CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 giugno 2014
256.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02191 Battelli: Su taluni titoli di film destinatari di finanziamenti statali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole Battelli, riferendosi ad un articolo di stampa su film beneficiari di finanziamenti statali (diretti od indiretti) che non vengono realizzati o distribuiti in sala chiede notizie in merito ai finanziamenti dedicati al cinema.
  Vorrei riferire, a tale proposito, che i contributi diretti alla produzione, in fase progettuale, sono assegnati alle opere filmiche riconosciute di interesse culturale o spettacolare ai sensi del decreto legislativo n. 28 del 2004, cosiddetta Legge cinema, dalla Commissione per la cinematografia – sezione per il riconoscimento dell'interesse culturale di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 28 del 2004.
  Nel 2013 la Commissione per la cinematografia – sezione consultiva per i film (ora in fase di imminente rinnovo) ha deliberato per la produzione di opere filmiche contributi diretti complessivi per euro 22.050.000 (euro 13.800.000 per progetti di film di Lungometraggi ossia di registi già affermati, euro 6.900.000 per progetti di opere prime e seconde, euro 900.000 per cortometraggi, euro 450.000 contributi per lo sviluppo di sceneggiatura).
  Il sostegno diretto alla produzione non è un contributo a fondo perduto ma un prestito agevolato erogato all'impresa di produzione a stati di avanzamento nella realizzazione del film.
  Tale somma viene poi restituita dall'impresa una volta coperti i costi di produzione, tramite una percentuale sugli incassi del film.
  La qualifica di interesse culturale ad un progetto filmico, attribuita dalla Commissione per la Cinematografia, deriva da una procedura altamente selettiva e di tipo concorsuale, con un'attività valutativa di alto profilo.
  Oltre che dalla legge cinema la procedura è regolata da due decreti ministeriali dell'8 febbraio 2013 recanti «Composizione ed attività della Commissione per la cinematografia e valutazione dell'interesse culturale» e «Modalità tecniche di sostegno alla produzione e alla distribuzione cinematografica».
  Tale procedura è cadenzata in tre sessioni annuali che prevedono: una delibera, la graduatoria dei progetti e l'assegnazione di relative risorse ai progetti partecipanti a ciascuna sessione che risultino aver conseguito il punteggio più alto.
  Ogni fase della procedura è gestita in via telematica ed è divulgata sul sito web della Direzione generale per il cinema.
  La legge indica i criteri discrezionali di valutazione del progetto filmico (qualità artistica intesa come valore del soggetto e della sceneggiatura; qualità tecnica intesa come valore delle componenti tecniche e tecnologiche; coerenza delle componenti artistiche e di produzione del progetto filmico intesa come completezza e realizzabilità del progetto produttivo ed anche come piano di distribuzione) o i criteri legati ad automatismi, almeno in parte, come nel caso di valutazione di opere di registi non esordienti.
  La Commissione Cinema – sezione consultiva per i film, oltre a non comportare onere alcuno per lo Stato sarà composta Pag. 135da otto esperti di comprovata esperienza nel settore della cinematografia (sei nominati dal Ministro dei beni delle attività culturali e del turismo e due di nomina regionale).
  Peraltro, con decreto ministeriale del 10 febbraio 2014, sono state previste modalità di valutazione e votazione idonee ad assicurare efficienza, tempestività, imparzialità e trasparenza dell'attività consultiva della Commissione.
  In particolare si dispone esplicitamente che il Presidente di diritto, ossia il Direttore generale del cinema, «non esprime voto in ordine alla qualità artistica delle domande esaminate».
  Quanto ai contributi indiretti ovvero agli sgravi fiscali, vorrei rammentare che il tax credit interno, introdotto con decreto attuativo del 7 maggio 2009 «Disposizioni applicative dei crediti d'imposta concessi alle imprese di produzione cinematografica in relazione alla realizzazione di opere cinematografiche, di cui alla legge n. 244 del 2007» è a favore di tutta la cinematografia nazionale.
  Il tax credit interno è riconosciuto alle imprese del settore cinematografico che producano film nel rispetto dei canoni di «eleggibilità culturale», secondo dei parametri indicati nel suindicato decreto.
  Trattasi di una forma di automatismo agile ed elastica, per accedere al tax credit non occorre che il film sia stato riconosciuto di interesse culturale.
  I benefici fiscali, sono accordati previa istruttoria tecnica della Direzione generale per il cinema che verifica, senza alcuna discrezionalità, se le domande presentate rispettano i parametri richiesti dal decreto attuativo del 7 maggio 2009.
  Le altre agevolazioni fiscali per la cinematografia in tema di produzione e distribuzione di opere filmiche introdotte dalla legge n. 244 del 24 dicembre 2007 e del decreto ministeriale del 7 maggio 2009 sono:
   il credito d'imposta per le produzioni esecutive in Italia di film stranieri (cosiddetto tax credit estero);
   il credito d'imposta per investimenti da parte di soggetti diversi dai produttori cinematografici (tax credit esterno);
   il credito d'imposta per investimenti nella distribuzione di film di nazionalità italiana, (tax credit distribuzione) ai sensi della legge n. 244 del 2007 e del decreto ministeriale del 21 gennaio 2010.

