CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 ottobre 2014
312.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01485 Rostellato: Disservizi nel funzionamento delle procedure informatiche relative ad agevolazioni sulle assunzioni gestite dall'INPS.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento ai disservizi verificatisi in occasione del click day INPS – del 1o ottobre 2013 – per il bonus under 30, introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 76 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99 del 2013, l'INPS, espressamente interpellata dal Ministero che rappresento, ha confermato quanto evidenziato dall'interrogante in ordine alla sussistenza, al momento dell'attivazione della procedura, di alcune anomalie tecniche che non hanno consentito ad una parte dei datori di lavoro di effettuare l'invio della domanda di ammissione al beneficio.
  L'istituto ha, tuttavia, precisato di aver provveduto a risolvere le predette anomalie già dopo un'ora dalla pubblicazione on-line del modulo di istanza, dandone tempestiva comunicazione, tramite posta elettronica, ai datori di lavoro interessati.
  L'INPS ha, altresì, reso noto di aver effettuato nei giorni successivi all'evento un monitoraggio che, per le matricole aziendali per le quali si era registrata l'anomalia, ha consentito di verificare se i datori di lavoro siano comunque riusciti ad inviare l'istanza, con conseguente ammissione al beneficio, ove spettante.
  L'INPS ha inoltre precisato che nessun altro inconveniente di natura tecnica è stato segnalato dall'utenza, al di fuori di quello appena descritto.
  Si fa presente infine, che l'istituto non ha comunicato ad oggi, l'intenzione di apportare imminenti modifiche al software attualmente in uso.

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ALLEGATO 2

5-03602 Albanella: Licenziamento collettivo dei lavoratori del centro di Palermo della società Accenture.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo dell'onorevole Albanella inerente alla situazione produttiva ed occupazionale della società Accenture outsourcing di Palermo, preliminarmente, faccio presente che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – come anche evidenziato durante la recente audizione, dello scorso 30 settembre presso la XI Commissione della Camera dei deputati, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti di lavoro presso i call center presenti sul territorio italiano – segue con molta attenzione il settore dei call center, per il quale è stato istituito uno specifico tavolo tecnico a cui partecipano oltre ai rappresentanti del Governo anche le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali.
  Nell'ambito del predetto tavolo, in particolare, è stata esaminata la possibilità di riattivare l'Osservatorio permanente al fine di dare risposte strutturali ad un settore, quale quello dei call center, caratterizzato da rapporti di lavoro precario, da un elevato numero di addetti e da una forte delocalizzazione, nonché al fine di valutare interventi normativi in grado di tutelare al meglio l'occupazione.
  Tanto premesso, con specifico riferimento alla situazione occupazionale della società Accenture outsourcing, faccio presente che – con decreto direttoriale dello scorso 17 giugno – i competenti uffici del Ministero che rappresento hanno provveduto ad autorizzare la proroga – per 12 mesi (dal 1o febbraio 2014 al 31 gennaio 2015) – del trattamento di integrazione salariale conseguente alla stipula di un contratto di solidarietà. Il predetto trattamento riguarda, in particolare, 236 unità lavorative su un organico aziendale complessivo pari a 940 unità.
  Nel rilevare che ad oggi le Parti sociali non hanno richiesto ai competenti uffici del Ministero che rappresento alcun incontro per l'esame della situazione occupazionale, faccio comunque presente che l'espletamento della eventuale fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo vedrà necessariamente coinvolta la competente Regione siciliana: ai sensi dell'articolo 4, comma 15, della legge n. 223 del 1991.
  Il Ministero dello sviluppo economico – espressamente interessato della questione per la parte di competenza – ha reso noto che lo scorso 22 settembre si è tenuto un incontro cui hanno preso parte i rappresentanti della Accenture outsourcing e della British Telecom, in qualità di committente, quelli della regione Sicilia, del comune di Palermo, nonché le organizzazioni sindacali.
  Il Ministero dello sviluppo economico ha altresì precisato che sono tutt'ora in corso le trattative tra le due società volte a garantire il rilancio del call center di Palermo, oltre che il mantenimento dei livelli occupazionali, e che le due Società stanno cercando una soluzione condivisa. Affinché le negoziazioni commerciali possano proseguire, entrambe le Società ritengono necessario il confronto con le Parti Sociali.
  A tal fine sono stati fissati alcuni incontri.
  In particolare, nell'ultimo incontro del 6 ottobre scorso, le parti hanno confermato Pag. 189le posizioni già manifestate nel corso delle trattative svolte nei giorni precedenti in sede sindacale. Più specificamente si è registrata una rigidità al momento non superabile, in temi di stretta pertinenza delle parti: costo del lavoro e mantenimento delle sedi operative per un lungo periodo di tempo. Vista l'impossibilità di registrare apprezzabili progressi, il Ministero dello sviluppo economico ha proposto un aggiornamento e si è immediatamente attivato al fine di ricercare già nei prossimi giorni possibili intese, che allontanino il rischio della mobilità per i lavoratori coinvolti.
  Ad ogni modo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è disponibile, ove necessario, ad aprire un tavolo di lavoro al fine di approfondire i dettagli della problematica in oggetto.

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ALLEGATO 3

5-03455 Gregori: Problematiche concernenti il personale della Direzione territoriale del lavoro di Roma.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'onorevole Gregori – inerente alla procedura di riorganizzazione del Servizio ispezione dei lavoro della Direzione territoriale del lavoro di Roma faccio presente quanto segue.
  Preliminarmente, è opportuno rilevare che il nuovo assetto organizzativo del Servizio ispezione del lavoro della Direzione territoriale del lavoro di Roma – delineato dall'attuale dirigenza con ordine di servizio dello scorso 6 agosto ed avente decorrenza dal 1o ottobre 2014 – mira al superamento di talune criticità relative alla precedente organizzazione, caratterizzata da un'articolazione delle Unità operative per settori merceologici.
  Tali criticità, in particolare, si sostanziavano:
   in una assegnazione del personale ai singoli settori a prescindere dagli obiettivi annualmente individuati dal Ministero che rappresento nell'ambito del Documento di programmazione dell'attività di vigilanza;
   nella disomogenea assegnazione delle pratiche, con conseguente concentrazione dei carichi di lavoro solo in alcune aree tematiche;
   nell'acquisizione, da parte degli ispettori, di una competenza circoscritta ad un determinato settore produttivo, a discapito di una competenza di insieme.

  Pertanto, con riferimento alle unità operative preposte alla vigilanza ordinaria, si è deciso di utilizzare un criterio di ripartizione non più di tipo «merceologico», cioè per settore, bensì di tipo geografico, quindi per territorio, attraverso la costituzione di tre aree (in luogo delle due prima esistenti). Sono state realizzate, dunque, le condizioni per una più efficiente programmazione ed un'attenta supervisione dell'attività dei singoli ispettori da parte del responsabile dell'unità operativa. Tale supervisione si sostanzierà, inoltre, nelle attività di supporto, di aggiornamento e di formazione.
  Voglio, inoltre, precisare che negli ambiti in cui prevale l'opportunità di mantenere una competenza specialistica, il criterio geografico è stato integrato con quello della specificità della materia di competenza, come ad esempio avviene per le verifiche dei cosiddetti cronotachigrafi.
  Per quanto concerne la vigilanza tecnica, rappresento che la nuova organizzazione porta a compimento il percorso di integrazione tra competenze tecniche e ordinarie iniziato già da alcuni anni e oramai giunto a maturazione, in modo da poter consentire la costituzione di linee operative composte da entrambe le figure ispettive.
  Pertanto, la nuova organizzazione del Servizio ispezione dei lavoro mira ad ovviare alle predette criticità fornendo un servizio calibrato sulle singole specificità territoriali che consente, nel contempo, una più equa distribuzione dei carichi di lavoro e il raggiungimento degli obiettivi prefissati in ambito centrale dal Ministero che rappresento.
  Ad ogni modo si precisa che la nuova struttura organizzativa così delineata potrà essere oggetto di modifiche da parte della dirigenza qualora, nella concreta applicazione, emergessero eventuali criticità.Pag. 191
  Per quanto concerne il quesito relativo alla vigilanza nel settore ferroviario, faccio presente che lo stesso e stato oggetto di una particolare attenzione in quanto la competente Linea di vigilanza, costituita da tre ispettori tecnici e da due ispettori amministrativi con funzioni tecniche, è direttamente coordinata dal dirigente, a significarne la valenza strategica.
  Da ultimo, con riferimento al quesito relativo all'opportunità che la procedura di riorganizzazione venga affidata ad un dirigente ad interim, mi limito a rilevare che la temporaneità di un incarico dirigenziale non pregiudica affatto il pieno esercizio delle relative funzioni e che in ogni caso il dirigente subentrante ben potrà impostare un nuovo assetto organizzativo sulla base di criteri diversi.

