CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 18 dicembre 2014
361.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-04304 Causi: Iniziative per la gestione dei crediti bancari in sofferenza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione dell'onorevole Causi ed altri concerne la problematica dei crediti deteriorati, che a seguito del protrarsi della recessione economica hanno raggiunto livelli di assoluto rilievo. In particolare, l'interrogante, nel richiamare le iniziative, sperimentate da Spagna e Irlanda, di costituzione di «bad bank», ha chiesto al Governo valutazioni «sull'ipotesi della costituzione di uno strumento per la gestione dei crediti in sofferenza del settore bancario».
  Al riguardo, non si può non richiamare l'Audizione del Governatore della Banca d'Italia su «L'attuazione dell'Unione bancaria europea e il credito all'economia» tenutasi presso questa stessa Commissione in data 15 dicembre 2014.
  Con specifico riferimento alla questione sollevata, la Banca d'Italia, tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, ha comunicato che, a giugno 2014, la consistenza delle partite deteriorate ha raggiunto il 16,8 per cento dei prestiti complessivi (10,5 per cento al netto delle rettifiche di valore già contabilizzate); le sole sofferenze ammontavano ai 9,4 per cento (4,4 per cento al netto delle rettifiche).
  Il flusso di nuove sofferenze, in rapporto alle consistenze degli impieghi, è in riduzione, ma resta ancora elevato (al 2,6 per cento per l'intera economia nel terzo trimestre di quest'anno, dal picco del 3,0 toccato nei secondo trimestre del 2013). Il segnale è da ritenere positivo ma, come rilevato nell'interrogazione, la riduzione dello stock di prestiti deteriorati è indispensabile per la ripresa del credito.
  È tuttavia da rilevare che in Italia il mercato privato degli attivi deteriorati rimane poco sviluppato e che la maggior parte delle operazioni concluse sono appannaggio degli intermediari di maggiori dimensioni.
  Uno dei principali fattori che frena la conclusione delle cessioni delle partite deteriorate è rappresentato dalla lentezza delle procedure di recupero, che sono in Italia molto più lunghe rispetto agli altri Paesi.
  L'introduzione di misure legislative volte ad accelerare le procedure di recupero dei crediti in sofferenza potrebbe sicuramente agevolare la riduzione delle consistenze dei crediti deteriorati, senza determinare alcun aggravio per le finanze pubbliche.
  L'eventuale ipotesi di interventi pubblici potrebbe consentire di liberare, a costi contenuti, risorse da utilizzare per il finanziamento dell'economia. Ne va, tuttavia, valutata attentamente la compatibilità con i vincoli di finanza pubblica e con le regole europee sugli aiuti di Stato, anche in considerazione delle limitazioni che ne potrebbero derivare per la normale operatività degli intermediari (esempio piani di ristrutturazione, vincoli allo sviluppo, condizionamenti delle strategie aziendali, restrizioni al pagamento di dividendi, e altro).

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ALLEGATO 2

5-04305 Gebhard: Problematiche relative al trattamento tributario ai fini delle imposte sui redditi dei compensi pagati ad artisti dello spettacolo per il tramite di un'agenzia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in ordine all'applicazione della Convenzione italo-tedesca sulle doppie imposizioni fiscali, ratificata in Italia con legge 24 novembre 1992, n. 459.
  In particolare, l'onorevole chiede di conoscere se la ritenuta del 30 per cento effettuata in Italia ai sensi dell'articolo 24, comma 1-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, sul compenso erogato ad un artista dello spettacolo residente in Germania, per il tramite di ima agenzia sempre residente in Germania, sia compatibile con il disposto dell'articolo 17 della citata Convenzione fiscale.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue. In via di principio, deve essere chiarito che la previsione di un criterio di imposizione concorrente risponde alla logica di ripartizione della materia imponibile tra gli Stati contraenti.
  Le disposizioni delle convenzioni internazionali, infatti, si caratterizzano per essere norme di «delimitazione» (cosiddetta distributive rules), le quali delimitano il potere normativo dei singoli Stati, al fine di eliminare la doppia imposizione delle fattispecie reddituali disciplinate dalle stesse convenzioni. Tali delimitazioni possono essere complete o parziali. L'esclusione completa dell'obbligazione di imposta in ordine ad una categoria reddituale, da parte di uno Stato contraente, determina il diritto di imposizione esclusiva dell'altro Stato, laddove una delimitazione parziale del potere impositivo determina l'imposizione concorrente degli elementi di reddito considerati.
  Ciò premesso, l'onorevole interrogante chiede se il compenso pagato ad un artista dello spettacolo per il tramite di un'agenzia, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 2, della Convenzione tra Italia e Germania per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e prevenire le evasioni fiscali, sia soggetto alla trattenuta del 30 per cento, ai sensi dell'articolo 24, comma 1-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, anche se l'onorario chiesto non è direttamente riconducibile a un artista specifico.
  In proposito trova applicazione l'articolo 17, comma 2, della Convenzione tra l'Italia e la Germania per evitare le doppie imposizioni, firmata a Bonn il 18 ottobre 1989 e ratificata con legge 24 novembre 1992, n. 459 (di seguito la Convenzione), secondo cui «quando i redditi derivanti da prestazioni che un artista dello spettacolo o uno sportivo esercita personalmente ed in tale qualità sono attribuiti ad una persona diversa dall'artista o dallo sportivo medesimo, detti redditi sono imponibili nello Stato contraente in cui le prestazioni dell'artista o dello sportivo sono esercitate, nonostante le disposizioni degli articoli 7, 14 e 15».
  In sostanza, la disposizione convenzionale citata stabilisce che il compenso percepito da un artista o sportivo residente in uno Stato contraente (nel caso di specie in Germania), che svolge la sua Pag. 60attività artistica o sportiva nell'altro Stato contraente (nel caso di specie in Italia), è assoggettato a tassazione concorrente (sia in Italia che in Germania) anche quando tali compensi non sono percepiti direttamente dallo stesso artista o sportivo ma tramite, ad esempio, un'agenzia dello spettacolo o di intermediazione.
  Il menzionato comma 2 dell'articolo 17 prevale sulle disposizioni contenute negli articoli disciplinanti gli utili delle imprese (articolo 7), le professioni indipendenti (articolo 14) e il lavoro subordinato (articolo 15).
  Alla luce di quanto evidenziato, ai sensi degli articoli 24, comma 1-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (relativo alle ritenute sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente erogati a soggetti non residenti) e dell'articolo 25 del medesimo decreto n. 600 del 1973 (relativo alle ritenute sui redditi di lavoro autonomo e su altri redditi) si può confermare che il compenso effettivamente spettante al singolo artista dovrà essere, comunque, assoggettato ad una ritenuta a titolo d'imposta nella misura del 30 per cento.