  Anche queste agevolazioni, al pari del tax credit interno, sono misure automatiche immediate, particolarmente vantaggiose sia sul piano del consolidamento dell'industria cinematografica sia per l'effetto volano sulle entrate fiscali derivato dalle maggiori risorse investite.
  Nel 2013 l'ammontare globale del credito d'imposta concesso per le varie tipologie di tax credit è stato pari a circa 58 milioni di euro.
  Si rappresenta che lo sgravio fiscale è accordato man mano che il film stesso viene realizzato/distribuito e si traduce in uno sgravio fiscale che va dal 10 per cento al 25 per cento al 40 per cento dell'investimento effettuato nella produzione/distribuzione dell'opera cinematografica, a seconda delle tipologia di tax credit utilizzato.
  Alla luce di ciò il rischio della mancata realizzazione e distribuzione del film a fronte degli sgravi fiscali concessi, appare infondata.
  Infine, relativamente al decreto dell'8 febbraio 2013, relativo a «Modalità tecniche di erogazione e monitoraggio dei contributi percentuali sugli incassi realizzati in sala dalle opere cinematografiche» si rappresenta che ai sensi di tale decreto per ogni lungometraggio di nazionalità italiana realizzato, le imprese di produzione possono chiedere un contributo, calcolato in percentuale secondo una tabella a scaglioni sugli incassi realizzati in sala cinematografica entro dodici mesi dalla prima proiezione in pubblico.
  Previa istruttoria tecnica, che si avvale anche della collaborazione della SIAE, la Direzione generale, in considerazione dei fondi disponibili, emana i provvedimenti Pag. 136di assegnazione e liquidazione dei contributi (20 milioni complessivi nel 2013).
  Appare evidente che se si tratta di contributi non per un progetto di film ma legati al box office di un film già arrivato in sala, il rischio che tale incentivo sia relativo ad un film non realizzato/distribuito è da escludersi in re ipsa.
  Si tratta di un sostegno che serve, per la quasi totalità, ad aiutare l'impresa a ridurre gli oneri del prestito e/o i costi sostenuti nella produzione del film stesso.

