CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 ottobre 2014
325.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-03893 Causi: Incidenza della componente di investimenti legata all'economia reale sui risultati degli stress test effettuati sulle banche italiane.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Causi pone quesiti sui risultati del Comprehensive Assessment condotto dalla BCE. In particolare, si chiede: «quanta parte delle carenze di capitale delle banche italiane riscontrata dagli stress test effettuati dalla BCE dipenda dalla componente degli investimenti legata all'economia reale ovvero al rischio di credito delle imprese operanti in Italia e quanto dipenda dalla componente legata ad operazioni finanziarie che potrebbero essere messe in atto dagli istituti di credito italiani».
  In proposito, si fa presente, come peraltro sottolineato dall'onorevole interrogante, che il sistema bancario italiano ha confermato la propria solidità. Le banche italiane hanno saputo reagire con anticipo all'esercizio e, nonostante la difficile fase economica e la compressione della redditività, hanno avviato da tempo un importante sforzo di ricapitalizzazione, premiato dal mercato e confermato dai risultati della valutazione approfondita. Anche i residui casi di carenza di capitale, tutti riconducibili al solo scenario avverso delle prove di stress, potranno essere agevolmente assorbiti tramite ulteriori operazioni di mercato, anche grazie al grado di trasparenza e affidabilità dei bilanci bancari assicurato dal comprehensive assessment.
  La valutazione approfondita ha, altresì, evidenziato il condizionamento della situazione dell'economia reale: il sistema bancario italiano, incentrato sulla tradizionale attività bancaria, non poteva certo non risentire dallo stato dell'economia, tanto più che lo stress test in scenario avverso prevedeva una rilevante riduzione del PIL partendo da una situazione attuale già più debole rispetto agli altri Paesi. Un ruolo preponderante nei risultati lo ha sicuramente giocato l'ulteriore deterioramento dei crediti prevedibile nella situazione di shock estremo ipotizzata dall'Autorità bancaria europea.
  Sulla questione, la Banca d'Italia, sentita tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio ha comunicato che, in base alle informazioni rese pubbliche dalla BCE, alla fine del 2013 nove banche italiane presentavano potenziali carenze di capitale per complessivi 9,7 miliardi.
  Le potenziali carenze di capitale nello scenario avverso dello stress test configurano situazioni in cui l'eccesso di perdite rispetto ai ricavi che le banche registrerebbero nel periodo (2014-2016) sarebbe tale da far scendere il capitale di migliore qualità al di sotto della soglia stabilita (5,5 per cento delle attività ponderate per i rischi).
  Se si tiene conto degli aumenti di capitale perfezionati tra gennaio e settembre 2014, le potenziali esigenze di capitale interessano quattro banche (Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Vicenza, Monte dei Paschi di Siena e Carige) per un ammontare più contenuto, pari a 3,3 miliardi.
  Gli aumenti di capitale effettuati dalle banche italiane nel periodo gennaio-settembre 2014 non costituiscono però le uniche misure idonee a coprire le potenziali carenze rese note dalla BCE. Pag. 83Esistono anche altre misure di rafforzamento patrimoniale decise nel corso di quest'anno, anch'esse idonee a coprire le eventuali carenze, Tali misure, che sono connesse prevalentemente con cessioni straordinarie di attivi, con il completamento di procedure di autorizzazione all'utilizzo di modelli interni avviate da tempo e con le rimozioni di requisiti patrimoniali specifici, sono richiamate nel comunicato stampa della Banca d'Italia del 26 ottobre 2014.
  Tenendo conto di queste misure, le potenziali carenze si riducono da 3,3 a 2,9 miliardi e interessano due sole banche: Banca Carige e Banca Monte dei Paschi di Siena.
  Come emerge dai dati pubblicati dall'Autorità Bancaria Europea (EBA) sul proprio sito internet – l'86 per cento del totale delle perdite che le due banche con potenziali carenze registrerebbero nello scenario avverso dello stress test è riconducibile all'incremento dei rischi connessi con il finanziamento dell'economia reale (rischi di credito); il 9 per cento alla riduzione di valore dei titoli pubblici di proprietà delle banche (rischio sovrano); il restante 5 per cento alle perdite connesse con l'attività di trading (rischi di mercato).
  Pertanto, larghissima parte delle perdite di cui allo scenario avverso dello stress test derivano dalle esposizioni creditizie nei confronti delle imprese e della clientela privata.

