CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 aprile 2014
219.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Indagine conoscitiva sulle strategie per contrastare la dispersione scolastica.

PROGRAMMA

Introduzione

  La Commissione Cultura, scienza e istruzione intende avviare un'indagine conoscitiva sull'insieme dei processi che caratterizzano la dispersione scolastica (abbandoni, ritardi, ripetenze, evasione), e sulle strategie per contrastarla, concentrandosi in particolare sulla prevenzione del fenomeno e sugli aspetti relativi all'inclusione.
  Nel corso dei lavori della Commissione e in occasione della discussione e adozione di provvedimenti a favore del sistema dell'istruzione, è emerso chiaramente come occorra ampliare il focus dell'attenzione, prioritariamente riservato ai pur seri e contingenti problemi relativi al personale scolastico, anche agli alunni studenti e alla loro uscita precoce dal sistema formativo.
  La dispersione, infatti, rappresenta uno dei 5 obiettivi proposti dalla Commissione europea nell'ambito della strategia Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, richiede uno specifico impegno da parte del Parlamento e del Governo.
  Per quanto riguarda, in particolare, il tema dell'inclusione, è richiesto che – per il 2020 – il tasso di abbandono scolastico diminuisca a meno del 10 per cento a livello europeo e al 16 per cento a livello nazionale e che il tasso dei giovani laureati salga sopra il 40 per cento. La riduzione del tasso di abbandono scolastico sotto il 10 per cento – entro il 2020 – è stata, peraltro, oggetto di una specifica Raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 28 giugno 2011.
  Questa linea politica comune europea è stata generata da un'analisi che riconosce nel settore dell'istruzione e della formazione un asset portante per lo sviluppo di un'economia maggiormente competitiva. L'aspetto socio-economico non è tuttavia l'unico, in quanto ancora più rilevante è quello dei diritti di cittadinanza che si acquisiscono attraverso l'istruzione e che vengono negati dall'intreccio tra disagio sociale e dispersione scolastica.
  Per affrontare il fenomeno in ambito europeo si utilizza l'indicatore degli early school leavers (ESL) con cui si prende a riferimento la quota dei giovani dai 18 ai 24 anni d'età in possesso della sola licenza media e che sono fuori dal sistema nazionale di istruzione e da quello regionale di istruzione e formazione professionale. Nella fascia di età considerata, l'incidenza dei giovani in possesso della sola licenza media e non più in formazione, pur essendo in diminuzione, è ancora pari al 17,6 per cento (22,9 per cento nel 2004) contro una media dell'Unione europea del 12,8 per cento (13,5 per cento nel 2011).
  Va inoltre sottolineato che nella graduatoria dei 27 paesi componenti l'Unione europea, l'Italia occupa ancora una posizione di ritardo, collocandosi nella quart'ultima posizione, dopo il Portogallo, per l'alto tasso di early school leavers.
  Da segnalare, nello specifico, la presenza di dati ancora superiori circa l'abbandono degli studi, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno italiano, con punte che arrivano anche al 21 per cento, Pag. 157un dato che va ad aggravare una situazione già molto difficile in alcune aree del nostro Paese.
  I dati PISA segnalano, però, un quadro di miglioramento nella rilevazione 2012, con una percentuale di studenti con scarse competenze di lettura, scese al 19,5 per cento, in diminuzione rispetto al 2003, ma sempre troppo alta; ugualmente si può dire per l'apprendimento delle scienze. Preoccupa il quadro di indicatori dell'istruzione molto più bassi al sud, anche se in lieve miglioramento. Tale trend, che diminuisce il divario nord-sud, va sostenuto e accresciuto con un rafforzamento degli interventi.
  In particolar modo, si segnalano alcuni precisi momenti della vita di uno studente, caratterizzati da un cambiamento significativo: il passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella secondaria di secondo grado, ed il conseguente successivo orientamento verso la scelta universitaria o lavorativa. Sono questi due i momenti di difficoltà maggiore e rappresentano, oggi, l'età critica dell'abbandono degli studi.

Alunni di cittadinanza non italiana

  Un aspetto particolare riguarda gli alunni di cittadinanza non italiana che sono stati, nell'anno scolastico 2012/2013, 786.630 unità, ovvero 30.691 in più rispetto all'anno scolastico precedente. Si tratta di un fenomeno in continua crescita, anche se l'aumento registra – di anno in anno – una leggera contrazione: attualmente gli alunni con cittadinanza non italiana, nella scuola secondaria di primo grado, sono il 9,5 per cento ed il 6,6 per cento nella scuola secondaria di secondo grado (Fonte MIUR, ottobre 2013).
  Nell'anno scolastico 2012/2013, l'incremento complessivo della presenza degli alunni stranieri è stato del 4,1 per cento, dovuto essenzialmente agli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia, che rappresentano ben il 47,2 per cento degli alunni stranieri totali (di contro, i nuovi ingressi nel nostro Paese a partire dalla scuola primaria, si attestano al 3,7 per cento). In altre parole, mentre negli anni precedenti l'incremento della presenza degli stranieri nelle scuole italiane era dovuto principalmente all'immigrazione, più di recente, l'evoluzione del fenomeno vede un incremento degli stranieri di seconda generazione.
  Il fenomeno della dispersione scolastica – maggiore rischio e minore rendimento scolastico, a causa soprattutto del deficit linguistico – colpisce maggiormente gli alunni non italiani; infatti, nella scuola secondaria di primo grado, gli studenti stranieri a rischio di abbandono – in percentuale sugli iscritti, nel mese di settembre 2013 – sono lo 0,49 per cento, rispetto allo 0,17 per cento relativo agli alunni di cittadinanza italiana. Simile è la situazione nella scuola secondaria di secondo grado, in cui gli studenti stranieri a rischio di abbandono scolastico sono il 2,2 per cento degli iscritti, contro l'1,16 per cento degli alunni italiani. Nella scuola secondaria di primo grado, oltre l'84,5 per cento del numero complessivo di alunni stranieri a «rischio di abbandono» è rappresentato, infatti, da alunni stranieri nati all'estero; nella scuola secondaria di secondo grado tale percentuale tocca il 92 per cento (Fonte: MIUR – D.G. per gli studi, la statistica e i sistemi informativi – Servizio statistico giugno 2013).
  Si rileva, inoltre, come i figli degli immigrati siano più spesso degli altri in ritardo scolastico (il 17 per cento nel 2011-2012 nella scuola primaria, a fronte dell'1 per cento degli studenti italiani). Nella scuola secondaria di primo grado sono in ritardo il 46 per cento contro il 5 per cento e, alle scuole superiori, il dato aumenta ulteriormente: il 69 per cento contro il 25 per cento. I motivi sono legati, da un lato alle bocciature, dall'altro, anche all'inserimento in classi inferiori alla loro età. In base al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, i minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età Pag. 158anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa tenendo conto:
   dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che può determinare l'iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;
   dell'accertamento delle competenze dell'alunno;
   del corso di studi eventualmente seguito.

