CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 1 ottobre 2014
307.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-03177 L'Abbate: Ispezioni straordinarie della Cooperativa Allevatori di Putignano.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero dello Sviluppo ha disposto, in data 5 maggio 2014, un'ispezione straordinaria nei confronti della Cooperativa Allevatori Putignano (in seguito CAP).
  In data 28 maggio 2014, gli ispettori incaricati hanno terminato la prima fase di accesso ispettivo e rilevazione, che si concluderà definitivamente in data 7 ottobre prossimo. Dal verbale trasmesso è emerso quanto segue.
  La cooperativa si è costituita nel 1967 su iniziativa della Federazione Provinciale Coltivatori Diretti di Bari (sezione di Putignano) e dell'Ente regionale di sviluppo agricolo della Puglia per la gestione della «Riforma fondiaria» (ERSAP), ora assorbito dalla Regione Puglia, e su promozione del cavaliere Giovanni Laera.
  Lo scopo era di raccogliere il latte prodotto nella zona della murgia barese e tarantina. Le modalità di vendita in origine si svolgevano in modo diretto, tramite punti vendita gestiti da personale proprio, con incassi quindi «per contanti»; successivamente con l'avvento della grande distribuzione organizzata tali punti vendita sono venuti meno e si è utilizzato, come noto, il «sistema dei padroncini», che ha dato avvio a un lungo contenzioso per il recupero crediti.
  La cooperativa è a mutualità prevalente e aderisce a Confcooperative. I requisiti di mutualità prevalente sono stati verificati e l'attività dell'ente risulta essere stata svolta prevalentemente a favore dei soci. I soci, al 28 maggio 2014, risultano essere n. 293 (persone fisiche) e n. 35 (persone giuridiche). Tale numero si è ridotto di circa la metà rispetto ai 700 soci negli anni 80-90.
  Inizialmente, la cooperativa era divisa in due rami produttivi: il primo costituito dal conferimento da parte dei soci del latte che è commercializzato dopo la trasformazione (vendita di prodotti quali mozzarelle e formaggi freschi) e attraverso l'imbottigliamento dello stesso; il secondo ramo era costituito da acquisto, lavorazione, trasformazione e distribuzione tra i soci di cereali e di mangimi da utilizzare nel settore zootecnico e agricolo. L'attività del mangimificio si è interrotta nel 2012 per l'aggravarsi della situazione finanziaria. La difficile riscossione del credito (oltre 3 milioni di euro in contenzioso), ha reso critica l'attività di gestione.
  Il mangimificio è stato chiuso per mancanza di liquidità e nel corso degli anni i soci conferitori, nei confronti dei quali il rimborso della loro produzione è stato continuamente procrastinato, sono diminuiti facendo anche diminuire il fatturato. Il fondo svalutazione crediti, che al 31 dicembre 2012 ammontava a euro 1.700.000, è ulteriormente aumentato nel 2013.
  Attualmente, il sodalizio ha crediti per oltre tremilioniquattrocentomila euro. Il Collegio Sindacale ha messo in evidenza il fatto che il CDA non si è mai espresso in merito al futuro dell'ente e in particolare ha rilevato la discutibile gestione contabile proprio relativa alla riscossione dei crediti.
  Più in generale, la tenuta della contabilità industriale è sempre stata carente anche con l'utilizzo di un sistema informatico per la gestione delle procedure, ormai obsoleto (mancanza di un monitoraggio degli incassi, di una gestione dei Pag. 125prezzi di vendita, mancanza di contratti scritti e applicazione di sconti irrituali).
  Nel 2006, si rilevano crediti in contenzioso mangimificio per 44 mila euro; crediti in contenzioso verso padroncini di oltre 1,5 milioni euro. Il fondo svalutazione crediti era già dal 2006 di 1,3 milioni di euro.