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ALLEGATO 2

5-02367 Mongiello: Sulla salvaguardia del ponte romano sito nell'agro di Sant'Agata di Puglia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole Mongiello chiede notizie in merito al Ponte romano di Sant'Agata di Puglia.
  Vorrei riferire, a tale proposito, che, il Ponte sito in località Palino, in territorio di Sant'Agata di Puglia, lungo la strada che collega quest'ultima a Candela è di proprietà comunale.
  La struttura, realizzata in pietra con fodera in laterizio, è databile alla prima età imperiale romana ma ha subito consistenti rifacimenti in epoca medievale, periodo al quale va sostanzialmente ascritto l'attuale assetto del monumento.
  Eventi franosi, verificatisi a seguito di intense precipitazioni nella primavera del 2005, hanno determinato i primi ingenti danni alla struttura con il crollo di una parte del rivestimento in laterizio e lo smottamento di materiali del riempimento interno.
  In quell'occasione, il comune di S. Agata di Puglia realizzò opere di puntellamento in legno a sostegno di una delle arcate. Intervento, tuttavia, di scarsa rilevanza in relazione all'effettivo stato di degrado dell'intera struttura.
  Al fine di realizzare interventi di restauro funzionali alla conservazione e alla valorizzazione del manufatto, la Soprintendenza per i beni archeologici, quella per i beni architettonici e paesaggistici di Bari a cui a pari titolo compete la tutela del monumento per le componenti medioevali del Ponte e il comune di Sant'Agata hanno richiesto, con esito purtroppo negativo, l'ammissione del progetto di recupero del ponte ad un finanziamento pari ad euro 619.748,27 nell'ambito del POR Puglia 2000/2006.
  Successivamente, a più riprese, negli anni 2009-2011, gli organi periferici del Ministero, presenti sul territorio pugliese, hanno tentato congiuntamente di reperire, nell'ambito delle note, scarse disponibilità di bilancio le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione di un progetto di verifica statica e diagnostica del degrado e ripristino delle cortine laterizie e delle parti crollate del nucleo lapideo.
  Va sottolineato che, in considerazione dell'effettivo precario stato di conservazione del monumento, è comunque ferma intenzione della Direzione regionale e delle Soprintendenze di settore sostenere, nell'ambito delle proprie competenze, un progetto di recupero e valorizzazione del Ponte da realizzarsi attraverso i fondi disponibili nell'ambito dell'agenda europea 2014-2020, di cui si sta avviando la programmazione, ed ai quali, tuttavia, data la condizione giuridica del bene, potrà attingere esclusivamente l'amministrazione comunale.
  A tal proposito vorrei evidenziare, come già accaduto in passato, la piena disponibilità degli uffici del Ministero a condividere con il comune di Sant'Agata le attività di progettazione necessarie alla salvaguardia del Ponte.

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ALLEGATO 3

5-01984 Malpezzi: Sul programma Futuro in ricerca di base (FIRB).

