CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 31 marzo 2014
208.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per la semplificazione
ALLEGATO

ALLEGATO

Documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione legislativa e amministrativa.

1. La Commissione parlamentare per la semplificazione.

  La Commissione parlamentare per la semplificazione, nell'attuale conformazione, è stata prevista dall'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, con specifico riferimento alla procedure denominata «taglia-leggi». Essa è anche l'erede della Commissione parlamentare prevista dall'articolo 5 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che fu chiamata a pronunciarsi su tutti gli schemi di decreti legislativi ivi previsti, volti a ridefinire, a Costituzione vigente, l'assetto territoriale delle competenze amministrative ed a verificarne lo stato di attuazione.
  La Commissione ha proceduto all'elezione dell'ufficio di presidenza il 15 ottobre 2013. Quest'ultimo, già nella prima riunione allargata ai rappresentanti dei gruppi, svoltasi il 24 ottobre, ha concordato di procedere ad un'indagine conoscitiva sui temi della semplificazione legislativa ed amministrativa. Mentre lavorava alla stesura del programma, la Commissione ha proceduto, il 31 ottobre, all'audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Gianpiero D'Alia, che ha costituito una sorta di efficace prologo.
  Il programma dell'indagine, previa acquisizione delle intese con i Presidenti della Camera e del Senato, è stato approvato dalla Commissione il 19 novembre.

2. Il programma dell'indagine conoscitiva.

  Il programma dell'indagine conoscitiva, approvato all'unanimità dalla Commissione, parte dal presupposto che la semplificazione normativa ed amministrativa costituiscono due passaggi fondamentali e obbligati per lo sviluppo del Paese. Obiettivo condiviso da tutte le forze politiche e rilanciato di volta in volta dal Governo, la semplificazione deve fare i conti con taluni fattori che ne ostacolano il perseguimento:
   1. un sistema di regole sempre più complesso e globalmente integrato, composto da un insieme di linee di indirizzo e regolazioni internazionali, europee, statali, regionali, provinciali e comunali;
   2. prassi legislative statali che privilegiano l'utilizzo della decretazione d'urgenza anche per la definizione di interventi ordinamentali, non consentendo né una progettazione legislativa a monte né una adeguata istruttoria parlamentare a valle. Anche da tali prassi discende una diffusa volatilità dei testi normativi, che diventa difficile implementare;
   3. una sempre più spiccata tendenza a trasformare gli atti legislativi in una sorta di portaerei, sulla cui pista di decollo vengono collocati numerosi aerei, che poi stentano, per il congestionamento del traffico, a prendere il volo: gli atti legislativi, cioè, sono sempre meno auto applicativi, demandando la loro attuazione ad un numero crescente di adempimenti, talora difficilmente riconducibili al sistema delle fonti;
   4. la diffusa e convinta aspirazione trasversale alla semplificazione amministrativa fatica a trovare lineare applicazione, dovendo fare i conti con politiche settoriali ove spesso prevalgono i fattori di Pag. 27complicazione, dovuti talora anche alla rivendicazione di ruolo da parte di soggetti vocati a funzioni di intermediazione;
   5. un sistema dei controlli e sanzionatorio non sempre adeguato ed efficace.

  Negli intendimenti della Commissione, l'indagine conoscitiva avrebbe dovuto consentire – e così è stato – una piena presa di coscienza dello stato dell'arte, nella fase iniziale della legislatura, permettendo di individuare le migliori pratiche da diffondere e le criticità da superare, attraverso l'interazione con tutti i soggetti interessati: OCSE, istituzioni, imprese, sindacati, liberi professionisti, cittadini.

3. Le audizioni svolte nel corso dell'indagine.

  Le audizioni sono iniziate il 4 dicembre e sono proseguite fino al 13 marzo 2014. Nel corso di poco più di tre mesi, nonostante la pausa dovuta alle festività di fine anno e gli accadimenti politico-istituzionali, che hanno portato alla formazione di un nuovo Governo, la Commissione ha effettuato 30 sedute, procedendo all'audizione di una vasta platea di soggetti:
   in ambito governativo, sono stati ascoltati i Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri Giovanni Legnini e Filippo Patroni Griffi, i Ministri per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo Dario Franceschini e per gli affari regionali Graziano Delrio, nonché il Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi ed il Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio. Non è stato possibile procedere, come era negli intendimenti della Commissione, all'audizione dei Ministri di settore e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione del nuovo Governo perché la fase conclusiva del ciclo di audizioni si è sovrapposta al cambio della compagine governativa;
   nel più vasto ambito istituzionale, sono stati coinvolti i vertici del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, le autorità amministrative indipendenti, nonché regioni, province e comuni;
   è stato audito, all'inizio dell'indagine, il Capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE, Rolf Alter;
   la Commissione ha avuto un ampio confronto con le organizzazioni rappresentative del mondo imprenditoriale, sindacale, cooperativo, delle professioni e dei consumatori e utenti;
   sono stati ascoltati esperti della materia e docenti universitari.

  La ricchezza delle audizioni svolte, cui hanno partecipato (con rare eccezioni) le personalità di vertice dei soggetti coinvolti, è testimoniata non soltanto dai resoconti stenografici delle sedute, ma anche dall'approfondito e variegato materiale documentario messo a disposizione della Commissione. I resoconti stenografici allegati al presente documento evidenziano anche la partecipazione dei componenti la Commissione a dibattiti sempre ricchi di stimoli e di riflessioni, che il presente documento cerca di riprendere e rilanciare.

4. Gli argomenti delle audizioni.

  Come già accennato, al presente documento sono allegati i resoconti stenografici delle audizioni svolte nel corso dell'indagine conoscitiva. Il presente paragrafo si limita pertanto a dar conto degli argomenti principali trattati nelle audizioni, raggruppati in base alle categorie dei soggetti auditi.

OCSE:

  Il dottor Rolf Alter, capo del Direttorato per la governance pubblica e lo sviluppo territoriale dell'OCSE, ha rimarcato l'importanza delle politiche di regolazione nell'ottica della competitività, evidenziando come la semplificazione non raggiunga risultati concreti, se questi ultimi non vengono percepiti dagli interessati (cittadini ed imprese) e non sono trasversali a tutti i livelli di governo.

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Ambito governativo:

  il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Filippo Patroni Griffi, ed il Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo Dario Franceschini, si sono soffermati sull'uso degli strumenti normativi e la relativa attuazione, sottolineando la necessità di introdurre strumenti di programmazione legislativa e di progettazione dei singoli provvedimenti che consentano di migliorarne la qualità e la tenuta nel tempo ed evidenziando le iniziative assunte dal Governo Letta in questa direzione. Il Ministro Franceschini ha anche rimarcato la necessità di riforme costituzionali e regolamentari.
  Il Ministro per gli affari regionali Graziano Delrio ha esordito con il riferimento alla semplificazione intesa non solo come riduzione di oneri burocratici, ma anche come funzionamento più semplificato del sistema istituzionale territoriale multilivello, che genera un notevole contenzioso costituzionale, che egli ha cercato – con successo – di ridurre grazie ad un'azione di mediazione preventiva con le regioni. Da ultimo, ha segnalato che la riduzione al minimo o l'eliminazione delle materie di legislazione concorrente, unitamente all'istituzione del Senato delle regioni e delle autonomie, potrebbe costituire uno degli elementi più importanti di semplificazione istituzionale.
  Il Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini ha illustrato le attività di monitoraggio effettuate dall'ufficio per l'attuazione del programma di Governo, soffermandosi sui motivi della mancata o ritardata attuazione di molti degli adempimenti previsti, con particolare riguardo alla complessità dei procedimenti attuativi e dell'acquisizione dei concerti tra Ministri (soprattutto il Ministro dell'economia e delle finanze è sovraccaricato impropriamente di numerosi concerti, cui non riesce a far fronte).
  Il Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, consigliere Carlo Deodato, ha integrato tali considerazioni con ulteriori spunti in materia di analisi e verifica di impatto della regolamentazione, rilevandone le criticità e dando conto del nuovo regolamento in materia predisposto dal Governo.
  Il Capo del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio, consigliera Diana Agosti, ha descritto le funzioni del Dipartimento rilevanti ai fini dell'indagine: la verifica della fattibilità delle iniziative legislative; l'attuazione in via amministrativa delle politiche del Governo.

Istituzioni:

Consiglio di Stato:

  il presidente Giorgio Giovannini ha trattato la semplificazione sia normativa sia amministrativa.
  Per quanto concerne la semplificazione normativa, è partito dalla riforma del Titolo V della Costituzione, per soffermarsi poi sullo stato della legislazione primaria, caratterizzato da non poche oscurità, incoerenze e lacune, che impongono di riprendere il cammino della redazione di testi unici e della codificazione.
  Per quanto riguarda la semplificazione amministrativa, ha trattato sia gli aspetti organizzativi, sia quelli procedimentali, soffermandosi sulla conferenza di servizi, sugli sportelli unici e sulla segnalazione certificata di inizio attività (segnalandone le possibili evoluzioni normative), nonché sull'utilizzo dei mezzi informatici.

Corte dei conti:

  il presidente Raffaele Squitieri, premesso che il sistema italiano risulta segnato da disfunzioni connesse anche con gli elementi di accentuato formalismo che tradizionalmente lo caratterizzano, si è soffermato su quattro questioni principali che attengono alla semplificazione normativa, alla semplificazione amministrativa, alla semplificazione fiscale e al contributo che i controlli sono in grado di offrire Pag. 29all'opera di semplificazione, evidenziando anche il ruolo giocato dalle nuove tecnologie informatiche e le relative criticità.
  Ulteriori considerazioni hanno riguardato i temi della semplificazione e della trasparenza delle procedure di bilancio e di quelle per la realizzazione degli investimenti pubblici.

Conferenza delle Regioni:

  Concettina Ciminiello, assessore della Regione Lazio, e Andrea Simi, dirigente del Segretariato generale della regione Lazio hanno sottolineato i risultati positivi conseguiti dal Tavolo istituzionale per la semplificazione istituito presso la Conferenza unificata, evidenziando la necessità che Stato, regioni e autonomie procedano di intesa tra di loro.

Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome:

  ha depositato un documento che sottolinea, anche con esemplificazioni, l'interesse delle Assemblee per la qualità della normazione e la semplificazione, evidenziando l'importanza della confluenza nel programma Normattiva anche delle leggi regionali e la necessità di intensificare il dialogo tra le Assemblee legislative statali e regionali.