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ALLEGATO 3

5-04306 Paglia: Numero delle dichiarazioni IMU relative agli immobili degli enti non commerciali per gli anni 2012 e 2013.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In relazione all'interrogazione a risposta immediata in esame si fa presente che gli Uffici tecnici dell'Amministrazione finanziaria hanno rappresentato che non risultano ancora disponibili i dati delle dichiarazioni IMU, TASI ed ENC, relative agli anni 2012 e 2013, inviate dagli enti non commerciali, il cui termine di presentazione è scaduto il 1° dicembre 2014.
  Al momento possono essere forniti, in ogni caso, i seguenti dati relativi al numero delle dichiarazioni in parola.

Dichiarazioni inviate
Dichiarazioni Elaborate con successo 57.172
Dichiarazioni con Errori  1.542
Dichiarazioni Scartate  1.155

  In particolare, delle dichiarazioni elaborate con successo 55.710 sono pervenute tramite il canale telematico Entratel e 1.462, invece, tramite il canale telematico Fisconline. A tale riguardo, occorre, altresì, precisare che le dichiarazioni pervenute con successo sono state 35.620 per l'anno d'imposta 2012 e 21.552 per l'anno di imposta 2013.
  Negli allegati 1 e 2 è indicato rispettivamente il numero delle dichiarazioni distinte per regioni e quello delle dichiarazioni distinte per comuni con più di 150 dichiarazioni.
  Per quanto concerne i dati di gettito relativi agli anni 2012 e 2013, si deve sottolineare che, non esistendo un codice tributo specifico per il versamento dell'imposta dovuta per gli immobili degli enti non commerciali, occorre necessariamente attendere l'elaborazione successiva delle dichiarazioni in questione, per poter fornire i dati di gettito richiesti. Occorre a questo proposito sottolineare che appare di tutta evidenza che la fornitura di tale dato non può essere effettuata nell'immediato, poiché si è appena conclusa la fase di trasmissione delle dichiarazioni, fase che anzi non può dirsi ancora completata, considerato l'invio di dichiarazioni tardive.
  Pertanto, la comunicazione dei dati di gettito in questione deve essere rinviata a un momento successivo, vale a dire non appena sarà terminata la fase tecnica di estrapolazione dei dati da dichiarazione e quella di confronto di detti dati con quelli di gettito.
  Per quanto riguarda, infine, la normativa richiamata dall'onorevole interrogante con la quale sono state disciplinate Pag. 62le modalità e le procedure per l'applicazione proporzionale dell'esenzione IMU e TASI per le unità immobiliari destinate a utilizzazione mista, si segnala che essa ha tenuto conto della normativa comunitaria atteso che, al tempo dell'emanazione del regolamento n. 200 del 2012, la Commissione Europea aveva già avviato un'indagine formale relativa all'aiuto di Stato SA 20829 ex 43/2010 sulla disciplina interna in materia di esenzione ICI per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali. Invero, nell'ambito dell'indagine in questione sono emerse le problematiche comunitarie sulla disciplina interna, oggetto della successiva decisione del 19 dicembre 2012, che sono state considerate nella predisposizione della disciplina interna al fine di evitare contenziosi a livello europeo.