TESTO DELLA RISPOSTA

  I progetti del programma «Futuro in ricerca 2010», gravanti sui fondi FIRB e ritenuti ammissibili al finanziamento ministeriale, sono stati approvati con decreto direttoriale n. 928 del 9 novembre 2011. Tale decreto ha previsto, all'articolo 9, il pagamento di un anticipo pari al 30 per cento del contributo spettante, da corrispondersi entro 90 giorni dalla data del decreto, nonché l'emanazione di un atto successivo che avrebbe determinato le modalità di pagamento delle ulteriori erogazioni.
  Il finanziamento complessivo per il bando 2010, pari a 50 milioni di euro, gravava su disponibilità di provenienza degli esercizi 2008 e 2009 e, pertanto, con la chiusura dell'esercizio 2011 è andato perento, ai sensi della legge n. 111 del 2011 che ha ridotto da tre a due anni il mantenimento in bilancio delle risorse stanziate. Nel mese di novembre 2011, entro il termine di perenzione, il Ministero ha corrisposto alle iniziative progettuali approvate l'anticipo del 30 per cento del contributo totale a gravare sul bando 2010.
  Con successivo decreto direttoriale del 9 giugno 2012, n. 355, è stato previsto, in coerenza con il regolamento FIRB, che le ulteriori quote del contributo venissero erogate per stati di avanzamento, previa presentazione di rendicontazioni di spesa annuali, e che le erogazioni aggiuntive venissero determinate in misura proporzionale ai livelli di spesa rendicontati per le attività di ricerca e per i contratti con giovani ricercatori.
  Entro il primo trimestre del 2013 sono state chiuse le rendicontazioni ricadenti nella prima annualità e, all'esito della valutazione, il Ministero ha accertato l'importo del contributo erogabile, commisurandolo alle spese pertinenti ed ammissibili effettivamente certificate entro la scadenza annuale. Al fine di procedere alla liquidazione, in data 27 settembre 2013 è stato chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze di reiscrivere in bilancio l'importo complessivo di euro 20.046.439,00, di cui 15.590.102,00 per fare fronte al pagamento della prima annualità di «Futuro in ricerca 2010».
  Quindi per rispondere alla richiesta dell'onorevole interrogante circa lo stato di avanzamento delle erogazioni a favore dei progetti approvati sul bando 2010, si assicura che non appena il Ministero dell'economia e delle finanze procederà alla riassegnazione in bilancio dell'importo richiesto, nel rispetto dei tempi tecnici necessari, sarà dato seguito all'erogazione del contributo spettante relativamente alla prima annualità, che si sommerà all'anticipo del 30 per cento già erogato nel novembre 2011. Il pagamento avverrà, presumibilmente, entro il mese di luglio 2014.
  D'altra parte, e per rispondere al primo quesito posto dall'interrogante, ai sensi della normativa vigente in tema di contabilità di Stato e di perenzione amministrativa, non è legittimo procedere al pagamento di somme di competenza degli anni precedenti con somme stanziate negli anni successivi e, in questo caso, destinare al bando «Futuro in ricerca 2010» le Pag. 139risorse relative al bando del 2013. Per tale motivo non può che darsi corso separatamente alle erogazioni relative ai due diversi bandi, utilizzando le rispettive disponibilità di cassa.
  Per completezza di informazione, aggiungo che per il bando Futuro in ricerca 2013, nel rispetto delle disposizioni non più del Regolamento FIRB ma di quelle del Regolamento - FIRST (decreto ministeriale n. 115 del 19 febbraio 2013), nel mese di novembre 2013 è stata corrisposta a ciascuna unità di progetto l'anticipazione del 100 per cento del contributo.

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ALLEGATO 4

