CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 29 gennaio 2014
167.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00806 De Rosa: Iniziative per porre rimedio ai danni provocati dalla dispersione in mare di fusti tossici a seguito dell'incidente avvenuto nel dicembre 2012 al largo dell'isola della Gorgona.
5-01908 Realacci: Iniziative per porre rimedio ai danni provocati dalla dispersione in mare di fusti tossici a seguito dell'incidente avvenuto nel dicembre 2012 al largo dell'isola della Gorgona.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rilevato che le interrogazioni n. 5-00806 presentata dagli onorevoli De Rosa ed altri e n. 5-01908 presentata dall'onorevole Realacci, vertono sullo stesso argomento, ossia sulla perdita di fusti tossici da parte del Cargo Venezia al largo dell'isola di Gorgona, si provvede a rispondere congiuntamente.
  La vicenda dell'Euro Cargo Venezia, con la perdita in mare di 198 fusti contenenti sostanze potenzialmente tossiche e/o nocive, stante la delicatezza e sensibilità del tema, ha immediatamente determinato una forte attenzione e impegno da parte del Ministero dell'ambiente e delle altre amministrazioni interessate e, per questo, è stata posta in essere ogni azione, sia di livello tecnico sia operativo, per minimizzare il danno all'ambiente marino, verificare lo stato del mare a seguito dell'impatto dei fusti perduti, avviare ogni procedura per accelerare operazioni di monitoraggio e recupero delle sostanze nocive, con imputazione dei costi totalmente a carico della società armatrice.
  La tempistica e modalità dell'incidente, la natura del carico, i primi provvedimenti di diffida emanati nei confronti della «Atlantica Navigazione» dall'Autorità marittima di Livorno, le ricerche in mare, sono attività note.
  Dopo le immediate azioni esperite ai fini della sicurezza della navigazione e della tutela ambientale (avvisi ai Sindaci Comuni costieri, ricerche aeree ed in mare di eventuali fusti in galleggiamento), in data 21 dicembre 2011 la Capitaneria di Porto di Livorno ha diffidato formalmente (ex articolo 12 legge n. 979 del 1982) il Comandante della nave EUROCARGO VENEZIA ed il legale rappresentante della società armatrice della nave (ATLANTICA S.p.A. DI NAVIGAZIONE) ad adottare urgentemente ogni misura atta ad eliminare gli effetti già dannosi prodotti o potenziali ed a prevenire il pericolo di ogni ulteriore danno all'ambiente.
  Tale attività propriamente amministrativa intrapresa dalla Capitaneria di Porto di Livorno in stretto contatto e coordinamento con il Ministero dell'ambiente, in relazione a quanto previsto dalla legge n. 979 del 1982, è poi progredita con il significativo supporto reso dal «Tavolo tecnico», specificamente predisposto dal signor Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e che ha visto protagoniste, in ruolo oltremodo sinergico, altre Amministrazioni ed Enti fra cui il Ministero della salute, il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, la regione Toscana, l'Istituto Superiore di Sanità, l'ISPRA, l'ARPAT, la provincia ed il comune di Livorno.
  Parallelamente, la Capitaneria di Livorno ha esperito significative azioni di polizia giudiziaria di iniziativa e delegate dalla locale Autorità Giudiziaria.
  In ordine alle campagne di rimozione condotte dalla Società responsabile, si precisa Pag. 21che le medesime si sono concluse il 20 giugno 2012 con il recupero di 149 fusti su fondali di -430 metri di profondità, al termine di una operazione di alta tecnologia prodotta appunto dal pressing continuativo della Capitaneria di Porto, costantemente sostenuta dalle istituzioni nazionali e regionali e, soprattutto, dall'opinione pubblica locale.
  Ulteriori attività di ricerca, proprio in un'ottica di grande trasparenza ed impegno dell'intero Governo per estendere l'area di monitoraggio, sono state condotte a latere anche dalla Marina Militare, a partire dall'11 luglio 2012. La nuova campagna, a cura di un'unità idrografica della Marina stessa, è consistita nello scandaglio, per circa 20 giorni, di fondali in aree non esplorate prima, sulla base delle proiezioni sviluppate da uno specifico modello matematico dell'Istituto Idrografico della Marina Militare di Genova.