Unione delle province d'Italia:

  Tiziano Lepri, assessore della provincia di Firenze e coordinatore nazionale degli assessori dell'area istituzionale, organizzazione e personale dell'Unione delle province d'Italia, ha auspicato che la riforma del Titolo V dia effettiva attuazione ai principi – in esso contenuti – di sussidiarietà ed adeguatezza, invitando ad una riflessione sul sistema delle province e le unioni di comuni ed a valutare la necessità di disboscare i circa 7.000 enti di varia natura che stanno tra i comuni e le regioni e si occupano di moltissimi ambiti.

Associazione nazionale dei comuni italiani:

ha depositato un documento che rimarca l'importanza e le criticità dei processi di informatizzazione e dematerializzazione degli atti in corso, evidenziando gli sforzi compiuti per l'attivazione degli Sportelli unici per le attività produttive. Le proposte di semplificazione devono incidere principalmente sullo svolgimento in modalità telematica della conferenza di servizi/commissione pareri. Il documento si conclude con alcune proposte emendative al disegno di legge S. 958, in materia di semplificazione.

Tavolo istituzionale per la semplificazione:

la consigliera Silvia Paparo ha dato conto delle attività svolte e dei risultati conseguiti dal Tavolo, che ha lavorato alla misurazione degli oneri amministrativi in taluni settori definendo un cronoprogramma di attività e con il coinvolgimento degli stakeholder. Coerentemente con questo metodo, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione ha lanciato la consultazione telematica sulle cento procedure più complicate da semplificare. Le imprese hanno indicato nell'ordine: fisco; edilizia; autorizzazioni d'inizio delle attività di impresa; Documento unico di regolarità contributiva; adempimenti in materia di sicurezza del lavoro; i cittadini hanno indicato: fisco; edilizia; accesso alle prestazioni sanitarie; procedure per i disabili; adempimenti in materia di lavoro e previdenza.

Autorità indipendenti:

Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico:

  il presidente Guido Pier Paolo Bortoni ha illustrato le azioni intraprese dall'Autorità, nell'ultimo triennio, in cinque ambiti: Pag. 30la valutazione dell'impatto della regolazione generale; la semplificazione della disciplina dei procedimenti individuali, la regolazione individuale o l’enforcement; la misurazione e riduzione degli oneri amministrativi e, in particolare, degli obblighi informativi a carico degli operatori dei tre settori; la facilità di accesso ai mercati di gestione dei processi in un ambiente liberalizzato come quello dell'energia; la messa a disposizione di diversi strumenti semplici a supporto delle scelte dei consumatori.

Autorità garante della concorrenza e del mercato:

  il presidente Giovanni Pitruzzella, premesso che il confronto tra autorità indipendenti e Parlamento dovrebbe essere costante anche perché esiste un’accountability delle autorità nei confronti del Parlamento, ha affrontato il tema della certezza dei tempi della decisione e quindi delle varie forme di silenzio, evidenziandone i profili problematici ed auspicando una responsabilizzazione delle amministrazioni, realizzabile anche attraverso il recupero di una cultura del risultato. Altro tema centrale concerne la certezza del diritto, cui sarebbero funzionali lo svolgimento delle analisi di impatto della regolazione e maggiore trasparenza nel processo di formazione degli atti normativi di attuazione delle leggi.

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni:

  il presidente Angelo Cardani, dopo aver sintetizzato le caratteristiche peculiari dell'Agcom nel sistema delle Autorità indipendenti, ha illustrato le attività poste in essere dall'Autorità stessa in materia di semplificazione amministrativa, accennando ad alcuni aspetti problematici registrati nel corso degli anni ed indicando possibili soluzioni per rendere più efficiente l'azione dell'Autorità a beneficio della collettività.

Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB):

  il vice direttore generale Giuseppe D'Agostino, dopo aver tracciato il quadro normativo e istituzionale di riferimento, particolarmente complesso anche a livello europeo, si è soffermato sulla semplificazione normativa e sulla strategia operativa della CONSOB, in chiave di semplificazione amministrativa, basata anche sulla digitalizzazione delle procedure.

Banca d'Italia e Istituto di vigilanza sulle assicurazioni:

  il direttore generale della Banca d'Italia Salvatore Rossi è, in ragione del suo incarico, anche presidente dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni. Non è potuto intervenire in audizione ma ha inviato una memoria che traccia un quadro delle esperienze di regolamentazione dei due istituti, segnalando l'importanza delle analisi di impatto e delle pubbliche consultazioni preventive sui nuovi progetti di regolamentazione, e dà conto delle iniziative adottate per la semplificazione normativa ed amministrativa. La parte conclusiva della memoria allarga il discorso ad una prospettiva generale, evidenziando la necessità di cambiare in profondità il modo di produrre nuove norme, verificandone in anticipo l'impatto e la pronta attuabilità.

Organizzazioni imprenditoriali:

Organizzazioni agricole:

  Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura di Roma, si è concentrato su tre questioni: il rispetto della proporzionalità (il carico della burocrazia deve essere proporzionato alla dimensione Pag. 31aziendale); la misurazione degli oneri amministrativi; il monitoraggio dell'impatto degli oneri burocratici sulle aziende agricole. Con riguardo a tali questioni, ha proposto 4 linee di azione, riguardanti i controlli amministrativi aziendali (che vanno coordinati, anche per evitare duplicazioni), i rapporti tra pubblica amministrazione e mondo delle imprese, la semplificazione atta a favorire la crescita delle aziende, le misure da adottare in materia ambientale.
  Gianfranco Calabria (Coldiretti) ha sottolineato le criticità dello Sportello unico per le imprese (SUAP), richiamando la necessità di un ruolo sussidiario di agenzie private e segnalando le 19 leggi regionali che attuano in modo organico la sussidiarietà orizzontale, investendo soggetti privati di funzioni amministrative.
  Enrico Fravili (Copagri) ha evidenziato le differenze esistenti da regione a regione, invitando a partire dalle cose più facili.

R.ETE Imprese Italia:

  Mario Bussoni, segretario generale di Confesercenti, ha evidenziato che, nel quadro della crisi recessiva in atto, portare avanti i processi di semplificazione normativa e di snellimento burocratico è un'azione necessaria per riavviare l'economia, ridisegnando una traiettoria di crescita e recuperando il forte gap concorrenziale che separa l'Italia dagli altri Paesi europei. Ha quindi formulato diverse proposte relative a possibili semplificazioni settoriali, segnalando il ruolo che potrebbe essere svolto, in funzione di sussidiarietà orizzontale, dalle Agenzie per le imprese.
  Roberto Cerminara (Confcommercio) ha propugnato il modello alternativo e in concorrenza al SUAP (del quale ha evidenziato le criticità) rappresentato dalle Agenzie per le imprese.

Confindustria:

  il presidente Giorgio Squinzi ha premesso che affrontare il tema della semplificazione significa riprogrammare le politiche pubbliche ripartendo dalla centralità dell'impresa e creando le condizioni per valorizzare le capacità di lavorare e produrre, così da rilanciare crescita e occupazione, soffermandosi sulla mancata attuazione di tante semplificazioni soltanto annunciate, tra le quali cita i SUAP, che non hanno ancora prodotto risultati percepibili. Ha tracciato quindi un quadro complessivo della situazione, auspicando talune misure, tra le quali: il rispetto del divieto di gold plating nel recepimento delle norme europee; che la regolazione sia preceduta da un'analisi di impatto e che sia scritta e diffusa in modo da garantire la certezza del diritto; la riduzione degli oneri burocratici nei settori più critici per chi fa impresa (lavoro e previdenza, salute e sicurezza sul lavoro, infrastrutture, beni culturali, ambiente, appalti, fisco); la riforma del Titolo V, in modo da evitare che l'intrecciarsi dei diversi livelli di governo duplichi o triplichi le responsabilità su una stessa materia; un rapporto migliore tra pubblica amministrazione e imprese.

Federdistribuzione:

  il presidente Giovanni Cobolli Gigli ha incentrato il proprio intervento sulle difficoltà derivanti dalla difformità normativa a livello regionale e locale e dalla burocrazia, cui la distribuzione moderna organizzata dedica l'1,15 per cento all'anno del suo fatturato, soffermandosi poi su taluni settori (fisco; lavoro; salute e sicurezza sul lavoro; concorrenza e liberalizzazioni).

Organizzazioni dell'edilizia:

  Paolo Buzzetti, presidente dell'ANCE, individuate le ragioni storiche dell'inefficienza della pubblica amministrazione e della complicazione, tra le quali include la riforma del Titolo V della Costituzione operata nel 2001, ha segnalato le direttrici da seguire, con specifico riguardo alla semplificazione normativa ed alle semplificazioni in ambito fiscale e lavoristico.Pag. 32
  Giorgio Spaziani Testa, segretario generale di Confedilizia, ha ripreso il discorso relativo alla riforma del Titolo V, estendendolo anche ai poteri regolamentari dei comuni e soffermandosi quindi sul settore fiscale, dove sarebbe necessario elevare al rango costituzionale alcuni principi fondamentali contenuti nello Statuto del contribuente, risalenti al 2000, ma quasi mai applicati, al fine di imporne il rispetto anche al legislatore.

Confetra:

  il presidente Nereo Marcucci si è soffermato su due ambiti tematici: la riforma del Titolo V per quanto attiene alla politica dei trasporti, al fine di superare la frammentazione del Paese, della quale ha citato eclatanti esempi; le cose possibili in tempi ragionevoli, con particolare riguardo ai controlli doganali, all'archivio unico nazionale dei veicoli, al pagamento delle tasse di circolazione ed alla responsabilità solidale negli appalti.

Organizzazioni della cooperazione:

  Bruno Busacca (Legacoop), ferma restando l'importanza di ammodernare le procedure, ampliare la digitalizzazione, rafforzare i collegamenti telematici tra le imprese e la pubblica amministrazione e tra le pubbliche amministrazioni, ha considerato necessaria una riflessione a più ampio raggio sul modello istituzionale, con particolare riguardo al bicameralismo perfetto ed ai rapporti Stato-regioni.
  Toni Della Vecchia (Confcooperative) ha segnalato che negli ultimi anni le politiche di semplificazione legislativa si sono concentrate su alcuni settori, dimenticandone altri fondamentali, rispetto ai quali i cittadini e le imprese chiedono una grande rivoluzione semplificatrice. Si è fatto cenno al tema dell'amministrazione della giustizia; l'altro grande tema è quello del rapporto con il fisco.

