CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 febbraio 2015
389.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto ministeriale recante linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e delle province autonome. Atto 137.

PARERE APPROVATO DALL'VIII COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminato lo schema di decreto ministeriale recante linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle Regioni e delle Province autonome (Atto n. 137);
   considerato che:
    lo schema di decreto è finalizzato a superare le censure della Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione 2009/2086 per mancata conformità delle norme nazionali alla direttiva europea 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati;
    esso, inoltre, è volto a fornire indirizzi univoci e uniformi su tutto il territorio nazionale per l'espletamento della procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti elencati nell'Allegato IV alla Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    l'individuazione dei suddetti indirizzi univoci risponde a principi di certezza temporale e di semplificazione procedurale che dovrebbero presiedere, a livello regionale, all'espletamento delle procedure autorizzative;
    in ragione dell'obiettivo di uniformità di applicazione nazionale, risulterebbe inopportuno rimettere alla mera discrezionalità legislativa regionale la decisione di ulteriori riduzioni delle soglie dimensionali dell'Allegato IV della Parte II del decreto legislativo n. 152, potendosi determinare il rischio di situazioni di disparità tra le varie Regioni;
    andrebbe valutata una percentuale più bassa di riduzione delle soglie di assoggettabilità al cosiddetto screening di cui al richiamato Allegato IV, ritenuto che la prevista diminuzione del 50 per cento rischierebbe di comportare un aggravio procedimentale per le Regioni;
    andrebbe chiarito, all'articolo 4, al fine di evitare contenziosi per le imprese, se per «procedimenti in corso» si intendano solo quelli per i quali sia in itinere il procedimento di assoggettabilità o di V.I.A. ovvero tutti quelli per i quali non è stata ancora rilasciata l'autorizzazione;
    all'articolo 2, comma 2, lettera c), andrebbe chiarito che l'esclusione di alcuni progetti dallo screening può avvenire, solo qualora non siano applicabili i criteri specifici individuati al paragrafo 4 delle allegate Linee Guida;
    valutata la necessità di integrare le premesse dello schema di decreto precisando che la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (direttiva VIA) è stata modificata dalla direttiva 2014/52/UE che prevede all'articolo 4, non solo che gli Stati membri devono determinare se sottoporre o meno a VIA determinate categorie di progetti elencati nell'allegato II della direttiva VIA o conducendo un esame caso per caso oppure fissando soglie e/o criteri e che nel fissare tali soglie e/o criteri gli Stati membri Pag. 32hanno l'obbligo di prendere in considerazione i pertinenti criteri di selezione individuati nell'allegato III della direttiva VIA, ma anche che gli Stati membri possono fissare soglie o criteri per stabilire in quali casi non è necessario che i progetti siano oggetto né della verifica di assoggettabilità né della VIA e/o soglie o criteri per stabilire in quali casi i progetti di cui all'allegato II della medesima direttiva VIA debbano essere sottoposti a VIA senza la previa verifica di assoggettabilità;
    ritenuto che andrebbe rafforzata la collaborazione tra Stato e Regioni, al fine di fornire elementi di valutazione in grado di qualificare gli elementi necessari per il cosiddetto «screening»,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) valuti il Governo l'opportunità di chiarire che l'ulteriore riduzione delle soglie previste dal citato Allegato IV non è rimessa alla mera discrezionalità regionale, essendo necessario che la proposta regionale in tal senso sia sottoposta alla valutazione del Ministero dell'ambiente, che la adotta con apposito decreto, anche al fine di fornire indirizzi univoci ed uniformi validi su tutto il territorio nazionale;
   b) valuti il Governo l'opportunità di chiarire con quali altri progetti l'Amministrazione deve valutare l'impatto cumulativo del singolo progetto;
   c) valuti il Governo l'opportunità di prevedere una più bassa percentuale di riduzione delle soglie di assoggettabilità a screening in caso di applicazione di uno o più criteri indicati nelle Linee guida, in luogo della percentuale attualmente prevista del 50 per cento;
   d) all'articolo 2, comma 2, lettera c), valuti il Governo l'opportunità di chiarire che l'esclusione di alcuni progetti dallo screening può avvenire solo qualora non siano applicabili i criteri specifici individuati al Paragrafo 4 delle allegate Linee Guida;
   d) valuti il Governo l'opportunità di chiarire, all'articolo 4, cosa si intenda per procedimenti in corso ai quali si applicano le Linee Guida di cui allo schema di decreto.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto ministeriale recante linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e delle province autonome. Atto 137.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAL GRUPPO MOVIMENTO 5 STELLE

