CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 5 marzo 2015
401.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-04319 Segoni: Sulla disciplina in tema di assegni di ricerca.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli Onorevoli interroganti, nell'esprimere critiche alla disposizione che stabilisce un limite temporale di quattro anni per il conferimento di assegni di ricerca, chiedono se il Ministro non ritenga conveniente finanziare l'assunzione dei ricercatori con contratto a tempo determinato per assorbire almeno parte degli assegnisti in scadenza. Chiedono altresì quali iniziative si consideri opportuno adottare per incrementare le garanzie assistenziali degli assegnisti di ricerca e, infine, se non si ritenga necessario abrogare o sospendere l'efficacia della norma che prevede il citato limite di quattro anni per la durata degli assegni di ricerca (articolo 22, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240).
  In primo luogo, appare opportuno precisare che la ragione della previsione normativa che limita la durata degli assegni di ricerca si basa proprio sulla necessità di far fronte e di concorrere a contenere il fenomeno del precariato.
  In linea generale, infatti, limitare la durata complessiva dei contratti va nella direzione di evitare ciò che in passato è già accaduto, ovvero il consolidarsi di posizioni di precariato nell'ambito della ricerca, proprio in una fase della vita in cui ogni individuo avrebbe bisogno di prospettive lavorative più certe.
  Infatti, lo squilibrio tra il numero di assegni e il numero di posti di ricercatore a tempo determinato (ex comma 3, articolo 24 della legge n. 240 del 2010), naturale sblocco professionale dell'assegnista di ricerca, rende ineluttabile il mancato assorbimento, da parte delle università, di gran parte degli assegni in scadenza.
  La questione sollevata dall'onorevole interrogante avrebbe bisogno, quindi, di una soluzione strutturale.
  Posto ciò, si precisa che proprio recentemente, in sede di conversione del decreto-legge n. 192 del 2014 (cosiddetto milleproroghe) grazie all'approvazione di un emendamento di iniziativa parlamentare, è stata prevista la possibilità di prorogare gli assegni di ricerca per ulteriori due anni e portarne quindi la durata complessiva a sei anni.
  Va ricordato che, perlomeno nell'ambito della ricerca universitaria, lo sbocco più naturale dell'assegnista di ricerca è comunque quello del ricercatore a tempo determinato con contratto di tre anni più due anni rinnovabili (cosiddetto ricercatore tipo A della legge n. 240 del 2010), ovvero ricercatore a tempo determinato con contratto di tre anni non rinnovabili (cosiddetto ricercatore tipo B della medesima legge); i quali possono, qualora il soggetto sia in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale, consentire l'accesso al ruolo di professore associato.
  Indubbiamente negli ultimi anni la forte limitazione al turn over delle Università ha ostacolato l'ingresso degli assegnisti alla carriera universitaria. Pertanto, l'intervento che si ritiene più rilevante è quello di definire modalità più flessibili per favorire l'accesso agli assegnisti di ricerca ai contratti da ricercatore a tempo determinato.
  Proprio in tale direzione il Ministero si è adoperato. Corre l'obbligo, quindi, ricordare alcuni importanti interventi, ai quali ha concorso l'amministrazione, volti ad agevolare tale accesso.
  Tra essi:
   Con la cosiddetta legge di stabilità per l'anno 2015 è stato fissato il principio per cui le Università sono tenute ad assumere almeno 1 ricercatore di tipo B) ogni 2 professori di I fascia e, al fine di Pag. 63supportare questo obiettivo, è stato previsto un piano straordinario per il reclutamento di ricercatori di tipologia B) per il triennio 2015-2017 destinando a tal fine 5 milioni di euro annui che consentiranno di reclutare circa 90 posizioni di ricercatore. Al riguardo il Ministero sta definendo il decreto di ripartizione di tali posti tra le Università;
   sempre con la cosiddetta legge di stabilità per l'anno 2015 si è previsto che le cessazioni di ricercatori a tempo determinato delle Università con indicatori di bilancio solidi non siano soggette a vincoli assunzionali, ovvero che sia possibile reimpiegare al 100 per cento le economie derivanti da tali cessazioni per essere integralmente destinate al reclutamento di ricercatori di tipo A) o di tipo B);
   nell'ambito della revisione dei limiti assunzionali delle Università è in fase di registrazione della Corte dei conti il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che consentirà a tutti gli atenei di incrementare dal 20 per cento al 30 per cento la percentuale minima di sostituzione del turn over assicurando al contempo alle Università virtuose di portare tale turn over fino al 110 per cento;
   ulteriore aspetto da sottolineare è quello relativo alla possibilità che il Ministero riconosce agli Atenei virtuosi (ovvero con Indicatore di sostenibilità economico finanziaria superiore a 1) di poter destinare eventuali utili, su progetti di ricerca certificati (inclusi contratti conto terzi), riscossi e disponibili nel bilancio di Ateneo, al finanziamento di contratti a tempo determinato per ricercatori di cui all'articolo 24, comma 3, lettera a) della legge n. 240 del 2010 (cosiddetti ricercatori di tipo A).