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ALLEGATO 4

5-04307 Cancelleri: Sospensione degli incarichi di direttore di segreteria di commissioni tributarie.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti evidenziano alcune problematiche relative alla procedura per la nuova attribuzione di 47 incarichi non dirigenziali di direzione degli uffici di segreteria delle Commissioni tributarie provinciali avviata con provvedimento direttoriale dal Dipartimento delle finanze del 7 maggio 2014.
  In particolare, gli onorevoli interroganti lamentano l'illegittimità di una procedura di interpello per direttori di segreteria della Commissione tributaria, poiché è rivolta a tutto il personale dell'Area funzionale III, e non tiene in dovuto conto che in detta Area rientrano profili professionali, e posizioni economico-giuridiche con differenti declaratorie: collaboratore tributario (Posizioni economiche F1-F2), funzionario tributario (Posizione economica F3) e direttore tributario (Posizioni economiche F4 e F5).
  Pertanto, gli onorevoli chiedono di adottare le opportune iniziative per sospendere gli incarichi a direttori di segreteria delle Commissioni Tributarie conferiti mediante la procedura di interpello in esame e per rivedere la procedura stessa mediante la predisposizione di un nuovo bando.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Con le disposizioni contenute nella legge 6 novembre 2012, n. 190, è stato affermato il principio generale, nell'ambito dell'impiego pubblico, della temporaneità degli incarichi di direzione degli uffici. La rotazione degli incarichi risponde anche all'esigenza di contrasto dei fenomeni corruttivi presenti nella pubblica amministrazione.
  A sua volta, il Piano Nazionale Anticorruzione, approvato dalla CIVIT (Commissione indipendente per la trasparenza delle amministrazioni pubbliche), con delibera n. 73 del 2013, prevede, all'articolo 3, lettera c), «la definizione di criteri atti ad assicurare la rotazione dei dipendenti, in particolare dei dirigenti, nei settori particolarmente esposti alla corruzione» e, al successivo articolo 5, impone che le pubbliche amministrazioni, nell'adottare il proprio piano triennale, debbano individuare le attività più esposte al rischio di corruzione e prevedano «l'adozione di adeguati sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio, con l'accortezza di mantenere continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture... per evitare che possano consolidarsi delle rischiose posizioni «di privilegio» nella gestione diretta di certe attività correlate alla circostanza che lo stesso funzionario si occupi personalmente per lungo tempo dello stesso tipo di procedimenti e si relazioni sempre con gli stessi utenti».
  Il citato Piano Nazionale Anticorruzione è stato adottato dal Ministero dell'economia e delle finanze con Decreto Ministeriale del 31 gennaio 2014.
  Al fine di dare attuazione al dettato normativo il Direttore Generale delle Finanze ha emanato la determinazione n. 15921 del 22 ottobre 2013 con la quale sono stati disciplinati il conferimento, la Pag. 66valutazione e la revoca degli incarichi non dirigenziali degli Uffici di segreteria delle Commissioni tributarie.
  In particolare, con la citata determinazione è stato richiamato il principio generale della temporaneità degli incarichi di direzione degli uffici nell'ambito dell'ordinamento del lavoro pubblico, in dipendenza del quale si è ritenuto opportuno garantire il principio di rotazione degli incarichi anche in ambito degli uffici di segreteria delle Commissioni tributarie non dirigenziali.
  A tal fine, è stato stabilito che i suddetti incarichi siano attribuiti a tempo determinato, «assicurandone l'affidamento a funzionari che dimostrino nel tempo le migliori capacità gestionali», per un periodo massimo di tre anni rinnovabile, alla scadenza, con provvedimento motivato, tenendo conto delle conoscenze specialistiche acquisite, delle capacità tecnico-professionali e delle competenze organizzative anche in funzione della complessità dell'incarico stesso.
  Nella stessa determinazione è stato altresì previsto che i criteri per la valutazione sono individuati nel rispetto dei principi di efficienza, trasparenza e oggettività, tenendo conto dei risultati conseguiti annualmente e delle competenze dimostrate nello svolgimento delle attività dell'ufficio di segreteria. In attesa della definizione dei criteri per la valutazione annuale, per gli incaricati si terrà conto «degli obiettivi raggiunti, della verifica infrannuale dell'andamento delle prestazioni; della valutazione delle competenze organizzative e delle attitudini dimostrate nell'assolvimento dell'incarico, con particolare riguardo, ad esempio, all'iniziativa, alla gestione del «problem solving» alla tensione al risultato, alla capacità di lavorare efficacemente in gruppo, all'impegno costante e all'orientamento all'utenza, alla corretta gestione delle relazioni sindacali».
  Il principio della rotazione negli incarichi ed i criteri per il conferimento degli stessi sono stati discussi e concordati con le OOSS, coinvolte in sede di predisposizione della determinazione n. 15921 del 22 ottobre 2013.
  Per quanto riguarda le osservazioni svolte dall'interrogante in ordine alla legittimità di «indirizzare l'interpello per direttori di segreterie di commissioni a tutto il personale dell'area funzionale III, nella fondamentale valutazione della presenza nella stessa area di profili diversi e gerarchicamente sottesi...» si fa presente che la riforma comunemente denominata di «privatizzazione», con le norme di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha affidato la materia degli inquadramenti allo speciale sistema di contrattazione collettiva nel settore pubblico.
  D'altra parte, si ricorda che anche la Corte di Cassazione, con sentenza n. 1183521 del 2009 ha affermato il principio che «In materia di pubblico impiego privatizzato, l'articolo 52, comma 1, del citato decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che sancisce il diritto alla attribuzione alle mansioni per le quali il dipendente è stato assunto o ad altre equivalenti, ha recepito un concetto di equivalenza «formale», ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva (indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal giudice».
  Tale orientamento è stato recepito dal legislatore. Infatti, il vigente testo dell'articolo 52, comma 1, decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che «il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell'ambito dell'area di inquadramento».
  Tuttavia, per comprendere compiutamente la ratio del nuovo sistema di classificazione del personale del comparto ministeri occorre rifarsi alla contrattazione collettiva riguardante il nuovo sistema classificatorio.
  Infatti, la declaratoria dell'area III (ex C1, C1-Super, C2, C3 e C3-Super) contenuta nel CCNL-Comparto Ministeri per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 (sottoscritto il 14 settembre 2007) stabilisce che «Appartengono a questa area funzionale i lavoratori Pag. 67che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico.».
  Le «specifiche professionali» della medesima area, indicate nell'allegato A del CCNL in parola, prevedono alternativamente:
   elevato grado di conoscenze ed esperienze teorico pratiche dei processi gestionali acquisibili con il diploma di laurea o laurea specialistica;
   coordinamento, direzione e controllo, ove previsto, di unità organiche anche a rilevanza esterna, di gruppi di lavoro e di studio;
   svolgimento di attività di elevato contenuto tecnico, gestionale, specialistico con assunzione diretta di responsabilità di risultati;
   organizzazione di attività;
   relazioni esterne e relazioni organizzative di tipo complesso;
   autonomia e responsabilità nell'ambito di direttive generali.