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ALLEGATO 4

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2-bis).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014;
   osservato che il documento registra l'evoluzione del contesto macroeconomico, che presenta tratti fortemente problematici sia per il complesso dell'Unione europea e dell'area dell'euro sia per la specifica situazione del nostro Paese;
   ricordato come il ritmo della ripresa a livello internazionale abbia segnato nel primo semestre del 2014 un graduale rallentamento, mentre per l'economia italiana, contrariamente a quanto previsto fino al periodo primaverile, la prima metà del 2014 è stata caratterizzata da una contrazione del prodotto interno lordo e dall'ingresso in una nuova fase recessiva;
   preso atto che il documento stima una contrazione del prodotto interno lordo nel corso del 2014 dello 0,3 per cento, mentre negli anni successivi i dati tendenziali registrano il ritorno su un sentiero di moderata crescita, quantificata in misura pari allo 0,5 per cento nel 2015, allo 0,8 per cento nel 2016, all'1,1 per cento nel 2017 e all'1,2 per cento nel 2018;
   rilevato come, a fronte di questo difficile contesto, la presidenza italiana dell'Unione europea abbia proposto di incentrare la strategia di intervento dell'Unione sulla crescita e sull'occupazione, mediante il rilancio degli investimenti, delle riforme e del mercato interno;
   osservato che il quadro programmatico per i futuri esercizi, che incorpora gli effetti sull'economia delle misure che saranno individuate puntualmente nell'ambito della legge di stabilità per il 2015, nonché delle riforme già adottate, ma ancora in via di attuazione a livello amministrativo e legislativo, prevede una crescita del prodotto interno lordo dello 0,6 per cento nel 2015, dell'1 per cento nel 2016, dell'1,3 per cento nel 2017 e dell'1,4 per cento nel 2018;
   considerato come, in tale ambito, si riconduce all'insieme dei provvedimenti relativi alla riforma del mercato del lavoro, incluso anche il disegno di legge delega attualmente all'esame delle Camere, un effetto di stimolo della crescita;
   preso atto che, nell'ambito del quadro macroeconomico programmatico, si prevede che il tasso di disoccupazione raggiunga il 12,6 per cento nel 2014, per poi decrescere progressivamente fino al 12,5 per cento nel 2015, al 12,1 per cento nel 2016, all'11,6 per cento nel 2017 e all'11,2 per cento nel 2018;
   segnalato che, sempre sul piano programmatico, il tasso di occupazione si manterrebbe stabile al 55,6 per cento nel 2014, mentre negli anni successivi si registrerebbe una moderata crescita, che porterebbe a raggiungere il 55,8 per cento nel 2015, il 56,1 per cento nel 2016, il 56,3 per cento nel 2017 e il 56,7 per cento nel 2018, risultati ancora distanti, tuttavia, dal target nazionale fissato per l'Italia nell'ambito della Strategia Europa 2020;
   atteso che l'indebitamento netto nell'anno 2014 si attesterà al 3 per cento del prodotto interno lordo e che, sul piano programmatico, gli obiettivi per il deficit Pag. 193pubblico continueranno a mantenersi al di sotto di tale soglia, con la previsione di un rapporto con il prodotto interno lordo pari al 2,9 per cento nel 2015, all'1,8 per cento nel 2016, allo 0,8 per cento nel 2017 e allo 0,2 per cento nel 2018;
   condivisa la scelta del Governo di rivedere gli obiettivi di bilancio, a fronte del quadro macroeconomico fortemente peggiorato, rallentando l'avvicinamento al pareggio di bilancio strutturale, alla luce della possibilità riconosciuta dalla normativa europea e dalla legislazione nazionale di riconsiderare il piano di rientro verso gli obiettivi programmatici in presenza di eventi eccezionali;
   apprezzata l'intenzione, indicata nella Nota, di avvalersi della flessibilità concessa dalle medesime normative per attuare un pacchetto di riforme strutturali, tra le quali si citano, in particolare, gli interventi sul mercato del lavoro, sull'istruzione e sugli incentivi alla ricerca;
   osservato come una ripresa stabile e duratura, sia sul piano economico che su quello occupazionale, richieda un insieme coordinato di politiche industriali ed economiche tese a rilanciare il potenziale produttivo del nostro Paese e a rafforzarne la domanda interna;
   rilevato che, come evidenziato nella relazione trasmessa al Parlamento ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, ed allegata alla Nota di aggiornamento, le misure contenute nella legge di stabilità per il 2015 produrranno un incremento dell'indebitamento netto di 0,7 punti percentuali per il medesimo esercizio finanziario, consentendo di destinare risorse pari a un massimo di 11,5 miliardi di euro a interventi finalizzati a supportare la domanda aggregata e la competitività del Paese;
   espresso apprezzamento per l'intenzione manifestata dal Governo nella medesima relazione di adottare interventi finalizzati all'incremento, in correlazione con la riforma del mercato del lavoro, degli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali (ASpI), con l'estensione della protezione garantita in caso di perdita di lavoro ed una particolare attenzione ai lavoratori più giovani; al rifinanziamento del bonus IRPEF a favore dei redditi da lavoro medio bassi per il 2015, in continuità con quanto già previsto dai provvedimenti già approvati in corso d'anno; alla riduzione del prelievo sulle imprese, anche attraverso ulteriori revisioni dell'IRAP;
   considerato che, anche alla luce delle disposizioni del disegno di legge delega in materia di lavoro, che prevedono l'universalizzazione del campo di applicazione dell'ASpI, si rende necessario lo stanziamento, nell'ambito della prossima legge di stabilità, di un congruo ammontare di risorse aggiuntive;
   ritenuto che, in questo contesto, rivestano carattere prioritario anche gli interventi volti ad accrescere la flessibilità nell'accesso al pensionamento e che sia necessario individuare, già nell'ambito della legge di stabilità per il 2015, soluzioni per le situazioni più critiche, nonché puntuali correttivi alla normativa vigente, quale, in particolare, la revisione della disciplina in materia di penalizzazioni per l'accesso al pensionamento e di accesso delle lavoratrici all'opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole del sistema contributivo;
   esaminati i contenuti della raccomandazione adottata dal Consiglio dell'Unione europea, nell'ambito del Semestre europeo 2014, in relazione al programma nazionale di riforma 2014 e al programma di stabilità 2014 dell'Italia, con particolare riferimento alla raccomandazione n. 3, in materia di efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia, alla raccomandazione n. 5, in materia di mercato del lavoro, e alla raccomandazione n. 6, in materia di istruzione e formazione, nonché le risposte a dette raccomandazioni, contenute nella Nota;
   ritenuto che, tra le misure a salvaguardia dell'occupazione, vada adeguatamente valorizzato il ricorso ai contratti di solidarietà, quale strumento volto a preservare i livelli occupazionali e a garantire Pag. 194che le professionalità acquisite sul luogo di lavoro non siano disperse in caso di crisi aziendali, riducendo altresì il ricorso alla cassa integrazione guadagni,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   provveda il Governo ad assicurare la realizzazione di interventi che si muovano nella direzione, indicata nella Nota, di promuovere una strategia a livello nazionale ed europeo incentrata sulla crescita e sull'occupazione, individuando un complesso organico di misure di politica industriale ed economica che rafforzi la competitività e la produttività delle imprese del nostro Paese e favorisca la ripresa dei consumi delle famiglie, con ciò creando le condizioni essenziali per una stabile discesa del tasso di disoccupazione;
   anche al fine di favorire il ricambio generazionale e l'incremento dell'occupazione, provveda il Governo, nell'ambito della manovra di bilancio per il prossimo triennio, ad avviare un percorso verso la definizione di un intervento strutturale che garantisca maggiore flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici, individuando prioritariamente, già nell'ambito della legge di stabilità 2015, interventi puntuali volti a fronteggiare le situazioni di maggiore criticità che interessano specifiche categorie di lavoratori, nonché specifici correttivi alla normativa vigente, quali quelli tesi ad escludere la riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici per i lavoratori che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, prescindendo dal requisito della prestazione effettiva di lavoro, nonché a riconoscere la possibilità di avvalersi dell'opzione per la liquidazione del trattamento pensionistico secondo le regole di calcolo del sistema contributivo per le lavoratrici che maturino i requisiti previsti dalla medesima disposizione entro il 31 dicembre 2015, a prescindere dalla data di decorrenza del trattamento pensionistico;
   in relazione a quanto rappresentato nella relazione presentata ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, di cui all'allegato II della Nota, sia assicurata la destinazione all'incremento degli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali di un congruo ammontare di risorse, al fine di garantire l'universalizzazione del campo di applicazione dell'ASpI, in linea con le previsioni della legge delega in materia di lavoro all'esame delle Camere;
   al fine di promuovere la creazione di un'occupazione stabile e di qualità, si individuino misure atte a promuovere, anche sul piano fiscale e contributivo, la costituzione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nonché a rafforzare il ricorso al contratto di apprendistato come forma tipica per l'accesso al mondo del lavoro;

