CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 luglio 2014
278.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-03313 Pastorelli e Zan: Adozione di un piano unico di manutenzione e prevenzione per la tutela dell'assetto idrogeologico sul territorio nazionale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li Zan e Pastorelli, inerenti le politiche per la mitigazione del rischio idrogeologico, si rappresenta quanto segue.
  Il Ministero dell'ambiente negli ultimi anni si è attivato per predisporre una programmazione degli interventi e delle relative risorse finanziarie sull'intero territorio nazionale, destinando, in attuazione dell'articolo 2, comma 240, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010), cospicue risorse ai piani straordinari diretti a rimuovere in tutto il Paese le situazioni a più elevato rischio idrogeologico.
  La medesima norma aveva, inoltre, stabilito che detti programmi straordinari potessero essere attuati anche tramite Accordi di Programma sottoscritti tra il Ministero e le regioni a partire dai primi mesi del 2010, con l'individuazione e il finanziamento di interventi urgenti per la messa in sicurezza della popolazione e del territorio, individuati dalle regioni e sottoposti all'attenzione del Ministero, con il coinvolgimento anche delle Autorità di bacino e del Dipartimento della Protezione Civile.
  Il valore complessivo degli Accordi sottoscritti, considerate le risorse FAS (Fondi Aree Sottoutilizzate) statali destinate dalla legge finanziaria 2010, quelle di bilancio messe a disposizione dal Ministero e quelle regionali, è pari a circa 2.097 milioni di euro per oltre 1600 interventi finanziati.
  Tuttavia, le situazioni di criticità idrogeologica derivanti da carenze strutturali o causate da eventi emergenziali, come i fenomeni calamitosi che hanno coinvolto alcune regioni nel corso dell'anno, hanno determinato nuove e pressanti necessità di intervento, tali che, in considerazione dell'avvenuta approvazione della legge di Stabilità n. 147/2013 e degli adempimenti in essa previsti in materia di dissesto idrogeologico, il Ministero dell'ambiente ha richiesto agli Uffici competenti presso le regioni, di avviare l'attività ricognitiva finalizzata alla individuazione di nuovi interventi da proporre a finanziamento, selezionati tenendo conto delle esigenze di una celere attuazione in relazione alle situazioni di massimo rischio per l'incolumità delle persone.
  Tali richieste sono confluite in un documento che costituisce una proposta di programmazione unitaria nazionale sulle tematiche ambientali il cui finanziamento dovrà trovare pertinente collocazione sulle risorse sia comunitarie che nazionali assicurando la contestuale fattibilità delle iniziative sia strutturali che di governance. L'efficacia dell'azione di governo è subordinata, infatti, al contestuale avvio delle iniziative proposte con l'avvio della programmazione comunitaria e non subordinato alla disponibilità di fondi FSC (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione) che, come si evince dalla legge di stabilità sopra menzionata, è temporalmente posticipata.
  Inoltre, il Ministero dell'ambiente si è attivato rispetto all'iniziativa di escludere le risorse destinate agli interventi di mitigazione Pag. 115del dissesto dai limiti imposti dal patto di stabilità. Si rammenta, infatti, che con l'approvazione del testo definitivo di conversione in legge del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, recante: «disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate», le spese effettuate dalle regioni con le risorse giacenti sulle contabilità speciali dei Commissari ed ad esse trasferite al 1o gennaio 2015, sono escluse dai vincoli imposti per legge.
  Al riguardo, si rileva che con il disposto dell'articolo 10 del decreto-legge n. 91 del 2014 i «Presidenti delle regioni subentrano relativamente al territorio di competenza nelle funzioni dei commissari straordinari delegati per il sollecito espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico individuati negli accordi di programma sottoscritti tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni e nella titolarità delle relative contabilità speciali».
  Riguardo all'adozione di un Piano unico di manutenzione e prevenzione per la tutela dell'assetto idrogeologico, si fa presente che è stata recentemente istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Struttura di missione denominata «#italiasicura» Il Governo ha affidato a tale Struttura misure straordinarie e il compito di curare la regia e coordinare tutte le amministrazioni dello Stato coinvolte (Ministeri, Protezione civile, regioni, Enti locali. Consorzi di bonifica, Provveditorati alle opere pubbliche. Genio Civile ed enti e soggetti locali), per realizzare, utilizzando oltre 2,4 miliardi di euro non spesi dal 1998, interventi finalizzati a contrastare le situazioni di dissesto idrogeologico quali ad esempio: casse di espansione e vasche di laminazione di fiumi e torrenti; argini anti-alluvioni; briglie per regimentazione acque; messa in sicurezza di frane; stabilizzazione di versanti a rischio crollo; riattivazione di linee FS locali interrotte; ponti e infrastrutture viarie.
  La Struttura di missione, che si avvale anche della collaborazione di personale, dirigenziale e non, del Dipartimento della protezione civile, ha avviato e completerà in tempi brevi la consultazione delle Amministrazioni regionali per verificare lo stato di attuazione degli interventi ricompresi legali Accordi di programma stipulati dal MATTM con le diverse regioni, finalizzati alla programmazione ed al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico e per ridefinire, tenuto conto dei gravi dissesti avvenuti negli ultimi anni, un quadro delle priorità di realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio.
  Da ultimo, in ordine agli eventi calamitosi in epigrafe, si fa presente che al Dipartimento della Protezione Civile non è giunta alcuna richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza da parte della regione Veneto, propedeutica all'avvio del successivo iter istruttorio così come previsto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 ottobre 2012 recante per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazioni del Consigli dei ministri da adottare ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modifiche ed integrazioni, alla luce del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100».

