CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 gennaio 2014
162.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01863 Pagano: Uniformazione dell'aliquota IVA applicabile alle piante agricole aromatiche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'onorevole interrogante chiede di porre in essere ogni atto di propria competenza volto a ripristinare uniformità dell'aliquota IVA per tutte le tipologie di piante agricole aromatiche, con particolare riguardo all'origano, in rametti o sgranato.
  A tal fine, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che, ai fini dell'individuazione dell'aliquota IVA applicabile alle cessioni di origano, in buste sigillate a rametti o sgranato, occorre fare riferimento ai chiarimenti forniti con risoluzione n. 34/E del 21 febbraio 2006, con la quale è stato precisato che, a dette cessioni è applicabile l'aliquota ordinaria, atteso che in base al citato n. 12-bis) della Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'aliquota IVA del 4 per cento si applica solo alle cessioni aventi ad oggetto il «basilico, rosmarino e salvia, freschi, destinati all'alimentazione».
  L'interpretazione del citato n. 12-bis), della Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633, fornita con la richiamata risoluzione n. 34 del 2006, trae origine dalla tassatività dei beni indicati in tale disposizione nonché dalla natura agevolativa della stessa che, sulla scorta dei canoni ermeneutici individuati in materia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia UE, deve essere interpretata in senso restrittivo.
  Pertanto, da un punto di vista tecnico-merceologico l'origano appartiene alla stessa voce doganale del basilico, rosmarino e salvia, e quindi si sta valutando l'opportunità, compatibilmente con le disposizioni comunitarie, di applicare un'unica aliquota IVA per le piante agricole aromatiche.

