CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 maggio 2014
235.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-02796 Lupo: Sulle misure per le eventuali violazioni del divieto di coltivazioni di mais OGM.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Riguardo all'interrogazione presentata dagli onorevoli Lupo ed altri, occorre preliminarmente ricostruire la cornice giuridica di riferimento richiamata dagli stessi interroganti.
  In particolare, ricordo che il decreto interministeriale del 12 luglio 2013 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 2013), che vieta la coltivazione delle sementi OGM in Italia per 18 mesi, è stato emanato ai sensi del combinato disposto degli articoli 54 del Regolamento CE n. 178 del 2002 e dell'articolo 34 del Regolamento CE 1829 del 2003.
  Più in particolare, il richiamato articolo 34 del Regolamento (CE) n. 1829 del 2003 stabilisce l'adozione di misure d'urgenza, ai sensi degli articoli 53 e 54 del Regolamento (CE) n. 178 del 2002 «quando sia manifesto che prodotti autorizzati dal presente regolamento o conformemente allo stesso possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente».
  L'articolo 53 stabilisce che, in situazione di emergenza, uno Stato Membro possa chiedere alla Commissione di adottare misure cautelari (tra cui quella di sospendere l'autorizzazione) volte a sospendere l'immissione o l'importazione di un determinato prodotto OGM «in tutto il territorio dell'Unione Europea» o a limitarne le condizioni. In tali casi la procedura prevede che la Commissione si avvalga del parere scientifico dell'EFSA ed è di fatto abbastanza complessa e lunga.
  L'articolo 54 stabilisce però che, nelle more delle decisioni da parte della Commissione, lo Stato Membro può provvisoriamente adottare le misure cautelari (tra cui la sospensione) «limitatamente al territorio del proprio Stato» sin tanto che la Commissione non decida. È questo il caso che si è verificato in Italia con il decreto interministeriale del 12 luglio 2013.
  Com’è noto, detto provvedimento ha avuto la sua motivazione come misura di cautela in considerazione del fatto che:
   a) il mais MON 810 è stato autorizzato nel 1998, ai sensi della direttiva n. 220 del 23 aprile 1990 dell'Unione europea, in base alla quale i requisiti in materia di valutazione dei rischi sono molto inferiori a quelli stabiliti dalla direttiva n. 18 del 12 marzo 2001 dell'Unione europea che abroga e sostituisce la previgente direttiva;
   b) nessuna misura di gestione è attualmente imposta dalla decisione di autorizzazione della Commissione europea per il mais MON 810 destinata a limitare i rischi per l'ambiente dando seguito alle raccomandazioni dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).