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ALLEGATO 2

5-03894 Paglia: Iniziative del Governo italiano rispetto all'istituzione a livello internazionale di una tassazione sulle transazioni finanziarie.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in oggetto, l'onorevole interrogante, tenuto conto che l'Italia ha aderito insieme ad altri 10 Paesi Membri dell'Unione Europea al progetto di cooperazione rafforzata, autorizzata dal Consiglio Economia e Finanza dell'Unione europea il 22 gennaio 2012, per l'introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie, chiede di conoscere lo stato di avanzamento delle procedure negoziali preordinate all'accordo sul disegno della prima fase della tassa sulle transazioni finanziarie in termini di base imponibile, principi di tassazione, nonché volte alla definizione del processo, relativo al graduale allargamento della menzionata imposta nelle fasi successive ed alla definizione del comune impegno degli Stati per la destinazione del relativo gettito per le politiche di lotta alla povertà, di aiuto allo sviluppo e di lotta ai cambiamenti climatici a livello internazionale.
  Preliminarmente giova ricordare, che la proposta di cooperazione rafforzata sopra menzionata è stata presentata su richiesta di undici Stati membri, tra i quali l'Italia, a seguito dell'impossibilità, accertata nel 2012 dal Consiglio dell'Unione europea e dal Consiglio Europeo, di raggiungere un accordo unanime in tempi ragionevoli sulla proposta di direttiva mirante ad introdurre l'imposta in oggetto in tutti i Paesi dell'Unione.
  Come evidenziato dall'onorevole interrogante, dieci degli undici Stati cooperanti hanno sottoscritto, in occasione della riunione Ecofin del 6 maggio 2014 uno statement congiunto nel quale hanno affermato la volontà di dare vita ad un regime armonizzato di tassazione delle transazioni finanziarie attraverso il raggiungimento di un possibile accordo di compromesso entro la fine del 2014, per la successiva implementazione a partire dal 1o gennaio 2016.
  Gli Stati cooperanti hanno, inoltre, stabilito di voler implementare in maniera progressiva l'imposta in questione, allo scopo di valutarne in itinere gli impatti economici, concentrandosi in una prima fase sulla tassazione delle azioni e di alcuni strumenti derivati.
  L'Italia ha assunto la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea il 1o luglio scorso e, di conseguenza, in tal data ha iniziato a coordinare i lavori relativi al dossier in oggetto.
  È opportuno precisare che l'approvazione della proposta darebbe vita al primo esempio di cooperazione rafforzata in ambito fiscale, e che, a livello nazionale, con legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge di stabilità 2013), è già stata introdotta una forma di tassazione delle transazioni finanziarie.
  Ciò premesso, occorre segnalare che il dossier sull'imposizione in esame, per il suo carattere innovativo, è fortemente avversato da alcuni Paesi non cooperanti.
  Al riguardo, è utile ricordare che il 30 aprile 2014 la Corte di giustizia ha rigettato il ricorso del Regno Unito, motivato dalla presunta portata extraterritoriale del tributo, per l'annullamento della decisione di autorizzazione della cooperazione rafforzata, affermando che l'atto impugnato non contiene alcun elemento sostanziale della futura imposta. Il Regno Unito ha Pag. 85tuttavia preannunciato un nuovo ricorso laddove la direttiva approvata rischi di recare danno al mercato unico.
  In ragione della forte connotazione politica del dossier, della preesistenza di forme di prelievo sulle transazioni finanziarie in alcuni Paesi cooperanti e dei rischi di delocalizzazione connessi alla limitata estensione geografica della cosiddetta area FTT, formata dagli undici Paesi cooperanti, il contesto negoziale si presenta, pertanto, assai complesso.
  L'Italia, sin dalla sua presentazione, ha assunto un ruolo attivo sia per quanto riguarda la discussione della proposta sui tavoli tecnici, sia da un punto di vista politico. Assumendo la Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, pur essendosi modificato il suo ruolo istituzionale, il Governo italiano ha continuato ad attribuire grande importanza al dossier in esame, lavorando all'individuazione di possibili soluzioni di compromesso in coordinamento con le istituzioni dell'Unione interessate.
  In particolare, gli sforzi della Presidenza si concentrano attualmente sulla definizione del campo di applicazione dell'imposta nella prima fase di implementazione, alla luce dello statement congiunto di maggio, e del principio di tassazione da applicare.
  Con riferimento al campo di applicazione dell'imposta, sono stati fatti progressi rispetto all'individuazione delle tipologie di azioni da assoggettare a tassazione. La Presidenza sta inoltre lavorando per facilitare il raggiungimento di un consenso sull'individuazione degli strumenti derivati da assoggettare a tassazione nella prima fase di applicazione dell'imposta.
  Con riguardo alla scelta del principio di tassazione da utilizzare, è emerso un largo consenso tra gli Stati cooperanti per l'utilizzo combinato dei principi del luogo di residenza delle parti e del luogo di emissione dello strumento, sebbene non sia stato ancora raggiunto un accordo circa le modalità di interazione di tali principi.
  Al prossimo Consiglio dei ministri economici e finanziari (ECOFIN) del 7 novembre 2014 il dossier sulla nuova imposta figurerà in agenda per una valutazione dello stato dell'arte delle discussioni.
  Inoltre, deve precisarsi che, come anzidetto, l'attenzione degli Stati è attualmente concentrata sulla definizione degli elementi strutturali dell'imposta; pertanto non è stata ancora avviata una discussione sostanziale sulla destinazione del gettito, che, sulla base dell'idea originaria della Commissione, avrebbe dovuto dar vita ad una nuova risorsa propria dell'Unione europea.
  Infine, il Dipartimento del tesoro fa presente che ferma è la posizione di escludere la tassazione degli scambi di titoli di Stato sul mercato secondario, tanto dalla prima fase, quanto in futuri possibili allargamenti dell'ambito di applicazione della tassa, e di escludere, altresì, tutte le transazioni che possano avere impatti sul mercato dei titoli di Stato stessi.
  Ciò al fine di salvaguardare i relativi collocamenti, evitando gli incrementi dei tassi di interesse che sarebbero causati dall'incidenza della tassa stessa. Infatti, essa graverebbe in definitiva sull'emittente, anche riducendo la liquidità e l'efficienza del mercato secondario.

