CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 maggio 2014
229.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02736 Paglia: Attuazione delle nuove disposizioni recate dal decreto-legge n. 69 del 2013 in materia di esecuzione forzata degli immobili ai fini della riscossione coattiva delle imposte.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il question time in esame, l'onorevole interrogante chiede chiarimenti interpretativi in merito all'applicazione delle modifiche alla disciplina della riscossione mediante ruolo, introdotte dall'articolo 52, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
  In particolare, l'onorevole evidenzia come Equitalia S.p.a ha dapprima, con la nota del 1o luglio 2013, inteso sospendere le procedure di esecuzione forzata in corso su immobili di contribuenti gravati da debiti tributari in attesa di avere chiarimenti circa il corretto ambito applicativo delle modifiche avviate dal citato decreto-legge n. 69 del 2013.
  Successivamente però, Equitalia S.p.a. ha riavviato le procedure di espropriazione degli immobili già pignorati alla data di entrata in vigore del menzionato provvedimento.
  Al riguardo, Equitalia rappresenta quanto segue.
  Come rilevato dall'onorevole interrogante, nella nota richiamata, Equitalia precisa che: «Posto quanto precede, attesa la ratio delle disposizioni sopra riportate ed in particolare lo spirito del legislatore che, in presenza di debiti nei confronti del fisco, ha inteso introdurre particolari meccanismi volti alla massima salvaguardia della proprietà immobiliare del debitore, anche in ragione del particolare contesto economico di riferimento, abbiamo ritenuto necessario acquisire dai competenti Organi istituzionali, parere circa l'applicabilità, o meno di tali disposizioni ai pignoramenti già eseguiti per i quali non sia stata ancora effettuata la vendita all'incanto. Nelle more del relativo ottenimento, ed in ogni caso della conversione in legge del decreto in esame pertanto, non dovrà essere dato ulteriore corso all'espropriazioni immobiliari pendenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, che resteranno sospese se:
   l'immobile espropriato è l'unico di proprietà del debitore, ed è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente (con esclusione delle abitazioni di lusso e del fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9);
   l'importo del credito complessivo per cui si procede non supera centoventimila euro;
   non è stata iscritta preventivamente l'ipoteca di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre n. 602/1973 o non sono decorsi almeno sei mesi dall'iscrizione della stessa senza che il debito sia stato estinto».

  L'esigenza di ottenere in merito un parere degli organi istituzionali preposti è stata, tuttavia, ritenuta, successivamente superata proprio a seguito della conversione in legge del decreto citato innanzi, che non ha disposto alcuna deroga al principio dell'irretroattività.
  Affinché vi sia irretroattività occorre invero, che si ricolleghino effetti giuridici a fattispecie concrete realizzatesi anteriormente all'entrata in vigore della nuova Pag. 164norma e che ciò avvenga, per l'appunto, in deroga alla disciplina applicabile al momento del loro verificarsi.
  L'articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale dispone, infatti, la regola dell'irretroattività della legge ed in fase di conversione non è emersa né espressa né, tantomeno, inequivoca indicazione contraria.
  Inoltre, giova osservare che il citato decreto-legge n. 69 del 2013 non ha affatto introdotto un divieto assoluto e generalizzato di promuovere l'azione esecutiva in presenza dell'unico immobile di proprietà del debitore adibito ad uso abitativo, in cui lo stesso risiede anagraficamente. Il divieto di azione è stato dettato, infatti, esclusivamente nei confronti dell'agente della riscossione, lasciando, tra l'altro, a quest'ultimo, la facoltà di intervenire sempre e, comunque, nell'azione esecutiva promossa da altro creditore.

