CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 agosto 2014
288.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (III e IV)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Risoluzioni nn. 7-00456, 7-00457 e 7-00458: Sul contributo dell'Italia alle iniziative internazionali per la crisi nel Nord dell'Iraq.

RISOLUZIONE N. 7-00456 CICCHITTO E VITO APPROVATA DALLE COMMISSIONI

  Le Commissioni Affari esteri e Difesa,
   preso atto delle comunicazioni rese dai Ministri degli affari esteri e della difesa sui recenti sviluppi della situazione in Iraq, anche con riferimento agli esiti del Consiglio straordinario dei ministri degli esteri dell'Unione europea del 15 agosto 2014;
   valutato che l'occupazione di ampie porzioni di territorio iracheno e siriano cadute sotto il controllo dell'ISIS e di ulteriori forze terroristiche fondamentaliste rappresenta una seria minaccia alla sicurezza internazionale, ai sensi della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2170 (2014), adottata nell'ambito del Capitolo VII della Carta;
   manifestata viva preoccupazione per la catastrofe umanitaria e le atrocità che soprattutto nel Nord dell'Iraq stanno subendo le minoranze religiose ed in particolare quella cristiana e quella yazida;
   sottolineata la necessità di tutelare la natura multiconfessionale della regione che costituisce un patrimonio di civiltà e di cultura per tutto il mondo;
   incoraggiata la formazione di un nuovo governo iracheno in cui possano riconoscersi tutte le componenti del Paese, a garanzia della sua integrità territoriale;
   condivisa la ferma condanna espressa dal Consiglio straordinario dei ministri degli esteri dell'Unione europea lo scorso 15 agosto nei confronti degli attacchi perpetrati dall'ISIS e dagli altri gruppi armati associati, che si configurano come veri e propri crimini contro l'umanità,

impegnano il Governo

a dare attuazione agli indirizzi formulati dal Consiglio straordinario dei ministri degli esteri dell'Unione europea del 15 agosto 2014, rispondendo, d'intesa con i partner europei e transatlantici, alle richieste di aiuto umanitario e di supporto militare delle autorità regionali curde, con il consenso delle autorità nazionali irachene.
(7-00456)
«Cicchitto, Vito, Amendola, Scanu, Alli, Scopelliti, Rabino, Causin, Marazziti, Santerini, Locatelli, Picchi, Palmizio».

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ALLEGATO 2

Risoluzioni nn. 7-00456, 7-00457 e 7-00458: Sul contributo dell'Italia alle iniziative internazionali per la crisi nel Nord dell'Iraq.