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ALLEGATO 2

5-03314 Grimoldi e Borghesi: Iniziative finalizzate alla soppressione dell'ISPRA.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li Grimoldi e Borghesi, pone in evidenza presunte inadempienze da parte dell'istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), per il mancato calcolo delle piccole quantità di uccelli cui può essere autorizzato il prelievo e per la mancata organizzazione di corsi per l'abilitazione di operatori idonei alla gestione di impianti di cattura a fini di inanellamento e richiamo.
  Nel premettere che i compiti dell'ISPRA, sono molteplici e di valenza anche Internazionale, il Ministero dell'ambiente, quale organo vigilante, ha appurato che il mancato porre in essere delle attività lamentate dagli Interroganti sono state sospese poiché la cattura di uccelli al fine di richiamo è stata ritenuta non rispondente ai criteri imposti dalla direttiva 147/2009/CEE, pertanto in assenza di ragioni tecniche e giuridiche che motivino la cattura di uccelli selvatici a scopo di richiami), decadrebbe l'esigenza di formazione degli operatori addetti agli impianti di cattura. Allo stato attuale il decreto-legge 91/2014, in corso di conversione, affronta la vicenda ponendo una soluzione normativa che farebbe venir meno la necessità di tali abilitazioni.
  Nel caso specifico relativo alla cattura dei richiami vivi, l'Italia è tuttora oggetto della procedura d'infrazione 2014/2006 (Causa 934/14), attualmente in corso.
  Al di là dunque delle tematiche richiamate, il Ministero garantisce il proprio impegno costante nella vigilanza sull'operato dell'Ispra, al fine di verificarne l'idoneità ed adeguatezza nel fornire il supporto specialistico di competenza.
  Si allega la relazione fornita dall'istituto sulla tematica proposta.
  L'interrogazione si riferisce a due punti: il calcolo delle piccole quantità di uccelli il cui prelievo può essere autorizzato ai sensi dell'articolo 9, comma 1 lettera c) della Direttiva 2009/147/CE, l'organizzazione di corsi per l'abilitazione di operatori idonei alla gestione di impianti di cattura a fini di inanellamento e richiamo, ai sensi dell'articolo 4 comma 3 della legge 157/92.
  Calcolo piccole quantità.
  L'articolo 9, paragrafo 1, lettera c) della Direttiva 2009/147/CE, recepito dalla legge 157/92 attraverso l'articolo 19-bis, prevede la possibilità di ricorrere a deroghe per consentire la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di uccelli. Per poter applicare una deroga a norma del suddetto dispositivo occorre rispettare, tra le altre, quattro condizioni: I. la deroga deve riguardare «impieghi misurati»; II. deve riferirsi a «piccole quantità»; III. la cattura, la detenzione o gli altri impieghi misurati sono ammissibili solo in «condizioni rigidamente controllate», IV. l'applicazione della deroga deve avvenire «in maniera selettiva». A monte di tali condizioni si rende sempre necessaria una valutazione delle soluzioni alternative all'applicazione del regime di deroga.
  In riferimento al concetto di «piccola quantità», la «Guida alla disciplina della caccia nell'ambito della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici» (d'ora in poi citata come Guida CE) al punto 3.5.36 si esprime come segue: «La mortalità annua complessiva costituisce un parametro adeguato per determinare Pag. 117le «piccole quantità» in quanto tiene conto della dimensione, dello stato e della dinamica della popolazione. Sotto questo profilo vanno considerate «piccole quantità» i prelievi pari a circa l'1 per cento della mortalità annua per le specie cacciabili, fermo restando che la conformità all'articolo 9 della direttiva dipende in ogni caso dal rispetto delle altre disposizioni di tale articolo».
  Successivamente nel testo vengono illustrate alcune indicazioni necessarie al calcolo della mortalità annua complessiva. Sulla base di queste indicazioni, ISPRA (allora INFS) ha inviato nel 2005 un'istruttoria (prot. 1203/T-A61 del 14.02.2005 e prot. 3225/t-A61 del 03/05/2005) alla Direzione Generale Ambiente della Commissione della comunità europea nella quale, per ciascuna delle specie per cui era stata fatta richiesta di deroga per la stagione venatoria 2004/2005, venivano definite le «piccola quantità» cacciabili e i periodi in cui consentire il prelievo. Contestualmente all'invio dell'istruttoria, lo scrivente Istituto ha chiesto alla Commissione europea un parere circa la metodologia applicata e i dati utilizzati. L'istruttoria fece uso di tutti i dati in possesso relativamente alle specie in oggetto, ivi compresi quelli contenuti nella banca dati del Centro Nazionale di Inanellamento dell'ISPRA. Si segnala che la principale fonte di informazione utilizzata da ISPRA è stata proprio la pubblicazione Birds in Europe II di BirdLife International, citata dagli interroganti. Inoltre, per la redazione dell'istruttoria, l'istituto si è attenuto strettamente alle indicazioni fornite in più occasioni dalla Commissione europea.
