CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 agosto 2014
286.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (Atto n. 99).

RIFORMULAZIONE DELLA PROPOSTA DI PARERE
DEL RELATORE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali;
   premesso che:
    l'articolo 7 della legge n. 23 del 2014 conferisce una delega al Governo in materia di semplificazione fiscale;
    in particolare, il citato articolo 7 stabilisce che il Governo provveda alla revisione sistematica dei regimi fiscali e al loro riordino, al fine di eliminare complessità superflue e di procedere alla revisione degli adempimenti, con particolare riferimento a quelli superflui o che diano luogo, in tutto o in parte, a duplicazioni, ovvero a quelli che risultino di scarsa utilità per l'amministrazione finanziaria ai fini dell'attività di controllo e di accertamento o comunque non conformi al principio di proporzionalità;
    un ulteriore principio e criterio direttivo di delega recato dalla legge n. 23 riguarda la revisione, a fini di semplificazione, delle funzioni dei sostituti d'imposta e di dichiarazione, dei centri di assistenza fiscale, i quali devono fornire adeguate garanzie di idoneità tecnico-organizzativa, e degli intermediari fiscali, con potenziamento dell'utilizzo dei sistemi informatici, avendo anche riguardo ai termini dei versamenti delle addizionali comunali e regionali, all'imposta sul reddito delle persone fisiche;
    lo schema di decreto legislativo, che rappresenta il primo passo per avviare il processo di semplificazione fiscale, fattore necessario per migliorare i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti, contiene molteplici disposizioni in materia di semplificazione per le persone fisiche – quali l'introduzione della dichiarazione dei redditi precompilata per lavoratori dipendenti e pensionati –, per le società, per l'ottenimento dei rimborsi fiscali, oltre a quelle riguardanti la fiscalità internazionale e l'eliminazione di adempimenti superflui;
    in particolare, la possibilità, prevista dal Capo I dello schema di decreto legislativo per i lavoratori dipendenti e assimilati e per i pensionati (circa 30 milioni di contribuenti) che hanno i requisiti per presentare il modello 730, di utilizzare la dichiarazione dei redditi precompilata costituisce una rilevante innovazione in materia di semplificazioni nei rapporti tra fisco e contribuenti, fornendo a questi ultimi maggiori garanzie in materia di controlli;
    appare necessario, tuttavia, un migliore coordinamento e una riscrittura di alcune disposizioni del Capo I dello schema di decreto, al fine di eliminare la possibilità che insorgano dubbi interpretativi e, soprattutto, di assicurare l'efficacia della nuova modalità di dichiarazione;
    la norma di cui all'articolo 11 dello schema di decreto, volta a disciplinare il regime fiscale applicabile alle società tra professionisti (STP), rischia invece di non Pag. 165costituire una semplificazione per le STP in forma di società di capitale e società cooperative, le quali dovranno tenere una duplice contabilità e redigere un doppio bilancio: uno civilistico, basato sul principio di competenza economica, e uno fiscale, ispirato al criterio di cassa;
    con riguardo all'articolo 21 dello schema di decreto, appare necessario chiarire che l'importo relativo alle comunicazioni delle operazioni intercorse con i Paesi black list si riferisce all'ammontare annuale e non alla singola operazione;
  rilevato che:
   è necessario rafforzare le misure di semplificazione e di eliminazione delle complessità superflue contenute nello schema di decreto;
   risulta opportuno ridurre i soggetti coinvolti nell'applicazione delle procedure previste dalla disciplina sulle società in perdita sistemica di cui all'articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies del decreto-legge n. 138 del 2011, in particolare ampliando il periodo di osservazione previsto per l'applicazione della disciplina dagli attuali tre a cinque periodi d'imposta;
   di particolare gravosità per le imprese sono gli adempimenti relativi alla responsabilità solidale dell'appaltatore con il subappaltatore del versamento all'erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del rapporto di subappalto: tale disciplina, pur perseguendo l'obiettivo di contrastare l'evasione fiscale, ha previsto oneri amministrativi sulle imprese che si sono rivelati non proporzionati rispetto all'esigenza di contrastare i fenomeni di frode e di evasione fiscale riscontrati nell'esperienza operativa da parte di coloro che utilizzano lavoratori in nero; è pertanto necessario abrogare le disposizioni di cui all'articolo 35, commi 28, 28-bis e 28-ter del decreto-legge n. 223 del 2006, e contestualmente prevedere che il committente convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori, qualora abbia eseguito il pagamento ai lavoratori dei trattamenti retributivi, sia tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d'imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, compreso il versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, in modo tale da evitare, da una parte, qualunque «intromissione» nell'autonomia contrattuale delle parti e, dall'altra, garantire il contrasto, nelle suddette ipotesi, dell'evasione fiscale connessa all'utilizzo di lavoratori in nero, poiché l'estinzione delle società emerge, nella prassi operativa, come modalità frequentemente adottata per sottrarsi agli obblighi fiscali e contributivi; va, altresì, previsto che ai fini della liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del codice civile abbia effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   a) per quanto riguarda le disposizioni in materia di dichiarazione precompilata di cui al Capo I dello schema di decreto legislativo, siano apportate le seguenti modificazioni:
    1) all'articolo 1, comma 4, secondo periodo, dello schema di decreto, dopo le parole: «Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164», siano inserite le seguenti: «a un centro di assistenza fiscale o a un professionista di cui al comma 3», così da chiarire che l'applicazione delle disposizioni richiamate in materia di controllo è limitata alle ipotesi di presentazione della dichiarazione a un centro di assistenza fiscale o a un professionista e, conseguentemente, che la dichiarazione può essere presentata anche a un sostituto d'imposta;Pag. 166
    2) all'articolo 3, comma 1, lettera a), siano sostituite le parole «per ciascun soggetto» con le seguenti «per tutti i soggetti presenti nel rapporto», al fine di richiedere agli enti esterni oltre ai dati relativi ai soggetti che corrispondono le somme anche quelli di eventuali terzi che sono presenti nei rapporti (assicurati, beneficiari) ai fini dell'esatta individuazione delle agevolazioni;
    3) all'articolo 4, comma 2, lettera b), numero 2), e lettera c), siano sostituite le parole «entro trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione», dalle seguenti «prima della trasmissione della dichiarazione e comunque entro il 7 luglio», con la finalità di rendere disponibile ai contribuenti la dichiarazione elaborata, prima dell'invio all'Agenzia delle entrate;
    4) all'articolo 4, comma 3, lettera c), secondo periodo, siano sostituite le parole «su tutti i dati», con le seguenti: «sui dati», per chiarire che il visto di conformità non viene apposto su tutti i dati della dichiarazione ma solo sui dati pertinenti, ivi inclusi quelli forniti con la dichiarazione precompilata; inoltre, all'articolo 4, comma 2, siano sostituite le parole «sette luglio» ovunque ricorrano, con le seguenti «7 luglio»;
    5) all'articolo 4, il comma 4 sia riformulato nei seguenti termini: «4. La dichiarazione precompilata relativa al periodo d'imposta precedente è presentata dai soggetti di cui all'articolo 51-bis del decreto-legge 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, entro il 7 luglio, con le modalità indicate alle lettere a) e c) del comma 3. Se dalla dichiarazione emerge un debito, il pagamento deve comunque essere effettuato con le modalità ed entro i termini previsti per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.», allo scopo di uniformare il termine a quello previsto in favore degli altri contribuenti e precisare che, se dalla dichiarazione emerge un debito, il pagamento deve comunque essere effettuato con le modalità ed entro i termini previsti per il versamento dell'imposta sul reddito delle persone fisiche;
    6) all'articolo 5, comma 1, la lettera a) sia riformulata nei seguenti termini: «a) formale sui dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi di cui all'articolo 3. Su tali dati, resta fermo il controllo della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni», al fine di prevedere che l'esclusione dal controllo formale sia applicato ai soli dati forniti dai soggetti terzi e che, pertanto, i dati comunicati dai sostituti d'imposta possono essere sottoposti a controllo documentale in caso, ad esempio, di rettifica dei dati del CUD o di errore sulla determinazione delle ritenute da parte del sostituto d'imposta;
    7) per le medesime finalità, all'articolo 5, comma 3, il secondo periodo sia sostituito dal seguente: «Resta fermo il controllo nei confronti del contribuente della sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto alle detrazioni, alle deduzioni e alle agevolazioni»;
    8) all'articolo 6, comma 1, lettera a), dopo le parole «Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600» siano aggiunte le seguenti: «sempreché il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa del contribuente», al fine di distinguere tra il dolo del contribuente e la colpa o il dolo del CAF;
    9) all'articolo 6, comma 1, lettera a), sia soppressa la parola «esecutivo», in quanto la comunicazione consente l'iscrizione a ruolo della somma dovuta ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 ed è lo stesso ruolo che costituisce il titolo esecutivo e, pertanto, la comunicazione non può essere essa stessa titolo esecutivo;
    10) all'articolo 6, comma 1, lettera a), sia aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La sanzione è ridotta nella misura prevista dall'articolo 13, comma 1, lettera b, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, se il versamento è effettuato entro Pag. 167la stessa data del 10 novembre.», al fine di ridurre la sanzione a carico degli intermediari nei casi presentazione della dichiarazione rettificativa o di una comunicazione che contenga i dati della rettifica entro il 10 novembre;
    11) all'articolo 6, comma 1, la lettera b) sia sostituita dalla seguente: «b) nel comma 1, dopo la lettera a), sono inserite le seguenti: «a-bis) se il visto infedele è relativo alla dichiarazione dei redditi presentata con le modalità di cui all'articolo 13, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164, non si applica la sanzione amministrativa di cui al primo periodo della lettera a);
   a-ter) nell'ipotesi di dichiarazione rettificativa di cui al comma 1, lettera a), il contribuente è tenuto al versamento della maggiore imposta dovuta e dei relativi interessi.»», e sia soppresso il comma 2 il cui contenuto è inserito nel corpo delle modifiche all'articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997, lettera a-ter), del comma 1;
    12) all'articolo 6, comma 3, lettere c), capoverso «comma 3-bis» e d), capoverso «comma 3-ter», si aumentino i tempi concessi agli intermediari per fornire riscontro alle richieste di controllo documentale da 30 a 60 giorni, tenuto conto che potrebbero pervenire contemporaneamente ad un unico intermediario un numero consistente di richieste da parte dell'Agenzia; conseguentemente, si aumentino a 60 giorni i termini per il versamento delle somme richieste di cui al medesimo articolo 6, comma 3, lettera d), capoverso «comma 3-quater» e sia soppresso il comma 4 il cui contenuto è inserito nel corpo delle modifiche all'articolo 26 del decreto ministeriale n. 164 del 1999, comma 3-quinquies.;
    13) all'articolo 7, comma 3, dopo le parole «oneri per il bilancio dello Stato e per i contribuenti» siano aggiunte le seguenti «che presentano la dichiarazione secondo quanto previsto dall'articolo 4 comma 3, lettere a) e b)», al fine di chiarire che il nuovo sistema non produce oneri per i contribuenti che presentano la dichiarazione direttamente o tramite il proprio sostituto d'imposta;
    14) all'articolo 16, tenuto conto che l'articolo 7 prevede l'eliminazione dei compensi ai sostituti d'imposta che prestano assistenza, sia soppressa la lettera b) del comma 1 e siano conseguentemente soppresse le parole «e compensi dei sostituti d'imposta» nella rubrica;
   b) sia soppresso l'articolo 11 dello schema di decreto, relativo al regime fiscale delle società tra professionisti, in quanto l'applicazione, a prescindere dalla forma giuridica, della disciplina fiscale delle associazioni senza personalità giuridica costituite per l'esercizio associato di arti o professioni, di cui all'articolo 5 del Testo unico delle imposte sui redditi, renderebbe estremamente difficile la possibilità di adottare la società tra professionisti, soprattutto nella versione di società di capitali e cooperativa, considerato che applicare allo stesso soggetto regole fiscali (principio di cassa) difformi e antitetiche rispetto a quelle contabili (principio di competenza), disciplinate peraltro da direttive europee, provocherebbe la proliferazione di adempimenti tra loro scarsamente conciliabili, e determinerebbe oneri e complicazioni tali da rendere non economicamente conveniente né concretamente attuabile l'impiego di tali forme societarie per lo svolgimento delle attività professionali;
   c) il comma 1 dell'articolo 21 dello schema sia riformulato nei seguenti termini: «L'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, è sostituito dal seguente: “Per contrastare l'evasione fiscale operata nella forma dei cosiddetti "caroselli" e "cartiere", anche in applicazione delle nuove regole europee sulla fatturazione elettronica, i soggetti passivi all'imposta sul valore aggiunto comunicano annualmente per via telematica all'Agenzia delle entrate, secondo modalità e termini definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle Pag. 168finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list di cui al decreto del Ministro delle finanze in data 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 107 del 10 maggio 1999 e al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 273 del 23 novembre 2001, qualora l'ammontare complessivo annuale di tali operazioni sia superiore a 10.000 euro”»;
   d) allo scopo di ampliare dagli originari tre a cinque periodi d'imposta il periodo di osservazione previsto per l'applicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica di cui all'articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, dopo l'articolo 18 dello schema di decreto sia inserito il seguente:
  Art. 18-bis(Società in perdita sistematica) – 1. All'articolo 2, comma 36-decies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, le parole «tre» e «quarto» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti «cinque» e «sesto».
  2. All'articolo 2, comma 36-undecies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, la parola «due» è sostituita dalla seguente: «quattro».
  3. In deroga all'articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni contenute nei commi 1 e 2 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.
   e) al fine di superare la disciplina vigente disciplina della responsabilità solidale dell'appaltatore con il subappaltatore mantenendo l'obiettivo di contrastare l'evasione fiscale, dopo l'articolo 28 dello schema di decreto sia inserito il seguente:
  «Art. 28-bis. (Coordinamento, razionalizzazione e semplificazione di disposizioni in materia di obblighi tributari). 1. All'articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, i commi da 28 a 28-ter sono soppressi.
  2. All'articolo 29, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo le parole «Il committente che ha eseguito il pagamento», sono aggiunte le seguenti: «è tenuto, ove previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d'imposta ai sensi delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e».
  3. Al fine di potenziare le attività di controllo sul corretto adempimento degli obblighi fiscali in materia di ritenute ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale rende disponibile all'Agenzia delle Entrate, con cadenza mensile, i dati relativi alle aziende e alle posizioni contributive dei relativi dipendenti gestite dall'Istituto stesso.
  4. Ai fini della liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese.
  5. All'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, le parole «, 36» sono soppresse.».
   e-bis) con riferimento al comma 1 dell'articolo 34 dello schema di decreto, provveda il Governo a riformulare la novella al quarto periodo dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 192 del 2005 nei seguenti termini: «L'Agenzia delle entrate, sulla base di apposite intese con il Ministero dello Sviluppo economico, individua, nel quadro delle informazioni disponibili acquisite con la registrazione nel sistema informativo dei contratti di cui Pag. 169al presente comma, quelle rilevanti ai fini del procedimento sanzionatorio di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, e le trasmette, in via telematica, allo stesso Ministero dello Sviluppo economico per l'accertamento e la contestazione della violazione.»
  e con le seguenti osservazioni:
   0a) valuti il Governo l'opportunità di ribadire il carattere sperimentale della dichiarazione dei redditi precompilata, valutando con attenzione tutti gli strumenti di correzione e aggiustamento in progress che saranno necessari;
   a) al fine di eliminare un adempimento dichiarativo che, alla luce delle proposte in tema di dichiarazione dei redditi precompilata potrebbe parzialmente essere ridondante, anche considerato che l'articolo 2 dello schema prevede le modalità di trasmissione all'Agenzia delle entrate delle certificazioni da parte dei sostituti d'imposta, valuti il Governo la possibilità di prevedere la riduzione delle informazioni contenute nel modello 770 semplificato ed, eventualmente, un graduale processo di eliminazione del modello;
   a-bis) considerato che la modifica di disposizioni o di parti di disposizioni di rango secondario con norma di rango superiore implica un irrigidimento di norme e impedisce una gestione elastica di elementi quali i termini di presentazione della dichiarazione, sottratti poi ad un ulteriore intervento ministeriale, valuti il Governo l'opportunità di prevedere una norma di chiusura, inserendo un comma aggiuntivo nell'articolo 4 dello schema di decreto, che assegni al Ministro dell'economia e delle finanze la facoltà di modificare in futuro i termini di cui all'articolo 13 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164;
   b) considerato che, ai sensi dell'articolo 17, lettera h-ter), del decreto legislativo n. 241 del 1997, è stato emanato il decreto ministeriale 8 novembre 2011, il quale prevede un processo di graduale mutamento delle modalità di pagamento dell'imposta di registro, delle imposte ipotecarie e catastali, delle imposta sulle successioni e donazioni e dell'imposta di bollo da modello F23 a modello F24 e avendo l'Agenzia delle entrate in data 3 gennaio 2014 emanato un provvedimento con il quale viene data la possibilità di utilizzare il modello F24 per il pagamento dell'imposta di registro dei contratti di locazione, valuti il Governo l'opportunità di ridurre progressivamente il ricorso al modello F23, fino alla sua eventuale eliminazione in favore del modello F24;
   c) al fine di semplificare le modalità di pagamento della tassa automobilistica per le imprese titolari di parchi veicolari numericamente consistenti, valuti il Governo la possibilità di consentire il versamento cumulativo delle tasse automobilistiche dovute dalle imprese aventi in disponibilità più di un autoveicolo, ferma restando la competenza regionale;
   d) allo scopo di rendere più rapidamente operative le disposizioni contenute nell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, apportando adeguate modifiche, valuti il Governo l'opportunità di anticipare l'attuazione della cosiddetta «semplificazione fiscale» rispetto all'attuale termine del lo gennaio 2015 nonché l'eliminazione degli obblighi di trasmissione dei dati indicati nel comma 3 del citato articolo, con particolare riferimento all'obbligo di invio del modello INTRA sui servizi ricevuti e prestati;
   e) al fine di semplificare gli adempimenti relativi al processo tributario, valuti il Governo l'opportunità di estendere anche al ricorso in appello presso la commissione tributaria, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, la possibilità di depositare l'atto anche a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (Atto n. 99).

