CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 18 febbraio 2014
182.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (Atto n. 64).

PARERE APPROVATO

  La Commissione giustizia,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (Atto n. 64);
   preso atto dei rilievi deliberati dalla Commissione bilancio, tesoro e programmazione;
   rilevato che:
    1) con riferimento all'articolo 1, comma 1, lettera c), la nuova formulazione dell'articolo 143, comma 4, c.p.p., appare condivisibile nella parte in cui dà attuazione all'articolo 2, par. 4, della Direttiva 2010/64/UE, secondo il quale «Gli Stati membri assicurano la messa a disposizione di procedure o meccanismi allo scopo di accertare se gli indagati o gli imputati parlano e comprendono la lingua del procedimento penale e se hanno bisogno dell'assistenza di un interprete». Desta peraltro perplessità il riferimento all’“autorità giudiziaria” anziché all'autorità procedente e quello alla «conoscenza della lingua italiana». Per di più, al fine di allineare la disposizione alla previsione europea, sarebbe preferibile riformularla seguendo il modello adottato dal legislatore francese.
  Sarebbe, pertanto, opportuno riformulare l'articolo 143, comma 4, primo periodo, c.p.p. nel modo seguente: «L'autorità procedente verifica se l'imputato comprende e parla la lingua italiana».
    2) La nuova formulazione dell'articolo 143 c.p.p. appare lacunosa sul versante della definizione della lingua dell'interpretazione e della traduzione. Con riguardo a questo profilo, andrebbe ripreso il considerando n. 22 della Direttiva, secondo il quale «l'interpretazione e la traduzione a norma della presente direttiva dovrebbero essere fornite nella lingua madre degli indagati o imputati o in qualsiasi altra lingua che questi parlano o comprendono, per consentire loro di esercitare appieno i loro diritti della difesa e per tutelare l'equità del procedimento». L'inserimento di questa norma consentirebbe di aprire, laddove possibile, all'uso delle lingue veicolari, che potrebbe essere prezioso nell'ottica dell'efficienza del procedimento.
  Si propone quindi di aggiungere il seguente periodo al comma 4 dell'articolo 143: «l'interpretazione e la traduzione degli atti devono essere fornite nella lingua madre dell'imputato o in qualsiasi altra lingua che egli parla o comprende in modo sufficiente da garantire l'esercizio dei diritti della difesa».
    3) La nuova formulazione dell'articolo 143, comma 5, c.p.p. è opportuna e riprende l'attuale formulazione dell'articolo 143 comma 3. Peraltro, appare superato il riferimento al «dialetto», anche perché è venuto meno il richiamo al dialetto nell'articolo 143 comma 2. Sembra, pertanto, opportuno sopprimere il predetto riferimento.
    4) Quanto all'articolo 2 dello schema di decreto si osserva che la disposizione è volta a recepire l'articolo 5 della direttiva. Si tratta di una scelta da Pag. 34condividere in quanto equipara l'esperto linguistico agli altri esperti nelle categorie indicate dall'articolo 67 disp. att. c.p.p..
  Sul piano generale, merita osservare che, con riguardo agli esperti linguistici, si pongono esigenze peculiari di gestione centralizzata (o quanto meno coordinata) degli albi. La centralizzazione (a livello distrettuale o a livello nazionale) garantirebbe maggiore efficienza nel reperimento dell'interprete e traduttore, soprattutto per le lingue di minore diffusione, anche attraverso il ricorso alle tecniche di remote interpreting. Una gestione centralizzata del registro garantirebbe anche la messa in rete delle banche dati dei diversi paesi dell'Unione europea, secondo la logica sottesa allo stesso articolo 5, par. 2, della direttiva. Per queste ragioni, si potrebbe prevedere in prospettiva che la gestione del registro (con la banca dati) venga affidata direttamente a un'istituzione nazionale, quale il Ministero della giustizia, secondo il modello adottato in molti paesi europei. In alternativa, potrebbe essere previsto un obbligo in capo al presidente della corte d'appello, con la previsione espressa di un obbligo di interconnessione dei registri. Occorre, quindi, valutare l'opportunità di inserire nell'articolo 67 disp. att. c.p.p. una disposizione che disciplini autonomamente l'albo degli esperti linguistici, che presenta alcune peculiarità rispetto agli altri albi di esperti.
