CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 luglio 2014
264.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione 5-01173 L'Abbate: Iniziative per la diffusione di informazioni sui prodotti alimentari ritirati dal mercato perché ritenuti pericolosi per la salute

TESTO DELLA RISPOSTA

  Le gravi emergenze di sicurezza alimentare del passato, citate in premessa dagli interroganti, quali ad esempio il «pollo alla diossina» e il cosiddetto morbo della «mucca pazza», hanno comportato l'introduzione nel quadro normativo europeo di un nuovo concetto di sicurezza alimentare integrato «dal campo alla tavola», che si è tradotto nell'applicazione di nuovi regolamenti, noti come «pacchetto igiene», entrati in vigore a partire dal gennaio 2006.
  Pertanto, tutti gli incidenti di sicurezza alimentare, talvolta anche solo di carattere «mediatico» e non fondati sulla concreta presenza di rischi sanitari, sono sempre stati gestiti dal Ministero della salute, secondo quanto previsto dalla attuale normativa (regolamento (CE) n. 178/2002), basata sui criteri dell'analisi del rischio, riconoscendo la preoccupazione del consumatore come un fattore legittimo e da tenere in considerazione nella valutazione della portata di un incidente di sicurezza alimentare.
  L'evidenza della intensa attività di controllo svolta in ambito nazionale è rappresentata del fatto che l'Italia è da molti anni il primo Paese membro per numero di notifiche trasmesse attraverso il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF). Ogni qual volta, infatti, in regime di controllo ufficiale, autocontrollo o segnalazione del consumatore, viene riscontrato un rischio diretto o indiretto per la salute umana, derivante da alimenti c/o mangimi, attraverso il RASFF vengono attivate, in modo sistematico e tempestivo, tutte le procedure di ritiro dal mercato e di richiamo al consumatore dei prodotti coinvolti, così previsto dalla normativa vigente.
  Ciò premesso, nel merito delle specifiche questioni poste, e segnatamente, rispetto alla richiesta di diffondere con regolarità sul sito del Ministero della salute, nonché attraverso i media, le foto e le schede di tutti i prodotti alimentari richiamati dal mercato perché ritenuti pericolosi per la salute, affiancando a queste notizie l'elenco dei punti vendita in cui sono stati commercializzati si precisa quanto segue.
  Tale proposta non è totalmente conforme con il richiamato regolamento (CE) n. 178/2002, che già prescrive, all'articolo 19, tra gli obblighi a cui deve adempiere l'operatore del settore (OSA), quale primo responsabile della sicurezza dell'alimento/mangime che produce, anche l'obbligo, quando ricorrono motivi di sicurezza degli alimenti, di informare i consumatori, in maniera efficace e accurata, del motivo del ritiro e, se necessario, richiamare i prodotti già forniti al consumatore, quando altre misure sono insufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute.
  Ne consegue che è precisa responsabilità dell'autorità sanitaria competente, non demandabile ai singoli cittadini, verificare che tale procedura venga eseguita in maniera efficace e tempestiva, dall'operatore stesso, ad esempio anche mediante apposizione di cartellonistica a livello di punti vendita. Questo costituisce il primo fondamento su cui si basa il nostro sistema per garantire la tutela del consumatore. In Pag. 295tutti i casi di rischio grave (per esempio, presenza di tossina botulinica accertata o presunta) e comunque tutte le volte che le normali misure messe in atto dall'OSA non siano ritenute sufficienti a conseguire un elevato livello di tutela del consumatore (ritardi, tracciabilità incompleta, vendite on-line, eccetera), Ministero della salute pubblica sul proprio portale appositi «avvisi di sicurezza». Le informazioni riportate in tali avvisi sono tutte quelle che al momento vengono rese disponibili dall'azienda sanitaria locale (ASL) che ha effettuato l'accertamento della non conformità. Pertanto, non sempre per ognuno di questi avvisi, al momento della pubblicazione, che avviene contestualmente alla notifica pervenuta, è possibile riportare la fotografia del prodotto. Tuttavia l'avviso di sicurezza riporta tutti gli elementi indispensabili (per esempio: marchio commerciale, lotto, data di scadenza, ditta produttrice eccetera) per l'identificazione dell'alimento non conforme.
  La medesime valutazioni valgono per la pubblicazione di elenchi di punti vendita che, solitamente, al momento della notifica possono essere noti solo parzialmente, perché magari riferiti ad un singolo grossista o dettagliante. La completezza dipende in larga misura dal luogo presso il quale è effettuato il riscontro della non conformità.
  A ciò aggiungasi che, in termini di tutela della salute dei cittadini, questa informazione non aggiungerebbe nulla, in quanto il prodotto richiamato è tale, indipendentemente dal luogo in cui è stato venduto. Inoltre, se si fa riferimento alla grande distribuzione organizzata (GDO), si tratterebbe di pubblicare liste di centinaia di voci, in continuo aggiornamento, che per complessità e numerosità non sarebbero comunque fruibili dal cittadino.
  Colgo l'occasione offerta dall'interrogazione in esame, per anticipare che il Ministero si è già attivato per promuovere anche a livello europeo una iniziativa che consenta un approccio armonizzato per quanto attiene l'informazione a livello europeo, e sta valutando l'opportunità di redigere apposite procedure per l'applicazione uniforme ed efficace del richiamo da parte degli operatori del settore alimentare.
  In merito alla seconda questione posta nella interrogazione «fare in modo che queste procedure vengano messe in atto anche dalla grande distribuzione organizzata», si precisa che l'articolo 19 del regolamento (CE) n. 178/2002 prevede già che anche chi distribuisce eventuali prodotti non conformi proceda ad effettuare il richiamo, ed è sempre responsabilità dell'autorità sanitaria locale verificare che questo avvenga in maniera efficace ed accurata. Infatti, le procedure del sistema di allerta (Intesa Stato-Regioni 13 novembre 2008) prevedono che il richiamo sia effettuato dall'OSA che ha prodotto/importato il prodotto non conforme, e che tale avviso venga mandato a tutta la rete di distribuzione fino all'affissione nel punto vendita.

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ALLEGATO 2

Interrogazione 5-01001 De Rosa: Sulla situazione del Consorzio agrario di Milano e Lodi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero dello sviluppo economico (MiSE), come noto, si occupa del settore cooperativo anche al fine di effettuare una attività di vigilanza, relativa non direttamente agli aspetti giuslavoristi e tributari quanto invece, a quelli più propriamente mutualistici e societari.
  L'attività riguarda in particolare l'adozione dei provvedimenti sanzionatori dello scioglimento; della gestione commissariale, della sostituzione dei liquidatori volontari e della liquidazione coatta amministrativa.
  Ciò premesso e facendo specifico riferimento all'atto di cui si discute, sentita a riguardo la Direzione generale competente in materia, rappresento quanto segue.
  In data 24 gennaio 2013 è pervenuta al MiSE dal Tribunale di Milano – sezione fallimentare – una richiesta di parere (ex articolo 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) per l'accertamento della fallibilità del Consorzio agrario Milano e Lodi-Monza Brianza (da ora Consorzio agrario di Milano) recante la convocazione del Consorzio agrario medesimo all'udienza prefallimentare fissata per il 6 marzo 2013.
  Le organizzazioni sindacali di rappresentanza dei lavoratori del Consorzio agrario, inoltre, hanno inviato al MiSE, in data 29 gennaio 2013, una nota con la quale informavano sulla grave situazione del Consorzio, sulla situazione dei dipendenti e sulle dimissioni degli organi sociali.
  Al fine di verificare la reale situazione del Consorzio agrario di Milano la competente Direzione generale ha disposto una ispezione straordinaria (ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220).
  Con verbale di ispezione straordinaria conclusosi in data 1o febbraio 2013, gli ispettori del Ministero hanno verificato la situazione economico patrimoniale del consorzio, hanno riscontrato che effettivamente presentava una evidente situazione di insolvenza e pertanto, hanno proposto l'adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa.
  Con nota del 13 febbraio 2013 il Presidente del Consorzio agrario di Milano e Lodi-Monza Brianza, ha comunicato che l'Assemblea dei soci del Consorzio, in data 22 gennaio 2013, aveva provveduto alla ricostituzione degli organi sociali; in data 12 febbraio 2013 il Consiglio di amministrazione, con propria delibera assunta alla presenza di un notaio, aveva deliberato di presentare al Tribunale di Milano una proposta di ammissione al concordato preventivo, e univa alla nota la sottoscrizione di un contratto di affitto di alcuni rami d'azienda, con preliminare di vendita, al Consorzio agrario di Piacenza.
  Nel medesimo appunto, il Presidente del Consorzio agrario di Milano ha chiesto di soprassedere all'adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa fino al provvedimento giudiziale di ammissione alla procedura di concordato preventivo e fino al perfezionamento del contratto di affitto dei rami d'azienda (settori agronomico, dei carbolubrificanti, dei mangimi e delle macchine agricole) al consorzio agrario di Piacenza ovvero, all'adunanza e al voto dei creditori, così come previsto dagli articoli 174 e seguenti della legge fallimentare.
  In data 19 febbraio 2013 il Presidente del Consorzio agrario di Milano ha trasmesso Pag. 297al Ministero il ricorso, depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Milano in data 15 febbraio 2013 (ai sensi di legge - articolo 161, sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 161 della legge fallimentare, entro il termine fissato dal Tribunale.
  Il Presidente ha trasmesso al Ministero dello sviluppo economico anche gli atti allegati al ricorso medesimo e precisamente: lo statuto, la visura camerale, il verbale del Consiglio di amministrazione del 22 gennaio 2013, il verbale del Consiglio di amministrazione del 12 febbraio 2013 - Prima parte, istanza di fallimento, le osservazioni del Consorzio al Ministero dello sviluppo economico, il contratto di collaborazione commerciale, il contratto di affitto di ramo d'azienda, il contratto preliminare di compravendita di ramo d'azienda, il contratto di comodato immobiliare, il verbale del Consiglio di amministrazione del 12 febbraio 2013, il bilancio del consorzio anni 2009, 2010 e 2011.
  Nel procedimento di concordato preventivo (n. 44/2013), il Consorzio agrario di Milano ha depositato la proposta di concordato unitamente ad una relazione attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano redatta da un perito nominato dal Tribunale (dottor Roberto Spada).
  La proposta concordataria che è da considerarsi di natura meramente liquidatoria poiché non è prevista alcuna prosecuzione dell'attività imprenditoriale da parte della proponente (il Consorzio agrario di Milano), bensì l'affitto e la cessione dell'azienda al Consorzio agrario di Piacenza, prevede attraverso la cessione dei beni e il recupero dei crediti:
    il pagamento, definito integrale, dei crediti privilegiati e quello dei crediti chirografari in misura compresa tra il 40 e il 46 per cento entro la fine del 2017;
    che alcuni profili di criticità della proposta potranno essere emendati nella fase successiva all'apertura della procedura.