PROPOSTE DI MODIFICA ALLA PROPOSTA DI PARERE
DEL RELATORE

  Inserire la seguente condizione:
  b-bis) al comma 2 dell'articolo 20 dello schema di decreto, le parole: «e riscontrato telematicamente l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle entrate, prevista dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17,» siano sostituite dalle seguenti: «unitamente alla ricevuta telematica di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, ai sensi dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17,».
1. Capezzone.

  Alla lettera e) delle condizioni, capoverso «Art. 28-bis», sopprimere il comma 4.
2. Capezzone.

  Inserire la seguente condizione:
  f) con riferimento all'articolo 33 dello schema di decreto, il quale, intervenendo sul n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, modifica i criteri da utilizzare per l'individuazione degli immobili per cui è possibile fruire delle agevolazioni IVA per gli atti di trasferimento riguardanti gli immobili a uso abitativo, il Governo rinvii, ai fini IVA, l'operatività della nuova definizione di «abitazione di lusso» al definitivo completamento del processo di revisione del catasto dei fabbricati, che definirà anche le nuove categorie censuarie.
3. Capezzone.

  Inserire la seguente osservazione:
  a-bis) con riferimento all'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di spostare dal 7 al 15 marzo il termine per l'invio del file telematico contenente i dati relativi alla certificazione unica, anche per tener conto che il termine ultimo per operare i conguagli fiscali resta fissato al 28 febbraio di ogni anno.
4. Capezzone.

  Alle osservazioni, dopo la lettera c) inserire la seguente:
  c-bis) valuti il Governo l'opportunità di disciplinare i requisiti necessari al fine di garantire, come prevede la legge di delega, l'idoneità tecnico organizzativa delle società richiedenti l'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di assistenza fiscale e dei centri autorizzati di assistenza fiscale, in particolare integrando ovvero modificando le previsioni del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, recante il «Regolamento recante norme per l'assistenza fiscale resa dai centri di Pag. 171assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d'imposta e dai professionisti ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241», sulla base dei seguenti principi:
   a) prevedere la presenza sul territorio in almeno un terzo delle province;
   b) prevedere un numero minimo di dichiarazioni che ciascun Centro autorizzato di assistenza fiscale deve presentare;
   c) stabilire che le società richiedenti e i centri autorizzati di assistenza fiscale debbano redigere una relazione tecnica annuale dalla quale emerga:
    1) il rispetto dei requisiti concernenti le garanzie di idoneità tecnico-organizzativa in relazione alla formula organizzativa assunta, anche in ordine ai rapporti di lavoro dipendente;
    2) i sistemi di controllo interno volti a garantire la correttezza dell'attività di assistenza fiscale, anche in ordine all'affidamento a terzi dell'assistenza;
    3) un piano di formazione del personale differenziato in base alle funzioni svolte dalle diverse figure professionali.
5. Ribaudo.