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ALLEGATO 3

5-03895 Pesco: Iniziative per garantire la trasparenza della società CRIF Spa nella gestione dei sistemi di informazione creditizia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Pesco, nel richiamare la composizione societaria della società CRIF, chiede se non si ritenga opportuno assumere iniziative normative «volte a garantire una maggiore chiarezza e trasparenza delle società che gestiscono sistemi di informazione creditizia come la Crif spa, considerato anche il ruolo svolto nella gestione e conservazione dei dati sensibili della clientela finanziaria a volte, a quanto pare, acquisiti senza consenso».
  Per quanto riguarda il riferimento contenuto nell'interrogazione in ordine alla composizione societaria della società CRIF S.p.A., si fa presente che nessuna informazione è pervenuta a questa Amministrazione in ordine a eventuali criticità riguardanti i citati assetti proprietari, considerato che trattasi di una società privata di diritto comune.
  Anche in sede europea non sono emerse linee normative in materia; le riflessioni in corso a livello nazionale e comunitario (in particolare nell'ambito della discussione sulla proposta di regolamento in materia di protezione dei dati personali) riguardano semmai il trattamento e le finalità dell'uso dei dati.
  Sulla questione, la Banca d'Italia, sentita tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, ha comunicato che le questioni sollevate nell'atto parlamentare in esame riguardano i sistemi di informazioni creditizie privati (SIC), i quali esulano dai profili di competenza della stessa, atteso che quest'ultima gestisce unicamente il servizio centralizzato dei rischi (CR) disciplinato dalla delibera del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio del 29 marzo 1994 (ora decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 663, 11 luglio 2012), assunta ai sensi degli articoli 53, 67 e 107 del Testo Unico Bancario.
  Con specifico riferimento a quanto segnalato nell'interrogazione circa la possibilità che «la gestione e conservazione dei dati» della clientela finanziaria avvengano «senza consenso», ha precisato che i suddetti sistemi di informazioni creditizie sono disciplinati dal «Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti (in Gazzetta Ufficiale 23 dicembre 2004, n. 300, cosiddetto «codice deontologico»), emanato ai sensi dell'articolo 117 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (cosiddetto «codice privacy»).
  Ai sensi degli articoli 23 e 4, lettera b), codice privacy, il trattamento dei dati personali delle persone fisiche è subordinato al consenso dell'interessato; inoltre, il suddetto codice deontologico reca in calce un «Modello unico di informativa» finalizzato ad informare il titolare dei dati anche con riferimento alla manifestazione del consenso.