  In data 19.12.2005, la Commissione europea ha inviato (prot. ENV/B2/NH/D(2005) 26693) a questo Istituto il parere tecnico-scientifico espresso da propri consulenti esperti della metodologia applicata e della tipologia di dati utilizzati. Nel complesso, con tale nota la Commissione espresse insoddisfazione circa l'adeguatezza del calcolo effettuato, nonostante l'istruttoria prodotta da ISPRA si sia attenuta al metodo indicato dalla Commissione stessa e siano stati utilizzati tutti i migliori dati disponibili. In particolare, la Commissione europea dettagliò 13 criticità.
  Questo Istituto ritiene che ad oggi le criticità sollevate dalla Commissione Europa nel 2005, e ribadite anche in una più recente nota del 2012, rimangano irrisolte. Le informazioni relative a tali problematiche rimangono essenziali per un approccio tecnicamente robusto al calcolo delle «piccole quantità», anche nel caso si vogliano utilizzare metodi alternativi, che debbono comunque risultare coerenti con lo spirito ed il dettato della Direttiva (si veda il par. 3.2.5 della Guida CE). In particolare, tali criticità si riferiscono ai seguenti aspetti: la determinazione dell'origine geografica delle popolazioni oggetto della deroga; la valutazione delle modalità di migrazione delle differenti popolazioni coinvolte; la dimensione delle suddette popolazioni (numero di coppie nidificanti, tasso di natalità e contingente post riproduttivo); il tasso di mortalità riscontrato annualmente per le diverse popolazioni; la variabilità interannuale dei valori riferiti ai parametri precedenti.
  Le criticità sopra sintetizzate sono molto difficili da superare, considerate le caratteristiche delle specie migratrici oggetto delle richieste di deroga. Il concetto di «piccola quantità» è stato infatti in origine introdotto nel dettato della Direttiva Uccelli principalmente per far fronte a problematiche inerenti l'approvvigionamento di rapaci per la falconeria (par. 3.5.22 della Guida CE), quando diverse specie di Falconiformi non erano ancora allevate con relativa facilità Tale concetto è pertanto nato per essere applicato a specie stanziali, diffuse sul territorio con densità basse. Condizioni quest'ultime che permettono di identificare con relativa facilità le coppie presenti in un a data area e raccogliere i relativi parametri demografici (tasso di natalità e di mortalità). Inoltre i dati di pertinenza in questo caso sono principalmente relativo ad un contesto nazionale.
  Le richieste formulate dalle regioni per il calcolo di piccole quantità a cui si riferisce l'interrogazione sono relative a Pag. 118piccoli uccelli migratori non cacciabili. Specie che nidificano in gran parte d'Europa, e le cui popolazioni possono transitare attraverso l'Italia per dirigersi verso latitudini più meridionali o passare l'inverno nel nostro Paese. Data l'ecologia delle specie di interesse, il metodo della piccola quantità non risulta applicabile, come confermato dai chiarimenti forniti dalla Commissione europea in materia.
  L'inapplicabilità del metodo richiesto per il calcolo della piccola quantità a specie migratrici cacciabili è legato a vari fattori:
   il calcolo della piccola quantità deve essere effettuato ogni anno, utilizzando dati aggiornati all'ultima stagione riproduttiva appena conclusa. Dal momento che le specie in questione nidificano su territori vastissimi, al di fuori dell'Italia, bisognerebbe poter disporre di dati accurati raccolti al di fuori del territorio nazionale, anche in aree dove la prassi del monitoraggio ornitologico non è praticata (come accade in diversi paesi orientali, quali la Russia o la Bielorussia);
   i contingenti di uccelli che svernano in Italia cambiano di anno in anno, principalmente in relazione alle situazioni meteo presenti nei paesi di provenienza. Situazioni meteo più rigide (temperatura, neve, pioggia) possono ad esempio portare un maggior numero di uccelli a svernare in Italia;
   la proporzione di uccelli che migra per ciascuna popolazione (relativa ai diversi paesi di origine) può variare annualmente e tali dati non sono disponibili in ambito europeo.
  Qualora fossero disponibili i dati necessari a stimare la provenienza degli uccelli che raggiungono l'Italia durante la migrazione autunnale e il numero di coppie che nidifica in ciascun paese di origine, il passo successivo sarebbe disporre dei parametri demografici di ciascuna popolazione di origine. Questi dati non sono disponibili con il dettaglio richiesto per la pressoché totalità dei casi.