RISOLUZIONE N. 7-00457 ARTINI E SIBILIA

  Le Commissioni Affari esteri e Difesa,
   considerato che:
    la proclamazione di un califfato tra la Siria e l'Iraq, da Aleppo a Diyala, sul modello dell'Impero Ottomano da parte dell'ISIS (Esercito dello Stato Islamico dell'IRAQ e del Levante) e guidato dal leader jihadista Al Baghdadi, rappresenta una novità sullo scenario mediorientale i cui elementi di tragica modernità e la forte attrazione che quel modello esercita specialmente sulle nuove generazioni arabe – deluse dalla mancata accettazione delle richieste di maggiore giustizia sociale e di libertà delle «primavere arabe» e frustrate dalle politiche di guerra condotte dall'Occidente direttamente o attraverso governi complici negli ultimi trenat'anni – impone un cambio della politica intrapresa dalla comunità internazionale in quell'area. Un intervento armato occidentale diretto o indiretto contro l'ISIS rischia infatti di aumentarne le simpatie nelle popolazioni arabe invece di aprire, come sarebbe necessario, contraddizioni e divisioni tra l'ISIS e le altre componenti – nazionaliste ed islamico moderate – del mondo sunnita;
    Al Baghdadi gode di un prestigio crescente tra i musulmani sunniti mentre il suo movimento cresce a vista d'occhio avendo a disposizione oltre dieci mila miliziani, finanziamenti e equipaggiamento militare mai avuti in precedenza da Al Qaeda. Armi e soldi che arrivano, copiosi, dal Golfo Persico, i cui emirati (per la maggior parte stretti alleati degli USA) sono stati impegnati in prima fila a sostenere ogni gruppo armato radicale sunnita in funzione anti-Assad. Se si vuole colpire l'ISIS occorre in primo luogo fermare questi finanziamenti le cui fonti sono tutte note all’intelligence USA ed europea, avendone fatto ampio uso per destabilizzare la Siria;
    le stragi di civili, le esecuzioni sommarie di prigionieri, le conversioni religiose forzate, il ritorno dello schiavismo specialmente quello delle donne, non sembrano purtroppo appartenere solo all'ISIS, ma anche ad altre componenti fondamentaliste che la politica settaria di Al Maliki in Iraq e il sostegno a vere e proprie bande jihadiste da parte degli «Amici della Siria» in funzione anti-Assad hanno praticato nel silenzio della comunità internazionale dal 2011 in poi. Chi ha costruito questo disastro attraverso le varie guerre nel Golfo ed in Siria farebbe bene ad astenersi dal partecipare ancora a bombardamenti ed operazioni militari e a continuare a riempire quelle zona di nuovi armamenti;
    gli attacchi contro i cristiani e le altre minoranze non rappresentano una dinamica degli ultimi giorni, in Iraq e in Siria. Molto prima della crescita in termini di potere dell'ISIS, da troppo tempo le comunità cristiane e sciite (che, tra l'altro, rimane la comunità di maggioranza in Iraq) sono considerate dagli estremisti sunniti come infedeli, ladri e disprezzati in ogni modo;
    in Iraq e in Siria le minoranze perseguitate non sono solo quelle cristiane ma anche quelle di yazidi, shabak, bahá’í, armeni, comunità di colore, circassi, Pag. 12Kaka'i, kurdi faili, palestinesi, rom, turkmeni, mandei e sabei. Si tratta di una immensa ricchezza umana, culturale e storica che ha sempre fatto dell'Iraq un Paese plurietnico e multi religioso e che oggi rischia di essere cancellato dal fondamentalismo religioso e settario nemico dell'umanità;
    le minoranze in Iraq, concentrate nella Piana di Ninewa, hanno ragioni storiche per cui avere paura. Del più di un milione di cristiani che vivevano in Iraq nel 2003 ad oggi ne sono rimasti circa quattrocento mila, costretti a lasciare il Paese in un clima di politiche settarie portate avanti anche dal ex-premier Al-Maliki;
    l'attuale drammatica situazione è figlia diretta delle «guerre democratiche ed umanitarie» esportate in Iraq dalle 1991 in poi dalle potenze della NATO, Italia inclusa, che hanno fatto implodere l'Iraq e scatenare l'odio religioso nei confronti di chi professa confessioni diverse;
    in tre cantoni della Siria, in particolare nella regione di Rojava, in risposta alla disgregazione dello Stato centrale siriano e delle violenze settarie e confessionali, la popolazione a prevalenza kurda ma in verità multietnica e multi religiosa, si è organizzata per tutelarsi rendendosi autonoma a partire dal 2011. I gruppi politici locali hanno creato delle istituzioni autonome ed elettive nelle città del nord che amministrano. Hanno dato sinora accoglienza a molti sfollati dalle altre regioni della Siria e soprattutto hanno avviato una politica inclusiva per le molte minoranze presenti nel loro territorio;
    in Rojava convivono gruppi di diversa cultura e religione e questa cosa dovrebbe essere incoraggiata e sostenuta dalla comunità internazionale. Tutti partecipano alla vita politica e a settembre terranno le prime elezioni. Sul suo territorio si situano tre campi profughi ed accolgono un milione di sfollati da altre aree della Siria. Hanno un accordo di non belligeranza con Assad, ma non ci collaborano. Anzi lo accusano di non far arrivare alcun aiuto nella loro area. Inoltre combattono contro l'ISIS proponendo una terza via democratica e di piena tutela di tutte le minoranze. Le esperienze di convivenza tra diversi dovrebbero essere valorizzate dalla comunità internazionale, anche attraverso un intervento sul Governo di Ankara affinché cessi la politica di embargo nei confronti di questa zona libera della Siria, aprendo finalmente le frontiere agli aiuti e agli scambi commerciali ed economici da e per Rojava;
    già con l'ordine del giorno del gruppo del Movimento 5 Stelle n. 9/01670A-R/62, riformulato dal Governo, si chiedeva di «utilizzare la missione diplomatica di cui al comma 2 dell'articolo 6 (del decreto missioni) anche per ottenere dalla Turchia e dalla Regione Autonoma Kurda (KRG) l'apertura dei valichi per consentire il passaggio degli aiuti umanitari; di utilizzare inoltre la presenza del nostro funzionario al confine turco/siriano anche per il coordinamento degli aiuti umanitari italiani ai rifugiati in Turchia e nel Kurdistan iracheno e siriano, oltre che di aprire un canale diplomatico con le autorità della Regione Autonoma Kurda». Purtroppo, anche a seguito dell'approvazione di questo ordine del giorno, la delegazione di Rojava poteva entrare due volte nel Parlamento italiano solo grazie all'iniziativa dei deputati del M5S e di SEL ma non è mai stata ricevuta da nessuna autorità governativa italiana. Evidentemente chi chiede pane, medicinali e la fine dell’embargo non ha lo stesso ascolto di chi invece chiede armi;
    all'assoluta insensibilità dei governi occidentali alla vicenda kurda, evidentemente per non irritare la Turchia potente alleato della NATO, si sostituisce oggi una politica di sostegno armato ai Peshmerga e comunque alle componenti militari kurde. Lo si fa senza alcun riconoscimento dei sacrosanti diritti di quel popolo – il PKK per esempio, continua ad essere inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche – ma con la pretesa di utilizzarli come «fanteria dell'Occidente», come «truppe di terra» coperte dai bombardamenti dei caccia e degli UAV USA. Un siffatto innaturale Pag. 13impiego dei Peshmerga e della altre milizie kurde non tiene conto che il radicamento e la popolarità delle stesse derivano dal fatto che esse agiscono nel proprio territorio che conoscono come il palmo della loro mano. Fuori da quel contesto, in un territorio sunnita per esempio, rischierebbero comunque di essere percepite come truppe di occupazione. Non di armi ma di diritti avrebbe bisogno il popolo kurdo, visto che la sua soluzione, in uno stato laico e multietnico, dovrebbe per forza mettere mano ai confini post coloniali scritti con «il sigaro di Churchill sulla sabbia». Insieme alla soluzione della vicenda palestinese la soluzione politica della vicenda kurda rappresenterebbe un passo fondamentale verso la pace e la stabilità del Medio Oriente,