5-02829 Palmieri: Sugli obblighi e adempimenti volti a prevenire la corruzione nelle istituzioni scolastiche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento a quanto fatto presente dall'onorevole interrogante, informo che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, proprio in considerazione della specificità del settore scuola, si è da tempo attivato al fine di adattare la normativa in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza alla realtà delle istituzioni scolastiche. Infatti, già in data 1o marzo 2013, la questione è stata sottoposta al Dipartimento della funzione pubblica con una richiesta di parere.
  Del resto, le difficoltà di applicazione alle istituzioni scolastiche delle norme di cui alla legge n. 190 del 2012 e al decreto legislativo n. 33 del 2013 sono state confermate dagli Uffici del Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione, che, con nota del 13 novembre 2013 a firma del Ministro pro-tempore D'Alia, hanno previsto la definizione di un atto aggiuntivo al Piano nazionale anticorruzione (P.N.A.), approvato dall'Autorità nazionale anticorruzione in data 11 settembre 2013, nel quale contemplare le specifiche modalità di attuazione, da parte delle scuole, degli obblighi in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione.
  Tale soluzione è stata condivisa anche dall'A.N.A.C., che ha avviato una serie di riunioni tecniche cui hanno partecipato rappresentanti del Ministero, del Dipartimento per la funzione pubblica e della stessa A.N.A.C., attraverso le quali è stato definito il contenuto del suddetto atto aggiuntivo e sono state individuate le modalità operative per far fronte alle esigenze ed alle peculiarità delle istituzioni scolastiche, con particolare riferimento all'individuazione dei responsabili della trasparenza e della prevenzione della corruzione.
  Conclusa la fase istruttoria, questo Ministero è in attesa che l'atto aggiuntivo al PNA sia predisposto, ai sensi dell'articolo 1 della citata legge n. 190, dal Dipartimento della Funzione pubblica e sia successivamente approvato dall'A.N.A.C. Sarà ovviamente cura di questa Amministrazione, non appena completato l’iter di approvazione dell'atto aggiuntivo, fornire tempestivamente agli Uffici scolastici regionali ed alle istituzioni scolastiche tutte le informazioni e l'assistenza necessarie all'applicazione delle norme in esame.
  Ciò premesso, si ritiene condivisibile la necessità di intervenire, anche in ambito normativo, sugli obblighi in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione a carico delle istituzioni scolastiche, al fine di semplificarli e renderli meglio compatibili con le dimensioni e le modalità di funzionamento delle stesse scuole.
  Per quanto riguarda, infine, la proposta di utilizzare i sistemi informatici a livello centrale per l'inserimento delle informazioni obbligatorie, si fa presente che le disposizioni del decreto-legge n. 33 del 2013 si applicano a tutte le Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, tra le quali sono ricomprese anche le scuole e gli istituti di ogni ordine e grado. Pertanto, l'assolvimento degli obblighi di pubblicità online previsti in materia di trasparenza, immediatamente precettivi per ciascuna Amministrazione, ricadono su ogni singola Pag. 141istituzione scolastica autonoma, quale soggetto responsabile e detentore di dati, informazioni e documenti di propria diretta competenza. Nulla vieta, comunque, che le scuole acquisiscano e gestiscano gli applicativi informatici attraverso le reti di scuole di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 (Regolamento sull'autonomia delle istituzioni scolastiche).