  Le ulteriori ricerche non hanno dato, purtroppo, esito positivo, la Compagnia Atlantica S.p.A. di Navigazione ha pertanto palesato l'impossibilità tecnica a proseguire utilmente ulteriori ricerche dei fusti mancanti all'appello, confermando lo svolgimento degli studi necessari alla redazione di una relazione tecnica a sostegno di tale lamentato insormontabile ostacolo (richiesta dalla Capitaneria di Livorno). In ordine a ciò, il 21 dicembre 2012 è giunta la relazione tecnica richiesta relativa ad uno «Studio per la stima di probabilità di ritrovamento dei fusti dispersi in mare dalla M/N EUROCARGO VENEZIA e non individuati ad esito delle attività di ricerca e recupero», redatto dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
  Su tale relazione l'ISPRA, con parere del 29 gennaio 2013, testualmente, si è espressa come segue: «Si ritiene l'impianto sperimentale-deduttivo riportato adeguato e ragionevole da un punto di vista tecnico-scientifico. (...) In conclusione, l'area che rimarrebbe da indagare appare estremamente estesa per ritenere ragionevole dover proseguire le prospezioni subacquee, in termini di bilancio costi benefici. D'altro canto è anche plausibile che parte dei fusti dispersi possano trovarsi esternamente all'area ipotizzata di 800 Kmq, perché: 1) Sono caduti dalla nave successivamente a quando ipotizzato, nel corso della rotta verso il porto di Genova; 2) Sono affondati successivamente alle 72 ore, periodo in cui è stata svolta la simulazione di deriva».
  La prosecuzione delle attività di ricerca, pur avvalendosi come fatto sino ad oggi dei più sofisticati sistemi di indagine subacquea, è comunque condizionata dall'acquisizione di nuovi elementi sul possibile posizionamento della restante parte del carico disperso da Eurocargo Venezia, in mancanza dei quali le nuove campagne di esplorazione dovrebbero abbracciare un'area davvero immensa comprendente l'Arcipelago Toscano e l'alto Tirreno.
  Giova al riguardo ricordare che la legge n. 979 del 1982 prevede all'articolo 11 che l'Autorità Marittima in caso di inquinamento è tenuta a disporre tutte le misure necessarie, non escluse quelle per la rimozione del carico al fine di eliminare gli effetti inquinanti, ovvero attenuarli qualora risultasse tecnicamente impossibile eliminarli.
  In tale situazione il lavoro del Tavolo tecnico permanente, costituitosi in Livorno a supporto della Capitaneria di Porto, ha proseguito le proprie attività concentrandosi sulla definizione di un piano di monitoraggio triennale che oltre a tenere sotto controllo dal punto di vista ambientale e sanitario l'area oggetto del sinistro potrebbe altresì fornire nuovi elementi in merito alla eventuale localizzazione della parte residua del carico.
  Il programma di monitoraggio, presentato da «Atlantica Navigazione» ed approvato dal tavolo tecnico, prevede un'attività triennale incentrata su:
   il campionamento trimestrale di specie ittiche locali, di interesse per l'alimentazione umana (12 campionamenti complessivi);
   il campionamento di organismi bentonici a comportamento fossorio con frequenza Pag. 22stagionale nell'anno 2013, almeno semestrale nell'anno 2014 ed almeno annuale nell'anno 2015;
   il campionamento di sedimento del fondo del mare a frequenza annuale per il triennio 2013-2015, il tutto nella zona certamente impattata ed in due zone di controllo (aree di «bianco»).

  Le attività di monitoraggio previste dal piano triennale 2013-2015 sono proseguite a cura dell'ISPRA e ARPA Toscana.
  Sul sito dell'ARPA Toscana sono riportati i dati relativi alla varie attività di monitoraggio ambientale che interessano tre filoni di attività:
   1) il monitoraggio ordinario marino-costiero presso 19 punti della costa toscana;
   2) il prelievo di pesci, molluschi e crostacei nella zona di ritrovamento dei fusti, trasferiti alla ASL e da questa all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale Lazio e Toscana (IZSLT) per le relative analisi di laboratorio;
   3) il monitoraggio dei sedimenti nella zona di ritrovamento dei fusti.

  I risultati del monitoraggio effettuato durante il 2013, aggiornati ad ottobre 2013, non indicano particolari anomalie. Sono in corso le analisi dei monitoraggi effettuati nel mese di dicembre 2013.
  L'ISPRA, da parte sua, ha trasmesso una relazione sull'attività svolta all'autorità marittima di Livorno, che si allega in copia, relativa alle analisi ambientali volte alla valutazione degli effetti dello sversamento sul comparto bentonico (organismi che vivono a stretto contatto col fondale marino), dove si legge:
   «Dal 17 maggio 2012 ad oggi sono state realizzate sei campagne di campionamento condotte a bordo del natante M/P Anastasia del compartimento marittimo di Livorno (matricola LI-10100). Ultima in ordine temporale venerdì 13 dicembre 2013.»;
   «Le analisi di laboratorio hanno permesso di rilevare il grado di bioaccumulo di alcuni contaminanti potenzialmente rilasciati dai fusti nichel, molibdeno e vanadio»;
   «Le concentrazioni di molibdeno, nichel e vanadio negli organismi di questa specie (gambero Calocaris macandreae) hanno finora mostrato valori uguali o minori a quelli dell'area di controllo. Non è stato quindi individuato nessun aumento significativo di questi contaminanti in corrispondenza dell'area di ritrovamento dei fusti. Ulteriori aggiornamenti saranno disponibili successivamente al completamento delle analisi in corso.».

  Dalle analisi predette non emergono elementi utili sul possibile posizionamento in mare della restante parte del carico disperso da Eurocargo Venezia rispetto a quelli a suo tempo disponibili, già posti alla base della ulteriore campagna di ricerca, di cui si è già fatto cenno, effettuata dalla marina militare senza alcun esito.
  In sintesi, nel ribadire che i costi relativi al recupero e al monitoraggio sono a totale carico della compagnia ATLANTICA NAVIGAZIONE, si può dire che:
   le attività di ricerca e recupero svolte hanno permesso il ritrovamento di un totale di 149 fra fusti e sacchetti su i 198 dispersi in origine;
   le successive ricerche effettuate hanno tutte dato esito negativo;
   tutte le analisi fin qui svolte sui comparti biotici ed abiotici nell'area certamente impattata hanno fornito risultati assolutamente tranquillizzanti (per non dire nulli);
   concordemente con tutte le Amministrazioni ed Enti interessati e competenti si è deciso, a scopo meramente cautelativo, di estendere il monitoraggio sanitario (specie ittiche locali edibili) ed ambientale (organismi bentonici a comportamento fossorio, sedimento del fondale marino) nella zona certamente impattata fino a tutto l'anno 2015.

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  Per quanto riguarda il danno ambientale, si segnala che con nota del 13 dicembre 2013, prot. n. 37944P, l'Avvocatura distrettuale dello stato di Firenze ha trasmesso l'avviso di fissazione di udienza preliminare per il giorno 24 gennaio 2014 davanti al G.I.P. del tribunale di Livorno.
  Nel procedimento penale il Ministero dell'ambiente ha già partecipato, in qualità di parte offesa, con propri consulenti di parte, all'accertamento tecnico irripetibile eseguito sui materiali tossici sversati in mare dalla M/N Eurocargo «Venezia».
  In relazione a tale procedimento penale, si rappresenta che l'Amministrazione ha richiesto e ottenuto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri l'autorizzazione a costituirsi parte civile nel procedimento penale in corso già per l'udienza preliminare del 24 gennaio p.v. per gli aspetti risarcitori legati al danno ambientale conseguente alla perdita in mare dalla M/N Eurocargo «Venezia».
  In questa ottica si è provveduto ad investire il competente Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA) per i necessari approfondimenti circa il danno ambientale e per l'individuazione della natura e dell'entità dello stesso, ai fini della sua quantificazione.
  Infine, per quanto riguarda il tema della sicurezza, anche ambientale, della navigazione, il Governo lo ha affrontato mediante una iniziativa interministeriale (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare). Il decreto 2 marzo 2012, prot. n. 79 introduce misure che tendono, in particolare, a tutelare le aree maggiormente sensibili del nostro Paese tra le quali le Aree Marine Protette, il santuario dei cetacei e Venezia dai rischi connessi alla navigazione delle unità mercantili.