  In conclusione, si evidenzia come gli interventi appena richiamati certamente agevoleranno l'ingresso degli assegnisti al ruolo di ricercatore ma, non sono modalità tali da assicurare la certezza dell'assorbimento di tutti gli assegnisti di ricerca nell'ambito della ricerca universitaria.
  Il problema, si torna a ribadire, va quindi affrontato da diversi punti di vista e sicuramente, in tal senso, non è marginale il ruolo delle singole università che, nell'ambito della propria autonomia, sono chiamate a declinare una programmazione degli organici che tenga conto del quadro finanziario e normativo vigente.

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ALLEGATO 2

5-04209 Palmieri: Sulla linea politica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sul tema delle occupazioni degli edifici scolastici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante chiede di sapere, con l'atto di sindacato ispettivo in discussione, se la linea politica del Ministro Giannini è conforme alle dichiarazioni apparse sul quotidiano La Stampa con cui il Sottosegretario Faraone ha espresso alcune opinioni personali in merito al tema delle occupazioni e delle autogestioni scolastiche.
  In via preliminare occorre precisare che si parte da un equivoco interpretativo di quella che è stata un'opinione circa il fenomeno delle occupazioni. Infatti, le considerazioni espresse nell'articolo de La stampa del 1o dicembre 2014 seguono un filo logico e argomentativo ben più articolato e composito.
  In proposito, si evidenzia, innanzitutto, che nell'articolo in questione è stata riferita un'esperienza personale che, in quanto tale, non dovrebbe essere sottoposta a giudizio e soprattutto non dovrebbe essere presa ad esempio per generiche strumentalizzazioni.
  Proprio partendo dalla positiva esperienza personale, il Sottosegretario ha argomentato, infatti, come le occupazioni e le autogestioni possano rappresentare anche occasioni formative nella misura in cui si traducano in momenti di confronto e di ascolto. Infatti, simili contesti possono porre gli studenti in una situazione in cui sono chiamati a prendere posizione, e spesso è proprio questo che viene rimproverato ai giovani: non prendere decisioni e non assumersi responsabilità.
  Lo stesso Sottosegretario ha, peraltro, ribadito che le occupazioni sono comunque illegali; asserendo che chi intende fare lezioni deve essere libero di farlo e soprattutto ha stigmatizzato ogni tipo di violenza e vandalismo. Si cita testualmente: «La scuola è un bene comune: chi lo deturpa o – peggio – lo vandalizza si esclude dal confronto e merita solo la punizione più severa prevista dalle nostre leggi».
  Soprattutto in questi casi i giovani sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità e a pagarne le conseguenze di fronte alla comunità.
  Le affermazioni rilasciate, nel loro insieme, secondo le intenzioni del Sottosegretario, intendevano principalmente sollevare, in sostanza, una questione fondamentale: gli studenti sono persone in grado di pensare, proporre, scegliere e organizzare iniziative, come dimostrano le esperienze positive di molte scuole che hanno realizzato autogestioni e cogestioni. Il loro protagonismo deve essere rispettato e promosso e in tal senso la scuola è chiamata a costruire contesti in cui la capacità di discutere e di creare le basi per un confronto venga sperimentata ed esercitata in concreto, nel rispetto delle regole democratiche e delle persone.
  Negli innumerevoli incontri avuti con gli studenti, in quest'ultimo periodo, soprattutto in occasione della presentazione del progetto «la Buona Scuola», si è rafforzata l'idea che l'ascolto sia decisivo e che gli studenti sono capaci di organizzare forme autonome di partecipazione e iniziative coerenti con ciò che si intende essere una buona scuola.
  In conclusione, l'articolo in questione aveva lo scopo di riportare all'interno del dibattito su «La buona scuola» proprio le riflessioni degli studenti.

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ALLEGATO 3

5-04252 Luigi Gallo: Sull'erogazione dei servizi fondamentali per gli studenti diversamente abili.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alle questioni poste con l'atto di sindacato ispettivo in discussione si rappresenta quanto segue.
  L'integrazione degli alunni con disabilità è una priorità assoluta per l'azione del Ministero. In tale ottica, l'Amministrazione ha da tempo profuso uno sforzo costante al fine di reperire nuove risorse, valorizzandole quantitativamente e qualitativamente.
  Al fine di assicurare continuità al sostegno per gli alunni con disabilità unitamente alla piena realizzazione del diritto allo studio, è stata autorizzata, a decorrere dal 1o settembre 2013, l'assunzione a tempo indeterminato di unità di personale docente da destinare agli alunni con disabilità su posti vacanti e disponibili, di cui 4.447 per l'anno scolastico 2013/2014 e 13.342 per il corrente anno.
