CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 11 giugno 2014
250.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02955 Fragomeli: Non applicazione di sanzioni e interessi per ritardato pagamento della prima rata della TASI.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti segnalano le notevoli criticità connesse all'adempimento dell'obbligo di pagamento dell'acconto della TASI di cui all'articolo 1, comma 688, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, come sostituito dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68.
  In particolare, gli Onorevoli riferiscono che in prossimità della scadenza normativa, fissata al 16 giugno 2014, i Centri di Assistenza fiscale hanno manifestato serie difficoltà nell'assistenza dei contribuenti, residenti nei comuni che hanno deliberato le aliquote e le detrazioni entro il 23 maggio 2014, chiamati a pagare l'acconto TASI per il 2014, specie per gli immobili diversi dall'abitazione principale concessi in locazione, allorché si tratti di individuare il quantum del tributo dovuto rispettivamente a carico del proprietario e del conduttore.
  Ciò premesso, gli Onorevoli chiedono di prevedere attraverso interventi di natura normativa o di prassi, la non applicazione di sanzioni ed interessi per i pagamenti dell'acconto della TASI per 2014, se effettuati comunque entro il 31 luglio 2014.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione Finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Come nel caso del saldo TARES per il 2013, ai fini della risoluzione della problematica in questione, non può essere percorribile la via di un intervento di prassi amministrativa.
  Infatti, con riferimento al versamento in ritardo del saldo TARES per il 2013, è stato il legislatore ad intervenire espressamente con l'articolo 5, comma 4-bis del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, in base al quale «nel caso in cui il versamento relativo all'anno 2013 risulti insufficiente, non si applicano le sanzioni previste in tale ipotesi, qualora il comune non abbia provveduto all'invio ai contribuenti dei modelli di pagamento precompilati in base all'applicazione delle disposizioni regolamentari e tariffarie di cui al presente articolo».
  Analogamente, in caso di insufficiente versamento della seconda rata dell'imposta municipale propria (IMU) per l'anno 2013, l'articolo 1, comma 728 della legge di stabilità per l'anno 2014, ha disposto la non applicazione di sanzioni e interessi, a condizione che la differenza sia corrisposta entro il termine di versamento della prima rata dell'IMU dovuta per l'anno 2014.
  Peraltro, è opportuno far presente che in data 6 giugno 2014, il Governo al fine di assicurare certezza in ordine al versamento della prima rata TASI per l'anno 2014, nel caso in cui i Comuni non hanno provveduto a deliberare le aliquote entro il 23 maggio 2014, ha approvato il decreto-legge 9 giugno 2014, n. 88, con il quale si provvede a differire al 16 ottobre 2014 il termine del versamento, prevedendo a carico dei Comuni l'obbligo di inviare le delibere, entro il 10 settembre 2014, al Dipartimento delle finanze in modo che possano essere pubblicate sul sito informatico.Pag. 140
  Inoltre, nei confronti dei contribuenti che, nel rispettare la scadenza dell'acconto Tasi del 16 giugno 2014, effettueranno, per errore, versamenti insufficienti, giova ricordare che trova applicazione l'istituto del ravvedimento operoso di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che consente il pagamento in misura ridotta della sanzione dovuta. Al riguardo, l'articolo 23, comma 31, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha introdotto, altresì, il cosiddetto «ravvedimento sprint» in base al quale, se si paga entro il 14o giorno successivo alla scadenza originaria occorre versare la mini-sanzione dello 0,2 per cento per ogni giorno di ritardo più gli interessi legali, maturati fino al giorno del pagamento.
  Tuttavia, considerata la situazione di incertezza normativa che caratterizza il meccanismo del versamento della prima rata della TASI, si ritiene, comunque, applicabile l'articolo 10 della legge 27 luglio 2000 n. 212, secondo il quale:
   «1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede.
   2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione stessa.
   3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto.».

