuale di questi è riuscita a rientrare nel mercato del lavoro. Il 75 per cento dei disabili è, infatti, fuori dal mercato del lavoro. Politiche che mirino alla integrazione delle diverse categorie di disabili nel mondo del lavoro devono proporre approcci molto diversi tra loro, che tengano conto delle diverse tipologie di disabilità: per precisare meglio tale concetto ha fatto ricorso alla metafora della «stella», in cui la parte centrale corrisponde alle esigenze comuni a tutti i disabili mentre le punte rappresentano le diverse problematiche (scarsa mobilità, cecità, disturbi mentali di maggiore o minore intensità, eccetera) che possono ostacolare l'ingresso nel mercato del lavoro e che richiedono interventi di sostegno diversi. Ad esempio, per favorire l'inclusione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità fisiche è necessario eliminare le barriere architettoniche, per le persone con disabilità uditive è richiesta l'assistenza di interpreti della lingua dei segni, per i disabili non vedenti il supporto di tecnologie avanzate. Pertanto, è a suo avviso necessario rispettare i seguenti principi fondamentali: i servizi di supporto devono rispondere alle differenti esigenze dei vari gruppi di disabili e devono essere forniti tempestivamente rispetto all'incidente che ha provocato la disabilità, al fine di non aumentare la loro resistenza al reinserimento lavorativo; sono necessari incentivi per finanziare le aziende più aperte all'inserimento dei disabili, anche prevedendo sgravi fiscali; vanno individuati posti di lavoro cosiddetti «speciali» da destinare ad esempio ai portatori di disturbi mentali.
  Dopo l'intervento della Presidente Gunta Anča, si è aperto il dibattito al quale è intervenuta per prima la senatrice italiana Maria Spilabotte, che ha ricordato le politiche portate avanti dal Governo italiano in materia di inclusione attiva e di integrazione delle categorie svantaggiate nel mercato del lavoro, a partire dai giovani disoccupati.
  La rappresentante della Germania ha ricordato gli alti livelli dell'occupazione nel suo Paese (43 milioni le persone occupate), a fronte dei quali permangono tuttavia difficoltà nell'inserimento lavorativo dei disoccupati di lungo periodo. Nelle politiche a favore dei disoccupati, pertanto, una particolare attenzione è rivolta a tale categoria, nonché ai circa 150.000 genitori single e ai giovani con minori qualificazioni, anche attraverso il ricorso a sussidi pubblici nelle aree con più alti tassi di disoccupazione.
  Il deputato dei Paesi Bassi ha illustrato i contenuti della nuova legge olandese sul lavoro delle persone svantaggiate e sul fondamentale ruolo svolto in tal senso dagli enti locali che esercitano le principali competenze in materia. La nuova legge porterà 140.000 nuovi posti di lavoro con una quota riservata alle classi disagiate, il cui mancato rispetto comporterà l'applicazione di severe sanzioni.
  Sono quindi intervenuti un rappresentante del Parlamento della Gran Bretagna, che rilevato come il suo Paese abbia posto l'accento sulla necessità di incoraggiare la partecipazione alla vita sociale delle persone anziane anche attraverso lo sviluppo delle capacità digitali, e deputati del parlamento maltese, che hanno riferito sulle recenti misure adottate per favorire e agevolare l'occupazione dei genitori single, dei disabili – per l'assunzione dei quali è stata introdotta una riserva obbligatoria del 2 per cento – e delle donne.Pag. 11
  Norme per sostenere l'entrata nel mercato del lavoro dei disabili sono state introdotte anche in Austria, che ha previsto una riserva del 4 per cento e sovvenzioni e agevolazioni per le imprese che rispettano tale quota e che agevolano la mobilità dei disabili, nonché in Belgio, dove grande successo ha ottenuto il sistema dei «titres-services» (buoni lavoro), introdotto circa 10 anni orsono allo scopo di disciplinare le prestazioni di carattere occasionale rese in ambito domestico e nello stesso tempo di far emergere il lavoro nero e creare nuovi posti di lavoro. Il sistema adottato in Belgio ha introdotto l'utilizzo dei buoni-lavoro per la retribuzione delle prestazioni occasionali di tipo accessorio nel settore dei servizi domestici, definiti «servizi di prossimità». Dal 2006, inoltre, i «titres-services» sono diventati anche uno strumento di conciliazione tra vita professionale e vita familiare, attraverso il riconoscimento di buoni-lavoro gratuiti alle lavoratrici autonome che riprendono a lavorare dopo il parto, e utilizzabile in misura maggiore da parte di determinate categorie di persone: famiglie monoparentali, portatori di handicap, genitori di minorenni portatori di handicap, persone anziane titolari di indennità di accompagno.