  Si tratta di interventi in linea con un ben preciso programma di valorizzazione del sostegno già in atto da alcuni anni, che prevede l'attivazione di posti in deroga, a fronte di situazioni di particolare gravità e garantendo un numero di docenti adeguato alla domanda, anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010 che ha dichiarato incostituzionali le norme previste dalla cosiddetta legge finanziaria per il 2008 che fissavano un tetto massimo al numero dei posti di sostegno attivabili.
  In tal senso, sono intervenute le norme di cui all'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2013. Il comma 2 di detto articolo ha disposto il graduale incremento dei posti di sostegno fino a raggiungere, a regime nell'anno scolastico 2015/2016, la percentuale del 100 per cento dei posti che erano stati complessivamente attivati nell'anno 2006/2007. Il successivo comma 2-bis ha stabilito che la quota venga ripartita equamente a livello regionale.
  Per effetto delle citate disposizioni, il numero complessivo della dotazione dell'organico di diritto di sostegno, in quest'anno scolastico pari a 81.137 posti, ammonterà dal prossimo anno scolastico – 2015/2016 – a 90.032 posti.
  Alla dotazione complessiva vanno poi aggiunti gli eventuali ulteriori posti in deroga che ciascun Ufficio scolastico regionale può autorizzare, ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge n. 289 del 2002, secondo le effettive esigenze rilevate in relazione alla specifica tipologia di handicap.
  Difatti, rispetto ai posti previsti in organico di diritto sopra citati (81.137), il totale dei posti effettivamente attivati, per il corrente anno scolastico, è pari a 117.673 unità.
  Dal confronto con il precedente anno, quando i posti attivati sono stati 110.216, si registra un incremento di 7.457 unità, che conferma una tendenza positiva già in atto negli scorsi anni.
  Per quanto riguarda la Campania, a fronte di 11.361 posti previsti in organico di diritto, con un incremento, quindi, rispetto all'anno 2013/2014, di 765 unità, il totale dei posti di sostegno effettivamente attivati risulta essere di 14.957.
  Oltre a ciò, al fine di superare una visione assistenzialista della scuola e di valorizzare le potenzialità degli alunni, il MIUR si adopera per realizzare una scuola efficacemente inclusiva, dove cioè la formazione Pag. 66dei docenti, sia iniziale che continua e specialistica, è posta in primo piano.
  Infatti, per la formazione iniziale degli insegnanti sono in fase di svolgimento i percorsi previsti dal decreto ministeriale n. 249 del 2010 per l'acquisizione del titolo di specializzazione.
  Per la formazione continua e specialistica dei docenti in servizio, a seguito di un accordo sottoscritto il 5 luglio 2011 tra il MIUR e le Università presso le quali è attivo un Corso di laurea in Scienze della formazione, è stato predisposto un piano nazionale di formazione sui disturbi specifici di apprendimento (DSA), nell'ambito del quale sono stati organizzati, a livello nazionale, 35 master universitari finanziati dal Ministero.
  Sono stati, inoltre, previsti nuovi percorsi formativi rivolti a docenti e dirigenti scolastici su specifiche tematiche, quali corsi di perfezionamento e master su autismo, sindrome ADHD, ritardo maturativo e mentale, rieducazione psicomotoria, disabilità sensoriali. Si tratta di ulteriori 40 master per una platea di docenti superiore alle 11.000 unità.
  Il recente decreto ministeriale n. 762 del 2 ottobre 2014 ha dato attuazione all'articolo 16 del citato decreto-legge n. 104 del 2013, che prevede percorsi di formazione e aggiornamento obbligatorio in servizio.
  In particolare, le attività di cui all'articolo 2 del citato decreto ministeriale sono finalizzate a processi di integrazione a favore di alunni con disabilità. Destinatario delle suddette è l'intero corpo docente, con priorità per coloro che si trovino a operare nelle classi con alunni con disabilità. Ciò al fine di fornire le competenze necessarie alla presa in carico del progetto inclusivo nelle singole classi e nell'intera comunità scolastica.
  Passando, poi, ai due casi particolari segnalati nell'atto parlamentare, l'Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, interpellato, ha precisato – con note rispettivamente del 22 gennaio 2015 n. 24 e del 12 febbraio 2015 n. 1485 – la situazione nei seguenti termini.
  La madre dell'allieva frequentante la classe 1a della scuola primaria dell'istituto Comprensivo «Ferdinando Russo» di Napoli ha presentato in data 9 settembre 2014 un certificato medico, rilasciato dall'ospedale pubblico «Santobono» attestante l'impossibilità a frequentare la scuola per l'intero anno scolastico e successivamente, in data 17 settembre 2014, un'istanza (assunta al protocollo della scuola il 22 settembre 2014), al fine di ottenere per la figlia l'istruzione domiciliare.
  Il Collegio dei Docenti e il Consiglio d'istituto, riunitosi entrambi in data 2 ottobre 2014, ha deliberato, ciascuno per quanto di competenza, l'attivazione per l'anno scolastico in corso di un progetto di istruzione domiciliare per l'alunna.