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ALLEGATO 4

5-03896 Sberna: Iniziative per superare i rilievi della Corte di Giustizia europea in merito al sistema di tassazione italiano delle vincite realizzate in case da gioco.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame, gli onorevoli interroganti, tenuto conto della recente sentenza del 22 ottobre 2014 della Corte di giustizia dell'Unione europea, segnalano talune criticità connesse alla tassazione delle vincite sui giochi. In particolare, nella citata sentenza si fa riferimento al fatto che le vincite realizzate in case da gioco situate in Italia sono esonerate dall'imposta sul reddito in quanto la ritenuta sulle vincite è compresa nell'imposta sugli intrattenimenti, mentre le vincite da giochi d'azzardo conseguite in case da gioco stabilite all'estero sono considerate come redditi e dunque assoggettati all'imposta sul reddito. Ciò determinerebbe, dunque, una restrizione discriminatoria della libera prestazione di servizi all'interno dell'Unione europea in quanto i giocatori d'azzardo sarebbero dissuasi dallo spostarsi in un altro Stato membro per non assoggettare le eventuali vincite a tassazione ed, inoltre, tale normativa risulterebbe incoerente con l'importante obiettivo della lotta alla ludopatia.
  Ciò premesso, gli onorevoli interroganti, alla luce della citata sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, chiedono di sapere quali iniziative normative il Governo intenda adottare nel sistema di tassazione dei giochi in Italia tenuto conto, altresì, dell'impegno della lotta alla ludopatia.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si fa presente che è stata predisposta una proposta normativa finalizzata a risolvere le riscontrate criticità sui piano della compatibilità della normativa interna con quella europea, attualmente all'esame della Commissione europea.
  Detta proposta prevede l'applicazione anche alle vincite conseguite in case da gioco degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, così come avviene per le vincite conseguite in case da gioco italiane.
  Per quanto attiene, invece, l'auspicio di rendere coerente l'impegno della lotta alla ludopatia al sistema di tassazione dei giochi, è opportuno rappresentare che l'attenzione del Governo verso questo problema resta alta, al punto che nel disegno di legge di stabilità per l'anno 2015 l'articolo 14, comma 1, prevede che nell'ambito delle risorse destinate al finanziamento del servizio sanitario nazionale, a decorrere, dall'anno 2015, una quota pari a 50 milioni di euro sia annualmente destinata alla cura delle patologie connesse alla dipendenza dal gioco d'azzardo.

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ALLEGATO 5

5-03897 Sottanelli: Esclusione delle spese di notifica per le cartelle di pagamento dei tributi notificate attraverso la posta elettronica certificata.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'onorevole interrogante, considerando che le cartelle di pagamento contengono, oltre al dettaglio dei tributi da pagare, anche una voce fissa denominata «diritto di notifica», pari a 5,88 euro a carico del contribuente e che tale voce consisterebbe nel rimborso delle spese di notifica «ossia quelle postali sostenute dal soggetto notificante (l'agente della riscossione)», chiede di sapere se, nel caso di invio delle cartelle in parola mediante posta elettronica certificata (PEC), il suddetto diritto venga comunque applicato e, nell'ipotesi affermativa, non si ritenga opportuno evitare di addebitare le spese di notifica.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Ai sensi dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, la cartella può essere indifferentemente notificata:
   a) dagli ufficiali della riscossione;
   b) da altri soggetti abilitati dall'agente della riscossione nelle forme previste dalla legge;
   c) previa eventuale convenzione con il comune, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale;
   d) mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento;
   e) con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all'indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge.