  Il Consiglio di Amministrazione della cooperativa, come riferito, in sede di verifica, agli ispettori, sta ricorrendo alla procedura di Concordato Preventivo e ha intenzione di dare in gestione l'impianto industriale, al fine di tenere in funzione i macchinari, evitandone così il deterioramento, mentre tramite la C.A.P. COMMERCIALE SRL sta cercando di eliminare la clientela inaffidabile e infine, sta lavorando con i legali per terminare in modo positivo i contenziosi relativi sia ai crediti sia ai debiti.
  In base alle irregolarità riscontrate, gli ispettori hanno provveduto a irrogare una diffida volta a verificare l'effettiva presentazione al Tribunale competente della richiesta di Concordato preventivo e a ottenere ulteriori dati necessari per la verifica del ricorrere di una condizione di insolvenza della cooperativa stessa. In tal caso si aprirebbe la prospettiva dell'adozione di un provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-03247 Ferrara: Crisi produttiva del polo petrolchimico di Gela.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come evidenziato recentemente anche dal Ministro dello sviluppo economico, in occasione della risposta ad alcuni quesiti rivolti in question time sul medesimo argomento, il settore della raffinazione nel nostro Paese sta attraversando ormai da alcuni anni una fase di crisi strutturale, aggravata da un quadro di recessione dell'economia europea.
  L'eccesso di capacità di lavorazione è riconducibile essenzialmente al calo dei consumi interni e delle esportazioni, alla quasi totale scomparsa del consumo di olio combustibile, destinato alle centrali elettriche, nonché all'entrata in esercizio di nuove raffinerie realizzate nei Paesi emergenti.
  Nonostante il processo di razionalizzazione in corso, in Europa l'eccesso strutturale di capacità è di 120 milioni di tonnellate, pari al 140 per cento della capacità italiana, i margini di raffinazione sono in significativa flessione (-40 per cento vs 2013) e la continua riduzione della domanda (ai minimi degli ultimi anni) ha registrato in Italia l'ulteriore contrazione del 3 per cento con conseguente overcapacity pari a circa 40 milioni di tonnellate.
  La crisi è acuita dai conflitti geopolitici emersi in aree chiave per le forniture di greggi nella zona europea (Egitto, Libia, Siria, Iraq, e Siria ed Iran per l'adozione di sanzioni da parte UE).
  Il Ministero dello sviluppo economico, che segue con grande attenzione la crisi della raffinazione e le sue ricadute occupazionali, ha dato avvio a numerose iniziative al riguardo, tra le quali rientra la riconversione degli impianti di raffinazione, da trasformare in poli di logistica petrolifera, che viene attuata utilizzando procedure semplificate che, nel rispetto della disciplina delle singole autonomie regionali, rimettono all'amministrazione centrale la competenza autorizzativa.
  In questa prospettiva è già stata autorizzata la conversione della raffineria di Porto Marghera in green refinery.
  Inoltre, è stato istituito un «Tavolo permanente sulla raffinazione», ove si confrontano le compagnie petrolifere, le associazioni di settore, le altre amministrazioni direttamente coinvolte e le parti sociali.
  Infatti, nel mese di luglio 2014 è stato attivato, presso il Ministero dello sviluppo economico, un tavolo di confronto con i principali interlocutori istituzionali e sindacali, nell'ambito del quale è stato siglato un verbale che impegna le parti a un confronto per definire un nuovo protocollo di relazioni sindacali.
  Nello stesso ambito si è concordato che il tavolo di confronto nazionale verrà nuovamente convocato a breve per procedere alla verifica con le parti interessate circa il rispetto degli impegni assunti con il verbale del 31 luglio 2014 focalizzati sui seguenti punti:
   riconversione dei siti critici italiani, unita ad una maggiore integrazione, ottimizzazione e flessibilità delle produzioni;
   rifocalizzazione su produzioni a più alto valore aggiunto, attraverso:
    il potenziamento selettivo della piattaforma tecnologica;
    l'ampliamento della gamma di prodotti specialistici;Pag. 127
    lo sviluppo di una filiera produttiva su base rinnovabile (Chimica Verde) in particolare nei siti da riconvertire;
   internazionalizzazione del business per presidiare clienti sempre più globali e mercati a più alta crescita.