Organizzazioni sindacali:

  Susanna Camusso, segretario generale della CGIL, premesso che semplificazione non deve significare riduzione dei controlli e della cogenza di alcune norme, ha individuato alcuni orizzonti della semplificazione, che dovrebbe essere nel contempo istituzionale, legislativa, burocratica e fiscale.
  Fulvio Giacomassi, segretario generale della CISL, ha auspicato che tutti gli interventi frammentari siano riportati dentro una politica strategica nazionale, che dovrebbe interessare lo Stato e le sue articolazioni, anche per superare l'estrema varietà delle situazioni (per esempio, ogni comune ha il suo regolamento edilizio).
  Giancarlo Serafini, funzionario della UIL, premesso che secondo Confartigianato le imprese spendono quasi 31 miliardi all'anno in burocrazia, ha considerato necessario semplificare l'azione amministrativa, anche investendo in nuove tecnologie (in particolare: attivazione di una rete tra enti; velocità della connessione; unicità del PIN per accedere ai servizi on line).
  Paolo Varesi, vicesegretario generale della UGL, ha sottolineato la necessità di ripensare la Pubblica amministrazione in termini di fruibilità, segnalando che il tema centrale è la riforma del sistema fiscale.

Organizzazioni professionali:

  Claudia Alessandrelli (Confprofessioni) ha evidenziato il ruolo fondamentale del professionista come filtro fra gli interessi e le aspettative della Pubblica Amministrazione e le esigenze sia della società civile sia del mondo imprenditoriale, soffermandosi, in particolare, sui temi della semplificazione normativa (anche con riguardo all'assetto delle competenze tra Stato e regioni) e dell'attuazione degli adempimenti previsti negli atti normativi, formulando tre proposte concrete.Pag. 33
  La presidente del Coordinamento delle libere associazioni professionali Emiliana Alessandrucci ha illustrato il variegato mondo professionale che fa capo all'organizzazione da lei presieduta.
  Il presidente dell'Unione nazionale professionisti pratiche amministrative Nicola Testa ha evidenziato che la semplificazione passa dal web, sostenendo tale affermazione con esempi concreti (SUAP; firma digitale, posta certificata).

Organizzazioni dei consumatori:

  Fabio Picciolini (Adiconsum) ha evidenziato che la pletora di leggi e di regolamenti comunali si ripercuote sul cittadino in modo tale che non soltanto è tenuto a moltissimi adempimenti, ma è anche avviluppato da un'assoluta incertezza.
  Vincenzo Barrasso (Asso-Consum) ha considerato necessaria la semplificazione sia normativa (anche con riguardo al recepimento delle norme europee ed all'assetto dei rapporti tra Stato e regioni) sia amministrativa (a partire dall'accelerazione dell'Agenda digitale), indicando quindi ambiti specifici sui quali intervenire (edilizia, infrastrutture e paesaggio; lavoro e previdenza; salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; fisco).
  Pasquale Ruzza (Federconsumatori) ha sostenuto che va ridotto al minimo il processo autorizzativo delle attività economiche, prevedendo un successivo e rigoroso controllo circa il rispetto delle norme in materia di igiene, di salubrità, di antinfortunistica, di tutela dell'ambiente e del patrimonio artistico e culturale e superando così le norme autorizzative preventive, legate a concetti da vecchio pubblico impiego e a criteri obsoleti.

Esperti:

  Il consigliere Luigi Giampaolino, presidente emerito della Corte dei conti, ha organicamente collegato i problemi della semplificazione alla debolezza della pubblica amministrazione, che andrebbe affrontata in maniera strutturale, con una vera e propria rifondazione, mentre si procede con interventi di carattere procedurale.
  Il dottor Alessandro Pajno, presidente della V sezione del Consiglio di Stato, ha evidenziato le criticità dell'attuale situazione di complessità normativa ed amministrativa, frutto anche di una crisi sistemica dei meccanismi portanti del Paese, che si riflette nel progressivo aggrovigliarsi dei processi decisionali fino a punte parossistiche, nell'incapacità di definire gerarchie di finalità e di interessi, alla cui mancanza suppliscono i meccanismi procedimentali.
  Il professor Vincenzo Cerulli Irelli ha annotato come gli strumenti messi in campo per migliorare la qualità della legislazione (dall'analisi preventiva di impatto alla verifica ex post) sono quasi ignorati da una legislazione che va per conto suo.
  Per quanto riguarda la semplificazione amministrativa, si è soffermato su due questioni: la prima è quella di stabilire quali attività private necessitano di un provvedimento amministrativo a carattere abilitativo e quali attività, pur non potendo essere del tutto liberalizzate, possano essere assoggettate a un procedimento di controllo estremamente semplificato, la cosiddetta SCIA, cioè la Segnalazione certificata di inizio attività; la seconda questione attiene al fatto che l'azione amministrativa coinvolge in genere una pluralità molto ampia di interessi pubblici, che dovrebbero essere mediati per arrivare ad una conclusione in tempi certi dei procedimenti.
  Il professor Filippo Satta ha evidenziato la perdita della capacità di individuare e tutelare gli interessi attivi della popolazione per affiancarli con misure frenanti, con misure di tutela di altri interessi, che si ritiene possano essere tutelati solo attraverso misure conservative e paralizzanti. Nessuna semplificazione è, possibile se non si comincia a chiarire quali sono gli interessi frenanti e come debbano essere gestiti, partendo magari da singoli settori.Pag. 34
  La professoressa Maria Alessandra Sandulli ha compiuto una disamina di taluni strumenti (il silenzio-assenso, la denuncia di inizio di attività prima e la segnalazione semplificata di inizio di attività dopo) che, pensati in un'ottica di semplificazione, in realtà costituiscono elementi di complicazione, perché non danno ai cittadini ed alle imprese nessuna garanzia e certezza, mantenendo in capo alle amministrazioni un forte potere di autotutela. Ha proposto alcuni correttivi in grado di risolvere tali problemi.
  Il professor Nicola Lupo ha tracciato un bilancio complessivamente negativo di quanto realizzato sul piano della semplificazione legislativa negli ultimi venti anni, evidenziando che gli obiettivi perseguiti sono in larga parte falliti e che occorre abbandonare mire palingenetiche, puntando su orizzonti più raggiungibili. Ha quindi evidenziato che il tasso di complessità nei procedimenti normativi è talmente elevato che occorre trovare un bilanciamento un po’ diverso tra tecnica e politica, a vantaggio di quest'ultima. A questo scopo, occorre una programmazione legislativa, raccordata con il ciclo decisionale europeo.
  Il professor Efisio Espa ha rilevato la situazione di criticità sul piano della semplificazione amministrativa (e più direttamente dei rapporti Stato-imprese), che ormai travalica le osservazioni di natura puramente amministrativa e istituzionale, e si traduce in costi veri e propri e in una immagine, anche nel contesto globalizzato, ormai quasi imbarazzante. Ha quindi evidenziato le criticità nell'applicazione dell'analisi di impatto della regolamentazione (AIR).
  Il professor Giulio Vesperini ha posto in luce talune tendenze, tra le quali: la tendenza della normativa sulla semplificazione a soffrire della stessa ipertrofia dalla quale è affetta la produzione normativa nel suo complesso; la tendenza a complicare più di quanto si semplifica: tra il 1994 ed il 2008 sono state censite 5.868 misure di semplificazione e 6.655 di complicazione; la tendenza alla dimensione conoscitiva delle politiche di semplificazione; la tendenza alla dimensione policentrica delle misure di semplificazione, che non sono più solamente statali, ma interessano anche le regioni da un lato e l'Unione europea dall'altro.
  Gli ultimi aspetti trattati riguardano l'emergere di taluni elementi positivi e il modo in cui si conforma un'organizzazione di governo delle politiche di semplificazione.

5. Le risultanze dell'indagine.

  Dalle audizioni emerge un quadro drammatico, soprattutto in una prolungata situazione di crisi economico-sociale, che avrebbe dovuto spronare a porre in essere tutte le misure di semplificazione possibili per dare nuova energia – a costo zero, ed anzi con evidenti risparmi – ai cittadini ed alle imprese.
  La percezione, ormai unanime, è che il Paese si sia ormai auto-avviluppato in una miriade di lacci e lacciuoli, rappresentati da leggi nazionali e regionali, normative europee recepite sempre parzialmente e sempre in ritardo dal Parlamento, e provvedimenti amministrativi di varia natura, origine e portata, che hanno finito col paralizzarlo, come il Lemuel Gulliver di Jonathan Swift.
  Indubbiamente occorrerà sciogliere ad uno ad uno, e laddove possibile per gruppi – o forse sarebbe ancora più corretto parlare di grumi, sottintendendo i grumi di interessi che spesso si celano dietro la complicazione – questi nodi.
  Ma ancora più necessario probabilmente dovrebbe risultare per il Parlamento risalire alle radici dei problemi, facendo tesoro dell'esperienza degli ultimi anni, che insegna che mentre da una parte si tenta di semplificare – non sempre in modo organico, né ordinato e talvolta con effetti opposti a quelli preventivati – spesso dall'altra le forze della complicazione riescono a produrre più norme di quante se ne aboliscano.
  Il rapporto tra norme eliminate dall'ordinamento e norme che entrano in Pag. 35vigore, secondo i dati forniti dalla Corte dei Conti, è di 1,2 nuove norme per ogni norma abrogata.
  Risalire alle radici significa allora avere innanzitutto il coraggio di ridurre il numero dei soggetti dotati di potestà legislativa in determinate materie. Se i rubinetti aperti sono troppi, controllare il flusso dell'acqua in uscita è naturalmente molto complesso. Se poi ogni rubinetto può essere aperto o chiuso indipendentemente dagli altri, risulta ancora più palese l'impossibilità di avere una mappatura precisa degli eventuali sprechi, delle perdite, delle inefficienze. Ed è esattamente questa la situazione in cui si trova l'Italia nel 2014.
  Invece, questi anni sono stati sfruttati soltanto in minima parte, nonostante le nuove sensibilità affermatesi e gli sforzi compiuti a decorrere dall'inizio degli anni novanta.
  I risultati raggiunti sono complessivamente molto modesti, mentre il quadro normativo ed amministrativo è andato complicandosi anziché semplificandosi. È indubbio che una parte dell'economia poggi sulla complicazione, che ha comportato, negli ultimi decenni, anche la nascita ed il consolidamento di nuove professioni (dal consulente del lavoro al consulente per la sicurezza sui luoghi di lavoro).
  Molto incisive, in questo senso, appaiono le parole del dottor Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d'Italia e presidente dell'IVASS: «È stato fatto negli ultimi anni qualche progresso lungo la strada della semplificazione amministrativa e normativa. Cito, fra gli altri, tre esempi ben noti: la segnalazione certificata d'inizio attività (SCIA); i programmi di misurazione e riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese (MOA); gli sportelli unici. I progressi sono tuttavia insufficienti. Non si è modificata in profondità la percezione negativa che gli imprenditori italiani e stranieri hanno del funzionamento dell'apparato amministrativo. A radicarla contribuiscono la tortuosità e la lentezza dei processi di riforma: si pensi proprio al caso dello sportello unico per le attività produttive, istituito nel 1998 e non ancora pienamente efficace. Non basta la regola, prevista dal decreto «Semplifica Italia», secondo cui per ogni nuovo onere amministrativo che si ritenga di introdurre occorre eliminarne uno esistente. Bisognerebbe che le amministrazioni fossero obbligate a una drastica semplificazione degli oneri vigenti, programmata in tempi certi e trasparenti, verificata periodicamente in modi accessibili al pubblico».
  Le audizioni, come accennato, hanno consentito di acquisire un quadro esaustivo, nel quale hanno trovato posto sia le macroquestioni attinenti agli snodi istituzionali (con particolare riguardo alle complicazioni derivanti dall'assetto territoriale) ed ai rapporti tra politica e amministrazione, sia questioni di indubbio rilievo ma più settoriali.
  Lasciando sullo sfondo (per riprenderlo nella parte conclusiva) il tema dei rapporti tra politica e pubblica amministrazione, le questioni emerse con maggiore frequenza sono così sintetizzabili:

5.1. La quantità e la volatilità delle norme.

  Anche se la complicazione non è originata soltanto dal numero delle leggi, può essere comunque utile qualche dato statistico. L'ordinamento continua ad essere caratterizzato da un numero eccessivo (e tutt'oggi inconoscibile) di norme, spesso instabili e soggette a continue modifiche.
  Una quantificazione sicura delle leggi vigenti non è in alcun modo possibile, a causa, soprattutto, di una stratificazione normativa che vede l'accumulo di norme nel corso del tempo, in mancanza, spesso, dei necessari raccordi con la legislazione vigente.
  Nella XVI legislatura è stato compiuto comunque uno sforzo di semplificazione, dando attuazione alla legge n. 246/2005.
  In tutto, sono stati abrogati 67.872 atti normativi, di varia natura.
  Come però ha osservato il dottor Alessandro Pajno, presidente della V sezione del Consiglio di Stato, «La riduzione dello stock normativo, che pure era un obiettivo Pag. 36importante, ha mostrato i suoi limiti e ha assunto un valore prevalentemente spettacolare, ma non di sostanza, riducendosi, per di più con una non indifferente quantità di errori, all'eliminazione di norme che, in quanto ormai esaurite, non risultavano in concreto più applicate e, quindi, obiettivamente non erano rilevanti nei rapporti intersoggettivi».
  È stata anche effettuata una ricognizione di tutta la normativa pubblicata fino al 31 dicembre 1969 e considerata tuttora vigente, che sconta però importanti esclusioni (per es: codici e testi unici; leggi di ratifica).
  Il decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179 contiene negli allegati tutte le disposizioni legislative statali anteriori al 1o gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, che ammontano a poco meno di 3.300 (3.236 «salvate dal decreto legislativo; qualche decina salvate successivamente).
  Si tratta però di un quadro molto parziale, perché sconta, come già accennato, numerose esclusioni.
  Per la normativa pubblicata successivamente al 1o gennaio 1970, sono possibili soltanto stime di larga massima.
  La quantità delle norme è determinata anche dalla loro volatilità, cioè dalla necessità di continue messe a punto, derivanti anche da una mancata o insufficiente progettazione a monet.

5.2. Il disordine normativo.

  Sulla delega taglia-leggi contenuta nell'articolo 14 della legge n. 246/2005 si innestava una seconda fase, che avrebbe dovuto portare all'emanazione di codici settoriali e che è stata attuata soltanto in minima parte (codice dell'ordinamento militare e testo unico delle norme regolamentari in materia; codice del turismo). La delega non ha quindi posto rimedio ad un altro grave problema strutturale della legislazione italiana, dispersa in numerosissimi provvedimenti, sempre più spesso a contenuto omnibus o multisettoriale. Questa evenienza, sommata alla stratificazione normativa che si sussegue nel tempo senza gli opportuni raccordi, provoca ulteriori difficoltà a chi voglia ricostruire il quadro normativo vigente nei singoli settori. Infine, anche là dove esistono, codici e testi unici vengono affiancati da normative che ne vanificano la loro natura di testi unitari di riferimento per la disciplina di singoli settori, come denunciato con particolare forza, tra gli altri, dal Ministro Franceschini, dal presidente di Confindustria, Squinzi e dalla professoressa Sandulli.

5.3. La mancata attuazione.

  Si tratta di una questione che si può declinare almeno in due modi, con riguardo:
   a) agli adempimenti previsti e mai adottati o adottati con gravi ritardi (diversi dei quali riguardanti la semplificazione);
   b) alle norme che – nonostante l'adozione dei relativi adempimenti – trovano un'attuazione molto parziale: l'esempio ricorrente durante tutto il corso dell'indagine è stato quello dello sportello unico per le attività produttive (SUAP), ormai istituito in moltissime realtà ma realmente funzionante soltanto in un numero limitato di casi.

  Riguardo agli adempimenti previsti e mai adottati o adottati con gravi ritardi, si può annotare che alla data del 4 febbraio 2014 risultavano attuati 405 degli 883 adempimenti previsti nei provvedimenti legislativi approvati nella vigenza del Governo Monti e 57 adempimenti dei 394 previsti nella vigenza del Governo Letta (il basso numero delle attuazioni sconta in questo caso la relativa giovinezza delle Pag. 37previsioni, molte delle quali contenute nella legge di stabilità 2014).
  In proposito, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'attuazione del programma di governo, sen. Legnini, ha sottolineato con forza due questioni:
   la necessità che le norme siano sempre più auto applicative: siano cioè efficaci di per sé, senza necessità di atti ulteriori;
   il tema relativo a difficoltà e tempistica dei concerti tra Ministeri, soprattutto quando coinvolgono il Ministero dell'economia e delle finanze. La previsione dei concerti tra Ministri, spesso inevitabile dati gli intrecci tra le competenze ministeriali ed il ruolo trasversale di taluni Dicasteri (a partire da quello dell'economia e delle finanze), si rivela anche, molte volte, strumentale a rendere difficoltosa o impossibile l'adozione dell'atto, vanificando così tutte quelle norme che si limitano a rimandare ad un successivo atto la definizione di determinate misure.

  Confindustria ha consegnato agli atti della Commissione una tabella molto eloquente, relativa all'attuazione – o meglio alla generalizzata inattuazione – delle misure di semplificazione previste nell'arco di cinque anni, dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, fino al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69.
  Il presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, si è in particolare soffermato sugli Sportelli unici per le attività produttive, definendoli «una misura che avrebbe dovuto imprimere una svolta e che non ha ancora prodotto risultati percepibili. Sebbene siano stati istituiti in quasi tutti i comuni, tali sportelli non svolgono la funzione per cui erano stati pensati, cioè gestire integralmente i procedimenti di interesse delle imprese senza costringere l'imprenditore a una sorta di pellegrinaggio tra i vari uffici pubblici».
  In più, ha ricordato che «nel 2011 era stata adottata una norma che sanciva il principio dell'acquisizione d'ufficio dei documenti già in possesso delle pubbliche amministrazioni. Peccato che, salvo lodevoli eccezioni, la prassi degli uffici non si sia uniformata a questo principio».
  Le responsabilità della ritardata o mancata attuazione delle norme sono indubbiamente condivise tra Parlamento e Governo: le norme non autoapplicative, che rinviano a successivi adempimenti, possono infatti derivare o dall'incapacità di arrivare ad una sintesi politica ovvero dalla volontà di esplicitare un semplice intento (le cosiddette «norme manifesto»).
  Del resto, come è emerso ripetutamente nelle audizioni, l'attenzione, anche dei mass media, è sempre legata al dato legislativo e l'attività riformatrice viene vissuta da tutti i protagonisti come attività produttrice di leggi, senza poi prestare la dovuta attenzione all'implementazione, a quella che potrebbe definirsi la manutenzione delle riforme.

5.4. Il non funzionamento delle norme.

  In altri casi, norme pensate con la finalità di semplificare non hanno avuto gli esiti attesi: l'esempio ricorrente in questo ambito è stato quello della conferenza di servizi, pensata come momento risolutore delle controversie tra amministrazioni ma che ha dimostrato evidenti difficoltà di funzionamento, dovute, essenzialmente, a due problemi ricorrenti: le procedure complesse e la tempistica conseguentemente dilatata; l'impossibilità di conferire priorità agli interessi in gioco, con le conseguenze derivanti dal dissenso espresso anche da una sola delle amministrazioni chiamate in causa.
  Le difficoltà sono testimoniate dal fatto che la conferenza di servizi, disciplinata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 (originariamente dal solo articolo 14), è stata via via integrata (la legge 15 maggio 1997, n. 127 ha introdotto gli articoli 14-bis, 14-ter e 14-quater; la legge 11 febbraio Pag. 382005, n. 15 ha introdotto l'articolo 14-quinquies) e modificata da altri 11 provvedimenti (inclusi quelli integrativi citati).
  Sempre con riguardo alla certezza dei tempi della decisione amministrativa, un'altra complessa questione problematica attiene al funzionamento delle diverse discipline del silenzio della pubblica amministrazione come sostitutivo del provvedimento amministrativo. In particolare il professor Pitruzzella, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, e la professoressa Sandulli hanno evidenziato come sia difficile per i cittadini e per le imprese – soprattutto in presenza di investimenti cospicui – fare affidamento sul semplice silenzio della pubblica amministrazione, che non li mette comunque al riparo da successive contestazioni.
  Il problema appare anche di tipo culturale: da un lato, si dà valore al silenzio della pubblica amministrazione, che dall'altro lato mantiene la possibilità di intervenire in autotutela, anche per timore di possibili conseguenze eventualmente anche penali.

5.5. La qualità delle norme.

  Sotto il profilo qualitativo, nonostante l'attenzione posta anche a livello politico, il quadro presenta molte ombre, dovute a norme di difficile lettura, formulate con ricorso ad un dizionario per iniziati, spesso ambigue, il più delle volte comprensibili soltanto attraverso la consultazione delle disposizioni in esse richiamate, talora così astruse che anche il legislatore necessita che gli vengano spiegate. In tali condizioni invocare il principio «ignorantia legis non excusat» nei confronti del cittadino rischia di apparire perfino beffardo, tanto più che già nel lontano 1988 la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 364) si era espressa ribadendo il dovere dello Stato di rendere conoscibili le proprie norme. Ma, al contrario, la tendenza si è orientata nel corso degli anni alla costruzione di norme sempre più dettagliate e tale dettaglio, molte volte eccessivo, tende a facilitare il contenzioso, obbliga cittadini ed imprese ad affidarsi a specialisti e infine, può essere potenziale terreno di coltura della corruzione. Eppure, come ha detto il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Angelo Cardani: «La semplificazione e la qualità della regolazione rappresentano una condizione necessaria per la creazione di un contesto normativo e amministrativo atto a favorire produttività, investimenti e innovazione. È, quindi, essenziale per agevolare l'esercizio dei fondamentali diritti di cittadinanza. In quest'accezione la semplificazione assume una valenza strategica e non procrastinabile per sostenere competitività e crescita nel Paese».