  Il dirigente scolastico ha ritenuto di poter garantire il servizio di istruzione domiciliare all'allieva con le risorse professionali presenti nell'istituto e di conseguenza, ha inoltrato al competente Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, una istanza di istruzione domiciliare finalizzata all'esclusiva concessione di beni in comodato gratuito: un pc portatile, una stampante ink-jet, una webcam.
  In data 9 ottobre 2014 il dirigente ha acquisito agli atti la disponibilità del docente di sostegno assegnato alla classe in cui è iscritta l'allieva e, sentita la famiglia, ha dato inizio al progetto il giorno 13 ottobre 2014; data a partire dalla quale, l'insegnante di sostegno si sta recando a casa dell'allieva con un orario settimanale pari a n. 10 ore. La conclusione del progetto è stata fissata per il giorno 11 giugno 2015, termine delle lezioni.
  Alla luce di quanto detto, non si ravvisano, quindi, elementi per poter affermare che sia stato negato all'allieva la possibilità di usufruire dell'insegnamento domiciliare e del diritto allo studio previsto dalla Costituzione.
  Un approfondimento merita, infine, anche il secondo caso richiamato, relativo al liceo artistico «SS. Apostoli» di Napoli, dove, riferisce l'on.le interrogante, il dirigente scolastico ha invitato i genitori degli alunni disabili ad occuparsi essi Pag. 67stessi dei bisogni materiali dei propri figli a scuola e/o ad autotassarsi al fine di individuare un assistente materiale privato.
  È necessario ricordare che già il 13 gennaio e il 10 febbraio scorsi, in occasione della risposta ad atti di sindacato ispettivo sullo stesso argomento, si è avuto modo di precisare che è compito dell'amministrazione scolastica l'organizzazione del sistema formativo mentre l'attività di mera assistenza rientra nella competenza degli enti locali.
  Come infatti si evince dal protocollo d'intesa tra il Ministero, ANCI, UPI, UNCEM e Organizzazioni sindacali del 13 settembre 2000, l'attività di soccorso ai disabili viene assicurata dal personale ausiliario della scuola nei limiti di quanto previsto dal profilo del collaboratore scolastico come definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, mentre restano nelle competenze degli enti locali quei compiti di assistenza specialistica da svolgersi con personale qualificato sia all'interno che all'esterno dell'istituzione scolastica.
  Ciò posto, si conferma che nel comune di Napoli il servizio di competenza dell'ente locale viene affidato a personale qualificato, mediante rinnovo periodico di contratti di lavoro a tempo determinato. Talvolta accade che, in considerazione delle poche risorse disponibili presso gli enti locali, il servizio rischia momentanee sospensioni in quanto i contratti non vengono rinnovati tempestivamente.
  I fatti riferiti dagli interroganti si possono quindi imputare proprio ad un periodo in cui il Liceo «Santissimi Apostoli» si è trovato nella condizione di dover sopperire all'assenza di assistenti materiali e specialistici messi a disposizione dal comune. Il personale scolastico si è dovuto, quindi, fare carico dell'impegno di accudire gli alunni, anche per quanto riguarda i bisogni alla persona.
  Per far fonte alle difficoltà sia organizzative che logistiche, per quanto di competenza, l'Ufficio scolastico regionale ha aumentato, in sede di adeguamento dell'organico per il corrente anno scolastico, la dotazione dei collaboratori scolastici di un'ulteriore unità.
  Tuttavia, a fronte dei 25 allievi con disabilità risultano due i collaboratori scolastici di ruolo con peculiare formazione destinatari di incarichi specifici per l'assistenza e gli interventi di primo soccorso.
  Con l'obiettivo di far fronte al disagio dovuto ai periodi di assenza del personale del comune, il dirigente scolastico ha posto in essere vari tentativi, non ultimo il coinvolgimento degli stessi genitori: è stata infatti proposta un'autorizzazione ad personam per garantire loro l'accesso e la permanenza nei locali scolastici durante le ore di lezione.
  L'Ufficio scolastico regionale, dal suo canto, ha adottato ogni misura idonea a ridurre lo stato di disagio degli alunni, compresa la piena copertura delle ore di sostegno.
  Il medesimo Ufficio ha dato, inoltre, assicurazione che continuerà a monitorare la situazione del liceo in questione anche attraverso lo strumento della verifica ispettiva, al fine di garantire una corretta gestione delle risorse umane e l'applicazione di tutte le procedure previste dalla normativa vigente in materia di inclusione.

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ALLEGATO 4

5-04408 Parentela: Sulla tutela dell'area archeologica di Capo Colonna, sita nel comune di Crotone.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'Onorevole Parentela, unitamente ad altri deputati, chiede di sapere se il Ministro sia a conoscenza dell'entità dei lavori che interessano l'area e quali iniziative intenda adottare per la sua tutela e valorizzazione.