  Da ultimo, comunque il Governo monitorerà anche a consuntivo l'andamento generale dei versamenti dovuti al 16 giugno 2014 in modo da verificare le eventuali problematiche ad essi connesse.

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ALLEGATO 2

5-02956 Paglia: Convenzione con l'ABI per garantire la coincidenza tra la scadenza delle rate di finanziamenti bancari e il rimborso di crediti d'imposta.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'Onorevole Paglia chiede se non si ritenga opportuno sottoscrivere con l'ABI una convenzione che accordi un rinvio di pagamento almeno per tutti quei casi in cui il contratto di finanziamento prevede la scadenza di un rateo in concomitanza con il rimborso al contribuente delle spettanze fiscali.
  Al riguardo, si fa presente che al momento, per i ristretti tempi a disposizione, non è stato possibile avviare contatti con l'ABI, tuttavia si assicura che verranno date disposizioni agli Uffici competenti, affinché intraprendano le azioni necessarie per valutare quanto richiesto dall'Onorevole Paglia.
  Sulla questione, non si può non tenere conto della Risoluzione in Commissione n.8-00055 dell'Onorevole Ribaudo ed altri concernente la Revisione della norma della legge di stabilità 2014 che prevede il preventivo controllo dell'Agenzia delle entrate sulle detrazioni IRPEF di importo superiore a 4.000 euro.
  Con la citata Risoluzione, approvata il 14 maggio 2014, si impegna il Governo a valutare l'opportunità di assumere le necessarie iniziative normative per sopprimere, o quantomeno rivedere, la formulazione del comma 586 della legge di stabilità 2014, in particolare per i contribuenti che siano già stati sottoposti a controllo ai sensi di tale disposizione, nonché a assumere le necessarie iniziative normative per stabilire un termine certo di sei mesi entro cui l'Agenzia delle entrate potrà comunicare al sostituto d'imposta di non procedere al rimborso, prevedendo che, in assenza della suddetta comunicazione da parte della stessa Agenzia, i sostituti d'imposta sono autorizzati a procedere al rimborso.