  Peraltro sul citato provvedimento si è recentemente espresso anche il TAR del Lazio, con la sentenza n. 4410 del 2014, pronunciata lo scorso 23 aprile, confermando nella sostanza l'impianto motivazionale del decreto stesso.
  È evidente che la misura (anche di sospensione) assunta unilateralmente dallo Stato Membro ai sensi dell'articolo 54 del Regolamento 178 del 2002, seppur limitata ad un solo Stato Membro, ha proprio la finalità di «sortire» il medesimo effetto pratico e giuridico – seppur dichiaratamente provvisorio – della sospensione dell'autorizzazione Pag. 206che potrebbe essere adottata dalla Commissione ai sensi del precedente articolo 53, nel presupposto dell'inerzia della Commissione medesima.
  Il termine dei diciotto mesi fissato per l'efficacia del richiamato decreto era funzionale anche allo scopo di costruire le condizioni per l'adozione di misure regionali atte ad evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti, previste dall'articolo 26-bis della direttiva n. 18 del 2001 dell'Unione europea come modificata e integrata dal Regolamento (CE) n. 1829 del 2003, garantendo al contempo l'allineamento delle disposizioni nazionali in tema di coltivazioni geneticamente modificate alla normativa dell'Unione europea e la massima tutela dell'agrobiodiversità e dell'ambiente.
  Sul punto è intervenuto, in occasione della risposta ad un atto di sindacato ispettivo nella seduta del 14 novembre 2014 in Commissione ambiente, anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In tale seduta è stato ricordato che, con nota dell'8 ottobre 2013 indirizzata al presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, il Ministro dell'ambiente aveva chiesto di conoscere le iniziative messe in atto dalla regione per assicurare la piena attuazione del divieto di coltivazione del mais MON 810 imposto dal decreto 12 luglio 2013, stante l'eventualità di dover dar seguito all'applicazione alle sanzioni previste dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224 del 2003 e alla bonifica, al ripristino ambientale e al risarcimento ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, qualora sia accertato un effettivo danno ambientale conseguente alla coltivazione del mais MON 810 e, con ulteriore missiva dell'11 novembre 2013, nel prendere atto che la regione Friuli-Venezia Giulia aveva provveduto, alla luce della pronunce della Corte di giustizia europea del settembre 2012 e della successiva ordinanza del maggio 2013, a modificare la legge regionale n. 5 del 2011, lo stesso Ministro chiedeva le informazioni sull'esatta localizzazione delle coltivazioni di MON 810, prodromiche alla previsione di azioni di monitoraggio degli eventuali effetti di OGM sull'ambiente o sulla salute pubblica, per valutare, se del caso, l'applicabilità delle sanzioni citate.
  In tale ultima occasione, il Ministero dell'ambiente ha altresì ribadito che la normativa nazionale in materia di OGM «è garantita da un apparato sanzionatorio previsto, con riferimento a fattispecie diverse nei presupposti, dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 224 del 2003 e dal decreto legislativo n. 70 del 2005».
  Le richiamate disposizioni prevedono specifiche sanzioni di carattere penale relativamente alle fattispecie di immissione in commercio di alimenti e mangimi geneticamente modificati, la cui applicabilità a casi concreti rientra evidentemente nelle prerogative della magistratura.
  Sul punto ricordo che è peraltro intervenuta recentemente la legge regionale 28 marzo 2014, n. 5 della regione Friuli-Venezia Giulia, che nel ribadire il divieto di coltivazione (per 12 mesi) degli OGM, nelle more della procedura di comunicazione alla Commissione europea delle misure di coesistenza contenute nello schema di disegno di legge approvato dalla giunta regionale in via preliminare in data 7 marzo 2014, ha previsto specifiche sanzioni amministrative in caso di sua inosservanza.
  Al riguardo preciso che la regione Friuli ha ufficialmente informato il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che in data 7 maggio 2014 è pervenuta all'Amministrazione regionale la notifica – trasmessa via raccomandata in data 2 maggio – di avvenuta semina di mais OGM DKC 6667YG effettuata in data 17 aprile in comune di Vivaro (PN), F.M. 14, mapp. 264.
  La semina è avvenuta in aperta violazione della legge regionale 28 marzo 2014, n. 5 che, all'articolo 1, introduce una moratoria di un anno, cioè il divieto di coltivazione di OGM nel territorio regionale, in attesa che la Commissione europea Pag. 207si pronunci sul disegno di legge recentemente approvato dalla regione in materia di coesistenza e che è stato notificato, prima della sua entrata in vigore, alla stessa Commissione europea, come norma tecnica.
  La legge regionale prevede una sanzione amministrativa (sino ad un massimo di 50.000 euro) per i trasgressori e autorizza il Servizio competente in materia (Corpo forestale regionale) ad ordinare la rimozione delle condizioni che determinano l'inosservanza.
  La norma regionale, in ogni caso, all'articolo 1, comma 3, prevede anche la segnalazione delle violazioni del divieto di coltivazione previsto dal decreto interministeriale 12 luglio 2013 alle competenti autorità.
  In conclusione, nel ricordare come l'adozione delle norme di coesistenza rientri, secondo anche la giurisprudenza costituzionale, nell'ambito delle competenze regionali, ritengo comunque opportuno ribadire l'impegno assunto dal Governo ed in particolare dal Ministro Martina, anche in questa Commissione, di supportare con convinzione le proposte avanzate dalla Grecia al fine di modificare il quadro normativo europeo, lasciando ai singoli Stati la facoltà di vietare nel proprio territorio le coltivazioni OGM.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-02797 Franco Bordo: In materia di interventi per il settore castanicolo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sin dal 2010 per fronteggiare la crisi in cui tuttora versa il comparto ha istituito uno specifico «Piano di settore castanicolo». Il piano è stato recepito in sede di Conferenza permanente tra lo Stato le regioni e le province autonome del 18 novembre 2010.
  Alla luce del predetto Piano sono state concertate le azioni prioritarie da intraprendere a livello nazionale, tra cui la costituzione dei «Centri di moltiplicazione» del Torymus sinensys, al fine di garantire alle regioni il materiale biologico necessario per la protezione negli anni successivi dalla «vespa cinese».
  Dalle relazioni regionali recepite dal Ministero per la predisposizione del Piano è stato confermato che il cinipide galligeno, nei confronti del quale alcune regioni stavano già intervenendo attraverso l'attuazione del controllo biologico, era ormai diffuso in maniera endemica sul territorio nazionale.
  In accordo con tutte le regioni si è ritenuto opportuno seguire la strada della «lotta biologica propagativa». Il Ministero, pertanto, ha ritenuto prioritarie, nonché di estrema urgenza, le seguenti linee di azione:
   la costituzione dei «centri di moltiplicazione» dell'antagonista naturale sui territori regionali (almeno un centro per regione (finanziati con euro 660.000);
   il potenziamento del Centro di moltiplicazione del parassitoide (Torymus sinensys) presso l'Università di Torino (finanziato con euro 340.000,00 per il primo anno – progetto LOBIOCIN);
   il supporto, coordinato dal CRA, alle associazioni del castagno sul territorio nazionale per sviluppare analisi economiche, attività di divulgazione, ed orientamenti di politica territoriale partecipata (finanziata nel 2012 con euro 400.000 - progetto BIOINFOCAST). Tale progetto nazionale, di durata biennale, terminerà le attività nell'anno in corso e si è passati dai 500 lanci di Torymus sinensys nel 2013 ai 1.000 lanci dell'antagonista realizzati nel 2014 (dati ufficiosi) sul territorio nazionale, con un raddoppio quindi degli stessi e piena soddisfazione della filiera castanicola.

