CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 10 settembre 2014
294.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-03504 Pesco: Meccanismi per incentivare le banche ad utilizzare le somme erogate nell'ambito di operazioni di rifinanziamento a lungo termine della Banca Centrale Europea in favore del credito alle imprese e alle famiglie.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Pesco ed altri, nel richiamare l'attuale situazione di contrazione del credito chiedono quali iniziative si intendono assumere per fare in modo che i nuovi fondi previsti dalla BCE possano dare respiro alle imprese e alle famiglie in difficoltà e sbloccare questa situazione di stallo della nostra economia.
  Al riguardo, si fa presente che la Banca d'Italia, in data 8 settembre 2014 con il comunicato stampa recante «Prestiti bancari a garanzia delle operazioni di finanziamento con l'Eurosistema: nuove misure» ha deciso di ampliare la gamma dei prestiti che le banche possono utilizzare a garanzia delle operazioni di finanziamento con l'Eurosistema.

  In particolare, il citato comunicato prevede quanto segue:
   Le misure introdotte sono finalizzate a incentivare il credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie. Il nuovo collaterale faciliterà anche la partecipazione delle banche alle prossime operazioni di rifinanziamento della BCE (Targeted Longer-Term Refinancing Operations).
   Le misure entrano in vigore il 10 settembre 2014 e sono conformi alle regole stabilite dal Consiglio direttivo della BCE per lo schema ordinario dell'Eurosistema e per quello temporaneo degli Additional Credit Claims (ACC), che ammette la stanziabilità di crediti con caratteristiche di rischio meno stringenti.

  Nel dettaglio, le banche possono conferire a garanzia delle operazioni di rifinanziamento presso l'Eurosistema:
   1. Portafogli di crediti omogenei composti da mutui residenziali alle famiglie o da crediti alle imprese non finanziarie, nell'ambito dello schema degli ACC, e non solo singoli prestiti come finora possibile. Nei portafogli di crediti possono essere ricompresi prestiti con probabilità di insolvenza del debitore fino al 10 per cento. La metodologia di determinazione degli scarti di garanzia tiene conto della diversificazione del rischio dei portafogli e consente di applicare scarti in media più contenuti rispetto a quelli previsti sui prestiti stanziati singolarmente;
   2. La parte utilizzata delle linee di credito censite nella Centrale dei rischi come prestiti auto liquidanti e a revoca, tipologia di prestiti particolarmente diffusa tra le medie e piccole aziende. La Banca d'Italia ha individuato alcune modifiche contrattuali che le banche possono adottare per consentirne l'utilizzo come garanzia;
   3. Prestiti bancari, quando singolarmente o inseriti in un portafoglio, di importo non inferiore a 30.000 euro, al momento del conferimento in garanzia, sia nell'ambito dello schema ordinario sia in quello degli ACC. Finora la soglia minima dei prestiti accettati in garanzia è stata pari a 100.000 euro;
   4. Prestiti bancari, quando singolarmente conferiti, con una probabilità di Pag. 65insolvenza del debitore fino all'1,5 per cento, nell'ambito dello schema degli ACC; finora sono stati ammessi prestiti con una probabilità massima di insolvenza del debitore pari all'1 per cento;
   5. Crediti concessi sotto forma di leasing finanziario e factoring pro-soluto anche nello schema ordinario e non solo nello schema ACC, come fino ad oggi possibile, purché conformi ai criteri di idoneità previsti dall'Eurosistema, beneficiando in tal modo di scarti di garanzia più contenuti.

  I dettagli sulle nuove misure e le istruzioni operative per le controparti sono descritti nel documento Strumenti di politica monetaria dell'Eurosistema – Guida per operatori disponibile sul sito della Banca d'Italia: http://www.bancaditalia.it/bancacentrale/polmon/strumenti.
  Con riferimento, infine, alla richiesta avanzata nell'ultimo punto dell'interrogazione concernente la possibilità di tassare la plusvalenza realizzata dalle banche sui titoli di Stato con fondi di provenienza BCE, si fa presente che sia gli interessi attivi, percepiti al momento dell'incasso della cedola relativa ai titoli di Stato, sia gli interessi passivi, invece, corrisposti sui finanziamenti erogati dalla BCE, concorrono a formare il reddito imponibile delle banche secondo le regole ordinarie previste dal TUIR.
  Pertanto, mentre gli interessi attivi sono imponibili per il loro intero ammontare, quelli passivi sono deducibili in base a quanto previsto dal comma 5-bis, dell'articolo 96 del TUIR, secondo cui «gli interessi passivi sostenuti dai soggetti indicati nel primo periodo del comma D (le, banche e altri soggetti finanziari indicati nell'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87), sono deducibili dalla base imponibile della predetta imposta nei limiti del 96 per cento del loro ammontare».
  Sulla base di quanto sopra esposto, si è dell'avviso che con i citati strumenti di politica monetaria si possano creare le condizioni per una ripresa del credito nel senso auspicato nell’ interrogazione, fermo restando che l'attento monitoraggio dell'effettivo andamento degli impieghi potrà consentire la valutazione di eventuali altre misure, anche di carattere fiscale, idonee a garantire tale imprescindibile obiettivo.

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ALLEGATO 2

5-03505 Causi: Emanazione di decreti ministeriali attuativi della disciplina in materia di microcredito.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Causi ed altri chiedono quali siano i tempi di emanazione dei decreti attuativi che disciplinano l'attività di microcredito.
  Al riguardo, occorre premettere che l'articolo 111 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario), prevede che i soggetti iscritti in un apposito elenco possono concedere, a determinate condizioni, finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa.
  Il comma 5, del medesimo articolo 111 demanda l'attuazione della citata previsione ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare sentita la Banca d'Italia, volto a stabilire, tra l'altro, i requisiti concernenti i beneficiari e le forme tecniche dei finanziamenti; i limiti al volume delle attività, alle condizioni economiche applicate e all'ammontare massimo dei finanziamenti; le informazioni da fornire alla clientela.
  In attuazione della citata normativa, il Ministero dell'economia, in collaborazione con la Banca d'Italia, ha predisposto lo schema di decreto in questione e lo ha trasmesso al Consiglio di Stato per il parere.
  Il Supremo Consesso, nell'Adunanza di sezione dell'8 maggio 2014, ha espresso un parere interlocutorio, in relazione al quale lo schema di decreto è stato modificato e nuovamente trasmesso al Consiglio di Stato.
  Attualmente, si è in attesa di ricevere il parere definitivo del citato Organo Consultivo (che da notizie assunte nelle vie brevi dovrebbe essere imminente) e, ove nulla osti, il citato schema sarà sottoposto alla firma del Ministro dell'economia e delle finanze per i successivi adempimenti.

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ALLEGATO 3

5-03506 Paglia: Innalzamento dell'aliquota dell'imposta di bollo speciale sulle attività finanziarie oggetto dello scudo fiscale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento di sindacato ispettivo in oggetto, l'onorevole interrogante chiede di sapere se il Governo non ritenga di dover inserire nella prossima legge di stabilità una disposizione che preveda l'innalzamento, a partire dall'anno in corso, dell'aliquota a regime del 4 per mille dell'imposta di bollo speciale applicata alle attività finanziarie oggetto di emersione ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e degli articoli 12 e 15 del decreto legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, rispristinando quantomeno il livello di tassazione già introdotto dal Governo Monti.
  Tale imposta, ricorda l'interrogante, è stata introdotta dall'articolo 19, commi da 6 a 12, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito dalla legge n. 214 del 2011 ed è stabilita nella misura del 10 per mille per l'anno 2012, del 13,5 per mille per l'anno 2013 e del 4 per mille per gli anni successivi.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'amministrazione finanziaria, si fa presente quanto segue.
  L'imposta di bollo speciale è dovuta per le sole attività finanziarie rimpatriate, che sono ancora detenute in regime di riservatezza alla data del 31 dicembre di ciascun anno.
  A decorrere dal 2013, l'aliquota dell'imposta di bollo speciale è stabilita nella misura del 4 per mille, mentre è stata del 10 per mille per il 2011 e del 13,5 per mille per il 2012.
  Riguardo alla perdita di gettito segnalata dall'interrogante, l'Agenzia delle entrate rappresenta che la medesima può derivare non soltanto dalla diminuzione della misura fissata per gli anni successivi al 2012, ma anche da altre circostanze, tra cui: la rinuncia volontaria al regime della riservatezza, il prelievo a titolo definitivo di denaro o attività finanziarie dal conto riservato, l'esibizione della dichiarazione riservata in sede di accessi, ispezioni e verifiche da parte dell'Amministrazione finanziaria ovvero a seguito di avvisi di accertamento o di rettifica o di atti di contestazioni di violazioni tributarie.
  Più precisamente il Dipartimento delle Finanze ha stimato che il gettito derivante dalla suddetta imposta è risultato essere pari a 835 milioni di euro nel 2013 e a 138 milioni di euro a tutto luglio del 2014.
  Tutto ciò premesso, per quanto concerne la valutazione di carattere squisitamente politico oggetto della presente interrogazione, ci si limita ad osservare in questa sede che la questione deve essere valutata avendo riguardo sia al tema della equità sia a quello della credibilità, anche in prospettiva della legislazione, in termini di non applicazione postuma di trattamenti fiscali discriminatori rispetto alla disciplina generale, tanto più in relazione a fattispecie su cui già si è agito una volta con provvedimenti una tantum di inasprimento fiscale postumo.
  La questione necessita, quindi, di approfondite riflessioni.