  A norma dell'articolo 17, comma 7-ter del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, a prescindere dalle modalità con cui la notifica viene eseguita: «Le spese di notifica della cartella di pagamento sono a carico del debitore nella misura di lire seimila; tale importo può essere aggiornato con decreto del Ministero delle finanze».
  Con decreto ministeriale del 13 giugno 2007, l'importo di riferimento è stato rideterminato nell'attuale misura di euro 5,88.
  Giova osservare che nelle premesse del decreto si legge testualmente: «Considerato che il compenso spettante per le attività di notifica degli atti delle pubbliche amministrazioni, rideterminato nella misura di euro 5,88 con il citato decreto, appare congruo anche per la copertura dei costi derivanti dall'attività di notifica delle cartelle di pagamento effettuata dagli agenti della riscossione; ... omissis».
  Appare, pertanto, evidente come si sia inteso ristorare le amministrazioni non già delle mere spese vive sostenute per effettuare la notifica della singola cartella, bensì dei costi complessivi delle attività di notifica delle cartelle di pagamento, inclusi quelli riferibili all'intero processo di gestione della notifica stessa, gravanti sulle medesime, liquidando un importo forfettariamente determinato.Pag. 89
  Occorre, al riguardo, tener conto che il perfezionamento della notificazione può richiedere più di un tentativo, da effettuarsi, per il relativo buon fine, anche con modalità tra loro alternative, con conseguente incremento dei costi predetti.
  È, comunque, all'attenzione del Governo la necessità di implementare l'utilizzazione delle nuove tecnologie nei processi di notificazione delle cartelle di pagamento in modo da conseguire, oltre ad una accresciuta efficienza e rapidità dei procedimenti, una indubbia maggiore economicità con conseguente riduzione dei costi complessivi a beneficio anche dei contribuenti.

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ALLEGATO 6

5-03898 Gebhard: Applicazione delle misure di sospensione del pagamento dei tributi in favore delle aree del Piemonte colpite dai recenti eventi alluvionali a tutti i comuni indicati nell'elenco ufficiale inviato dalla Regione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame, gli onorevoli interroganti, tenuto conto dei violenti nubifragi che hanno interessato le regioni Liguria e Piemonte nel mese di ottobre 2014, causando ingenti danni economici alle infrastrutture, alle attività economiche, agricole e produttive nonché ad abitazioni private ed edifici pubblici, chiedono al Governo l'estensione della sospensione dei termini dei versamenti ed adempimenti tributari scadenti nel periodo compreso tra il 10 ottobre ed il 20 dicembre 2014, di cui al decreto ministeriale 20 ottobre 2014, a quei comuni della regione Piemonte indicati nell'elenco ufficiale e definitivo inviato dalla medesima regione, e non inclusi nell'elenco allegato al menzionato decreto.
  Al riguardo, sentiti gli uffici competenti dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  A seguito della determinazione del Consiglio dei ministri presa nel corso della seduta del 15 ottobre 2014, con decreto del Ministro delle finanze 20 ottobre 2014 è stata disposta, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la sospensione dei termini dei versamenti ed adempimenti tributari scadenti nel periodo compreso tra il 10 ottobre ed il 20 dicembre 2014, in favore dei soggetti residenti nei comuni delle regioni Liguria, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Friuli-Venezia Giulia colpiti dagli eventi alluvionali.
  L'elenco dei comuni interessati allegato al decreto è stato trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ed è stato predisposto a cura del competente Dipartimento della protezione civile.
  Si ritiene, pertanto, che ai fini di una eventuale integrazione del provvedimento già adottato debba essere seguito il medesimo iter volto ad accertare la sussistenza dei relativi presupposti di eccezionalità ed imprevedibilità.

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ALLEGATO 7

5-03899 Busin: Misure per garantire il pagamento della tassa sui rifiuti solidi urbani da parte dei cittadini morosi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato in esame, l'onorevole interrogante intende conoscere quali iniziative possono essere intraprese al fine di rendere certa l'esigibilità del tributo sui rifiuti da parte dei cittadini morosi, in particolare dei cittadini stranieri.
  A tal fine, l'onorevole interrogante propone l'adozione di una serie di misure, in particolare quelle dirette a prevedere la responsabilità:
   in solido del proprietario dell'immobile, abbinata alla preclusione dell'iscrizione all'anagrafe comunale per la permanenza in Italia per un periodo superiore ai tre mesi;
   dello Stato di appartenenza del cittadino moroso in relazione al pagamento del tributo evaso.