  Tra i diversi requisiti necessari per poter accedere, dall'esterno, all'area III figura il possesso della laurea.
  Pertanto, la citata determinazione n. 15921 del 22 ottobre 2013 – nel definire i requisiti necessari per la partecipare all'indagine conoscitiva in esame – ha individuato nei soggetti candidabili i funzionari appartenenti all'Area III.
  L'ulteriore articolazione dell'area terza in «posizioni economiche» attiene esclusivamente al livello economico e non anche a differenti mansioni.
  In tale nuovo contesto normativo e pattizio risulta non corretto trasporre pedissequamente le qualifiche funzionali ed i relativi profili professionali presenti nel comma 1 dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 545 del 1992 nella nuova configurazione dell'Area III al fine di escludere dall'indagine conoscitiva i funzionari appartenenti a detta Area nelle posizioni economiche F1 e F2. Si ricorda, infatti, che l'ex VIII qualifica funzionale costitutiva il profilo iniziale di accesso alla carriera direttiva, così come attualmente, a seguito della contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, l'Area III-F1 costituisce il profilo iniziale per l'accesso alle funzioni direttive; in entrambi i casi, infatti, il requisito essenziale per l'accesso dall'esterno, era ed è il possesso del diploma di laurea.
  Il quadro normativo e pattizio sopra delineato risulta anche coerente con la clausola inserita nell'indagine conoscitiva del 7 maggio 2014 secondo la quale qualora a compimento della procedura, risultassero sedi ancora vacanti per carenza di domande pervenute, per esito negativo di quelle presentate, nonché per eventuali rinunce all'incarico, è possibile, con atto motivato, disporre il conferimento anche ad un funzionario che non abbia partecipato alla procedura».
  Pertanto, alla luce di quanto sopra descritto non si ritiene fondata la richiesta di sospendere i conferimenti degli incarichi in esame attesa la sostanziale legittimità degli stessi e in quanto rispondenti alla necessità di attivare un percorso di professionalità ed efficienza dell'azione amministrativa nelle attività di direzione degli Uffici di segreteria delle Commissioni tributarie.
  Deve, infine sottolinearsi che la determinazione in esame, a firma del Direttore Generale delle Finanze, ha stabilito, per la prima volta, che gli incarichi di direzione degli uffici di segreteria delle Commissioni tributarie di livello non dirigenziale non fossero più conferiti a tempo indeterminato e che si è trattato della prima corposa ridefinizione dello staff direzionale degli uffici di segreteria delle Commissioni tributarie da quando sono state istituite (lontano 1996), finalizzata al conseguimento di maggiore efficienza e celerità nelle attività di supporto alla funzione giurisdizionale tributaria.Pag. 68
  In ragione delle responsabilità che gravano sui direttori delle Commissioni tributarie provinciali e regionali di sede non dirigenziale, l'amministrazione finanziaria ha ritenuto opportuno procedere ad una rotazione negli incarichi di direzione limitandone il periodo di espletamento e richiedendo professionalità adeguate e capacità manageriali funzionali al raggiungimento degli obiettivi legati alla giustizia tributaria la quale, come è noto, garantisce con la sua attività istituzionale la corretta definizione delle controversie tributarie con effetti sulle entrate erariali.

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ALLEGATO 5

5-04308 Busin: Iniziative a tutela dei sottoscrittori di Buoni fruttiferi postali per i quali è stata disposta la riduzione dei tassi di interesse.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Busin chiede se non si ritenga opportuno provvedere al conteggio degli interessi di alcuni Buoni postali fruttiferi a lungo termine emessi negli anni ’80, il cui tasso d'interesse fu ridotto rispetto a quello inizialmente stabilito.
  Al riguardo, si fa presente che per i Buoni postali fruttiferi di alcune serie è stato effettivamente corrisposto un interesse diverso da quello indicato nel buono stesso, in virtù di specifica disposizione legislativa, richiamata anche nell'interrogazione.
  Infatti, l'articolo 173 del decreto del Presidente della Repubblica, n. 156 del 1973, modificato dal decreto-legge 30 settembre 1974 n. 460, convertito in legge 25 novembre 1974, n. 588 così recita; «Tabelle degli interessi-Variazioni». «Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro del Tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie».
  Sulla base della suddetta previsione normativa, i rapporti sorti in costanza del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 156 del 1973, sono pienamente disciplinati per ciò che attiene alla determinazione degli interessi dall'articolo 173, che insieme alle altre disposizioni e ai Decreti Ministeriali previsti dallo stesso, integra la disciplina generale della materia e che, pertanto, non risulta derogabile dalle parti del rapporto.
  L'articolo 173 del decreto del Presidente della Repubblica 156 del 1973 chiaramente prevedeva la possibilità che il contenuto dei diritti spettanti ai sottoscrittori subisse, nel tempo, delle variazioni per effetto di eventuali sopravvenuti decreti ministeriali, volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto; cioè al momento dell'acquisto, il sottoscrittore era edotto sulla possibilità suddetta, per effetto di un eventuale posteriore determinazione dell'Amministrazione Pubblica, che rappresentava elemento normativo caratterizzante di quel tipo di titoli.
  D'altra parte, non pare irragionevole riservare alla Pubblica Amministrazione una facoltà di modifica nel tempo dei tassi d'interessi dei buoni, tenendo conto del variabile andamento dell'economia e delle esigenze di tutela della finanza nazionale e del pubblico risparmio, in particolare, per i buoni destinati ad avere una considerevole durata nel tempo e portanti un tasso di interesse elevato e più alto di quello corrente.
  Pertanto, con il decreto ministeriale 13 giugno 1986 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 28 giugno 1986 n. 148), è stato previsto il minor tasso d'interesse, estendendolo anche al montante (capitale + interessi) dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedentemente emesse.
  Considerato che si trattava di norme di legge e decreti ministeriali, l'informazione dei risparmiatori veniva soddisfatta mediante Pag. 70la pubblicazione dei relativi atti sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
  Quindi, la possibilità di un eventuale posteriore determinazione dell'Amministrazione pubblica in materia di variabilità dei tassi d'interesse, era un elemento caratterizzante di quel tipo di buoni al momento della sottoscrizione ed era regolarmente prevista dall'articolo 173 sopradescritto.