  Inoltre i «Centri di moltiplicazione» sul territorio nazionale, finanziati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, costituiti in 12 regioni ed il loro potenziamento hanno favorito l'ulteriore produzione ed i lanci di altri Torymus sinensys sui territori regionali e, il numero definitivo dei lanci verrà fornito dalle regioni prossimamente.
  Il potenziamento del Centro di moltiplicazione del parassitoide in regione Piemonte ha permesso di produrre il materiale biologico per la costituzione dei citati centri regionali ma anche il raggiungimento del numero di 1.000 lanci del 2014 veramente notevole.
  È evidente che per ottenere i risultati tangibili di tali azioni, con il ristabilimento delle condizioni precedenti all'infestazione del cinipide galligeno, occorrerà tuttavia attendere un periodo di almeno 5 anni, necessari per la stabilizzazione tra le popolazioni del parassita e dell'antagonista ovvero: la natura deve fare il suo corso.Pag. 209
  Al riguardo, si informa che nella regione Piemonte, ove i lanci sono iniziati già dal 2005, si è assistito già a settembre 2013 ad un'ottima ripresa vegetativa e produttiva.
  Ancora, ulteriori segnali positivi sono pervenuti dalle regioni del nord Italia, a seguito dei monitoraggi delle galle parassitizzate effettuati dai tecnici regionali e delle associazioni castanicole. In tali regioni infatti sono state seguiti puntualmente gli indirizzi tecnici relativi alla lotta biologica previsti dal Piano nazionale di settore evitando strategie di difesa integrata.
  Pertanto la decisione strategica assunta dal Ministero, incentrata sulla «tecnica propagativa» di lotta biologica, sta portando ai risultati auspicati, ferma restando la necessità che gli enti territoriali perseguano in maniera completa gli indirizzi e le azioni concordati in sede di approvazione del Piano di settore castanicolo.
  Con la consapevolezza che vi è ancora da lavorare in tal senso si ritiene comunque opportuno proseguire con campagne di sensibilizzazione a livello locale per i castanicoltori, continuando gli interventi di lotta biologica al cinipide del castagno (Dryocosmus coriphilus), attraverso l'allevamento ed i lanci dell'antagonista naturale del Cinipide del castagno, anche negli anni successivi al 2014 quando terminerà il progetto BIOINFOCAST. Ciò è necessario soprattutto per quelle regioni che con difficoltà rispetto ad altre riescono ad attivare in maniera autonoma i centri di moltiplicazione dell'antagonista che producono in non meno di tre anni.
  Nell'ottica di continuare a sostenere il comparto si ritiene comunque utile affrontare nella fase di applicazione della nuova Politica agricola comunitaria, le varie problematiche attinenti l'intero settore della frutta a guscio, con particolare attenzione a quella del castagno.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-02798 Caon: Sulla lotta alle frodi alimentari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Per quanto concerne le sanzioni applicabili nella lotta alle contraffazioni nel settore agroalimentare, rilevo come l'attuale quadro normativo, delineato dal decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 297, recante disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari, offra strumenti sostanzialmente adeguati.
  Occorre peraltro tener presente che i proventi derivanti dalle sanzioni pecuniarie (già imputate al capo 17, capitolo 3373 dello Stato di previsione dell'entrata del Bilancio dello Stato) sono destinate al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia delle attività di vigilanza e di controllo sui prodotti a denominazione protetta.
  Detti proventi che, come detto, affluiscono sul predetto capitolo 3373, sono riassegnati ad apposito capitolo di spesa del dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari per l'esercizio della propria attività istituzionale di controllo.
  In ordine all'attribuzione dei proventi delle sanzioni ai consorzi di tutela, benché le vigenti disposizioni assegnino loro compiti di tutela, promozione, valorizzazione delle DOP/IGP, preciso che tali Enti non rivestono un ruolo di prevenzione e repressione delle frodi che spetta, invece, per legge agli organi di ufficiali di controllo come l'ispettorato, cui pertanto vengono riassegnati detti proventi.
  Tengo a precisare che al fine di un maggiore contrasto degli illeciti riconducibili ai prodotti di qualità, l'Ispettorato con decreto ministeriale 14 ottobre 2013 (attuativo del Regolamento dell'Unione europea n. 1151 del 2012) è stato individuato quale autorità nazionale incaricata di adottare le misure per prevenire e far cessare l'uso illegale di denominazioni DOP/IGP prodotte e/o commercializzate in Italia.
  Faccio inoltre presente che, nell'ambito delle iniziative campolibero, anche sulla base delle risultanze della consultazione pubblica svoltasi attraverso il sito internet del Ministero, è allo studio l'inserimento di una modifica al codice penale e al codice di procedura penale intervenendo, rispettivamente, sugli articoli 448 e 518, nonché sull'articolo 51, comma 3-bis, in materia di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
  In particolare prevediamo, per i reati di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari (517-quater), l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività professionale, nonché la pubblicazione della sentenza.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-02800 Venittelli: Sull'erogazione dei benefici relativi al fermo pesca.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Riguardo all'interrogazione proposta dall'onorevole Venittelli vorrei anzitutto far presente che i termini di pagamento per il Programma operativo del Fondo europeo per la pesca di cui al regolamento (CE) n. 1198 del 2006 del Consiglio sono stati integralmente ristabiliti e, conseguentemente, riattivate le procedure per la liquidazione delle istanze di pagamento inviate.
  Ad oggi, pertanto, i pagamenti che riguardano le compensazioni al reddito per i fermi biologici della pesca predisposti negli scorsi anni sono stati quasi integralmente eseguiti.
  Per quanto attiene, invece, la misura riferibile all'arresto temporaneo delle attività di pesca per l'anno 2013, preciso che le istanze pervenute sono state istruite mediante il relativo inserimento nella pertinente procedura informatizzata.
  Attualmente, di concerto con il competente Ufficio centrale di bilancio, è in corso di perfezionamento la nuova procedura di liquidazione prevista dal comma 247 della legge di stabilità 2014 ed entro il corrente mese di maggio verrà avviata la fase di effettiva liquidazione degli interventi.
  Per quanto attiene gli ulteriori aspetti gestionali relativi alla cassa integrazione guadagni prevista per la misura in questione, occorre riferirsi necessariamente al competente Dicastero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all'INPS incaricato dell'ammissione ai trattamenti di sostegno al reddito e della relativa erogazione nei limiti delle risorse disponibili.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-02799 Schullian: Sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Da diversi anni nel nostro Paese vengono incoraggiati sistemi di produzione agroalimentare caratterizzati da un maggior rispetto della salute umana e dell'ambiente quali la produzione biologica e la produzione integrata.
  La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell'azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull'interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l'applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione rispondente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali.
  Il sistema di produzione integrata prevede l'utilizzo di tutti i metodi e mezzi produttivi e di difesa dalle avversità delle produzioni agricole, volti a ridurre al minimo l'uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici.
  Come noto, al fine di ridurre l'uso dei prodotti fitosanitari, sia in ambito agricolo che extragricolo, la direttiva dell'Unione europea n. 128 del 21 ottobre 2009 ha istituito un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
  Gli obiettivi strategici della direttiva e del relativo decreto legislativo di recepimento, 14 agosto 2012, n. 150 dettagliatamente definiti nel Piano di azione nazionale (PAN), approvato con decreto dei Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, riguardano sostanzialmente la protezione del consumatore e degli operatori agricoli, della popolazione presente nelle aree agricole nonché la tutela dell'ambiente acquatico e degli ecosistemi.
  Tali obiettivi possono essere raggiunti mediante la formazione degli operatori del settore, la sensibilizzazione della popolazione sugli effetti derivanti dall'impiego dei prodotti fitosanitari, la corretta manipolazione, stoccaggio e smaltimento delle rimanenze dei prodotti fitosanitari, l'obbligo del controllo funzionale periodico delle macchine impiegate per la distribuzione.
  Riguardo al sistema formativo, preciso che il predetto Piano di azione, in conformità alle disposizioni della direttiva e ad integrazione di un sistema già collaudato da anni nell'ordinamento del nostro Paese, individua tre figure professionali che dovranno essere sottoposte a specifici corsi per il rilascio del pertinente certificato abilitativo (utilizzatore professionale, distributore e consulente).
  Il succitato decreto legislativo n. 150 del 2012 prevede che possano accedere alla relativa abilitazione soltanto i soggetti in possesso di diplomi o lauree in discipline agrarie e forestali.
  Tuttavia, al fine di garantire un adeguato standard professionale in materia di uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e metodi ad essi alternativi, per il rilascio dell'abilitazione all'attività di consulente è prevista la partecipazione a specifici corsi formativi con valutazione finale.
  Sempre con la finalità di ridurre e razionalizzare l'impiego dei prodotti fitosanitari, è previsto che il Ministero della Pag. 213salute individui i prodotti fitosanitari destinati agli utilizzatori professionali per i quali sarà necessario il possesso del certificato di abilitazione al relativo acquisto ed utilizzo.
  Vorrei, inoltre, evidenziare l'introduzione della difesa integrata obbligatoria, quale significativo elemento del nuovo quadro normativo, in vigore dal 1o gennaio 2014. Pertanto, tutte le aziende agricole dovranno applicare tecniche di prevenzione e di monitoraggio delle infestazioni di organismi nocivi, utilizzare mezzi di controllo biologico dei parassiti, ed utilizzare prodotti fitosanitari che presentano un minor rischio per la salute umana e per l'ambiente.
  Un'attenzione particolare è rivolta alla tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile. Infatti, il Piano in questione prevede una serie di misure da applicare in tale ambito rinviando, comunque, alle regioni la scelta delle azioni tenuto conto della specificità del territorio.
  Per quanto concerne l'impiego dei prodotti fitosanitari in ambiti extragricoli, il Piano prevede il divieto o la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari, la cui scelta dovrà essere comunque orientata verso l'impiego di prodotti a basso rischio.
  In ordine alla maggiore tutela del settore biologico è da sottolineare che l'Italia è tra i Paesi leader in Europa nel settore, con oltre un milione di ettari dedicati al biologico e con quasi 50.000 operatori certificati.
  L'Italia, infatti, secondo gli ultimi dati ufficiali si conferma il primo Paese dell'Unione europea per numero di produttori biologici (43.815) ed è seconda solo alla Spagna per le superfici bio.