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ALLEGATO 5

5-02485 Binetti: Sul rimborso delle somme dovute ai medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione post-laurea.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il contenzioso a cui fa riferimento l'onorevole interrogante afferisce alla questione della remunerazione degli anni di frequenza alle scuole di specializzazione medica in considerazione della tardiva applicazione, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie in materia.
  Al fine di dare un quadro preciso della situazione, occorre preliminarmente distinguere, in base all'evoluzione della normativa, tre principali filoni di contenzioso.
  1. Il primo di essi concerne la richiesta di risarcimento danni, da parte dei medici specializzatisi negli anni tra il 1983 e il 1991, per la tardiva attuazione della direttiva comunitaria n. 82/76/CE.
  2. Il secondo ambito è rappresentato dalle richieste dei medici specializzatisi negli anni dal 1993 al 2006 di pagamento delle differenze retributive, pari a circa 13.000 euro annui, tra l'importo previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2007, che ha definito il costo del contratto di formazione specialistica previsto dal decreto legislativo n. 368 del 1999, e l'importo della borsa di studio previsto dal decreto legislativo n. 257 del 1991.
  3. Infine, il terzo rilevante filone di contenzioso, inaugurato dalla sentenza della Corte di cassazione sezione lavoro del 29 ottobre 2012, ha riguardato il mancato aggiornamento economico della borsa di studio prevista dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 257 del 1991, il cui importo deve essere annualmente incrementato del tasso programmato di inflazione e rideterminato ogni triennio in funzione del miglioramento tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale.
  Con riferimento al primo filone di contenzioso, si ritiene opportuno precisare che il Ministero, insieme alla altre Amministrazioni interessate, ha provveduto a promuovere diversi incontri presso la Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di concordare un intervento normativo che interpretasse in maniera autentica il concetto di «illecito comunitario», sostenendo la tesi della durata quinquennale della prescrizione a partire dal 1991 e non dalla legge n. 370 del 1999. Ne è derivata la disposizione di cui all'articolo 4, comma 43, della legge n. 183 del 2011 che non ha, tuttavia, sortito effetto deflattivo sperato, in quanto non è stata ritenuta applicabile retroattivamente.
  Per quanto riguarda, poi, i giudizi del secondo filone, relativi alle richieste delle differenze retributive, informo che, nella maggioranza dei casi, tale contenzioso si è risolto positivamente per l'Amministrazione. Infatti, la direttiva n. 93/16/CE è stata ritenuta non immediatamente applicabile in ambito nazionale, in quanto non self executing e non sufficientemente precisa ed incondizionata per l'assenza di quantificazione della «remunerazione adeguata» invocata dai ricorrenti.
  Inoltre, la normativa nazionale (in particolare il decreto legislativo n. 368 del 1999) non contempla il diritto al pagamento di ulteriori somme di denaro rispetto a quelle già percepite ai sensi del decreto legislativo n. 257 del 1991, poiché l'incremento disposto dal decreto del Presidente Pag. 143del Consiglio dei ministri 7 marzo 2007 decorrerebbe dall'anno accademico 2006/2007 e non sarebbe idoneo a riconoscere diritti agli specializzati in anni precedenti, per il principio di irretroattività.
  Relativamente, infine, al terzo filone di contenzioso, informo che, allo stato attuale, si è prodotto un esiguo numero di soccombenze per l'Amministrazione.
  Venendo alle richieste dell'onorevole interrogante, rilevo che il numero di soccombenze più rilevante per le Amministrazioni dello Stato ha riguardato il primo, e più risalente negli anni, filone di contenzioso, ormai esaurito. Per gli altri filoni di contenzioso, informo che la maggior parte dei giudizi si sono conclusi positivamente per l'Amministrazione, come avvenuto per il secondo, o sono in numero esiguo, come per il terzo.
  Conclusivamente, la questione resta, comunque, all'attenzione dei competenti Uffici per i necessari approfondimenti tecnici, e ricordo, a tale riguardo, che il Governo si è impegnato ad aumentare fino a 5.000 le borse di studio che retribuiscono gli studenti dei corsi di specializzazione medica a partire dalla prossima tornata relativa all'anno accademico 2014/2015.