  L'VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici),
   esaminato lo schema di decreto ministeriale recante linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e delle provincie (atto 137);
   considerato che:
    lo schema di decreto intende superare le censure mosse dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione 2009/2086, pendente da oltre cinque anni, per «Non corretto recepimento della direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, come modificata dalle direttive 97/11/CE, 2003/35/CE, 2009/31/CE e 2011/92/UE»; non può non rilevarsi, pertanto, la tardività dell'intervento del legislatore;
    secondo la Commissione, «la legislazione italiana (allegati II, III, o IV del decreto legislativo 152/2006 come modificato) fissa per i progetti cui si applica la direttiva, elencati all'allegato II, soglie dimensionali al di sotto delle quali si presuppone che i progetti siano tali da non avere in nessun caso impatti notevoli sull'ambiente». Richiamando una consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia europea, la Commissione sottolinea, al contrario, come gli Stati membri, anche nel caso in cui decidano di stabilire soglie per facilitare la determinazione dei progetti da assoggettare a VIA, hanno l'obbligo di prendere in considerazione tutti i criteri elencati nell'allegato III della direttiva (art. 4, par. 3 della direttiva), che dunque non possono considerarsi automaticamente assorbiti dalla fissazione di soglie, determinate, peraltro, tenendo conto prevalentemente di soli criteri di tipo dimensionale.» In più su questo argomento si è espressa la Corte Costituzionale attraverso la sentenza n.93 del 22 maggio 2013 e vari altri contenziosi con Bruxelles (vedasi procedure 2009–4426 e 2012–4096) dimostrano la farraginosità e discrezionalità della legge vigente;
    nonostante un primo intervento del Governo, attraverso l'articolo 23 della legge n. 97 del 2013, la Commissione europea, in data 28 marzo 2014, aveva emesso un parere motivato in cui, tra l'altro, aveva osservato che le disposizioni della legge n. 97 del 2013 non garantivano l'approvazione di nuove linee guida in tempi ristretti;
    al fine di tentare di superare le nuove contestazioni della Commissione europea, sono state approvate le disposizioni contenute nell'articolo 15 del decreto-legge n. 91 del 2014, che intervengono direttamente sul codice ambientale. In particolare le norme dettate dalle lettere c) e d) del comma 1 di tale articolo hanno sostituito, abrogandola, la procedura in due fasi, introdotta dall'articolo 23 della legge n. 97 del 2013, con una procedura che consta di un'unica fase, delegificando quindi l'individuazione delle soglie e dei criteri, demandata ad Pag. 34un decreto ministeriale, il cui schema è quello in esame;
    v’è subito da segnalare come questo decreto ministeriale appaia fortemente influenzato dal compromesso raggiunto in sede di conferenza Stato-Regioni, tanto è vero che nel definire i criteri c’è fin troppa discrezionalità, a ciò si aggiunga che in alcuni casi, attraverso un successivo decreto ministeriale da emanare su richiesta della Regione o Provincia autonoma, si potrebbe verificare l'esclusione a priori dell'assoggettabilità a V.I.A. per alcuni impianti;
    inoltre, prima di passare alla disamina puntuale dell'articolato, è utile sottolineare come la controversia con la Commissione europea poteva essere «facilmente» risolta, attraverso il recepimento tout court di tutti i criteri elencati nell'allegato III della direttiva 2011/92/UE;
    l'articolo 2, comma 2, lettera b) del decreto (così come il punto 6 delle allegate Linee Guida) prevede che, fermo restando quanto previsto nell'Allegato V alla Parte Seconda del decreto legislativo 152/2006, il Ministero dell'ambiente con proprio decreto ministeriale, su richiesta della Regione o Provincia autonoma, tenendo conto delle specifiche peculiarità ambientali e territoriali e per determinate categorie progettuali, definisce, qualora non siano applicabili i criteri specifici individuati al paragrafo 4 delle allegate Linee Guida, un incremento nella misura massima del 30 per cento delle soglie dimensionali di cui all'Allegato IV della Parte Seconda del decreto legislativo 152/2006, garantendo livelli di tutela ambientale complessivamente non inferiori a quelli richiesti dalle vigenti norme comunitarie e nazionali. L'incremento dei parametri dimensionali è, dunque, consentito al verificarsi contestualmente di tre presupposti:
     a) la presenza di specifiche peculiarità ambientali e territoriali;
     b) determinate categorie progettuali;
     c) la non applicabilità dei criteri specifici indicati al paragrafo 4 delle allegate Linee Guida (ossia, il cumulo con altri progetti, il rischio di incidenti e la localizzazione in aree considerate sensibili).