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ALLEGATO 4

5-03507 Pagano: Trattamento tributario degli interessi corrisposti dai soci agli enti e alle società cooperative costituite tra i dipendenti di una medesima amministrazione pubblica.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'onorevole interrogante chiede di conoscere quali iniziative il Ministro dell'economia e delle finanze intenda assumere per fare in modo che agli organismi facenti parte dell'elenco di cui all'articolo 112 comma 7, del Testo Unico Bancario, non si applichi l'articolo 1, comma 465, della legge n. 311 del 2004, consentendo in tal modo che gli interessi sulle somme versate dai soci persone fisiche alle società cooperative e loro consorzi, alle condizioni previste dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, siano interamente deducibili con conseguente abolizione del previsto limite di deducibilità.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente che l'elenco di cui al richiamato articolo 112, comma 7, del TUB, comprende gli enti e le società cooperative costituiti tra i dipendenti di una medesima amministrazione pubblica entro il 1° gennaio 1993, che possono continuare ad operare alle condizioni e nei limiti stabiliti dalle disposizioni di settore senza l'obbligo di iscrizione in albi ed elenchi tenuti dalla Banca d'Italia.
  La stessa Agenzia evidenzia che l'istituto del prestito, dal punto di vista tributario, è stato da sempre disciplinato da norme di carattere agevolativo, e finalizzato a favorire alcune categorie di soggetti istituzionali che svolgono essenzialmente attività mutualistiche.
  Tale regime fiscale va esaminato sia dal lato del percettore, chiarendo la tassazione prevista in capo al socio, sia con riferimento al soggetto erogante, al fine di appurare la deducibilità di tale componente negativo per l'ente.
  Sotto il primo profilo, la ritenuta a titolo d'imposta sugli interessi e redditi di capitale erogati ai soci persone fisiche residenti nel territorio dello Stato dalle società cooperative e loro consorzi è pari al 26 per cento così come previsto dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014.
  Per ciò che concerne il trattamento fiscale di detti interessi in capo all'erogante, la legge finanziaria per il 2005, all'articolo 1 comma 465, ha previsto che «gli interessi sulle somme che i soci persone fisiche versano alle società cooperative e loro consorzi alle condizioni previste dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 e successive modificazioni sono indeducibili per la parte che supera l'ammontare calcolato con riferimento alla misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento».
  Tale limite, imposto dal legislatore, ha la finalità di distinguere l'istituto del prestito in questione da quello del conferimento che invece, costituisce un apporto di capitale di rischio e dal prestito obbligazionario, sottoscrivibile anche da soggetti non soci e rimborsabile a medio-lungo termine.
  La disciplina favorisce ed incentiva tali forme di prestito da parte dei soci, consentendo di portare in deduzione dal reddito complessivo della cooperativa gli interessi Pag. 69passivi fino ad una soglia massima che il legislatore considera fisiologica. Allo stesso tempo, però, la norma, con finalità di carattere antielusivo, pone un limite alla deducibilità degli interessi passivi in capo al soggetto erogante. Tale limite è volto a contrastare gli arbitraggi che possono derivare dalla circostanza che, convivendo in capo allo stesso soggetto la figura di socio e quella di finanziatore, si verifichi una distribuzione di utili (indeducibili) sotto forma di erogazione di interessi passivi (deducibili).
  Alla luce di quanto riferito, tenuto conto che l'impianto normativo risulta coerente con le finalità delineate dal legislatore, si ritiene di poter condividere le osservazioni dell'Agenzia delle entrate.