  In particolare all'articolo 2, comma 1 è previsto che nell'area marina protetta del Santuario dei Cetacei, di cui alla legge il ottobre 2001, n. 3911 «per l'ingresso e la navigazione nell'intera area marina, come delimitata dall'allegato 1, le navi che trasportano su ponti scoperti e in colli sostanze rientranti nelle tipologie di cui all'Allegato III della Convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento da navi Marpol 73/78 e al Codice marittimo internazionale per il trasporto delle merci pericolose (IMDG Code), anche in rimorchi, semirimorchi, container, camion e vagoni, devono adottare sistemi di ritenuta del carico che ne garantiscano la massima tenuta e stabilità in ogni condizione meteomarina, al fine di prevenire e impedire perdite accidentali dei carichi».
  Ai predetti fini, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha emanato, in data 27 giugno 2012, apposita direttiva alle Autorità Marittime periferiche per l'intensificazione dei controlli portuali relativamente ai sistemi di rizzaggio dei carichi recanti sostanze tossiche e pericolose posti sui ponti scoperti delle navi mercantili che fanno rotta nel Santuario dei Cetacei.

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ALLEGATO 2

5-01217 Cariello: Iniziative per promuovere l'armonizzazione fra il quadro normativo dettato dalla legge sulle aree naturali protette e la disciplina comunitaria in materia di zone di protezione ambientale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Per quanto indicato nell'interrogazione n. 5-01217 presentata dall'onorevole Cariello ed altri, dove, alla luce dell’«ingiustificata differenza di regime giuridico tra le zone di protezione stabilite ai sensi delle direttive comunitarie e le aree naturali protette, così come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante legge quadro sulle aree protette», si chiede la promozione di iniziative normative per armonizzare e dare certezza al regime giuridico di tutte le aree di interesse naturalistico, si rappresenta quanto segue.
  La finalità delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE è quella di garantire la presenza, il mantenimento, ovvero il ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente di habitat e di specie peculiari del continente europeo, minacciati di frammentazione e estinzione e uno degli strumenti a ciò preposti è l'istituzione di Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Zone Speciali di Conservazione (ZSC) che, nel loro insieme, formano una rete ecologica europea coerente di aree, denominata Natura 2000.
  In particolare:
   la direttiva 92/43/CEE prevede, agli articoli 4 e 5, l’iter per l'individuazione, la proposta, la selezione e la designazione delle Zone Speciali di Conservazione, e ciò è recepito agli articoli 3, 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357/97;
   la direttiva 79/409/CEE prevede, agli articoli 3 e 4, l'istituzione, lungo le rotte di migrazione dell'avifauna, di zone di protezione speciale finalizzate al mantenimento e alla sistemazione, conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e ad esse limitrofi, nonché al ripristino dei biotopi distrutti e alla creazione di biotopi, e ciò è recepito all'articolo 1, comma 5, della legge n. 157/92;
   la direttiva 92/43/CEE all'articolo 7 prevede che alle ZPS si applichino gli obblighi contenuti nell'articolo 6 in sostituzione di quelli derivanti dall'articolo 4 della direttiva 79/409/CEE, e ciò è stato recepito all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 357/97, uniformando così la gestione delle diverse tipologie di aree facenti parte della rete Natura 2000;
   il decreto del Presidente della Repubblica 357/97 all'articolo 4, comma 3, specifica che le misure di conservazione previste per le aree naturali protette dalla normativa vigente si applicano alle ZSC e ZPS solo per le porzioni ricadenti all'interno del perimetro di aree naturali protette;
   il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 3 settembre 2002, concernente «Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000», ha evidenziato in che rapporto sono da considerare gli strumenti di gestione previsti nella normativa vigente in caso di sovrapposizione nello stesso territorio di differenti regimi di tutela.

  I siti della rete Natura 2000 contribuiscono, pertanto, al raggiungimento delle finalità di conservazione di cui alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, prevedendosi, Pag. 25a tal fine, un regime di protezione specifico ed adeguato.
  La legge 6 dicembre 1991, n. 394 «Legge quadro sulle aree protette», prevede invece obiettivi più ampi di quelli di cui alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, e a quegli obiettivi le aree protette concorrono in modo complementare attraverso differenti regimi di protezione. Detta legge prevede, agli articoli 4 e 8, le modalità con cui sono individuate, delimitate e istituite le aree protette nazionali.