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ALLEGATO 6

7-00542 Fragomeli: Modifiche al regime IMU dei terreni agricoli montani.

TESTO APPROVATO DELLA RISOLUZIONE

  La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, sostituendo l'articolo 4, comma 5-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, ha previsto a decorrere dall'anno d'imposta 2014 una revisione – da effettuare con apposito decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministro dell'interno – del perimetro dei comuni montani nei quali si applica l'esenzione IMU per i terreni agricoli;
    il suddetto decreto interministeriale, che doveva essere emanato entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 66 (la legge 23 giugno 2014, n. 89), e dunque entro il 22 settembre 2014, reca invece la data del 28 novembre 2014 ed è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale solo il 6 dicembre 2014, a pochi giorni dal 16 dicembre 2014, data di scadenza del pagamento del saldo IMU 2014;
    a seguito della revisione operata dal richiamato decreto interministeriale ai sensi del citato articolo 22, comma 2, l'esenzione IMU dei terreni agricoli viene articolata sulla base dell'altitudine del «centro» del comune, più precisamente:
     a) per i comuni con altezza del centro fino a 280 metri tutti i terreni agricoli sono soggetti all'IMU secondo le modalità ordinarie (complessivi 3.911 comuni per una popolazione di 44 milioni di abitanti);
     b) nei comuni con altezza del centro tra 281 e 600 metri sono esenti dall'IMU i terreni agricoli posseduti o anche solamente condotti da agricoltori professionali (2.568 comuni per una popolazione di 10 milioni di abitanti);
     c) nei comuni con altezza del centro maggiore di 600 metri vige l'esenzione generale dall'IMU dei terreni agricoli (1.578 comuni per una popolazione di 3 milioni di abitanti);
    in forza di tali modifiche i terreni siti in comuni costieri il cui territorio è prevalentemente montano sono, per la gran parte, interamente esclusi dall'agevolazione; inoltre i nuovi criteri di esenzione non tengono in alcun conto della redditività delle colture tipiche delle diverse realtà territoriali, a vantaggio del mero criterio dell'altimetria;
    rispetto al precedente regime di agevolazione IMU, basato su un'apposita classificazione del 1993, oltre 4.000 comuni, per circa 27 milioni di abitanti, vedono ora modificata la tassazione IMU dei rispettivi terreni agricoli;
    si evidenziano gravi preoccupazioni circa l'impatto della revisione del regime fiscale dei terreni montani, che dovrebbe produrre un gettito aggiuntivo netto per i comuni interessati di complessivi 350 milioni di euro a decorrere dal 2014, con corrispondente riduzione del Fondo di solidarietà comunale 2014;
    in particolare, i dati per la determinazione di tale gettito sono molto incerti, in quanto dipendono non solo dalla Pag. 72consistenza complessiva della base imponibile di ciascun comune, ma anche dalle caratteristiche soggettive del possessore e dell'utilizzatore (i coltivatori professionali sono agevolati nella fascia intermedia), nonché dalla dimensione delle proprietà immobiliari (la legge prevede consistenti abbattimenti per i primi scaglioni di valore imponibile nel caso dei possessori-coltivatori professionali);
    l'estrema brevità del termine di pagamento, che scadrebbe il 16 dicembre 2014 – in corrispondenza con il saldo dell'IMU 2014 – e la non definita commisurazione dell'ammontare dell'imposta dovuta, che non è chiaro se debba avvenire applicando l'aliquota standard o l'aliquota stabilita dal Comune per i terreni agricoli, mettono concretamente in discussione l'effettiva riscossione del presunto gettito IMU aggiuntivo, nei termini sopra esposti;
    è necessario ridurre il più possibile l'impatto finanziario sugli enti locali di normative tributarie introdotte in prossimità della chiusura dell'esercizio finanziario e, al contempo, lasciare agli stessi enti spazi di autonomia impositiva e regolamentare,

impegna il Governo:

   a consentire ai comuni l'accertamento convenzionale degli importi risultanti dal decreto interministeriale di cui al primo periodo del citato articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014, sul bilancio 2014 a titolo di maggior gettito IMU, a fronte della riduzione corrispondente dell'assegnazione dal Fondo di solidarietà comunale, prevedendo parimenti che i comuni interessati dalla compensazione di cui all'ultimo periodo del suddetto comma 2 dell'articolo 22 accertino la relativa entrata quale integrazione del Fondo di solidarietà nazionale per il medesimo esercizio 2014;
   a valutare l'opportunità di integrare i criteri relativi all'applicazione dell'IMU ai terreni agricoli montani, prevedendo indicatori maggiormente espressivi della redditività delle diverse aree, nonché la revisione della franchigia vigente per i terreni agricoli, con innalzamento della soglia esente;
   a valutare ogni possibile iniziativa per mitigare gli effetti della revisione dell'imponibilità IMU dei terreni agricoli, al fine di salvaguardare le zone svantaggiate e quelle a rischio idrogeologico, anche attraverso politiche di agevolazione fiscale mirate a favore delle piccole imprese agricole.
(8-00094) «Fragomeli, Causi, Sanga, Guerra, Capozzolo, Carbone, Carella, De Maria, Marco Di Maio, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Pastorino, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Zoggia, Giovanna Sanna, Tentori, Casati, Marantelli, Terrosi».