  La II Sessione di lavoro è stata dedicata all'imprenditorialità sociale, come strumento per raggiungere gli obiettivi sociali.
  Hanno introdotto i lavori Agnes Jongerius, Vicepresidente della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo, Ariane Rodert, Vicepresidente del Gruppo III del Comitato economico e sociale europeo e Andris Bërzins, Presidente dell'Associazione dei Samaritani della Lettonia.
  La vicepresidente Jongerius, dopo aver richiamato l'attenzione sul concetto di impresa sociale, su cui l'Unione europea non ha concordato una definizione comune ma che, tuttavia, non può prescindere dalla combinazione di obiettivi sociali con le attività rivolte al profitto caratteristiche del settore privato, sempre che l'obiettivo primario sia rappresentato dal perseguimento di impatti sociali positivi e non di profitti, ha ricordato che nell'Unione europea il numero degli occupati presso imprese sociali, pari a circa 11 milioni di persone nel 2012, è in continuo aumento e che il successo di tale tipo di imprenditorialità è dovuto principalmente al fatto che i lavoratori si sentono più motivati e impegnati, come dimostrano i dati sulle assenze per malattia che risultano dimezzate rispetto alla norma, e che il management è decisamente meno costoso. Per tali ragioni, le imprese sociali si sono rivelate più reattive di fronte alla crisi economica tanto che, in Paesi come la Francia o la Spagna dove il tasso di disoccupazione nelle imprese tradizionali è in costante incremento, l'occupazione nelle imprese sociali risulta invece decisamente in crescita.
  La Vicepresidente della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo ha inoltre ricordato le iniziative promosse in sede di Unione europea per sostenere le imprese sociali e le misure che a tal fine dovrebbero essere adottate anche negli Stati membri per superare gli ostacoli che tale tipo di imprenditorialità incontra. In proposito, ha fatto riferimento alla necessità di assicurare una maggiore visibilità e riconoscibilità sensibilizzando l'opinione pubblica sulle opportunità offerte dall'impresa sociale, all'esigenza di garantire maggiori finanziamenti e sostegni di tipo economico e, soprattutto, di introdurre normative uniformi nei vari Paesi europei. Inoltre, attraverso l'esperienza delle imprese sociali si può contrastare la disoccupazione giovanile, atteso che i giovani appaiono sempre più inclini a partecipare alla vita sociale e alla crescita della società.
  Nel suo intervento Ariane Rodert, Vicepresidente del Gruppo III del Comitato economico e sociale europeo, ha innanzitutto ricordato l'iniziativa sull'imprenditoria sociale presentata dalla Commissione europea nel 2011, nel quadro della strategia Europa 2020, nella quale è stata affermata la necessità di migliorare l'accessibilità dei finanziamenti, di promuovere la trasparenza del settore e di sensibilizzare i responsabili politici alle esigenze Pag. 12delle imprese sociali, evidenziando la responsabilità dell'Unione europea, così come dei singoli Stati membri, di promuovere la creazione e il funzionamento efficace delle imprese sociali. Inoltre, ribadendo quanto già dichiarato nel gennaio 2014 in occasione di una manifestazione organizzata congiuntamente dalla Commissione e dal Comitato economico e sociale europeo e dedicata all'imprenditoria sociale e all'economia sociale, la Vicepresidente Rodert ha affermato che nell'attuale momento di crisi economica e dinanzi alle sfide dell'invecchiamento della popolazione, della disoccupazione giovanile, dei cambiamenti climatici e dell'aumento delle disuguaglianze, l'Europa ha bisogno di più imprese sociali.