  e con la seguente osservazione:
   con riferimento alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea in materia di mercato del lavoro, si valuti l'esigenza di:
    a) effettuare un monitoraggio circa gli effetti del quadro di contrattazione salariale sulla creazione di posti di lavoro e sulla competitività di costo;
    b) procedere nella direzione di un potenziamento del legame tra le politiche attive e passive del lavoro, al fine di promuovere l'occupabilità dei lavoratori;
    c) introdurre misure volte a semplificare e favorire il ricorso ai contratti di solidarietà difensivi, quale strumento di tutela dell'occupazione e di salvaguardia delle professionalità maturate nelle imprese;
    d) adottare, anche prima dell'attuazione del disegno di legge delega attualmente all'esame delle Camere, interventi che favoriscano l'occupazione femminile e la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, anche attraverso una più ampia ed efficace offerta di servizi alla persona e alle famiglie.

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ALLEGATO 5

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014. (Doc. LVII, n. 2-bis).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI TRIPIEDI ED ALTRI

  La XI Commissione,
   esaminati, per le parti di competenza, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014 e i connessi allegati;
   premesso che:
    la Nota modifica il quadro macroeconomico rispetto ai dati dello scorso aprile e fornisce indicazioni sulle tendenze e gli obiettivi di finanza pubblica per il 2015 e gli anni successivi;
    il nuovo quadro macroeconomico rivede al ribasso la stima dell'andamento del Prodotto interno lordo per il 2014 e il 2015: rispettivamente –0,3 e +0,6 per cento;
    in considerazione di tale deterioramento, che non può arrestare il processo di riforma strutturale in atto nel paese, il Governo ha attenuato la velocità di aggiustamento di bilancio (che nel 2015 vale circa un decimo del PIL rispetto al 2014) e programmato il pareggio strutturale per il 2017;
    il rallentamento in parola è compatibile con la flessibilità prevista dalle regole dell'Unione europea, che contemplano la possibilità di deviazioni temporanee in presenza di riforme capaci di migliorare strutturalmente la competitività del paese e qualora si verifichi la circostanza di un severo peggioramento dell'economia (articolo 5 del Regolamento n.  1466/97 del 7 luglio 1997 e articoli 3 e 6 della legge n. 243 del 2012);
    il quadro programmatico predisposto dal Governo, da perseguire con gli interventi e le politiche che saranno iscritti nella Legge di Stabilità, stima per il 2015 l'uscita dalla recessione e una crescita del PIL pari a +0,6 per cento sul 2014, un rapporto deficit/PIL in calo a 2,9 per cento (-0,1 punti percentuali rispetto al 2014), e la disoccupazione in calo al 12,5 per cento. Il rapporto tra debito pubblico e PIL è previsto al 131,6 per cento per il 2014 e al 133,4 per cento per il 2015.
    tra gli obiettivi programmatici del Governo per il 2015 è presente un aggiustamento del deficit strutturale pari a circa un decimo di punto percentuale rispetto al 2014. Il rallentamento del percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine (MTO) – che verrà raggiunto nel 2017 – viene descritto come compatibile con la flessibilità prevista dalle regole dell'Unione Europea, che contemplano la possibilità di deviazioni temporanee in presenza di riforme capaci di migliorare strutturalmente la competitività del paese e qualora si verifichi la circostanza di un severo peggioramento dell'economia;
    di fatto, nei piani del Governo delineati con la presente Nota, non sono più previsti i 20 miliardi di tagli alla spesa pubblica annunciati ancora qualche settimana fa, per il 2015; la legge di stabilità conterrà al massimo riduzioni di spesa per 5 miliardi, con vari sacrifici per i ministeri e gli acquisti di beni e servizi probabilmente nella solita tradizione dei tagli lineari;Pag. 196
    si prevede un miliardo o poco più di tasse aggiuntive, mediante tagli alle tax expenditures, alle detrazioni o deduzioni fiscali su Irpef o Iva (di cui per il momento non si conosce la strutturazione della misura);
    la soglia del 3 per cento sul disavanzo sarà appena rispettata sia per il 2014 che 2015, ma lasciando peggiorare l'obiettivo rispetto alla legislazione vigente (il quadro tendenziale è migliore di quello programmatico) e sfruttando appieno la riduzione della spesa per interessi senza utilizzarla, come si dovrebbe, per ridurre il debito. Si potranno, così recuperare altri 10-11 miliardi di spazio fiscale;
     il Governo intende finanziare un ambizioso programma di sostegno all'economia; fiscalizzazioni dei contributi sociali sul costo del lavoro per 2-3 miliardi, conferma del bonus di 80 euro sull'Irpef per 7 miliardi, 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali che dovrebbero accompagnare il Jobs Act, 1,5 miliardi per assumere una parte dei precari nella scuola, 1 miliardo per alleggerire il patto di stabilità dei comuni, eccetera;
    non si capisce bene dove sia possibile reperire le risorse per finanziare altre misure annunciate, tra cui eventuali ulteriori interventi sull'Irap, incentivi per la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, 3 miliardi da finanziare lasciati in eredità dal Governo Letta;
    pur di contenere la manovra, si eccede una volta di più nell'ottimismo ritenendo che la crescita nel 2015 sarà dello 0,5 per cento (contro lo 0,1 per cento previsto dall'OCSE) e che salirà allo 0,6 per cento grazie agli interventi del Governo (che varranno il doppio nel 2016);

   considerato che:
    riguardo alle tematiche in materia di lavoro, la Nota d'aggiornamento in parola ricorda che, negli ultimi mesi, il Governo è intervenuto sulle regole del mercato del lavoro, in particolare con due iniziative: da un lato la presentazione al Senato di un disegno di legge recante deleghe al Governo, in materia di ammortizzatori sociali, servizi per l'impiego e politiche attive per il lavoro, semplificazione e razionalizzazione delle procedure relative alla gestione dei rapporti di lavoro, riordino delle tipologie dei contratti di lavoro, revisione e aggiornamento delle misure a tutela della maternità e delle forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; d'altro lato l'adozione del decreto-legge n. 34 del 2014, recante, tra l'altro, modifiche alla disciplina dei contratti a tempo determinato e dei contratti di apprendistato;
    con riferimento alla principio di parità di genere nel mondo del lavoro, si osserva che la perdurante carenza di effettive politiche di conciliazione tra vita familiare e lavoro ha concorso all’ aumento della disoccupazione femminile con effetti negativi per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese;
    recenti dati ISTAT, riferiti al primo trimestre del 2014, confermano il progressivo aumento della disoccupazione delle donne, che si attesta a – 0,3 su base congiunturale e a – 1,0 su base annua. Ad aprile 2014 le donne occupate erano 9.311.000, a maggio 9.263.000. Il tasso di occupazione femminile scende al 46,3 per cento: il tasso di disoccupazione femminile dal 13,3 per cento sale al 13,8 per cento;
    le cause della disoccupazione femminile risiedono nell'inadeguatezza dell'attuale modello di welfare, connotato dalla carenza di servizi pubblici per l'infanzia oltreché di reti informali di supporto, e con un'organizzazione del lavoro poco conciliante e caratterizzata dalla rigidità dei tempi e degli orari, specie in relazione al periodo successivo al parto;
    le interruzioni del lavoro poste in essere in concomitanza della nascita di un figlio, che erano il 2 per cento nel 2003, sono quadruplicate nel 2009 diventando in seguito l'8,7 per cento del totale delle interruzioni di lavoro;Pag. 197
    l'incremento dell'età pensionabile prevista dalla cosiddetta. «Legge Fornero» costringe le donne a conciliare lavoro e famiglia per un numero maggiore di anni;
    riguardo alla spesa pensionistica, la Nota d'aggiornamento rileva che il rapporto fra spesa pensionistica e PIL tenderà a ridursi nel periodo 2015-2030, in virtù del processo di elevamento dei requisiti per la pensione e del progressivo passaggio al metodo di calcolo contributivo. Il valore percentuale dovrebbe attestarsi, verso la fine di tale periodo, intorno al 15 per cento. Successivamente, la misura del rapporto percentuale tornerebbe a crescere, a causa dell'ampliamento delle tendenze negative delle dinamiche demografiche ed in ragione degli effetti derivanti dal precedente posticipo del collocamento in quiescenza sull'importo delle pensioni. Il rapporto dovrebbe raggiungere un valore massimo pari a circa il 15,7 per cento, intorno al 2044, per poi decrescere nel successivo periodo;