  Si evidenzia che qualora ISPRA fosse chiamata a calcolare la piccola quantità per le specie per le quali la norma è stata pensata (rapaci o specie cacciabili), verrebbero risolti molti degli ostacoli tecnici all'applicazione della metodologia di calcolo indicata dalla Commissione europea, e si richiederebbero per tale calcolo dati riferiti esclusivamente al contesto nazionale.
  Ad integrazione delle considerazioni sopra sintetizzate, si ritiene opportuno aggiungere che il calcolo della piccola quantità viene chiesto per praticare l'attività venatoria nei riguardi di specie non cacciabili. A tale proposito va evidenziato che l'inapplicabilità del metodo di calcolo della piccola quantità non è l'unico ostacolo all'applicazione del regime di deroga alla Direttiva Uccelli per tali fini. Anche in eventuale presenza di tale calcolo, la caccia a queste specie confliggerebbe comunque con il dettato della Direttiva europea 147/2009/CE, come confermato da diverse note della Commissione europea, poiché esistono soluzioni alternative all'applicazione del regime di deroga, premesso, si richiama l'attenzione su tre aspetti cruciali ai fini di valutare l'operato di ISPRA e, più in e, l'intera problematica della caccia in deroga nei confronti di piccoli uccelli migratori.

  1. Dal 2005 ad oggi, malgrado siano trascorsi nove anni, non sono state prodotte nuove stime delle popolazioni di uccelli nidificanti in Europa (gli ultimi dati disponibili sono contenuti appunto nel volume Birds in Europe II di BirdLife International). Pertanto il calcolo effettuato da ISPRA nel 2005 non avrebbe potuto essere aggiornato in alcun modo.
  2. Va peraltro evidenziato che le informazioni presenti nei volumi «Birds in Europe» (1994-2004 e prossima edizione) si riferiscono alle stime di popolazione delle specie di uccelli nidificanti in Europa, ma non riportano i relativi parametri demografici, necessari al calcolo in oggetto.
  3. Nessun altro Stato Membro dell'Unione europea è stato in grado di mettere a punto metodi alternativi per il calcolo delle «piccole quantità».Pag. 119
  4. Le modalità con cui la caccia in deroga ai sensi della Direttiva Uccelli, articolo 9, comma 1, lettera c) è stata autorizzata da alcune regioni ha portato all'Italia tre procedure d'infrazione conclusesi con altrettante condanne.

Procedura Causa Sentenza

2004/4926 164/09 11/11/10

2006/4043 503/06 15/5/08

2006/2131 573/08 15/7/10

  Dalla lettura delle sentenze si evince come la Corte di Giustizia ritenga che la determinazione delle «piccole quantità» non sia l'unico ostacolo all'applicazione del regime di deroga. Anche in eventuale presenza di tale calcolo, la caccia a queste specie confliggerebbe comunque per altri aspetti non facilmente superabili (ripetitività del prelievo, esistenza di soluzioni alternative, modalità rigidamente controllate).
  Corsi di qualificazione ed abilitazione degli operatori addetti agli impianti di cattura di uccelli selvatici a fini di richiamo.
  La legge n. 157/92, articolo 4, comma 2, prima della recente modifica introdotta dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 recitava testualmente:
   l'attività di cattura per l'inanellamento e per la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall'istituto nazionale per la fauna selvatica. L'autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell'istituto nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell'attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività».
   L'Istituto per anni ha svolto regolarmente i propri compiti di controllo e certificazione, fornendo indicazioni puntuali per l'attivazione degli impianti e per la gestione delle catture, nonché controllando annualmente l'attività svolta da ciascun impianto. Contestualmente ISPRA ha promosso corsi di formazione per gli operatori e ha organizzato esami per valutarne l'idoneità; complessivamente sono state abilitate diverse centinaia di persone a livello nazionale;
   l'organizzazione dei corsi finalizzati alla qualificazione ed abilitazione degli operatori di impianti di cattura a fini di richiamo è stata sospesa dallo scrivente Istituto poiché l'attività di cattura di uccelli selvatici ai fini di richiamo è stata ritenuta, come anche confermato dai competenti organi comunitari, non rispondente ai criteri imposti dalla Direttiva 147/2009/CE;
   l'allevamento in cattività delle specie da utilizzarsi come richiami rappresenta difatti una modalità di approvvigionamento in grado di sostituire il prelievo in natura e consentire quindi l'applicazione piena dello spirito e del dettato dell'articolo 9, comma 1, lettera c) della Direttiva Uccelli 2009/147/CE;
   in assenza di ragioni tecniche e giuridiche che motivino la cattura di uccelli selvatici a scopo di richiamo decade l'esigenza di formazione degli operatori addetti agli impianti di cattura;
   si ritiene inoltre di aggiungere che le recenti modifiche al quadro normativo introdotte dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014), hanno portato alla soppressione di ogni riferimento agli impianti di cattura dal comma 3 articolo 4, e conseguentemente anche al ruolo di ISPRA nel valutare l'idoneità del personale operante presso tali impianti;
   in merito alla cattura dei richiami vivi, occorre ricordare che l'Italia è stata oggetto della procedura PILOT 161 1/ENVI/10 che ha portato alla procedura d'infrazione 2014/2006 (Causa 934/14) tuttora in corso.