  Inserire la seguente osservazione:
  f) con riferimento all'articolo 14 dello schema di decreto, in tema di esecuzione di rimborsi IVA, valuti il Governo di ampliare i casi di rimborso dei crediti IVA per i quali non è previsto né l'obbligo di prestazione di idonea garanzia, né l'obbligo di apposizione del visto di conformità, innalzando la soglia minima di 15.000 euro ad un importo più congruo; di innalzare il valore di riferimento in base al quale è necessaria la prestazione della garanzia, in caso di notifica di accertamento nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, al fine di evitare che la disposizione contenuta nell'articolo 38-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dal predetto articolo 14 dello schema, comporti un trattamento discriminatorio per i contribuenti di maggiori dimensioni; di incrementare la soglia minima per effettuare la compensazione orizzontale dei crediti d'imposta previa apposizione del visto di conformità; di integrare la disposizione normativa al fine di riconoscere la restituzione dei costi sostenuti dal contribuente per le garanzie relative al rimborso, come stabilisce lo Statuto del contribuente (articolo 8 della legge n. 212 del 2000).
6. Capezzone.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (Atto n. 99).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAL
GRUPPO DEL MOVIMENTO 5 STELLE

  La VI Commissione,
  esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali;
   premesso che:
    l'articolo 7 della legge 11 marzo 2014, n. 23, ha conferito una delega al Governo in materia di semplificazione fiscale affinché provveda:
     a) alla revisione sistematica dei regimi fiscali e al loro riordino, al fine di eliminare complessità superflue;
     b) alla revisione degli adempimenti, con particolare riferimento a quelli superflui o che diano luogo, in tutto o in parte, a duplicazioni anche in riferimento alla struttura delle addizionali regionali e comunali, ovvero a quelli che risultino di scarsa utilità per l'amministrazione finanziaria ai fini dell'attività di controllo e di accertamento o comunque non conformi al principio di proporzionalità;
     c) alla revisione, a fini di semplificazione, delle funzioni dei sostituti d'imposta e di dichiarazione, dei centri di assistenza fiscale, i quali devono fornire adeguate garanzie di idoneità tecnico-organizzativa, e degli intermediari fiscali, con potenziamento dell'utilizzo dei sistemi informatici, avendo anche riguardo ai termini dei versamenti delle addizionali comunali e regionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche;
    lo schema del decreto introduce alcuni elementi di semplificazione meritevoli di valutazione positiva, senza affrontare, tuttavia, il nodo essenziale dell'impegno assunto in delega, che imponeva la revisione sistematica di tutti i regimi fiscali e degli adempimenti tributari al fine di eliminare le complessità superflue, le duplicazioni di dati, le comunicazioni e dichiarazioni che risultano poco utili ai fini dell'attività di controllo ed accertamento dell'amministrazione finanziaria. Ciò anche con riferimento alle funzioni dei sostituti di imposta, dei centri di assistenza fiscale e degli intermediari fiscali il cui ruolo avrebbe dovuto essere rivisto in un'ottica di semplificazione e non certo di aggravio, anche sanzionatorio;
    numerose sono le riserve che emergono dall'analisi dello schema di decreto legislativo che, se accolte, potrebbero certamente contribuire a una maggiore aderenza dello stesso al contenuto della delega parlamentare riportata in premessa.

  In particolare, si segnalano le seguenti criticità:
   1) con riferimento alla dichiarazione dei redditi «precompilata», di cui agli articoli 1-8 del decreto, emerge con evidenza il fatto che essa, più che una semplificazione, rappresenti una automazione in quanto si limita a rendere disponibili ai lavoratori (dipendenti, assimilati e pensionati) i dati più rilevanti per le loro dichiarazioni (CUD, oneri deducibili e detraibili, ecc.), che prima invece erano oggetto di inserimento manuale. È appena il caso di notare che tale pre-compilazione non risolve affatto il problema della complessità Pag. 173e astrusità dei modelli italiani di dichiarazione che avrebbe dovuto essere il principale oggetto dell'intervento normativo definito dalla legge delega. Essa introduce, invece, una sicura complicazione per le imprese che hanno in forza i lavoratori subordinati e assimilati, soprattutto quelle di minori dimensioni. Nel sistema previgente il CUD non costituiva lo strumento definitivo di tassazione del dipendente. Se vi erano errori o inesattezze il contribuente aveva il diritto/dovere di rettificarle con il 730 o con il modello unico. Con l'introduzione della dichiarazione precompilata (articolo 2 comma 1) è adesso necessario che i dati relativi alla certificazione di lavoro dipendente siano trasmessi senza errori nei termine perentorio del 7 marzo, a pena di una sanzione nella misura fissa di cento euro per ogni certificazione, senza applicazione di quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. La sanzione non è applicata solo se il sostituto d'imposta provvede alla trasmissione della corretta certificazione entro i cinque giorni successivi alla scadenza, ma si tratta, con tutta evidenza, di un termine troppo esiguo.

  Si chiede, pertanto, che venga espressamente prevista anche l'applicabilità dell'istituto del ravvedimento operoso nei casi di tardiva o errata trasmissione dei dati, stabilendo in 30 giorni dalla scadenza dell'adempimento il termine entro cui il sostituto d'imposta può avvalersi del suddetto istituto:
   2) all'articolo 5 dello schema di decreto si stabilisce che se il contribuente accetta la dichiarazione pre-compilata inviatagli dall'ADE, non saranno effettuati nei suoi confronti i controlli formali né quelli preventivi sui rimborsi complessivamente superiori a 4000 euro in presenza di detrazioni per carichi di famiglia. Al contrario, se il contribuente apporta modifiche che incidono sulla determinazione dell'imposta, tutti i dati della dichiarazione saranno soggetti al controllo (anche quelli non modificati dal contribuente). Il sistema dunque sollecita il contribuente ad accettare il dichiarativo pre-compilato dell'ADE senza aggiunte né modifiche; in sostanza, si invita il contribuente a «fidarsi» di esso, complicando e rendendo più costoso anche il ricorso all'assistenza dei professionisti (articolo 6) ai quali viene richiesto non solo di garantire la correttezza formale e sostanziale dei dati che il contribuente intende aggiungere o modificare ma di tutta la dichiarazione, anche nella parte in cui essa resta immutata rispetto alle informazioni precaricate dall'amministrazione finanziaria.

  Di dubbia costituzionalità appare la norma secondo cui, nei casi di visto di conformità infedele, un importo corrispondente alla somma dell'imposta, degli interessi e della sanzione nella misura del 30 per cento, è a carico del CAF o del professionista che ha rilasciato il visto di conformità. Tale disposizione, è in evidente contrasto con l'articolo 53 della Costituzione che rapporta il sacrificio tributario alla capacità contributiva individuale del contribuente, senza possibilità di operare una sostituzione dei soggetti incisi dal prelievo, almeno per la parte relativa alle imposte dovute e agli interessi. Concreto è, inoltre, il timore che la suindicata traslazione determini in generale un incremento dei costi di assicurazione a carico dei CAF e dei professionisti e, per logica derivazione, dei costi di assistenza a carico dei clienti committenti.
  Si chiede, pertanto, di sopprimere la disposizione nella parte in cui si impone al CAF o professionista che ha rilasciato il visto di conformità, il versamento di un importo corrispondente alla somma dell'imposta e degli interessi, ponendo a carico dei menzionati soggetti solo il versamento della sanzione nella misura del 30 per cento.
  La dichiarazione precompilata è una grande conquista giuridica ma può essere attuata, con gradualità, solo a condizione che i contribuenti siano messi nelle condizioni di valutare ed eventualmente modificare da soli i dati pre-caricati dall'amministrazione finanziaria.Pag. 174
  Tendenzialmente, l'esperimento potrebbe funzionare bene solo dove la collaborazione tra amministrazione e cittadini conduca ad un tasso elevato di dichiarazioni confermate. Occorre, dunque, una prodromica attività di reale semplificazione di norme e procedure, ed una parallela attività di alfabetizzazione fiscale e tecnologica dei cittadini (come peraltro evidenziato dal direttore dell'ADE, dott.ssa Orlandi Rossella, nel corso dell'audizione del 6.8.2014 u.c.). In mancanza di questi presupposti, la semplificazione è solo apparente perché introduce complessità e rischi a carico di altri soggetti (datori di lavoro, professionisti) e dunque conduce ad un aumento dei costi e della burocrazia:
   3) Con riferimento all'articolo 11 del decreto – che estende alle società tra professionisti, organizzate in forma di società di capitali, le disposizioni fiscali dettate per le associazioni senza personalità giuridica costituite per l'esercizio associato di arti o professioni di cui all'articolo 5 del Testo unico delle imposte sui redditi – si evidenzia il carattere tutt'altro che semplificatorio della norma. Essa impone, infatti, che il reddito prodotto dal soggetto trasparente – nella fattispecie la società – sia direttamente imputato ai soci o agli associati in una misura pari alla percentuale di partecipazione agli utili che, si presume proporzionale alla percentuale delle quote detenute.

  Ebbene, tali presunzioni appaiono in contrasto con molte pronunce della giurisprudenza di merito secondo la quale è legittimo contestare la pretesa avanzata da parte dell'Ufficio quando il socio dimostra di essere titolare apparente di un reddito mai conseguito. Fondamentale, in materia, la decisione n. 134/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, secondo la quale, la trasparenza deve essere vagliata alla luce della capacità contributiva effettiva dei soci, ai quali possono essere imputati dei redditi in regime di trasparenza solo se gli utili sono stati effettivamente e realmente conseguiti dalla società e percepiti, di riflesso, dal socio.
  Si chiede, pertanto, la soppressione dell'articolo 11 del decreto:
   4) con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 16 se ne evidenzia il carattere non semplificatorio per i sostituti di imposta, ai quali è stato consentito, finora, di effettuare le operazioni di assistenza e conguaglio anche tramite il sistema delle compensazioni interne tra ritenute e, quindi, senza la necessaria trasmissione della delega di versamento, quantunque compilata «a zero». In sostanza, la norma sopprime una possibilità alternativa per i sostituti di imposta di gestire il servizio di assistenza e conguaglio a favore dei propri dipendenti imponendo, quale unico viatico, quello della trasmissione del modello F24 (più rischioso e complicato).
  Va osservato, infatti, che i ritardi nella trasmissione anche se interamente compensato, generano sanzioni a carico dell'emittente. Inoltre vanno considerate le numerosissime segnalazioni di irregolarità e cartelle esattoriali che vengono emesse nonostante il regolare adempimento da parte dei sostituti, per le difficoltà tecniche che l'amministrazione finanziaria riscontra nel ricollegare gli F24, emessi anche in compensazione, con le relative dichiarazioni.
  Si chiede, pertanto, la soppressione dell'articolo 16 del decreto:
   5) con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 19 dello schema di decreto, si osserva che, nel caso delle dichiarazioni di stabile organizzazione il Governo rinuncia ad acquisire i dati anagrafici tramite la dichiarazione dei redditi onde far affidamento esclusivo sui medesimi dati acquisiti tramite altri canali (es. CCIAA). L'opportunità di tale semplificazione non è, tuttavia, manifesta sia in considerazione della particolarità dei soggetti interessati – che non hanno sede legale o amministrativa nello stato italiano ma vi fanno affari e transazioni con continuità, sicché sono soggetti alle imposte dirette ed indirette – sia per la scarsa portata semplificatoria della norma che Pag. 175consente di risparmiare la sola compilazione di pochi campi anagrafici.

  Si chiede, pertanto, la soppressione dell'articolo 19 del decreto:
   6) con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 20 dello schema di decreto, si evidenzia che l'inversione dell'onere della comunicazione telematica dei dati delle lettere di intento, dal fornitore all'esportatore abituale, potrebbe favorire l'aumento delle frodi IVA, agevolando la posizione del fornitore «in cattiva fede» che potrà più facilmente addossare la responsabilità al cessionario «testa di legno» e invocare a suo discarico la segnalazione preventiva fatta all'ADE.