  Per ciò che riguarda Gela, il piano proposto da Eni prevede investimenti per 2,2 miliardi di euro e si articola in diversi ambiti:
   sviluppo delle attività upstream in Sicilia;
   realizzazione di una green refinery da 750 Kton/anno;
   realizzazione di un HUB per la ricezione, stoccaggio e spedizione dei greggi locali;
   realizzazione di centri di eccellenza (safety center, safety school, ecc.);
   risanamento ambientale del sito.

  Da notizie assunte direttamente da Eni, si è appreso che la Società, per dare corso a quanto previsto nel verbale sottoscritto presso questo Ministero, ha immediatamente proceduto a riavviare le attività manutentive presso la raffineria di Gela al fine di garantire la conservazione degli impianti e il ripristino dell'efficienza operativa della «linea 1». Queste ultime attività saranno completate entro la seconda metà di ottobre 2014 e interesseranno circa 500 risorse/giorno dell'indotto.
  L'Eni ha inoltre avviato i confronti con le organizzazioni sindacali a livello locale per approfondire i contenuti del progetto, incontri che si sono svolti con le segreterie territoriali e l'esecutivo delle RSU nel giorno 3 settembre 2014.
  Attualmente proseguono i confronti con il livello nazionale delle organizzazioni sindacali di categoria.
  L'obiettivo è quello di realizzare a breve un accordo di programma per Gela che coinvolga tutti gli interlocutori parte in causa (Ministeri, regione, comune, organizzazioni sindacali ed Eni) al fine di definire un progetto in grado di dare stabilità di lungo periodo al sito e agli impianti interessati.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-03474 Vallascas: Finalità strategiche della cessione di una quota di CDP Reti a State Grid International Development.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In considerazione delle specifiche competenze del MiSE, osservo innanzi tutto che, l'entrata di capitali esteri nelle holding italiane è di per sé un fatto positivo perché dimostra la attrattività del sistema italiano.
  Nel caso specifico, la partecipazione, di natura fondamentalmente finanziaria, è relativa a una quota non maggioritaria in Cassa Depositi Reti, che a sua volta detiene quote del capitale di Terna e Snam, e quindi la partecipazione non avrà influenza diretta sulla gestione delle reti energetiche.
  La governance riservata al nuovo socio sarà tipica di un investimento di minoranza, in quanto è previsto un impegno reciproco al non trasferimento delle partecipazioni per due anni, con il diritto di prima offerta dell'altro socio alla scadenza, il rispetto di tutte le norme sull’unbundling come previsto dalle norme comunitarie e italiane e, vista la natura pubblica dei soggetti interessati, sono previste specifiche tutele su operazioni future ed espressi obblighi per evitare ricadute negative sulle certificazioni di indipendenza gestionale delle società Terna e Snam, come stabilite dalle norme comunitarie e come certificate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico, con l'obbligo di uscita dell'investitore in caso di mancato rispetto.
  L'operazione dovrebbe andare a conclusione entro la fine del 2014.
  Infine, con riguardo allo sviluppo e la pianificazione delle reti, si ricorda che le norme europee sulle reti energetiche, pienamente recepite dall'Italia, prevedono modalità di gestione trasparenti, non discriminatorie e tariffe cost reflective, sotto il controllo dell'AEEGSI, che a sua volta certifica il rispetto da parte del TSO della loro applicazione e della sua indipendenza di gestione nei confronti degli operatori di mercato nonché dei suoi azionisti.
   Nei casi in cui questo non avvenga le disposizioni nazionali e comunitarie prevedono la possibilità di intervento da parte della stessa AEEGSI e della Commissione Europea.