   valutato che:
    la Nota di aggiornamento, anche in considerazione della Raccomandazione della Commissione europea, sottolinea che la riforma del mercato del lavoro debba tendere a rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro, a riordinare i contratti di lavoro vigenti, a garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro, a definire un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori, a ridurre l'elevato divario con i tassi di attività femminili «prevalenti» in Europa, mediante l'elevamento dell'offerta e della fruibilità dei «servizi di conciliazione» dei tempi di vita e di lavoro;
    in relazione alle misure in favore dell'occupazione giovanile ed al programma comunitario «Garanzia per i Giovani» (Youth Guarantee), la Nota d'aggiornamento illustra le linee di intervento individuate dal Governo;
     un valore del tasso di disoccupazione pari al 12,8 per cento per l'anno in corso, con un andamento decrescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari all'11 per cento); un tasso di occupazione pari al 55,5 per cento per l'anno in corso, con un andamento crescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari all'57,4 per cento);

   preso atto che:
    riguardo al costo del lavoro ed al reddito dei lavoratori, la Nota prevede, ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legge n. 66 del 2014 la riduzione del cuneo fiscale, ovvero un credito pari a 640 euro per il 2014, da corrispondere ai soggetti che abbiano un reddito compreso tra 8.160 e 24.000 euro. Tale detrazione decresce fino ad azzerarsi in maniera lineare al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. La riduzione del cuneo fiscale è finanziato con una riduzione e riqualificazione strutturale e selettiva della spesa pubblica e si avvale delle risorse dell'apposito Fondo. Non viene descritta la misura strutturale da attuare con la legge di stabilità 2015;
    riguardo al settore dell'assistenza sociale, la Nota di aggiornamento ricorda che, a partire dal secondo bimestre 2014, attraverso la cosiddetta social card, «sono stati effettuati i primi pagamenti nelle dodici maggiori città italiane connessi al programma sperimentale di sostegno per l'inclusione attiva (SIA), che, secondo il Governo avrebbe dovuto costituire un primo passo verso la definizione di misure universali per il sostegno delle persone in stato di povertà». Tuttavia su quasi 18.000 domande presentate, oltre il 60 per cento non è stata ammessa per il mancato possesso dei requisiti auto-dichiarati. Il programma sarà esteso anche al Mezzogiorno, con criteri simili a quelli delle 12 città in sperimentazione, sulla base delle risorse già stanziate nell'ambito del PAC (167 milioni di euro);
    la Nota di aggiornamento evidenzia che gli stanziamenti per gli ammortizzatori sociali in deroga, ammontano nel 2014, a 1,7 miliardi (oltre 300 milioni in Pag. 198più rispetto all'ammontare previsto nella Legge di Stabilità 2014), includendo anche gli oneri per la contribuzione figurativa. I nuovi criteri per l'erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga stabiliscono: a) l'impossibilità di utilizzare la CIG in deroga in caso di cessazione dell'attività aziendale; b) l'incremento ad almeno 12 mesi dell'anzianità aziendale (almeno 8 mesi per il 2014) necessaria per accedere alla CIG in deroga e la limitazione ad 11 mesi per il 2014 e a 5 mesi per il 2015 per la fruizione. Nel 2013, la spesa per la prestazione di ASpI è stata pari a 2.725 milioni con una media annua di beneficiari pari a 365.554 soggetti. Per quanto riguarda la Mini ASpI, nel 2013, la spesa per la prestazione è stata di 1.447 milioni con una media annuale di 92.340 beneficiari. L'andamento crescente che si riscontra per l'intero anno è dovuto all’ applicazione della legge di riforma del lavoro da parte delle imprese e dalla corrispondente diminuzione delle richieste d'indennità di disoccupazione;
    sono stati istituiti i nuovi fondi bilaterali di solidarietà e l'adeguamento alla normativa vigente dei fondi già esistenti:
    per i lavoratori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, appartenenti ad imprese con oltre 15 addetti, è stato creato a giugno 2014 il Fondo di solidarietà residuale e sono state dettate le istruzioni applicative da parte dell'INPS;
    a seguito del negoziato con la Commissione europea è stato già finalizzato l'Accordo di partenariato per l'impiego dei Fondi strutturali e d'investimento europei (SIE) per il periodo di programmazione 2014-2020. L'accordo orienta in maniera più stringente la definizione dei programmi operativi e migliorandone la verificabilità;
    come riferito, in un'informativa urgente, dal sottosegretario Del Rio, il residuo di spesa fino al 31 dicembre 2015 è complessivamente pari a 20,2 miliardi di euro, di cui 15,3 miliardi nelle sole regioni della convergenza;
    la legge di stabilità 2014 assicura un importo pari a poco meno di 24 miliardi a copertura del cofinanziamento statale, cui si aggiungono altri 4,4 miliardi di cofinanziamento regionale, posto nella misura del 30 per cento per il cofinanziamento dei POR;
    le disponibilità del Fondo sviluppo e coesione è di circa 28,8 miliardi, cui si aggiungono 20 miliardi della fine della programmazione 2007-2013. La Commissione europea ha invitato il Governo a ridurre al minimo il cofinanziamento statale, viste le grandi difficoltà di spesa dei fondi concessi per il periodo 2007-2013. La raccomandazione europea ha indotto il Governo a ridurre detta quota di finanziamento nazionale per i progetti PON e POR dal 50 al 25, stornando di fatto 12 miliardi;
    al riguardo si sottolinea che l'Italia dovrà utilizzare entro il 2015, per investimenti pubblici in conto capitale nel Mezzogiorno ancora 15 miliardi di fondi strutturali, pena la perdita dei fondi medesimi. Si tratta di risorse che andranno a sommarsi a quelle dell'Accordo 2014-2020. In effetti, la quota per investimenti raggiungeva i 60 miliardi;