impegnano il Governo:

   a dichiarare l'attuale indisponibilità della Repubblica Italiana all'invio di armi e di truppe in Iraq e in Siria, contestualmente alla creazione di una cabina di regia che informi il Parlamento sullo stato della situazione nell'area indicata, al fine di valutare prontamente eventuali azioni;
   a dichiarare la disponibilità a fornire equipaggiamenti non letali a protezione della vita umana (giubbotti antiproiettile, elmetti) prelevate dal surplus risultante dalla riorganizzazione derivante dai decreti delegati della legge n. 244 del 2012, nonché supporto di intelligence tecnologicamente avanzato, subordinato al primo impegno indicato, finalizzato all'individuazione delle forze dell'ISIS, ai fini di una miglior difesa delle forze kurde presenti nell'area;
   ad assumere una iniziativa internazionale per il cessate il fuoco, la smilitarizzazione delle città contese, l'apertura di corridoi umanitari, il ripristino delle forniture di acqua potabile e di energia elettrica, il sostegno e l'accoglienza ai profughi come precondizione per il ritorno in sicurezza degli stessi nei loro villaggi e case;
   a chiedere inoltre:
    a) agli «Amici della Siria» di cessare immediatamente di rifornire finanziamenti e supporto ai gruppi jihadisti. In caso di risposta negativa a far uscire l'Italia da questa organizzazione;
    b) al governo turco di porre fine all’embargo economico con le regioni libere di Rojava, consentendo la piena fruizione dei valichi di frontiera non controllati dall'ISIS e ad operare affinché la sperimentazione democratica dei tre cantoni di Rojava in Siria possa rafforzarsi dentro la prospettiva di un Paese libero, democratico e pluriconfessionale;
    c) al Governo iracheno di cessare di armare civili e milizie irregolari sciite spesso corresponsabili della violenza settaria, quanto i combattenti irregolari sunniti;
    d) di assumere nei confronti di tutte le altre componenti politiche del mondo kurdo, una interlocuzione indispensabile per dare una soluzione giusta e rispettosa del diritto internazionale e di tutte le minoranze della questione kurda, a fronte delle premesse indicate ed in considerazione dell'innegabile credibilità che le popolazioni kurde si sono conquistate;
   a chiedere infine, anche in forza della presidenza italiana dell'Unione europea per il semestre in corso, che l'Unione europea si presti come facilitatrice di una conferenza di dialogo politico tra le parti, che preveda anche meccanismi di secondo livello per la partecipazione delle società civile. Tale ruolo potrebbe essere svolto con legittimità ed efficacia molto più dall'Unione europea che dagli USA, che hanno perso, negli anni dell'occupazione militare in Iraq, di peso e prestigio politico;
   a promuovere, in ultima istanza, un'indagine in sede ONU per la ricerca e la tracciabilità di tutte le fonti monetarie che finanziano forza armate irregolari e/o non riconosciute ufficialmente nell'area oggetto della risoluzione.
(7-00457)
«Artini, Sibilia, Rizzo, Spadoni, Frusone, Corda».