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ALLEGATO 2

5-01866 Gebhard: Applicazione delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia anche agli interventi che comportino la ricostruzione di edifici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'onorevole chiede di sapere se possa rientrare nel regime delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia anche la ricostruzione di un edificio, con la stessa volumetria di quello precedente, ma con uno spostamento di lieve entità dell'immobile rispetto al sedime originario, alla luce della riformulazione dell'articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, operata da parte dell'articolo 30, comma 1 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate rappresenta quanto segue.
  Le detrazioni fiscali per le spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio sono disciplinate nell'articolo 16-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico dell'imposta sui redditi.
  In tale articolo, tra l'altro, alla lettera b) del comma 1, viene disposto che «Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi: (...) di cui alle lettere b), c) e d) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze».
  L'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, come modificato dal comma 139 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, prevede un innalzamento delle detrazioni fiscali per interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all'articolo 16-bis del TUIR, nella misura del 50 per cento per un ammontare massimo di spesa di 96 mila euro fino al 31 dicembre 2014 e nella misura del 40 per cento per il 2015.
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, all'articolo 3 riporta le definizioni degli interventi edilizi richiamati nel suddetto articolo 16-bis del TUIR.
  In particolare, l'articolo 3, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 alla lettera d) comprende tra gli interventi di ristrutturazione edilizia «gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni Pag. 86necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente».
  Ciò premesso, l'Agenzia delle entrate fa presente che la risposta al quesito in argomento, circa la possibilità di fruire delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia, ricostruendo un edificio, con la stessa volumetria di quello precedente, ma con uno spostamento di lieve entità dell'immobile rispetto al sedime originario, presuppone una valutazione tecnica, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in ordine alla riconducibilità dell'intervento tra quelli di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.
  Al riguardo, il predetto Dicastero riferisce quanto segue.
  Il citato articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 del 2001, nella versione originaria ricomprendeva nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato «identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente».
  Con il decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, la norma suddetta è stata modificata con l'eliminazione del riferimento all'area di sedime, mentre si è mantenuto quello all'identità della sagoma.
  Al riguardo, la circolare 7 agosto 2003, n. 4174, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, intitolata «Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301. Chiarimenti interpretativi in ordine alla inclusione dell'intervento di demolizione e ricostruzione nella categoria della ristrutturazione edilizia», dopo aver esaminato la definizione di ristrutturazione edilizia ed evidenziato che quest'ultima non richiama più il concetto di «area di sedime», afferma espressamente che «non si ritiene che l'esclusione di tale riferimento possa consentire la ricostruzione dell'edificio in altro sito, ovvero posizionarlo all'interno dello stesso lotto in maniera del tutto discrezionale. La prima ipotesi è esclusa dal fatto che, comunque, si tratta di un intervento incluso nelle categorie del recupero, per cui una localizzazione in altro ambito risulterebbe palesemente in contrasto con tale obiettivo; quanto alla seconda ipotesi si ritiene che debbono considerarsi ammissibili, in sede di ristrutturazione edilizia, solo modifiche di collocazione rispetto alla precedente area di sedime, sempreché rientrino nelle varianti non essenziali, ed a questo fine il riferimento è nelle definizioni stabilite dalle leggi regionali in attuazione dell'articolo 32 del testo unico. Resta in ogni caso possibile, nel diverso posizionamento dell'edificio, adeguarsi alle disposizioni contenute nella strumentazione urbanistica vigente per quanto attiene allineamenti, distanze e distacchi».
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti precisa che, a fronte di tale interpretazione ministeriale, di parziale apertura almeno alle dislocazioni interne al lotto, si registrano posizioni giurisprudenziali orientate in senso opposto (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 6214; Consiglio di Stato, sez, V, 15 aprile 2004, n. 2142).
  Alla luce di tali pronunce, la ristrutturazione edilizia integra un intervento che non provvede ad alcun incremento per i volumi, le sagome e le superfici, salvo una diversa distribuzione di quelle assentite, né una maggiore o diversa occupazione delle aree di sedime, e, pertanto, si evidenzia come lo spostamento della collocazione Pag. 87del manufatto costituisca una nuova costruzione e non un intervento sull'esistente.
  Tale lettura in senso restrittivo della nozione di ristrutturazione ha ricevuto poi l'avallo dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui (cfr. Corte Costituzionale, 23 novembre 2011, n. 309) «in base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente – intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia».
  Allo stato attuale, come già evidenziato, l'articolo 30, comma 1, lettera a), del citato decreto-legge n. 69 del 2013 ha ridefinito la fattispecie degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 del 2001, eliminando il riferimento al rispetto della sagoma per gli interventi di demolizione e ricostruzione, ed imponendo il solo rispetto della volumetria preesistente, qualora si tratti di immobili non vincolati.
  Il menzionato decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 non fornisce la definizione di sagoma di un edificio, pertanto la stessa è stata definita dalla giurisprudenza che, in più occasioni, ha ribadito come la nozione di sagoma precedentemente contenuta nell'articolo 3, comma 1, lettera d), comprende l'intera conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale (Consiglio di Stato Sezione VI, 15 marzo 2013, n. 1564; Corte Costituzionale, 23 novembre 2011, n. 309) e, conseguenzialmente, sembrerebbe comprendere anche il rispetto della pregressa area di sedime.
  Ciò posto, considerato che la nozione di sagoma edilizia è intimamente legata anche all'area di sedime del fabbricato, avendo il legislatore eliminato il riferimento al rispetto della sagoma, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ritiene che, per gli immobili non vincolati, negli interventi di ristrutturazione edilizia consistenti nella demolizione e ricostruzione, possa consentirsi lo spostamento di lieve entità rispetto al sedime originario.

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ALLEGATO 3

5-01927 Causi: Mantenimento delle esenzioni ed agevolazioni tributarie in materia di imposte di registro, ipotecarie e catastali per i trasferimenti immobiliari effettuati nell'ambito di procedimenti di separazione o divorzio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti chiedono chiarimenti interpretativi in ordine all'articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che modifica, a decorrere dal 1o gennaio 2014, le aliquote in tema di imposte di registro, ipotecaria e catastale, relative ai trasferimenti immobiliari.
  In particolare, il comma 4 del predetto articolo 10 prevede la soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, e, pertanto, l'onorevole interrogante chiede di fornire chiarimenti interpretativi volti ad escludere dalla citata soppressione l'esenzione concernente i trasferimenti immobiliari effettuati nell'ambito di procedimenti di separazione e divorzio ai sensi dell'articolo 19, della legge 6 marzo 1987, n. 74, nonché quella prevista nei procedimenti di mediazione e conciliazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate riferisce che è in corso di predisposizione un documento di prassi, che sarà emanato d'intesa con il Dipartimento delle finanze, mediante il quale saranno forniti, a breve, chiarimenti sulle nuove disposizioni di cui si discute.
  In tale atto saranno, pertanto, esaminate anche le questioni rappresentate dall'onorevole interrogante.

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ALLEGATO 4

5-01928 Paglia: Differimento dei termini tributari per i contribuenti residenti nelle zone colpite dalle calamità naturali del 19 gennaio 2014.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'onorevole interrogante, facendo riferimento alla recente inondazione del 19 gennaio 2014 che ha interessato alcuni territori della provincia di Modena, chiede di assumere iniziative dirette a differire i termini di pagamento dei tributi in scadenza, attesa la difficoltà dei contribuenti residenti nei Comuni interessati dall'alluvione.
  Al riguardo, sentiti gli Uffici dell'amministrazione finanziaria, si fa presente quanto segue.
  La normativa di riferimento per la sospensione dei termini tributari e contributivi, costituita dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, stabilisce che, al verificarsi di calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei ministri delibera lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi.
  Conseguentemente, il legislatore individua come primo atto per l'avvio della procedura un preciso provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri, su richiesta anche del Presidente della regione interessata.
  L'articolo 5, comma 5-ter della citata legge n. 225 del 1992, introdotto dall'articolo 17, comma 2-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, prevede la possibilità di adottare con legge, la sospensione o il differimento dei termini per gli adempimenti e per i versamenti tributari e contributivi, nei casi in cui è decretato lo stato di emergenza e limitatamente ai soggetti che subiscono danni riconducibili all'evento.
  Le richiamate disposizioni stabiliscono, inoltre, limiti temporali alla durata della sospensione, che non può superare i sei mesi, e alla durata del periodo utile per la restituzione delle somme, che decorre dal mese successivo alla data di scadenza della sospensione e non può essere superiore a 24 rate mensili.
  Infine, lo stesso comma 5-ter prevede che la legge che concede le agevolazioni in argomento «...deve assicurare piena corrispondenza, anche dal punto di vista temporale, tra l'onere e la relativa copertura finanziaria».
  Nell'ambito della stessa materia, l'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei contribuenti) prevede la facoltà per il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, di «sospendere o differire il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili».
  Giova evidenziare, inoltre, che gli aiuti destinati ai soggetti che svolgono attività economiche sono soggetti alla normativa dell'Unione europea sugli aiuti di Stati di cui all'articolo 107, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
  Il paragrafo 2 di detto articolo prevede possibili deroghe de iure tra le quali alla lettera b) «gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali».Pag. 90
  La Commissione europea con decisione n. 3893 del 20 ottobre 2004 relativa al regime di aiuti cui l'Italia ha dato esecuzione a favore delle imprese che hanno realizzato investimenti nei comuni colpiti da eventi calamitosi nel 2002, ha chiarito, con una considerazione potenzialmente riferibile ad ogni aiuto concesso a fronte di calamità naturali (eruzioni vulcaniche, terremoti, inondazioni e frane), che tali aiuti possono essere concessi solo nella misura in cui non superino il valore netto dei danni effettivamente subiti da ciascuno dei beneficiari, tenuto conto anche degli importi ricevuti a titolo di assicurazione o in forza di altri provvedimenti.
  Con la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, inoltre, sono stati disciplinati all'articolo 47 gli aiuti pubblici per le calamità naturali, anche sotto forma di agevolazione fiscale, e in tale contesto sono stati stabiliti i criteri, conformi alla disciplina comunitaria sopra richiamata, per usufruire di tali agevolazioni. Il medesimo articolo 47, comma 2, prevede che le modalità di attuazione delle predette disposizioni per la concessione di aiuti pubblici, sono disciplinate con decreto del Presidente della Repubblica, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport e con il Ministro dell'economia e delle finanze.
  In proposito, deve richiamarsi l'articolo 1, commi da 365 a 373 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), recante disposizioni in favore dei soggetti danneggiati dagli eventi sismici del maggio 2012 nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, in base al quale è stato stabilito che i titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero i lavoratori autonomi, che abbiano sede operativa ovvero domicilio fiscale nelle aree colpite dal terremoto, possano usufruire di finanziamenti agevolati dallo Stato, solo se dimostrino di aver subito un «danno economico diretto», causalmente conseguente all'evento catastrofico stesso.
  Pertanto, alla luce di quanto suesposto si precisa che l'eventuale adozione di provvedimenti di sospensione degli adempimenti e versamenti tributari dovrà conformarsi al quadro normativo richiamato e dovrà tener conto dei connessi effetti sui saldi di finanza pubblica.
  Sull'argomento la Presidenza del Consiglio – Dipartimento della protezione civile riferisce che a seguito dei citati eventi meteorologici avversi e ai conseguenti effetti sul territorio, alla data odierna, la regione Emilia Romagna, pur avendo formalmente richiesto la dichiarazione di stato di emergenza, in data 20 gennaio 2014, non ha ancora provveduto a far pervenire al Dipartimento, in ottemperanza alla direttiva «Indirizzi per lo svolgimento delle attività propedeutiche alle deliberazione del Consiglio dei ministri, da adottare ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge del 24 febbraio 1992, n. 225, e per la predisposizione delle ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modifiche ed integrazioni, alla luce del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100» del 26 ottobre 2012, tutte le indicazioni tecniche previste per completare l'istruttoria finalizzata alla dichiarazione dello stato di emergenza.
  Conseguentemente, non appena saranno pervenute dette indicazioni tecniche il Dipartimento si attiverà tempestivamente per avviare le citate attività istruttorie, in ottemperanza alla sopra indicata direttiva, per verificare in tempi rapidi se sussistono, per detti territori, i presupposti per la successiva deliberazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei ministri.