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ALLEGATO 2

5-02737 Sottanelli: Interpretazione della disciplina in materia di rivalutazione di beni immobili delle società non operative.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il question time in esame, l'onorevole interrogante chiede chiarimenti interpretativi in merito all'applicazione delle norme attualmente vigenti in materia di rivalutazione di beni immobili appartenenti alle società non operative, e, in particolare, sull'esatta interpretazione della normativa in merito alle percentuali da applicare agli immobili rivalutati nel 2008 al fine della determinazione del reddito minimo presunto per le società di comodo.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate rappresenta quanto segue.
  L'articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, prevede ai fini della verifica del test di operatività, l'applicazione del «6 per cento al valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell'articolo 8-bis, primo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ridotta al 5 per cento; per gli immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti, la percentuale è ulteriormente ridotta al 4 per cento».
  Ai fini della determinazione del reddito minimo presunto, il successivo comma 3, del citato articolo 30, prevede l'applicazione del «4,75 per cento sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili (...); per le immobilizzazioni costituite da beni immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti la predetta percentuale è ridotta al 3 per cento; per gli immobili classificati nella categoria catastale A/10, la predetta percentuale è ulteriormente ridotta al 4 per cento (...)».
  In definitiva, l'articolo 30 in esame prevede, sia ai fini del test di operatività, che per la determinazione del reddito minimo presunto, delle specifiche percentuali, ridotte, rispettivamente pari al 4 e al 3 per cento, applicabili solo agli «immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti».
  Pertanto l'Agenzia delle entrate, come chiarito peraltro nella risoluzione n. 101/E del 20 dicembre 2013, con riferimento all'applicazione dell'aliquota del 4 per cento, riferisce che la percentuale ridotta va riferita esclusivamente agli immobili a destinazione abitativa acquisiti o rivalutati nell'esercizio e nei due precedenti.
  L'applicazione delle predette percentuali, per i contribuenti che hanno beneficiato della disciplina di rivalutazione dei beni d'impresa di cui all'articolo 15, commi da 16 a 23, del decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2008, dovrà avvenire secondo le modalità illustrate nella circolare n. 11 del 19 marzo 2009.
  In tale circolare, che ha suscitato i dubbi interpretativi dell'interrogante, in relazione alla questione delle rivalutazione degli immobili delle società non operative viene fatto riferimento agli immobili a destinazione abitativa ossia i soli immobili che in base alla norma primaria possono beneficiare delle riduzioni di percentuale.Pag. 166
  In particolare, poiché i maggiori valori fiscali conseguenti alla rivalutazione di cui al citato articolo 15 rilevano dal periodo d'imposta 2013, ai fini della verifica del test di operatività, gli immobili a destinazione abitativa dovranno essere assoggettati:
   fino al 2012, al coefficiente del 6 per cento applicato al valore non rivalutato;
   a partire dal periodo d'imposta 2013 (e per i successivi due periodi d'imposta), al coefficiente agevolato del 4 per cento applicato – per tutto il triennio preso in considerazione dal comma 2 dell'articolo 30 – al valore fiscalmente rilevante;
   a partire dal periodo d'imposta 2016, al coefficiente del 6 per cento applicato sul valore fiscalmente rilevante.

  Analoghi criteri andranno utilizzati, sempre con riferimento agli immobili a destinazione abitativa, per l'applicazione della percentuale di redditività del 3 o 4,75 per cento rilevante ai fini della determinazione del reddito minimo presunto di cui al comma 3, del citato articolo 30.
  In particolare, tali immobili dovranno essere assoggettati:
   fino al 2012, al coefficiente del 4,75 per cento applicato al valore non rivalutato;
   a partire dal periodo d'imposta 2013 (e per i successivi due periodi d'imposta), al coefficiente agevolato del 3 per cento applicato – per tutto il triennio preso in considerazione dal comma 2 dell'articolo 30 – al valore fiscalmente rilevante;
   a partire dal periodo d'imposta 2016, al coefficiente del 4,75 per cento applicato sul valore fiscalmente rilevante.

  Infine, l'Agenzia delle entrate ritiene altresì opportuno evidenziare che, come chiarito nella risoluzione n. 101/E del 2013, ai fini del calcolo delle risultanze medie degli immobili (fatti oggetto di rivalutazione ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008) nell'ambito del triennio di cui all'articolo 30 della legge n. 724 del 1994, dovranno essere presi in considerazione i valori fiscalmente rilevanti nei singoli periodi d'imposta.
  Di conseguenza, in relazione all'applicazione della disciplina sulle società non operative per il 2013, dovranno essere presi in considerazione il maggior valore divenuto rilevante a seguito della rivalutazione degli immobili per lo stesso 2013 (essendo il valore rivalutato il valore fiscalmente rilevante per quell'esercizio) e il valore non rivalutato dei medesimi immobili per il 2012 e per il 2011 (non essendo per tali periodi efficace ai fini fiscali la rivalutazione in parola).
  Analogamente, per il 2014, dovranno essere presi in considerazione il valore rivalutato degli immobili per il 2014 e per il 2013 (essendo, per quei periodi, il valore rivalutato quello rilevante ai fini fiscali), e il valore non rivalutato degli stessi immobili per il 2012, e così via.