  In questo modo si opera una inversione di tutela dal momento che i criteri specifici introdotti per garantire una più efficace applicazione della normativa comunitaria diventano termini di riferimento per aumentare, in determinati casi, le soglie dimensionali e quindi per ridimensionare i casi di assoggettabilità a VIA. Inoltre, quanto sopra avviene sulla base di presupposti che si prestano a valutazioni eccessivamente discrezionali. Non sono infatti indicati i criteri per individuare le «specifiche peculiarità ambientali e territoriali e per determinate categorie progettuali», nè parametri certi che consentano di garantire livelli di tutela ambientale complessivamente non inferiori a quelli richiesti;
    l'articolo 2, comma 2, lettera c) dispone che il Ministero dell'ambiente, con proprio decreto ministeriale, su richiesta della Regione o Provincia autonoma, tenendo conto delle specifiche peculiarità ambientali e territoriali e per determinate categorie progettuali, definisce criteri o condizioni in base ai quali è possibile escludere la sussistenza di potenziali effetti significativi sull'ambiente e pertanto non è richiesta la procedura di verifica di assoggettabilità alla VIA. Si esprimono perplessità in ordine all'introduzione della categoria dei progetti per i quali si escludono a priori potenziali effetti significativi sull'ambiente, che rappresenta una minor tutela e un elemento di complessità nell'individuazione delle fattispecie. Inoltre, appare in contrasto con l'articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 2011/92/UE, il quale prevede che gli Stati membri determinino i casi in cui il progetto debba essere sottoposto a valutazione attraverso un esame caso per caso o mediante la definizione di soglie o criteri. Si ritiene, pertanto, più appropriato che i casi di non assoggettabilità rimangano una categoria residuale rispetto ai progetti sottoposti a Pag. 35verifica il cui elenco dovrebbe essere eventualmente aggiornato e integrato;
    tra i criteri specifici, il paragrafo 4.1. delle Linee Guida indica il cumulo con altri progetti, specificando che il criterio del «cumulo con altri progetti» deve essere considerato in relazione a progetti relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione appartenenti alla stessa categoria progettuale indicata nell'Allegato IV alla Parte II del decreto legislativo 152/2006, al fine di evitare la frammentazione artificiosa di un progetto. Tale soluzione appare eccessivamente limitativa degli impatti ambientali dovuti al cumulo di progetti che non necessariamente appartengono ad una stessa specifica categoria progettuale;
    infine, le fattispecie per le quali viene esclusa la riduzione della soglia dimensionale del 50 per cento per i progetti localizzati in aree sensibili appaiono in alcuni casi eccessivi o tali da rendere tale riduzione di difficile applicazione. A titolo esplicativo: a) non convince l'esclusione di alcune tipologie di interventi, quali i progetti di realizzazione delle piste da sci nelle zone montuose (v. 4.3.3); sarebbe opportuno indicare altri ambiti da aggiungere per ampliare la riduzione del 50 per cento delle soglie previste nell'allegato IV alla seconda parte del decreto legislativo 152/2006 (v. da 4.3.1 a 4.3.8); al paragrafo 4.3.6. per la qualità dell'aria si ritiene opportuno aggiungere i progetti dell'allegato IV di cui ai punti 3.c) 7.e) 7.p) 8.b) 8.d) 8.g) 8.l); al paragrafo 4.3.6 per la qualità dell'acqua si ritiene opportuno aggiungere i progetti dell'allegato IV di cui ai punti 2.m); tra i criteri localizzativi manca completamente il riferimento, se non per i nitrati alle acque sotterranee;
    si condividono le osservazioni presenti nella documentazione del Servizio Studi relativamente al paragrafo 6 secondo capoverso con l'articolo 2, comma 2, lettera c): «andrebbe valutata la possibilità di coordinare il paragrafo 6, nella parte in cui si attribuisce alle regioni la competenza concernente l'individuazione delle categorie progettuali, con il disposto comma 2 dell'articolo 2 dello schema, che, pur recando una disposizione di contenuto identico, non provvede a specificare tale attribuzione»; il rischio di discrezionalità da parte delle regioni della fissazione dei criteri e delle condizioni in base ai quali si esclude i potenziali effetti significativi dei progetti è condizione sufficiente affinché le linee guida siano dettate dal solo Ministero;