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ALLEGATO 3

5-02957 Sottanelli: Effetti ai fini del prelievo ICI delle sentenze di annullamento di piani regolatori generali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti espongono la vicenda relativa al comune di Ortona (Chieti), che ha notificato avvisi di accertamento della maggiore imposta dovuta ai fini Ici per gli anni 2008, 2009 e 2010, derivanti dal cambio di destinazione dei terreni, divenuti «edificabili» per effetto di un Piano Regolatore Generale, approvato con delibera del 21 dicembre 2007 e poi annullato dal TAR Abruzzo con le sentenze 547-557/12 del 6 dicembre 2012.
  Pertanto, tenendo conto del caso suddetto, l'Onorevole interrogante chiede se un piano regolatore generale annullato dal FAR possa essere considerato valido, ai soli fini dell'ICI, obbligando il contribuente a pagare la maggiore imposta dovuta in base al cambio di destinazione urbanistica del proprio terreno.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Come riferito dall'Onorevole interrogante, la questione prospettata dall'Onorevole interrogante è oggetto di un notevole contenzioso.
  Infatti, la Commissione tributaria provinciale di Chiesti ha comunicato che, ad oggi, risultano depositate n. 25 sentenze riguardanti la fattispecie in esame.
  L'orientamento dei giudici di prima istanza invero non si è rivelato univoco.
  Infatti, con le sentenze numeri 453, 450, 454, 452, 451, depositate tutte in data 28 maggio 2014, la Commissione tributaria provinciale di Chieti ha rigettato i ricorsi proposti contro gli avvisi di accertamento del Comune di Ortona, con i quali i ricorrenti chiedevano l'annullamento di detti avvisi principalmente perché la delibera del Consiglio Comunale n. 37 del 21 dicembre 2007, con la quale è stato adottato il Piano regolatore Generale deve intendersi nullo in seguito alla sentenza del far Abruzzo del 6 dicembre 2012 che ha annullato lo stesso PRG.
  In tali pronunce, i giudici tributari hanno ritenuto, in merito a detto motivo di doglianza, che «l'annullamento da parte del Tar Abruzzo del procedimento di approvazione del PRG, non comporta in modo automatico anche l'annullamento del procedimento di adozione. Infatti la legge n. 18 del 12 aprile 1983 della Regione Abruzzo (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio), che obbligava i Comuni alla formazione del piano regolatore generale (...)» e concludono affermando che «alla luce di quanto sopra, si evince chiaramente che l'adozione e l'approvazione sono due procedimenti distinti, per cui nel caso di specie, nonostante l'annullamento del procedimento di approvazione del PRG, lo stesso PRG deve essere ritenuto vigente nel periodo di adozione».
  Ciò posto, i giudici ripercorrendo la questione circa la tassabilità delle aree fabbricabili ai fini ICI considerate tali sulla base del solo PRG «generale» e soggette ad un vincolo d'inedificabilità di fatto – in quanto l'effettiva edificabilità viene subordinata all'emanazione di un piano attuativo – hanno evidenziano i contrasti giurisprudenziali formatisi all'interno della Corte di Cassazione, fino all'intervento del legislatore con due provvedimenti Pag. 143legislativi di carattere interpretativo (articolo 11-quaterdecies, comma 16, decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203 e articolo 36, comma 2, decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223). Questi provvedimenti precisano che l'interpretazione autentica è appunto quella pro-fisco: «Ai fini dell'applicazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dell'articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto, si interpreta nel senso che un'area è da considerarsi comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo».
  Per contro, con le sentenze numeri 371-379 in data 29 aprile 2014 e le sentenze numeri 340 e 341 del 15 aprile 2014, la medesima Commissione tributaria ha invece accolto i ricorsi dei ricorrenti avverso i medesimi avvisi di accertamento ICI sulla base di diverse e opposte argomentazioni.
  Secondo una diversa interpretazione, i giudici tributari con le citate sentenze affermano che «l'annullamento giurisdizionale del piano regolatore generale nel suo complesso comporta il venir meno dell'atto con effetto ex tunc e qui la caducazione degli effetti anche di tutti gli atti presupposti quali il piano di adozione ed altri. L'annullamento del PRG fa cadere il presupposto fondamentale per poter ritenere edificabili quei terreni e comporta l'automatica reviviscenza del regime urbanistico antecedente al piano adottato dal consiglio comunale con delibera n. 37 del 21 dicembre 2007 travolto come si è detto dalla sentenza del Tar Abruzzo e che contemplava i terreni in questione come assolutamente agricoli». Si segnala in merito a questo orientamento che i giudici segnalano la stessa sentenza della Cassazione, a sostegno delle proprie tesi (n. 25506 del 28 settembre 2006) affermando che «con tale sentenza la Suprema Corte stabilisce che in un'imposta periodica come l'ICI il prelievo fiscale di un terreno edificabile, che non ha ancora ultimato la procedura di approvazione non può essere paragonato ad un terreno edificabile già “perfetto” per l'ultimazione dell’iter procedimentale di approvazione».
  Infine, giova richiamare le sentenze numeri 305 e 362, del 2014 in cui la Commissione tributaria provinciale di Chieti ha dichiarato la cessata materia del contendere. In particolare, con la sentenza n. 305 in data 10 aprile 2014, la Commissione, pur affermando «che la sentenza del Tar ha effetto ex tunc con la conseguenza che i terreni oggetto di tassazione del presente giudizio hanno perso la natura a «vocazione edificatoria», prende atto dell'annullamento dell'avviso di accertamento da parte del Comune di Ortona intervenuto nelle more del giudizio e dichiara la cessata materia del contendere.
  Alla luce di quanto suesposto, non sembra superfluo ricordare che gli orientamenti sopradescritti non possono ritenersi ancora consolidati trattandosi di sentenze di primo grado e pelle quali pendono ancora i termini di impugnazione.
  In ogni caso, giova sottolineare quanto segue.
  Nella misura in cui i Tribunali Amministrativi confermino che l'annullamento investa solo la delibera di approvazione e non il Piano Regolatore che resta valido, l'edificabilità dei terreni resta confermata.
  Qualora l'annullamento, invece, riguardi il Piano regolatore in toto, facendo rivivere il piano regolatore del 1994, il cambio di destinazione dei terreni deve ritenersi privo di effetti, investendo anche gli accertamenti della maggior imposta ai fini ICI notificati dal Comune.