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ALLEGATO 3

5-02738 Bargero: Eliminazione dell'obbligo del mandato esclusivo per gli agenti in attività finanziaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Bargero ed altri pongono quesiti in ordine alle modifiche apportate dal decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 al Testo Unico Bancario. In particolare, con il citato documento si esprime perplessità sull'introduzione dell'articolo 128-quater del TUB che ha previsto, tra l'altro, il principio del monomandato per gli agenti in attività finanziaria, il quale impedirebbe il libero esplicarsi della concorrenza nel settore, nonché il godimento dell'indennità prevista dall'articolo 1751 del codice civile.
  Al riguardo, la Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, sentita la Banca d'Italia, ha comunicato che la disciplina degli agenti in attività finanziaria, sotto un profilo generale, è il risultato di una riforma realizzata in base alla delega legislativa contenuta nella legge comunitaria per il 2008 (articolo 33, legge 7 luglio 2009, n. 88).
  Alla delega è stata data attuazione, innanzi tutto, con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141; successivamente, si sono resi necessari interventi correttivi e integrativi che sono stati introdotti con tre ulteriori decreti legislativi: 14 dicembre 2010, n. 218; 11 aprile 2011, n. 64; 19 settembre 2012, n. 169.
  Nel riformare la disciplina degli agenti in attività finanziaria, la normativa delegata, che ha inserito all'interno del Testo Unico Bancario il titolo VI-bis, specificamente dedicato agli agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi, ha introdotto il cosiddetto «obbligo di monomandato», sancito all'articolo 128-quater, comma 4, del TUB.
  Il principio del mandato unico è temperato dalla previsione (pure contenuta nel comma 4, articolo 128-quater, TUB) secondo la quale «Nel caso in cui l'intermediario conferisca mandato solo per specifici prodotti o servizi, è tuttavia consentito all'agente, al fine di offrire l'intera gamma di prodotti o servizi di assumere due ulteriori mandati».
  La disciplina della dismissione, da parte degli agenti, dei mandati eccedenti è contenuta al comma 4-bis dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 141 del 2010 come modificato dalla lettera h), articolo 17 del decreto legislativo 19 settembre 2012, n. 169.
  Essa prevede che «Ai fini della prima applicazione dell'articolo 128-quater, l'agente deve recedere dagli eventuali mandati ulteriori rispetto a quelli consentiti ai sensi del comma 4, del medesimo articolo. Il recesso deve avvenire nel rispetto dei termini di preavviso e non dà diritto all'indennità di cui all'articolo 1751 del codice civile, né al risarcimento degli eventuali danni, salvo diverso accordo tra le parti. Il solo recesso ai fini del rispetto del comma 4 non costituisce ipotesi di giusta causa».
  Con riferimento agli aspetti connessi alla tutela della concorrenza, il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato che le questioni connesse alle limitazioni dell'istituto del monomandato nel settore finanziario sono meritevoli di approfondimento.Pag. 168
  Tali problematiche sono state ripetutamente evidenziate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato da ultimo ribadite nella Segnalazione n. 988 del 2 ottobre 2012, trasmessa al Parlamento e al Governo, e recante «Proposte di riforma concorrenziale affini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2013».
  È necessario verificare, infatti, se ricorrano anche in tal caso i possibili effetti negativi delle limitazioni all'istituto del plurimandato nel settore assicurativo e la conseguente necessità, di promuovere ed incentivare la mobilità della clientela derivante dallo sviluppo di reti in plurimandato e, quindi, di tenere fermo il divieto delle clausole di esclusiva nella distribuzione dei prodotti assicurativi e, eventualmente, di superare le limitazioni normative poste al plurimandato nel settore finanziario.

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ALLEGATO 4

5-02739 Barbanti: Attuazione dell'obbligo di pubblicare i dati relativi agli immobili posseduti dalle pubbliche amministrazioni.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il question time in esame, l'onorevole interrogante chiede di conoscere lo stato di attuazione da parte delle Pubbliche amministrazioni dell'onere, previsto dall'articolo 30 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, circa la pubblicazione dei dati concernenti i beni immobili e la gestione del patrimonio utilizzato dalle stesse.
  Al riguardo, l'Agenzia del demanio rappresenta quanto segue.
  Ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 33 del 2013 recante il riordino della disciplina degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni recata dal decreto legislativo citato, ricade su ciascuna amministrazione l'onere di pubblicare sul proprio sito internet, «le informazioni identificative degli immobili posseduti nonché i canoni di locazione o di affitto versati o percepiti». Per quanto concerne gli immobili utilizzati dall'Agenzia del demanio, si è proceduto alla pubblicazione sul proprio sito istituzionale, nella sezione «Amministrazione trasparente», dei dati previsti dalla legge, adempiendo per quanto di competenza agli obblighi previsti dall'articolo 30 sopracitato.
  Inoltre, in riferimento all'interrogazione in oggetto, il Ministero dell'economia e delle finanze ha rappresentato di aver correttamente adempiuto all'obbligo di cui al cennato articolo 30 del decreto legislativo n. 33/2013, come si può desumere dal seguente link: http://www.mef.gov.it/operazione-trasparenza/AmministrazioneTrasparente/Immobili.html.
  Al predetto link, infatti, possono essere consultate le informazioni e i dati relativi agli immobili posseduti e ai canoni di locazione o affitto versati o percepiti.
  Infine, si ritiene opportuno precisare, altresì, che il monitoraggio della corretta attuazione della norma e degli altri obblighi previsti dal decreto legislativo n. 33/2013 viene svolto, ai sensi dell'articolo 45, dall'Autorità nazionale anticorruzione – ANAC, anche avvalendosi delle banche dati istituite presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica.