CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 25 febbraio 2015
395.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO

Indagine conoscitiva sulla organizzazione della filiera zootecnica italiana.

PROGRAMMA DELL'INDAGINE

Obiettivi dell'indagine conoscitiva.
  Tra le grandi questioni aperte che l'Italia non ha ancora affrontato nel settore agricolo e dell'allevamento vi è quella della sua dipendenza dalle importazioni dall'estero delle produzioni zootecniche di base, soprattutto dei capi bovini e suini da ristallo e dei prodotti da trasformare come la carne ed il latte.
  Le maggiori criticità mai affrontate e risolte sono costituite dagli elevati costi di allevamento, dalla forte dipendenza dall'estero, dalla scarsa disponibilità di terreni, dalla polverizzazione aziendale e da una filiera frammentata, cui oggi si aggiungono esigenze ambientali sempre più stringenti e crescente concorrenza. Ciò si traduce in conti aziendali in sofferenza con sbilanciamento del potere contrattuale a favore della grande distribuzione organizzata.
  Per quanto riguarda le diverse filiere zootecniche, la principale, quella bovina, vale circa il 7 per cento dell'intera produzione agricola e zootecnica nazionale e circa un quarto dell'offerta zootecnica complessiva.
  In generale, dai dati rilevati per il settore zootecnico del 2013 (fonte: INEA) si evince come il comparto dell'allevamento italiano rappresenti oltre il 31,3 per cento del valore complessivo della produzione nazionale agricola con un aumento 3,2 per cento del valore della produzione del 2012, anche se il risultato positivo è da attribuire unicamente al rincaro dei prezzi medi alla produzione (+3,3 per cento), data la lieve diminuzione delle quantità prodotte (-0,1 per cento). La riduzione, in volume, ha riguardato esclusivamente il complesso delle carni (-0,8 per cento), mentre le produzioni di latte e di uova hanno registrato un aumento pari rispettivamente all'1 per cento e al 2,6 per cento. Il 2013 ha mostrato una diminuzione della quantità complessiva di carne prodotta (-1,5 per cento, con incrementi del 2,3 per cento e dell'1,3 per cento riferiti rispettivamente ai soli settori della carne suina ed equina) ed una diminuzione della produzione di latte, sia quella di latte di vacca e bufala (-1,1 per cento), che di pecora e di capra (-0,8 per centro). In leggera diminuzione è risultato il valore della produzione delle uova (-0,9 per cento), come risultato di un aumento delle quantità prodotte (+1,8 per cento) e di un calo dei prezzi (-2,7 per cento), diversamente dalla produzione di miele che ha registrato ancora una riduzione in quantità (-5 per cento) compensata dall'aumento dell'8,5 per cento del prezzo.
  In crisi rimangono i settori cunicolo e suinicolo di origine italiana con allevamenti via via sempre meno consistenti.
  Nel contesto europeo la zootecnia italiana si colloca tra le posizioni di vertice per quanto riguarda la produttività e la produzione di valore. La struttura delle aziende italiane è tale da consentire di definirle realtà agroindustriali: dotazione di bestiame elevata (540 unità di bovino adulto, o UBA, contro circa 215 della media europea), intenso impiego di lavoro (2,3 unità di lavoro contro la media UE di 1,9) peraltro caratterizzato da una minore incidenza del lavoro familiare. Con questa struttura le aziende italiane riescono a Pag. 164tradurre in reddito netto quasi il 40 per cento del valore della produzione contro il valore medio UE del 13 per cento.
  Con riguardo alla zootecnia bovina da latte, gli allevamenti italiani registrano il miglior risultato reddituale per addetto familiare, 50.000 euro contro la media UE di circa 16.000 euro, e la più alta redditività per unità di bestiame. Anche per gli allevamenti di bovini misti, da carne e da latte, le aziende italiane fanno registrare un buon livello di reddito netto sul valore della produzione (39 per cento), inserendosi nel gruppo capofila composto da Portogallo, Lituania e Grecia. Nel settore ovicaprino gli allevamenti italiani e portoghesi si collocano nella seconda posizione dopo la Grecia con il 45 per cento e 44 per cento. Le dotazioni delle aziende italiane sono mediamente in linea con il dato europeo per quel che concerne il bestiame allevato, e più ridotte in termini di terra (30 UBA e 46 ettari il dato medio per l'Italia contro 32UBA e 37 ettari delle aziende ovicaprine europee) – ma decisamente non confrontabili con le strutture di altri paesi, come il Regno Unito.
