CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 ottobre 2014
324.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

DL 132/14: Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile. (C. 2681 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato il disegno di legge n. 2681, di conversione in legge del decreto-legge n. 132 del 2014, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile;
   rilevato che l'articolo 1, relativo all'eventuale trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria, nella sua formulazione originaria escludeva dal proprio ambito di applicazione le cause civili in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale;
   considerato che, a seguito di una modifica introdotta nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, il medesimo articolo 1, comma 1, ammette il trasferimento alla sede arbitrale delle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il medesimo contratto abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale;
   osservato, inoltre, che l'articolo 2, comma 1, introduce una procedura di negoziazione assistita da avvocati, che si fonda su un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole le proprie controversie tramite l'assistenza di avvocati;
   rilevato che nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica si è integrata la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, lettera b), stabilendo che la procedura di negoziazione assistita, oltre a non poter riguardare diritti indisponibili, non sarà applicabile a controversie che vertono in materia di lavoro;
   considerata l'opportunità, al fine di assicurare una celere definizione delle dispute e una riduzione del contenzioso, di individuare opportune modalità per estendere alla materia del lavoro le procedure per la risoluzione in via amichevole delle controversie, ferma l'esigenza di garantire la terzietà degli operatori incaricati di assistere le parti nelle relative convenzioni e di rimettere in ogni caso alla sede giudiziaria le controversie che abbiano ad oggetto diritti indisponibili,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente osservazione:
   con riferimento alle disposizioni dell'articolo 2, che introduce una procedura di negoziazione assistita da uno o più avvocati, verifichi la Commissione di merito la possibilità di individuare forme di risoluzione in via amichevole delle controversie vertenti in materia di lavoro che salvaguardino l'esigenza di garantire la terzietà degli operatori incaricati di assistere le parti nella risoluzione delle controversie e di rimettere in ogni caso alla sede giudiziaria le controversie che abbiano ad oggetto diritti indisponibili.

Pag. 239

ALLEGATO 2

DL 132/14: Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile. (C. 2681 Governo, approvato dal Senato).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI BECHIS E ALTRI

  La XI Commissione
   esaminato per le parti di competenza il disegno di legge n. 2681, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile, approvato dal Senato;
   premesso che:
    il provvedimento è volto alla previsione di ulteriori misure per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile e mirerebbe ad introdurre nell'ordinamento disposizioni idonee a consentire, da un lato, la riduzione del contenzioso civile, attraverso la possibilità del trasferimento in sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria, e dall'altro, la promozione, in sede stragiudiziale, di procedure alternative alla ordinaria risoluzione delle controversie nel processo;
    in particolare, la risoluzione dei conflitti e delle controversie in via stragiudiziale verrebbe favorita dall'introduzione di un nuovo istituto, la procedura di negoziazione assistita da un avvocato, che si aggiunge a quelli già esistenti nell'ordinamento con finalità analoghe;
    complementari finalità di contrazione dei tempi del processo civile fondano le misure per la funzionalità del medesimo processo, quali la tipizzazione delle dichiarazioni rese al difensore, l'assegnazione al giudice del potere di adeguare il rito alla complessità della controversia, disponendo il passaggio, in presenza di cause «semplici», dal rito ordinario a quello sommario di cognizione, nonché, anche in chiave dissuasiva del contenzioso, la limitazione delle ipotesi in cui il giudice può compensare le spese del processo;
    ferma restando la necessità di provvedere ad una celere velocizzazione del processo civile con smaltimento dell'enorme arretrato, le misure adottate appaiono flebili e confusionarie;
    viceversa risulterebbe opportuna una seria e organica riforma del processo civile con particolare riferimento al processo del lavoro; e proprio in riferimento a ciò che è materia della presente sede consultiva, all'articolo 1, relativo al trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria, viene previsto che nelle cause civili dinanzi al tribunale o in grado d'appello pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, le parti con istanza congiunta, possano richiedere di promuovere un procedimento arbitrale;
    il giudice, in questi casi, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell'ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale. Il principio secondo il quale venga attribuita ad un ordine professionale tale facoltà appare già di per sé meritevole di ulteriore approfondimento e analisi, poste Pag. 240le criticità che potrebbero emergere in tema di conflitto d'interessi, ma ciò che incontra la contrarietà dei sottoscrittori del presente parere in relazione al trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria, è che tale facoltà – come si evince all'articolo 1 del provvedimento in esame- venga consentita altresì: « nelle cause vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva, quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale.»;
    si ritiene che la detta previsione da un lato sfugga alla stringente necessità di una acconcia riforma del processo del lavoro, dall'altro, affidando ad un collegio di arbitri la trattazione di delicate posizioni che ineriscono i diritti e doveri di lavoratori e parti datoriali, indebolisce il sistema delle tutele e dei diritti nel mercato del lavoro, ponendosi come strumento improprio alla regolazione del contenzioso in materia giuslavoristica,
   esprime

PARERE CONTRARIO

  Bechis, Cominardi, Rizzetto, Ciprini, Chimienti, Tripiedi, Rostellato, Baldassarre.

Pag. 241

ALLEGATO 3

5-03847 Baruffi e altri: Andamento dei licenziamenti individuali dopo l'entrata in vigore della legge n. 92 del 2012.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo degli onorevoli Baruffi ed altri con il quale si chiede di conoscere i dati relativi all'andamento dei licenziamenti individuali, delle procedure di conciliazione prima e dopo l'entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 (cosiddetta riforma Fomero) e dei relativi procedimenti contenziosi, faccio presente che al fine di monitorare l'effettiva implementazione della riforma sull'efficienza del mercato del lavoro, la legge n. 92 del 2012 ha previsto l'istituzione di un Sistema di monitoraggio e valutazione della riforma che consente l'analisi delle tendenze in atto sul mercato del lavoro, nonché degli effetti provocati dalla riforma e dai successivi aggiustamenti sulle normative vigenti. Tale sistema di monitoraggio coordinato dal Ministero che rappresento si avvale di un Comitato tecnico e un Comitato scientifico attualmente in fase di rinnovo.
  Con specifico riferimento ai quesiti formulati nel presente atto parlamentare, fornisco – nelle 6 tabelle che metto a disposizione della Commissione – i dati oggetto dell'interrogazione.
  Per quanto riguarda il primo quesito, la tabella 1 mostra in particolare i dati relativi:
   ai licenziamenti individuali verificatisi annualmente e disaggregati tra le diverse fattispecie, ovvero per giusta causa, giustificato motivo soggettivo e giustificato motivo oggettivo, e prima e dopo la cosiddetta riforma Fornero. Dai dati risulta che nell'anno 2013 i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo sono stati circa 720 mila a fronte dei circa 830 mila del 2012, i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo sono stati circa 20 mila nel 2013 a fronte dei 25 mila nel 2012 e i licenziamenti per giusta causa sono stati circa 73 mila a fronte dei circa 86 mila del 2012.

  Per quanto riguarda il secondo quesito, la tabella 2 mostra in particolare i dati relativi al numero delle procedure di conciliazione preventiva che la cosiddetta riforma Fornero ha reso obbligatoria nel caso di licenziamenti per giustificato motivo oggettivo intimati da imprese con più di 15 dipendenti. Prima della riforma Fornero le richieste di procedura di conciliazione erano poco meno di 2.000. Successivamente, e dunque già a partire dal secondo semestre 2012, tali procedure di conciliazione sono divenute circa 10 mila per semestre – 8.500 nell'ultimo semestre del 2014 –, con esiti positivi intorno al 50 per cento circa.
  Per quanto riguarda il terzo quesito, le tabelle 3, 4 e 5 – fornite dal Ministero della giustizia – mostrano in particolare i dati relativi ai procedimenti giurisdizionali in materia di licenziamento definiti nei 2012 e 2013, distinti per tipo di licenziamento ed esito, ed i procedimenti in materia di licenziamento iscritti presso le Corti d'appello ed i tribunali ordinari nel 2013 e nel primo semestre 2014.
  Rimandando per il resto alla lettura dei dati mi limito a segnalare che nel 2013 più della metà delle controversie in materia di licenziamento risulta definito in via conciliativa.
  Nella tabella 6, invece, sono riportati i dati relativi alla durata media in giorni Pag. 242della fase sommaria dei procedimenti Fornero celebrati presso i tribunali di Bari, Bologna, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia nel periodo settembre 2012-aprile 2014.
  Rimandando anche a questo proposito alla lettura dei dati, segnalo che nel complesso il tempo di definizione dei procedimenti risulta abbastanza contenuto.

Pag. 243

Pag. 244

Pag. 245

Pag. 246

Pag. 247

Pag. 248

Pag. 249

ALLEGATO 4

5-03848 Tripiedi e altri: Sospensione dal servizio di due dipendenti della Trotta Bus Service.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato ispettivo presentato dagli onorevoli Tripiedi e altri, si chiede di conoscere se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda assumere iniziative di carattere normativo per tutelare il diritto di opinione e la libertà di manifestazione del pensiero anche sul posto di lavoro, nonché per prevenire e contrastare qualsiasi forma di discriminazione e ritorsione nei confronti dei lavoratori, con specifico riferimento alla sospensione o al licenziamento discriminatorio.
  A tale riguardo, non si ravvisa la necessità di adottare iniziative di carattere normativo, poiché si ritiene che siano già presenti nell'ordinamento norme che tutelano i lavoratori nell'espletamento della propria libertà di espressione e di pensiero, prevenendo e contrastando ogni tipo di discriminazione o ritorsione nei loro confronti.
  Ed infatti, per quanto concerne la tutela della libertà di opinione sul posto di lavoro, viene in rilievo, anzitutto, la previsione dell'articolo 1 della legge n. 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori), che recita: «I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge».
  Inoltre, l'articolo 8 della legge citata (attualmente richiamato dall'articolo 113 del decreto legislativo n. 196 del 2003, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali) dispone: «È fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore». La previsione in esame è presidiata dalle sanzioni penali previste dall'articolo 38 della medesima legge (attualmente richiamato dall'articolo 171 del citato decreto legislativo n. 196 del 2003).
  Ulteriori disposizioni a tutela dei lavoratori avverso comportamenti discriminatori sono contenute nell'articolo 15 («Atti discriminatori») della citata legge n. 300 del 1970, in virtù del quale «è nullo qualsiasi patto od atto diretto a [...] licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale» o per altri motivi.
  Va ricordato, poi, che ai sensi dell'articolo 18, primo comma, della legge n. 300 del 1970 – anche dopo le modifiche apportate dalla legge n. 92 del 2012 (cosiddetta «legge Fornero») – il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio, ovvero perché derivante da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile (ad esempio, uno scopo ritorsivo) ordina al datore di lavoro, «imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente Pag. 250addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro».
  Occorre, infine, richiamare il decreto legislativo n. 216 del 2003, il quale reca disposizioni relative all'attuazione della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall'età e dall'orientamento sessuale, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro, in attuazione della direttiva 2000/78/CE.
  In particolare, l'articolo 2 del citato decreto legislativo fornisce le nozioni di «discriminazione diretta» e di «discriminazione indiretta». Inoltre, ai sensi dell'articolo 4 del medesimo decreto legislativo, i giudizi civili avverso gli atti e i comportamenti discriminatori di cui all'articolo 2 citato sono regolati dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, il quale prevede un rito veloce, volto ad agevolare la tutela della vittima. A tale riguardo, viene previsto, ad esempio, dal comma 4 dell'articolo 28 citato, che «quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione».

Pag. 251

ALLEGATO 5

5-03849 Di Salvo e altri: Risorse destinate al Fondo per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli onorevoli interroganti – con il proprio atto di sindacato ispettivo – richiamano l'attenzione del Governo sul finanziamento del Fondo di sostegno per le vittime di gravi infortuni sul lavoro.
  Tale Fondo, istituito con la legge finanziaria del 2007 eroga una prestazione una tantum al nucleo dei familiari superstiti dei lavoratori deceduti in conseguenza di infortuni sul lavoro.
  L'importo delle prestazioni, legato al numero dei familiari superstiti del lavoratore, è annualmente determinato con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in relazione alle risorse disponibili e all'andamento del fenomeno infortunistico.
  A tal proposito, l'INAIL invia, con cadenza annuale, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una nota tecnica di valutazione dei benefici distinta per ciascuna tipologia di nucleo familiare.
  Le risorse destinate al Fondo in parola sono passate dai 2,5 milioni di euro del 2007 ai 10 milioni del 2010.
  Successivamente, tuttavia, a causa del generale processo di razionalizzazione delle risorse e di contenimento della spesa pubblica, la dotazione del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul lavoro ha subìto una forte riduzione dello stanziamento di bilancio.
  Le riduzioni del Fondo in questione sono state, tuttavia, parzialmente compensate dagli importi derivanti da eccedenze di gestione, realizzatesi negli esercizi precedenti e assegnati al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali rendendo così possibile l'erogazione dei benefici ai familiari delle vittime di infortuni sul lavoro.
  Inoltre – nel ricordare che l'ultima relazione annuale dell'INAIL evidenzia una tendenziale diminuzione degli infortuni sul lavoro – voglio sottolineare il costante impegno del Governo e in particolare del Ministero che rappresento per la tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro al fine di prevenire e contrastare ogni forma di illegalità e garantire a tutti la possibilità di lavorare senza ledere i diritti fondamentali alla vita e alla salute.
  Voglio da ultimo assicurare l'attenzione del Governo sulla necessità di garantire continuità alle misure di sostegno per i familiari delle vittime promuovendo ogni opportuna iniziativa volta a favorire la copertura finanziaria del Fondo in argomento, valutando eventualmente una diversa ripartizione tra capitoli da operare nell'ambito della legge di bilancio per l'esercizio finanziario 2015.

Pag. 252

ALLEGATO 6

5-03850 Prataviera e Molteni: Riconoscimento della Cassa integrazione guadagni straordinaria per i lavoratori delle Maglierie Manufat di Inverigo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli onorevoli interroganti – con il presente atto parlamentare – chiedono di conoscere le motivazioni che impediscono l'adozione del provvedimento di concessione della Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) in favore dei lavoratori della società Maglierie Manufat Srl di Inverigo (CO).
  A tal proposito rappresento che lo scorso 3 aprile la Società, a seguito della sentenza del Tribunale di Como che ne ha dichiarato il fallimento, ha presentato istanza di concessione di CIGS per il periodo 4 novembre 2013/3 novembre 2014 in favore di tutti i sessanta dipendenti occupati.
  Nel corso dell'esame istruttorio, i competenti uffici del Ministero che rappresento, non avendo riscontrato nella documentazione prodotta dal curatore fallimentare né l'esistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività lavorativa né prospettive di salvaguardia anche parziale dei livelli di occupazione, hanno comunicato alla Società lo scorso 17 settembre i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza.
  Ricordo, infatti, che l'articolo 3 della legge n. 223 del 1991 stabilisce che, nei casi di dichiarazione di fallimento, il trattamento straordinario di integrazione salariale è concesso ai lavoratori delle imprese soggette alla disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
  Faccio presente, inoltre, che il curatore fallimentare, in occasione dell'incontro svoltosi presso gli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo scorso 2 ottobre, ha assicurato la produzione di documentazione idonea a superare i predetti motivi ostativi.
  Tale documentazione, pervenuta ai competenti uffici lo scorso 17 ottobre è attualmente in corso di valutazione.
  In conclusione, nel precisare che il ritardo lamentato nel presente atto parlamentare non è ascrivibile agli uffici del Ministero del lavoro, voglio comunque rassicurare i lavoratori, che attendono da tempo l'erogazione dello strumento di tutela al reddito, che l'attività istruttoria avviata dai competenti uffici del Ministero che rappresento sarà, oltre che accurata, completata tempestivamente.