  Anche la giurisprudenza si è espressa in tal senso; numerose sono, infatti, le pronunce della S.C. che affermano il principio secondo il quale «il soggetto cedente, una volta riscontrata la conformità alle disposizioni di legge delle dichiarazioni d'intenti presentate dagli acquirenti, non è tenuto ad eseguire alcun altro controllo, rimanendo la responsabilità, anche penale, derivante da un'eventuale falsità di tali attestazioni totalmente a carico di chi emette detta dichiarazione» (v. Cass. sez. trib. 28948/2008; 20894/2005, 16819/2008, 21956/2010, 23610/2011.
  Né al riguardo possono condividersi le osservazioni del direttore dell'ADE, rilasciate nel corso dell'audizione del 5 agosto u.s, secondo il quale la «certificazione» rilasciata dall'ADE garantirebbe di accertare preventivamente la natura giuridica di esportatore abituale del cessionario, limitando se non addirittura escludendo le possibili frodi. Si osserva, infatti, che a fronte della segnalazione trasmessa dal cessionario, l'ADE non rilascerà alcuna certificazione bensì si limiterà al rilascio di una mera ricevuta di presentazione. In tal senso si esprime la disposizione normativa in esame, che peraltro non prevede alcuna forma di controllo preventivo.
  In assenza di un controllo sostanziale preventivo circa la sussistenza dei requisiti per l'attribuzione della qualifica di esportatore abituale, il sistema così come «semplificato» rischia di agevolare le frodi fiscali in materia di IVA.
  In un tal contesto, si chiede pertanto la soppressione dell'articolo 20 del decreto:
   7) con l'intervento normativo di cui all'articolo 21 del decreto in esame, si prevede che i dati relativi ai rapporti intercorsi con Paesi black list siano forniti con cadenza annuale e non più mensile per di più con innalzamento da 500 euro a 10.000 euro del limite massimo di esonero dalla comunicazione attualmente previsto. Preoccupa l'aumento della soglia di esenzione dall'adempimento, dapprima quantificata in 500 euro ad operazione, e il rischio che la semplificazione consenta di escludere dall'obbligo di comunicazione una quantità significativa di transazioni commerciali con operatori di paesi black list. Tale misura potrebbe creare fenomeni distorsivi della «leale concorrenza».

  Il risultato dell'innovazione proposta potrebbe difatti facilitare i rapporti tra le aziende italiane e i fornitori localizzati in paesi in black list, con il rischio di spostare ingenti fatturati verso gli stessi paesi a fiscalità agevolata, tramite l'ormai consueto utilizzo di società anonime quasi segrete, a discapito delle aziende residenti in Italia.
  La soglia preesistente pari a 500 euro per operazione, appare di evidente rilevanza, in quanto funge da deterrente nei confronti di fenomeni elusivi che si circostanziano spesso in trasferimenti di aziende italiane in paesi con fiscalità agevolata dai quali le stesse operano in concorrenza sleale verso omologhe aziende italiane a discapito del libero mercato e del gettito fiscale nazionale. L'innalzamento a 10.000 euro della predetta soglia costituisce un lasciapassare per operare senza ostacoli con i predetti paesi, favorendo la possibilità di comprare e vendere prodotti e servizi, di solito online, a prezzi più bassi in quanto sostenuti dalla fiscalità agevolata a discapito delle aziende oneste che tentano di sopravvivere pur pagando regolarmente le tasse In Italia.Pag. 176
  Si chiede, pertanto, la soppressione dell'articolo 21 del decreto.
  In alternativa, nell'ottica di una reale semplificazione e senza rinunciare all'interesse primario dello Stato a perseguire ogni forma di evasione, si chiede la modifica della norma con la previsione di una dichiarazione semestrale o annuale comprensiva però di tutte le operazioni attive e passive effettuate con operatori di paesi black list, senza alcuno limite di importo. Una tale modifica, infatti, da un lato garantirebbe comunque il controllo da parte dell'ADE di tutti i flussi finanziari ed economici con paesi black list; dall'altro, agevolerebbe senz'altro gli adempimenti fiscali dei contribuenti, non più onerati (come oggi) ad una segnalazione mensile anche delle operazioni di esiguo importo bensì alla presentazione di un'unica dichiarazione annuale (o al massimo due) con l'indicazione di tutte le transazioni eseguite:
   8) con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 28 dello schema di decreto, si osserva che, con la conversione in legge del decreto-legge n. 35 del 2013, era stato introdotto l'obbligo, per l'azienda creditrice nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, di allegare alla dichiarazione dei redditi un elenco, conforme a un modello da adottare con decreto del MEF, dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati alla data di chiusura del periodo d'imposta al quale la dichiarazione si riferisce. In dichiarazione, i debiti avrebbero dovuto essere distinti sulla base degli enti pubblici debitori e non inseriti cumulativamente.

  Orbene, il menzionato articolo 28 elimina tale obbligo dichiarativo e dunque introduce una semplificazione formale. Tuttavia tale abrogazione fa venire meno anche uno strumento dichiarativo attraverso cui le aziende creditrici avevano la possibilità di evidenziare i crediti accumulati verso le singole amministrazioni pubbliche. La situazione dei pagamenti dei debiti della PA appare non avere un andamento soddisfacente e sembra che a tale ritardo concorrano anche le difficoltà contabili che molte amministrazioni pubbliche hanno nel ricostruire la situazione debitoria di ciascuna azienda creditrice: complice il metodo classico di rilevazione contabile nella Pubblica Amministrazione, cosiddetto finanziario Co.FI e i ritardi nell'affiancamento di sistemi a carattere economico-patrimoniale la cui necessità è menzionata anche nel DEF.
  Se le pubbliche amministrazioni non riescono a completare con rapidità e sicurezza la ricostruzione delle proprie ragioni debitorie, sembra legittimo allora che lo facciano le aziende creditrici sulla base dei propri riscontri contabili (registri iva, libro giornale, mastrini fornitori) avvalendosi del sistema dichiarativo che il decreto intende abrogare.
  Si chiede, pertanto, la soppressione dell'articolo 28 del decreto:
   9) con l'intervento normativo di cui all'articolo 29 dello schema di decreto, si introduce un'agevolazione a favore dei soggetti che beneficiano del regime forfettario delle attività di spettacolo e di intrattenimento di cui all'articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 esteso, altresì, alle associazioni senza scopo di lucro che optano per l'applicazione delle disposizioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398.

  L'agevolazione consiste nell'eliminare il diverso trattamento fiscale ai fini IVA tra sponsorizzazione (detrazione stabilita nella misura del 10 per cento) e pubblicità (detrazione stabilita nella misura del 50 per cento), riconducendo tutto a quest'ultima fattispecie. Si osserva, quindi, che tale beneficio non è destinato ad incidere positivamente solo sulle realtà senza scopo di lucro ma anche su tutti i soggetti che svolgono attività di intrattenimento ai sensi dell'articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, tra cui compaiono anche i gestori delle case da gioco. Si paventa, inoltre, il rischio (confermato dallo stesso direttore dell'ADE nel corso dell'audizione) che l'agevolazione possa incentivare l'uso distorto Pag. 177dei contratti di pubblicità e sponsorizzazione per finalità di frode ed evasione fiscale.
  Si chiede, pertanto, la soppressione dell'articolo 29 del decreto sollecitando, altresì, il Governo a fornire attraverso l'emanazione di apposita norma di carattere interpretativo, le definizioni delle due fattispecie di «sponsorizzazione» e «pubblicità» affinché risultino precipuamente distinte e siano risolti i rilevanti contrasti interpretativi e giurisprudenziali in materia.
   10) con riferimento all'articolo 34, si evidenzia il parere contrario reso dalla Guardia di Finanza il 4.8.2014 (su richiesta della Commissione Finanze del 25 luglio 2014) circa l'opportunità (peraltro già prevista dal decreto-legge n. 145 del 2013) di attribuire alla stessa GDF compiti di accertamento e contestazione della violazione riferita agli obblighi previsti dalla norma in esame.

  Pertanto, si chiede di emendare la norma attribuendo all'ADE i compiti di accertamento e contestazione delle violazioni,
esprime

PARERE FAVOREVOLE
con la seguente condizione:

  provveda il Governo a riformulare il testo dello schema di decreto legislativo tenendo conto delle riserve e delle criticità riportate in premessa e provvedendo, ove richiesto, alle modifiche e soppressioni suggerite.
Pesco, Villarosa, Alberti, Ruocco, Cancelleri, Pisano, Barbanti.

Pag. 178

ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante composizione, attribuzione e funzionamento delle commissioni censuarie (Atto n. 100).

PROPOSTE DI MODIFICA ALLA PROPOSTA DI PARERE
DEL RELATORE

  dopo il numero 1) delle condizioni inserire la seguente:
  1-bis) provveda il Governo ad assicurare la presenza di rappresentanti delle province autonome di Trento e Bolzano nella composizione delle commissioni censuarie, laddove si parla di componenti dell'Agenzia delle entrate, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014 con riferimento a tali province, e che nelle commissioni censuarie locali sia coinvolto il Consorzio dei Comuni della provincia autonoma di Bolzano, in luogo dell'ANCI;

  Conseguentemente, sopprimere l'osservazione di cui alla lettera b).
1. Gebhard.
(Approvata)

  Inserire la seguente condizione:
  1-bis) con riferimento agli articoli 3 e 7 dello schema di decreto, i quali non prevedono la designazione di componenti supplenti nelle commissione censuarie locali e centrale, ad eccezione di quanto disposto per la commissione censuaria centrale dal comma 4 dell'articolo 7 per i membri di diritto, inserisca il Governo, come attualmente previsto dagli articoli 19 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 650 del 1972, la previsione di un adeguato numero di membri supplenti in tutte le commissioni censuarie, al fine di garantire la massima rappresentatività di tutte le componenti.
2. Capezzone.

  Inserire la seguente condizione:
  2-bis) con riferimento agli articoli 3 e 7 dello schema di decreto, i quali non contemplano la designazione di componenti supplenti nelle commissioni censuarie locali e nella commissione censuaria centrale, ad eccezione di quanto disposto per la commissione censuaria centrale dal comma 4 dell'articolo 7 per i membri di diritto, preveda il Governo un adeguato numero di membri supplenti in tutte le commissioni censuarie, per quanto riguarda i componenti indicati dalle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare.
2. (Nuova formulazione) Capezzone.
(Approvata)

  Alla condizione numero 5) aggiungere, in fine, le parole:
  «e alle organizzazioni maggiormente rappresentative di difesa e tutela dei contribuenti».
3. Capezzone.

  Sostituire la condizione di cui al numero 5) con le seguenti:
  5) provveda il Governo a specificare che la possibilità di chiedere il riesame delle decisioni delle commissioni censuarie locali in merito alle metodologie di elaborazione Pag. 179dei prospetti delle categorie e classi delle unità immobiliari urbane, e dei relativi prospetti delle tariffe d'estimo di singoli comuni, nonché dei prospetti delle qualità e classi dei terreni e dei relativi prospetti delle tariffe d'estimo di singoli comuni, spetta anche ai comuni e alle organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore immobiliare, individuate con apposito decreto del MEF.
3. (Nuova formulazione). Capezzone.
(Approvata)

  Dopo la lettera h) delle osservazioni inserire la seguente:
  h-bis) con riferimento alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 10 dello schema di decreto, il quale stabilisce che, tra i requisiti per la nomina a componente delle commissioni censuarie, i componenti delle commissioni non abbiano superato i 70 anni di età al momento della nomina, valuti il Governo, anche alla luce di quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 20, che esclude qualsiasi forma di compenso, gettone, emolumento o indennità comunque definiti, per i componenti della commissione, di eliminare tale limite, anche al fine di consentire che tutte le personalità esperte e disponibili possano ricoprire tale incarico, indipendentemente dall'età anagrafica.
4. Capezzone.