  Secondo l'INEA, la scarsità di superfici da destinare al pascolo ha determinato negli anni il prevalere di un modello intensivo a elevata concentrazione territoriale, che ha risposto brillantemente agli obiettivi propri del secondo dopoguerra di aumentare le rese e garantire l'accessibilità diffusa al consumo di carne, ma che oggi incontra difficoltà a generare reddito e assecondare la domanda dei consumatori.
  Oggi, l'obiettivo delle politiche economiche non è più aumentare la produzione, ma migliorare la qualità delle carni, con un consumatore diventato ormai attento alla provenienza. Da qui nasce l'esigenza di valorizzare i punti di forza del settore, a partire dalla presenza di razze autoctone e di marchi a denominazione di origine e, non ultimo, da una domanda di carne che tiene, grazie a stili di consumo che continuano a conferirle un ruolo importante. Giova a rafforzare tale aspetto il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 4 marzo 2011 con cui viene regolamentato anche il «Sistema di qualità nazionale zootecnia» che si applicherà ai prodotti di origine zootecnica contraddistinti da caratteristiche qualitativamente superiori rispetto alle norme di commercializzazione o ai requisiti minimi stabiliti dalla normativa comunitaria e nazionale. I requisiti minimi che i disciplinari devono contenere riguardano l'alimentazione e le condizioni di allevamento. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è stato istituito sia un elenco dei disciplinari rientranti nel sistema, sia un elenco degli operatori che aderiscono a tale sistema. Allo stato attuale sono state presentate quattro istanze di riconoscimento: per il «Vitellone o Scottona ai cereali», il «Vitello al latte e cereali», la «Carne di Bufalo Alta Qualità» e il «Fassone Piemontese» della razza bovina «Piemontese».
  Anche il settore biologico sta mostrando importanti segni di vitalità: nel 2013, le aziende zootecniche biologiche sono cresciute del 4,1 per cento, con Sicilia e Sardegna che concentrano il 49,8 per cento del totale nazionale. Sono aumentati in misura consistente i capi relativi alle categorie «altri animali» (+635 per cento), equini (+38,7 per cento), caprini e (+15,9 per cento) e bovini (+13,6). L'acquacoltura biologica è praticata da 17 aziende (di cui 12 localizzate nelle regioni del Nord), quattro in meno rispetto al 2012.
  Dai pochi dati disponibili si evince come il sistema zootecnico italiano e la sua relativa filiera di trasformazione vivano in un contesto con numerosi punti di forza ma anche con forti e delicati punti deboli.
  Si tratta quindi di approfondire meglio le attuali caratteristiche della zootecnia nazionale e come siano sviluppate le amministrazioni e le organizzazioni, pubbliche e private, che la regolano, al fine di comprendere soprattutto quale sia l'effettiva situazione in cui l'intero sistema zootecnico nazionale è chiamato ad operare ed acquisire suggerimenti e proposte per incrementarne le sue qualità e per permettergli di superare le evidenti debolezze che lo sovrastano.Pag. 165
  A questo fine appare opportuno procedere ad un'indagine conoscitiva sul sistema zootecnico nazionale che tenda ad acquisire tutti gli elementi che caratterizzano il settore, sia dal punto di vista economico e degli allevatori e sia dal punto di vista del contesto istituzionale e associativo (pubblico e privato) che lo sostiene e lo regola, avendo come base di lavoro l'accertamento delle esigenze degli imprenditori agricoli e le prospettive del settore.

Audizioni.
  Nell'ambito dell'indagine conoscitiva, la Commissione intende procedere all'audizione di tutti i soggetti che possono dare un utile contributo.
  In particolare, potranno aver luogo le seguenti audizioni:
   Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
   Ministro dello sviluppo economico;
   Ministro dell'economia e delle finanze;
   Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA);
   Istituto nazionale di statistica (ISTAT);
   Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CRA);
   Rappresentanti di altri organi ed enti pubblici con competenza nelle materie oggetto dell'indagine;
   Rappresentanti di istituzioni ed organismi operanti nell'ambito dell'Unione europea o delle organizzazioni internazionali;
   Rappresentanti delle regioni e degli enti locali;
   Organizzazioni del settore agricolo e altre organizzazioni di categoria interessate ai temi oggetto dell'indagine;
   Soggetti che svolgono attività rilevanti ai fini dell'oggetto dell'indagine;
   Esperti e studiosi del settore.

Termine.
  L'indagine conoscitiva dovrà concludersi entro il mese di luglio 2015.