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ALLEGATO 4

5-02958 Bernardo: Chiarimenti circa il regime tributario degli avanzi di gestione dei consorzi per la gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti, alla luce delle novità introdotte dall'articolo 10, comma 10, del decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, concernente l'attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, chiede chiarimenti in merito alla tassazione degli avanzi di gestione maturati dai Sistemi Collettivi di gestioni dei rifiuti in argomento.
  In particolare, l'interrogante segnala che prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto, ovvero quando era ancora in vigore il decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, tutti i Sistemi collettivi – soggetti senza fine di lucro che espletano un servizio di pubblica utilità – hanno operato secondo un regime «particolare», potendo suddividere, alla luce di un interpello fatto all'Agenzia delle Entrate nel 2008, in cinque esercizi gli avanzi di gestione maturati secondo il principio di cassa.
  Nell'escludere gli avanzi di gestione da ogni tassazione, il comma 10 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 49 del 2014 non indica modalità e termini della loro regolare gestione, che viceversa sarebbe necessario definire al fine di una corretta conduzione fiscale dei consorzi.
  Tanto premesso, anche alla luce della difficile situazione di mercato in cui operano i soggetti che finanziano i Sistemi collettivi, l'Onorevole Bernardo chiede al Ministro dell'economia di sapere da quando decorra la disposizione dettata dall'articolo 10, comma 10, del decreto legislativo n. 49 del 2014 (che, come riportato in precedenza esclude la tassazione degli eventuali avanzi di gestione), e se detta disposizione trovi applicazione anche ai fini IRAP.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si osserva che, sotto il profilo dell'efficacia temporale, la disposizione contenuta nel comma 10, dell'articolo 10, del citato decreto legislativo n. 49 del 2014 trova applicazione agli eventuali avanzi di gestione emergenti nel bilancio relativo al periodo d'imposta in corso alla data della sua entrata in vigore (12 aprile 2014) e nei bilanci successivi.
  Inoltre, sulla base del tenore letterale della disposizione che fa riferimento all'esclusione dal reddito degli avanzi di gestione, è opportuno precisare che la previsione trova applicazione solo ai fini IRES e che non possa essere estesa anche all'IRAP.