   rilevato che il valore del tasso di disoccupazione è pari al 12,8 per cento per l'anno in corso, con un andamento decrescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari all'11 per cento); un tasso di occupazione pari al 55,5 per cento per l'anno in corso, con un andamento crescente negli anni successivi (per il 2018 il valore previsto è pari all'57,4 per cento);
   ritenuto che il Governo dovrebbe impegnarsi:
    in relazione agli strumenti di tutela della disoccupazione, a prevedere, nell'ambito del progetto di riforma degli ammortizzatori sociali, la creazione di un sistema universale di ammortizzatori sociali, con la contribuzione dei datori di lavoro e dei lavoratori, in modo tale da includere nella Pag. 199cosiddetta «tutela di sostegno al reddito» anche i precari, senza gravare sulla fiscalità generale;
    a prevedere delle salvaguardie a favore dei 2,6 milioni di lavoratori dipendenti del settore artigiano, che attualmente risulterebbero privi di tutela del reddito in costanza di rapporto di lavoro, attraverso la previsione di un decreto attuativo che consenta l'istituzione di ulteriori fondi bilaterali;
    in relazione alla delega delle forme contrattuali ,finalizzata a rafforzare le opportunità d'ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale, a tenere conto dei seguenti principi: a) il valore del contratto a tempo indeterminato; b) l'eccezionalità del contratto a tempo determinato e della somministrazione, quale strumento flessibile ed esclusivamente atto a rispondere alla necessità produttiva transitoria di un'azienda, e quindi del rapporto di lavoro; c) il valore del contratto a forte vocazione formativa (l'apprendistato);
    in relazione alla SIA come già più volte ribadito, alla luce del mancato accoglimento delle domande per assenza di requisiti, a considerare l'importanza di assicurare l'autonomia delle persone, attraverso l'introduzione del reddito di cittadinanza, sulla scorta di quanto avviene nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea e in molti Paesi non comunitari;
    a porre in essere misure concrete contro la diseguaglianza salariale, in particolare attraverso l'istituzione di un salario minimo per tutti i contratti nonché la predisposizione di una specifica normativa che stabilisca un rapporto massimo di 1 a 12 tra il trattamento economico degli amministratori delle società quotate e quello della retribuzione dei dipendenti delle stesse;
    a superare il principio della cosiddetta «staffetta generazionale» e perseguire invece un reale patto intergenerazionale, in linea con quanto previsto dal progetto Youth guarantee, favorendo l'introduzione della figura del tirocinante a tempo pieno da affiancare al lavoratore anziano qualificato, al fine di garantire la formazione del primo e la continuità lavorativa e salariale del secondo;
    a prevedere un'eventuale revisione delle competenze tra Stato ed enti locali in materia di istruzione e formazione professionale al fine di superare la diffusione di interventi settoriali e non coordinati nell'ambito della formazione professionale attraverso la creazione di efficaci sistemi di valutazione ed una reale effettività dei controlli sui programmi in atto al fine di scongiurare l'abuso degli stessi o l'istituzione di corsi non finalizzati a concrete prospettive di inserimento nel mondo del lavoro;
    a favorire una maggiore trasparenza circa la gestione delle risorse destinate alle politiche per l'occupazione e la formazione e ad implementare, anche a livello nazionale, apposite misure di responsabilizzazione degli enti locali, anzitutto le Regioni, per l'impiego efficace di tali risorse attraverso misure premiali e/o sanzionatorie, con un meccanismo che preveda l'istituzione di un registro della trasparenza, sul quale vengano annotati non solo le iniziative realizzate con i fondi strutturali, peraltro raccolte, aggiornate periodicamente e pubblicizzate sul sito OpenCoesione, ma anche i dati relativi alla quantificazione e alla qualità in termini occupazionali a livello territoriale;
    a favorire lo sviluppo della democrazia all'interno dei luoghi di lavoro, in particolare attraverso il ripristino delle garanzie dello Statuto dei lavoratori, vigenti prima della legge n. 92 del 2012, l'abolizione dell'articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, e l'adozione di una normativa volta ad assicurare una vera e piena rappresentanza e rappresentatività sindacale;
    nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle imprese e degli enti pubblici, Pag. 200a prevedere misure per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, per sostenere l'occupazione, per incrementare, in particolare, quella femminile, e per sgravare le donne dai compiti di cura e di assistenza, incentivando particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, quali il part-time, il telelavoro, lo smart working e il co-working, consentendo l'uso flessibile e personalizzato dei congedi obbligatori e facoltativi, nonché sgravi contributivi ed agevolazioni fiscali;
    a consentire ai lavoratori e alle lavoratrici dipendenti, impegnati in lavori o attività connotati da un particolare indice di stress psico-fisico, di maturare il diritto al trattamento pensionistico con un anticipo di tre anni;
    a prevedere un regime di contribuzione previdenziale di tipo figurativo, a salvaguardia delle lavoratrici che siano state costrette a interrompere il rapporto di lavoro per dedicarsi alla cura dei figli o per grave malattia di un familiare o convivente;
    ad attuare una modifica delle attuali politiche in materia pensionistica e previdenziale a partire dalla abolizione della cosiddetta «riforma Fornero» di cui all'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011;
    a valutare altresì l'opportunità di attuare una modifica della normativa in materia di destinazione del trattamento di fine rapporto a forme di previdenza complementare al fine di privilegiare i fondi pubblici, accantonando definitivamente la ventilata idea di anticipare in busta paga il predetto TFR,
   esprime

PARERE CONTRARIO.
Tripiedi, Cominardi, Bechis, Rostellato, Chimienti, Baldassarre, Ciprini, Rizzetto.

Pag. 201

ALLEGATO 6

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014. (Doc. LVII, n. 2-bis).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI AIRAUDO E PLACIDO