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ALLEGATO 6

Risoluzione 7-00334 Taricco e 7-00351 Gallinella: Interventi in materia di pagamenti PAC 2014, con riferimento al pascolamento da parte di terzi su superfici dichiarate a pascolo magro.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    il regolamento (CE) n. 1782/03 del Consiglio stabiliva norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituiva taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori;
    con il suddetto regolamento – che introduceva la riforma cosiddetta «di medio termine» della Politica agricola comune (PAC), entrata in vigore nell'anno 2005, tramite il «disaccoppiamento» degli aiuti comunitari rispetto alle specifiche produzioni agricole – erano stati fissati titoli con valori che derivavano dall'ammontare medio degli aiuti percepiti nel triennio 2000-2002 per gli agricoltori dell'Unione, con ovvie differenze del valore dei titoli fra le aziende in ragione delle colture precedenti;
    il meccanismo del disaccoppiamento dei premi comunitari dalle produzioni effettivamente coltivate, e dei differenti valori dei titoli a fronte di analoghe produzioni, ha creato le condizioni per una frequente falsificazione del mercato degli affitti dei fondi agricoli mediante un procedimento di affitto e subaffitto in cui i terreni affittati sono dichiarati, ai fini dei premi o contributi europei, da soggetti diversi dagli effettivi utilizzatori;
    quindi, soprattutto nelle realtà di montagna, le proprietà di estese superfici a pascolo dei comuni – in molti casi si tratta di lotti di centinaia di ettari – sono diventate oggetto di attenzione da parte di imprese agricole con carico di bestiame per il quale non dispongono di una superficie sufficiente in conduzione, necessaria ad un corretto utilizzo agronomico di tali superfici; in seguito alla stipula del contratto con gli enti locali proprietari delle superfici a pascolo, si procede al subaffitto delle stesse anche se la disposizione di cui all'articolo 21 della legge n. 203 del 1982, sui contratti agrari, ne fa espresso divieto;
    il meccanismo diffusosi in questi anni del subaffitto delle superfici pubbliche a pascolo determina una totale alterazione del mercato degli affitti ed un vantaggio speculativo, ma anche un improprio utilizzo agronomico di tali superfici a detrimento dell'assetto del territorio e delle economie rurali locali;
    gli impegni relativi alla «condizionalità» che le imprese agricole devono rispettare per l'accesso agli aiuti comunitari diretti della PAC prevedono che le superfici a pascolo permanente debbano essere effettivamente pascolate;
    sulla vicenda sarebbero in corso indagini da parte della magistratura competente con il reale rischio di un interessamento da parte della Corte dei conti europea, che potrebbe contestare e richiedere a molte aziende italiane la restituzione di ingenti somme, indebitamente percepite; Pag. 215
    negli anni, anche numerose regioni hanno segnalato la questione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, chiedendo soluzioni;
    per superare la situazione in commento, l'AGEA l'11 ottobre 2013 con circolare n. ACIU.2013.979 ha dettato «Istruzioni applicative generali per la presentazione della domanda unica di pagamento ai sensi del Regolamento (CE) 1782/03 – Pascolamento da parte di terzi» stabilendo che «a partire dalla domanda unica presentata per la campagna 2014, in riferimento al cap. 7.1.1 – titoli ordinari (pagina 36) della citata circolare, ai fini dell'ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro non è possibile considerare il pascolamento da parte di terzi»;
    il Consiglio di Stato in sede di appello, con propria ordinanza del 6 marzo 2014, in accoglimento del ricorso cautelare precedentemente rigettato dal TAR Lazio, ha sospeso l'efficacia della circolare dell'AGEA in oggetto e di tutti gli atti conseguenti, comunicando quindi a tutti gli interessati che, in esecuzione di detta ordinanza, solo per la campagna 2014, era sospesa l'efficacia della circolare AGEA prot. ACIU.2013.979 dell'11 ottobre 2013;
    detta situazione rischia di ricondurre la gestione agronomica dei territori, l'equità del mercato degli affitti e la correttezza delle procedure di assegnazione dei contributi comunitari nella precaria situazione previgente;
    il regolamento (UE) n. 1307/2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune, dispone, all'articolo 9, che non sono concessi pagamenti diretti a soggetti che non svolgono sulle superfici eleggibili l'attività minima come stabilita dagli Stati membri;
    la proposta di regolamento delegato che integra il suddetto regolamento n. 1307/2013, attualmente all'esame delle preposte istituzioni comunitarie, precisa, con riferimento ad eventuali cambiamenti nella forma giuridica, che, ai fini dell'assegnazione dei diritti all'aiuto, l'agricoltore deve mantenere il controllo dell'azienda in termini di gestione, utili e rischi finanziari;
    posto che sulle superfici a pascolo magro l'attività minima che può svolgersi è unicamente il pascolamento, il combinato disposto delle precedenti disposizioni esclude la possibilità di pascolamento da parte di terzi, anche in considerazione del fatto che, in tale caso, è il pastore, e non l'azienda, a mantenere il controllo in termini di gestione ed utili;
    sarebbe tuttavia opportuno valutare la possibilità di stabilire una distanza territoriale massima tra la sede aziendale ed eventuali terreni locati, anche per evitare che aziende spinte solamente a beneficiare del premio a prescindere da qualsiasi interesse reale al pascolamento, possano, contravvenendo alle più elementari regole di corretta gestione agronomica, utilizzare le superfici ammissibili a pascolamento di numeri inadeguati di capi, pregiudicando la conservazione stessa dei pascoli,