  A seguito di queste eccezioni, due terzi dei ragazzi arrivati in Italia, in età da scuola secondaria di primo grado (11-13 anni), non sono inseriti nella classe corrispondente alla loro età. Anche se le iscrizioni in classi precedenti sono motivate da difficoltà di inserimento degli alunni, di fatto, ciò che si produce è un ritardo istituzionalizzato degli studenti di origine immigrata.
  In tutti gli ordini di studi, il tasso di bocciatura degli studenti stranieri è superiore a quello dei compagni italiani. La differenza si riduce negli ultimi anni delle secondarie, ma a causa dell'abbandono scolastico. Anche i risultati conseguiti in termini di voto mostrano valutazioni mediamente inferiori agli studenti italiani. Quindi, i livelli di istruzione sono più bassi, con maggiore rischio di abbandono scolastico. I dati PISA del 2009 mostrano, ad esempio, livelli di competenze decisamente più bassi, in relazione soprattutto all'età di arrivo in Italia.
  Infine, i ragazzi di cittadinanza non italiana si trovano maggiormente concentrati nei percorsi più brevi e professionalizzanti. Nella scelta della scuola secondaria di secondo grado, gli alunni stranieri si orientano verso la formazione tecnica e professionale (tra il 70 per cento e l'80 per cento).
  Va operata, a questo proposito, un'importante distinzione tra bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana – nati all'estero – e coloro che, invece, sono nati e cresciuti in Italia dalla tenerissima età, le cosiddette «seconde generazioni». A causa della mancata riforma dell'acquisizione della cittadinanza, operata nella maggior parte dei Paesi occidentali, nel nostro Paese i figli di genitori immigrati possono diventare cittadini italiani, su richiesta, e a precise condizioni, solo a 18 anni. Le cosiddette seconde generazioni, quindi, si trovano ad essere stranieri in Patria, anche nel caso in cui siano nati nel Paese e la loro lingua madre sia l'italiano.
  Come è noto, a partire dal 2008, è andato progressivamente crescendo il loro numero. Nel 2011-2012 gli studenti con cittadinanza straniera – nati in Italia – erano il 73 per cento degli stranieri nella scuola dell'infanzia, il 45 per cento di quelli iscritti alla scuola primaria, il 19 per cento nella secondaria di primo grado e l'8 per cento nella scuola secondaria di secondo grado.
  Questa differenza, qualitativamente molto importante, e che andrà molto probabilmente a crescere nei prossimi anni, a causa della stabilizzazione delle famiglie straniere, incide fortemente sulle politiche di integrazione e di contrasto all'abbandono da mettere in atto. Nel caso degli alunni neo-arrivati, infatti, le politiche prevalenti sono state improntate a creare un'integrazione principalmente sul piano dell'italiano «lingua 2». Altro è il caso degli studenti nati e cresciuti in Italia, che presentano ugualmente risultati inferiori, per i quali va realizzato un piano di contrasto allo svantaggio di tipo socio-economico e di prevenzione della dispersione scolastica, ispirato all'insegnamento dell’»italiano-per-lo-studio» e a maggiori competenze di apprendimento.
  Tuttavia, la differenza nel periodo di arrivo non costituisce il solo fattore per determinare lo svantaggio. Contano anche le aree di provenienza, le barriere culturali, le aspettative delle famiglie, e, soprattutto, le caratteristiche sociali e culturali dei genitori. Le loro difficoltà di inserimento e il trascorso migratorio si ripercuotono sui figli, in modo relativo anche se nati in Italia. Tuttavia, le ricerche internazionali mostrano che lo svantaggio va riducendosi con il tempo, e che, a parità Pag. 159di origini sociali, il divario tra le seconde generazioni e i nativi va ulteriormente a ridursi.
  Le difficoltà scolastiche e i minori risultati dello svantaggio degli studenti stranieri costituiscono uno dei maggiori fattori di rischio per il sistema formativo italiano. Questo svantaggio scolastico rischia di tradursi in disuguaglianze sociali ed occupazionali. Esso si accompagna a fenomeni di segregazione sociale e alla caratterizzazione di alcune scuole, maggiormente frequentate da stranieri. Vi sono, inoltre, ancora forti differenze tra aree del Paese, province e quartieri. Il 90 per cento delle scuole del centro-nord accoglie studenti stranieri, a differenza del sud e delle isole. Nonostante l'impianto tradizionalmente universalistico ed inclusivo della scuola italiana, e allo sforzo di integrazione da essa compiuto – spesso «contro corrente» rispetto a politiche «securitarie» e di controllo segregativo dell'immigrazione – essa rischia di non poter arginare lo svantaggio dei figli degli immigrati, se non verrà supportata da decise azioni politiche e adeguate risorse economiche e professionali. Si presenta particolarmente a rischio la fascia degli adolescenti giunti in Italia da poco tempo, che vivono, spesso, una povertà relazionale e la tendenza a vivere in reti in base all'origine nazionale dei genitori.