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ALLEGATO 5

5-02959 Busin: Iniziative legislative per l'estensione della compensazione tra debiti tributari e crediti commerciali verso la Pubblica Amministrazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante rappresenta la situazione di difficoltà economica in cui versano le imprese a causa degli ingenti crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione e dei ritardi nei pagamenti di appalti e forniture. In particolare, viene rappresentato lo stato di ritardo dei pagamenti nei confronti delle imprese che si occupano del deposito giudiziario degli autoveicoli nonché del servizio di Soccorso stradale che vantano crediti nei confronti dello Stato e delle Prefetture.
  L'Onorevole, dopo aver richiamato il decreto legge 8 maggio 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento di debiti scaduti della Pubblica Amministrazione mediante la compensazione tra crediti certificati e somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflativi del contenzioso, chiede l'adozione di ulteriori iniziative legislative finalizzate a promuovere l'estensione della compensazione dei crediti commerciali verso la Pubblica Amministrazione con i debiti tributari correnti.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si osserva quanto segue.
  Le imprese hanno a disposizione diversi strumenti di utilizzo dei crediti commerciali vantati nei confronti della pubblica amministrazione, la cui finalità è quella di fornire liquidità alle aziende mediante il supporto del sistema bancario o attraverso l'accesso da parte delle aziende medesime alla compensazione di crediti e debiti nei confronti delle amministrazioni pubbliche quali:
   la compensazione dei crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, relativi a somministrazioni, forniture ed appalti, vantati nei confronti dello Stato, di regioni, enti locali ed enti del servizio sanitario nazionale, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo, previa acquisizione, da parte del creditore, della certificazione relativa all'esigibilità del credito, rilasciata dall'ente debitore (l'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, nella legge 122 del 2010, ha introdotto l'articolo 28-quater nel decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973; l'articolo 40 del decreto legge n. 66 del 2014 ha differito al 30 settembre 2013 il termine precedentemente stabilito al 31 dicembre 2012, di notifica delle cartelle esattoriali ai fini della compensabilità dei crediti certificati);
   la possibilità di compensare i crediti commerciali, maturati al 31 dicembre 2012, con le somme dovute a seguito dell'adesione alle forme di deflazione del contenzioso (articolo 9, comma 1, del citato decreto-legge n. 35 del 2013, che ha inserito l'articolo 28-quinquies nel decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973). Peraltro, l'articolo 39 del decreto legge n. 66 del 2014 ha eliminato il riferimento Pag. 146temporale del 31 dicembre 2014 e pertanto tale strumento diviene utilizzabile «a regime».
   la cessione del credito alle banche o agli intermediari finanziari abilitati.

  Giova ricordare che è attualmente in fase di elaborazione il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previsto all'articolo 12, comma 7-bis, del decreto-legge n. 145 del 2013, convertito in legge n. 9 del 2014, che stabilisce le modalità per la compensazione, nell'anno 2014, delle cartelle esattoriali a favore di imprese e professionisti titolari di crediti non prescritti, liquidi ed esigibili nei confronti della pubblica amministrazione, qualora la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato.
  Inoltre, è stata adottata la direttiva 2011/7/CE recepita con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, che, per i contratti conclusi a decorrere dal 1o gennaio 2013, dispone:
   che per il pagamento vige il termine ordinario di trenta giorni, derogabile nell'ambito delle transazioni tra imprese con propria pattuizione, che, per termini superiori a sessanta giorni, dovrà però essere espressa;
   se il debitore è una pubblica amministrazione, il prolungamento del termine di pagamento oltre i trenta giorni deve sempre risultare espressamente e, in ogni caso, non può superare i sessanta giorni;
   che gli interessi moratori sono determinati nella misura di quelli legali di mora, con possibilità, nelle sole transazioni commerciali tra imprese, di concordare tassi di interesse diversi, salvo che gli stessi risultino gravemente iniqui nei confronti del creditore. Sono considerate gravemente inique le clausole che escludono l'applicazione degli interessi monitori ovvero che escludono il risarcimento dei costi di recupero del credito; che gli interessi legali moratori, finora stabiliti al 7 per cento in più rispetto al tasso fissato dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento, aumentino all'8 per cento.

  Tutto quanto sopra premesso, ogni ulteriore iniziativa legislativa finalizzata a promuovere l'estensione della compensazione dei crediti commerciali verso la pubblica amministrazione con i debiti tributari correnti non potrà che essere adottata, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica cui, del resto, sono parimenti tenute tutte le misure attuate in forza delle norme istitutive degli strumenti sopra descritti.

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ALLEGATO 6

5-02960 Ruocco: Verifica circa la regolarità di procedure di nomina presso la CONSOB.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'Onorevole Ruocco ed altri chiedono quali iniziative urgenti, anche normative, il Governo intenda attivare per mettere la Consob in condizione di esercitare al meglio le funzioni di efficienza, trasparenza e legalità a presidio dei risparmiatori, avendo riguardo anche alla disciplina relativa alle assunzioni di personale nonché alla definizione dei percorsi in carriera.
  Al riguardo, si fa presente che la Consob ha trasmesso una dettagliata nota, che si ritiene opportuno allegare, considerato che la questione sollevata riguarda il personale e, quindi, aspetti interni alla Commissione medesima; aspetti che, comunque, non intaccano l'efficienza e la funzionalità dell'Autorità Indipendente.