  Il Ministero, contemperando le esigenze di salvaguardia dell'impresa, del mantenimento dei posti di lavoro con le legittime aspettative dei creditori, ha ritenuto di soprassedere all'adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, anche al fine di consentire la continuità aziendale attraverso l'immediato affitto dei rami d'azienda al Consorzio agrario di Piacenza. La proposta conteneva, infatti, anche un accordo sindacale in merito all'apertura della procedura di licenziamento collettivo per 88 unità di personale con ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per crisi aziendale per 12 mesi a zero ore, il pagamento diretto da parte dell'INPS del trattamento di integrazione salariale ai lavoratori in CIGS, un piano di gestione degli esuberi per il sostegno al ricollocamento dei lavoratori, il trasferimento di 44 unità di personale al Consorzio agrario di Piacenza.
  Con decreto del 27 giugno 2013 la sezione fallimentare del Tribunale di Milano ha ammesso il Consorzio agrario di Milano e Lodi-Monza Brianza alla procedura di concordato preventivo, ha nominato i commissari giudiziali, ha ordinato la convocazione dei creditori per l'udienza svoltasi il 13 novembre 2013, ha disposto che i commissari giudiziali comunicassero il decreto di ammissione al concordato preventivo a tutti i creditori, e che predisponessero la loro relazione dandone comunicazione ai creditori secondo le modalità previste dall'articolo 172 della legge fallimentare, considerato che ai sensi della medesima disciplina fallimentare, questi ultimi hanno il diritto di esprimere il loro parere sul piano concordatario.
  Il Tribunale di Milano, infine, con proprio decreto depositato in data 24 maggio 2014, ha omologato il concordato preventivo del Consorzio agrario di Milano e Lodi-Monza Brianza.
  Allo stato, pertanto, la procedura è sottratta alla vigilanza del Ministero e sottoposta all'autorità giudiziaria.