  Trasformare la lettera l) delle osservazioni in condizione, riformulandola nei seguenti termini:
  6) con riferimento alle disposizioni degli articoli da 14 a 16 dello schema di decreto legislativo, che disciplinano le attribuzioni delle commissioni censuarie, senza prevedere in tale ambito competenze delle commissioni censuarie in tema di procedure deflattive del contenzioso, il Governo integri sotto tale profilo le funzioni delle commissioni, in coerenza con il principio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 3, lettera a), dalla legge n. 23 del 2014, il quale fa esplicito riferimento al coinvolgimento delle predette commissioni nella deflazione del contenzioso in materia catastale.
5. Capezzone.

Pag. 180

ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante composizione, attribuzione e funzionamento delle commissioni censuarie (Atto n. 100).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante composizione, attribuzione e funzionamento delle commissioni censuarie (Atto n. 100);
   premesso che:
    lo schema di decreto rappresenta il primo, indispensabile passo per avviare il processo di revisione degli estimi catastali, che costituisce a sua volta un elemento ineludibile per eliminare le sperequazioni che affliggono la componente immobiliare del sistema tributario;
    il predetto processo di riforma del catasto dovrà realizzarsi garantendo l'invarianza dei singoli tributi secondo il principio sancito dall'articolo 2 della legge n. 23 del 2014;
    lo schema di decreto realizza una semplificazione dell'impianto delle commissioni censuarie, attualmente articolato in tre livelli, verso un modello, più agile, costituito dalle commissioni censuarie locali e dalla confermata commissione censuaria centrale, nonché riducendo il numero dei componenti delle singole sezioni delle commissioni censuarie locali, realizzando in tal modo uno snellimento che potrà avere ricadute positive sia in termini di funzionalità complessiva sia in termini di risparmio di risorse, atteso anche che ai componenti delle commissioni censuarie, sia locali sia centrale, non spetta alcun compenso, gettone o indennità, salvo eventuali rimborsi per le spese di viaggio e di soggiorno;
    l'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014 reca il principio di delega per la ridefinizione delle competenze e delle funzioni delle commissioni censuarie quale elemento prodromico all'attuazione della delega per la revisione del catasto, secondo i seguenti i criteri:
   a) l'ampliamento dei compiti delle commissioni alla validazione delle funzioni statistiche definite per determinare il valore patrimoniale medio ordinario e per determinare la rendita media ordinaria ai sensi delle lettere h) e i) del comma 1 del citato articolo 2;
   b) l'introduzione di procedure deflattive del contenzioso;
   c) la modifica della composizione in modo da assicurare la presenza di rappresentanti dell'Agenzia delle entrate, degli enti locali, di professionisti, di tecnici e di docenti qualificati in materia di economia e di estimo urbano e rurale, di esperti di statistica e di econometria su indicazione anche delle associazioni di categoria del settore immobiliare, di magistrati appartenenti rispettivamente alla giurisdizione ordinaria e a quella amministrativa, di rappresentanti delle commissioni censuarie di Trento e Bolzano (solo per tali province);
    lo schema di decreto legislativo attua correttamente il criterio di cui alla lettera a), prevedendo, all'articolo 2, che una sezione delle commissioni censuarie locali e, all'articolo 6, che una sezione della commissione censuaria centrale sia specializzata, in una prima fase di attuazione, in materia di riforma del sistema Pag. 181estimativo del catasto dei fabbricati, mentre non reca disposizioni attuative del criterio di cui alla lettera b), la cui attuazione è rinviata ad un successivo decreto; per quanto riguarda la lettera c), si rileva una parziale differenziazione tra norma di delega e schema di decreto, che non sembra assicurare la necessaria partecipazione delle associazioni di categoria del settore immobiliare in tutte le articolazioni delle commissioni censuarie, in coerenza con il principio direttivo di delega di cui all'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014, che prevede un percorso di collaborazione tra la parte pubblica e quella privata, nella comune consapevolezza che il processo di revisione delle rendite catastali sia un elemento essenziale della riforma fiscale;
    l'articolo 1, comma 9, della legge delega prescrive la modifica o l'integrazione dei testi unici e delle disposizioni organiche che regolano le relative materie, provvedendo ad abrogare espressamente le norme incompatibili, mentre la pur ammissibile abrogazione del titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 650 del 1972, recante «Norme di perfezionamento e revisione del sistema catastale», crea due diversi strumenti normativi sul catasto: le norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 650 che rimangono in vigore e il nuovo decreto legislativo, così determinando la mancanza di una norma generale di coordinamento tra la normativa vigente e le disposizioni recate dallo schema di decreto legislativo;
    per quanto riguarda le province di Trento e Bolzano, le funzioni amministrative statali in materia di catasto terreni e urbano sono esercitate per delega dello Stato dalle stesse province;
   la tempistica complessiva della riforma del catasto (stimata in 5 anni) dipende dalla celerità dell'insediamento delle nuove commissioni censuarie: al riguardo va rilevato come l'insediamento delle nuove commissioni sia previsto con una tempistica non omogenea tra quelle locali e quella centrale, poiché, mentre l'articolo 4 prevede un periodo massimo di 90 giorni (60 più 30) per la costituzione di quelle locali, l'articolo 8 non assegna alcun termine al Ministero dell'economia per la nomina dei componenti della commissione centrale, lasciando nell'indeterminatezza il periodo entro il quale insediare le nuove commissioni, far cessare le precedenti, con la conseguente abrogazione delle disposizioni di cui al titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 650 del 1972;
    il ruolo dell'Agenzia delle entrate, assicurato dalla presenza di membri di diritto nella commissione centrale, non appare coerente con le funzioni di decisione sui ricorsi che la stessa promuove contro le decisioni delle commissioni censuarie locali di cui al comma 1, lettera a), dell'articolo 15,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) con riferimento alla lettera c) del comma 3 dell'articolo 3 dello schema di decreto legislativo, la quale prevede che tre componenti di ciascuna sezione delle commissioni censuarie locali siano scelti su indicazione degli ordini e collegi professionali, nonché delle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare, sia specificato che di tali tre membri due siano scelti sulla base delle indicazioni degli ordini e dei collegi professionali e un esperto sia indicato dalle predette associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare, al fine di rispettare appieno il criterio di delega di cui all'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014, la quale prevede, tra l'altro, la presenza di soggetti indicati dalle predette associazioni di categoria nelle commissioni censuarie;
   2) provveda il Governo ad assicurare la presenza di rappresentanti delle province autonome di Trento e Bolzano nella composizione delle commissioni censuarie, laddove si parla di componenti dell'Agenzia delle entrate, in attuazione di quanto Pag. 182previsto dall'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014 con riferimento a tali province, e che nelle commissioni censuarie locali sia coinvolto il Consorzio dei Comuni della provincia autonoma di Bolzano, in luogo dell'ANCI;
   3) con riferimento agli articoli 3 e 7 dello schema di decreto, i quali non contemplano la designazione di componenti supplenti nelle commissioni censuarie locali e nella commissione censuaria centrale, ad eccezione di quanto disposto per la commissione censuaria centrale dal comma 4 dell'articolo 7 per i membri di diritto, preveda il Governo un adeguato numero di membri supplenti in tutte le commissioni censuarie, per quanto riguarda i componenti indicati dalle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare;
   4) provveda il Governo a definire la data di entrata in vigore delle disposizioni dello schema di decreto legislativo (evidentemente per un periodo superiore ai 15 giorni legali), così che tale data divenga automaticamente il termine ultimo per l'insediamento delle nuove commissioni e si assicuri il collegamento tra fonte normativa ed effetto abrogativo;
   5) con riferimento al comma 6 dell'articolo 7 dello schema di decreto, il quale prevede, per quanto riguarda la sola sezione specializzata in materia di riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati istituita presso la Commissione censuaria centrale, che di essa fanno parte anche due docenti universitari in materia di statistica e di econometria, designati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, specifichi il Governo che uno dei due docenti è individuato fra quelli indicati dalle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare, stabilendo inoltre che un soggetto indicato dalle predette associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare sia presente in tutte le sezioni della Commissione censuaria centrale, al fine di dare piena attuazione al criterio di delega di cui all'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014;
   6) ancora con riferimento al comma 6 dell'articolo 7 dello schema, provveda il Governo a stabilire che i membri della commissione censuaria centrale indicati dalle associazioni di categoria del settore immobiliare possano essere, oltre che docenti, anche professionisti o tecnici iscritti in albi o collegi professionali, ovvero esperti di statistica e econometria, in coerenza con il dettato dell'articolo 2, comma 3, lettera a), della legge n. 23 del 2014;
   7) provveda il Governo a specificare che la possibilità di chiedere il riesame delle decisioni delle commissioni censuarie locali in merito alle metodologie di elaborazione dei prospetti delle categorie e classi delle unità immobiliari urbane, e dei relativi prospetti delle tariffe d'estimo di singoli comuni, nonché dei prospetti delle qualità e classi dei terreni e dei relativi prospetti delle tariffe d'estimo di singoli comuni, spetta anche ai comuni e alle organizzazioni maggiormente rappresentative operanti nel settore immobiliare, individuate con apposito decreto del MEF;
   8) provveda il Governo, nell'ambito dello schema di decreto concernente la revisione della giustizia tributaria, a prevedere adeguate forme di deflazione del contenzioso anche in materia catastale;
  e con le seguenti osservazioni:
   a) valuti il Governo – ove non già previsto nel completamento della delega in materia di catasto – l'opportunità di prevedere l'integrale sostituzione delle disposizioni di cui al titolo III del decreto del Presidente della Repubblica n. 650 del 1972, recante «Norme di perfezionamento e revisione del sistema catastale», in coerenza con quanto previsto dalla legge delega, e di abrogare anche gli articoli 41 e 42 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 650, relativi alle commissioni censuarie vigenti;
   b) con riferimento alla formulazione della rubrica dell'articolo 3 (Composizione delle commissioni censuaria locali) dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di armonizzarla con quella dell'articolo Pag. 1837 (Composizione delle sezioni della commissione censuaria centrale), stante l'analogia di contenuto delle due disposizioni;
   c) con riferimento all'articolo 6 dello schema di decreto, il quale prevede, al comma 1, che la Commissione censuaria centrale è composta dal presidente e da 25 componenti, ed al comma 3 stabilisce la possibilità di aumentare, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il numero delle sezioni della Commissione, anche in relazione allo stato di attuazione della riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati, valuti il Governo l'opportunità di prevedere, nel caso di esercizio della predetta facoltà di aumentare il numero delle sezioni della Commissione, l'adeguamento del numero totale dei componenti della Commissione;
   d) con riferimento alla competenza della terza sezione della Commissione censuaria centrale, alla quale è attribuita, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, una specializzazione in materia di riforma del sistema estimativo del catasto urbano, valuti il Governo l'opportunità di estendere i compiti della predetta sezione anche alla riforma del sistema estimativo del catasto terreni, anche alla luce dei recenti interventi legislativi che hanno reintrodotto l'imposizione locale immobiliare sui terreni agricoli;
   e) con riferimento al comma 2 dell'articolo 7 dello schema, il quale stabilisce che ciascuna sezione della Commissione censuaria centrale è presieduta da un presidente nominato dal Presidente della Commissione tra i componenti effettivi, valuti il Governo l'opportunità di chiarire tale riferimento ai componenti effettivi, atteso che lo schema di decreto non fa menzione di componenti supplenti;
   f) con riferimento alla lettera c) del comma 6 dell'articolo 7, la quale prevede che della sezione specializzata in materia di riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati fanno parte anche due docenti universitari in materia di statistica e di econometria designati dal Ministro dell'istruzione, sentite «anche» le associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare, valuti il Governo l'opportunità di espungere in tale ambito la parola «anche», atteso che, ai fini delle nomina dei componenti della predetta sezione specializzata, non si prevede di sentire altri soggetti oltre alle associazioni di categoria operanti nel settore immobiliare;
   g) con riferimento alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 10, il quale stabilisce, tra i requisiti delle componenti delle commissioni censuarie, il possesso della cittadinanza italiana, valuti il Governo se la previsione di tale requisito risulti compatibile con i principi della normativa dell'Unione europea;
   h) con riferimento alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 11, la quale stabilisce – in analogia con quanto già previsto per le commissioni tributarie – l'incompatibilità dei componenti delle commissioni censuarie con «incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici», valuti il Governo di rendere meno generica tale espressione, anche alla luce dei mutamenti intervenuti nelle organizzazioni politiche; appare inoltre opportuno estendere l'incompatibilità anche ai componenti del Governo nazionale e delle giunte regionali e comunali;
   i) con riferimento alle disposizioni degli articoli da 14 a 16 dello schema di decreto legislativo, che disciplinano le attribuzioni delle commissioni censuarie, senza prevedere in tale ambito competenze delle commissioni censuarie in tema di procedure deflattive del contenzioso, valuti il Governo l'opportunità di integrare sotto tale profilo le funzioni delle commissioni, in coerenza con il principio di delega contenuto nell'articolo 2, comma 3, lettera a), dalla legge n. 23 del 2014, il quale fa esplicito riferimento al coinvolgimento delle predette commissioni nella deflazione del contenzioso in materia catastale;
   l) con riferimento alle competenze delle commissioni censuarie locali, le quali, ai sensi del comma 3 dell'articolo Pag. 18414, sono chiamate a validare le funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all'interno di uno stesso comune, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), numero 1.2), della legge n. 23, nonché le funzioni statistiche atte ad esprimere la relazione tra i redditi da locazione medi, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), numero 1), della medesima legge n. 23, valuti il Governo l'opportunità di chiarire se le commissioni censuarie locali siano chiamate a validare anche i metodi standardizzati e i parametri di consistenza specifici previsti a tal fine dall'articolo 2, comma 1, lettera h), numero 2), della predetta legge n. 23, i quali, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera h), numero 1.3), devono essere utilizzati qualora i valori patrimoniali medi ordinari delle unità immobiliari non possano essere determinati sulla base delle funzioni statistiche di cui al numero 1.2) della citata lettera h);
   m) con riferimento al comma 3 dell'articolo 14, il quale prevede che le commissioni censuarie locali, nell'ambito della revisione del sistema estimativo del catasto dei fabbricati, provvedono, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione, in ordine alla validazione delle funzioni statistiche di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), n. 1.2) e lettera i), n. 1) della legge n. 23 del 2014, determinate dall'Agenzia delle entrate, e dei relativi ambiti di applicazione, valuti il Governo se ampliare a sessanta giorni il lasso temporale ora previsto in trenta giorni, al fine di assicurare che tale attività sia svolta in modo congruo e completo;
   n) con riferimento alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 15 e al comma 2 del medesimo articolo 15, recanti i poteri della Commissione censuaria centrale in sostituzione delle commissioni censuarie locali, nonché sui ricorsi dell'Agenzia delle entrate contro le decisioni delle commissioni censuarie locali, i quali richiamano erroneamente le «commissioni provinciali o quelle locali» e le «decisioni delle commissioni censuarie provinciali o di quelle locali», valuti il Governo l'opportunità di sopprimere il riferimento alle commissioni provinciali, atteso che la nuova disciplina prevede l'esistenza solo di commissioni locali, oltre che di quella centrale;
   o) ancora in merito al comma 2 dell'articolo 15, valuti il Governo l'opportunità di correggere il riferimento, ivi contenuto, ai prospetti delle qualità e classi delle unità immobiliari urbane con quello ai prospetti delle categorie e classi delle unità immobiliari urbane, in quanto il richiamo alle qualità delle unità immobiliari urbane non appare corretto, attagliandosi invece ai terreni;
   p) con riferimento alla lettera b) del comma 6 dell'articolo 15, il quale prevede, tra le funzioni consultive in capo alla Commissione censuaria centrale, anche l'espressione del parere in merito all'utilizzazione degli elementi catastali disposta da norme legislative e regolamentari che disciplinano materie anche diverse dalle funzioni istituzionali del catasto, nel caso di richiesta degli «organi competenti», valuti il Governo l'opportunità di chiarire quali siano gli «organi competenti» cui si intende fare riferimento;
   q) con riferimento al comma 1 dell'articolo 18, il quale prevede che le sedute a sezione semplice delle commissioni censuarie sono valide in presenza della maggioranza dei componenti, valuti il Governo l'opportunità di disciplinare anche il quorum per la validità delle deliberazioni delle commissioni a sezioni unite;
   r) valuti il Governo l'opportunità di avvalersi uniformemente, nell'ambito dello schema di decreto legislativo, della dizione «catasto edilizio urbano», piuttosto che di quella, in alcuni casi utilizzata nel testo, di «catasto dei fabbricati».