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ALLEGATO 6

5-02595: Ghizzoni: Sul diritto dei ricercatori universitari di discipline cliniche a tempo determinato a prestare l'attività assistenziale necessaria per le proprie attività didattiche e di ricerca.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In ordine ai quesiti posti dall'onorevole interrogante, data la complessità delle relazioni intercorrenti tra l'assistenza sanitaria e le università, occorre preliminarmente riassumere il quadro normativo di riferimento.
  Il collegamento fra le università e le attività di assistenza ospedaliera è stato inizialmente previsto dalla legge 12 febbraio 1968, n. 132 che ha introdotto lo strumento della convenzione tra università ed enti ospedalieri, stabilendo che l'ordinamento interno delle cliniche e degli istituti universitari deve essere adeguato all'ordinamento interno degli ospedali ed avere un'analoga organizzazione. Il successivo decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129 conferma lo strumento convenzionale ed individua le materie oggetto del relativo accordo, rimandando, per le convenzioni, ad uno schema-tipo emanato con decreto ministeriale 24 giugno 1971. Il decreto ministeriale del 1971 definisce le relazioni intercorrenti fra le due istituzioni attraverso la creazione di strutture universitario-ospedaliere: l'ente ospedaliero assume la gestione dell'assistenza, connessa con i fini istituzionali dell'università, ed utilizza l'assistenza fornita dalle cliniche e istituti universitari di ricovero e cura; da parte loro, le Università utilizzano il potenziale didattico e di ricerca dell'ente ospedaliero, sempre in base a precisi accordi.
  Attualmente la collaborazione e il coordinamento tra il Servizio sanitario nazionale e le Università trova la propria disciplina di riferimento nel decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517. L'articolo 5, nell'ambito della definizione delle norme sul personale, prevede che «i professori e ricercatori che svolgono attività assistenziale presso le aziende e le strutture di cui all'articolo 2, sono individuati con apposito atto del direttore generale dell'azienda di riferimento d'intesa con il rettore, in conformità ai criteri stabiliti nel protocollo d'intesa tra la regione e l'università relativi anche al collegamento della programmazione della facoltà di medicina e chirurgia con la programmazione aziendale».
  Il successivo articolo 6 disciplina i rapporti tra le università e il Servizio sanitario nazionale, stabilendo che, per soddisfare le specifiche esigenze del Servizio sanitario nazionale, connesse alla formazione degli specializzandi ed all'accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, le università e le regioni stipulano specifici protocolli d'intesa per disciplinare le modalità di reciproca collaborazione. I rapporti in attuazione di tali intese sono regolati con appositi accordi tra università e Aziende ospedaliere, unità sanitarie locali e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
  La figura del ricercatore a tempo determinato è stata introdotta dall'articolo 24 della legge 240 del 2010 che, al comma 1, ha previsto che «... le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato. Il contratto stabilisce, sulla base dei regolamenti di ateneo, le modalità di svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti nonché delle Pag. 145attività di ricerca». Al successivo comma 3 vengono specificate le tipologie contrattuali: un contratto (iniziale) di durata triennale e prorogabile per soli due anni (cosiddetto contratto di cui alla lettera a). Poi, un ulteriore contratto triennale, non rinnovabile e riservato a candidati che hanno usufruito dei contratti precedenti o di assegni di ricerca o di borse post-dottorato o di analoghe posizioni in atenei stranieri (cosiddetto contratto di cui alla lettera b). Per il ricercatore a tempo determinato che abbia usufruito della seconda tipologia di contratto (quella appunto della cosiddetta lettera b) e abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore. Con la legge n. 240 è stata, quindi, superata la figura del ricercatore a tempo indeterminato, in quanto ottenuto un contratto, rinnovato, e in presenza del requisito dell'abilitazione scientifica nazionale e delle adeguate condizioni economico finanziarie, il ricercatore a tempo determinato può accedere al ruolo dei professori universitari.
  Ciò premesso, si viene ai quesiti in esame.
  L'articolo 24 della legge 240 del 2010, citato in premessa, nulla dice in ordine alla possibilità per i ricercatori di svolgere attività assistenziale. È di ausilio, tuttavia, quanto previsto dal precedente articolo 2, comma 2, che, nel disciplinare gli organi e l'articolazione interna delle università, ha previsto che queste ultime modificassero i propri statuti in tema di articolazione interna, con le modalità e la tempistica ivi indicate e osservando determinati vincoli e criteri direttivi tra i quali, alla lettera c), figura l'inscindibilità tra le funzioni assistenziali e quelle di insegnamento e ricerca per i docenti delle materie cliniche.
  Dal principio dell'inscindibilità delle funzioni assistenziali e di insegnamento per il corpo docente delle facoltà mediche, in relazione alle funzioni attribuite ai ricercatori dal decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, articolo 32, comma 1, non abrogato dalla legge di riforma (i ricercatori a tempo indeterminato assolvono a compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali), dal superamento della figura del ricercatore a tempo indeterminato, voluta dal legislatore della legge 240, e in base a quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 517 del 1999 consegue che il ricercatore a tempo determinato svolge le stesse funzioni previste dalla legge per il ricercatore a tempo indeterminato e, quindi, anche funzioni assistenziali. Pertanto, per rispondere al quesito dell'onorevole interrogante, alla luce dell'interpretazione del quadro normativo vigente, una norma che preveda espressamente che i ricercatori universitari a tempo determinato (unica categoria di ricercatori, a questo punto, previsti dalla legge) svolgano funzioni assistenziali appare non necessaria.
  Per quanto riguarda la situazione delle convenzioni di cui all'articolo 6, comma 13, della medesima legge n. 240, oggetto di altra domanda, informo che è in corso la procedura per l'emanazione del decreto ministeriale, di concerto con il Ministero della salute, con cui viene approvato lo schema-tipo di convenzione al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale. Tale schema, che è stato sottoposto al parere della Conferenza dei rettori delle università italiane, è attualmente all'esame del Ministero della salute. Il testo predisposto prevede che «I docenti universitari, compresi i ricercatori ... per i quali l'attività assistenziale sia essenziale alle esigenze della didattica, della ricerca e delle attività di supporto alle stesse, assolvono gli obblighi assistenziali previsti dalla normativa vigente».
  Per quanto riguarda, infine, la situazione nelle Università italiane dell'attività assistenziale prestata dai ricercatori a tempo determinato delle discipline cliniche, informo che il Ministero, con nota del 18 giugno 2014, ha chiesto a tutte le università di fornire i dati utili per un apposito monitoraggio.