impegna il Governo:

   ad intervenire nella situazione esposta in premessa, per quanto di competenza, al fine di ripristinare regole certe che creino le condizioni per un pieno rispetto delle normative nazionali ed europee e delle regole della condizionalità che impongono l'utilizzo agronomico delle superfici dichiarate ai fini dei premi PAC, anche prevedendo iniziative legislative o provvedimenti ministeriali;
   ad assumere, compatibilmente con la normativa europea e d'intesa con le regioni, iniziative per prevedere che l'erogazione Pag. 216di contributi PAC in caso di locazione delle superfici da destinare a pascolo magro di proprietà dei comuni sia condizionata al rispetto di una distanza territoriale congrua tra la sede dell'azienda interessata all'affitto e il territorio di appartenenza dei suddetti comuni e a valutare la possibilità di prevedere norme tali che, per la domanda unica per la campagna 2015 e seguenti sulle superfici dichiarate a pascolo magro, il valore unitario dei titoli non possa in ogni caso superare il valore unitario medio dei contributi PAC ad ettaro a livello regionale o nazionale.
(8-00056) «Taricco, Gallinella, Oliverio, Lupo, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Massimiliano Bernini, Carra, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Ferrari, Fiorio, Gagnarli, L'Abbate, Marrocu, Mongiello, Palma, Parentela, Sani, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin».

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ALLEGATO 7

Risoluzioni 7-00292 Faenzi e 7-00349 Oliverio: Iniziative a sostegno del settore del tabacco.