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ALLEGATO 3

Risoluzioni nn. 7-00456, 7-00457 e 7-00458: Sul contributo dell'Italia alle iniziative internazionali per la crisi nel Nord dell'Iraq.

RISOLUZIONE N. 7-00458 DURANTI E PALAZZOTTO

  Le Commissioni III e IV,
   al termine della riunione delle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera e del Senato di oggi 20 agosto 2014, per le comunicazioni del Governo riguardo la situazione in Iraq e le decisioni del Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione europea tenutosi il 15 agosto scorso;
   ascoltate le comunicazioni delle Ministre degli affari esteri e della difesa;
   condannando le persecuzioni e atrocità commesse dai miliziani ISIS verso le popolazioni civili;
   sottolineando l'urgenza di una forte iniziativa internazionale nell'ambito delle Nazioni unite per la protezione dei civili e di dare seguito alle raccomandazioni contenute nella risoluzione recentemente adottata dal Consiglio di sicurezza riguardo all'ISIS;
   richiamando l'attenzione sulla necessità di assicurare la tenuta e l'agibilità del nuovo governo irakeno che si insedierà a breve dopo l'uscita di scena dell'ex-premier Al Maliki, e l'effettivo coinvolgimento delle rappresentanze sunnite finora marginalizzate dalla vita politica del paese;
   ricordando che la recente decisione del Consiglio dei Ministri dell'Unione europea del 15 agosto lascia ai Paesi membri la possibilità di optare per l'invio di armi alle forze «peshmerga» o l'invio di aiuti umanitari alle popolazioni civili;
   considerando che allo stato attuale l'invio di armi ai peshmerga rischia di accelerare il processo di divisione dell'Iraq e di rafforzare un progetto di Kurdistan iracheno indipendente, con conseguente ulteriore destabilizzazione in tutta l'area;
   ritenendo che la decisione rispetto all'invio di armi da parte del Governo italiano debba essere sottoposta ad una discussione circostanziata ed accurata del Parlamento e non ad una semplice informativa ex post in Commissione, nonché all'approvazione di un atto specifico che autorizzi la cessione di armamenti compatibilmente con le prescrizioni ed i criteri fissati dalla legge n. 185 del 1990;
   respingendo la proposta fatta dal Governo di inviare armi alle milizie peshmerga,

impegnano il Governo:

   ad attivarsi prontamente con un'iniziativa a livello europeo e presso i competenti organi delle Nazioni unite per l'invio in tempi rapidi di un contingente di peace enforcement sostenuto e sotto il comando dell'Unione europea che si attenga strettamente alle regole del diritto internazionale e che operi esclusivamente a difesa dei civili minacciati dall'avanzata di ISIS;
   a promuovere, in quanto presidente di turno dell'Unione europea la convocazione di una conferenza che veda coinvolti tutti Paesi della regione, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Turchia in primis, al fine di mettere a punto un approccio regionale alla crisi e di isolare economicamente e politicamente ISIS e le forze jihadiste che Pag. 15operano in quelle aree, dando applicazione alle decisioni in merito adottate dal Consiglio di Sicurezza ONU;
   a rafforzare le proprie iniziative umanitarie, dando maggior risalto alle attività ed al protagonismo delle realtà locali ad Erbil e nelle zone limitrofe.
(7-00458) «Duranti, Palazzotto, Scotto, Piras».