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ALLEGATO 3

5-03315 Borghi e Mariano: Impatto ambientale della centrale a carbone di Edipower-A2A Brindisi Nord e valutazione di nuovi progetti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In riferimento all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli On.li Mariano e Borghi, con la quale si chiede di conoscere le iniziative del Governo circa il futuro della centrale a carbone di Edipower – A2A di Brindisi, si rappresenta quanto segue.
  Per quanto concerne gli aspetti di competenza del Ministero dell'ambiente, risultano attualmente essere in corso due procedimenti relativi alla centrale in oggetto.
  Il primo avviato a maggio 2014 riguarda una verifica di assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale in merito al progetto di «dismissione unità 1-2 e sottostazione elettrica 220 kV» che prevede la demolizione completa delle Unità 1 e 2 e della sottostazione elettrica 220 kV della centrale. Unitamente a dette demolizioni, verrà installato un nuovo trasformatore di avviamento dei gruppi 3 e 4 ed il rinforzo delle strutture a supporto del nastro per il trasporto del carbone.
  Il secondo, avviato a novembre 2013, è una procedura integrata VIA e AIA per una modifica del progetto oggetto della pronuncia di compatibilità ambientale ovvero il cosiddetto «Nuovo Progetto» che prevede l'utilizzo, in co-combustione con il carbone a basso tenore di zolfo, di Combustibile Solido Secondario (CSS), prodotto in prossimità del sito della centrale Brindisi Nord, fino ad un massimo del 10 per cento di input termico.
  Nell'ambito di dette procedure, sarà valutato complessivamente l'impatto cumulativo di tali progetti sull'ambiente e sull'area sulla quale insiste la Centrale: al momento, atteso il breve tempo trascorso dalla presentazione delle istanze, e risultando tuttora in corso l'attività istruttoria della Commissione VIA/VAS, non risultano esiti, da parte della Commissione VIA, in relazione a ulteriori elementi relativi a specifiche valutazioni tecniche e ambientali degli interventi proposti per la centrale di Brindisi Nord.
  In entrambi i procedimenti sarà assicurata l'adeguata informazione al pubblico anche attraverso la pubblicazione di tutte le osservazioni del pubblico e della documentazione tecnica depositata per le istruttorie sul Portale delle Valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente. Ai sensi degli articoli 20 e ss. del decreto legislativo 152/06 tutte le osservazioni del pubblico che perverranno in merito a detti interventi saranno puntualmente valutate e contro dedotte nel parere della Commissione Via/VAS.
  In merito, ai possibili effetti sanitari a valori di esposizione agli inquinanti inferiori ai limiti normativi, ARPA Puglia, in ottemperanza alla legge regionale n. 21/2012, ha avviato la Valutazione del Danno Sanitario (VDS) di Enipower Brindisi.
  Si precisa, infine, che la relazione tra inquinamento ambientale e patologie a breve latenza come le malformazioni congenite sarà oggetto di un approfondimento scientifico attraverso l'estensione a Brindisi del Progetto Salute e Ambiente già operativo per la Città di Taranto.