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ALLEGATO 6

5-03418 Busin: Dati circa l'ammontare dei crediti fiscali oggetto di sgravio nonché in merito ai crediti verso soggetti falliti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito ai dati dell'ammontare dei crediti fiscali, oggetto di approfondimento in Commissione Finanze in occasione dell'esame di altro documento di sindacato ispettivo.
  In particolare, l'Onorevole interrogante rileva che, come specificato dal Ministero dell'Economia e delle finanze, l'ammontare dell'importo di crediti accumulato negli ultimi 15 anni è pari a 474,4 miliardi di euro di cui 334 miliardi relativi al recupero di imposta derivante dall'attività di accertamento dell'Agenzia delle entrate.
  Al fine di valutare con maggiore precisione il grado di esigibilità dei detti crediti e la qualità dell'attività accertativa svolta dagli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, l'Onorevole chiede di sapere in dettaglio:
   l'esatto ammontare della quota di somme accertate che è stata oggetto di sgravio, ovvero chiesta erroneamente al contribuente;
   le somme accertate a carico di soggetti che sono state dichiarate falliti;
   le somme relative al contenzioso in sospeso e l'ammontare delle iscrizione provvisorie a ruolo effettuate dall'Ente di riscossione.

  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione si rappresenta quanto segue.
  Come comunicato in occasione della risposta al question time in Commissione dell'onorevole Paglia, svolto nella seduta del 23 luglio 2014, il carico netto, aggiornato alla data del 17 giugno 2014, affidato dall'Agenzia delle entrate ad Equitalia nel periodo 2000/2013, pari a circa 474,4 miliardi di euro.
  Tale dato corrisponde al carico lordo affidato nel periodo di riferimento dall'Agenzia ad Equitalia, pari a circa 677,4 miliardi di euro, al netto dell'ammontare degli sgravi, pari a circa 169,6 miliardi di euro e delle riscossioni, pari a circa 33,4 miliardi di euro.
  Per quanto concerne la richiesta relativa alla quota parte del carico netto che risulta a carico di soggetti in procedura concorsuale o oggetto di sospensione, si rinvia alle tabelle allegate, dalle quali si evince che l'ammontare risulta rispettivamente pari a circa 121,5 miliardi di euro e a circa 18,2 miliardi di euro.

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  (*) Include fra l'altro ruoli del registro, Ruoli Rai e interessi di sospensione.
  (**) carico lordo – carico sgravato-carico riscosso.