Azioni di contrasto

  Per contrastare la dispersione, il modello adottato dalla scuola italiana ruota intorno all'obiettivo dell'inclusione, così come dichiarato nella legge n. 53 del 2003, a partire dall'innalzamento dell'obbligo di istruzione/formazione a 16 anni (legge n. 296 del 2006) e dal diritto-dovere di istruzione e formazione. Si ricorda, infatti, che nell'attuale ordinamento italiano l'obbligo di istruzione riguarda la fascia di età compresa tra i 6 ed i 16 anni e viene assolto con la frequenza del primo ciclo di istruzione e dei primi due anni di scuola secondaria di secondo grado o, in alternativa, con percorsi di formazione professionale sviluppati dalle Regioni o dagli Istituti professionali.
  Dopo i 16 anni sussiste l'obbligo formativo, come definito dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, all'articolo 1, concepito come «diritto-dovere all'istruzione e alla formazione sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età». L'obbligo formativo può essere assolto terminando la scuola superiore fino al conseguimento del diploma, frequentando, dopo il primo biennio di scuola superiore, un corso professionale per il raggiungimento della qualifica e, infine, lavorando con un contratto di apprendistato o altro tipo di contratto che preveda comunque la frequenza di attività formative esterne all'azienda, come indicato dal decreto legislativo n. 167 del 14 settembre 2011 (Testo unico dell'apprendistato).
  Il citato decreto legislativo n. 76 del 2005, in merito al diritto-dovere all'istruzione e formazione, recava – all'articolo 4 – norme «per la realizzazione di piani di intervento per l'orientamento, la prevenzione ed il recupero degli abbandoni, al fine di assicurare la piena realizzazione del diritto-dovere all'istruzione ed alla formazione, nel rispetto delle competenze attribuite alla regione e agli enti locali per tali attività e per la programmazione dei servizi scolastici e formativi».
  Per quanto riguarda l'integrazione degli immigrati, le linee di indirizzo sono contenute sia nelle «Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri» (Circolare ministeriale n. 24 del 2006) sia nel Documento del MIUR «La via italiana per la scuola interculturale e integrazione degli alunni stranieri» del 2007 in cui sono stati individuati i principi e le strategie per l'inclusione.
   Sono stati messi in atto, inoltre, interventi specifici diretti alla scolarizzazione di alunni e studenti immigrati, rom e sinti (fondi per le aree a forte processo migratorio), nonché scuole in carcere o in ospedale.
  Tuttavia, la scuola italiana investe poco e in modo residuale contro la dispersione. Il 90 per cento del bilancio è speso in Pag. 160risorse correnti (in particolare retribuzione del personale) e non in innovazione. Il problema centrale non è stato affrontato dalle azioni di contrasto, spesso episodiche e settoriali, oltre che intraprese con scarse risorse.
  I principali interventi di carattere generale – di carattere sistemico – svolti contro l'abbandono scolastico negli ultimi anni sono stati realizzati con i Piani Operativi Nazionali (PON). Dal 2002 al 2006 il PON «La scuola per lo sviluppo» ha svolto diverse Azioni contro la dispersione. Nel 2007-2013, nell'ambito dei PON – Obiettivo specifico F – Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l'inclusione sociale – sono stati investiti 270 milioni di euro (5700 progetti, 450.000 partecipazioni) per le 4 Regioni dell'Area Convergenza (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia). Nell'ambito del PAC – Piano di Azione Coesione – Priorità Istruzione dal 2012 è in svolgimento l'AZIONE 3 (circolare 11666 del 31.7.2012) recante «Realizzazione di prototipi di azione educativa in aree di grave esclusione sociale e culturale», dedicata al recupero dei soggetti in difficoltà (42,9 MEuro). La prima tranche del programma ha interessato 30 province e quasi 400 istituti di scuola secondaria di primo e secondo grado. Gli interventi sono finalizzati alla promozione di «esperienze positive di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica e formativa, che potranno essere diffusi come modello di intervento, prototipi, per tutte le istituzioni scolastiche.» Oltre al metodo per prototipi, la misura si caratterizza per l'approccio «multi-attore», cioè reti di scuole e privato sociale.
  Elemento distintivo dell'azione dei PON è la costituzione di reti, nelle quali operano, in una logica sinergica e di integrazione, «i diversi attori presenti nei singoli territori, rappresentati non solo dalle scuole, ma anche da altre agenzie educative e sociali che partecipano attivamente alla realizzazione del progetto come «comunità educante».
  È evidente come sia necessario seguire e valutare tali ingenti misure di sostegno. A questo scopo, sono stati istituiti presso il MIUR il Comitato di coordinamento e supporto delle reti scolastiche, ed è stato avviata la procedura per la valutazione indipendente delle attività realizzate.
  Una valutazione sui rendimenti dei partecipanti ai PON, svolta nel 2007 (MIUR, La ricerca continua. La dispersione scolastica nelle regioni del Mezzogiorno d'Italia: l'esperienza dei PON, 2007) ha, però, dato risultati non all'altezza delle aspettative sia per i dati sulle promozioni, che sulle votazioni e sulle assenze, dimostrando che sono necessari tempi lunghi e cambiamenti profondi per vedere effetti delle azioni intraprese, spesso estemporanee e frammentarie. Appare prioritario, quindi, acquisire una puntuale e specifica valutazione degli interventi già svolti per verificarne l'impatto, individuare le migliori pratiche e i punti di forza delle azioni messe in atto.
  Nell'ambito dell'autonomia delle scuole, inoltre, gli istituti possono organizzare, all'interno della quota «libera» del curricolo, iniziative di sostegno, recupero e orientamento, oltre che programmi e interventi da finanziare con il Fondo permanente per il Miglioramento dell'Offerta Formativa. Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, il predetto MOF e il FIS – Fondo di istituto sono diminuiti (si veda, ad esempio, il problema del pagamento degli scatti stipendiali degli insegnanti attraverso il MOF).
  Nella XVII legislatura, nell'ambito di attuazione di politiche in linea con le predette raccomandazioni europee, il Parlamento ha approvato la conversione del decreto-legge 12 settembre 2013, n.104 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128 del 2013), contenente misure di spesa per 15 milioni di euro (3,6 milioni per il 2013 e 11,4 milioni per il 2014), volte a prevenire la dispersione scolastica. L'articolo 7 del predetto decreto-legge prevede un programma di didattica integrativa che contempla, tra l'altro, ove possibile, il prolungamento dell'orario scolastico per gruppi di studenti, il rafforzamento delle competenze di base e l'individualizzazione dei percorsi. Il programma è rivolto a scuole di ogni ordine e grado, nella prospettiva Pag. 161della prevenzione degli abbandoni, concentrati soprattutto nella scuola secondaria di secondo grado.
  Il relativo decreto ministeriale attuativo prot. 87 del 7 febbraio 2014, in attuazione del citato articolo 7, recante misure in materia di apertura delle scuole e prevenzione della dispersione scolastica, ha avviato i bandi per le reti di scuole che intendono partecipare al progetto. I moduli base prevedono due modalità di intervento: azioni per piccoli gruppi di studenti cui dedicare percorsi di recupero, individuati in base a indicatori di rischio di evasione, e laboratori/attività per tutto l'istituto, di tipo artistico, culturale e ricreativo.
  Per quanto riguarda l'inclusione e l'integrazione dei figli degli immigrati, si sono messi in atto – in questi anni – numerosi interventi e soluzioni adottate per ridurre il gap linguistico e culturale. Anche di queste misure andrebbero valutati gli esiti e gli effetti, che consistono nell'utilizzo di personale specializzato nell'insegnamento della cosiddetta L2, uso di mediatori, didattiche integrative, progetti interculturali e laboratori linguistici di transizione. Occorre, però, distinguere tra interventi volti a prevenire lo svantaggio tra i minori arrivati dall'estero e quelli di seconda generazione, che non sono interamente sovrapponibili. In ogni caso, la scuola italiana necessita di misure strutturali e continue, al di là dell'emergenza e del «fai-da-te» operato dalle singole scuole.

Prospettive di intervento

  In sintesi, nonostante le numerose iniziative avviate, il problema della mancata valorizzazione di quell'immenso capitale umano, che è la formazione dei giovani, risente di una carenza di decisione e progettualità da parte delle forze politiche e dell'istituzione, oltre che una forte resistenza a mettere in questione il modello curricolare tradizionale e gli stili professionali consolidati. Si pone la necessità, quindi, di sviluppare strategie che consentano di intercettare il disagio, e che riescano a ri-orientare lo studente verso percorsi di istruzione e formazione idonei alle proprie attitudini, prevenendo, così, sia la dispersione scolastica che l'insuccesso nell'età universitaria e migliorando sensibilmente la capacità di ingresso nel mondo del lavoro.
  Gli indirizzi forniti dall'Amministrazione del MIUR per abbattere la dispersione scolastica (audizione del sottosegretario Marco Rossi Doria del 22 gennaio 2014), in diminuzione nel tempo, ma non in misura sufficiente, consistono in tre linee di azione:
   a) costanza nel tempo delle azioni e coordinamento tra i promotori delle politiche, nonché valutazione dei risultati;
   b) approccio basato sulle competenze di base e personalizzazione degli apprendimenti;
   c) alleanze tra scuola, territorio, famiglia, agenzie educative.

  L'indagine conoscitiva che si intende avviare ha lo scopo di verificare se i processi avviati dalle istituzioni e le stesse azioni previste dal citato decreto-legge n. 104 del 2013 (nonché dal decreto ministeriale n. 87 del 2014), corrispondano a tali indirizzi e indicatori di qualità, assumendo, in particolare, la prevenzione e il recupero della dispersione come obiettivo specifico; è infatti evidente il rischio che i finanziamenti per azioni mirate alla dispersione vengano, invece, utilizzati per azioni di carattere generale, di finanziamento alle attività ordinarie, nonché estemporanee.
  In questo quadro, due sono i princìpi ispiratori delle azioni di contrasto alla dispersione scolastica da considerare con attenzione. Il primo è la prevenzione precoce degli abbandoni; il secondo è un approccio integrato che considera la scuola all'interno di un insieme di reti, quali la famiglia, l'associazionismo, il mondo del lavoro.
  Per quanto riguarda il primo, occorre migliorare i dati e le informazioni utili per intervenire tempestivamente sul capitale Pag. 162umano del nostro Paese; in questo senso, un elemento importante di contrasto riguarda l'integrazione dell'anagrafe nazionale degli studenti (istituita con il decreto legislativo n. 76 del 2005) con le anagrafi regionali nel sistema nazionale delle anagrafi studentesche (già prevista dalla normativa vigente, in base alla legge n. 221 del 2012, di conversione del decreto-legge n. 179 del 2012, ma non ancora attuata) prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 104 del 2013.
  Emerge come particolarmente utile la costituzione presso gli USR (uffici scolastici regionali) di gruppi di controllo e monitoraggio del fenomeno delle assenze saltuarie. Si tratta di rendere obbligatoria la rilevazione delle assenze, con conseguente comunicazione periodica al gruppo di ricerca come strumento fondamentale per la prevenzione.
  Al fine di avere una conoscenza tempestiva della situazione sulla dispersione scolastica ed il rischio di abbandono degli studi, è necessario proseguire in tale lavoro di miglioramento del sistema Anagrafe nazionale degli studenti, che non fornisce una mera elencazione degli alunni frequentanti, ma – per ogni singola istituzione scolastica – presenta l'esatta composizione delle classi, con l'indicazione nominativa degli alunni frequentanti; indicando inoltre il tempo scuola presente e l'indirizzo di studio, con il relativo carico orario settimanale per ciascun percorso di scuola secondaria di secondo grado.
  La suddetta Anagrafe nazionale degli studenti costituisce un efficace strumento di contrasto alla dispersione scolastica fino al compimento dei 14 anni, età nella quale è possibile per lo studente iniziare un percorso formativo professionale. Si tratta di una vera e propria banca dati, che permette di intervenire tempestivamente sul fenomeno dell'abbandono degli studi, in quanto le scuole sono chiamate ad intervenire in tempo reale sull'anagrafe, segnalando la reale frequenza o l'abbandono dei ragazzi iscritti nel proprio istituto. In questo quadro assume una particolare importanza la scuola dell'infanzia, come luogo di formazione precoce che permette di acquisire le competenze di base necessarie per il successivo successo formativo. La frequenza regolare, la diffusione (e l'eventuale considerazione dell'obbligo di tale opportunità formativa) vanno inquadrati nell'ambito della prevenzione dello svantaggio scolastico.
  Va inoltre analizzato e approfondito il coordinamento tra tali tipi di misure e quelle previste dalla recente normativa sui cosiddetti BES – Bisogni educativi speciali (Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 »Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica»). Accanto ai disturbi di apprendimento specifici e alla disabilità, i BES comprendono anche «lo svantaggio sociale e culturale e le difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse». Si indica, così, una vasta area di alunni per i quali va applicato in modo particolare il principio della personalizzazione dell'insegnamento, sancito dalla legge n. 53 del 2003, e che rientrano tra gli alunni/studenti a rischio di dispersione. È evidente che i due campi di azione dovrebbero essere coordinati anziché procedere in modo parallelo.
  Un approccio integrato alla dispersione deve permettere di potenziare tutte le forme di prevenzione del disagio e di sperimentazioni di innovazioni didattiche che riavvicinino i giovani alla scuola. In questo senso sono da valorizzare i partenariati e le collaborazioni tra gli enti locali e le istituzioni scolastiche a tutti i livelli, in una cooperazione anche con il mondo del terzo settore e del volontariato, che possano rendere efficace un comune sforzo nell'aiutare le giovani generazioni a portare a termine – con successo – il loro percorso formativo.
  Le sperimentazioni più efficaci nascono dalla consapevolezza che la scuola, da sola, non basta ad affrontare il fenomeno, sia per la scarsità di risorse in continuo calo, sia per le cause esterne alla scuola stessa. Un nuovo modello di governo riguarda il livello territoriale, come avviene in varie regioni come la Lombardia, dove Pag. 163cooperano le province, i Centri di formazione professionale, i Centri per l'impiego e così via.