    al paragrafo 3 sono stabiliti gli indirizzi metodologici generali già espressi nella parte seconda dell'allegato V del decreto legislativo 152/2006, come stabilito dall'allegato III della direttiva 2011/92UE; la direttiva 2011/92/UE, nel punto 3 dell'allegato III, definisce le caratteristiche dell'impatto potenziale come gli «effetti» potenzialmente significativi. Al punto 3 dell'allegato V del decreto legislativo 152/2006 il termine effetto è sostituito con la parola «impatto» potenzialmente significativo; occorre valutare se la parola effetto risulta maggiormente aderente ai termini definiti dai criteri di selezione di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della Direttiva 2011/92/UE rendendo, pertanto, tali criteri, della Valutazione di Impatto Ambientale, maggiormente restrittivi;
    infine, anche se non espressamente concernente l'atto in oggetto, si auspica l'opportunità di approfittare di questo passaggio in Commissione al fine di suggerire al Governo di ottemperare ad un «vuoto normativo» (che afferisce espressamente al rapporto Stato-Regioni sotto il profilo del regime autorizzativo) che potrebbe esporre il nostro Paese ad un ulteriori procedure di infrazione. Nello specifico con la Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) sono state introdotte diverse modifiche alla precedente normativa in materia. Tali modifiche dovevano essere recepite nei diversi ordinamenti nazionali entro il 7 gennaio 2013. L'Italia ha recepito detta Direttiva – ben oltre la scadenza prefissata – dapprima con l'approvazione dei principi e dei criteri direttivi specifici per il recepimento Pag. 36(articolo 3, legge 96/2013) e con la successiva adozione del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46, entrato in vigore l'11 aprile scorso;
    il decreto legislativo 46/2014, tra le altre cose, ha sostanzialmente riscritto il Titolo III della Parte II del decreto legislativo 152/2006 che disciplina l'autorizzazione integrata ambientale. Alcune delle novità più rilevanti introdotte dal decreto legislativo 46/2014 tengono conto della necessità di aumentare gli strumenti idonei a valutare complessivamente l'incidenza degli impatti che le installazioni nelle quali si svolgono una o più attività elencate all'allegato VIII alla Parte Seconda del decreto legislativo n. 152/2006 hanno rispetto al sito nel quale sono localizzate. A tal scopo, è stato aggiornato l'elenco della documentazione che il gestore deve produrre al momento della presentazione della domanda di autorizzazione, includendo la cosiddetta relazione di riferimento che, stando alla definizione stabilita dal novellato articolo 5 del decreto legislativo 152/2006, contiene informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti, grazie alle quali è possibile effettuare una comparazione dello stato del sito prima dell'avvio dell'attività, durante l'esercizio e al momento della cessazione della stessa attività;
    in base all'articolo 29-sexies, comma 9-quinquies del decreto legislativo 152/2006, il gestore ha l'obbligo di trasmettere all'autorità competente – per la validazione – la relazione di riferimento prima della messa in servizio della nuova installazione o prima dell'aggiornamento dell'autorizzazione rilasciata per l'installazione esistente, quando l'attività comporta l'utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose. L'autorità competente, al momento della cessazione dell'attività, deve valutare lo stato di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee da parte di sostanze pericolose pertinenti usate, prodotte o rilasciate dall'installazione obbligando, se necessario, il gestore a rimediare all'eventuale inquinamento significativo del suolo e delle acque sotterranee indotte dalle stesse sostanze pericolose. A questo scopo, è stato introdotto l'obbligo – non previsto dalla disciplina previgente seppure ammesso, come facoltà, dalla giurisprudenza amministrativa – di prestare una garanzia fideiussoria a garanzia dell'obbligo di adottare le misure necessarie a porre rimedio all'inquinamento significativo del suolo o delle acque sotterranee con sostanze pericolose, rispetto allo stato nel quale si trovavano il suolo e le acque sotterranee constatato nella cosiddetta relazione di riferimento;