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ALLEGATO 7

7-00544 Sandra Savino: Modifiche al regime IMU dei terreni agricoli montani.

TESTO APPROVATO DELLA RISOLUZIONE

  La VI Commissione,
   premesso che:   la decisione del Governo di rinviare il pagamento dell'imposta municipale unica – IMU, sui terreni agricoli montani, a seguito della rivolta corale delle associazioni agricole e degli operatori del settore, rileva, nel complesso, l'acuirsi di uno stato confusionale particolarmente evidente da parte del Governo Renzi, nell'ambito delle politiche fiscali per gli locali, che conferma anche le contraddizioni riferite all'orientamento di semplificare l'ordinamento tributario e l'accorpamento del numero complessivo delle imposte che gravano sui contribuenti;
    l'annuncio interlocutorio del Sottosegretario per l'economia e le finanze Baretta, reso noto la scorsa settimana, relativo alle intenzioni di sospendere il pagamento previsto il prossimo 16 dicembre dal decreto interministeriale del 28 novembre 2014, (come stabilito dalle disposizioni di cui all'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, che individua i comuni nei confronti dei quali, si applica il regime di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli), denota infatti il disordine con il quale l'Esecutivo in carica disciplina le misure di carattere fiscale, alimentando la distanza di collaborazione tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente;
    se il termine di pagamento dell'IMU sui terreni montani non più esenti, inizialmente previsto per il 16 dicembre 2014, sembrava in un primo momento dovesse essere differito al giugno 2015, come riportato dal Sole 24 Ore (il 4 dicembre 2014), con un articolo pubblicato il 5 dicembre il medesimo quotidiano, nel confermare il rinvio del pagamento dell'IMU sui terreni montani, evidenzia tuttavia come il differimento non potrà protrarsi fino al prossimo giugno, a causa delle regole di contabilità europea, che non permettono di accertare nell'anno in corso un'entrata destinata a diventare effettiva così tardi, ipotizzando pertanto il differimento del termine al prossimo 26 gennaio 2015, data del resto confermata dalle dichiarazioni rese dal Sottosegretario per l'economia e le finanze Zanetti nella seduta della Commissione finanze del 10 dicembre 2014;
    la scadenza dei termini di pagamento dell'IMU sui terreni montani non più esenti dovrebbe dunque essere fissata al 26 gennaio 2015 (senza spostare tuttavia la scadenza del saldo IMU sui terreni agricoli che già pagavano l'imposta secondo le regole precedenti);
    tale scadenza ravvicinata, evidenziata anche dalla Ragioneria generale dello Stato, stabilita per rivedere l'intera disciplina fiscale in materia e distinguere con criteri più razionali i terreni agricoli paganti da quelli esenti (il cui riordino potrebbe essere retroattivo), avrebbe la conseguenza che i pagamenti di gennaio potrebbero tuttavia essere considerati «provvisori» o che successivamente si potrebbe procedere con i rimborsi (o conguagli) una volta decisi i criteri definitivi;
    la richiamata decisione di rinvio, intrapresa per evitare una serie di evidenti Pag. 74difficoltà che si sarebbero manifestate per una vasta platea di soggetti contribuenti agricoli proprietari terrieri, non sembra tuttavia essere in grado di portare a una conclusione definitiva dell'annosa questione, ancor più a seguito delle intenzioni iniziali del Governo, che si sono tuttavia scontrate con le regole contabili, di stabilire una proroga finora a giugno;
    la riscrittura dei parametri di esenzione IMU per i terreni agricoli montani, che causerebbe la perdita dell'esenzione totale per i terreni ubicati in oltre 2.000 comuni, risulta infatti necessaria per recuperare una cifra pari a 350 milioni di euro, che lo Stato ha già utilizzato a coperture del cosiddetto «bonus-IRPEF» disposto dal citato decreto legge n. 66 del 2014;
    il nuovo obbligo di pagamento, pertanto, si trasformerebbe in una riduzione del trasferimento del medesimo importo per gli stessi enti locali, impegnati a recuperare le risorse dai nuovi soggetti agricoli contribuenti ai fini IMU;
    a tal fine, la proroga potrebbe rinviare il pagamento ma non il taglio dei trasferimenti operato sui comuni, che altrimenti determinerebbe uno squilibrio nei conti pubblici; conseguentemente, le amministrazioni comunali dovrebbero poter iscrivere nel bilancio in modo «convenzionale» un'entrata che si manifesterebbe solo successivamente;