Temi delle audizioni

  L'attenzione al tema, da parte della Commissione, ha portato, anzitutto, ad una preliminare audizione dell'allora sottosegretario all'istruzione Marco Rossi Doria, sul fenomeno della dispersione scolastica, nella quale sono stati presentati dati e informazioni sul tema.
  A partire da tale puntuale presentazione, si ritiene che occorra approfondire la problematica –a diversi livelli – nel corso di una indagine conoscitiva, per individuare le migliori strategie ed interventi per contrastare e prevenire la dispersione scolastica, sotto i seguenti punti di vista:
   1. Livello normativo-organizzativo (PON, autonomia, sistemi di anagrafe, valutazione, utilizzo dei fondi, diffusione scuola infanzia)
   2. Livello innovazione didattica (sperimentazioni, rapporto BES, buone pratiche)
   3. Livello collaborazione scuola-territorio (Enti locali, famiglia, terzo settore, educatori)
   4. Livello inclusione di alunni di cittadinanza non italiana e rom-sinti.

  A questo scopo si ritiene che debbano essere auditi i seguenti soggetti:
   a) rappresentanti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e degli Uffici scolastici regionali;
   b) rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali
   c) esperti del settore;
   d) organizzazioni sindacali;
   e) dirigenti scolastici di istituti impegnati nei progetti contro la dispersione;
   f) fondazioni e cooperative impegnate nel campo della lotta alla dispersione scolastica; rappresentanti di educatori-pedagogisti;
   g) associazioni di volontariato, organismi per l'integrazione e l'inclusione;
   h) associazioni studentesche e degli insegnanti.

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ALLEGATO 2

Documento di economia e finanza 2014. Doc. LVII, n. 2 e Allegati.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione),
   esaminato, per le parti di propria competenza, ai fini della trasmissione del parere alla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) il Documento di economia e finanza 2014 (Doc. LVII, n. 2 e Allegati) che rappresenta il principale documento di politica economica e di bilancio con il quale il Governo, in una prospettiva di medio-lungo termine, traccia gli impegni e gli indirizzi delle politiche pubbliche di consolidamento finanziario e di spesa;
   considerato che il Documento si inquadra nel processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell'UE dettato dalle Raccomandazioni del Consiglio dell'UE, dall'Analisi annuale della crescita 2014 delineata dalla Commissione europea e dagli obiettivi della Strategia Europa 2020;
   tenuto conto che il Documento si compone di tre sezioni, oltre agli allegati, di cui la terza rappresenta lo schema del Programma nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla richiamata Strategia Europa 2020;
   tenuto conto dello schema di Accordo di partenariato in corso di approvazione in sede europea che definisce la nuova politica di programmazione dei fondi comunitari per il settennio 2014-2020;
   valutato favorevolmente, nel complesso, l'impianto strategico definito dal Governo con riferimento alle politiche per l'istruzione, la ricerca e la cultura, e, con particolare riferimento alla scuola, il piano di edilizia scolastica che indica risorse aggiuntive per 2 miliardi di euro;
   considerati inoltre gli interventi più recenti approvati per l'istruzione e la formazione, il decreto-legge n. 104 del 2013 (legge n. 128 del 2013), e per la cultura, il decreto-legge n. 91 del 2013 (legge n. 112 del 2013);
   considerato l'obiettivo nazionale della riduzione della dispersione scolastica, pari al 16 per cento dei 18-24enni che abbandonano precocemente gli studi, a fronte di un obiettivo europeo del 10 per cento entro il 2020, nonché l'attuale livello del 17 per cento indicato nel PNR su dati MIUR che risulta in miglioramento rispetto al dato 2012 pari al 17,6 per cento;
   valutati altresì i dati sulla dispersione scolastica presentati dal Governo in un'audizione presso la Commissione VII lo scorso 22 gennaio, che evidenzia, nel periodo 2004-2012 un sensibile miglioramento dal 22,9 per cento al 17,6 per cento, che tuttavia è ancora lontano dall'obiettivo europeo del 10 per cento entro il 2020 e dai quali si rileva la complessità e la multidimensionalità del fenomeno e la sua marcata differenziazione a livello territoriale, ma soprattutto il miglioramento dell'indicatore nelle regioni dove più attivamente sono attuate le politiche di contrasto degli abbandoni scolastici;
   considerati i tagli operati al fondo per il miglioramento dell'offerta formativa Pag. 165(MOF) a seguito dell'approvazione delle misure urgenti di proroga degli automatismi stipendiali del personale della scuola previste con il decreto-legge n. 3 del 2014 (legge n. 41 del 2014);
   valutata positivamente la strategia diretta a dare piena attuazione al Sistema nazionale di valutazione delle istituzioni scolastiche, che presuppone il pieno esercizio dell'autonomia scolastica con l'attribuzione di adeguate risorse finanziarie e di personale, in particolare con il ripristino del MOF e l'attivazione dell'organico funzionale;
   evidenziata la criticità dell'età media degli insegnanti in Italia, anche in base ai dati del Rapporto dell'OCSE Education at a glance 2013 – dal quale risulta che, nel 2011, il 62,5 per cento dei docenti della scuola secondaria di II grado ha superato i 50 anni, il 61 per cento nella scuola secondaria di I grado e il 47,6 per cento nella scuola elementare – e ravvisata l'opportunità, anche per tali motivi, di risolvere la discriminazione relativa ai docenti rientranti nella cosiddetta «Quota 96 Scuola»;
   valutata positivamente l'attenzione al problema delle basse competenze alfabetiche e matematiche in possesso degli adulti italiani, come dimostrato dall'indagine internazionale PIIAC;
   considerati i dati Eurostat relativi all'istruzione terziaria dai quali si evince che, nel 2013, l'Italia permane nel punto più basso della graduatoria EU28 con una quota del 22,4 per cento dei 30-34enni che hanno conseguito un titolo di istruzione terziaria e che l'obiettivo nazionale è del 26-27 per cento che rimane comunque distante da quello europeo del 40 per cento entro il 2020;
   considerati anche i dati sulla diminuzione degli studenti e laureati maturi (sopra i 30 anni) contenuti nel rapporto sullo stato del sistema universitario e della ricerca 2013 presentato recentemente dall'ANVUR;
   considerato inoltre l'allarme lanciato dal CUN, il 9 aprile scorso, circa la sensibile riduzione dei professori e dei ricercatori universitari;
   considerato l'incremento ad un livello dell'1,53 per cento del PIL entro il termine del 2020 della spesa pubblica e privata in ricerca e sviluppo, che in base agli ultimi dati disponibili del 2012 si è attestata all'1,27 per cento, a fronte di un obiettivo europeo del 3 per cento;
   valutato positivamente il fatto che si considerano i beni culturali e la cultura come risorse fondamentali per la crescita e lo sviluppo, e la conseguente necessità di potenziare gli investimenti pubblici insieme ad azioni di incentivazione e di defiscalizzazione per attrarre investimenti privati;
   considerata la necessità di un monitoraggio dell'attuazione degli interventi già approvati per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e delle risorse, anche europee, destinate a tali interventi;
   valutata favorevolmente l'attenzione della strategia nazionale per le aree interne del Paese con particolare riferimento alla promozione di progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e culturale;