  L'atto parlamentare trae origine da alcuni specifici rilievi formulati da due Associazioni locali preoccupate del fatto che gli interventi presentassero irregolarità o, peggio, potessero determinare danneggiamenti all'area archeologica interessata dai lavori previsti dall'Accordo di programma quadro (APQ) «Beni e attività culturali per il territorio della Regione Calabria».
  Proprio in ragione di tali rilievi vorrei premettere gli obiettivi previsti dall'intervento in parola ed i suoi dati essenziali:
   1. La regimentazione delle acque meteoriche nell'area prospiciente il Museo;
   2. la sistemazione dei percorsi di accesso al Museo;
   3. la pavimentazione dell'area prospiciente la Torre Nao e la Chiesa della Beata Vergine di Capocolonna, che insiste all'interno dell'area archeologica;
   4. la realizzazione di una copertura di protezione dei mosaici delle Terme, così da renderli fruibili;
   5. il completamento dell'acquisizione dell'edificio denominato Casa Morace-De Bartolo;
   6. il recupero funzionale dello stesso edificio;
   7. il monitoraggio del tratto di costa delimitante il parco.

  La progettazione è stata effettuata, congiuntamente, da tecnici della Soprintendenza archeologia della Calabria e del Comune di Crotone, incaricati dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria.
  Il responsabile del procedimento è la Soprintendente archeologa per la Calabria, mentre il Direttore dei lavori è un architetto, funzionario della Soprintendenza.
  Il progetto è finanziato con fondi FAS per un importo di euro 2.500.000,00.
  Sono state già espletate le procedure di legge per l'affidamento dei lavori, che sono attualmente in corso.
  Vorrei ora puntualmente riferirmi ai punti problematici evidenziati negli esposti e ripresi nell'atto parlamentare, relativi alla presunta destinazione a parcheggio dell'area prospiciente la Torre Nao e la Chiesa della Beata Vergine, alla tipologia di copertura dei resti archeologici attribuibili a strutture monumentali di epoca romana e la sua valenza estetica ed infine all'opportunità di ricoprire i resti stessi, sottraendoli alla pubblica fruizione.
  Va preliminarmente esclusa del tutto l'ipotesi della realizzazione di un parcheggio, dal momento che è prevista la realizzazione di opere volte proprio a impedire il transito e la sosta di autovetture nell'area interessata dalla presenza dei resti archeologici, a differenza di quanto accadeva prima della cantierizzazione.
  Per quanto riguarda la necessità di ricoprire i resti archeologici, conservati al solo livello di fondazione, mi rendo conto Pag. 69che esso costituisce un intervento di difficile interpretazione per chi archeologo non è, ma esso si è reso necessario per il cattivo stato di conservazione dei resti; causato dalle utilizzazioni improprie dell'area, da tempo oramai anche sagrato della Chiesa che insiste proprio su quell'area archeologica, nonché dall'esposizione a condizioni climatiche e ambientali particolarmente aggressive. L'alternativa proposta, ossia la musealizzazione in situ dei resti delle strutture portate alla luce durante le indagini, resti, si ribadisce, tutti conservati solo a livello di fondazione, comporterebbe la necessità di una continua e onerosa manutenzione volta a contrastare il rapido, progressivo peggioramento del degrado dei resti stessi, esposti peraltro alle severe condizioni ambientali determinate dalla ventosità, umidità e salinità del sito. Inoltre una eventuale musealizzazione in situ di detti reperti, al fine di consentirne la compiuta leggibilità da parte del pubblico, necessiterebbe di interventi di integrazione decisamente consistenti, con conseguente alterazione del dato archeologico oggettivo.
  La soluzione progettuale adottata invece consente, per un verso, di conservare il dato archeologico nella sua oggettiva consistenza storica, protetto com’è dal c.d. «tessuto non tessuto» e da un ulteriore strato di inerte con spessore tra i venti e i cinquanta centimetri e, per altro verso, di rendere fruibile l'area di superficie, divenuta, fin dal medioevo, sagrato della Chiesa della Beata Vergine di Capocolonna, il cui impianto, com’è noto, fu realizzato fra l'XI ed il XIII secolo dai monaci basiliani ed è tuttora un luogo di culto frequentatissimo da parte numerosissimi fedeli, pur insistendo all'interno dell'area archeologica.
  Forse, in sede progettuale, ferma rimanendo l'esigenza di proteggere i resti archeologici rinvenuti con il «tessuto non tessuto» e lo strato di inerte, si sarebbe potuta valutare anche l'opportunità di montare, direttamente sullo strato di inerte, la pavimentazione in cotto utilizzando elementi in laterizio di tipo autobloccante oppure terreno stabilizzato. Tenuto conto del fatto che la Soprintendenza segnala la frequentazione della chiesa da parte di un numero rilevantissimo di fedeli, le soluzioni sopra prospettate sono state scartate in ragione della loro inidoneità a sopportare le sollecitazioni dovute al peso costituito dal gran numero di frequentatori del sagrato. Viceversa, la soluzione alla fine prescelta (stesura, sopra lo strato di inerte, di una rete elettrosaldata allettata in uno strato di calcestruzzo con una bassa percentuale di cemento (c.d. «magrone») consente, secondo quanto riferito dalla competente Soprintendenza, una distribuzione adeguata dei carichi e, in uno con gli strati protettivi interposti, assicura la conservazione dei resti rinvenuti.