  In proposito, sentiti i competenti Uffici dell'amministrazione, si rappresenta quanto segue.
  Occorre, in primo luogo, precisare che non appare, in ogni caso possibile, addossare allo Stato estero o al proprietario dell'immobile l'onere del versamento di un tributo che è direttamente collegato alla fruizione del servizio reso dal comune. Tale misura, oltre a deresponsabilizzare ulteriormente il fruitore del servizio, sarebbe difficilmente inquadrabile nell'ordinamento costituzionale, in quanto non sarebbe rispondente al principio della capacità contributiva, di cui all'articolo 53 della Costituzione.
  Vale la pena, inoltre, di ricordare che nell'ordinamento interno è presente, oltre ai rimedi ordinari, anche quello che consente all'ente locale di esplicare azioni esecutive in ciascuno Stato membro della UE nei confronti dei cittadini stranieri che versano nelle anzidette condizioni e che non si trovano più in Italia.
  Si fa riferimento, tra gli altri, ai seguenti strumenti normativi contenuti nella Direttiva 16 marzo 2010, n. 24, relativa all'assistenza reciproca in materia di recupero crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure – che costituisce l'unica base per il recupero dei crediti e l'adozione di misure cautelari in ambito comunitario – nel relativo Regolamento di esecuzione (UE) n. 1189/2011 della Commissione del 18 novembre 2011 e nel decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 149, di attuazione della citata Direttiva 2010/24/UE.
  All'articolo 1 della citata Direttiva viene fissato l'ambito applicativo entro cui può essere esperita la procedura, tra cui i tributi di spettanza degli Stati e delle sue ripartizioni territoriali o amministrative.
  La TARI, dunque, in quanto tributo di competenza dei comuni, rientra nell'ambito di applicazione della disciplina della mutua assistenza per il recupero crediti.

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ALLEGATO 8

5-03900 Sandra Savino: Proroga dei termini per l'emanazione dei regolamenti comunali sulla TARI.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in esame, gli onorevoli interroganti, tenuto conto che molti comuni a causa delle complessità riscontrate nei meccanismi di calcolo e di applicazione delle aliquote della nuova tassa sui rifiuti (TARI), non hanno provveduto nei termini ad adottare i provvedimenti quali l'approvazione del piano finanziario per la gestione del servizio dei rifiuti ed il regolamento e le tariffe della menzionata tassa, chiedono un'ulteriore proroga dei termini per gli adempimenti connessi al nuovo tributo al fine di evitare che gli stessi enti locali siano sottoposti a procedure di indisponibilità finanziaria gravi e accertate, con grave pregiudizio delle comunità locali amministrate.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, giova sottolineare che la TARI presenta sostanzialmente le stesse caratteristiche delle precedenti forme di prelievo sui rifiuti, vale a dire della TARES, di cui all'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in vigore per l'anno 2013, della cosiddetta TIA 1, di cui all'articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché della TIA 2, prevista, dall'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
  Ciò che accomuna tutti i prelievi menzionati, compresa la TARI, è la circostanza che essi si basano sulla stessa modalità di calcolo, prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, concernente il «Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani». A questo proposito, si deve evidenziare che il Dipartimento delle finanze ha pubblicato sul proprio sito internet le linee guida per l'applicazione della TARES, proprio per agevolare i comuni «nei meccanismi di calcolo e di applicazione delle aliquote relative al medesimo tributo».
  Ciò premesso, la questione prospettata dagli Onorevoli interroganti è conosciuta dagli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, che, effettuati gli opportuni approfondimenti, hanno allo studio una proposta di norma volta a consentire ai comuni, che non hanno istituito la TARI nel termine del 30 settembre 2014, di procedere comunque alla riscossione della tassa dovuta a fronte del servizio di gestione dei rifiuti che deve essere necessariamente reso.