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   provveda il Governo a:
    1) perseguire il miglioramento degli obiettivi nazionali di riduzione della dispersione scolastica abbassando l'obiettivo nazionale indicato al 16 per cento, a fronte dell'obiettivo della Strategia Europa 2020 fissato al 10 per cento;
    2) considerare iniziative specifiche volte a migliorare le conoscenze e le abilità in possesso degli adulti all'interno di un sistema di apprendimento lungo tutto l'arco della vita, a sostenere ulteriormente Pag. 166interventi di alternanza scuola-lavoro nella formazione tecnica e professionale, ad incentivare forme di alto apprendistato per lauree professionalizzanti ad alta occupabilità;
    3) prevedere un aumento delle risorse per il potenziamento degli interventi di orientamento, di diritto allo studio universitario, di riduzione della contribuzione studentesca e di attenzione all'immatricolazione e al conseguimento della laurea da parte di studenti maturi, a sostegno della strategia diretta ad incrementare la quota dei giovani che conseguono un titolo di istruzione terziaria, attualmente pari al 22,4 per cento, a fronte di una media europea del 36,8 per cento e di un obiettivo europeo del 40 per cento, al fine di evitare che l'Italia occupi ancora la posizione di coda negli obiettivi ufficiali del 2020;
    4) incrementare l'obiettivo nazionale dell'1,53 per cento degli investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al PIL, dato l'obiettivo europeo del 3 per cento entro il 2020, comprendendovi, in particolare, quelli necessari per sbloccare il turn-over e così poter contrastare la forte diminuzione di professori e di ricercatori nelle università e negli enti pubblici di ricerca, favorendo al contempo il ricambio generazionale;
    5) prevedere specifiche misure per potenziare gli investimenti pubblici per la cultura diretti all'incentivazione e alla defiscalizzazione degli interventi, anche dei privati, per i beni culturali non solo ai fini della loro tutela, ma anche della loro fruizione e valorizzazione;
    6) prevedere il ripristino delle risorse del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa ridotte a seguito dell'approvazione del citato decreto-legge n. 3 del 2014, al fine di consentire agli istituti un effettivo esercizio dell'autonomia scolastica;
    7) prevedere la modifica dell'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito dalla legge n. 214 del 2011, affinché i requisiti per il pensionamento previsti dalla normativa antecedente alla riforma Fornero continuino ad applicarsi ai lavoratori della scuola che abbiano maturato i requisiti medesimi, entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

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ALLEGATO 3

Documento di economia e finanza 2014. Doc. LVII, n. 2 e Allegati.

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATO DAI DEPUTATI BATTELLI; BRESCIA, DI BENEDETTO, D'UVA, LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA E SIMONE VALENTE

  La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione),
   esaminato il Documento di economia e finanza (DEF) 2014. Doc. LVII, n. 2;

  premesso che:
   in riferimento alle materie di competenza della VII Commissione, nel Documento di economia e finanza, nell'ambito del programma di riforme, le principali misure delineate per la scuola e l'università sono:
   un piano per le scuole che stanzia 2 miliardi per interventi di messa in sicurezza, efficienza energetica, adeguamento antisismico e costruzione di nuove scuole, e per rilanciare l'edilizia anche attraverso la riallocazione delle risorse non utilizzate;
   in particolare una più efficace gestione, attraverso procedure più snelle e consolidate dei fondi nazionali disponibili e dei fondi comunitari della vecchia programmazione 2007-2013 e di quelli previsti dalla programmazione 2014-2010; dei fondi INAIL per la costruzione di nuove scuole attraverso il sistema dei fondi immobiliari; dei mutui triennali con la BEI e altri soggetti autorizzati;
   nella definizione di procedure più snelle è inclusa la possibilità di concedere poteri derogatori a sindaci e presidenti di province per l'aggiudicazione e la realizzazione dei lavori. Infine si propone di dare concreta attuazione, d'intesa con le regioni ed enti locali, dell'Anagrafe per l'edilizia scolastica, che consenta di rilevare lo «stato di salute»degli edifici e il monitoraggio dei lavori;
   interventi volti a potenziare la qualità dell'offerta e delle competenze del personale della scuola e dell'università, puntando sull'attuazione di un operativo sistema di valutazione sia nell'università che nella scuola;
   con l'obiettivo di fornire le scuole di strumenti di raffronto, verifica e riconoscimento del merito e dell'efficienza, il Governo si propone di dare piena attuazione, già a partire dal prossimo anno scolastico, del Regolamento per l'applicazione del Sistema Nazionale di valutazione nelle istituzioni scolastiche; valutazione e incentivi alle università migliori (ANVUR); inoltre si propone la revisione, in un'otttica di valorizzazione del merito, del contratto degli insegnanti e del metodo di reclutamento di insegnanti e dirigenti scolastici;
   la massimizzazione del potenziale innovativo della ricerca con l'immissione di capitale umano di eccellenza nelle imprese attraverso i dottorati industriali, con i 600 milioni (in tre anni) che il governo intende varare per uno specifico credito d'imposta;
   con la finalità di fornire la risposta più efficace all'aumento dei NEET, il Governo intende offrire ai ragazzi un'opportunità di lavoro, non dopo, ma durante la formazione scolastica e universitaria, recuperando produttività per il sistema Italia attraverso formazione, innovazione e ricerca Pag. 168(ad esempio con il sostegno all'apprendistato, ai tirocini formativi presso le aziende, all'alternanza scuola-lavoro);
   si prevede, inoltre: il rafforzamento dell'istruzione tecnica e la valorizzazione delle esperienze positive come il modello ITS (Istituti Tecnici Superiori), scuole ad alta specializzazione tecnologica;
   si propone di diffondere l'insegnamento della lingua inglese dalla scuola primaria all'università attraverso il CLIL, metodologia di insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera. Inoltre si propone la messa a disposizione della connettività wi-fi all'interno degli istituti scolastici, avanzamento nell'integrazione delle tecnologie digitali, nelle metodologie, nei linguaggi e contenuti della didattica;
   con la finalità di accrescere il tasso di immatricolati nelle università, ancora basso rispetto alla media europea e in calo negli ultimi anni e favorire la diffusione di sistemi meritocratici, si propone: l'aumento dell'impatto delle misure di diritto allo studio in stretta correlazione con il merito, anche mediante il rilancio della fondazione per il merito e il rafforzamento dello strumento del prestito d'onore;
   con la finalità di accrescere il tasso di internazionalità della nostra università, ancora basso rispetto alla media europea si propone l'estensione e il potenziamento del progetto Erasmus e la sua inclusione nel curriculum degli studi. Facilitazioni nella concessione di visti per studenti e ricercatori;
   tra gli obiettivi Strategia Europa 2020 rilevano, poi, quello della riduzione entro il 2020 del tasso di abbandono scolastico ad un valore inferiore al 10 per cento e quello di aumentare la percentuale di popolazione tra i 30 e i 34 anni in possesso di diploma di istruzione universitaria;
   in riferimento alle materie di competenza della VII Commissione, nel Documento di economia e finanza, nell'ambito del programma di riforme, le principali misure delineate per i beni culturali e turismo sono:
   nell'ambito della valorizzazione dell'immenso patrimonio culturale, il Governo si propone di «fare il necessario per evitare situazioni di degrado e consolidare il vantaggio competitivo dell'Italia, nonché di contribuire allo sviluppo dell'economia e alla creazione di nuovi posti di lavoro»;
   per tali finalità il Governo ritiene necessario riformare l'intera gestione del sistema turistico nazionale, e la gestione economica dei beni artistici e culturali, assicurando forme efficienti di gestione pubblica e individuando forme di gestione mista o in affidamento a privati, anche con il coinvolgimento delle realtà territoriali (pone come esempio il progetto Pompei). Ritiene inoltre necessario ridefinire le competenze e le relative politiche pubbliche in materia di turismo;