PROPOSTA DI RISOLUZIONE UNITARIA

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la filiera del tabacco si trova ad affrontare un insieme di criticità che potrebbero modificare le caratteristiche strutturali del settore e la geografia della produzione;
    in particolare, le nuove regolamentazioni europee relative al settore del tabacco, secondo quanto emerge dal XVI Rapporto Nomisma presentato lo scorso luglio, rischiano di penalizzare profondamente la produzione nazionale del tabacco e l'intera filiera italiana ad essa collegata, con inevitabili e negative ripercussioni sia sul piano occupazionale, per un comparto che coinvolge circa 190 mila addetti, sia sul versante delle entrate fiscali, considerato che tra IVA e accise, l'incasso dell'erario relativo all'anno 2012 è stato pari a 14,2 miliardi di euro;
    sul fronte della produzione agricola, le superfici coltivate a tabacco in Italia sono scese nel 2012 di un terzo rispetto al 2011 (fino a circa 15 mila ettari), mentre la produzione è calata del 27 per cento (a circa 51 mila tonnellate), proseguendo in un trend negativo che ha caratterizzato l'ultimo decennio 2002-2012, con una contrazione delle superfici investite e della produzione di circa il 60 per cento e del numero di produttori di oltre l'86 per cento; si caratterizza per un andamento negativo anche la complessiva produzione dell'Unione europea, che tuttavia non è in grado di soddisfare i bisogni dell'industria manifatturiera; l'Unione rappresenta anzi la più grande area di importazione a livello mondiale;
    sull'andamento della produzione ha inciso la progressiva riduzione del sostegno alla coltura impressa dalla Politica agricola comune (PAC); quello del tabacco greggio, per esempio, è stato l'unico comparto in cui il valore dei titoli per i pagamenti disaccoppiati agli agricoltori è stato tagliato, nel 2010, del 50 per cento, per un importo che supera i 150 milioni di euro;
    alla riduzione degli aiuti i Paesi membri dell'Unione hanno risposto in modo molto differenziato: con una riduzione della produzione in Italia, Bulgaria, Ungheria e Francia; con un aumento in Polonia e con una produzione stabile in Grecia e Spagna (secondo le stime di Advisory Group on Tobacco);
    il diverso andamento registrato tra paesi è legato, oltre a fattori di contesto, anche alle scelte strategiche degli Stati circa il mantenimento o la riconversione della coltura e al quadro di applicazione dell'intervento pubblico, sostanzialmente eterogeneo non solo riguardo al primo pilastro della PAC (in base alle opzioni previste dalla riforma del 2004 dell'OCM), ma anche riguardo al secondo pilastro (in merito all'attivazione di misure specifiche per il tabacco nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale delle regioni tradizionalmente vocate, dove è confluito il 50 per cento delle risorse precedentemente accoppiate al tabacco);
    oggi, la prospettiva di un ulteriore riduzione del sostegno alla coltura del tabacco nell'ambito della recente riforma della PAC, sta di fatto scoraggiando i Pag. 218tabacchicoltori italiani dall'investire su una coltivazione dagli elevati costi di produzione, legati peraltro ad un significativo utilizzo della manodopera, nonostante l'importanza strategica che il comparto riveste per il mantenimento di intere economie locali;
    il comparto è infatti l'unico escluso nella nuova PAC 2014-2020 da qualsiasi tipo di sostegno specifico, sia tra i pagamenti diretti, che nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato (OCM); si tratta di decisioni che sembrano ingiustificate e riconducibili piuttosto ad una visione denigratoria e ideologica che mette in relazione la produzione agricola con i consumi di prodotti finiti in un dato territorio;
    anche la dinamica dei prezzi, la razionalizzazione di alcune fasi della filiera per limitare quanto più possibile le intermediazioni, nonché la rivisitazione della direttiva europea di regolamentazione del tabacco proposta dalla Commissione europea a dicembre 2012 (COM(2012)788 def.) potrebbero contribuire a modificare le caratteristiche strutturali del settore e la geografia della produzione;
    in Italia, come pure in altri Paesi, è stata particolarmente utilizzata sinora la misura di cui all'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 (aiuto accoppiato a favore della qualità del tabacco), che potrà essere utilizzata anche per la campagna aggiuntiva del 2014; sebbene non rappresenti una soluzione al problema della sostenibilità della coltura, tale strumento consente al comparto di disporre quanto meno di un margine temporale maggiore per provare a riorganizzarsi;
    il decreto ministeriale 7 marzo 2014, n. 2365 – che modifica il decreto ministeriale 29 luglio 2009 – ha in particolare assicurato al settore per il periodo transitorio un maggior supporto alle produzioni che rispettano le condizioni e i requisiti qualitativi. Esso prevede un sostegno erogato sotto forma di pagamenti supplementari per la qualità, a favore dei produttori che consegnano tabacco ad un'impresa di prima trasformazione, sulla base di un contratto di coltivazione. Il quantitativo ammesso al sostegno è risultato pari a 50,4 milioni di tonnellate, il 97 per cento della produzione complessiva;
    ad oggi, inoltre, intese e accordi di programma e di fornitura hanno interessato le principali manifatture e gruppi internazionali operanti in Italia, incoraggiando una maggiore aggregazione e organizzazione tra i tabacchicoltori e una accresciuta integrazione di filiera. Tuttavia, l'esclusione del tabacco dalla lista delle colture ammissibili al sostegno accoppiato nell'ambito della futura PAC, da un lato, e il processo di convergenza interna dei titoli a più alto valore ad ettaro che i Paesi dovranno intraprendere a partire dal 2015, dall'altro lato, determineranno chiaramente la cessazione del vincolo produttivo (essendo considerata ammissibile al pagamento base qualsiasi superficie agricola dell'azienda utilizzata per un'attività agricola) e la riduzione del sostegno per il comparto. che rimarrà legato al solo valore del titolo, al più incrementato degli importi di cui all'articolo 68;
    la risoluzione approvata nel corso della scorsa legislatura dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati, in uno spirito di condivisione generale, che impegnava il Governo ad intervenire in ambito nazionale, per favorire l'incremento dei processi produttivi e tutelare i livelli occupazionali delle aziende di tabacco, e in sede comunitaria, nella definizione della nuova politica agricola comune (PAC) e in particolare delle misure per incrementare i contributi previsti per lo sviluppo rurale, ha rappresentato un segnale condivisibile, sebbene insufficiente per determinare un'inversione di tendenza radicale nei confronti della filiera italiana del tabacco;
    i ministri dell'agricoltura dei principali Paesi europei produttori, riunitisi lo scorso settembre a margine del Consiglio agricolo, hanno avviato significative iniziative Pag. 219per definire una strategia operativa per la tutela della filiera e una ricerca degli strumenti necessari per il sostegno ai produttori e ai lavoratori impiegati;
    il documento comune condiviso dai rappresentanti dei diversi Paesi, nel quale sono emerse le diverse criticità derivanti dalla discriminazione subita dal settore tabacchicolo, in occasione del compromesso sulla PAC, unitamente alla citata risoluzione parlamentare, confermano il livello di attenzione delle istituzioni sia in ambito nazionale che internazionale per il medesimo settore, considerato che l'Italia rappresenta il primo Paese produttore ed esportatore europeo di tabacco, il sesto esportatore mondiale per valore e il decimo produttore per volumi;
    la sollecitudine richiesta dagli operatori del settore, intervenuti in audizione presso la Commissione, al fine di evitare il peggioramento di una situazione divenuta particolarmente critica per l'intera filiera del tabacco, necessita un diretto e indispensabile intervento governativo volto ad interrompere un trend economicamente negativo che rischia di mettere fuori mercato il nostro Paese, in coerenza con quanto fatto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con il decreto ministeriale 7 marzo 2014, n. 2365,

impegna il Governo:

   a sostenere il settore tabacchicolo valutando la possibilità di recuperare risorse finanziarie a favore della produzione, così come già è stato fatto con il decreto ministeriale 7 marzo 2014, n. 2365, per l'anno corrente, in coerenza con quanto disposto con l'articolo 68 del regolamento (CE) n.73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, in considerazione del fatto che dal successivo anno 2015 il comparto medesimo sarà l'unico che, nonostante la posizione favorevole espressa dal Parlamento europeo, non potrà accedere agli aiuti accoppiati previsti dall'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1307/2013, del 17 dicembre 2013;
   a prevedere con estrema chiarezza l'esercizio della facoltà di trasferimento del sostegno specifico percepito per l'anno 2014, relativo al calcolo del valore unitario iniziale, come indicato dall'articolo 26, comma 6, del regolamento (UE) n. 1307/2013, dei titoli per i pagamenti di base del 2015, da considerare come elemento aggiuntivo. Detto trasferimento dovrà essere previsto solo per quelle aziende che confermano la produzione di tabacco per la durata del provvedimento o che perlomeno garantiscono lo stesso impatto occupazionale;
   ad accelerare la sottoscrizione degli accordi con le manifatture internazionali operanti in Italia, che hanno già avviato una serie di precedenti negoziati, attraverso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il coinvolgimento del Ministero dell'economia e delle finanze; con tali accordi si dovrà perseguire una sostenibilità di lungo periodo (pari alla durata della PAC), utile al completamento della ristrutturazione e all'efficientamento della filiera, per migliorarne la competitività;
   ad avviare, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i lavori del tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera, già costituito, al fine di:
    a) favorire l'individuazione di misure a sostegno del settore, in relazione alle nuove disposizioni europee sull'Organizzazione comune di mercato (OCM), nonché per il coordinamento delle iniziative con le regioni, considerato che in alcune aree la scomparsa della coltivazione di tabacco non consentirebbe più l'indispensabile presidio del territorio;
    b) promuovere iniziative orientate a rafforzare un approccio «pluriennale» che coinvolga in un progetto comune i diversi stadi della filiera del tabacco e le organizzazioni, per dare maggiore certezza ai produttori agricoli;
    c) sviluppare misure specifiche per il settore nell'ambito della futura programmazione Pag. 220dello sviluppo rurale, per consolidarne gli equilibri economici, tenuto conto delle difficoltà riscontrate in alcune regioni nell'implementazione delle misure specifiche per il tabacco previste dagli attuali programmi di sviluppo rurale;
   a prevedere, con il coinvolgimento delle organizzazioni di categoria più rappresentative, iniziative volte a tutelare i livelli occupazionali degli addetti del settore, la cui filiera tra la riforma della PAC, l'invasione del commercio illecito e la revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE), rischia di comparire fortemente ridimensionata.
«Faenzi, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Catanoso, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fabrizio Di Stefano, Ferrari, Fiorio, Riccardo Gallo, Marrocu, Mongiello, Palma, Russo, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin».