  Il patrimonio naturale che costituisce l'obiettivo di conservazione e valorizzazione previsto all'articolo 1 dalla legge 394/91 (formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche) ha una accezione più vasta rispetto alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e delle popolazioni di specie di flora e di fauna ritenuti di interesse comunitario, che è l'obiettivo specifico delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE.
  Ai sensi dei sopra citati rispettivi provvedimenti comunitari e nazionali, che dettano le finalità e le modalità per l'individuazione, istituzione/designazione e gestione delle aree facenti parti del sistema delle aree protette e della rete Natura 2000, le procedure ed i criteri in base ai quali queste diverse aree protette vengono identificate presentano delle diversità.
  Tutte le aree protette sopra citate concorrono, in modo complementare, all'obiettivo di conservare risorse del territorio nazionale attraverso differenti regimi di tutela, applicati ad aree che in larga misura interessano lo stesso territorio.
  L'inclusione delle ZPS e delle ZSC nella classificazione delle aree naturali protette operata dalla deliberazione dell'abrogato Comitato nazionale per le aree protette del 2 dicembre 1996 aveva alimentato una conflittualità interpretativa circa la disciplina di tutela da applicare ai siti Natura 2000. Detta inclusione doveva essere in realtà intesa come un'estensione delle tipologie di aree protette già previste dalla legge n. 394 del 1991 (parco nazionale, riserva naturale statale, parco naturale interregionale, parco naturale regionale e riserva naturale regionale) e non come previsione del medesimo regime giuridico per i siti Natura 2000, che seguono la disciplina prevista dalle sopra citate direttive comunitarie, e le aree protette istituite ai sensi della legge quadro.
  Quanto sopra è stato chiarito dapprima con il decreto del Ministro dell'ambiente del 25 marzo 2005 e successivamente con la deliberazione 26 marzo 2008 della Conferenza Stato-regioni, organo deputato ad assumere le funzioni del Comitato nazionale per le aree protette ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 281/97. Detta deliberazione ha infatti chiarito che alle ZPS e ZSC che non ricadono all'interno di aree naturali protette e di aree marine protette istituite ai sensi della legislazione nazionale vigente si applica, in attuazione delle Direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE, il regime di protezione previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 357/97, nonché le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 3 settembre 2002, concernente «Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000», al Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007, «Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS), nonché ai relativi provvedimenti regionali di recepimento ed attuazione.
  Si ritiene pertanto che allo stato attuale siano state superate le iniziali incertezze del quadro normativo e che tutte le diverse tipologie di aree protette siano assistite da un regime di tutela rispondente alle esigenze, anche diverse, in base alle quali sono state istituite.

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ALLEGATO 3

5-01346 Arlotti: Iniziative urgenti per la revisione delle sanzioni previste dalla legge n. 150 del 1992 relativa all'applicazione in Italia della convenzione internazionale sul commercio delle specie animali e vegetali in via di estinzione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Per quanto indicato nell'interrogazione n. 5-01346 presentata dall'onorevole Arlotti ed altri, preliminarmente si chiarisce che la Commissione europea con nota del 13 giugno 2007 individua e raccomanda l'adozione di una serie di azioni al fine di perseguire un'efficace e coordinata attuazione delle previsioni del regolamento (CE) n. 338/97, relativo alla protezione delle specie di flora e fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio, in tutti gli Stati membri.
  In tale contesto viene raccomandato, tra l'altro, al punto II, lettera c), che le sanzioni irrogate per infrazioni al reg. (CE) 338/97 abbiano un effetto dissuasivo sul commercio illegale di specie selvatiche, siano applicate in modo coerente e tengano conto in particolare del valore di mercato degli esemplari, del valore di conservazione delle specie interessate e delle spese sostenute.
  La problematica posta nell'atto di sindacato ispettivo in parola verte essenzialmente sull'entità delle sanzioni previste dall'articolo 5, comma 6, della legge n. 150/1992, in materia di «Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica».
  L'articolo 5, comma 5-bis, della suddetta legge prevede l'istituzione del registro di detenzione delle specie animali e vegetali incluse negli allegati al regolamento (CE) n. 338/97 mediante l'emanazione di apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Commissione scientifica CITES.