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ALLEGATO 7

5-03419 Pagano: Regime IVA degli acquisti destinati ai mezzi utilizzati nel servizio di trasporto marittimo a pagamento di persone.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante sollecitano chiarimenti interpretativi in ordine alla disciplina IVA applicabile alle operazioni di acquisto di beni e servizi destinati a traghetti e mezzi veloci utilizzati nei servizi di trasporto a pagamento dei passeggeri, espletati dalle compagnie di navigazione marittima, alla luce delle modifiche introdotte dall'articolo 8, comma 2, lettera e), della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria 2010), che ha novellato l'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  La modifica normativa in argomento si è resa necessaria a seguito della procedura d'infrazione avviata nell'anno 2009 dalla Commissione europea nei confronti del nostro Paese. In particolare, la Commissione ha ritenuto che la normativa nazionale (articolo 8-bis) non fosse in linea con la direttiva 2006/112/CE (articolo 148) in quanto prevedeva, in relazione alle navi adibite ad attività commerciali, l'applicazione del regime di non imponibilità IVA, senza richiedere l'ulteriore condizione che le navi fossero adibite alla navigazione in alto mare; detta condizione è richiesta in quanto il regime di non imponibilità nella normativa comunitaria è connesso, in linea di principio, alle operazioni relative alle esportazioni o ai trasporti internazionali.
  La citata legge comunitaria 2010 ha, pertanto, modificato l'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, rendendolo conforme alla disposizione comunitaria.
  Ne consegue che, a decorrere dal 17 gennaio 2012, il regime di non imponibilità si applica, per quanto concerne le navi adibite ad attività commerciale (attività industriale, commerciale, trasporto passeggeri, pesca), alle sole navi adibite alla navigazione in alto mare.
  Il regime di non imponibilità resta, inoltre, applicabile, anche a seguito delle modifiche normative in esame (in quanto conforme alla normativa comunitaria), alle imbarcazioni destinate alle operazioni di salvataggio o di assistenza in mare.
  Giova rammentare che, ai sensi dell'articolo 8-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il regime di non imponibilità si applica, oltre che alle cessioni delle navi aventi le richieste caratteristiche, anche a determinate cessioni di beni (apparati motori e loro componenti, parti di ricambio degli stessi, beni destinati a dotazione di bordo e le forniture destinate al loro rifornimento, eccetera), a determinate prestazioni di servizi (l'uso di bacini di carenaggio relativi alla costruzione, manutenzione, riparazione, modificazione, trasformazione, assiemaggio, allestimento, arredamento, locazione e noleggio), nonché alle prestazioni di servizi direttamente destinate a sopperire ai bisogni delle imbarcazioni stesse, a condizione che siano destinate alle navi per le quali opera il regime agevolato.
  È evidente, quindi, che la modifica attuata dalla legge comunitaria del 2010 non solo non è in contrasto con la direttiva 2006/112/Ce, ma era necessaria al fine Pag. 192di risolvere la procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese.
  In ordine alle incertezze interpretative evidenziate dall'Onorevole interrogante e, in particolare, in merito all'esigenza di chiarire cosa si intenda per «mezzo adibito alla navigazione in alto mare», i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria hanno chiesto alla Commissione Europea - Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale – Comitato IVA, un parere «sui criteri da adottare per la qualificazione giuridica della nozione di “navi adibite alla navigazione in alto mare”, ai fini dell'applicabilità del regime di non imponibilità», e quale sia la prova che il cessionario/committente deve produrre al fornitore per dimostrare che il mezzo nautico sarà effettivamente utilizzato per la navigazione in alto mare, tenuto conto, altresì, che spesso l'imbarcazione è utilizzata sia in acque interne sia in alto mare.
  In particolare è stato proposto alla Commissione IVA quale possibile prova della destinazione in alto mare di considerare sufficiente che l'imbarcazione sia «omologata» per la navigazione in alto mare, in base alle caratteristiche tecniche risultanti da certificazioni rilasciate dalle autorità competenti.
  In alternativa è stato proposto di considerare sufficiente una dichiarazione rilasciata dall'acquirente, che attesti l'effettivo uso dell'imbarcazione in alto mare; oppure nell'ipotesi di uso promiscuo dell'imbarcazione (dentro e fuori le acque territoriali), di considerare valido l'uso di percentuali forfetizzate in ragione della tipologia di imbarcazione, ovvero l'adozione del criterio della prevalenza, parametrato sui ricavi provenienti dall'attività svolta in alto mare rispetto a quelli realizzati nell'ambito delle acque territoriali.
  Tuttavia la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Ministro per gli Affari Europei – ha ritenuto di non poter condividere l'interpretazione proposta dall'Agenzia delle Entrate per la quale, ai fini dell'applicazione del regime IVA agevolato, si fa riferimento al concetto di navi «omologate» per la navigazione in alto mare, a prescindere dal loro effettivo utilizzo, ritenendo che un'interpretazione in tal senso potrebbe non essere conforme al Diritto dell'Unione europea.
  Nelle more di una soluzione condivisa a livello Comunitario, in risposta alle diverse richieste di interpello, si è scelto prudentemente di interpretare la locuzione «adibite alla navigazione in alto mare» come «effettivo utilizzo» delle navi per tale tipo di navigazione, ritenendo la sola idoneità del mezzo insufficiente a consentire l'applicazione del regime di non imponibilità IVA.
  Tale interpretazione restrittiva si applica anche con riferimento alle imbarcazioni da diporto utilizzate per lo svolgimento di attività commerciali.
  Sempre in sede di risposta ad un interpello, tuttavia, è stato ammesso l'uso di una dichiarazione, rilasciata dal cliente, di effettivo utilizzo del mezzo in alto mare, quale titolo idoneo a consentire l'applicazione del regime di non imponibilità all'attività di manutenzione e riparazione di mezzi navali già esistenti ed in uso.
  Per quanto concerne, poi, alla definizione di «alto mare», l'Agenzia delle entrate ha ritenuto di dover far riferimento al «concetto di alto mare» così come disciplinato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, più nota come Convenzione di Montego Bay, ratificata dall'Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689.
  L'articolo 3 della Convenzione stabilisce che il mare territoriale di ogni Stato può arrivare «fino a un limite massimo di 12 miglia marine, misurate a partire dalle linee di base determinate conformemente alla presente Convenzione».
  Di regola, a norma dell'articolo 5, «salvo diversa disposizione della presente Convenzione, la linea di base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di bassa marea lungo la costa, come indicata sulle carte nautiche a grande scala ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero». Tuttavia, ai sensi dell'articolo 7, «nelle località dove la linea di costa è profondamente incavata e frastagliata, o vi è una frangia di isole Pag. 193lungo la costa nelle sue immediate vicinanze, si può impiegare il metodo delle linee di base diritte che collegano punti appropriati, per tracciare la linea di base dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale».
  Per alto mare s'intendono, ai sensi dell'articolo 86 della Convenzione, «tutte le aree marine non incluse nella zona economica esclusiva, nel mare territoriale o nelle acque interne di uno Stato, o nelle acque arcipelagiche di uno Stato-arcipelago».
  Dalle disposizioni sopra richiamate si evince che, per mare territoriale s'intende l'area marina compresa tra le linee di base e le 12 miglia nautiche misurate dalle stesse e che, per esclusione, per alto mare s'intende la zona marina oltre le 12 miglia nautiche dalle linee di base.
  Lo Stato italiano, con il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, ha adottato un sistema, ancora vigente, di linee di base diritte e di linee di chiusura delle baie naturali e storiche, che ha prodotto una notevole semplificazione nella determinazione delle linee di base a partire dalle quali è misurata la larghezza del mare territoriale italiano.
  In particolare, ai sensi dell'articolo 1 del suddetto decreto presidenziale, le linee di base sono state tracciate ricomprendendo, a titolo esemplificativo, le Isole Pontine, le Isole dei Golfi di Napoli e Salerno, l'Arcipelago Toscano.
  Per quanto concerne, infine, la lamentata impossibilità di detrarre l'IVA assolta sulla fornitura di imbarcazioni, di pezzi di ricambio e accessori, nonché sulle prestazioni di servizio indicate dall'articolo 8-bis, determinata dal regime di esenzione applicato alle prestazioni rese dalle società di trasporto marittimo nell'ambito cosiddetto «urbano» ai sensi del citato articolo 10, primo comma, n. 14), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si osserva che il problema potrebbe essere risolto attraverso una modifica normativa che disponga l'assoggettamento ad IVA delle suddette prestazioni di trasporto locale, che non sarebbe incompatibile con le disposizioni comunitarie; infatti, l'allegato X parte B della direttiva n. 112/2006, dispone che gli Stati Membri «possono» continuare ad esentare «10) il trasporto di persone ed il trasporto di beni quali bagagli e autovetture al seguito di viaggiatori o le prestazioni di servizi connesse con il trasporto di persone, qualora il trasporto di tali persone sia esente», senza che però ricorra un obbligo specifico di esenzione.
  In tale evenienza, le citate prestazioni di trasporto rientrerebbero tra quelle contemplate dal n. 127-novies, della Tabella A, Parte terza, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, che prevede l'applicazione dell'aliquota ridotta del 10 per cento.
  Non sarebbe, invece, possibile, prevedere l'applicazione dell'aliquota «super ridotta» del 4 per cento, in quanto ciò comporterebbe, di fatto, la violazione della normativa comunitaria ed, in particolare, della cosiddetta «clausola standstill» che autorizza gli Stati membri a mantenere le aliquote inferiori a quella minima del 5 per cento, per le operazioni ricomprese nell'elenco contenuto nell'allegato III della Direttiva 2006/112/CE al 1o gennaio 1991, purché tale aliquota fosse già prevista a tale data e rispondesse a ragioni di interesse sociale ben definite e fosse a favore dei consumatori finali.

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ALLEGATO 8

5-03420 Causi: Esenzione dall'imposta di registro degli atti relativi ai procedimenti di separazione e di divorzio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti rilevano che l'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ha modificato l'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (di seguito TUR) prevedendo che l'imposta di registro sugli atti traslativi, a titolo oneroso, della proprietà di beni immobili venga applicata, in linea generale, nella misura del 9 per cento.
  Inoltre, il citato articolo 10 ha previsto, al comma 4, una generale abolizione di tutte le esenzioni e le agevolazioni per gli atti traslativi a titolo oneroso, riconducibili nell'ambito dell'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al TUR.
  Con specifiche disposizioni normative il legislatore ha poi espressamente confermato l'applicabilità di alcune agevolazioni, quali ad esempio, le agevolazioni in materia di piccola proprietà contadina e le agevolazioni previste per l'Expo 2015.
  Ciò premesso, gli interroganti fanno presente che il taglio lineare delle agevolazioni disposte dal citato articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha colpito in pari misura situazioni molto differenti, penalizzando, in particolare, i trasferimenti immobiliari nell'ambito dei procedimenti in materia di separazione e divorzio.
  Viene rappresentato, al riguardo, che tali procedimenti usufruivano, prima della soppressione recata dal citato articolo 10, del regime di esenzione previsto dall'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74. Gli Onorevoli interroganti lamentano, tuttavia, che dette agevolazioni non troverebbero più applicazione per gli atti conclusi a partire dal 1o gennaio 2014. Per tali procedimenti, il carico fiscale risulterebbe, quindi, aumentato in modo insostenibile a danno dei contribuenti che si trovano in un momento della vita particolarmente delicato.
  Gli interroganti chiedono, quindi, al Ministro dell'economia e delle finanze come intenda intervenire per agevolare i contribuenti coinvolti nei procedimenti di separazione e divorzio e ripristinare il regime di esenzione dall'imposta di bollo, dall'imposta di registro e da ogni altra tassa, previsto dall'articolo 19 della citata legge n. 74 del 1987, per «tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si evidenzia quanto segue.
  L'Agenzia delle entrate, nell'ambito della propria attività istituzionale di interpretazione normativa, con la circolare n. 2 del 21 febbraio 2014, pubblicata sul sito www.agenziaentrate.gov.it, ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione delle modifiche normative introdotte con l'articolo 10 del decreto legislativo n. 23 del 2011.
  Come ricordato dagli Onorevoli interroganti, per effetto della previsione recata dall'articolo 10, comma 4, decreto legislativo n. 23 del 2011, sono state soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, previste, ai fini dell'imposta di registro, Pag. 195per gli atti a titolo oneroso costitutivi o traslativi di diritti reali su immobili.
  Con la citata circolare n. 2 del 2014, è stato rilevato che la dizione utilizzata dal legislatore è ampia, tale da ricomprendere tutte le agevolazioni relative ad atti di trasferimento immobiliare a titolo oneroso in genere, riconducibili nell'ambito applicativo dell'articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.
  Restano, invece, applicabili le agevolazioni tributarie riferite ad atti non riconducibili nell'ambito dell'articolo 1 della citata Tariffa, e, quindi, diversi dagli atti, a titolo oneroso, traslativi o costitutivi di diritti reali su immobili.
  La norma di soppressione non opera, inoltre, in relazione ad alcune previsioni fiscali, che sono funzionali alla disciplina di particolari istituti, che hanno una applicazione ampia, la cui riferibilità ai trasferimenti immobiliari è solo eventuale e prescinde dalla loro natura onerosa o gratuita.
  In applicazione di tale principio, con la richiamata circolare n. 2 (par. 9 – regimi agevolativi applicabili), è stato chiarito che la previsione di soppressione recata dal citato articolo 10, comma 4, non esplica effetti con riferimento agli atti costitutivi o traslativi di diritti su beni immobili posti in essere, tra l'altro, nell'ambito dei procedimenti in materia di separazione e divorzio.
  In considerazione dei chiarimenti forniti dall'Agenzia dell'entrate nella cennata circolare, si conferma, dunque, che per gli atti costitutivi o traslativi di diritti reali su immobili, stipulati nell'ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, continua a trovare applicazione la previsione di esenzione recata dall'articolo 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74.