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ALLEGATO 7

5-02935 Paglia: Effetti sull'INPS e sull'INAIL del prelievo tributario connesso alla rivalutazione delle quote al capitale sociale della Banca d'Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione a risposta orale in Commissione n. 5-02935 dell'Onorevole Paglia concerne il pagamento da parte dell'INPS e dell'INAIL degli oneri fiscali connessi ai maggior valori delle quote di partecipazione al capitale sociale della Banca d'Italia, iscritte in bilancio.
  Al riguardo, occorre premettere che il decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito nella legge n. 5 del 2014, ha autorizzato la Banca centrale ad aumentare il capitale sociale mediante utilizzo delle riserve statutarie all'importo di 7,5 mld, suddiviso in quote dal valore unitario di 25.000 euro. Il provvedimento ha previsto uno speciale regime di circolazione delle quote, nonché limiti ai diritti patrimoniali (i dividendi annuali, a valere sugli utili netti, sono stabiliti nella misura massima del 6 per cento del capitale) ed ai diritti amministrativi (ciascun partecipante non può detenere, direttamente o indirettamente, più del 3 per cento del capitale), prevedendo un periodo transitorio di 36 mesi per consentire l'adeguamento alla nuova normativa.
  Inoltre, l'articolo 1, comma 148, della legge n. 147 del 2013 prevedeva che sui maggiori valori si applicasse un'imposta sostitutiva del 12 per cento, da versare in tre annualità (la circolare n. 4 del 2014 dell'Agenzia delle entrate ha fornito le indicazioni di carattere operativo in ordine agli effetti fiscali delle disposizioni in esame). Successivamente, l'articolo 4, comma 12, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, attualmente in fase di conversione, nel sostituire il predetto comma 148, ha innalzato l'aliquota dell'imposta sostitutiva al 26 per cento ed ha disposto il versamento in un'unica soluzione.
  Sulla questione, l'INPS ha comunicato che possiede n. 15.000 quote del capitale sociale della Banca d'Italia, pari ad una partecipazione del 5 per cento e, pertanto, il nuovo valore nominale delle quote di partecipazione ammonta complessivamente a euro 315.000.000.
  Per quanto riguarda il reperimento delle disponibilità finanziarie con cui provvedere al pagamento dell'imposta sostitutiva del 26 per cento, l'Istituto ha precisato che vi provvederà con le ordinarie disponibilità finanziarie le quali, in considerazione dell'entità dei flussi finanziari movimentati annualmente, risultano ampiamente idonei a fronteggiare gli oneri fiscali derivanti dalla rivalutazione della partecipazione.
  Tali oneri saranno recuperati in sede di alienazione, da parte dell'INPS, delle quote eccedenti il citato 3 per cento del capitale sociale, imposto dalla legge come soglia massima di partecipazione. In ogni caso, la rivalutazione in questione comporta un miglioramento strutturale della situazione economica e patrimoniale dell'Istituto per l'esercizio 2013, pari all'importo della rivalutazione, al netto dell'imposta sostitutiva.
  Con riferimento all'INAIL, quest'ultimo ha comunicato che possiede quote di partecipazione al capitale sociale di Banca d'Italia, nel numero di 2000 unità e, a fronte della disposizione recata dal citato Pag. 158decreto-legge n. 133 del 2013, è stata prevista nel bilancio consuntivo 2013 la rivalutazione del valore nominale complessivo delle quote, per un importo pari a euro 50.000.000,00.
  Tale rivalutazione, che si è tradotta economicamente nel 2013 in un plusvalore, comporta, in base al citato articolo 3 della legge di stabilità, ripercussioni di natura fiscale nell'esercizio 2014, non prevedibili in sede di stesura del bilancio di previsione.
  L'INAIL ha precisato che l'avanzo finanziario presunto per l'esercizio in corso, anche tenendo conto dell'impatto applicativo delle più recenti disposizioni di legge che riguardano l'Istituto, consente di fronteggiare la nuova imposizione fiscale derivante dalla citata legge n. 147 del 2013.