5.6. Le complicazioni derivanti dall'assetto territoriale.

  Un altro dato costante, emerso in tutte le audizioni, concerne la frammentazione del quadro regolatorio innescata dalla riforma del Titolo V nel 2001. In particolare, la potestà legislativa regionale concorrente con quella dello Stato in una serie di materie strategiche per lo sviluppo competitivo del Paese, unitamente alla potestà regolamentare dei comuni hanno determinato la scomposizione dell'Italia in un mosaico le cui tessere tendono ad allontanarsi sempre di più. L'esempio più eclatante è stato fornito da Confetra: i trasporti eccezionali hanno bisogno di un permesso per ogni Regione che attraversano. Anche le considerazioni svolte dai rappresentanti del Tavolo istituzionale per la semplificazione sugli sforzi in essere per uniformare la modulistica tra gli oltre 8.000 comuni italiani sono sintomatiche di una situazione assurdamente frastagliata, che impone a cittadini ed imprenditori continui adattamenti. Come ha detto Andrea Simi, dirigente del segretariato generale Pag. 39della regione Lazio: «Una delle cose che maggiormente sono lamentate dalle imprese è la diversità delle procedure amministrative, che è attestata da una diversità oggettiva nella modulistica. Un'impresa che lavora in più realtà territoriali si trova a dover esperire dei procedimenti diversi, a dover riempire moduli diversi e a dover acquisire dati diversi, con un evidente grave dispendio, anche economico, in termini di ore-uomo». Il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, ha citato una segnalazione dell'Agcom del 2 ottobre del 2012, che faceva riferimento ad «una situazione di federalismo confuso e irresponsabile».
  Né si possono dimenticare quasi quotidiani scandali che investono le regioni italiane.
  È pienamente appurato, peraltro, che nella giungla delle leggi, delle leggine, dei regolamenti, si annidi il primo degli incentivi alla corruzione, male endemico del nostro Paese che viene ormai misurato in circa 60 miliardi di euro all'anno sottratti alla legalità e al buon funzionamento del sistema economico e dello Stato.
  L'utilizzo della complicazione normativa con finalità corruttive è oggetto di molte indagini da parte della magistratura, ad esempio, nel campo della sanità, perfino nelle regioni in cui i livelli di servizio al malato sono più elevati. La suddivisione del sistema sanitario nazionale in venti sottosistemi, uno per regione, con livelli essenziali di assistenza e costi del tutto differenti tra loro senza alcuna plausibile giustificazione, e la stessa composizione delle voci di spesa dei bilanci delle amministrazioni regionali, con un peso che arriva fino all'80% della sanità sul totale delle uscite, rendono urgente un intervento nell'ambito del processo riformatore che sembra finalmente avviato.
  Un primo tassello di tale processo sta per essere apposto con l'approvazione definitiva del disegno di legge che ridefinisce assetto e funzioni delle province, disciplinando nel contempo le aree metropolitane e le unioni di comuni. L'ulteriore passo dovrebbe consistere nella contestuale riforma del Titolo V e del Senato.
  L'auspicio è che tale processo riformatore possa condurre ad una complessiva, organica rivisitazione dell'assetto territoriale e possa fare finalmente chiarezza sul riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni. In questa prospettiva, occorre chiedersi quale sia il senso di parte delle funzioni legislative regionali, valutando l'opportunità di eliminare l'area grigia delle materie di competenza concorrente, in buona misura da attribuire allo Stato, definendo in maniera precisa le competenze residuali delle regioni. A titolo meramente esemplificativo:
   andrebbe sciolto il nodo della distinzione tra tutela dell'ambiente e dei beni culturali, di competenza esclusiva dello Stato, e la loro valorizzazione, attribuita alla competenza concorrente;
   andrebbero attribuite alla competenza esclusiva dello Stato le materie delle professioni e delle grandi reti di trasporto e di navigazione, nonché la definizione delle strategie di politica energetica e di politica industriale. Su altre materie, come il turismo, è arrivato il momento di porsi la domanda se la promozione turistica frazionata abbia, per caso, depotenziato la competitività del nostro Paese in uno dei settori a maggiore incidenza sulla nostra ricchezza;
   per quanto concerne la tutela della salute, che incide percentualmente in misura molto alta sui bilanci regionali, occorrerebbe chiedersi se la sfera regionale abbia reso in questi anni il servizio nazionale e i suoi costi omogenei su tutto il territorio ed occorrerebbe individuare ruoli distinti tra lo Stato e le regioni, attribuendo al primo la programmazione volta ad assicurare il principio di universalità, compreso l'approvvigionamento di materiali sanitari con gare nazionali condotte con il massimo di trasparenza (nuova Consip), nonché i controlli, che potrebbero essere esercitati dal Senato come risultante dalla riforma costituzionale. Pag. 40Alle regioni andrebbe riservata la gestione amministrativa, improntata all'efficienza ed all'indipendenza, legando gli emolumenti dei manager ai risultati ottenuti e verificati.

  Non si può non entrare nel merito del tema perché, dopo avere posto nell'agenda delle riforme istituzionali il superamento delle province, ben presto potrebbe diventare sempre più forte la richiesta del superamento anche delle regioni.

5.7. Le norme in materia di qualità della normazione e di semplificazione.

  Non sembrano sfuggire a tutte le problematiche appena richiamate le norme riguardanti la qualità della legislazione e la semplificazione, che costituiscono un complesso, stratificato e inattuato corpus normativo. A titolo puramente esemplificativo si segnalano:

  sulla qualità della legislazione:
   l'articolo 13-bis della legge n. 400/1988, che stabilisce alcuni principi il cui rispetto garantirebbe norme più leggibili di quanto non siano oggi, a quasi 4 anni dalla sua entrata in vigore (l'articolo 13-bis fu introdotto dalla legge 18 giugno 2009, n. 69(1);

  sulla semplificazione normativa:
   l'articolo 17-bis della legge n. 400/1988 (anch'esso introdotto dalla legge n. 69/2009) prevede la possibilità per il Governo, senza necessità di alcuna delega specifica, di organizzare le normative settoriali in testi unici compilativi, la cui elaborazione può anche demandare al Consiglio di Stato; analogamente, l'articolo 17, comma 4-ter della stessa legge autorizza permanentemente il Governo «al periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita e all'espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete». Si tratta di norme rimaste al momento inattuate, con la sola lodevole eccezione del decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 2010, n. 248, recante abrogazione espressa delle norme regolamentari vigenti che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete, a norma dell'articolo 17, comma 4-ter, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

  sulla semplificazione amministrativa:
   gli articoli 7 e 8 della legge 11 novembre 2011, n. 180, riguardanti, rispettivamente, la riduzione e trasparenza

(1) «Art. 13-bis. Chiarezza dei testi normativi.

  1. Il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, provvede a che:
   a) ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate;
   b) ogni rinvio ad altre norme contenuto in disposizioni legislative, nonché in regolamenti, decreti o circolari emanati dalla pubblica amministrazione, contestualmente indichi, in forma integrale o in forma sintetica e di chiara comprensione, il testo ovvero la materia alla quale le disposizioni fanno riferimento o il principio, contenuto nelle norme cui si rinvia, che esse intendono richiamare.
  2. Le disposizioni della presente legge in materia di chiarezza dei testi normativi costituiscono princìpi generali per la produzione normativa e non possono essere derogate, modificate o abrogate se non in modo esplicito.
  3. Periodicamente, e comunque almeno ogni sette anni, si provvede all'aggiornamento dei codici e dei testi unici con i medesimi criteri e procedure previsti nell'articolo 17-bis adottando, nel corpo del testo aggiornato, le opportune evidenziazioni.
  4. La Presidenza del Consiglio dei ministri adotta atti di indirizzo e coordinamento per assicurare che gli interventi normativi incidenti sulle materie oggetto di riordino, mediante l'adozione di codici e di testi unici, siano attuati esclusivamente mediante modifica o integrazione delle disposizioni contenute nei corrispondenti codici e testi unici».Pag. 41degli adempimenti amministrativi a carico di cittadini e imprese e la compensazione degli oneri regolatori, informativi e amministrativi;
   il principio in base al quale «Gli atti di recepimento di direttive comunitarie non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse», sancito dall'articolo 14, comma 24-bis (e seguenti) della legge n. 246/2005;
   le tre disposizioni che si sono succedute – con formulazioni analoghe ma diverse – tra l'estate 2011 e l'inverno 2012 in materia di abrogazione delle indebite restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche, che prevedevano l'adozione di regolamenti di delegificazione, mai adottati (articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138; articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1; articolo 12 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5);
   l'articolo 14 del decreto-legge n. 5/2012, da ultimo citato, che, in materia di semplificazione dei controlli, rimanda anch'esso a regolamenti di delegificazione mai adottati, che avrebbero dovuto dare concreta attuazione «ai principi della semplicità, della proporzionalità dei controlli stessi e dei relativi adempimenti burocratici alla effettiva tutela del rischio, nonché del coordinamento dell'azione svolta dalle amministrazioni statali, regionali e locali»;
   l'articolo 29 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, in base al quale gli atti normativi del Governo e gli atti amministrativi a carattere generale delle pubbliche amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici nazionali e delle agenzie fissano la data di decorrenza dell'efficacia degli obblighi amministrativi introdotti a carico di cittadini e imprese al 1o luglio o al 1o gennaio successivi alla loro entrata in vigore;

  sulle analisi a corredo delle decisioni normative:
   da tempo sono entrate in vigore compiute discipline – di rango legislativo e regolamentare – riguardanti le relazioni per l'analisi tecnico-normativa, l'analisi di impatto della regolamentazione e la verifica dell'impatto della regolamentazione. Sembra prossimo all'emanazione un nuovo regolamento in materia di analisi di impatto, sottoposto nei mesi scorsi a consultazione pubblica. Questi adempimenti, però, vengono spesso vissuti in maniera puramente formale, quando invece – la ha ricordato Rolf Alter, capo del Direttorato per la Governance pubblica e lo Sviluppo territoriale dell'OCSE – «una buona analisi di impatto della regolamentazione richiede un cospicuo investimento dal punto di vista di tempo e capacità. Inoltre, la valutazione deve essere realizzata ben prima che una legge avanzi lungo l’iter che conduce alla sua approvazione. Ciò significa che bisogna garantire un determinato assetto istituzionale, ma anche la presenza di risorse umane in grado di realizzare queste analisi». Questo tipo di analisi, ha sottolineato il dottor Alter, lungi dal restringere il margine di autonomia decisionale politica, permette di acquisire le informazioni per garantire che l'intervento legislativo sia un intervento di qualità;

  sullo statuto del contribuente:
   come segnalato a più riprese nel corso dell'indagine, i primi 7 articoli della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, contengono alcuni cristallini principi, per lo più rimasti inattuati, in materia di strumenti, qualità, temi e motivazioni dei provvedimenti nonché di semplificazione in materia tributaria.