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ALLEGATO 4

5-03316 Mannino: Iniziative urgenti volte ad evitare una nuova sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell'Unione europea nei confronti della Repubblica italiana per non adempimento degli obblighi in materia di discariche abusive.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito allo stato di degrado delle discariche abusive presenti in Italia e che nel 2007 hanno dato luogo alla condanna da parte della Corte di Giustizia europea, appare opportuno evidenziare l'evoluzione del caso e specificare i siti segnalati dalla Commissione europea.
  Con la prima sentenza del 26 aprile 2007, la Corte di Giustizia condannava l'Italia sulla base del Censimento operato dal Corpo Forestale dello Stato (CFS) nel 2002 che catalogava 4.866 discariche illegali presenti sul territorio delle regioni a Statuto ordinario, di cui 705 fra esse, contenenti rifiuti pericolosi.
  A seguito della sentenza della Corte di Giustizia, il Ministero dell'ambiente, con la collaborazione del CFS e delle regioni, ha avviato un controllo al fine di individuare tutte le situazioni di criticità presenti sul territorio nazionale.
  Dagli accertamenti eseguiti è risultato che 418 sono i siti non completamente bonificati/ripristinati, di cui solo 29 privi di interventi, atteso che una parte di quelli rilevati dalla Corte di Giustizia risultano già ripristinati e bonificai, nonché in molti casi si trattava di discariche comunali dismesse prima del 2002. 203 casi sono invece risultati errori di censimento.
  Tuttavia la Commissione europea ha richiesto la condanna dell'Italia per mancata esecuzione della sentenza del 26 aprile 2007, con ricorso ex articolo 260 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE) in Corte di Giustizia, contestando che sono tutt'ora attive 218 discariche abusive, di cui 16 contenenti rifiuti pericolosi.
  Dalle informazioni aggiornate in possesso delle Autorità italiane, nella recente udienza del 3 giugno scorso relativa al giudizio pendente dinanzi alla Corte di Giustizia, è stato dimostrato che la situazione è diversa da quella contestata dalla Commissione europea.
  In particolare, il Nucleo Operativo Ecologico, nel luglio 2013 ha precisato che:
   179 dei siti segnalati erano ex discariche comunali autorizzate ai sensi della normativa vigente all'epoca e chiuse;
   19 siti erano ancora attivi al momento della pubblicazione del rapporto del 2002;
   nessuno di questi siti era ancora attivo nel 2009, termine ultimo fissato dalla Commissione europea, per dare esecuzione alla prima sentenza;
   solo in 8 casi su 19, lo smaltimento era stato effettivamente realizzato senza valida autorizzazione.

  Per gli interventi di bonifica dei siti contaminati segnalati nella causa in oggetto, con la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 113) il Legislatore nazionale ha istituito per gli anni 2014 e 2015 un fondo di 30 milioni di euro per finanziare il piano straordinario di bonifica, per far fronte all'infrazione comunitaria 2003/2007.Pag. 122
  Il piano straordinario, che ricomprenderà i 43 siti di discarica risultanti dall'attività istruttoria condotta con le regioni, verrà adottato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attualmente in corso di predisposizione.
  Rilevata l'insufficienza delle risorse disponibili per la definitiva soluzione delle problematiche ambientali relative alle 43 discariche individuate, nel decreto saranno previste specifici criteri prioritari di finanziamento, avuto riguardo a quanto dettato dalle disposizioni contenute negli articoli 4, 5 e 6 del decreto ministeriale 468/2001, in base alle quali saranno selezionati gli interventi ritenuti prioritari per i quali garantire la necessaria copertura finanziaria, con l'impegno di reperire le necessarie ulteriori risorse.