    5) lo schema di decreto appare carente sotto il profilo della nomina dell'interprete o del traduttore. Pur avendo previsto l'inserimento di questi esperti negli appositi albi, analogamente a quanto previsto per i periti (in attuazione dell'articolo 5 della Direttiva), non si recepisce la corrispondente previsione del codice di procedura penale dell'articolo 221 che obbliga il giudice a nominare il perito scegliendolo tra gli iscritti agli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina.
  Sulla base dei modelli più avanzati in Europa e negli Stati Uniti, la qualità dell'assistenza linguistica viene garantita anzitutto dall'obbligo di affidare l'incarico a interpreti formati e certificati e non a semplici «conoscitori della lingua». La Direttiva si muove in questa direzione (articolo 5): si potrebbe pertanto intervenire sull'articolo 146 c.p.p. – che è evidentemente espressione di un'idea superata di interprete giudiziario non professionale – e sancire il dovere di nominare interpreti e traduttori che siano inseriti nell'albo. Ovviamente, esigenze di funzionalità del sistema impongono di contemplare una deroga e di ammettere – sul modello olandese – l'impiego di interpreti non iscritti nell'albo quando non siano presenti esperti per quella specifica lingua.
  Si potrebbe pertanto modificare l'articolo 146, inserendo una norma dedicata alla nomina dell'interprete e del traduttore del seguente tenore: «L'autorità procedente nomina l'interprete o il traduttore scegliendolo tra quelli iscritti negli appositi albi e, solo in caso di indisponibilità di un esperto per la relativa lingua, tra persone fornite di particolare competenza nell'interpretazione o traduzione giudiziaria».
  Ove accolta questa modifica, andrebbe riscritta la rubrica della norma nel modo seguente: «Nomina dell'interprete e traduttore e conferimento dell'incarico».
    6) Sempre nell'ottica di miglioramento e di aggiornamento dell'articolo 146, si propone di modificarne il comma 2, anzitutto per superare il riferimento, ormai superato, allo scopo di far conoscere la verità, che appare il portato di una concezione antiquata dell'intermediazione linguistica e dell'accertamento processuale.
  La nuova formulazione del comma 2 potrebbe essere la seguente: «Lo ammonisce poi sull'obbligo di adempiere in modo accurato e imparziale l'incarico e di mantenere il segreto su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza».
    7) Al fine di garantire il segreto su quanto appreso nelle conversazioni tra l'imputato e il difensore, occorre valutare l'opportunità di inserire la figura dell'interprete tra quelle contemplate dall'articolo 200 c.p.p. con riguardo al segreto professionale.Pag. 35
    8) con riferimento all'articolo 2, sul piano linguistico, si segnala come il termine «interpretariato» sia criticato nella comunità scientifica e come sia preferibile l'impiego del termine «interpretazione».
    9) Al fine di dare attuazione all'articolo 2, par. 3, della Direttiva, che si riferisce all'assistenza a favore di persone con problemi di udito o con difficoltà di linguaggio, appare opportuno modificare l'articolo 119 c.p.p., recependo espressamente il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 341 del 1999. Si tratterebbe di cogliere l'occasione per recepire nel testo e dare quindi maggiore visibilità a un diritto riconosciuto all'imputato sordo, muto o sordomuto.
    10) La direttiva 2010/64/UE non si applica solo ai procedimenti penali, ma estende l'assistenza linguistica anche al procedimento di esecuzione del mandato d'arresto europeo.
  Non si condivide la valutazione sulla conformità dell'ordinamento italiano alla direttiva. Sembra che, per attuare la direttiva, si debba intervenire sulla legge n. 22 aprile 2005, n. 69.