5.8. I costi per i cittadini e le imprese.

  Tutti gli aspetti sopra evidenziati hanno costi sempre più insostenibili per i cittadini e le imprese, soprattutto in un periodo prolungato di crisi socio-economica come quello che stiamo vivendo. Giovanni Pag. 42Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, ha segnalato «che la distribuzione moderna organizzata dedica l'1,15 per cento all'anno del suo fatturato, cioè 1,4 miliardi, per spese di burocrazia. Secondo uno studio che noi abbiamo fatto, almeno il 20 per cento di queste spese potrebbe essere risparmiato attraverso un processo di semplificazione e di razionalizzazione».
  Nereo Marcucci, Presidente di Confetra, ha riportato «i dati – non sospetti di partigianeria – del Rapporto annuale della Banca mondiale, che quantifica in 18 giorni il tempo necessario a importare una determinata merce in Italia e in 19 giorni il tempo necessario a fare un'esportazione, contro i 7 giorni dell'Olanda, i 9 della Germania e i 10 di Francia e Spagna»: si tratta di un evidente svantaggio competitivo per tutto il Paese.

5.9. Digitalizzazione e semplificazione.

Tutti gli auditi hanno sottolineato la funzionalità della digitalizzazione rispetto ad una semplificazione delle procedure e ad un abbattimento dei costi, evidenziando la necessità di «rafforzare i collegamenti telematici tra le imprese e la Pubblica amministrazione e tra le stesse Pubbliche amministrazioni» (così Bruno Busacca, responsabile per le relazioni istituzionali di Legacoop). Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Pitruzzella, ha segnalato che «In Gran Bretagna, si stanno sperimentando molte procedure di gara sul Web e questo crea minori costi per le imprese, trasparenza, evita gli accordi tra le imprese. Non c’è la situazione della segnalazione di qualche nominativo. È tutto molto più lineare».
  Si tratta di un tema cruciale, che andrebbe affrontato in maniera organica, con particolare riguardo ai seguenti profili:
   la definizione dell'organismo competente a livello nazionale, che ha visto il succedersi nel giro di pochi anni di numerosi soggetti, senza che tale successione assicurasse una migliore strutturazione e quindi una maggiore capacità di incidere in un settore cruciale. Si è infatti passati – in un arco di circa 20 anni – dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione al Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, a DigitPA ed infine all'Agenzia per l'Italia digitale;
   il rafforzamento del raccordo tra il Parlamento e la cabina di regia per l'attuazione dell'agenda digitale italiana, istituita a livello governativo dall'articolo 13 del decreto-legge n. 69/2013. Quest'ultima, tra l'altro, avrebbe dovuto presentare al Parlamento, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del citato decreto-legge, un quadro complessivo delle norme vigenti, dei programmi avviati e del loro stato di avanzamento e delle risorse disponibili che costituiscono nel loro insieme l'agenda digitale;
   la realizzazione di una mappatura delle reti, nella prospettiva di connettere tutte le pubbliche amministrazioni, anche al fine di evitare che richiedano a cittadini ed imprese dati già in loro possesso;
   l'archiviazione dei documenti in formato esclusivamente digitale;
   l'attuazione della già richiamata agenda digitale italiana: in base ad un monitoraggio effettuato dal Servizio Studi della Camera, sono stati adottati al 24 febbraio 2014 soltanto 17 dei 55 adempimenti in materia. Tale attuazione dovrebbe realizzare l'obiettivo di semplificare la vita di cittadini ed imprese attraverso la possibilità di: effettuare pagamenti on line; acquisire la carta d'identità elettronica (prevista dal lontano 2005 e non ancora realizzata) e la tessera sanitaria sullo stesso supporto, anche al fine di accedere ai diversi siti pubblici senza necessità di registrarsi ogni volta, dovendo digitare codici diversi; accedere agli open data; creare una piattaforma dei debiti della pubblica amministrazione, anche al fine di compensarli con gli oneri a carico di cittadini ed imprese; favorire la fatturazione elettronica.

  Strumentale a tutto questo, ovviamente, è la velocità di connessione.

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5.10. Consultazioni pubbliche, partecipazione, analisi di impatto.

Digitalizzazione, velocità e semplicità della connessione alla rete risultano fondamentali anche al fine di facilitare lo svolgimento di consultazioni pubbliche telematiche, da tempo in uso nelle Autorità indipendenti e sempre più diffuse a livello governativo. Le consultazioni accrescono trasparenza e democraticità dei processi decisionali in quanto:
   rappresentano «un bilanciere importante per un'autorità indipendente che, non traendo legittimazione da un'elezione popolare e, comunque, non emanando direttamente dalla sovranità popolare, contempera questa sua indipendenza con una continua consultazione e partecipazione dal basso, nel senso più largo possibile, alle proprie decisioni», come ha evidenziato l'ingegner Guido Pier Paolo Bortoni, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico;
   costituiscono parte essenziale dell'analisi di impatto della regolamentazione, in assenza della quale – lo ha annotato il professor Pitruzzella – «e quindi di una chiarezza sugli obiettivi che vogliamo perseguire, difficilmente possiamo migliorare il quadro normativo».