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ALLEGATO 9

5-03421 Villarosa: Scostamento tra l'IRPEF versata dai contribuenti siciliani ed il gettito trattenuto dalla Regione Sicilia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito all'ammontare effettivo del gettito erariale spettante alla Regione Siciliana in virtù dell'articolo 36 dello Statuto speciale e dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965 n. 1074, recante «Norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana in materia finanziaria».
  Più in particolare, gli Onorevoli interroganti chiedono dati e presupposti legislativi che giustificano lo scostamento tra il totale delle entrate dell'imposta sul reddito delle persone fisiche versate dai contribuenti siciliani e quanto attribuito alla Regione Siciliana, ai sensi dello Statuto di autonomia, per gli anni 2008-2011.
  Al riguardo, sentita gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si evidenzia quanto segue. Occorre in primo luogo richiamare il quadro normativo di riferimento, oggetto tra l'altro di significativi chiarimenti interpretativi da parte della Corte Costituzionale.
  L'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione statutaria, stabilisce il principio generale secondo cui spettano alla Regione «tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate». Il successivo articolo 4 precisa, poi, che nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a «fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione».
  Ciò premesso, deve sottolinearsi che la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 207 del 16 luglio 2014, posta alla base delle argomentazioni formulate dagli interroganti, richiama un principio che la stessa Consulta aveva esplicitato nella sentenza n. 306 del 2004, nella quale stabiliva che doveva essere assicurato alla Regione il gettito derivante dalla «capacità fiscale» che si manifesta nel suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o della collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria.
  Ciò comporterebbe, invero, l'attribuzione alla Regione delle spettanze in base al criterio del «maturato», in luogo di quello del «riscosso» indicato dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965.
  È indispensabile, però, tener conto del fatto che il principio della «capacità fiscale» è stato completamente superato dalla precedente sentenza n. 116 del 25 marzo 2010 con la quale la Corte Costituzionale ha riaffermato la ricostruzione del sistema di riparto del gettito tributario tra Stato e Regione Siciliana, già delineato con le sentenze n. 81 e n. 71 del 1973.
  In buona sostanza la Corte ha ribadito, innanzitutto, che il criterio generale di riparto basato sul luogo di realizzazione del presupposto, quale manifestazione della «capacità fiscale» del soggetto passivo di imposta, «non trova alcun appiglio testuale nell'articolo 2 delle norme di attuazione, che fa esclusivo riferimento al luogo in cui viene riscosso il tributo».Pag. 197
  In particolare, la Consulta ha riaffermato che sono rilevanti le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del territorio regionale e non quelle il cui presupposto si sia realizzato nel territorio, come potrebbe indurre a pensare il successivo articolo 4 che dispone, come innanzi precisato, che spettano alla Regione le entrate relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale che affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione.
  Detta norma, infatti, non ha lo scopo di fissare un criterio di riparto dei tributi tra Stato e Regione basato sul luogo di realizzazione del presupposto di imposta, prevalente ed alternativo rispetto al criterio basato sul luogo di riscossione; essa deve essere, invece, interpretata, in coerenza sistematica con il menzionato articolo 2.
  Non è infatti un caso che quando il legislatore ha inteso ricorrere ad un criterio diverso lo ha esplicitamente affermato, come è avvenuto con l'articolo 7 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, che, in attuazione dell'articolo 37 dello Statuto attribuisce alla Regione Siciliana il gettito dei tributi sui redditi di lavoro dipendente degli addetti agli stabilimenti situati nel territorio della regione, ma con sede legale fuori dal territorio siciliano.
  L'Amministrazione finanziaria, pertanto, ha sempre riconosciuto le spettanze del gettito alla Regione Siciliana in coerenza con il quadro della disciplina statutaria e delle relative norme di attuazione, come ribadito dalla richiamata sentenza n. 116 del 2010 che sembrava aver posto fine alla problematica in esame.
  Non sembra pertanto che l’obiter dictum formulato dalla Corte nella recente sentenza n. 207 del 2014 possa di per sé scardinare la prassi applicativa e l'impianto interpretativo ormai consolidato, in quanto le considerazioni sulla «capacità fiscale» sono state svolte dichiaratamente «in termini più generali», e cioè non relativamente alla fattispecie in esame, ma con riguardo a questioni in tema di riserva di gettito all'erario.
  Con riguardo alla quota di gettito erariale attribuita alla Regione Siciliana si precisa che la Struttura di Gestione dell'Agenzia delle Entrate attribuisce alla Regione Siciliana il gettito dell'IRPEF, affluito nel capitolo 1023 del bilancio dello Stato, relativo ai versamenti effettuati tramite i modelli F24:
   a) presentati nel territorio siciliano, in base all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana, che stabilisce il principio generale secondo cui spettano alla Regione «tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del suo territorio, dirette o indirette, comunque denominate»;
   b) presentati nel resto del territorio nazionale, ma contenenti il versamento di ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, corrisposti da sostituti d'imposta, fiscalmente non domiciliati nella Regione Siciliana, a soggetti che prestano la loro opera in stabilimenti ed impianti siti nella predetta Regione. Ciò ai sensi dell'articolo 7 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965, che, in attuazione dell'articolo 37 dello Statuto, attribuisce alla Regione Siciliana il gettito dei tributi sui redditi da lavoro dei dipendenti delle imprese industriali e commerciali, addetti agli stabilimenti situati nella Regione, ma con sede legale fuori dal territorio siciliano.

  Tanto premesso, giova evidenziare che l'ammontare dell'IRPEF considerata dagli Onorevoli interroganti per valutarne la quota attribuita alla Regione Siciliana (es. 7.279 milioni di euro per il 2008), non rappresenta l'imposta «riscossa» nell'ambito del relativo territorio, bensì l'ammontare dell'imposta netta dichiarata dai contribuenti aventi domicilio fiscale nella Regione, secondo le dichiarazioni dei redditi e dei sostituti d'imposta.Pag. 198
  Pertanto, considerato che, ai sensi delle richiamate norme di attuazione statutarie, alla Regione Siciliana spetta l'IRPEF riscossa nel proprio territorio (di cui al precedente punto a), nonché le somme di cui al precedente punto b), è ragionevole che dette entrate siano inferiori all'ammontare dell'imposta netta dichiarata dai contribuenti siciliani, in quanto una parte di questa è riscossa fuori dal territorio regionale.
  È altrettanto ragionevole che la quota di IRPEF spettante alla Regione Siciliana, rispetto all'ammontare complessivo dell'imposta netta dichiarata, risulti mediamente inferiore all'analoga quota attribuita alle altre autonomie speciali, in quanto i rispettivi Statuti e le relative norme di attuazione contengono disposizioni distributive differenti.
  Per completezza di informazione, nel prospetto allegato si riportano le entrate attribuite dalla Struttura di Gestione alla Regione Siciliana, a titolo di IRPEF (capitolo 1023) riscossa negli anni 2008/2011, con evidenza della parte afferente al precedente punto b (capitolo 1023 articolo 18). Dette somme rappresentano solo la parte dell'IRPEF riscossa tramite modello F24 e dunque non comprendono l'imposta riscossa con altre modalità (es. ruoli e versamenti diretti nelle casse regionali).

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ALLEGATO 10

5-03422 Sottanelli: Possibilità di rateizzare in modo cumulativo i debiti tributari in essere presso più società del gruppo Equitalia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti chiedono iniziative volte a risolvere la problematica concernente la possibilità di cumulo di debiti fiscali gravanti su un contribuente nei confronti delle diverse società operative di Equitalia S.p.a. (Equitalia Nord, Equitalia Centro ed Equitalia Sud) derivanti dalla riorganizzazione della società di riscossione avvenuta a partire dal 1o gennaio 2012.
  In particolare, tenuto conto di quanto disposto in tema di rateazione, dall'articolo 52 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9.8.2013, n. 98) e dal successivo decreto ministeriale attuativo del 6.11.2013, gli Onorevoli interroganti hanno ipotizzato che il contribuente, stante l'articolazione del Gruppo Equitalia che opera attraverso tre distinte società (Equitalia Nord Spa, Equitalia Centro Spa, Equitalia Sud Spa), potrebbe venirsi a trovare nella situazione di dover saldare debiti diversi con le tre citate società operative e voler rateizzare le somme iscritte a ruolo da ciascuna di esse in base a quanto stabilito dalla predetta normativa.
  A parere degli interroganti, poiché attualmente non sarebbe previsto alcun cumulo tra debiti delle diverse società operative e quindi nessuna possibilità di rateazione unica (sia ordinaria che straordinaria), il contribuente si troverebbe a «dover far fronte a due o più piano di rateazione con un maggiore peso delle singole rate sul proprio reddito totale».
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione Finanziaria, si evidenzia quanto segue.
  Ai sensi della vigente normativa di settore il ruolo, vale a dire il titolo esecutivo che legittima tutte le attività connesse al recupero coattivo, viene formato in relazione al domicilio fiscale del debitore ed affidato all'agente della riscossione (quindi ad una delle tre società operative del Gruppo Equitalia) territorialmente competente in regione di tale domicilio.
  Ciascuna di tali società diventa, in tal modo agente contabile e, in quanto tale, giuridicamente responsabile delle operazioni di riscossione relative alla posizione assunta in carico, in base alla competenza territoriale, ivi compresa la concessione della rateazione ex articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.
  Ciò posto, deve segnalarsi che l'ipotesi prospettata dagli Onorevoli interroganti integra una fattispecie, senza dubbio eccezionale, caratterizzata dal fatto che più posizione riferibili ad uno stesso soggetto (che nel tempo ha evidentemente variato il proprio domicilio fiscale) possono essere affidate ad agenti della riscossione differenti, con l'inevitabile conseguenza di dar luogo alla concessione di piani di rateazione distinti.
  In tale caso, poiché l'importo del debito da dilazionare maggiorato degli interessi previsti dalla legge, rileva ai fini della concessione della rateazione e il suo maggior peso può altresì, determinare la concessione di un più elevato numero di rate, nello spirito di servizio e di massima disponibilità nei confronti dei debitori che da sempre contraddistingue l'operato delle società del Gruppo Equitalia, si fa presente che qualora i debitori segnalino di trovarsi nella situazione evidenziata degli interroganti, ferma restando l'esistenza di piani di ammortamento distinti, ai fini del computo delle rate da concedersi, si provvederà a tener conto dell'intero debito gestito dalle stesse società.

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ALLEGATO 11

5-03423 Paglia: Ammontare del mancato gettito IMU relativo ai fabbricati esenti di proprietà della Chiesa Cattolica.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'Onorevole interrogante, nel segnalare che nel passaggio dal regime IMU a quello della TASI ci si è limitati a confermare che le esenzioni sui fabbricati destinati all'esercizio del culto si applicano alle sole parti dell'immobile che vengono utilizzate per lo svolgimento di attività non commerciali di tipo solidale e che per gli immobili a destinazione mista, per l'individuazione della prevalenza o meno dell'attività commerciale, occorre ricorrere ad un rapporto di proporzionalità tra le attività ivi svolte, chiede di conoscere, con riferimento ai fabbricati della Chiesa destinati ad utilizzazione mista, il gettito IMU 2013 ed il gettito atteso per il 2014.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si riferisce che i dati di gettito disponibili non consentono di effettuare una stima puntuale che potrà essere effettuata solo una volta acquisiti i dati delle dichiarazioni IMU che gli enti non commerciali dovranno presentare in via telematica per gli anni 2012 e 2013 entro il 30 settembre 2014, come previsto dall'articolo 5 del decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 26 giugno 2014.
  Con successivo decreto del Direttore Generale delle finanze del 4 agosto 2014 sono state approvate le modalità di trasmissione telematica della predetta dichiarazione.