  Quanto all'interpretazione: è vero che la legge richiama più volte la figura dell'interprete (articoli 12 comma 1, 13 comma 1, 14, comma 1, 15, comma 2), ma sarebbe ugualmente opportuno stabilire che la nomina dell'interprete avviene in forza della norma del codice di procedura che dovrebbe vincolare ad affidare l'incarico a un interprete qualificato (il nuovo articolo 146 proposto in precedenza), onde evitare che, nel procedimento di esecuzione del MAE, si continui a utilizzare interpreti non professionisti.
  Con riguardo alla traduzione, invece, l'articolo 3, par. 6, della Direttiva contempla l'obbligo per lo Stato membro di esecuzione del MAE di fornire una traduzione scritta dello stesso, nel caso in cui il suo destinatario non comprenda la lingua in cui il mandato d'arresto europeo è redatto oppure è stato tradotto. Al riguardo, potrebbe essere dunque sufficiente integrare l'articolo 6, comma 7, legge n. 69 del 2005, stabilendo espressamente che, laddove la persona interessata non conosce la lingua italiana, né la lingua nella quale è redatto l'originale MAE, il provvedimento venga tradotto nella sua lingua madre oppure in una lingua veicolare, sempre che sia da lui adeguatamente conosciuta.
    11) Nel dare attuazione all'articolo 2, par. 6, della direttiva sarebbe opportuno contemplare anche la possibilità di impiegare tecnologie che consentano l'interpretazione a distanza, quali «la videoconferenza, il telefono o Internet, a meno che la presenza fisica dell'interprete non sia necessaria al fine di tutelare l'equità del procedimento». Sulla base di diversi progetti finanziati dalla Commissione europea (AVIDICUS I, II e III), si sono dimostrate le potenzialità della c.d. remote interpreting, anche in termini di contenimento delle spese. Da questo punto di vista, non sembrano assolutamente sufficienti le disposizioni degli articoli 147-bis e 205-ter disp. att. che si riferiscono a fattispecie specifiche. Si potrebbe, quindi, inserire nella disposizione dedicata all'interpretazione una norma che richiami l'articolo 2, par. 6, della direttiva: «Al fine di garantire un'assistenza linguistica di qualità è possibile utilizzare tecnologie di comunicazione quali la videoconferenza, il telefono o Internet, a meno che la presenza fisica dell'interprete non sia necessaria al fine di tutelare l'equità del procedimento»,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso «Art. 142», al comma 4, valuti il Governo l'opportunità di sostituire il primo periodo con il seguente: «L'autorità procedente accerta che l'imputato comprenda e parli la lingua italiana»;
   b) all'articolo 1, comma 1, lettera b), capoverso «Art. 142», al comma 4, valuti il Governo l'opportunità di aggiungere, in fine, il seguente periodo: «L'interpretazione e la traduzione degli atti devono Pag. 36essere fornite nella lingua madre dell'imputato o in qualsiasi altra lingua che egli parla o comprende in modo sufficiente da garantire l'esercizio dei diritti della difesa».
   c) valuti il Governo l'opportunità di modificare l'articolo 146 c.p.p., inserendo una norma dedicata alla nomina dell'interprete e del traduttore del seguente tenore: «L'autorità procedente nomina l'interprete o il traduttore scegliendolo tra quelli iscritti negli appositi albi e, solo in caso di indisponibilità di un esperto per la relativa lingua, tra persone fornite di particolare competenza nell'interpretazione o traduzione giudiziaria»;
   d) valuti il Governo l'opportunità di modici fare l'articolo 146, comma 2, c.p.p. come segue: «Lo ammonisce poi sull'obbligo di adempiere in modo accurato e imparziale l'incarico e di mantenere il segreto su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza»;
   e) valuti il Governo l'opportunità di inserire la figura dell'interprete tra quelle contemplate dall'articolo 200 c.p.p. con riguardo al segreto professionale;
   f) in attuazione dell'articolo 2, par. 3, della Direttiva, che si riferisce all'assistenza a favore di persone con problemi di udito o con difficoltà di linguaggio, valuti il Governo l'opportunità di modificare l'articolo 119 c.p.p., recependo il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 341 del 1999.