    altre significative modifiche del decreto legislativo 152/2006 riguardano la durata della stessa autorizzazione integrata ambientale, che è stata raddoppiata (portandola a 10 anni), e la disciplina del riesame e del rinnovo della stessa autorizzazione. In base alla nuova disciplina del riesame, definita dall'articolo 29-octies, l'autorità competente procede al riesame periodico dell'autorizzazione, confermando o aggiornamento le condizioni per l'esercizio dell'attività. L'articolo 29-octies distingue il riesame ordinario, da svolgersi entro quattro anni dalla pubblicazione delle decisioni relative alle BAT riferite all'attività principale dell'installazione ovvero a dieci anni dal rilascio dell'autorizzazione o dall'ultimo riesame effettuato, e quello che viene disposto dall'autorità competente, in tutti i casi nei quali si verifica una delle situazione elencate nel comma 4 dello stesso articolo. Con riferimento al riesame dell'autorizzazione, viene stabilito che il procedimento venga svolto con le stesse modalità previste per il rilascio dell'autorizzazione, fatta salva una semplificazione degli oneri a carico dell'autorità competente, in fatto di pubblicità e informazione;
    con il decreto legislativo 46/2014 è stata altresì rivista la materia dei controlli stabilendo – con la riscrittura del comma 6 e l'aggiunta dei commi 6-bis dell'articolo 29-sexies – che la frequenza e la metodologia dei controlli ordinari sono definiti nella parte prescrittiva dell'autorizzazione, Pag. 37in funzione del tipo di installazione, della specifica attività svolta e delle matrici ambientali interessate, che la stessa autorizzazione debba prevedere controlli ordinari specifici con frequenze prestabilite dalla legge, fatta salva la possibilità che si rendano necessarie modalità e frequenze di controllo diverse;
    in base al comma 6-ter del citato articolo 29-sexies, è stato altresì stabilito che, nell'ambito dei controlli debba essere prevista un'attività ispettiva presso le installazioni – con oneri a carico del gestore – da parte dell'autorità di controllo che preveda l'esame di tutta la gamma degli effetti ambientali indotti dalle installazioni interessate, e che dette visite sono inserite in un piano di ispezione ambientale a livello regionale, periodicamente aggiornato dalla Regione, che contiene: a) analisi generale dei problemi pertinenti; b) l'identificazione dell'area geografica coperta dal piano di ispezione: c) le procedure per la programmazione delle ispezioni ordinarie e di quelle straordinarie, da effettuarsi in caso di denunce, di gravi incidenti, di guasti e di infrazioni in materia ambientale;
    tutto ciò premesso sorge l'esigenza che vengano chiarite le modalità di applicazione della nuova normativa, soprattutto rispetto ad installazioni in esercizio che operano sulla base di autorizzazioni integrate ambientali rilasciate in base alla normativa previgente; sono già stati emesse delle linee di indirizzo da parte del Ministero che però necessitano di una concreta declinazione a livello regionale;in particolare i principali punti da chiarire sono i seguenti:
     a) procedimenti di rilascio AIA in corso e su cui è auspicabile applicare il principio di precauzione ovvero far valere i criteri più restrittivi che salvaguardino l'ambiente e l'uomo; il ministero infatti dovrebbe fare un focus (anche tramite il sito istituzionale) su:
      procedimenti di richiesta AIA avviati prima del 7 gennaio 2013 non ancora conclusi ed in quanti e quali casi i gestori abbiano fatto richiesta di passare al nuovo regime autorizzativo;
      quanti e quali siano i procedimenti di richiesta AIA avviati tra il 7 gennaio 2013 e il 10 aprile 2014, quale sia lo stato di avanzamento degli stessi;
     b) procedimenti di rinnovo in corso:
      quanti e quali siano i procedimenti di rinnovo periodico avviati dopo il 7 gennaio 2013 e in corso;
      quali e quanti siano i procedimenti di rinnovo riguardanti provvedimento autorizzativi con scadenza successiva al 10 aprile 2014, quanti e quali di loro siano stati archiviati;
      quali e quanti procedimenti di rinnovo periodico avviati dopo il 7 gennaio 2013 sono stati convertiti in procedimenti di riesame ai sensi della nuova normativa;
      in che maniera il ministero intenda gestire la proroga delle scadenze di legge delle AIA in vigore alla data del 11 aprile 2014; con quale modalità intenda rendere nota la ridefinizione della scadenza dell'AIA, se intenda avvalersi della facoltà, ammessa nel decreto ministeriale contenente le cosiddette Linee di indirizzo, di avviare, di propria iniziativa, un riesame della stessa autorizzazione alla data del previsto rinnovo; se, prima della notifica della ridefinizione della scadenza, intenda compiere delle verifiche preliminari atte ad escludere che rispetto alle installazioni non si siano verificate ovvero stiano per verificarsi le condizioni previste all'articolo 20-octies che impongono il riesame della stessa autorizzazione;
      in che maniera il ministero intenda gestire l'applicazione dei nuovi termini di legge per la durata delle AIA in corso, fino alla nuova scadenza, con specifico riferimento alla proroga delle eventuali fidejussioni prestate quale condizioni dell'efficacia della stessa AIA, nonché all'implementazione del sistema di controlli e di ispezioni e all'introduzione dell'obbligo Pag. 38di un preciso riferimento temporale per l'esecuzione delle prescrizioni previsti dalla nuova normativa,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) valuti il Governo l'opportunità di sopprimere la misura massima di incremento delle soglie dimensionali di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b) del decreto e al punto 6 delle allegate Linee Guida, o ridurla sensibilmente con l'indicazione di appositi criteri che consentano di individuare in quali casi ricorrano i presupposti indicati dalla disposizione;
   b) valuti il Governo l'opportunità di prevedere che i casi di non assoggettabilità di cui all'articolo 2, comma 2, lettera c) rimangano una categoria residuale rispetto ai progetti sottoposti a verifica, il cui elenco dovrebbe essere eventualmente aggiornato e integrato.
   c) valuti il Governo l'opportunità di estendere il criterio del «cumulo con altri progetti» in relazione a progetti relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione che non appartengono ad una stessa specifica categoria progettuale;
   d) valuti il Governo l'opportunità di ridefinire e ridurre le fattispecie per le quali viene esclusa la riduzione della soglia dimensionale del 50 per cento per i progetti localizzati in aree sensibili;
   e) valuti il Governo l'opportunità di prevedere che le deroghe ai contenuti delle linee guida, proposte dalle Regioni, siano valutate dal Ministero alla luce di criteri e parametri determinati;
   f) valuti il Governo se l'utilizzo della parola «effetto» in luogo di «impatto» risulta maggiormente aderente ai termini definiti dai criteri di selezione di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della Direttiva 2011/92/UE rendendo, pertanto, tali criteri, della Valutazione di Impatto Ambientale, maggiormente restrittivi;
   g) valuti il Governo, anche se non espressamente concernente l'atto in oggetto, se ritenga opportuno ottemperare ad un «vuoto normativo» (che afferisce espressamente al rapporto Stato-Regioni sotto il profilo del regime autorizzativo per i procedimenti di rilascio dell'AIA) che potrebbe esporre il nostro Paese ad un ulteriori procedure di infrazione, in riferimento alla Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento).

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ALLEGATO 3

Schema di decreto ministeriale recante approvazione delle linee guida concernenti la determinazione dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici. Atto 138.