  considerato che:
   l'unica misura immediata è quella relativa al piano scuola, riguardo alla quale però non si vedono risorse disponibili o nuove risorse, ma si parla di razionalizzazione di quelle esistenti, di fondi strutturali o mutui che già si pensa di ottenere, cosa niente affatto sicura, visto che la proposta italiana di accordo di partenariato per la ripartizione dei fondi europei è tutta da rifare, avendo ricevuto ben 351 rilievi dalla Commissione Europea;
   nel DEF, inoltre, si indica l'esigenza di «migliorare qualità e risultati della scuola, anche rafforzando lo sviluppo professionale degli insegnanti e diversificandone lo sviluppo della carriera», senza specificarne il metodo;
   per la valutazione esiste il reale rischio di un introdurre un modello aziendalistico di scuola e università, mentre il ruolo della valutazione (soprattutto nella scuola) deve avere finalità unicamente didattiche, Pag. 169non misurative del funzionamento della scuola né indicatrici nell'assegnazione dei fondi;
   non si intravede una programmazione economica per il rinnovo stipendiale del personale della pubblica amministrazione, e dunque anche per il personale della scuola; inoltre il riconoscimento del merito negli stipendi dei docenti non deve essere sostitutivo dei miseri scatti di anzianità previsti attualmente dal CCNL, ma dovrebbe essere aggiuntiva e quindi richiederebbe delle risorse aggiuntive;
   la spesa che lo Stato deve sostenere per pagare gli stipendi pubblici, nel 2013, come si legge nel documento – è ammontata a circa 164 miliardi, in calo dello 0,7 per cento circa rispetto all'anno precedente; tale contrazione si somma al –1,9 per cento del 2012 e alla diminuzione del 2,1 per cento registrata nel 2011 (»rafforzando – sottolinea testualmente il DEF – il trend decrescente che si è determinato dopo un lungo periodo di crescita tra il 1998 e il 2010»);
   se poi si calcolano gli stipendi in rapporto al PIL, si ha la conferma che il pubblico impiego (e la scuola soprattutto) hanno pagato in questi anni un prezzo particolarmente alto: nel 2013 la spesa è stata del 10,5 per cento rispetto al PIL, così come nel 2012, ed in netto calo rispetto agli anni precedenti (11,3 per cento nel 2009, 11,1 per cento nel 2010, 10,7 per cento nel 2011);
   secondo i tecnici del MEF, questa è «la conseguenza dei molteplici interventi normativi disposti nel corso degli ultimi anni che hanno comportato sia un contenimento delle retribuzioni individuali, sia una riduzione del numero dei dipendenti pubblici (-5,6 per cento circa nel periodo 2007-2012)»;
   la razionalizzazione del comparto scuola, il perdurare del blocco dei rinnovi contrattuali per il periodo 2010-2015, l'introduzione di un limite di spesa individuale rapportato alla retribuzione percepita nell'anno 2010, il riconoscimento solo ai fini giuridici delle progressioni di carriera disposte nel quadriennio 2011-2014, la decurtazione in base al numero delle unità di personale cessate dell'ammontare delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa sono tutti gli interventi che hanno portato i succitati disastrosi risultati;
   si ribadisce che, nel quadro a legislazione vigente, come si legge infatti nel DEF, la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Amministrazioni Pubbliche è stimata diminuire dello 0,7 per cento circa per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell'attribuzione dell'indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020»;
   il settore della scuola è stato particolarmente penalizzato negli ultimi anni; la spesa per i cosiddetti «consumi intermedi» (in pratica si tratta delle spese per il funzionamento ordinario di scuole, università ed enti di ricerca) è passata da 1,11 miliardi del 2011 a 0,95 del 2013, mentre nello stesso periodo la spesa complessivamente sostenuta dallo Stato è aumentata da 12,49 a 13,78 miliardi, mentre al MEF è quasi raddoppiata, da 2,62 a 4,79 miliardi e nelle Agenzie fiscali è passata da un miliardo a 1,64;
   si parla di introduzione di nuove forme di reclutamento degli insegnanti, senza accennare minimamente ai precari della scuola;
   riguardo al sistema educativo e mondo del lavoro, si continua a rincorrere l'implementazione della formazione tecnica e tecnologica, la qual cosa per essere realmente funzionale a un nuovo sviluppo per l'Italia e in considerazione della crisi del modello industriale tradizionale deve prevedere una formazione ad alto contenuto innovativo, soprattutto nei settori nei quali l'Italia vuole puntare per il futuro;
   il rischio è che di fronte alla crisi del modello industriale tradizionale, almeno in Italia, si formi manodopera che poi sarà Pag. 170costretta a emigrare all'estero per trovare occupazione, mentre occorrerebbe un piano industriale lungimirante, di medio-lungo periodo, con l'individuazione di alcuni settori strategici nei quali fare ricerca avanzata e formazione del personale occupato in quel campo e nel relativo indotto;