6. Dalla diagnosi alla terapia.

  La diagnosi è chiara ed è stata condivisa, nel corso dell'indagine, da tutti i soggetti che vi hanno partecipato; sull'approccio terapeutico si sono manifestati due orientamenti di massima: uno favorevole ad interventi di aggiustamento incisivi ma di portata limitata; uno volto a prospettare un salto culturale.
  La Commissione ritiene che le due direzioni non siano in contrasto: da un lato, appare evidente la necessità di un radicale salto culturale, che però abbisogna della necessaria condivisione e di tempi congrui e può essere anticipato da interventi più limitati che preparino al salto stesso.
  La necessità di un approccio culturale a tutto campo appare evidente alla luce della storia dei tentativi di semplificazione compiuti dall'inizio della metà degli anni novanta ad oggi, che hanno permesso di ottenere risultati molto parziali, sul doppio versante della semplificazione sia legislativa, sia amministrativa, con riguardo al pregresso, senza incidere in maniera strutturale, a regime.
  Sul fronte della semplificazione legislativa, la pur vasta operazione taglia-leggi ha comportato l'abrogazione di una massa imponente di atti, in notevole misura però già obsoleti e sconosciuti ai più: essa, pertanto, non ha arrecato reali vantaggi, che si sarebbero potuti conseguire attraverso una manutenzione costante dell'ordinamento e una complessiva operazione di raccolta delle normative settoriali in testi unici.
  Sul fronte amministrativo, la semplificazione di numerosi procedimenti è stata accompagnata dall'imposizione di nuovi oneri amministrativi; si è dato luogo a veri e propri proclami di difficilissima attuazione e rimasti inesorabilmente sulla carta; le misure concrete pensate come risolutive per la semplificazione stentano a trovare attuazione.
  Quel che è mancato fino ad oggi è stato l'inquadramento della problematica della semplificazione nel crocevia dei rapporti che legano politica, amministrazione, magistratura e imprese e cittadini. Non si può immaginare una vera semplificazione se non si rilancia una riforma della pubblica amministrazione.
  In particolare, tra politica ed amministrazione vanno ristabilite le dovute gerarchie e le reciproche responsabilità, anche tornando al principio fondamentale dell'accesso alla pubblica amministrazione per pubblico concorso, che favorisca il merito e tenga conto anche delle competenze informatiche, sempre più indispensabili. Vi possono essere eccezioni a tale regola, che però non può essere superata in maniera generalizzata. Paradossalmente, Pag. 44le politiche legislative volte ad individuare e rafforzare la responsabilità dirigenziale hanno prodotto per molti versi l'effetto opposto di deresponsabilizzare i dirigenti.
  Ha contribuito alla progressiva perdita di autorevolezza e competenza tecnica della Pubblica Amministrazione l'applicazione del sistema dello spoils system, pratica mutuata dai Paesi anglosassoni e dagli Stati Uniti in particolare: già nel passato esistevano posizioni amministrative strettamente dipendenti dal rapporto fiduciario con la parte politica, che sono d'altronde insopprimibili; le cosiddette leggi Bassanini nel 1997 hanno esteso l'ambito delle posizioni fiduciarie, pressoché generalizzato, nel 2002, con la riforma cosiddetta Frattini. Il sistema ha agito negativamente anche per come è stato applicato nel corso degli anni, in quanto non esclude di per sé selezioni meritocratiche, che hanno però in genere ceduto il passo a valutazioni di altro tipo. Il continuo, «bulimico», andirivieni di dirigenti della Pubblica Amministrazione, orientato dal principio della necessità di assicurare il rapporto fiduciario tra il livello politico eletto pro tempore ed il livello amministrativo, ha inevitabilmente posto quasi in secondo piano il principio cardine della terzietà della P.A.
  Le ricadute sia in termini qualitativi che quantitativi sul piano della produzione normativa sono state e sono tuttora pesanti.
  Maggiore è la garanzia e l'effettività della terzietà di una norma emanata da una P.A. terza, maggiore è la probabilità di una sua capacità di rimanere valida nel tempo, assicurando certezza e stabilità del diritto, oggi unanimemente invocate per restituire attrattività al sistema economico e ordinamentale italiano.
  Al contrario, l'avvicendarsi senza sosta dei dirigenti amministrativi, oltre a produrre un effetto spaesamento sull'utenza – dei cittadini come delle imprese – porta con sé un inevitabile stimolo a produrre ad ogni piè sospinto nuove norme e nuovi regolamenti, sia «per lasciare un'impronta» del proprio passaggio nell'Amministrazione, sia per adeguarne il funzionamento ai nuovi indirizzi politici che via via si stratificano, quando non si contrappongono.
  Intervenire anche in quest'ottica, superando il meccanismo dello spoils system, risulta pertanto indifferibile. Non per sostituirlo con un'anacronistica inamovibilità dei dirigenti della PA, ma per rendere possibile un salto di qualità al passo con i tempi della struttura fondamentale centrale e periferica dello Stato, introducendo sistemi di valutazione periodica del lavoro, del raggiungimento degli obiettivi e del grado di soddisfazione dei cittadini, dai quali far dipendere la conferma o meno dei dirigenti amministrativi. Criteri obiettivi ed oggettivamente misurabili, orientati al buon funzionamento dei servizi dello Stato e delle sue articolazioni periferiche, sicuramente più validi rispetto al criterio della «fedeltà» al potere politico pro tempore.
  Per altro verso, invece, la complicazione normativa ha consentito alla struttura burocratica di sviluppare una efficace strategia difensiva per quanto riguarda le responsabilità – soprattutto di carattere penale – che sempre incombono su di essa, trovando rifugio nella copertura legislativa, sempre più a maglie strette, cioè con norme sempre più di dettaglio. Il Ministro Franceschini ha parlato in proposito di una «deresponsabilizzazione delle strutture» che fa sì «che spesso i funzionari e i dirigenti dello Stato chiedono una norma di legge che copra un rischio da responsabilità, non accorgendosi che in questo modo si irrigidisce sempre di più il procedimento».
  Le norme sempre più dettagliate, lungi dal rivelarsi efficaci, sono state fertile terreno di coltura per un contenzioso giurisdizionale arrivato a livelli insostenibili quando non di diffusi fenomeni corruttivi.
  Si è così passati – per usare la felice formulazione del presidente Giampaolino – dalla identificazione dei dipendenti pubblici con la struttura amministrativa alla personalizzazione, scevra però da responsabilità.Pag. 45
  In assenza di una reciproca fiducia o perlomeno di un'apertura di credito tra politica, amministrazione, magistratura ed imprese e cittadini ogni tentativo di semplificazione è destinato a naufragare. Questa apertura di credito, è stato ribadito più volte in Commissione, sia dai parlamentari, sia dagli auditi (tra gli altri, la segretaria generale della CGIL, Susanna Camusso), non va confusa con una debolezza ed una assenza di controlli da parte della pubblica amministrazione.
  Però, soltanto superando le reciproche diffidenze sarà possibile scrivere leggi più chiare e meno dettagliate ed aprire spazi ai cittadini ed alle imprese, passando dall'attuale visione burocratica della moltiplicazione degli adempimenti formali ad una loro drastica riduzione, per concentrarsi, invece, su una logica di risultato, sui controlli sul campo e sulla eventuale, tempestiva e certa erogazione delle sanzioni. Occorre riporre a base dell'azione della Pubblica Amministrazione la salvaguardia degli interessi pubblici sempre individuati, perseguibili e degni di salvaguardia. L'attività amministrativa non può più essere percepita come lo strumento con il quale il Pubblico gestisce arbitrariamente i suoi rapporti con i soggetti privati, cittadini ed imprese, in termini punitivi o di scoraggiamento per qualunque attività da essi intrapresa.
  Oggi non si può battere efficacemente la strada della semplificazione amministrativa, nel nostro Paese, senza una scelta preliminare volta a stabilire quali tra le attività private richiedano, per la salvaguardia di interessi pubblici, un provvedimento a carattere abilitativo e quali possano essere del tutto liberalizzate o semplicemente segnalate.
  Solo per le attività che necessitano di un percorso abilitativo, in quanto possono mettere a rischio interessi pubblici, si deve costruire un procedimento di controllo che sia il più semplificato possibile.
  Sarebbe necessaria una rivoluzione, tanto più indispensabile in tempi di crisi economica: si tratta cioè di superare la logica frenante dei controlli preventivi, più che altro meramente cartacei e formali, in favore della logica di risultato, premiale – e dove occorra sanzionatoria – dei controlli successivi. Cittadini ed imprese – lo hanno chiesto quasi tutti gli auditi – devono essere liberati di un eccessivo carico burocratico per intraprendere qualsiasi attività, peraltro – spesso – in una incertezza legata ai tempi o alla non definitività del silenzio-assenso; queste attività devono però essere verificate dall'amministrazione e, nel caso, sanzionate.
  Si potrebbe muovere un primo passo in questa direzione attraverso un nuovo assetto organizzativo dell'amministrazione, che tenda a concentrare in un unico plesso le valutazioni riguardanti l'opportunità e la qualità dell'intervento e la sua compatibilità con le esigenze sanitarie, paesaggistiche ed ambientali.
  Questo cambio di approccio faciliterebbe anche i rapporti diretti tra pubblica amministrazione e cittadini ed imprese, consentendo di iniziare ad erodere la vasta area dei soggetti vocati ad intermediare tra di loro.
  Strumentale a questo cambio di prospettiva è anche un intervento sostanziale e non procedimentale atto a superare la frammentazione normativa, che – lo ha detto il presidente Alessandro Pajno – «è un epifenomeno dell'incapacità di una decisione politica coerente che si assume nel tempo e della responsabilità di una scelta finale». Lo stesso Pajno ha sottolineato che «la complicazione legislativa italiana, ma l'osservazione vale anche per la complicazione amministrativa, è dovuta non solo alla crisi economica, ma anche a una più profonda crisi dei meccanismi portanti del Paese, che si riflette nel progressivo aggrovigliarsi dei processi decisionali fino a punte parossistiche.
  Il problema concerne, quindi, i processi decisionali reali, incapaci di decollare verso linee strategiche prevalenti rispetto a interessi particolari e sezionali e l'incapacità di definire prefisse gerarchie di finalità e di interessi alla cui mancanza suppliscono i meccanismi procedimentali». Sarebbe quindi fondamentale stabilire una gerarchia degli interessi pubblici, che spesso confliggono tra di loro senza possibilità Pag. 46di soluzione, in modo di avere chiaro – anche per periodi di tempo determinati – gli interessi che devono prevalere rispetto agli altri. Ciò implica scelte forti e responsabili da parte della politica.
  Infine, appare indispensabile una chiara assunzione di responsabilità, superando il più possibile il principio del silenzio-assenso, che ha costituito un momento di svolta importante per i cittadini e le imprese, ma che non li mette al riparo da successivi interventi della pubblica amministrazione, lasciandoli indefinitamente nell'incertezza.
  Per seguire questa direzione di marcia, occorre un cambio di mentalità che può essere facilitato da una costante attenzione e vigilanza sui flussi normativi, in sede governativa e parlamentare. Da un lato la Presidenza del Consiglio (ed in particolare il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi ed il Dipartimento per la funzione pubblica) e dall'altro la Commissione parlamentare per la semplificazione potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel vigilare sulla scrittura delle norme e sull'introduzione di nuovi, ingiustificati oneri a carico di cittadini ed imprese.

7. Le linee di azione della Commissione.

  Per incamminarsi sulla strada indicata, la Commissione potrebbe dare seguito all'indagine conoscitiva assumendo le seguenti iniziative:
   1. una costante azione di indirizzo nei confronti del Governo, anche con la presentazione, da parte dei propri componenti, di mozioni, risoluzioni ed ordini del giorno volti, in primo luogo:
    a) a rendere operanti le disposizioni già vigenti in materia di qualità della legislazione, di redazione dell'analisi di impatto della legislazione, dell'analisi tecnico-normativa, nonché di verifica dell'impatto della regolamentazione;
    b) ad incentivare le migliori pratiche in uso nelle amministrazioni, che pure ci sono e producono risultati importanti: in particolare, sono stati evidenziati i risultati raggiunti attraverso il metodo di misurazione e riduzione degli oneri regolatori, informativi e amministrativi a carico dei cittadini e delle imprese, che rappresentano la base conoscitiva essenziale per individuare gli adempimenti più onerosi da semplificare e consentono di verificare l'efficacia degli interventi adottati;
    c) a implementare i processi di digitalizzazione in corso e la costruzione di un'unica rete informatica nella quale possano confluire tutte le pubbliche amministrazioni;
    d) a superare una legislazione per annunci e le cosiddette norme «manifesto» (prive di effetti pratici e dalla miriade di provvedimenti attuativi non applicati) per perseguire una logica di risultato, attenta alla riduzione dei costi e dei tempi e che sia effettivamente percepita da cittadini e imprese, da realizzare attraverso: la semplificazione in modo sistematico e mirato delle procedure; l'individuazione e l'eliminazione degli adempimenti eccessivi o sproporzionati in relazione alla tutela degli interessi pubblici; la riduzione e la certezza dei tempi di conclusione delle procedure; il miglioramento della qualità della regolazione; l'attenzione ad evitare la proliferazione delle nuove complicazioni, dando attuazione alle previsioni della legge n. 180/2011, sul divieto di introdurre nuovi oneri per cittadini ed imprese non compensati con una equivalente riduzione;
    e)
ad intervenire in modo efficace – di intesa con il Parlamento – sui temi prioritari posti con forza dalle associazioni imprenditoriali nel corso dell'indagine conoscitiva, quali ad esempio la semplificazione in materia di fisco, edilizia, paesaggio e beni culturali, ambiente. Si tratta di settori chiave per liberare risorse per la crescita, nei quali è necessario ridurre, anche tenendo conto del principio di proporzionalità, il carico burocratico e gli adempimenti formali (ormai intollerabili per cittadini e imprese), elevando nello Pag. 47stesso tempo il livello di tutela degli interessi pubblici, che l'attuale sistema non garantisce efficacemente;
    f) ad affrontare la «non attuazione» (fortemente sottolineata nel corso dell'indagine conoscitiva) con una grande attenzione all'implementazione delle azioni di semplificazione. A questo fine potrebbero essere essenziali: 1) l'adozione, da parte del Governo, di un'Agenda per la semplificazione, che individui obiettivi, risultati attesi, responsabilità, scadenze e tempi di realizzazione, modalità di verifica del raggiungimento dei risultati, da rendere accessibili on line in tempo reale; 2) il ruolo di verifica periodica svolto dalla Commissione parlamentare per la semplificazione;
    g) a rafforzare la cooperazione interistituzionale tra Stato, regioni e autonomie locali e la realizzazione condivisa del programma di semplificazione a partire, ad esempio, dalla standardizzazione della modulistica e delle procedure entro tempi prestabiliti e certi;
    h) a varare un programma di liberalizzazioni che (dopo anni di annunci rimasti privi di effetti pratici, come ampiamente segnalato nel corso dell'indagine conoscitiva) proceda con un cronoprogramma stringente, per aree di regolazione, nei settori più rilevanti per le attività di impresa, sulla base dell'analisi delle discipline di settore e delle relative prassi amministrative, avvalendosi anche dei risultati delle attività di misurazione degli oneri. Su questa base potrebbero essere individuati in modo tassativo i casi nei quali sono necessari ancora regole e controlli e quelli in cui vanno eliminati;
    i) ad un sistematico e costante lavoro di redazione di codici e testi unici, anche avvalendosi dell'opera del Consiglio di Stato e partendo dalla redazione di testi unici compilativi, come primo passo verso il riordino delle normative settoriali, anche nell'ottica della semplificazione amministrativa.