PARERE APPROVATO DALL'VIII COMMISSIONE

  L'VIII Commissione,
   esaminato lo schema di decreto ministeriale recante approvazione delle linee guida concernenti la determinazione dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici (Atto n. 138);
   rilevato che:
    il presente schema di decreto ministeriale riguarda le linee guida relative all'individuazione dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte degli edifici, la cui determinazione è il risultato della sperimentazione effettuata dal personale ISPRA e dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente di Liguria, Piemonte, Umbria e Veneto;
    l'attività in oggetto ha avuto come scopo la valutazione sperimentale del valore di attenuazione del campo elettromagnetico generato da impianti di teleradiocomunicazione nei casi di presenza di pareti e coperture con finestre o altre aperture di analoga natura;
    per l'esecuzione delle misure sono state definite dall'ISPRA apposite procedure operative, scelte per valutare sperimentalmente il valore di attenuazione del campo elettromagnetico generato da impianti di teleradiocomunicazione generici, rappresentative, rispettivamente, delle emissioni degli impianti radiotelevisivi e delle stazioni radio base della telefonia mobile;
    i risultati emersi dall'attività sperimentale svolta dal predetto Istituto risultano molto variabili con evidenza, in taluni casi, di effetti di «amplificazione» dell'intensità dei campi elettromagnetici;
    tenendo conto della necessità radioprotezionistica di considerare il caso peggiore tra quelli oggetto della valutazione svolta, l'ISPRA ha ritenuto adeguato considerare pari a 0 dB (assenza di attenuazione) il valore di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici nei casi di presenza di pareti e coperture con finestre o altre aperture di analoga natura, indipendentemente dalla frequenza di trasmissione dell'impianto, ritenendo invece idonea, relativamente agli edifici privi di finestre, l'applicazione di fattori di riduzione pari a 6 dB, per frequenze di trasmissione superiori a 400 MHz, e a 3 dB, per frequenze di trasmissione inferiori a 400 MHz;
   considerato altresì che:
    dall'approvazione dei valori di assorbimento indicati nello schema di decreto deriverebbe pertanto la necessità, al fine di garantire la copertura della rete di telefonia mobile e la qualità del servizio, di incrementare il numero dei trasmettitori a fronte della riduzione della potenza di emissione;
    la diminuzione della potenza di emissione delle antenne radiobase, determinerebbe, a sua volta, l'incremento delle onde elettromagnetiche emesse dai dispositivi di telefonia mobile che, com’è noto, funzionano a potenza variabile;
    la letteratura scientifica internazionale comunemente ascrive alle onde elettromagnetiche Pag. 40emesse dagli apparecchi di telefonia mobile un rischio per la salute umana maggiore rispetto a quello determinato dalle onde elettromagnetiche emesse dalle antenne,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   valuti il Governo la necessità, in ragione dei possibili effetti sulla salute umana connessi all'applicazione di coefficienti di assorbimento assenti o molto bassi, di riconsiderare i valori di assorbimento relativi agli edifici, indicando nelle Linee Guida valori medi o mediani in luogo di quelli minimi.

Pag. 41

ALLEGATO 4

Schema di decreto ministeriale recante approvazione delle linee guida concernenti la determinazione dei valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici. Atto 138.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVA PRESENTATA DAL GRUPPO MOVIMENTO 5 STELLE

  L'VIII Commissione;
   premesso che:
    con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8 luglio 2003, in attuazione della legge quadro in materia di elettrosmog (legge 36/2001), sono stati fissati i limiti di esposizione e i valori di attenzione per la prevenzione degli effetti a breve termine e dei possibili effetti a lungo termine nella popolazione dovuti all'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM);
    lo schema di decreto in esame fa esclusivo riferimento ai CEM ad alte frequenze (100 kHz – 300 GHz) disciplinati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2003, vale a dire ai CEM generati, principalmente, dagli impianti di diffusione radiotelevisiva e dalle stazioni radio base (SRB) per la telefonia mobile;
    le linee guida di cui all'Atto 138 si riferiscono esclusivamente ai valori di assorbimento del campo elettromagnetico da parte delle strutture degli edifici;
    il richiamato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003 stabilisce che vengano predisposte dall'ISPRA e dalle ARPA/APPA, apposite Linee Guida per rendere operative le misure introdotte dal decreto, da approvarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le competenti Commissioni parlamentari;
    in tali Linee Guida, vengono adottati due diversi fattori di riduzione per quanto riguarda gli effetti schermanti dei materiali materiali in funzione della frequenza:
     pareti e coperture senza finestre, o altre aperture di analoga natura, in prossimità di impianti con frequenza di trasmissione superiori a 400 MHz: 6dB;
     pareti e coperture senza finestre, o altre aperture di analoga natura, in presenza di segnali a frequenze inferiori a 400 MHz: 3 dR,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) sia chiarito il concetto di «prossimità» utilizzato nel primo caso ovvero fattori di riduzione in caso di pareti e coperture senza finestre in caso di frequenza di trasmissione superiori a 400 MHz rispetto alla menzione «della presenza di segnali» nel secondo caso ovvero fattori di riduzione in caso di pareti e coperture senza finestre in caso di frequenza di trasmissione inferiori a 400 MHz;
   2) sia integrato il testo del provvedimento in oggetto, inserendo specifiche disposizioni in ordine alla effettuazione di ulteriori studi aggiornati sugli effetti dell'inquinamento elettromagnetico sulla salute umana e sull'ambiente, con specifico riferimento alla antenne e ai dispositivi di telefonia mobile, assicurando alla cittadinanza adeguati mezzi di conoscenza delle risultanze di essi.