  considerato inoltre che:
   il Governo ha inteso prevedere che, «Con la finalità di accrescere il tasso di immatricolati nelle università, ancora basso rispetto alla media europea e in calo negli ultimi anni» e con l'obiettivo di «favorire la diffusione di sistemi meritocratici», si aumenti l'impatto delle misure di diritto allo studio in stretta correlazione con il merito»;
   tuttavia, anche grazie alle misure già assunte, l'unico aumento osservato negli ultimi anni è stata la percentuale di studenti che non riescono ad accedere ai gradi più alti degli studi universitari, data l'assoluta insufficienza di strumenti che garantiscano ai capaci e ai meritevoli tale possibilità; solo con riferimento all'ultimo anno, la percentuale di studenti iscritti nei corsi di area medica che potrà ultimare il proprio percorso formativo attraverso la specializzazione universitaria si è ridotta al 35 per cento;
   secondo il recente studio dell'Anvur, «Rapporto sullo stato dell'università e della ricerca in Italia», è possibile verificare come le immatricolazioni ai corsi universitari risultino in calo del 10 per cento nelle regioni del Nord, mentre scendono addirittura del 55 per cento nelle regioni del Sud e del Mezzogiorno. Più che una mancanza di interesse per i vari corsi universitari o di un errato raccordo tra scuola e università, la distribuzione geografica delle immatricolazioni in Italia sembra mostrare, invece come più concretamente i giovani diplomati delle regioni del meridione non considerino il conseguimento di un titolo di studio universitario quale possibilità utile al proprio futuro lavorativo e professionale;
   all'interno del DEF si prevede di aumentare la percentuale di popolazione tra i 30 e i 34 anni in possesso di diploma di istruzione universitaria, anche in relazione agli impegni che il Nostro Paese ha assunto a livello comunitario, ma poco chiare risultano essere le misure attraverso le quali ottenere l'aumento di tale quota percentuale;
   è bene ricordare, a tal proposito, che tra gli obiettivi finali da raggiungere al termine del programma europeo «Horizon 2020» vi sarà un significativo innalzamento della quota di cittadini laureati proprio nella fascia di popolazione compresa tra i 30 e i 34 anni, fino a raggiungere una percentuale complessiva del 40 per cento; l'Italia, nonostante tali riferimenti, ha invece definito, quale proprio obiettivo, il raggiungimento di una percentuale di laureati pari al 26 per cento, una quota inferiore di ben 14 punti rispetto alla media europea; il massimo sforzo del nostro Paese in un settore così cruciale per il suo sviluppo sarà la crescita di soli 4 punti percentuali rispetto alla quota raggiunta dal nostro Paese nell'anno 2012, ma anche per tale obiettivo l'Italia dimostra di essere ben lontana dalla sua concreta realizzazione. Sempre secondo il recente rapporto dell'Anvur, il quadro risulta essere assolutamente grave ed allarmante;
   tale analisi documenta, infatti, il preoccupante divario dell'Italia rispetto alla percentuale di riferimento della media europea, con una quota di laureati, nella fascia di popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni, pari al 13,8 per cento, la quale, a fronte di una media UE intorno al 25 per cento, ci costringe al terzultimo posto nella classifica dei vari Stati dell'Unione, con un ritardo ancor più grave se riferito alle medie dei principali Paesi;
   il Documento di economia e finanza per il 2014, a fronte degli obiettivi sin qui riportati, ovvero dei gravissimi ritardi accusati dal nostro Paese per una loro concreta realizzazione, prevede, aldilà dei proclami del caso, lo stanziamento di Pag. 171risorse assolutamente insufficienti, nonché la totale assenza di una programmazione chiara e univoca;
   anche per il diritto allo studio servirebbero risorse aggiuntive per eliminare la piaga dei vincitori senza borsa, e per abbassare le tasse universitarie; il ricorso al prestito d'onore invece, strumento che si sta rivelando un fallimento nei Paesi che l'hanno adottato nei decenni scorsi (come ad esempio negli USA), e che anche in Italia non ha trovato praticamente nessuno spazio, rivelerebbe la volontà del governo di stanziare sempre meno fondi per ricorrere a pratiche finanziarie a debito sulle spalle delle famiglie;
   si evidenzia l'assenza di qualsiasi concreta disposizione in favore degli enti di ricerca. Solo pochi giorni fa, la VII Commissione approvava l'erogazione della quota premiale del Fondo Ordinario Enti di Ricerca (FOE), a condizione però che il Governo si impegnasse, entro il prossimo anno, affinché la quota del 7 per cento del FOE, attualmente prevista quale quota premiale, fosse erogata con finanziamenti ulteriori e diversi, e non quale mera redistribuzione di una porzione dello stesso fondo. Tale parere veniva sottoscritto all'unanimità dei componenti della Commissione ma, data la mancanza di qualsivoglia riferimento, già si teme per la sua reale attuazione;

  rilevato che:
   il DEF pone sullo stesso piano turismo e valorizzazione dei beni culturali, mentre sarebbe auspicabile considerare gli interventi a sostegno del patrimonio culturale nel contesto di una strategia separata, sebbene collegata, rispetto a quella rivolta alla tutela dell'ambiente e del turismo, anche in considerazione della peculiarità del patrimonio culturale italiano, unico rispetto agli altri Paesi e del profondo stato di degrado in cui esso versa;
   inoltre, nell'ambito della strategia che rappresenta il turismo e la cultura come fattori di crescita, il PRN 2014 prevede tutta una serie iniziative che saranno di difficile realizzazione senza lo stanziamento di risorse adeguate e per le iniziative già attuate dai recenti provvedimenti legislativi adottati le risorse appaiono assolutamente insufficienti;

  considerato ancora che:
   nonostante l'investimento in istruzione, università e ricerca rappresentino la leva più solida di cui un governo dispone per centrare i suoi obiettivi di coesione sociale e sviluppo economico e che la spesa pubblica in questi specifici ambiti è ancora sotto la media europea, con evidenti riflessi negativi sui risultati scolastici, la mobilità e la coesione sociale, non si riscontra un'inversione di tendenza e il DEF per il 2014, a fronte degli obiettivi elencati, nella sezione del Piano nazionale di Riforma, prevede risorse del tutto insufficienti rispetto a quelle che sono le reali esigenze;
   è evidente che il governo non si dimostra disponibile ad adottare politiche che concentrino risorse aggiuntive sul settore della conoscenza, individuando fonti di finanziamento reperibili nell'immediato, anche operando una selezione delle priorità e delle urgenze di sviluppo;
   i proclami non possono bastare, mentre è indiscutibile che l'investimento nella formazione delle nuove generazioni rappresenta un parametro vitale per qualunque Paese voglia elaborare un positivo progetto di crescita per il proprio futuro;
   il documento dei 27 «Europa 2020» dà un solo imperativo agli Stati membri per promuovere nuova crescita: investire in istruzione, infatti aumentare il livello e la qualità dell'istruzione rappresenta uno dei 5 obiettivi nazionali dell'agenzia Europa 2020;
   la sconsiderata politica dei tagli degli ultimi anni ha messo in ginocchio tutti i settori della cultura, dalla scuola all'università, alla ricerca, ai beni culturali determinando un'allarmante situazione generalizzata di regresso e di forte riduzione della mobilità sociale;Pag. 172
   in particolare, si è proceduto a sottrarre sempre più risorse economiche dal nostro sistema di istruzione a partire dal taglio epocale di più di 8 miliardi di euro, effettuato in applicazione dell'articolo 64 della finanziaria estiva del 2008 (legge n. 133 del 2008) che ha inferto un colpo letale al mondo della scuola;
   la dispersione scolastica conta numeri allarmanti: il 18,8 per cento dei giovani 18-24enni abbandona gli studi senza conseguire un titolo di scuola media superiore o una qualifica professionale (la media europea è pari al 14,1 per cento);
   negli ultimi anni gli Atenei sono stati sottoposti a una sorta di «condizione emergenziale» in materia di risorse e di assunzioni, come confermato dal calo del FFO e del personale docente e ricercatore;
   l'attuale sistema di attribuzione dei punti organico, che non prevede alcun meccanismo che tenga conto delle specifiche condizioni degli Atenei, congiuntamente alla presenza di un blocco del turnover che impedisce il necessario ricambio del personale soggetto a pensionamento, ha determinato un'allarmante carenza di professori ordinari e associati, nonché di nuovi ricercatori e di personale tecnico-amministrativo che rischia di compromettere seriamente il corretto funzionamento del sistema universitario, nonché le essenziali attività di ricerca ad esso collegate;
   anche la capacità di intercettare fondi di ricerca, in particolare europei, risente del basso numero di ricercatori italiani in relazione alla popolazione, se confrontato con quello degli altri Paesi;
   gli investimenti nel diritto allo studio ci vedono agli ultimi posti in Europa, quando invece Germania e Francia investono fino a 10 volte più dell'Italia;
   la situazione è anche peggiore per quanto concerne i beni culturali, in cui il nostro paese ha investito solo una esigua percentuale del PIL, un valore tanto basso da mettere a rischio la tutela anche del patrimonio culturale più prezioso e noto come l'area archeologica di Pompei, il Colosseo, l'archivio nazionale, mentre il blocco delle assunzioni sta paurosamente depauperando la capacità dello Stato di assicurare la normale attività di tutela, affidando tale attività a interventi straordinari o al solo intervento del privato;
   nel documento non c’è un solo cenno al settore dello spettacolo, che vede il FUS (Fondo unico per lo spettacolo) continuamente decurtato, con evidente grave pregiudizio per tutti gli addetti del settore stesso e con il reale rischio di una delocalizzazione della produzione cinematografica all'estero a svantaggio di un cinema di qualità;
   in un Paese come il nostro la cultura e in particolare quella cinematografica dovrebbe essere il volano della ripresa e dello sviluppo auspicato, e deve essere sottratto ad improvvisati management privati e dirigenti statali, per riconsegnarlo al suo valore collettivo;
   le irrisorie misure introdotte nel sovrastimato decreto cd «valore cultura», in realtà non hanno prodotto gli effetti sperati, soprattutto in riferimento agli addetti del settore, molti dei quali rischiano di perdere il posto di lavoro; emblematico è il caso di quasi tutte le fondazioni lirico sinfoniche;
   la strada maestra per ridare slancio ad un'economia in crisi, ad un modello di sviluppo sostenibile, ad una società che metta al centro il benessere dei cittadini e la loro qualità di vita passa non solo attraverso un ripristino delle risorse economiche tagliate in questi anni al mondo della scuola italiana, dell'università, della ricerca e della cultura, ma anche e soprattutto attraverso una programmazione economica che preveda ingenti investimenti pluriennali e una valorizzazione complessiva del sistema;