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ALLEGATO 8

5-02936 Causi: Problematiche relative all'obbligo per i soggetti che esercitano attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta orale in Commissione n. 5-02936 l'Onorevole Causi chiede come si intenda intervenire, al fine di chiarire gli effetti dell'applicazione della norma recante l'obbligo per gli esercenti attività d'impresa e professioni di accettare anche i pagamenti effettuati attraverso carte di debito.
  Al riguardo, sentito il Ministero dello sviluppo economico, si fa presente che il comma 4, dell'articolo 15, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221 del 2012, ha stabilito che a decorrere dal 1o gennaio 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito.
  Il successivo comma 5 ha stabilito che, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, vengono disciplinati gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini, anche in relazione ai soggetti interessati, per l'attuazione della disposizione di cui al comma 4. Con i medesimi decreti può essere disposta l'estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili.
  Ai sensi del citato comma 5 è stato adottato il decreto 24 gennaio 2014 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, recante «Definizioni e ambito di applicazione dei pagamenti mediante carte di debito», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 2014.
  Detto decreto interministeriale, la cui efficacia avrebbe dovuto decorrere trascorsi sessanta giorni dalla pubblicazione, ha previsto l'accettazione obbligatoria delle carte di debito degli utenti nel caso di pagamenti di importo superiore ai trenta euro, sia per l'acquisto di prodotti che per la fornitura di servizi, anche professionali.
  Tenuto conto del rilevante numero di soggetti destinatari delle disposizioni ed allo scopo di individuare criteri di gradualità e di sostenibilità per l'entrata a regime del precetto normativo, il predetto decreto aveva stabilito che fino al 30 giugno 2014 l'obbligo di accettazione sarebbe valso solo per le attività commerciali o professionali aventi un fatturato superiore a 200 mila euro.
  Lo stesso provvedimento ha anche previsto che, entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore, con successivo decreto possono essere individuate nuove soglie e nuovi limiti minimi di fatturato, nonché può essere disposta l'estensione degli obblighi ad ulteriori strumenti di pagamento anche con tecnologie mobili.
  In tale contesto normativo, è intervenuto l'articolo 9, comma 15-bis, del decreto-legge n. 150 del 2013, convertito con modificazioni nella legge n. 15 del 2014, con il quale è stato prorogato al 30 giugno Pag. 1602014 il termine di entrata in vigore dell'obbligo di accettazione dei pagamenti mediante carte di debito.
  Allo stato, pertanto, l'efficacia delle disposizioni introdotte con il citato decreto ministeriale del 24 gennaio 2014, per effetto della suddetta proroga, è stata vanificata per quanto riguarda le disposizioni transitorie ed è stata sospesa per quelle a regime fino al 30 giugno 2014, data in cui, in mancanza degli eventuali decreti – di cui al comma 1, dell'articolo 3 del citato decreto ministeriale 24 gennaio 2014 – che potrebbero ridefinire modalità e termini di attuazione della norma primaria, introducendo anche ulteriori meccanismi di gradualità e le relative decorrenze, ovvero in mancanza di ulteriori proroghe, entrerà in vigore l'obbligo di accettazione dei pagamenti mediante carte di debito per tutti i pagamenti superiori ai trenta euro.
  Sulla questione, la Banca d'Italia, tramite la Segreteria del Comitato Interministeriale per il credito ed il risparmio, ha comunicato che il nostro Paese si caratterizza nel contesto europeo per un'elevata propensione all'utilizzo del contante. In Italia, nel 2013, sono state regolate 74 operazioni pro-capite con strumenti alternativi al contante contro le 194 dei Paesi dell'area dell'euro (ultimo dato disponibile al 2012).