  Preciso che il tracciato planimetrico delle strutture romane individuate, verrà riproposto graficamente sulla pavimentazione del sagrato e le fasi dell'insediamento, nonché la storia degli scavi, verranno illustrati su pannelli didattici.
  Per quel che riguarda la scelta dei materiali di pavimentazione, vorrei sottolineare che gli uffici sul territorio assicurano trattarsi di materiali tradizionali, già utilizzati in situazioni simili.
  Per quanto invece riguarda il secondo punto, ossia la realizzazione di una copertura di protezione delle pavimentazioni a mosaico delle Terme di epoca romana, si contesta, in particolare la correttezza delle indagini archeologiche effettuate nell'area con particolare riguardo alle scelte progettuali relative al dimensionamento delle strutture di sostegno della copertura stessa, ritenute sovradimensionate, vorrei precisare che la ragione della dimensione delle strutture risiede nella classificazione sismica dell'area che è stata fornita dal tecnico incaricato che ha redatto una relazione che costituisce parte integrante degli elaborati progettuali, debitamente approvati dagli uffici competenti.
  In merito alle critiche, anche di profilo estetico, alle soluzioni architettoniche proposte per la copertura nonché alle modalità di realizzazione delle opere di sottofondazione delle strutture di sostegno della copertura, eseguite mediante trivellazioni, Pag. 70è da segnalare che la documentazione consultata, e alla quale si riferisce l'atto parlamentare, costituisce il progetto definitivo e riporta soluzioni progettuali poi superate nella fase esecutiva.
  In tale fase, a seguito degli studi specialistici e delle indagini eseguite, è stato possibile ridimensionare gli elementi di sostegno. Infatti i pali di sottofondazione, la cui sezione era originariamente prevista con diametro di cm 60, è stata ridotta a cm. 20. Tale riduzione ha determinato, in assoluto, una minore incidenza diretta dell'opera sull'area archeologica. Inoltre, in fase di esecuzione dell'intervento, sono stati eseguiti preliminarmente sondaggi archeologici, condotti con metodo stratigrafico, senza l'ausilio di mezzi meccanici, da parte di archeologi qualificati, al fine di individuare i posizionamenti privi di strafigrafie.
  Le trivellazioni per mettere in opera i pali di sottofondazione sono state eseguite con macchinari e con l'impiego di opere provvisionali che hanno garantito la protezione dei resti.
  Preso atto che le modalità operative non hanno determinato pregiudizio alla conservazione delle strutture che si intende rendere fruibili, non entro nel merito di una valutazione estetica delle coperture progettate. In ogni caso vorrei precisare che tali coperture si rendono necessarie per poter assicurare un livello sia pur minimo di garanzia per la conservazione del pavimento a mosaico, e nel contempo la sua fruizione, ferma rimanendo, comunque, la necessità di una manutenzione periodica delle superfici decorate.
  La salvaguardia totale dei mosaici rinvenuti, mi preme sottolineare, potrebbe essere assicurata solo mediante la loro ricopertura con «tessuto non tessuto» e strati di inerte, che andrebbero periodicamente ispezionati onde evitare la crescita di piante infestanti. Ma in tal modo non se ne assicurerebbe la fruizione.
  Né è seriamente pensabile un loro «strappo» a fini di musealizzazione, perché ciò determinerebbe una grave alterazione del contesto ed un oggettivo impoverimento dell'area archeologica che, invece, sta molto a cuore ai cittadini di Crotone che vedono, nella conclusione dei lavori il coronamento di un progetto di valorizzazione dell'area, da lungo tempo atteso.
  Concludo precisando che l'indagine ispettiva prontamente disposta dal Segretario generale del Ministero, ha confermato che l'intervento della Soprintendenza fosse effettivamente fondato su ragioni pratiche e funzionali di garantire la compatibilità tra le due esigenze: quella di garantire la conservazione delle preesistenze archeologiche con quella di consentire la pubblica fruizione, pur se in astratto sarebbero state ipotizzabili soluzioni tecniche alternative come la predisposizione di un percorso su passerelle o un sistema di copertura con pedane mobili.
  Confermo infine la disponibilità della Soprintendente archeologa, disponibilità peraltro sempre manifestata, al dialogo ed al confronto, anche per chiarire eventuali, ulteriori dubbi e perplessità sul progetto in corso.