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ALLEGATO 5

5-03317 Pellegrino: Interventi di dragaggio dell'area lagunare di Grado e Marano in Friuli Venezia Giulia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento ai procedimenti autorizzativi della laguna di Grado e Marano, si rappresenta che con decreto del Ministro dell'ambiente n. 222/M del 12 dicembre 2012, il sito di bonifica di interesse Nazionale della «Laguna di Grado e Marano» è stato ridefinito. Pertanto il nuovo perimetro del SIN comprende le sole aree a terra di proprietà Caffaro (incluso i siti SPIN s.p.a. – Gruppo Bracco e Lavanderia Adriatica, interne allo stabilimento) ed i canali Banduzzi e Banduzzi nord limitrofi alle stesse.
  Riguardo agli interventi di bonifica e dragaggio citati dagli Interroganti, si evidenzia che tali tipologie progettuali non rientrando nell'Allegato II, parte seconda, del Codice Ambientale, esulando dalla competenza statale in materia di Valutazione di impatto Ambientale che rimane in capo alla regione Friuli Venezia Giulia.
  Va quindi chiarito, alla luce di quanto premesso, che gli interventi di dragaggio della laguna di Grado e Marano sono di competenza Regionale. È stata, quindi, richiesta informativa e la regione ha fornito gli elementi conoscitivi che si riportano nell'allegato.
  In breve, si evidenzia che la materia del dragaggio si interseca con molteplici interessi economici della regione quali la nautica da diporto, la zona industriale con un importante scalo merci portuale, la pesca commerciale, la vallicoltura e l'acquacoltura, il turismo balneare e quello naturalistico e, pertanto solo complesse opere di mediazione consentono di giungere dopo lungaggini burocratiche a scelte condivise da tutte le parti in causa.
  Consta, tuttavia, che la regione per gli interventi svolti ha ottenuto i tutti i pareri e le autorizzazioni da parte dell'Arpa, dell'Azienda Servizio Sanitario (ASS), dalla Soprintendenza beni archeologici, dal Servizio valutazioni ambientali. Tali pareri hanno comunque dettato prescrizioni, quali ad esempio il monitoraggio pre, e post operam a cura dell'ARPA, la presenza di un archeologo subacqueo a bordo dell'imbarcazione che effettua i lavori per tutta la durata dell'intervento, la realizzazione di una barriera antitorbidità a delimitazione dell'area di refluimento.
  Tenuto altresì conto che la gestione dei sedimenti da escavo, una volta estratti, costituiscono, in base alla normativa vigente, un rifiuto, con l'intesa sottoscritto il 4 settembre 2012 tra il Ministero dell'ambiente e la regione Autonoma Friuli Venezia Giulia sono state indicate le modalità operative, alternative fra loro, per la gestione dei fanghi di dragaggio, ossia esclusione dal regime generale dei rifiuti con conseguente ricollocazione all'interno dello specchio acqueo dai quali sono dragati qualora trattasi di fanghi non pericolosi e la ricollocazione non violi altre norme comunitarie come peggiorare lo stato delle acque o determinare danno ambientale, in alternativa, ove le caratteristiche dei fanghi non consentano queste soluzioni, si ricorre al ripascimento, lo sversamento a mare, il conferimento in cassa di colmata o discarica previo trattamento.

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ALLEGATO 6

5-02273 Fanucci: Sul finanziamento dei lavori di interramento della ferrovia del comune di Montecatini Terme.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta orale in Commissione n. 5-02273 l'onorevole Fanucci chiede se sia possibile per il comune di Montecatini Terme utilizzare l'importo di euro 202.000,00, corrispondente all'ultimo stralcio del contributo statale di euro 850.000,00, concesso ai sensi dell'articolo 1, commi 28 e 29, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per la realizzazione dei lavori di interramento della ferrovia del comune stesso.
  Al riguardo, si fa presente che il suddetto contributo, assegnato su tre annualità con il decreto ministeriale del 18 marzo 2005 e successivamente rimodulato con il decreto del 7 marzo 2006, è stato completamente erogato in quattro tranches: euro 300.000,00 per l'anno 2005, euro 184.000,00 per l'anno 2006, euro 212.000,00 per l'anno 2007 ed euro 154.000,00 per l'anno 2008.
  Al fine di verificare il corretto utilizzo delle risorse e il rispetto del vincolo di destinazione, con nota del 23 ottobre 2012, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato ha chiesto al comune di Montecatini Terme, così come a tutti gli altri enti beneficiari dei contributi statali concessi ai sensi della citata legge n. 311 del 2004, una dichiarazione attestante la realizzazione e il completamento degli interventi finanziati, nonché, l'utilizzo, totale o parziale, delle somme erogate, con versamento all'entrata dello Stato delle economie realizzate in corso d'opera, da trasmettere alla Ragioneria Territoriale dello Stato di Pistoia.
  Il comune di Montecatini Terme, con nota del 10 dicembre 2012, ha trasmesso direttamente al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato una relazione illustrativa sullo stato dell'opera finanziata, rappresentando che i primi 3 stralci dell'opera sono stati compiutamente realizzati e portati a termine, mentre l'ultimo stralcio, a causa di variazioni sull'idea progettuale dovute a diversi fattori, ha subito un ritardo senza «però alterare la piena volontà di realizzare l'opera che risulta indispensabile per il compimento degli obiettivi per i quali è stato concesso il contributo ministeriale».
  Pertanto, il comune ha chiesto di poter utilizzare per il nuovo progetto anche le somme derivanti dagli stralci precedenti, per un importo complessivo di euro 202.931,13. In relazione a quanto richiesto con la circolare del 23 ottobre 2012, si è provveduto a trasmettere la nota e la documentazione trasmessa dal comune di Montecatini Terme alla competente Ragioneria territoriale dello Stato di Pistoia.
  Nel frattempo, si è ritenuto opportuno acquisire il parere dell'Avvocatura Generale dello Stato in merito, tra l'altro, alla possibilità di concedere una proroga nell'utilizzo delle risorse per la realizzazione degli interventi finanziati. Recentemente, l'Avvocatura ha espresso l'avviso che possa essere consentita la possibilità agli enti di realizzare le opere non ancora eseguite in tutto o in parte, previa valutazione delle motivazioni che hanno provocato il ritardo nonché, la possibilità di realizzare un'opera diversa da quella finanziata, nel rispetto del principio del vincolo di destinazione valutando la rispondenza dell'opera prospettata all'attuale utilità della cittadinanza e alla sua affinità con quella in origine finanziata.Pag. 125
  In relazione a quanto sopra, sono state fornite agli enti beneficiari interessati e alle competenti Ragionerie Territoriali dello Stato le direttive, affinché possano essere valutate le obiettive motivazioni del ritardo nella realizzazione degli interventi finanziati e la congruenza delle nuove opere proposte con quella finanziata con approvazione parlamentare, al fine di determinare se possa essere consentito il trattenimento delle somme erogate per il completamento delle opere stesse o se, invece, sia dovuta la restituzione delle somme non utilizzate.
  Le Ragionerie Territoriali dello Stato sono state delegate all'espletamento delle verifiche relative all'utilizzo dei contributi statali concessi ai sensi della legge 311 del 2004, al fine di svolgere un'attività ricognitiva di carattere istruttorio, secondo le modalità e i termini indicati con la nota n. 94246 del 18 novembre 2013, in esito alla quale il comune sarà autorizzato al trattenimento dei contributi erogati o alla loro restituzione, previa adozione del provvedimento di revoca.
  Con specifico riferimento al comune di Montecatini Terme, la competenza è della Ragioneria Territoriale dello Stato di Pistoia, che porrà in essere i propri adempimenti.