  sarebbe invece auspicabile che:
   siano reperite le risorse necessarie per restituire peso e valore all'istruzione scolastica, per promuovere la formazione Pag. 173degli insegnanti, per valorizzare la professionalità docente e per sostenere l'innovazione didattica e organizzativa, nella consapevolezza che la scuola debba rappresentare uno dei più importanti fattori di crescita del Paese;
   si adottino iniziative concrete per modernizzare le università italiane, nella consapevolezza che l'università debba essere un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita;
   siano stanziate risorse necessarie al fine di favorire e di non penalizzare il comparto della ricerca, con l'obiettivo di creare una nuova leva di giovani ricercatori e di investire su di essi come risorsa per modernizzare tanto il funzionamento delle istituzioni di ricerca quanto l'università, rendendola un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita;
   si provveda attraverso l'assunzione di urgenti politiche alla sostanziale abolizione dell'attuale sistema dei punti organico, nonché ad un graduale ripristino del turnover fino al 100 per cento delle risorse liberate dai vari pensionamenti, garantendo così che la soglia del corpo docente e di ricerca sia tale da consentire il corretto funzionamento del sistema universitario italiano ed il suo necessario sviluppo;
   siano effettuati investimenti nell'intero settore culturale, con strategie di lungo periodo, invertendo completamente la pratica, consueta negli ultimi tempi, di considerare le risorse destinate alla cultura come spese non prioritarie stante la situazione di crisi economica e dei conti pubblici;

  considerato infine che:
   non si evidenziano contenuti volti a risolvere le reali criticità della scuola pubblica e di come si vuole operare per raggiungere gli obiettivi a medio e a lungo termine (2020) soprattutto alla luce dei pesanti tagli effettuati negli ultimi anni. L'elencazione delle iniziative, molte delle quali sono solo semplici dichiarazioni di intenti, non aggiunge elementi utili per trovare una soluzione; non ci sono poi riferimenti al finanziamento della scuola privata: si dovrebbe prevedere un graduale spostamento delle risorse alla scuola pubblica bloccando finanziamenti diretti e indiretti alle scuole private;
   si condivide pienamente la preoccupazione del Governo di raggiungere gli obiettivi di Europa 2020 aderendo alla strategia ivi delineata, cionondimeno si evidenzia come in tema di dispersione scolastica l'Italia presenti forti difficoltà a collocarsi al di sotto del 10 per cento previsto per tutti gli Stati membri, posizionandosi alla quart'ultima posizione nella ranking UE ed evidenziando una distanza del 7,6 per cento, percentuale che aumenta in maniera preoccupante nel Mezzogiorno ed in particolare nelle isole toccando il 24,8 per cento in Sicilia ed il 25,5 per cento in Sardegna;
   è necessario sottolineare la mancata trattazione del problema del precariato scolastico ed universitario, seppur fortemente sentito sia socialmente che professionalmente. Infatti, si ritiene assolutamente prioritario creare stabilità con percorsi di reclutamento chiari nel mondo dell'istruzione e della ricerca al fine di assicurare gli opportuni livelli di qualità dell'offerta formativa e raggiungere così gli standard europei;
   per perseguire efficacemente gli obiettivi Strategia Europa 2020, ovvero l'incidenza della popolazione laureata tra i 30 – 34 anni pari al 40 per cento è necessario potenziare e modificare l'impianto del Diritto allo studio, dell'orientamento e favorire l'accesso agli studi per i meno abbienti. Contemporaneamente va potenziato il sistema di accreditamento dei corsi di laurea valorizzando i corsi di laurea esistenti e scongiurando la chiusura di molti corsi di studio causati dalla mancanza di risorse e da criteri di accreditamento troppo restrittivi;
   il Fondo Integrativo per il Diritto allo studio deve essere stabilizzato rendendolo sufficiente a coprire la totalità degli aventi Pag. 174diritto alle borse di studio, pertanto è necessario prevedere (o reintrodurre) un limite alla contribuzione studentesca universitaria per favorire l'accesso all'istruzione universitaria favorendo l'iscrizione ai corsi di laurea con profilo scientifico, inoltre è cruciale integrare i fondi che favoriscano la mobilità interna per garantire il diritto allo studio anche ai meno abbienti;
   si auspica che l'effettiva operatività dell'ANVUR non porti ad una competizione tra Atenei provocando una netta disomogeneità tra di essi, ma si adottino sistemi di valutazione volti ad individuare le criticità maggiori, per programmare un piano di investimenti finalizzato al raggiungimento di standard minimi di qualità. Contemporaneamente vanno valorizzate le eccellenze sia nell'ambito della ricerca che della didattica, carpendone i modelli vincenti per «esportarli» in altre realtà universitarie nazionali;
   la cultura e il nostro patrimonio artistico-culturale è un traino per uno sviluppo sostenibile ed immateriale dell'Italia che grazie ad un'alleanza strategica con le nuove tecnologie, con la rete e con l'informatica può aprire opportunità di slancio economico mai esplorate. I consumi vanno direzionati e incentivati per una massiccia fruizione di prodotti e servizi culturali;
   è da programmare un piano d'investimenti pluriennale per i beni culturali, non limitandosi ad interventi straordinari dettati solo dall'urgenza e dalla contingenza, ma attraverso una seria programmazione con la riduzione delle aliquote IVA per il mercato della musica, agevolazioni fiscali per il mercato culturale e i suoi attori e che veda il coinvolgimento e la responsabilizzazione delle regioni; andrebbero introdotte nuove regolamentazioni sulle licenze d'autore, che diano maggiori opportunità di lavoro e maggior prodotti e servizi culturali, prendendo atto che la fruizione dei prodotti d'intrattenimento è ormai cambiata nelle abitudini dei cittadini;
   è necessario introdurre meccanismi virtuosi di reperimento e distribuzione delle risorse nel settore dello spettacolo e non si può consentire lo sperpero dell'immenso patrimonio culturale italiano attualmente in atto;
   dal DEF ci si sarebbe aspettato una più responsabile azione volta davvero a promuovere l'investimento nell'istruzione e nella formazione, così come indicato nella strategia di Lisbona, e nei beni culturali, in quanto in un'epoca di flessione economica non solo europea ma mondiale è essenziale che ci si avvalga delle potenzialità di ciascun individuo e che si continui a promuovere un investimento più importante, più efficace e mirato all'istruzione e alla formazione di qualità («Istruzione e formazione 2020»), nonché alla valorizzazione del patrimonio culturale nel nostro Paese;
   per le ragioni illustrate in premessa,

  esprime

PARERE CONTRARIO