  La XI Commissione,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2-bis)
   premesso che:
    il 2014 non è stato l'anno della ripresa, come le previsioni stimavano, ma il terzo di recessione per l'economia italiana. Con questo prolungamento, l'esperienza della crisi per il nostro Paese si conferma peggiore di quella degli anni trenta. Un confronto storico sfavorevole che è condiviso con molte altre economie europee. Oggi come allora, la recessione ha una sola causa: la caduta della domanda aggregata. Su questa avrebbero dovuto intervenire le misure per la ripresa a livello europeo. Al contrario, la politica economica adottata ha sospinto i paesi in una pericolosa trappola di stagnazione e deflazione. Occorre che si cambi lo schema in modo radicale, con l'impostazione di politiche monetarie e fiscali espansive coordinate tra le economie europee;
    le politiche dei singoli Paesi dell'Unione europea, vincolati dai parametri statistici e dalle procedure del Fiscal Compact, appaino come ingessate;
    il Ministro Padoan, sembra riconoscere questo fallimento: «in termini cumulati, la caduta del PIL in Italia è superiore rispetto a quella verificatasi durante la grande depressione del ’29 [...] L'area dell'euro è ad un bivio e rischia di avvitarsi in una spirale di stagnazione e deflazione [...] O ci si muove con decisione oppure senza ripresa sarebbe a rischio la tenuta del tessuto sociale e produttivo»;
    senonché le misure fin qui adottate dal 2011 ad oggi dai diversi Governi hanno peggiorato notevolmente le finanze pubbliche del nostro Paese, portando la nostra economia alla recessione, deprimendo i consumi delle famiglie e aumentando notevolmente la disoccupazione, in particolare quella dei giovani;
    continuiamo a cambiare governo seguendo sempre la stessa agenda, quella della BCE e di Monti. Anche Renzi segue l'agenda Draghi-Trichet enunciata nella lettera del 5 agosto 2011, così come fece Letta. Il Governo Renzi sta peraltro cercando di accelerare l'attuazione delle indicazioni della lettera della BCE per il momento solo parzialmente realizzate;
    il Governo Renzi per la stesura della legge di stabilità, come si desume dalla nota di aggiornamento del DEF, continua a seguire le indicazioni dell'Unione europea, mentre è sempre più chiaro che è proprio quella politica che non funziona;
    l'unica variabile è costituita dal tentativo di allentare la morsa e di rinviare il pareggio di bilancio in termini strutturali al 2017, dopo un primo rinvio – peraltro non ancora avvallato dalla Unione europea – al 2016;
    rispetto al deficit tendenziale al 2,2 per cento, la «forzatura» della Nota che colloca il rapporto deficit/PIL al 2,9 per Pag. 202cento, libera 0,7 punti percentuali di PIL, corrispondenti a circa 11 miliardi che saranno sostanzialmente spesi in deficit;
    il Governo Renzi non può esimersi, per rassicurare Bruxelles – come peraltro è stato per gli altri governi che l'hanno preceduto – di prevedere nella legge di stabilità 2015-2017 un'apposita maxi-clausola di salvaguardia automatica con la quale il Governo si impegna ad assicurare comunque il raggiungimento del saldo strutturale di bilancio in pareggio dal 2017 aumentando le aliquote Iva e le imposte indirette per un ammontare di 12,4 miliardi nel 2016, 17,8 miliardi nel 2017 e 21,4 miliardi nel 2018. La clausola, se esercitata, avrebbe però un effetto recessivo pari allo 0,7 per cento del PIL nel triennio 2016-2018 dovuta ad una contrazione complessiva di consumi ed investimenti per 1,3 punti del PIL;
    lo slittamento al 2017 del pareggio di bilancio non rappresenta in realtà una vera sfida alla Commissione europea come invece lo è la decisione francese di mantenere il deficit sopra il 4 per cento per i prossimi anni. Il rallentamento del percorso di rientro italiano è, infatti, almeno in teoria compatibile con la flessibilità prevista dai regolamenti europei;
    le regole dell'Unione europea contemplano la possibilità di deviazioni temporanee in presenza di riforme capaci di migliorare strutturalmente la competitività del paese e qualora si verifichi la circostanza di un severo peggioramento dell'economia (articolo 5 del Regolamento 1466/97 del 7 luglio 1997 e articoli 3 e 6 della legge n. 24 del 2012) . Dunque, solo alla condizione di implementare le severe riforme delineate dalla Commissione. Il Governo francese è più conseguente in quanto critica proprio il Fiscal Compact;
    in definitiva, il Governo Renzi sembra adottare la vecchia politica democristiana: spostare nel tempo i provvedimenti più problematici, adottando quelli a costo zero (vedi l'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) per reclamare un po’ di flessibilità all'Europa;
    la politica macro-economica è la variabile decisiva. La ripresa dell'economia può arrivare soltanto da una forte ripresa della domanda aggregata. Soltanto così si possono determinare effetti positivi sulla quantità e qualità dell'occupazione. Insistere per la preliminare attuazione di riforme strutturali vuol dire ingigantire gli ostacoli e aggravare le condizioni dell'economia. È evidente che questo schema ideale infrange su molteplici punti le regole della costruzione europea, da quelle più recenti e miopi, come il Fiscal Compact, a quelle che hanno strutturato sin dall'inizio la filosofia di funzionamento dell'Unione come il Patto di stabilità e crescita e, soprattutto, il divieto per la Banca centrale di finanziare direttamente i debiti pubblici. Ma quando quelle regole sono state stabilite e sottoscritte non si pensava che ciò che è avvenuto negli anni trenta, cioè un drammatico arretramento della domanda amplificato dagli errori di politica economica, si sarebbe ripetuto in termini anche peggiori;
    per non aggravare la spirale negativa della deflazione, della disoccupazione e del debito pubblico, occorre riqualificare e riallocare, senza ulteriori tagli, la spesa tendenziale, aumentare di un punto di PIL e finanziare in deficit, per tre anni, investimenti pubblici produttivi concordati con la Commissione europea, nonché recuperare l'evasione oltre la media europea per ridurre le imposte su lavoro e impresa;
    insistere sulla rotta mercantilista dei tagli al welfare e della svalutazione del lavoro porta al default del debito e alla rottura dell'euro. Si devono affrontare i nodi fondamentali che avremmo dovuto porre all'avvio della presidenza europea e riconoscere che la linea mercantilista nell'eurozona ha portato il debito pubblico a livelli insostenibili e la moneta unica a rischio sempre più elevato di rottura;
    dobbiamo porre la necessità per tutta l'eurozona, non solo per l'Italia, di un meccanismo di gestione dei debiti pubblici, di una politica monetaria molto più aggressiva da parte della BCE per evitare Pag. 203la deflazione, ed il finanziamento degli investimenti pubblici in deficit a livello nazionale per far ripartire la domanda interna;
    seguire le raccomandazioni dell'Unione europea vuoi dire determinare un aggravamento delle condizioni economico-sociali del nostro e degli altri Paesi europei;
    in questo quadro sarebbero surreali degli interventi sanzionatori verso l'Italia. Caso mai, va sanzionata la politica mercantilista e di svalutazione del lavoro che da troppo tempo imperversa in Europa. Abbiamo la necessità di un'inversione di marcia radicale, ponendo il problema generale dell'eurozona e l'insostenibilità della moneta unica se permane la politica dell’«austerità espansiva»;
  considerato che:
    la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economica e finanziaria 2014 conferma gli errori di valutazione del DEF 2014, così come denunciato a suo tempo da SEL, ed un quadro macroeconomico fortemente deteriorato rispetto al Documento dello scorso aprile;
    la stima aggiornata del tasso di crescita del Prodotto interno lordo del 2014 è –0,3 per cento rispetto al 2013, mentre il deficit si attesterà al 3 per cento del PIL per il terzo anno di fila. Solo la revisione del PIL secondo i criteri SEC 2010 (inclusione della ricchezza prodotta dalle attività criminali) ha permesso di contenere, per l'appunto, l'indebitamento netto al 3 per cento nel 2014;
    il quadro programmatico predisposto dal Governo, da perseguire con gli interventi e le politiche che saranno iscritti nella legge di Stabilità, stima:
     per il 2015 l'uscita dalla recessione e una crescita del PIL pari allo 0,6 per cento sul 2014 (mentre l'OCSE prevede un più modesto 0,1 per cento di incremento del PIL);
     il rapporto deficit/PIL in calo a 2,9 per cento (-0,1 punti percentuali rispetto al 2014);
     la disoccupazione in calo al 12,5 per cento, rimanendo tuttavia sopra il 12 per cento fino alla fine del 2016;
    il rapporto tra debito pubblico e PIL è previsto pari al 131,6 per cento del PIL per il 2014 ed al 133,4 per cento per il 2015, sempre secondo i nuovi parametri SEC 2010;
    tra gli obiettivi programmatici del Governo per il 2015 è dunque presente un aggiustamento del deficit strutturale pari a circa 1/10 di punto percentuale rispetto al 2014;
    il quadro tendenziale a «legislazione vigente» cui si fa riferimento prevalente nel DEF dà conto della situazione e dell'evoluzione della finanza pubblica in base alle norme già approvate e agli stanziamenti definiti in modo permanente nel bilancio pubblico. Questo è generalmente basso perché non è il quadro tendenziale a «politiche invariate» che dà invece conto del fatto che vi sono spese non finanziate permanentemente nel bilancio pubblico, bensì rifinanziate di anno in anno o di triennio in triennio, così come vi sono interventi portati avanti negli ultimi anni che governo e ministeri intenderebbero riproporre. Si ricorda, ad esempio, che gran parte dei fondi sociali non sono finanziati in modo definitivo, bensì annualmente, e dunque non entrerebbero nel quadro a legislazione vigente ma in quello a politiche invariate. Lo stesso vale per gli eventuali fondi per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego. Ciò vale anche, per fare un altro esempio, per le detrazioni per lavori di ristrutturazione, così come per gran parte dei fondi per gli ammortizzatori sociali;
    nel nuovo quadro costituzionale, il quadro a legislazione vigente è quello che dà i saldi rilevanti, su cui inserire la manovra di correzione. Le somme aggiuntive necessarie per gli ulteriori interventi per le politiche invariate, invece devono Pag. 204obbligatoriamente essere finanziate con una manovra che non alteri i saldi di bilancio, dunque rappresenta spesa aggiuntiva che dev'essere coperta per forza e che non va considerata nei saldi. Occorre dunque tenere conto che nella manovra complessiva andranno anche considerati gli interventi per rifinanziare le politiche invariate (fra cui ,come detto, una parte degli ammortizzatori sociali e i fondi sociali, le missioni, le detrazioni per ristrutturazione, e altri interventi);
    il DEF 2014 aveva un obiettivo di deficit programmatico 2015 al 2,2 per cento. Ora viene portato al 2,9 per cento con un sostanziale alleggerimento del vincolo di finanza pubblica. A questo si aggiunge il fatto che il risparmio sugli interessi sul debito compensa una parte degli effetti della minore crescita economica;