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ALLEGATO 7

5-01906 De Rosa: In merito al ricorso presentato dal Comitato beni comuni Monza e Brianza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'interrogazione parlamentare n. 5-01906 presentata dall'On. De Rosa e altri, concernente le valutazioni espresse sul Ricorso Straordinario presentato dal Comitato Provinciale di Monza e Brianza, ora Comitato beni comuni di Monza e Brianza, si rappresenta quanto segue.
  Il ricorso straordinario al Capo dello Stato (R.G. n. 98/2013), richiamato nell'atto di sindacato ispettivo in parola, è stato proposto dal Sig. Biagio Catena Cardillo, in qualità di referente provinciale del Comitato Provinciale Monza e Brianza per l'acqua pubblica, contro l'Ufficio d'Ambito Territoriale Omogeneo per la Provincia di Monza e Brianza, contro e nei confronti di Brianzacque s.r.l. per l'annullamento, previa sospensione, del provvedimento con il quale il Consiglio di Amministrazione dell'Ufficio d'Ambito Territoriale determinava lo schema di convenzione che le società patrimoniali devono sottoscrivere per il riconoscimento dei rimborsi tariffari per il servizio idrico integrato.
  In merito a tale ricorso, il Ministro dell'ambiente, con Relazione n. 46976 del 10 dicembre 2010, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato, esprimendo l'avviso che lo stesso dovesse essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente Comitato.
  In particolare, pur non riconoscendo la legittimazione ad agire da parte del ricorrente, nel merito il Ministero dell'ambiente ha dichiarato fondate le istanze del Comitato relativamente alla necessità del parere obbligatorio e vincolante della conferenza dei comuni, nonché in ordine alla mancanza, da parte della Brianzacque s.r.l., dei requisiti giuridici per essere affidataria diretta della gestione del servizio idrico integrato.
  In adempimento al parere interlocutorio n. 1177 del 12 marzo 2013 del Consiglio di Stato, il Ministero dell'ambiente ha trasmesso al ricorrente la relazione suindicata con gli allegati atti del procedimento, per l'eventuale deposito di controdeduzioni.
  Successivamente, con parere interlocutorio n. 98/2013 reso nell'Adunanza del 10 luglio 2013 e rispettivamente del 9 ottobre 2013, il Ministero ha inoltrato al ricorrente copia della memoria dell'A.T.O., depositata in data 5 luglio 2013, assegnando allo stesso il termine ultimo di 30 giorni per formulare eventuali osservazioni a riguardo. Il Ministero ha trasmesso altresì copia del contenzioso all'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, al fine di acquisirne il parere in merito alla legittimità dell'affidamento a Briancacque s.r.l.
  In merito al ricorso in oggetto, si deve rilevare che ad oggi, il Consiglio di Stato non si è ancora espresso.
  Fermo restando quanto sostenuto dal Ministero dell'ambiente nella Relazione n. 46976, si deve tuttavia tener conto delle recenti pronunce del Consiglio di Stato in materia, con le quali diversamente è stata riconosciuta la legittimazione attiva ad agire in capo a soggetti, quali il Comitato in questione (Consiglio di Stato n. 5295/2012 e n. 2095/2013).
  Sarà cura, pertanto, del Ministero dell'ambiente valutare le opportune iniziative da intraprendere al fine di uniformarsi all'orientamento giurisprudenziale e di garantire l'esperibilità di azioni volte alla tutela dell'acqua quale bene comune e pubblico.