  La Vicepresidente ha quindi evidenziato la difficoltà di definire e disciplinare in modo uniforme l'impresa sociale, atteso che le discipline vigenti nei vari Paesi dell'Unione sono piuttosto diverse, sia per quanto riguarda la forma giuridica che possono assumere le imprese medesime, che restituisce l'idea di un mondo variegato e frammentato, sia per quanto concerne taluni aspetti, come ad esempio il tipo di attività (in alcuni casi offrire servizi sociali in altri obiettivi e benefici sociali) o la percentuale di reinvestimento degli utili nel perseguimento degli obiettivi sociali che varia da Paese a Paese, fino ad arrivare ad un reinvestimento del 100 per cento in Svezia (sebbene in questo Paese l'impresa sociale si occupi in prevalenza di attività molto specifiche, come gli asili nido o i servizi per l'impiego). Dopo aver osservato come il numero di occupati nel settore – passato dagli 11 milioni nel 2008 a 14,5 milioni nel 2014 – sia in continua crescita, ha rilevato che per quanto riguarda i finanziamenti essi possono avere natura pubblica ma provenire anche da fondi privati o da parte di entrambi in forma ibrida. Infine, quanto al tipo di attività che può essere svolta dalle imprese sociali, il limite è rappresentato dalla necessità di condurre missioni al servizio della società, e pertanto l'impresa sociale può operare nel campo dei servizi sociali, dell'ambiente, dello smaltimento e riciclaggio dei rifiuti, del turismo o della vendita di prodotti agroalimentari del territorio. Le imprese sociali, dunque, possono essere estremamente eterogenee e adottano talvolta approcci molto innovativi, anche ampliando e variando la gamma dei servizi sociali disponibili, addirittura in sostituzione dello Stato.
  Altro vantaggio dell'imprenditorialità sociale, derivante da una maggiore democraticità della governance e dalla possibilità di coinvolgere contemporaneamente una pluralità di stakeholder, è rappresentato da un livello di fallimenti molto più basso rispetto alle imprese tradizionali. A conclusione del suo intervento, la vicepresidente Rodert ha ritenuto necessaria una forte volontà politica a livello europeo e di singoli Stati membri che consenta a questo settore di continuare a crescere, ricorrendo a misure che rendano più agevole l'accesso ai finanziamenti e la aggiudicazione di appalti pubblici, senza trascurare l'esigenza di una maggiore trasparenza.
  L'ultimo intervento programmato in materia di impresa sociale è stato svolto da Andris Bërzins, Presidente dell'Associazione dei Samaritani della Lettonia, che dopo aver ricordato le origini storiche dell'impresa sociale, risalenti all'800, e le differenze esistenti nei vari Paesi europei nella natura e nella definizione di impresa sociale, ha evidenziato come i diversi tipi di impresa sono riconducibili prevalentemente a due modelli: quello anglosassone più business oriented, purché nello statuto si dichiari di perseguire finalità di interesse generale per la comunità, e quello «statalista», dove l'impresa è principalmente un'entità indipendente e pubblica. Ad avviso del Presidente Bërziņsš, a prescindere dai diversi modelli, caratteristica fondamentale dell'impresa sociale deve essere il perseguimento dell'obiettivo di creare benefici sociali nel lungo periodo, ricorrendo a strumenti di economia moderna e a sistemi di gestione che vedono un ampio coinvolgimento dei soggetti interessati. Per quanto riguarda l'esperienza lettone, ha osservato come le imprese sociali incontrano più o meno le medesime difficoltà – di tipo burocratico e di accesso Pag. 13ai finanziamenti – esistenti in tutta Europa. Infine, sotto il profilo del ricorso a strumenti innovativi anche di tipo tecnologico da parte delle imprese sociali, ha ricordato che le tecnologie moderne possono essere utilmente utilizzate prevalentemente in caso di servizi di assistenza domiciliare in aree urbane per comunicare con l'assistito anche ai fini di una valutazione dei servizi forniti, mentre nel caso di servizi in aree rurali a bassa densità l'assistenza a domicilio necessita maggiormente di una mobilità effettiva per raggiungere fisicamente l'anziano o l'agricoltore che vive isolato.