    nella Nota di aggiornamento al DEF si evidenzia che se non fosse stato ritardato il percorso per giungere al pareggio di bilancio sarebbe stata necessaria una manovra correttiva pari allo 0,9 per cento del PIL (14-15 miliardi) che, se attuata solo con tagli di spesa, avrebbe generato una minor crescita dello 0,3 per cento nel 2015 e dello 0,1 per cento nel 2016 con effetti negativi sugli investimenti (- 0,5 punti nel 2015) e sui consumi (- 0,1 per cento nel 2015). Sempre nella Nota si sottolinea che se l'ammontare dei tagli per il 2015 fosse stato pari a 2,2 punti di PIL, ovvero l'entità della manovra necessaria per rispettare anche la regola del debito, l'impatto negativo sulla crescita sarebbe stato di 0,8 punti;
    il rallentamento del percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio termine (MTO), che verrà raggiunto nel 2017, viene ritenuto compatibile dal Governo con la flessibilità prevista dalle regole dell'Unione europea;
    la Nota di aggiornamento del DEF certifica che nel 2014 la minor spesa per interessi, grazie all'effetto spread, sarà di 5,9 miliardi rispetto al previsto. Nel 2015 le uscite per interessi dovrebbero ridursi per circa 2,5 miliardi sul 2014;
    nel DEF 2014 e nella Nota di aggiornamento si persegue la politica dei tagli alla spesa pubblica e delle privatizzazioni. Sul fronte delle privatizzazioni nel 2014 l'obiettivo dello 0,7 per cento del PIL, confermato per i prossimi due anni, non sarà centrato: si scende allo 0,4 per cento;
    nel periodo 2014-2018 si prevedono riduzioni delle spese per il personale (-12 per cento), delle spese pensionistiche (- 3 per cento) e degli investimenti pubblici (-12 per cento), nonché una costante riduzione della spesa primaria (Piano Cottarelli): meno 6-7 miliardi nel 2014; meno 16 miliardi nel 2015 (forse ne basteranno la metà: 8-9 miliardi per via dello slittamento del pareggio del bilancio al 2017) e meno 32 miliardi nel 2016. Per il 2015 si prevedono 3 miliardi di tagli alla sanità, 1,8 miliardi di riduzione delle spese per il trasporto pubblico locale e così via;
    l'aspetto «creativo» della Nota di aggiornamento al DEF è legato alle previsioni ottimistiche dell'impatto della riforma del mercato del lavoro sulla crescita: tra più 0,1 e 0,3 per cento del PIL. Se consideriamo il livello attuale di disoccupazione (6 milioni di persone e quella plausibile per il 2015, probabilmente non inferiore al 14 per cento), immaginare una crescita dello 0,6 per cento del PIL nel 2015 è un puro atto di fede. Forte si affaccia il sospetto che la crescita «programmata» del PIL allo 0,6 per cento per il 2015 sia più che altro funzionale a costruire un certo quadro di finanza pubblica più che una previsione con una qualche base scientifica;
    il Governo nella Nota ribadisce che punterà tutto sulle riforme strutturali (dal lavoro alla PA passando per quelle istituzionali). Un pacchetto di interventi che garantiranno, a suo dire, una crescita del PIL di 3,4 punti nel 2020 e di 8,1 punti nel lungo periodo. La sola riforma del lavoro dovrebbe produrre un ritocco verso l'alto dello 0,1 per cento già nel 2015 così come quella della PA. Quanto all'andamento del PIL, la crescita è stimata nell'1 per cento nel 2016 e nell'1,3 per cento nel 2017. Per Pag. 205il 2015 la nuova previsione dello 0,6 per cento potrebbe però anche essere ulteriormente rivista al ribasso dallo stesso Governo;
    nella Nota di aggiornamento al DEF manca totalmente una politica della domanda e degli investimenti pubblici, e di conseguenza, anche una politica per il lavoro. Nel 2014 si prevede un'ulteriore contrazione del 2 per cento della spesa per gli investimenti; nel 2015 è atteso un aumento del 1,5 per cento, ma « da promuovere in maniera coordinata con l'Unione europea». Se abbiamo capito bene si fa riferimento o al Piano Juncker (che peraltro sembra alludere a fondi già stanziati e all'impegno aleatorio dei privati), oppure all'esenzione dei co-finanziamenti nazionali dei Fondi europei dai saldi di finanza pubblica: più dei desiderata che delle certezze;
    non si fa cenno a misure di redistribuzione del carico fiscale, tant’è che la riduzione del costo del lavoro (bonus 80 euro e tagli all'Irap/contributi) sarà coperta quasi esclusivamente con i tagli alla spesa con effetti depressivi sul PIL;
    non è prevista nessuna riduzione del carico fiscale complessivo. Anzi: si prevede che la pressione fiscale passi dal 43,3 per cento del 2014 al 43,6 per cento del 2016 per poi ridursi al 43,3 per cento nel 2017 e al 43,2 per cento nel 2018;
    non vengono neanche minimamente avviate politiche per la riconversione ecologica dell'economia e per un nuovo modello di sviluppo più sostenibile;
    per l'assegno «universale» di disoccupazione previsto dal Jobs Act (1,5 miliardi ?) si ridurranno le agevolazioni fiscali (quali quelle per il mutuo e le spese mediche). In pratica: oltre a delineare una platea di beneficiari ristrettissima, si realizzerebbe una partita di giro tra i redditi da lavoro;
    i Comuni potranno beneficiare dell'allentamento di un miliardo del patto di stabilità interno nella misura in cui cederanno quote azionarie delle municipalizzate per una somma corrispondente;
    dai tagli di competenza dei dicasteri dovrebbero arrivare non più di 3 miliardi (di cui solo 300 milioni dalla Difesa), soprattutto sul versante dei beni e servizi (dai 700 milioni al miliardo);
    la proroga del blocco dei salari dei dipendenti pubblici produrrà risparmi per 2,5 miliardi;
    la Nota di aggiornamento del DEF 2014 rimane dunque dentro la cornice dell'austerità: flessibilità mercato del lavoro, privatizzazioni, tagli, ecc. Il DEF aggiornato delinea una legge di stabilità in sostanziale continuità con quelle del passato;
   valutato inoltre che:
    in considerazione del persistere, anzi dell'aggravarsi, degli effetti del ciclo economico negativo che si protrae ormai da troppi anni, senza che si intravveda una soluzione nel breve periodo, il governo avrebbe dovuto delineare una manovra per il triennio 2015-2017 – seguendo l'esempio francese – che prevedesse un congruo indebitamento a sostegno di una seria e condivisa programmazione di politiche di sviluppo sostenibile e per il lavoro, attraverso il superamento di un punto percentuale del limite del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL, destinando le risorse che ne risulterebbero, pari a circa 45 miliardi nel triennio considerato, ad un Piano nazionale per il lavoro, un Green New Deal, che contempli misure per creare da subito centinaia di migliaia di posti di lavoro veri, qualificati, utili. Lo Stato deve diventare datore di lavoro di ultima istanza attraverso la creazione di un Programma Nazionale sperimentale di interventi pubblici per tre anni, un Green New Deal italiano;
    l'asse di un Piano per il lavoro, deve consistere innanzitutto nella messa in sicurezza del nostro territorio e degli edifici scolastici, la cura e la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali, il rilancio Pag. 206di un'agricoltura multifunzionale, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese...);
    il nostro Paese ha urgente bisogno di sviluppo e di interventi e riforme finalizzate ad accrescere il tasso di competitività del nostro tessuto imprenditoriale, presupposti questi per salvaguardare e rilanciare l'occupazione, assurta oramai a vera e propria emergenza nazionale, contrastare la precarietà, ridurre i divari sociali e territoriali che si sono venuti a creare con la crisi, e per ridare fiducia alle imprese e alle famiglie. A tal proposito, numerosi studi sul mercato del lavoro hanno dimostrato che ad una maggiore precarietà occupazionale corrispondono perdite in termini di competitività, di produttività e di crescita esponenziale di un sistema produttivo. Anche da un'attenta lettura della Nota di aggiornamento al DEF 2014, non emerge alcun piano d'investimenti pubblici, né altre linee di politica industriale capaci di innalzare il contenuto tecnologico e di conoscenza del sistema imprenditoriale italiano, in grado di generare valore aggiunto ed occupazione;
    il Paese ha invece bisogno di costruire un nuovo paradigma per lo sviluppo sostenibile basato sulla riconversione ecologica del nostro sistema produttivo, recuperando l'obiettivo della piena occupazione, difendendo e qualificando gli attuali posti di lavoro, rilanciando e rinnovando profondamente la base industriale e la sua specializzazione produttiva;
    qualsiasi ripresa del sistema produttivo ed occupazionale deve inoltre passare da una politica fiscale redistributiva che riduca la tassazione fino ad oggi accentrata sul lavoro e sulle pensioni, e si orienti verso le sacche di rendita improduttiva del tutto prive di una funzione propulsiva per la nostra economia;
    di contro, la Nota di aggiornamento rappresenta la certificazione del totale fallimento dell'azione di governo oltre che sul versante economico-finanziario, anche e soprattutto su quello occupazionale. Infatti, lo stesso Ministro dell'economia, con parole poco incoraggianti, ha confermato, a margine del Consiglio dei ministri che ha licenziato il documento, che il quadro macroeconomico è molto deteriorato rispetto al DEF dello scorso mese di aprile, sia in termini di crescita, che è negativa, che in termini di occupazione. Su quest'ultimo fronte il documento si limita a rinviare alla prossima legge di stabilità per il 2015 il reperimento di risorse (peraltro del tutto insufficienti), circa 2 miliardi, da stanziare per gli ammortizzatori sociali in senso lato, i soli, si legge, capaci di dare ulteriore spinta alla riforma del mercato del lavoro;
    il Governo ha dichiarato di voler ricorrere ad una parte dello spazio disponibile in termini di indebitamento netto, rinviando il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio al 2017, al fine di ottenere maggiori risorse. Un'altra parte di queste saranno a loro volta finanziate da ricavi, la cui entità è del tutto aleatoria, rivenienti dalla cosiddetta spending review, per buona parte operata su prestazioni sociali, e dalla riduzione di alcune detrazioni fiscali come le cosiddette tax expenditure, molte delle quali rappresentate da voci che alleviano il peso fiscale su redditi e pensioni;
    la stessa Nota di aggiornamento enfatizza l'avvio in Parlamento di una serie di provvedimenti presentati dal Governo che sono orientati ad una riforma strutturale del mercato del lavoro, che, oltre a contenere palesi profili di illegittimità costituzionale, rappresentano, di fatto, l'istituzionalizzazione, come nel caso del contratto a tutele crescenti, della discriminazione su base generazionale dei lavoratori, ed aumentano il potere ricattatorio della parte datoriale attraverso la cancellazione dall'ordinamento giuridico di tutele e diritti che appartengono, e non solo simbolicamente, alla civiltà europea del lavoro, senza peraltro ottenere un posto di lavoro in più; Pag. 207
    la Nota di aggiornamento, inoltre, non fa cenno alla risoluzione definitiva del problema dei cosiddetti «esodati» ed in particolare, alla condizione dei circa 4.000 dipendenti scolastici (cosiddetti «quota 96») che da oltre due anni chiedono di vedersi riconosciuto l'accesso al trattamento pensionistico sia di vecchiaia che di anzianità, loro precluso dalla riforma Fornero, ed in merito ai quali la Risoluzione n. 8-00042 approvata dalle Commissioni riunite V e XI della Camera impegnava il Governo a reperire, nell'ambito del DEF 2014, le risorse necessarie alla definitiva soluzione del problema,
   esprime