  Nel confronto internazionale e tra le regioni italiane emerge che tra le principali determinanti del basso utilizzo di strumenti di pagamento elettronici figurano le differenze nel reddito pro capite e nel grado di sviluppo e di diffusione dei punti di accettazione delle carte di pagamento presso le imprese e i liberi professionisti.
  Un impulso alla diffusione di strumenti elettronici è in grado di produrre effetti benefici per i consumatori, le imprese, le Amministrazioni pubbliche e l'economia nel suo complesso. Infatti, il sommerso e l'economia criminale sono fortemente correlati con l'uso del contante e incidono per oltre il 27 per cento del PIL.
  La carta di debito assicura il buon fine dell'operazione di pagamento e richiede minori attività procedurali e di riconciliazione contabile rispetto agli altri strumenti elettronici (esempio bonifico).
  Nell'uso del contante, degli assegni e degli altri strumenti cartacei prevalgono, infatti, i costi variabili, connessi con le esigenze di movimentazione e di sicurezza. Per le carte di debito è invece prevalente la quota dei costi fissi di emissione degli strumenti e di gestione delle infrastrutture. Ne deriva che al crescere delle operazioni con carte di debito si riducono più che proporzionalmente i costi unitari. Sulla base della diversa struttura dei costi, si possono calcolare anche le soglie di importo di convenienza per i diversi strumenti di pagamento: per le operazioni superiori a 20-30 euro, la carta di debito si conferma essere lo strumento più conveniente sia rispetto al contante sia rispetto agli altri strumenti di pagamento.
  La Banca d'Italia ha precisato, infine, che il citato decreto del MISE si inserisce nell'ambito dei provvedimenti governativi volti a sostenere una maggiore diffusione dei terminali di accettazione di strumenti elettronici, anche con tecnologie innovative, e ad accrescere la trasparenza e la riduzione delle commissioni di accettazione di carte di pagamento (cosiddetto decreto «Merchant fee», decreto Ministero economia e finanze 14 febbraio 2014 n. 51), al fine di favorire l'efficienza degli strumenti di pagamento.
  Nel ribadire la necessità di promuovere la diffusione e l'uso dei pagamenti con carte di debito e credito su vasta scala, anche in considerazione della scarsa incidenza dei pagamenti elettronici in Italia, rispetto alla media degli altri Paesi europei, nonché l'eccessivo costo dell'uso del contante per il sistema economico e per i singoli imprenditori, si ritiene opportuno che – al fine di massimizzare i vantaggi connessi all'implementazione della tecnologia nei sistemi di pagamento e, nel contempo, minimizzare l'incidenza degli oneri a carico delle imprese, commercianti e professionisti – vengano attivati una serie di tavoli di confronto con le banche e con gli altri operatori di mercato per ridurre i costi legati alla disponibilità e Pag. 161all'utilizzo dei POS, e sfruttare a vantaggio del sistema i margini di efficienza esistenti, ottenendo così una significativa compressione dei costi ed una soluzione che consenta di superare le difficoltà insite nel cambiamento prospettato.
  Con specifico riferimento all'istanza presentata dal Consiglio nazionale degli architetti per ottenere l'annullamento del citato decreto ministeriale del 24 gennaio 2014, di cui è cenno nell'interrogazione, si fa presente che il TAR Lazio ha respinto l'istanza cautelare ritenendo inesistente il fumus boni iuris atteso che il «Decreto impugnato sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla richiamata fonte legislativa».
  Per quanto riguarda la circolare interpretativa del Consiglio nazionale forense, ugualmente citata nell'interrogazione, essa interpreterebbe la normativa nel senso di introdurre un onere, piuttosto che un obbligo giuridico, il cui campo di applicazione sarebbe limitato ai casi nei quali sarebbero i clienti a richiedere al professionista la forma di pagamento tramite carta di debito.
  In tal senso, sembra in effetti deporre il fatto che non risulta associata alcuna sanzione a carico dei professionisti che non dovessero predisporre della necessaria strumentazione a garanzia dei pagamenti effettuabili con moneta elettronica.