  Si è quindi aperto il dibattito, al quale hanno partecipato rappresentanti dei parlamenti irlandese, olandese, del Montenegro, dell'Albania, dell'Austria e del Belgio, ognuno dei quali ha illustrato le esperienze del proprio Paese, le novità legislative introdotte nel settore o gli intendimenti di prossime riforme. Nel dibattito è intervenuta anche la deputata Silvia Giordano, che ha posto l'accento sulla necessità prevalentemente italiana che il sistema di aiuti all'economia sociale sia corredato da un efficace e adeguato sistema di controlli e di trasparenza delle attività svolte non solo dalle imprese sociali ma in generale da tutti gli enti che operano nel Terzo settore, anche in considerazione di recenti fatti di cronaca giudiziaria che hanno interessato la capitale.
  Infine, nella sua replica Agnes Jongerius ha sottolineato l'importanza di elevare il livello di consapevolezza pubblica del ruolo svolto dalle imprese sociali, precisando che potendo avere differenti tradizioni culturali tale tipologia di imprenditorialità non può essere sovra regolata a livello europeo. Ha, inoltre, ribadito l'importanza di una più chiara definizione del significato di impresa sociale, la necessità di maggiori finanziamenti nonché di una migliore raccolta di dati statistici, necessaria per una reale conoscenza del settore.
  La III Sessione di lavoro è stata dedicata alla «Garanzia per i giovani», al fine di fare un primo bilancio di tale iniziativa a un anno dalla sua introduzione.
  I relatori di questa sessione sono stati Marianne Thyssen, Commissaria europea per l'occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità dei lavoratori, Juras Požela, Presidente della Commissione per i giovani e lo sport del Seimas della Repubblica di Lituania e Emïls Anškens, Vicepresidente del Consiglio nazionale della gioventù della Lettonia.
  La Commissaria Marianne Thyssen, ha innanzitutto ricordato che un giovane dell'UE su cinque non riesce a trovare lavoro, e che oltre sette milioni e mezzo di giovani non hanno un lavoro e nemmeno studiano. Allo stesso tempo, ci sono nell'Unione europea due milioni di posti di lavoro che rimangono vacanti principalmente perché i cittadini europei sono privi della preparazione necessaria. Per affrontare il problema della carenza di competenze e di formazione, due anni fa la Commissione europea e gli Stati membri hanno convenuto che occorreva introdurre la Garanzia per i giovani. Ha quindi evidenziato come molto sia stato fatto negli ultimi ventidue mesi, ricordando che durante il primo anno tutti gli Stati membri hanno elaborato piani di attuazione della Garanzia per i giovani e che nel 2014 ha preso avvio l'effettiva applicazione delle misure di sostegno. La Garanzia per i giovani ha stimolato l'introduzione di riforme strutturali negli Stati membri, volte a rafforzare la capacità delle agenzie di collocamento e a potenziare la formazione professionale, anche migliorando la cooperazione con i datori di lavoro per garantire l'aderenza dei programmi formativi alle esigenze del mercato del lavoro.
  La Commissaria ha sottolineato che nel 2014 la Commissione europea ha finanziato 18 progetti pilota in diversi Stati membri e che in Paesi come la Svezia, l'Estonia e la Lettonia molti giovani hanno trovato un lavoro o addirittura creato una propria impresa. E poiché è necessario creare le condizioni perché tale Iniziativa abbia successo la maggioranza degli Stati membri ha ricevuto raccomandazioni sulle riforme occorrenti per attuare la Garanzia per i giovani. La questione rimarrà centrale Pag. 14quando, nel 2015, si elaboreranno le raccomandazioni specifiche all'indirizzo dei singoli Paesi.