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ALLEGATO 5

5-04126 Valiante: Sull'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante, nell'esprimere alcune critiche sulle modalità di svolgimento del primo concorso nazionale di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina, chiede di conoscere quali iniziative intenda assumere il Ministro per scongiurare l'eventualità che la formazione specialistica di molti medici sia compromessa da eventuali azioni giudiziarie, così come l'attività di molti ospedali.
  Occorre preliminarmente ricordare che le prove per l'accesso alle scuole di specializzazione medica si sono svolte in 117 sedi e in 456 aule ed hanno coinvolto complessivamente 11.712 candidati nella prova del 28 ottobre, 10.444 nella prova del 29, 6.986 nella prova del 30 e 9.117 nella prova del 31 ottobre.
  Va altresì evidenziato che il Ministero ha adottato tutte le possibili misure precauzionali al fine di garantire la regolarità del concorso e di uniformare, a livello nazionale, le procedure di svolgimento delle prove.
  In seguito all'errore materiale riconosciuto dal CINECA relativo all'operazione di importazione delle prove validate dalla Commissione nazionale nel software utilizzato per l'espletamento delle stesse, il Ministero, anche a seguito di un'interlocuzione con l'Avvocatura dello Stato, ha deciso di neutralizzare solo 2 domande in ognuna delle due prove di area, previa verifica da parte della Commissione nazionale della presenza di 28 domande su 30 riconducibili a 5 settori disciplinari comuni ad entrambe le aree interessate dall'inversione dei quesiti. La Commissione ha, infatti, riconosciuto che 28 domande su 30 avrebbero potuto essere inserite alternativamente in una delle due prove e che quindi le uniche domande non pertinenti erano 2.
  Il riconoscimento da parte della Commissione della congruenza dei criteri con cui sono stati definiti i contenuti delle prove, e quindi della validità scientifica del contenuto del test nella forma in cui è stato effettivamente proposto ai candidati, ha permesso di non invalidare le prove, in ossequio ai principi costituzionali di buon andamento, di conservazione dei valori giuridici e di ragionevolezza.
  Premesso ciò, venendo al merito delle questioni sollevate dall'onorevole interrogante, preciso che ad oggi sono state formate le graduatorie per ciascuna scuola di specializzazione e che è tuttora in corso la fase di scorrimento. Alla data del 2 marzo 2015, a fronte di 5.514 posti disponibili, risultano iscritti 5.250 candidati; con i prossimi scorrimenti verranno assegnati gli ultimi 264 posti disponibili.
  Inoltre, il Ministero, assieme all'Avvocatura dello Stato, sta affrontando il contenzioso in essere. A fronte di un notevole numero di candidati che ha presentato ricorso avverso la procedura concorsuale, al momento, non si registrano assolutamente disagi per il regolare svolgimento dell'attività didattica degli specializzandi già iscritti e, comunque, rispetto ai circa 50 ricorsi trattati ad oggi dal TAR, le ordinanze hanno in quasi tutti i casi rigettato le istanze cautelari presentate dai ricorrenti.
  Occorre evidenziare, più in generale, in merito al numero dei contratti di specializzazione, che l'ipotesi di incremento non Pag. 72è allo stato percorribile in quanto il MIUR non ha la possibilità di aumentarne autonomamente il numero, stante, anche, la disponibilità delle risorse stanziate nel capitolo di bilancio.
  Il numero programmato degli specializzandi da formare annualmente è, infatti, frutto, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 368 del 1999, di una concertazione tra il MIUR, il Ministero della salute, il Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del previo parere della conferenza Stato-regioni, in base ad un preciso fabbisogno.
  Come è noto, l'aspetto della copertura economica rappresenta uno dei maggiori ostacoli all'incremento del numero di specializzandi da ammettere alle Scuole. Proprio grazie all'impegno del MIUR e di tutto il Governo, è stato possibile aumentare a 5.500 i contratti per l'anno accademico 2013/2014.
  Al riguardo l'impegno del Ministero è massimo e si ribadisce il fermo obiettivo, anche alla luce dei risparmi di spesa che deriveranno dalla revisione che si sta perfezionando degli ordinamenti didattici delle singole scuole e della loro durata, di ottimizzare l'impiego dei fondi disponibili incrementando a regime il numero di contratti finanziabili con risorse statali.
  Infatti, come è noto, con decreto interministeriale n. 68 del 4 febbraio 2015 è stato approvato il riordino delle scuole di specializzazione di area sanitaria. Si tratta di un provvedimento atteso che consentirà ai nostri giovani medici di specializzarsi in anticipo e di entrare prima nella professione. Le novità introdotte avranno l'effetto, fra l'altro, di incrementare le borse messe a disposizione dal Ministero, che per quest'anno saranno circa 700 in più.
  Il decreto prevede che la durata delle scuole venga ridotta mediamente di un anno. In particolare, non esisteranno più percorsi di studio di 6 anni: potranno essere di 3, 4 o 5 al massimo. La riduzione del percorso di studio riguarda oltre 30 scuole su 55.