PARERE CONTRARIO.
Airaudo, Placido.

Pag. 208

ALLEGATO 7

Ratifica ed esecuzione dell'accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003 (C. 2574 Governo).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato il disegno di legge n. 2574, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003;
   osservato che gli accordi oggetto della ratifica perseguono lo scopo di disciplinare i trattamenti previdenziali riconosciuti ai cittadini italiani e canadesi nei territori delle due Parti contraenti, al fine di assicurare un miglioramento degli standard di protezione dei lavoratori, nonché una più sollecita erogazione delle prestazioni previdenziali;
   considerato che, al fine di perseguire tali finalità, l'Accordo stipulato nel 1995 sostituisce integralmente un precedente accordo di sicurezza sociale, firmato nel 1977, consolidando i benefici previsti in quella sede e prevedendo ulteriori interventi volti ad ampliare le tutele previste a legislazione vigente;
   richiamate, in particolare, le disposizioni contenute nell'articolo 14 dell'Accordo, le quali, al fine di consentire il conseguimento dei requisiti previsti per il pensionamento dalla legislazione dei due Stati contraenti, consentono di totalizzare anche i periodi accreditabili ai sensi della legislazione di Stati terzi con i quali entrambi i Paesi abbiano concluso separati accordi in materia di sicurezza sociale che consentano la totalizzazione dei periodi accreditati;
   osservato come tale previsione rafforzi in modo significativo la tutela dei lavoratori italiani che, oltre ai periodi assicurativi riferiti alle prestazioni di lavoro in Canada, siano titolari di periodi di contribuzione in altri Paesi stranieri;
   considerata l'opportunità, anche in vista della predisposizione di nuovi provvedimenti di ratifica di accordi in materia di sicurezza sociale, di promuovere una riflessione da parte del Governo in ordine alle modalità di quantificazione degli oneri previdenziali, specialmente quando essi, come nel caso di specie, derivino dal riconoscimento di prestazioni per le quali già sussistono versamenti contributivi da parte dei lavoratori;
   osservato che l'articolo 3, comma 2, del disegno di legge reca una specifica clausola di salvaguardia, da attivare qualora, in sede di monitoraggio degli oneri derivanti dal provvedimento, si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di cui al comma 1 del medesimo articolo 3, stabilendo che, per far fronte a tali scostamenti, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, possa provvedere alla riduzione in via prioritaria del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, ed eventualmente del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, Pag. 209con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
   ritenuto che non sia opportuno prevedere l'applicazione della clausola di salvaguardia alle due voci di spesa indicate dall'articolo 3, comma 2, che assicurano il finanziamento di interventi di particolare rilievo in materia occupazionale e sociale, dovendosi piuttosto fare riferimento ad una eventuale riduzione delle dotazioni finanziarie riferite ad altre tipologia di spesa, in modo da incidere su comparti nei quali è possibile operare interventi di razionalizzazione e revisione delle spese,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   si provveda ad individuare una formulazione della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 3, comma 2, secondo periodo, che escluda la riduzione del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

Pag. 210

ALLEGATO 8

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale, fatto a Roma il 6 febbraio 2009 (C. 2576 Governo).

PARERE APPROVATO

  La XI Commissione,
   esaminato il disegno di legge n. 2576, recante ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale, fatto a Roma il 6 febbraio 2009;
   osservato che l'Accordo rappresenta un importante strumento di tutela dei diritti dei lavoratori impiegati all'estero e di promozione dei rapporti economici tra Italia e Giappone, potendo favorire sia la crescita delle attività delle imprese italiane sul territorio giapponese, sia l'attrazione di nuovi investimenti nel nostro Paese;
   considerata l'opportunità di procedere quanto prima alla ratifica dell'Accordo, anche tenendo conto della circostanza, richiamata nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge, che l'Italia è l'unico Paese membro del G8 a non aver stipulato un accordo di sicurezza sociale con il Giappone;
   segnalata, in questo contesto, la rilevanza delle disposizioni dell'articolo 7 dell'Accordo, ai sensi delle quali ai lavoratori che, in virtù di un distacco o di una temporanea prestazione di lavoro autonomo, prestano servizio sul territorio dell'altro Stato contraente si applica la legislazione dello Stato di provenienza, come se essi stesso lavorando nel medesimo Stato;
   richiamate altresì le disposizioni dell'articolo 5 dell'Accordo, che prevedono il principio generale della trasferibilità dei trattamenti pensionistici;
   considerata l'opportunità, anche in vista della predisposizione di nuovi provvedimenti di ratifica di accordi in materia di sicurezza sociale, di promuovere una riflessione da parte del Governo in ordine alle modalità di quantificazione degli oneri previdenziali, con particolare riferimento alle fattispecie nelle quali le minori entrate contributive stimate si riferiscano, come nel caso di specie, a posizioni che potrebbero dare titolo all'erogazione di trattamenti pensionistici;
   osservato che l'articolo 3, comma 2, del disegno di legge reca una specifica clausola di salvaguardia, da attivare qualora, in sede di monitoraggio degli oneri derivanti dal provvedimento, si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa di cui al comma 1 del medesimo articolo 3, stabilendo che, per far fronte a tali scostamenti, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, possa provvedere alla riduzione in via prioritaria del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, ed eventualmente del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
   ritenuto che non sia opportuno prevedere l'applicazione della clausola di salvaguardia alle due voci di spesa indicate Pag. 211dal medesimo articolo 3, comma 2, le quali assicurano il finanziamento di interventi di particolare rilievo in materia occupazionale e sociale, dovendosi piuttosto fare riferimento ad una eventuale riduzione delle dotazioni finanziarie riferite ad altre tipologia di spesa, in modo da incidere su comparti nei quali è possibile operare interventi di razionalizzazione e revisione delle spese,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   si provveda ad individuare una formulazione della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 3, comma 2, secondo periodo, che escluda la riduzione del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.