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ALLEGATO 8

Risoluzioni 7-00292 Faenzi e 7-00349 Oliverio: Iniziative a sostegno del settore del tabacco.

RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione,
   premesso che:
    la filiera del tabacco si trova ad affrontare un insieme di criticità che potrebbero modificare le caratteristiche strutturali del settore e la geografia della produzione;
    in particolare, le nuove regolamentazioni europee relative al settore del tabacco, secondo quanto emerge dal XVI Rapporto Nomisma presentato lo scorso luglio, rischiano di penalizzare profondamente la produzione nazionale del tabacco e l'intera filiera italiana ad essa collegata, con inevitabili e negative ripercussioni sia sul piano occupazionale, per un comparto che coinvolge circa 190 mila addetti, sia sul versante delle entrate fiscali, considerato che tra IVA e accise, l'incasso dell'erario relativo all'anno 2012 è stato pari a 14,2 miliardi di euro;
    sul fronte della produzione agricola, le superfici coltivate a tabacco in Italia sono scese nel 2012 di un terzo rispetto al 2011 (fino a circa 15 mila ettari), mentre la produzione è calata del 27 per cento (a circa 51 mila tonnellate), proseguendo in un trend negativo che ha caratterizzato l'ultimo decennio 2002-2012, con una contrazione delle superfici investite e della produzione di circa il 60 per cento e del numero di produttori di oltre l'86 per cento; si caratterizza per un andamento negativo anche la complessiva produzione dell'Unione europea, che tuttavia non è in grado di soddisfare i bisogni dell'industria manifatturiera; l'Unione rappresenta anzi la più grande area di importazione a livello mondiale;
    sull'andamento della produzione ha inciso la progressiva riduzione del sostegno alla coltura impressa dalla Politica agricola comune (PAC); quello del tabacco greggio, per esempio, è stato l'unico comparto in cui il valore dei titoli per i pagamenti disaccoppiati agli agricoltori è stato tagliato, nel 2010, del 50 per cento, per un importo che supera i 150 milioni di euro;
    alla riduzione degli aiuti i Paesi membri dell'Unione hanno risposto in modo molto differenziato: con una riduzione della produzione in Italia, Bulgaria, Ungheria e Francia; con un aumento in Polonia e con una produzione stabile in Grecia e Spagna (secondo le stime di Advisory Group on Tobacco);
    il diverso andamento registrato tra paesi è legato, oltre a fattori di contesto, anche alle scelte strategiche degli Stati circa il mantenimento o la riconversione della coltura e al quadro di applicazione dell'intervento pubblico, sostanzialmente eterogeneo non solo riguardo al primo pilastro della PAC (in base alle opzioni previste dalla riforma del 2004 dell'OCM), ma anche riguardo al secondo pilastro (in merito all'attivazione di misure specifiche per il tabacco nell'ambito dei programmi di sviluppo rurale delle regioni tradizionalmente vocate, dove è confluito il 50 per cento delle risorse precedentemente accoppiate al tabacco);
    oggi, la prospettiva di un ulteriore riduzione del sostegno alla coltura del tabacco nell'ambito della recente riforma della PAC, sta di fatto scoraggiando i Pag. 222tabacchicoltori italiani dall'investire su una coltivazione dagli elevati costi di produzione, legati peraltro ad un significativo utilizzo della manodopera, nonostante l'importanza strategica che il comparto riveste per il mantenimento di intere economie locali;
    il comparto è infatti l'unico escluso nella nuova PAC 2014-2020 da qualsiasi tipo di sostegno specifico, sia tra i pagamenti diretti, che nell'ambito dell'organizzazione comune di mercato (OCM); si tratta di decisioni che sembrano ingiustificate e riconducibili piuttosto ad una visione denigratoria e ideologica che mette in relazione la produzione agricola con i consumi di prodotti finiti in un dato territorio;
    anche la dinamica dei prezzi, la razionalizzazione di alcune fasi della filiera per limitare quanto più possibile le intermediazioni, nonché la rivisitazione della direttiva europea di regolamentazione del tabacco proposta dalla Commissione europea a dicembre 2012 (COM(2012)788 def.) potrebbero contribuire a modificare le caratteristiche strutturali del settore e la geografia della produzione;
    in Italia, come pure in altri Paesi, è stata particolarmente utilizzata sinora la misura di cui all'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 (aiuto accoppiato a favore della qualità del tabacco), che potrà essere utilizzata anche per la campagna aggiuntiva del 2014; sebbene non rappresenti una soluzione al problema della sostenibilità della coltura, tale strumento consente al comparto di disporre quanto meno di un margine temporale maggiore per provare a riorganizzarsi;
    il decreto ministeriale 7 marzo 2014, n. 2365 – che modifica il decreto ministeriale 29 luglio 2009 – ha in particolare assicurato al settore per il periodo transitorio un maggior supporto alle produzioni che rispettano le condizioni e i requisiti qualitativi. Esso prevede un sostegno erogato sotto forma di pagamenti supplementari per la qualità, a favore dei produttori che consegnano tabacco ad un'impresa di prima trasformazione, sulla base di un contratto di coltivazione. Il quantitativo ammesso al sostegno è risultato pari a 50,4 milioni di tonnellate, il 97 per cento della produzione complessiva;
    ad oggi, inoltre, intese e accordi di programma e di fornitura hanno interessato le principali manifatture e gruppi internazionali operanti in Italia, incoraggiando una maggiore aggregazione e organizzazione tra i tabacchicoltori e una accresciuta integrazione di filiera. Tuttavia, l'esclusione del tabacco dalla lista delle colture ammissibili al sostegno accoppiato nell'ambito della futura PAC, da un lato, e il processo di convergenza interna dei titoli a più alto valore ad ettaro che i Paesi dovranno intraprendere a partire dal 2015, dall'altro lato, determineranno chiaramente la cessazione del vincolo produttivo (essendo considerata ammissibile al pagamento base qualsiasi superficie agricola dell'azienda utilizzata per un'attività agricola) e la riduzione del sostegno per il comparto. che rimarrà legato al solo valore del titolo, al più incrementato degli importi di cui all'articolo 68;
    la risoluzione approvata nel corso della scorsa legislatura dalla Commissione agricoltura della Camera dei deputati, in uno spirito di condivisione generale, che impegnava il Governo ad intervenire in ambito nazionale, per favorire l'incremento dei processi produttivi e tutelare i livelli occupazionali delle aziende di tabacco, e in sede comunitaria, nella definizione della nuova politica agricola comune (PAC) e in particolare delle misure per incrementare i contributi previsti per lo sviluppo rurale, ha rappresentato un segnale condivisibile, sebbene insufficiente per determinare un'inversione di tendenza radicale nei confronti della filiera italiana del tabacco;
    i ministri dell'agricoltura dei principali Paesi europei produttori, riunitisi lo scorso settembre a margine del Consiglio agricolo, hanno avviato significative iniziative Pag. 223per definire una strategia operativa per la tutela della filiera e una ricerca degli strumenti necessari per il sostegno ai produttori e ai lavoratori impiegati;
    il documento comune condiviso dai rappresentanti dei diversi Paesi, nel quale sono emerse le diverse criticità derivanti dalla discriminazione subita dal settore tabacchicolo, in occasione del compromesso sulla PAC, unitamente alla citata risoluzione parlamentare, confermano il livello di attenzione delle istituzioni sia in ambito nazionale che internazionale per il medesimo settore, considerato che l'Italia rappresenta il primo Paese produttore ed esportatore europeo di tabacco, il sesto esportatore mondiale per valore e il decimo produttore per volumi;
    la sollecitudine richiesta dagli operatori del settore, intervenuti in audizione presso la Commissione, al fine di evitare il peggioramento di una situazione divenuta particolarmente critica per l'intera filiera del tabacco, necessita un diretto e indispensabile intervento governativo volto ad interrompere un trend economicamente negativo che rischia di mettere fuori mercato il nostro Paese, in coerenza con quanto fatto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con il decreto ministeriale 7 marzo 2014, n. 2365,