    come riporta il citato articolo di stampa, il suesposto meccanismo contabile prevederebbe che i comuni imputino al loro bilancio 2014 il maggior gettito, derivante dal nuovo regime di esenzione IMU dei terreni agricoli montani, incassato entro il prossimo mese di gennaio, per consentire che il gettito derivante da tale entrata fiscale sia considerato nel bilancio consolidato che l'Italia presenterà in sede europea;
    tale procedura risulta peraltro analoga a un precedente, avvenuto di recente, riconducibile alla cosiddetta «mini-IMU» e alla maggiorazione TARES, i cui pagamenti furono richiesti ai contribuenti nel gennaio del 2014, in quanto la relativa entrata era stata contabilizzata nell'anno precedente;
    tale vicenda conferma, anche in questa occasione, la confusione procedurale e le contraddizioni, complessità e ambiguità del sistema tributario e degli adempimenti fiscali, riconducibile sia alla continua introduzione di nuovi tributi, sia, in particolare, al fatto che il decreto interministeriale contenente i criteri impositivi e la scadenza per il pagamento da parte dei contribuenti soggetti all'IMU sui terreni montani è stato pubblicato in tempi talmente ravvicinati alla scadenza stessa da disorientare in modo inaccettabile gli stessi soggetti su cui grava l'imposta;
    si pone inoltre il problema di quale sia dell'aliquota applicabile ai terreni agricoli montani non più esenti, nei tanti comuni che non l'hanno mai fissata in precedenza (in quanto i terreni agricoli montani rientranti nel perimetro geografico di loro pertinenza erano esenti), e se in questi casi sia applicabile l'aliquota standard del 7,6 per mille;
    il quadro d'incertezza complessivamente esposto rileva pertanto l'esigenza di procedere in tempi rapidi e certi a una complessiva rivisitazione della normativa fiscale sui terreni agricoli precedentemente esentati dall'IMU, evitando di procedere in merito solo sulla base dell'esigenza di «fare cassa», colpendo un settore, l'agricoltura, particolarmente rilevante per la crescita del prodotto interno lordo;
    appaiono a tal fine quanto mai urgenti e necessarie correzioni normative in materia, sia nei riguardi dell'ampia platea di proprietari terrieri e agricoltori direttamente interessati dal pagamento dell'IMU (i quali dopo circa un ventennio di esenzione dovranno versare l'imposta alle amministrazioni locali coinvolte), sia nei confronti dei 3.524 comuni, fino ad oggi considerati «montani», i cui terreni agricoli sono esenti dall'IMU, sia nei riguardi Pag. 75di alcune aree dei 652 comuni ritenuti invece «parzialmente montani»;
    nell'attuale congiuntura negativa, caratterizzata dalla persistente crisi economica e finanziaria nel Paese, dalla crescita irrilevante, dalla domanda interna estremamente debole, l'introduzione di un'ulteriore imposta nei confronti del settore agricolo, già interessato negativamente da decisioni normative penalizzanti introdotte nel 2014, risulta pertanto iniqua oltre che irragionevole, considerato che violerebbe ancora una volta il principio stabilito dallo «Statuto dei diritti del contribuente» in base al quale le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti, la cui scadenza sia fissata prima del sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore o dell'adozione dei provvedimenti di attuazione in esse previsti;
    a tal fine occorre rivedere l'intero impianto normativo introdotto dall'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, che individua i comuni nei confronti dei quali, si applica il regime di esenzione dell'IMU per i terreni agricoli montani, prevedendo misure compensative in favore dei comuni, nonché sopprimendo in via definitiva il medesimo tributo nei confronti di tali aree agricole, che determinerebbe riflessi economici e produttivi particolarmente dannosi,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per prevedere una revisione dei criteri di applicazione dell'esenzione dall'IMU per le aree agricole montane e collinari interessate, rendendoli più equi ed equilibrati, attraverso l'eliminazione della scelta dell'altimetria della casa comunale quale unico criterio di distinzione, che penalizza gravemente i terreni, ed in particolare quelli collinari e montani, caratterizzati da rilevanti dislivelli.
(8-00095) «Sandra Savino, Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Alberto Giorgetti, Laffranco, Francesco Saverio Romano».