  L'Unione europea non può permettersi di perdere giovani talenti, lasciando che rimangano disoccupati per lungo tempo. La Commissaria ha poi sottolineato che i fondi stanziati per la Garanzia per i giovani non saranno sufficienti, e ha quindi invitato gli Stati membri a provvedere alle questioni dell'occupazione giovanile anche con fondi dei bilanci nazionali.
  Nel suo intervento, Juras Požela ha sottolineato che la recente crisi economica e finanziaria ha avuto un impatto particolarmente forte sui giovani, che sono uno dei gruppi meno tutelati sul mercato del lavoro. In Lituania, la disoccupazione giovanile è ancora del 13 per cento. La metà dei giovani disoccupati non ha esperienze lavorative pregresse e il 47 per cento ha un'istruzione di livello secondario, mentre un terzo dei giovani disoccupati ha un titolo di studio universitario. Il problema principale è il divario tra ciò che le scuole insegnano e ciò che richiede il mercato del lavoro. L'On. Požela ha anche richiamato l'attenzione sulla necessità di rafforzare l'imprenditorialità a livello dell'Unione europea perché sono le imprese ad essere in grado di creare nuovi posti di lavoro.
  Il presidente Požela si è inoltre soffermato sulle sfide poste dall'attuazione della Garanzia per i giovani; tra le principali ha citato la necessità di sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla Commissione europea, di utilizzare i fondi europei in modo efficace, nonché di attuare le riforme strutturali e garantire la comunicazione intersettoriale. Concludendo, l'On. Požela ha ribadito che non soltanto i giovani, come usa dire, sono il nostro futuro, ma sono anche il nostro presente; la soluzione, dunque, va trovata oggi.
  Emïls Anškens, vicepresidente del Consiglio nazionale dei giovani della Lettonia, ha sottolineato che, per venire a capo del problema della disoccupazione giovanile, occorre identificare i motivi che ne sono alla radice. Bisogna elaborare dei programmi non solo per affrontare il problema oggi, ma anche per prevenire ricadute nel lungo periodo. Ha inoltre affermato che la Garanzia per i giovani ha dimostrato la sua rilevanza per affrontare la disoccupazione giovanile ma, allo stesso tempo, va detto che questo strumento, da solo, non riuscirà a fornire una soluzione a lungo termine al problema. Occorre continuare a lavorare anche dopo l'attuazione della Garanzia per i giovani e bisogna anche integrare le risorse della Garanzia per i giovani con fondi provenienti dai bilanci statali. Anškens, infine, ha anche accennato alla scarsa visibilità della Garanzia per i giovani – otto giovani dell'Unione europea su dieci non hanno mai sentito parlare di tale strumento. Per venire a capo dei problemi dell'occupazione giovanile, Emïls Anškens ha esortato a cominciare a lavorare con i giovani fin dalla scuola elementare, a coinvolgere l'associazionismo giovanile nella realizzazione della Garanzia per i giovani e a far uso di approcci individualizzati nel lavoro con i giovani.
  Nel corso della discussione hanno preso la parola un deputato del Parlamento europeo, undici rappresentanti degli Stati membri e tre rappresentanti dei Paesi candidati.
  Diversi oratori hanno osservato che il problema della disoccupazione giovanile è stato aggravato dalla crisi economica e finanziaria, e hanno accolto con favore la creazione della Garanzia per i giovani. Allo stesso tempo, diversi oratori hanno deplorato il finanziamento insufficiente attribuito alla Garanzia per i giovani. Alcuni hanno inoltre posto in evidenza l'ingiustizia di una situazione nella quale i fondi a favore di tale iniziativa non sono a disposizione di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Si è inoltre fatto cenno alla necessità di garantire l'accesso alle informazioni sulle opportunità offerte dalla Garanzia per i giovani.