impegna il Governo:

   a sostenere il settore tabacchicolo valutando la possibilità di recuperare risorse finanziarie a favore della produzione, così come già è stato fatto con il decreto ministeriale 7 marzo 2014, n. 2365, per l'anno corrente, in coerenza con quanto disposto con l'articolo 68 del regolamento (CE) n.73/2009 del Consiglio del 19 gennaio 2009, in considerazione del fatto che dal successivo anno 2015 il comparto medesimo sarà l'unico che, nonostante la posizione favorevole espressa dal Parlamento europeo, non potrà accedere agli aiuti accoppiati previsti dall'articolo 52 del regolamento (UE) n. 1307/2013, del 17 dicembre 2013;
   a prevedere con estrema chiarezza l'esercizio della facoltà di trasferimento del sostegno specifico percepito per l'anno 2014, relativo al calcolo del valore unitario iniziale, come indicato dall'articolo 26, comma 6, del regolamento (UE) n. 1307/2013, dei titoli per i pagamenti di base del 2015, da considerare come elemento aggiuntivo;
   ad accelerare la sottoscrizione degli accordi con le manifatture internazionali operanti in Italia, che hanno già avviato una serie di precedenti negoziati, attraverso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il coinvolgimento del Ministero dell'economia e delle finanze; con tali accordi si dovrà perseguire una sostenibilità di lungo periodo (pari alla durata della PAC), utile al completamento della ristrutturazione e all'efficientamento della filiera, per migliorarne la competitività;
   ad avviare, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, i lavori del tavolo di confronto con tutti i soggetti della filiera, già costituito, al fine di:
    a) favorire l'individuazione di misure a sostegno del settore, in relazione alle nuove disposizioni europee sull'Organizzazione comune di mercato (OCM), nonché per il coordinamento delle iniziative con le regioni, considerato che in alcune aree la scomparsa della coltivazione di tabacco non consentirebbe più l'indispensabile presidio del territorio;
    b) promuovere iniziative orientate a rafforzare un approccio «pluriennale» che coinvolga in un progetto comune i diversi stadi della filiera del tabacco e le organizzazioni, per dare maggiore certezza ai produttori agricoli;
    c) sviluppare misure specifiche per il settore nell'ambito della futura programmazione Pag. 224dello sviluppo rurale, per consolidarne gli equilibri economici, tenuto conto delle difficoltà riscontrate in alcune regioni nell'implementazione delle misure specifiche per il tabacco previste dagli attuali programmi di sviluppo rurale;
   a prevedere, con il coinvolgimento delle organizzazioni di categoria più rappresentative, iniziative volte a tutelare i livelli occupazionali degli addetti del settore, la cui filiera tra la riforma della PAC, l'invasione del commercio illecito e la revisione della direttiva sui prodotti del tabacco (2001/37/CE), rischia di comparire fortemente ridimensionata.
(8-00057) «Faenzi, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Anzaldi, Carra, Catanoso, Cenni, Cova, Covello, Dal Moro, Fabrizio Di Stefano, Ferrari, Fiorio, Riccardo Gallo, Marrocu, Mongiello, Palma, Russo, Sani, Taricco, Tentori, Terrosi, Valiante, Venittelli, Zanin».