  Con decreto ministeriale ambiente, di concerto con Ministero delle politiche agricole, 8 gennaio 2002, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 18 gennaio 2002, è stata formalmente prevista l'istituzione del registro, prevedendone l'obbligo di tenuta per le imprese commerciali, circhi, mostre faunistiche e per chiunque utilizzi, detenga o esponga esemplari a scopo di lucro.
  Le sanzioni amministrative da irrogare, in caso di violazione delle disposizioni del richiamato decreto ministeriale 8 gennaio 2002, sono previste all'articolo 5, comma 6, della medesima legge n. 150/92, a cui l'articolo 6 dello stesso decreto ministeriale fa espressamente rimando. La sanzione attualmente prevista va da un minimo di 3.098,00 euro ad un massimo di 9.296,00 euro.
  Tanto premesso, si ritiene che la generica previsione dell'articolo 6 del decreto ministeriale 8 gennaio 2002, che opera il rimando alle sanzioni di cui all'articolo 5, comma 6, della legge n. 150/92 in caso di violazione «alle disposizioni del presente decreto» abbia, oggettivamente, un tenore prescrittivo non ben circostanziato.Pag. 27
  Inoltre, i soggetti tenuti alla compilazione dei registri sono esposti ad una sanzione che pare effettivamente non calibrata in relazione alle molteplici irregolarità che si possono rilevare.
  Ebbene, condividendo l'opportunità di dare impulso ad una nuova articolazione delle sanzioni che siano proporzionate alla gravità delle violazioni, si sta già lavorando per promuovere una proposta normativa tesa a modificare il comma 6 dell'articolo 5 della legge 150/92.
  Riguardo al fatto che, con decreto ministeriale 5 ottobre 2010, è stata introdotta, tra le altre, una modifica al decreto ministeriale 8 gennaio 2002 mediante l'introduzione dell'esenzione dall'obbligo di registrazione per gli esemplari di uccelli, appartenenti a specie incluse nell'allegato B al reg. (CE) n. 338/97, considerate facilmente e comunemente allevate e, per l'effetto, incluse in apposito allegato 1 al decreto, si riferisce che è in via di emanazione un apposito decreto direttoriale, adottato d'intesa con il Servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato, con il quale viene ampliato il numero di specie di uccelli esentate dall'obbligo di registrazione che, pertanto, passerebbero dalle attuali 23 a 35.
  In ordine, poi, alla richiesta di inclusione di rappresentati del mondo associativo e no-profit in seno alla Commissione scientifica CITES, vi è da dire che, ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 150/1992 e del decreto legislativo 300/1999, il Ministero dell'ambiente è l'Autorità competente per la gestione e attuazione in Italia della Convenzione internazionale di Washington e dei connessi regolamenti comunitari di attuazione, restando in capo Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per il tramite del Servizio CITES del Corpo forestale dello Stato, i compiti di controllo e certificazione.
  Presso detto Dicastero opera un organo collegiale, previsto dall'articolo 4 comma 5 della citata legge n. 150/1992, denominato «Commissione scientifica per l'applicazione della CITES», la cui composizione è stata fissata dall'articolo 12-bis della legge n. 59/1993. La Commissione è competente per il rilascio di pareri sulla sostenibilità dei commerci internazionali di specie minacciate e per l'accertamento delle nascite in cattività e/o della riproduzione artificiale di specie animali e vegetali.
  L'eventuale inclusione dei rappresentanti del mondo associativo e non profit richiederebbe, quindi, una modifica della norma primaria che stabilisce la composizione dell'organo collegiale.
  Attesa la particolare tecnicità delle normative comunitarie di attuazione della CITES, spesso soggette ad interpretazioni anche a livello comunitario, appare opportuno garantire la sistematica informazione e consultazione dei portatori di interesse.
  A tal proposito si potrebbe ipotizzare la costituzione di un tavolo informale di consultazione, che operi mediante riunioni periodiche, che veda la partecipazione dei portatori di interesse delle varie filiere commerciali interessate dall'applicazione delle norme CITES.
  Si avvieranno, pertanto, gli opportuni approfondimenti in tale direzione.