  È previsto anche l'accorpamento di cinque scuole precedentemente esistenti, mentre due (medicina aeronautica e spaziale e odontoiatria clinica generale) vengono soppresse. Le scuole di specializzazione, pertanto, passano dalle attuali 61 a 55.
  Il decreto mette anche mano agli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione, con i relativi obiettivi formativi, e rivede la distribuzione dei crediti fra le attività previste. In particolare, almeno il 70 per cento della formazione dovrà essere dedicato allo svolgimento di attività professionalizzanti (pratiche e di tirocinio).
  Gli specializzandi potranno fare il loro percorso all'interno di una rete formativa più ampia che potrà includere, oltre alle strutture universitarie, i presidi ospedalieri e le strutture territoriali del Servizio sanitario, attraverso un meccanismo rigoroso di accreditamento secondo specifici parametri valutativi.
  Il provvedimento, dunque, rafforza l'integrazione fra il sistema sanitario e quello universitario. Alle università è stato chiesto di rivedere celermente gli ordinamenti.
  In conclusione, si ricorda che il MIUR sta lavorando al secondo bando per il concorso nazionale per l'ingresso alle scuole di specializzazione medica.

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ALLEGATO 6

5-03635 Pes: Sulla protezione e conservazione di tutti i siti archeologici della Sardegna.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole Pes rammenta come la notte tra il 21 ed il 22 settembre dello scorso anno, vi sia stata la violazione, da parte di ignoti, del sito archeologico di Mont'e Prama, luogo nel quale sono stati rinvenuti i famosi «Giganti». Chiede, a tale proposito, quali iniziative il Ministro intenda adottare per evitare che simili episodi si ripetano mettendo a serio rischio la conservazione e la tutela dei siti archeologici.
  Vorrei precisare al riguardo che, in tale occasione, l’équipe di direzione scientifica composta da funzionari della Soprintendenza per i beni archeologici per le province di Cagliari e Oristano e da docenti dell'Università di Sassari, insieme ai Carabinieri della Stazione di Cabras e del Nucleo di Tutela del Patrimonio Culturale di Li Punti, ha verificato la violazione di una tomba a pozzetto della necropoli, individuata nei giorni precedenti nell'area di scavo in corso.
  Lo scavo delle sepolture è iniziato subito dopo in modo sistematico, per concludersi il successivo 29 novembre.
  Si è così potuto verificare immediatamente che la violazione era stata superficiale e irrilevante; infatti lo scheletro era conservato nelle stesse condizioni degli altri, mentre nessuna tomba conteneva oggetti di corredo.
  Dalla sera del 22 settembre fino al 29 novembre il sito è stato ininterrottamente sorvegliato con guardia armata notturna e festiva, pagata coi fondi del progetto di ricerca «Archeologia di Mont'e Prama» condotto dalla competente Soprintendenza e dall'Università di Sassari.
  Il 30 novembre la sorveglianza è cessata, in quanto nell'area di scavo non sono più presenti manufatti a rischio di trafugamento. Attualmente lo scavo è sospeso, poiché le piogge che hanno interessato l'area hanno provocato un ristagno d'acqua che non consente la prosecuzione dell'indagine stratigrafica in modo rigoroso.
  Nel frattempo la Soprintendenza, con risorse aggiuntive, ha provveduto alla costruzione di una solida recinzione dell'intera area di scavo, per la quale ha chiesto l'autorizzazione della Curia Arcivescovile di Oristano, proprietaria del terreno; inoltre ha avviato contatti col Comune di Cabras e col Corpo forestale e di vigilanza ambientale della regione autonoma della Sardegna per la realizzazione di un impianto d'illuminazione e di videosorveglianza.
  Ovviamente, questi interventi dovranno seguire le normali procedure di progettazione, autorizzazione, affidamento ed esecuzione.
  Infine è stata avanzata alla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Sardegna una proposta di acquisizione del terreno della Confraternita e di alcuni terreni adiacenti, così da costituire il nucleo di una futura area archeologica destinata alla ricerca, alla valorizzazione e alla fruizione pubblica.
  Riguardo al tema generale della tutela, protezione e conservazione del patrimonio culturale, premessa la difficoltà di assicurare una sorveglianza continua dei siti archeologici capillarmente dispersi in un territorio enorme e, nella maggior parte dei casi, lontano da percorsi stradali, non Pag. 74vanno dimenticati l'impegno e l'attenzione dedicati da Soprintendenti e funzionari Mibact per garantire e assicurare i livelli di tutela più alti possibili.
  In prospettiva, parrebbe quanto mai opportuno attivare forme di sinergia con gli Enti locali e con le realtà vive dell'associazionismo, per sviluppare una rete attiva di monitoraggio e di segnalazione che renda sempre più integrato il lavoro scientifico del Ministero con le esigenze del territorio.