  A proposito dell'ultima questione, si segnala che numerosi componenti della Commissione, tra le primissime iniziative assunte, hanno concordato il testo di una mozione presentata sia alla Camera (n. 1-00265), sia al Senato (n. 1-00183), che «impegna il Governo a realizzare tutti gli sforzi possibili per mettere in atto una vasta opera di semplificazione legislativa ed amministrativa, a partire dalla predisposizione di testi unici compilativi per ciascun settore delle politiche pubbliche, eventualmente avvalendosi, oltre che del Consiglio di Stato, degli apporti del mondo dell'università e della ricerca».
  Le considerazioni poste a base dell'impegno al Governo nascono dalla consapevolezza che «occorre una visione unitaria della semplificazione normativa ed amministrativa, sulla quale innestare un'analisi della legislazione vigente che potrebbe articolarsi in più fasi: la prima fase, del tutto preliminare, dovrebbe consistere in una ricognizione della legislazione vigente nei singoli settori, procedendo anche all'elaborazione di testi unici compilativi, a norma dell'articolo 17-bis della legge 23 agosto 1988, n. 400; la seconda fase dovrebbe consistere nella ricognizione degli oneri amministrativi derivanti dalle disposizioni vigenti; la terza fase dovrebbe essere volta ad una semplificazione nel contempo normativa ed amministrativa, che elimini il più possibile o per lo meno alleggerisca gli oneri amministrativi a carico dei cittadini e delle imprese;
   nella prima fase, finalizzata ad organizzare la legislazione vigente nei distinti ambiti delle politiche pubbliche, si potrebbe fare ricorso, senza necessità di conferire al Governo specifiche deleghe, ai testi unici compilativi, previsti dal citato articolo 17-bis: essi devono individuare puntualmente il testo vigente delle norme; effettuare una ricognizione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni; provvedere al coordinamento Pag. 48formale del testo delle disposizioni vigenti in modo da garantire la coerenza logica e sistematica della normativa; procedere, infine, alla ricognizione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore;
   l'elaborazione dei testi unici compilativi sarà agevolata, rispetto al passato, dall'utilizzazione della banca dati pubblica e gratuita dei testi normativi («normattiva»), nata con la duplice finalità «di facilitarne la ricerca e la consultazione gratuita da parte dei cittadini, nonché di fornire strumenti per l'attività di riordino normativo»;
   i testi unici compilativi potrebbero essere accompagnati da regolamenti emanati a norma dell'articolo 17, comma 4-ter, della citata legge, mediante i quali «si provvede al periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti, alla ricognizione di quelle che sono state oggetto di abrogazione implicita e all'espressa abrogazione di quelle che hanno esaurito la loro funzione o sono prive di effettivo contenuto normativo o sono comunque obsolete»;
   si tratta di un'operazione del tutto propedeutica ai successivi obiettivi della semplificazione, che consentirebbe di fare chiarezza nella galassia della stratificata e ramificata legislazione italiana, intanto individuando le normative effettivamente vigenti nei singoli settori e le disposizioni che risultino implicitamente abrogate;
   a quest'opera potrebbe dare il suo fondamentale contributo anche il Consiglio di Stato, al quale, a norma del richiamato articolo 17-bis potrebbe essere demandata anche la redazione degli schemi dei testi unici;
   sarà fondamentale l'apporto delle organizzazioni rappresentative del mondo delle attività produttive, del commercio, delle professioni, dei lavoratori, nonché dei cittadini e consumatori;
   si potrebbe inoltre studiare il coinvolgimento nell'operazione di un nucleo di stagisti, reclutati, eventualmente in base ad una normativa ad hoc, tra gli operatori dei diversi settori e tra i laureati ed i laureandi nelle diverse discipline, per assicurare un approccio interdisciplinare, che metta insieme le indispensabili competenze giuridiche con le necessarie competenze settoriali;
   infine, nell'operazione potrebbe essere coinvolto il mondo dell'università e della ricerca, che potrebbe lavorare in sinergia con i singoli Ministeri;
   in questo modo, si potrebbe costruire e realizzare un vasto programma di semplificazione, in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati e di offrire un'opportunità formativa ai giovani».

  L'auspicio è che la mozione possa essere discussa in tempi rapidi, magari unitamente ad altri atti di indirizzo, in una seduta delle Assemblee di Camera e Senato interamente dedicata ai temi della semplificazione;

  2. la presentazione di una iniziativa legislativa ordinaria che persegua i seguenti obiettivi:
   a) il riconoscimento alla Commissione di un ruolo a tutto campo, che le permetta di vigilare sulla attuazione delle norme vigenti, sollecitando il Governo all'attuazione delle migliori pratiche e pronunciandosi in sede consultiva sui provvedimenti che incidano sugli oneri amministrativi a carico di cittadini ed imprese;
   b) la disciplina di una fase di programmazione degli interventi legislativi da porre in essere e della loro progettazione: valorizzando le suggestioni già presenti nella legge di contabilità pubblica, si potrebbe allargare l'orizzonte del DEF e dell'attuazione del programma nazionale di riforma facendo riferimento non soltanto ai disegni di legge collegati ma a tutte le iniziative del Governo, che dovrebbe anche indicare il relativo crono programma; un'adeguata progettazione legislativa dovrebbe essere garantita dal rispetto delle norme già richiamate sulla produzione normativa, su AIR e ATN, Pag. 49nonché dal pieno rispetto della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di decretazione d'urgenza. Il DEF stesso potrebbe essere l'ambito nel quale definire, di anno in anno, gli interessi pubblici strategici, che prevalgono sugli altri;
   c) una drastica riduzione dei tempi per l'adozione dei regolamenti, individuando termini e procedure per superare il mancato concerto tra Ministri e Ministeri;
   d) la modifica delle norme vigenti in materia di azione amministrativa, con specifico riguardo all'attività consultiva, alle valutazioni tecniche, al silenzio assenso ed alla SCIA;
   e) il rilancio di una costante azione di semplificazione normativa – anche finalizzata alla semplificazione amministrativa – non solo attraverso i testi unici compilativi (cui fa riferimento la mozione sopra riportata), ma anche tramite una più ambiziosa opera codicistica. In questa chiave, si potrebbe stabilire una procedura di programmazione che attribuisca al Parlamento – in accordo con il Governo – il compito di individuare periodicamente i settori sui quali intervenire. Nella prima applicazione del provvedimento, si potrebbero indicare, tra gli altri, il settore degli appalti (più volte segnalato nel corso delle audizioni) ed il settore fiscale, oggetto recentemente di numerose deleghe contenute nella legge 11 marzo 2014, n. 23, che però non prevede l'adozione di testi unici o codici. Dal punto di vista istituzionale, si potrebbe estendere la possibilità di avvalimento del Consiglio di Stato dal Governo al Parlamento, consentendo alle Commissioni parlamentari di instaurare un rapporto diretto con tale organo, sia con riguardo alla predisposizione di testi unici, sia con riguardo alle questioni strumentali.

  Come già accennato, appare cruciale la definizione del ruolo della Commissione, cui dovrebbero essere attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza in materia di semplificazione normativa e amministrativa. In particolare, la Commissione potrebbe effettuare un monitoraggio della normativa vigente, formulando le proposte ritenute opportune per rendere più coordinata ed incisiva l'iniziativa dello Stato in materia di semplificazione normativa ed amministrativa. A tal fine, il Governo potrebbe presentare alla Commissione, entro il 30 aprile di ogni anno, una relazione che indichi in forma sintetica:
   a) l'implementazione degli interventi di semplificazione, con specifico riguardo all'attuazione data all'Agenda per la semplificazione ed ai procedimenti di delega aperti;
   b) i risultati conseguiti nell'anno solare precedente nelle attività di misurazione e riduzione degli oneri regolatori;
   c) gli obiettivi perseguiti, con la specificazione dei tempi necessari per il loro conseguimento.

  Inoltre, la Commissione dovrebbe pronunciarsi su tutti i progetti di legge incidenti sugli oneri amministrativi a carico di cittadini ed imprese con le modalità, le procedure ed i termini determinati dai regolamenti parlamentari;

  3. la presentazione di proposte di modifica dei regolamenti parlamentari sarebbe dunque consequenziale alla proposta di legge riguardante le funzioni della Commissione al fine di stabilire le relative procedure;
  4. la presentazione di una iniziativa legislativa costituzionale che preveda l'introduzione nel sistema delle fonti delle leggi organiche, così da rafforzare e rendere vincolanti per il legislatore sia le leggi sulla produzione normativa sia le leggi sui diritti di cittadini ed imprese: dalla legge n. 400 del 1988, sulla potestà normativa del Governo, alla legge n. 212 del 2000, ovvero lo Statuto del contribuente. Tra l'altro, l'innalzamento delle disposizioni della legge n. 400/1988 al rango di legge organica consentirebbe di dare maggiore forza alle disposizioni in essa presenti sui limiti di contenuto dei decreti-legge, limitandone l'uso da parte del Governo. Alla Pag. 50categoria delle leggi organiche dovrebbero essere anche ascritti codici e testi unici, al fine di porli al riparo da continue modifiche, magari operate con decreti-legge.
  Sempre sul piano costituzionale, la Commissione prende atto che il disegno di legge di riforma del Titolo V approvato dal Consiglio dei ministri nella odierna seduta affronta in maniera radicale la questione della potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni, eliminandola completamente e così venendo incontro agli auspici espressi dalla massima parte dei soggetti auditi nel corso dell'indagine conoscitiva. La Commissione, a sua volta, esprime l'auspicio che la riforma possa consentire di chiarire la distribuzione delle responsabilità tra Stato e Regioni e quindi di ridurre la conflittualità davanti alla Corte costituzionale.
  A tale riforma, si dovrebbe accompagnare una più complessiva rivisitazione dell'assetto delle competenze tra i livelli territoriali, anche al fine di garantire uniformità delle procedure e della modulistica su tutto il territorio nazionale.