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ALLEGATO 4

5-01395 Agostinelli: Sulla realizzazione del raccordo autostradale fra il porto di Ancona e l'autostrada A14.
5-01704 Agostinelli: Sulla realizzazione del raccordo autostradale fra il porto di Ancona e l'autostrada A14.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo congiuntamente alle interrogazioni degli onorevoli Agostinelli ed altri n. 5-01395 e n. 5-01704 in quanto i quesiti posti vertono su identico argomento.
  In particolare, per quanto concerne lo specifico quesito posto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base delle informazioni assunte dal Ministero medesimo, informo che l'area in questione, denominata «la grande frana di Ancona», risulta ubicata nel comune di Ancona – località Palombella, Posatora e Torrette – ed è contraddistinta con il codice F-13-0154 (P3, R4), nella tavola RI 22 del Piano stralcio di bacino per l'Assetto Idrogeologico (PAI) dei bacini di rilievo regionale, approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 116 del 21 gennaio 2004.
  Al riguardo, l'area contraddistinta con il codice F-13-0154 risulta classificata come frana complessa attiva, con livello di pericolosità elevato (P3) e gradi di rischio molto elevato (R4).
  Di recente, con decreto del segretario generale dell'Autorità di Bacino regionale n. 30/SABN del 22 ottobre 2013 e n. 31/SABN del 18 novembre 2013 (quest'ultimo per correzione di errore materiale), si è proceduto a modificare il perimetro del dissesto individuando due nuove aree di versante in dissesto, poste ai lati della frana F-13-0154 (cosiddetta grande frana di Ancona), identificati rispettivamente con il codice F-13-0201 (località Torrette) e con il codice F-13-0202 (località Palombella), classificando entrambe le due nuove aree come frana attiva, con livello di pericolosità elevato (P3) e grado di rischio molto elevato (R4), analogamente al perimetro originario F-13-0154.
  Tale aree in dissesto sono sottoposte alle prescrizioni di cui alle «Norme di attuazione» del citato Piano stralcio di bacino per l'Assetto Idrogeologico (PAI) dei bacini di rilievo regionale, approvato con deliberazione del consiglio regionale n. 116 del 21 gennaio 2004.
  In particolare, per il caso in specie, in relazione alla richiesta degli onorevoli interroganti, il Ministero dell'ambiente fa presente che va considerato quanto riportato all'articolo 12 (disciplina delle aree di versante in dissesto), comma 3, lettera j), in base al quale, nelle aree di versante a rischio frane con livello di pericolosità elevate AVD–P3, sono consentiti esclusivamente, nel rispetto delle vigenti normative tecniche, la realizzazione e l'ampliamento di infrastrutture tecnologiche o viarie, pubbliche o di interesse pubblico, nonché delle relative strutture accessorie; tali opere sono condizionate ad uno studio da parte del soggetto attuatore in cui siano valutate eventuali soluzioni alternative, la compatibilità con la pericolosità delle aree e l'esigenza di realizzare interventi per la mitigazione della pericolosità, previo parere vincolante dell'Autorità di bacino.
  Inoltre, l'articolo 12, comma 5 prevede che tutti gli interventi consentiti dal medesimo articolo sono subordinati ad una verifica tecnica, condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al decreto Pag. 29ministeriale 11 marzo 1988, volto a dimostrare la compatibilità tra l'intervento, le condizioni di dissesto ed il livello di rischio esistente. Tale verifica, redatta e firmata da un tecnico abilitato, deve essere allegata al progetto di intervento.
  Per quanto attiene poi ai quesiti di competenza MIT informo che il collegamento stradale tra il porto di Ancona e l'Autostrada A14, con bretella di collegamento alla Variante alla S.S. 16, è compreso nel 1o Programma delle Infrastrutture strategiche e di preminente interesse nazionale di cui alla Delibera CIPE n. 121/2001 e confermato dal documento «Infrastrutture Prioritarie» redatto dal Ministero delle infrastrutture nel novembre 2006.
  Il Promotore del progetto è l'A.T.I. Impregilo-Astaldi-Pizzarotti-Itinera la cui proposta, approvata dal CIPE, definisce un valore complessivo dell'opera pari a euro 479.773.046,10 oltre IVA e, con riferimento allo specifico quesito degli interroganti, è prevista in autofinanziamento senza contributo pubblico.