  Infine si fa presente che sono state emanate anche le recenti disposizioni applicative del decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014, n. 85 c.d. «Golden Power» che costituiscono una ulteriore garanzia attraverso l'attivazione, se necessario, dei poteri speciali da parte della PCDM.
  Il Ministero dell'Economia per quanto di sua specifica competenza ha informato che la Cassa Depositi e prestiti (da ora Cdp), con delibera del proprio Consiglio di amministrazione del 12 dicembre 2012, ha dato avvio a un processo di apertura del capitale sociale di CDP RETI e, a tale fine, nel dicembre 2013, ha indetto una procedura competitiva per la cessione di una quota minoritaria del capitale della società a terzi investitori.
  All'esito di una articolata procedura competitiva rivolta a circa 70 investitori italiani e internazionali, la Cdp ha ricevuto una sola offerta vincolante da parte di State Grid International Development Litnited (da ora SGID), società costituita a Pag. 129Hong Kong, appartenente al gruppo facente capo alla società pubblica State Grid Corporation of China («SGCC»).
  Come detto, la partecipazione oggetto di cessione, pari al 35 per cento di CDP RETI, rappresenta una quota di minoranza del capitale sociale. Il restante 65 per cento, infatti, rimarrà in capo a Cdp.
  Attualmente è in corso, altresì, un processo di dismissione di un ulteriore 14 per cento di CDP RETI ad altri Investitori Istituzionali italiani, quali ad esempio Fondazioni Bancarie, Fondi Pensione e Casse di Previdenza.
  Anche in ipotesi di cessione di un'ulteriore partecipazione della società, Cdp manterrebbe almeno il 51 per cento di CDP RETI e, dunque, il pieno controllo della società.
  In relazione all'acquisto della partecipazione del 35 per cento, a SGID verrebbero infatti riconosciuti unicamente quei diritti di governance necessari al fine di tutelare il proprio investimento di minoranza nella società.
  In particolare, SGID potrà nominare due amministratori su cinque del consiglio di amministrazione di CDP RETI e un membro su tre del collegio sindacale della società e godrà di un diritto di veto rispetto all'adozione di alcune limitate delibere. Inoltre SGID avrà diritto a designare un unico amministratore nei consigli di amministrazione di SNAM e Tema.
  Il closing dell'operazione è previsto per la fine di novembre.
  Cdp impiegherà le risorse rivenienti dall'operazione secondo la sua missione istituzionale a sostegno della crescita del Paese: nel finanziamento degli investimenti della Pubblica Amministrazione, nello sviluppo delle infrastrutture e a sostegno dell'economia e del sistema imprenditoriale nazionale.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-03353 Crippa: Adozione del decreto ministeriale per l'utilizzo del fondo destinato al sostegno delle imprese previsto dai commi 56 e 57 della legge n. 147 del 2014 (legge di stabilità 2014).

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'articolo 1, comma 56 della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014) ha istituito una misura di aiuto per il sostegno delle imprese che si uniscono in associazione temporanea di imprese (ATI) o in raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) al fine di operare su manifattura sostenibile e artigianato digitale, alla promozione, ricerca e sviluppo di software e hardware e all'ideazione di modelli di attività di vendita non convenzionali e forme di collaborazione tra tali realtà produttive. A tal fine la norma prevede l'istituzione nello stato di previsione dello sviluppo economico di un apposito Fondo, con una dotazione pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.
  Le agevolazioni sono riconosciute a condizione che sussista una forma di «collaborazione dei predetti soggetti con istituti di ricerca pubblici, università e istituzioni scolastiche autonome pubbliche sulla base di progetti triennali da questi presentati attraverso procedure selettive indette dal Ministero dello sviluppo economico».
  La norma presenta caratteri di forte incertezza interpretativa e incongruenza rispetto ai relativi contenuti per quanto riguarda in particolare:
  1. L'obbligo di costituzione delle imprese in associazione temporanea o raggruppamento temporaneo con esclusione quindi di forme più strutturate di collaborazione tra imprese quali i contratti di rete;
  2. La previsione che, ai fini dell'erogazione delle agevolazioni, debbano essere presentati da Istituti di ricerca pubblici, università istituzione scolastiche autonome (non beneficiari diretti delle agevolazioni) progetti triennali, all'interno dei quali – si presume – dovrebbero essere collocate le iniziative delle singole imprese;
  3. L'estrema ampiezza e scarso coordinamento delle spese e degli interventi ammissibili che vanno dalla ricerca e sviluppo, alla creazione di nuove realtà industriali, alla promozione di modelli di vendita non convenzionali, al sostegno delle idee ed al sostegno delle scuole del territorio;
  4. L'esiguità delle risorse disponibili ridottesi, per effetto dei tagli in bilancio a euro 4.673.531, che non consentono di perseguire alcuno degli obiettivi della norma.
  Alla luce della rilevanza dei temi per lo sviluppo territoriale toccati dalla norma di legge, si ritiene, pertanto, opportuna una riflessione volta a ridefinire le disposizioni in argomento, anche sulla base di un confronto con le associazioni interessate, procedendo allo stesso tempo alla individuazione di un piano finanziario di copertura adeguato agli obiettivi da definire anche tramite il ricorso alle risorse del fondo per la crescita sostenibile.

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ALLEGATO 5

Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo testo unificato C. 1512 Meta e abbinate.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La X Commissione,
   esaminato il nuovo testo unificato della proposta di legge Meta C. 1512 e abbinate, recante «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285»;
  premesso che:
   la proposta di legge impatta su uno dei settori industriali più strategici del nostro Paese, l'industria automobilistica, che conta all'incirca 1,2 milioni di addetti sul territorio, rappresenta il 16,5 per cento del gettito fiscale complessivo, pari al 4,5 per cento del PIL, che ha affrontato in questi anni una crisi senza precedenti di tutta la filiera dei produttori italiani di veicoli – auto, veicoli commerciali e industriali, ma anche rimorchi e semirimorchi (la cui produzione nazionale copriva fino a poco tempo fa la quota maggioritaria del mercato italiano – circa il 65 per cento – oggi in forte calo);
   in particolare, il comparto della produzione di rimorchi e semirimorchi pesanti e leggeri ha sofferto una gravissima crisi delle attività economiche e dei consumi, con perdite di fatturato prolungate e molto pesanti. Il mercato si è ridotto ad un terzo di quello che si registrava nel 2008 per i rimorchi pesanti (-62,6 per cento per l'anno 2013 sul 2008) e a meno della metà per i rimorchi leggeri (-44,7 per cento nel 2013 sul 2008), con conseguenze gravissime per le aziende produttrici (come dimostra il caso CIR, il principale operatore nazionale del settore, il cui stato di crisi è in discussione in questi giorni al Ministero dello sviluppo economico), per l'indotto, per l'occupazione di settore e, non ultimo, per i livelli di sicurezza e di qualità ambientale sulle strade (si ricorda, che il 67 per cento del parco rimorchi circolante ha oltre 10 anni di età);
   in assenza di risorse pubbliche da destinare al sostegno del comparto servono misure di supporto indirette, che, senza comportare oneri a carico della finanza pubblica, siano in grado di rilanciare il settore e premiare i produttori e gli acquirenti che, nonostante la crisi, continuano ad investire in prodotti innovativi, anche a tutela dei livelli di sicurezza sulle strade e dei livelli di qualità dell'aria e dell'ambiente;