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ALLEGATO 8

7-00547 Pagano: Modifiche al regime IMU dei terreni agricoli montani.

TESTO APPROVATO DELLA RISOLUZIONE

  La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014 ha modificato in termini riduttivi il regime di esenzione IMU dei terreni agricoli, demandando a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione dei comuni nei quali applicare le nuove regole sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'ISTAT e diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali e gli altri;
    la disposizione ha incontrato l'immediata opposizione di tutto il mondo agricolo e di parte delle forze politiche della stessa maggioranza per i seguenti motivi:
    in primo luogo la norma demanda a una classificazione dei comuni montani fissata dall'ISTAT, diversa da quelle precedenti e a forte contenuto di arbitrarietà; le leggi sulla montagna (dalla legge n. 991 del 1952 alla legge n. 97 del 1994), consideravano invece montani i comuni situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non fosse minore di 600 metri;
    tale metodologia era stata mantenuta nella riclassificazione del 1993 (Circolare del 14 giugno 1993, n. 9, del Ministero delle finanze), che faceva riferimento alla legge n. 984 del 1977, di tutela dei territori montani e collinari: sulla base di tale precedente normativa erano considerati totalmente montani 3.533 comuni, e parzialmente montani 655 comuni;
    sulla base invece del criterio adottato dall'ISTAT, fondato sull'altitudine del «centro» del comune (cioè della casa comunale), i comuni montani con un'altezza di più di 600 metri sono 1.578, quelli collinari, posti tra 281 e 600 metri, sono 2.568, i comuni con altitudine fino a 280 sono 3.911: pertanto, rispetto alla precedente classificazione oltre 4.000 comuni vedono ora modificata la tassazione IMU dei rispettivi terreni agricoli;
    nella maggior parte dei comuni di montagna la casa comunale è posta a fondovalle; pertanto, la sua altitudine – assunta dall'ISTAT a riferimento per la classificazione statistica dei comuni – non può costituire un indice idoneo a definire la natura «montana» di un comune, a maggior ragione se tale definizione è posta a fondamento di un trattamento fiscale differenziato per i contribuenti; l'unilateralità di tale criterio, oltre ad aver escluso ingiustificatamente un gran numero di comuni montani, ha prodotto anche il paradosso per cui comuni limitrofi, situati alla stessa altitudine, si trovano a dover applicare un regime di tassazione diverso;
    oltre a ciò, il nuovo criterio, basato esclusivamente sul valore altimetrico, non tiene in alcun conto (come invece era stato correttamente stabilito dall'articolo 29 della legge n. 142 del 1990, che demandava alle regioni la definizione di aree montane) le specificità dei diversi territori, la redditività delle colture, l'isolamento e Pag. 77del ritardo di sviluppo di talune aree del Paese;
    in secondo luogo, per quanto riguarda l'impatto della revisione del regime di esenzione dall'IMU sul comparto agricolo, la norma del decreto-legge n. 66 del 2014 ha previsto un maggior gettito di 350 milioni di euro a decorrere dal 2014, con corrispondente riduzione dei trasferimenti ai comuni del Fondo di solidarietà comunale 2014;
    ciò determina pertanto una stortura di fondo, in quanto l'esenzione IMU non è più commisurata alla realtà economica, ma alle esigenze di maggior gettito: per tali motivi sia l'ANCI e le principali organizzazioni agricole, sia esponenti del Governo, hanno espresso la loro forte contrarietà a una disposizione che già precedentemente, per volontà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali pro tempore, era stata soppressa dalla legge di stabilità per il 2014;
    in tale contesto di criticità appare ulteriormente grave il ritardo con cui è stato emanato il decreto interministeriale applicativo del citato articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 66 del 2014: infatti tale decreto è datato 28 novembre ed è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2014, cioè a distanza di soli 10 giorni dalla data entro la quale i contribuenti erano tenuti a effettuare il versamento, laddove l'articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) prevede non solo che le disposizioni tributarie si dovrebbero applicare a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono, ma anche che non si dovrebbero prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data di adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti;
    tali previsioni a tutela del contribuente assumono assai maggior rilievo ove si consideri che le basi di calcolo dell'IMU agricola dipendono non solo dalla consistenza complessiva della base imponibile di ciascun comune, ma anche dalle caratteristiche soggettive del possessore e dell'utilizzatore e dalla dimensione delle proprietà;
   con il decreto-legge 16 dicembre 2014, n. 185, recante «Disposizioni urgenti in materia di proroga dei termini di pagamento IMU per i terreni agricoli montani», i termini per il versamento dell'IMU 2014 sui terreni agricoli sono stati spostati dal 16 dicembre 2014 al 26 gennaio 2015: l'originaria intenzione di spostare il pagamento al giugno 2015 è stata frustrata dalle regole contabili comunitarie, che dettano limiti in materia di accertamento di entrate e di effettivo incasso in corso d'anno;
    le previsioni del citato decreto-legge n. 185 appaiono tuttavia del tutto insufficienti a risolvere le problematiche esposte;
    l'agricoltura italiana è uno dei comparti più dinamici dell'economia nazionale e la sua vitalità sta avendo effetti estremamente positivi sulla bilancia commerciale e sull'occupazione; nell'attuale fase economica depressiva il comparto agricolo nazionale sta quindi svolgendo una rilevante funzione anticiclica;
    in agricoltura i terreni sono un mezzo di produzione e una bassa tassazione di questi ha effetti moltiplicativi in termini di PIL e di crescita dei livelli occupazionali; l'IMU agricola, in relazione alla quale è stato iscritto a bilancio un maggior gettito di 350 milioni di euro, si configura invece come una sorta di patrimoniale applicata, con effetti distorsivi e depressivi, a un comparto produttivo;
    il quadro appena esposto dimostra pertanto l'esigenza di procedere in tempi rapidi e certi a una complessiva rivisitazione della normativa fiscale sui terreni agricoli; le vicende connesse alla modifica dei criteri di calcolo dell'IMU sui terreni agricoli è indicativa di come la tassazione possa essere utilizzata alternativamente per deprimere il comparto agricolo o per favorirne lo sviluppo,

Pag. 78

impegna il Governo:

ad assumere iniziative, ivi compresa l'eventuale convocazione di un «tavolo tecnico», al fine di procedere all'individuazione di modalità di tassazione dei terreni agricoli, impostata su criteri premiali quali, a titolo esemplificativo:
   a) un regime di esenzione IMU che consideri come montani i comuni situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri; tale soglia dovrà essere ridotta a 500 metri nelle aree meridionali ricomprese nell'Obiettivo convergenza comunitario e l'esenzione dovrà in ogni caso applicarsi ai terreni che singolarmente superino le suddette soglie;
   b) la possibilità, per le regioni, come precedentemente previsto dall'articolo 29 della legge n. 142 del 1990, di individuare ulteriori aree nelle quali applicare esenzioni o riduzioni dell'imposta, in funzione delle specificità dei diversi territori, della redditività delle colture, dell'isolamento e del ritardo di sviluppo;
   c) la previsione che l'esenzione IMU spettante ai coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, si applichi ai terreni da essi regolarmente condotti, purché in attualità di coltivazione, e non solo ai terreni «posseduti»;
   d) la previsione, nel caso in cui l'IMU sia dovuta, di un'aliquota ridotta per i primi anni di insediamento in favore dei giovani imprenditori agricoli;
   e) la possibilità che i comuni, sia montani sia non, con propri regolamenti possano modificare in termini premiali o sanzionatori le aliquote dell'IMU, introducendo o incrementando l'imposta a carico dei terreni agricoli lasciati incolti, fatti salvi i riposi colturali, o i terreni abbandonati, anche sotto il profilo della mancata esecuzione delle opere di tutela della pubblica incolumità o di sicurezza idrogeologica posti dalla legge a carico dei proprietari, ovvero introducendo nuove o ulteriori riduzioni in favore dei terreni in attualità di coltura o dei terreni non coltivati, ma la cui corretta conduzione costituisca presidio contro il dissesto idrogeologico.
(8-00096) «Pagano».