  Più in particolare, con delibera 34/2010 il CIPE ha approvato il progetto preliminare «Collegamento tra il Porto di Ancona e la grande viabilità».
  Hanno espresso parere favorevole con prescrizioni e raccomandazioni:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con parere n. 323 del 28 luglio 2009;
   il Ministero per i beni e le attività culturali con nota n. DG-PBAAC-S04/420, dell'8 gennaio 2010;
   la regione Marche con delibera di Giunta 3 agosto 2009, n. 1308, ha espresso motivato parere negativo ai fini della conformità urbanistica, chiedendo l'istituzione del Collegio Tecnico previsto dall'articolo 165, comma 6, punto b), del decreto legislativo n. 163 del 2006;
  il Collegio Tecnico, istituito dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la partecipazione dei rappresentanti regionali e di quelli del comune di Ancona, ha tenuto riunioni il 21 settembre 2009, l'8 ottobre 2009 e da ultimo il 22 ottobre 2009 con cui si è conclusa positivamente l'attività del summenzionato Collegio; né i rappresentanti regionali né quelli comunali hanno mai sollevato problematiche relative allo sbocco della galleria nell'area della «Grande frana di Ancona».

  Ad esito del Collegio Tecnico, la regione Marche, con successiva delibera n. 1919 del 16 novembre 2009 ha condiviso le conclusioni raggiunte dal predetto Collegio Tecnico e si è dichiarata favorevole all'intesa Stato-regione per la localizzazione dell'intervento.
  Tra le prescrizioni emesse dal CIPE, la n. 11 e la n. 12 riguardano i criteri e le campagne di indagine da effettuare in corso di redazione del progetto definitivo per definire i parametri geotecnici e geomeccanici atti a delimitare il corpo (o i corpi) della Grande frana di Ancona, interessati dallo sbocco della galleria e dai viadotti di approccio.
  Con delibera 9/2011 il CIPE ha approvato definitivamente la Convenzione di Concessione e il Piano economico e finanziario, adeguati al relativo parere espresso dal NARS.
  Lo scorso 18 dicembre 2013 il raggruppamento temporaneo di imprese, con Impregilo SpA mandataria, costituitosi in Società di progetto, ha sottoscritto la Convenzione di Concessione, riguardante la progettazione (definitiva ed esecutiva), la costruzione e la gestione dell'intervento.
  Il progetto definitivo dell'intervento, che sarà predisposto a cura del Concessionario, non appena ultimato sarà oggetto di Conferenza dei servizi propedeutica per l'inoltro al CIPE ai fini dell'approvazione dello stesso.
  In sede di Conferenza di servizi il comune di Ancona, dopo aver analizzato il progetto, esprimerà il suo parere sull'intervento e potrà dettare prescrizioni e/o raccomandazioni cui dovrà attenersi il Concessionario nella predisposizione del progetto esecutivo.

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ALLEGATO 5

5-01679 Rotta: Su un'ipotesi di ingerenza nei confronti di ANAS Spa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione oggi in discussione l'onorevole interrogante chiede di conoscere se e come si intenda rimediare a un'indebita ingerenza nei confronti di ANAS, società sottoposta alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a seguito di una presunta imminente assunzione del dottor Nicola Bonaduce presso la medesima società.
  Innanzitutto preciso che alcuna ingerenza al riguardo è stata mai fatta nei confronti di ANAS.
  Come lo stesso onorevole interrogante ha evidenziato il dottor Bonaduce collabora presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro LUPI con l'incarico di Consigliere per gli affari regionali.
  Al riguardo, confermo che a tutt'oggi il medesimo continua a svolgere il predetto incarico presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con assoluto carattere di esclusività.
  Peraltro, ogni valutazione di diverso impiego o collaborazione presso soggetti pubblici o privati sarebbe stata condizionata, in ogni caso, dal venir meno dell'incarico svolto.
  Assicuro, inoltre, che nell'ipotesi in cui il dottor Bonaduce avesse considerato la possibilità di assumere una diversa attività di impiego o collaborazione professionale, sarebbe stata comunque esclusa ogni forma di sovrapposizione di incarichi e conseguentemente ogni forma di coesistenza sia giuridica sia economica in capo al medesimo.