   una di queste misure è rappresentata dall'incremento della velocità massima in autostrada dei convogli autovettura-rimorchio leggero (come le vetture che trainano le caravan) da 80 a 100 km/h. Tale previsione, oltre ad eliminare un problema di sicurezza stradale dato dall'intralcio alla fluidità del traffico che tali convogli oggi rappresentano, faciliterebbe l'utilizzo dei rimorchi leggeri per uso turistico con rilevanti conseguenze positive sullo sviluppo del mercato italiano di tali veicoli. Occorre segnalare che il limite di velocità di 80 km/h, previsto in Italia, non trova riscontro in Germania, Austria, Benelux e Francia, dove è stata da tempo modificata la disciplina della circolazione stradale nel senso qui indicato, con l'effetto di disincentivare i camperisti europei a viaggiare sulle strade italiane. Occorre altresì rilevare che la disposizione in questione risulterebbe conforme a quanto già previsto dalla direttiva 2007/46/CE, relativa alle Pag. 132omologazioni europee dei rimorchi, che già prevede una velocità massima per i rimorchi leggeri pari a 100 km/h;
   risulterebbe altresì opportuno prevedere l'aumento della tolleranza della massa massima consentita per gli autotreni e autoarticolati dotati di strumentazione di sicurezza. Il beneficio di tale norma ricadrebbe sul calcolo della massa massima consentita per possessori di autotreni e autoarticolati costituiti da un'unità motrice omologata Euro V o successivi e da una unità trainata, che, se provvisti delle dotazioni a fini di sicurezza o di riduzione dell'impatto ambientale rese progressivamente obbligatorie nel corso degli ultimi anni, potrebbero viaggiare con una massa complessiva non superiore del 10 per cento alla massa complessiva a pieno carico indicata nella carta di circolazione. L'aumento del limite di tolleranza del 5 per cento rispetto a quanto già previsto dal vigente codice della strada andrebbe a beneficio degli utenti che stanno investendo in veicoli sicuri ed efficienti, rispetto agli utenti che ancora circolano con veicoli più vecchi e non rispondenti agli attuali requisiti e indirettamente rappresenterebbe uno stimolo per il rinnovo del parco veicoli,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) all'articolo 6, provveda la Commissione di merito ad anteporre il seguente comma: «01. Alla lettera e) del comma 3 dell'articolo 142 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e 100 km/h, nel caso di treni, di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 54, costituiti da un autoveicolo di categoria M1 o N1 trainante un rimorchio di categoria O1 o O2, come definiti dal comma 2 dell'articolo 47»;
   2) provveda la Commissione di merito a sostituire il comma 2 dell'articolo 61 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con il seguente: «2. Gli autoarticolati e gli autosnodati non devono eccedere la lunghezza totale, compresi gli organi di traino, di 16,50 metri, sempre che siano rispettati gli altri limiti stabiliti nel regolamento; gli autosnodati e filo snodati adibiti a servizio di linea per il trasporto di persone destinati a percorrere itinerari prestabiliti possono raggiungere la lunghezza massima di 18,75 metri; gli autotreni e i filotreni non devono eccedere la lunghezza massima di 18,75 metri in conformità alle prescrizioni tecniche stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) valuti la Commissione di merito l'opportunità di prevedere, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 167 del codice della strada, che gli autotreni e autoarticolati costituiti da un'unità motrice omologata Euro V o successivi e dotata di controllo elettronico della stabilità, e da una unità trainata dotata di controllo elettronico della stabilità e di protezioni antincastro posteriori conformi a normativa comunitaria, possano circolare con una massa complessiva che non superi del 10 per cento la massa complessiva a pieno carico indicata nella carta di circolazione. Le sanzioni previste dal comma 2 si applicano all'eccedenza rispetto al limite di cui al periodo precedente;
   b) valuti la Commissione di merito l'opportunità, all'articolo 3, comma 1, di sostituire la lettera a) con la seguente:
  «a) al comma 1, primo periodo, dopo le parole: “la definitiva esportazione” sono inserite le seguenti: “per reimmatricolazione” e le parole da “restituendo” fino a “carta di circolazione” sono sostituite dalle seguenti: “restituendo le targhe, il certificato di proprietà e la carta di circolazione, oppure relativa denuncia di smarrimento, furto o distruzione”; al medesimo articolo 3, comma 2-bis, valuti conseguentemente l'opportunità di sopprimere le parole: “o demolito”».