  Alcuni oratori hanno rilevato che nei loro Paesi non tutti i giovani rientrano nelle misure della Garanzia per i giovani, e che non vi sono misure di sostegno specifiche a livello UE a favore dei giovani disabili. Così pure è stata rilevata la varietà di situazioni nelle diverse regioni di uno stesso Paese.Pag. 15
  Per quanto riguarda le ragioni che sono alla radice della disoccupazione giovanile, alcuni oratori hanno affermato che molti giovani mancano delle competenze necessarie; si è anche parlato dell'inadeguatezza della transizione dal sistema educativo al mercato del lavoro. D'altra parte, è stato osservato che i giovani non riescono a trovare lavoro dopo la laurea a causa della scarsità di posti vacanti. Critiche sono state mosse all'attenzione esclusiva dedicata dalla Garanzia per i giovani all'occupazione giovanile, anziché alla promozione dell'imprenditorialità e alla creazione di nuovi posti di lavoro.
  Vari Stati membri dell'Unione europea offrono opportunità d'inserimento lavorativo ai neolaureati per fornire loro una prima esperienza di lavoro. Il rappresentante tedesco ha comunicato che la Germania sta attuando un programma, denominato The Job of My Life, che dà ai giovani l'opportunità di lavorare nella professione cui aspirano dopo la laurea.
  La senatrice Spilabotte ha osservato come l'Italia sia stata fra i primi Paesi europei ad aver adottato un piano di attuazione dell'iniziativa Garanzia per i giovani ma che a un anno dalla sua introduzione i risultati non sono stati tra i più incoraggianti, come dimostra un monitoraggio effettuato nella realtà italiana dal quale emerge che sono registrati ai punti di accesso 412.000 unità su 560.000 e che i contattati sono stati solo il 28 per cento. Tuttavia con la riforma appena varata con il cosiddetto Jobs act sono stati definiti strumenti per porre rimedio a questo parziale successo. Ha infine evidenziato che l'iniziativa europea non include i disabili mentre in Italia si sta tentando di inserirli nel piano di attuazione della Garanzia per i giovani e ha concluso chiedendo che la Commissione europea metta a disposizione maggiori finanziamenti al fine di ridurre il cofinanziamento degli Stati membri.
  Per il nostro Paese è intervenuto anche il deputato Davide Baruffi, sottolineando che l'Italia è purtroppo al secondo posto per numero di giovani che non studiano e non hanno una occupazione e che è anche tra i primi beneficiari della Garanzia per i giovani, sebbene esistano significative differenze tra le diverse regioni italiane e siano state riscontrate criticità anche per quanto riguarda i servizi per l'impiego. Ha infine ricordato il progetto di istituire un'Agenzia nazionale per l'occupazione, che opererà a livello nazionale per unificare la gestione delle politiche attive e passive che riguardano il mondo del lavoro e quindi anche dei disoccupati, compresi i giovani, e del loro inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso l'attivazione di un sistema di coordinamento tra Stato e Regioni e indirizzi di carattere nazionale.
  Un deputato del Parlamento europeo ha accennato alla possibilità di utilizzare l'imprenditoria sociale come strumento per affrontare la disoccupazione giovanile auspicando l'ulteriore sviluppo di tale settore.
  Nel rispondere alle domande poste dai rappresentanti degli Stati membri, la Commissaria Thyssen ha dichiarato che la funzionalità delle agenzie di collocamento è di competenza dei singoli Stati membri e per rafforzarla si può ricorrere a finanziamenti dell'Unione europea. Inoltre, la Commissaria ha dichiarato che la Garanzia per i giovani si applica anche ai giovani disabili e ad altri gruppi specifici. La Commissaria Thyssen ha ribadito che sei miliardi di euro non bastano a risolvere il problema della disoccupazione giovanile, e che tali risorse vanno integrate con fondi provenienti dai bilanci degli Stati membri.
  Nelle sue osservazioni conclusive, l'On. Juras Požela ha sottolineato che tra gli Stati membri dell'Unione europea esistono notevoli differenze. È necessario rafforzare l'Europa, promuovere la coesione e ridurre al minimo il divario sociale. La Garanzia per i giovani è uno strumento mediante il quale migliorare la competitività dell'Europa in generale.
  A sua volta, Emïls Anškens ha ribadito che i giovani sono un gruppo socialmente non tutelato poiché attraversano una fase della propria vita in cui devono compiere il passaggio dalla vita con i genitori alla vita indipendente.