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010. Atto n. 55.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (Atto n. 55);
   rilevato come l'obiettivo della direttiva 2011/61/UE, di cui lo schema di decreto legislativo dispone il recepimento, sia quello di stabilire un quadro normativo armonizzato delle attività dei gestori di fondi di investimento alternativi nel mercato interno, prevedendo l'applicazione di regole di condotta, di trasparenza informativa, nonché in materia di requisiti patrimoniali, organizzativi e di controllo del rischio, analoghi a quelli previsti per le società di gestione di fondi comuni armonizzati;
   rilevato come, ai sensi delle nuove norme, i gestori europei autorizzati ai sensi della direttiva potranno commercializzare in tutta l'Unione europea, nei confronti di investitori professionali, fondi di investimento alternativi da loro gestiti e potranno inoltre gestire fondi alternativi riservati a investitori professionali negli altri Paesi dell'Unione europea, su base transfrontaliera o con stabilimento di succursali, superando l'attuale regime che subordina l'attività all'autorizzazione di ciascuna autorità di vigilanza nazionale e la conseguente frammentazione del mercato europeo;
   evidenziato come la direttiva 2011/61/UE non intenda disciplinare direttamente i fondi di investimento alternativi, i quali continueranno a essere disciplinati e sottoposti a vigilanza a livello nazionale, bensì i gestori di questi ultimi, in quanto la grande eterogeneità degli stessi fondi nei diversi Stati membri dell'Unione ne renderebbe complicata l'armonizzazione;
   sottolineato come il regime di vigilanza per i gestori di fondi alternativi delineato dalla direttiva preveda, oltre all'autorizzazione iniziale, il continuo rispetto da parte dei medesimi dei requisiti di capitale e organizzativi, delle regole di condotta, nonché estesi obblighi di trasparenza e informativi nei confronti delle autorità di vigilanza, stabilendo altresì specifici requisiti per i fondi che fanno uso della leva finanziaria (gli hedge fund), e per quelli che acquistano partecipazioni di controllo in società (i fondi di private equity);
   rilevato come lo schema di decreto rechi una serie di modifiche organiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, segnatamente per quanto riguarda il Titolo III dello stesso TUF, relativo alla gestione collettiva del risparmio, il Titolo II, concernente l'appello al pubblico risparmio, nonché il Titolo IV, che regola i provvedimenti ingiuntivi e di crisi degli intermediari finanziari;
   segnalato come lo schema di decreto individui opportunamente le autorità nazionali Pag. 92competenti in materia nella Banca d'Italia e nella CONSOB, attribuendo alle due autorità, secondo le rispettive attribuzioni, i compiti di autorizzazione, vigilanza, intervento e cooperazione previsti al riguardo dalla normativa dell'Unione europea;
   rilevato in particolare come le norme dello schema di decreto intendano rafforzare gli strumenti di tutela in favore degli investitori non professionali, prevedendo, nel caso di commercializzazione dei fondi di investimento alternativi (FIA) nei confronti di tale tipologia di investitori, la redazione di un prospetto destinato alla pubblicazione, l'assoggettamento dei FIA alle regole prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio fissate dalla Banca d'Italia, nonché stabiliscano, nella fattispecie di offerta al pubblico di quote o azioni di FIA italiani, FIA UE e non UE, aperti o chiusi, che il prospetto o la documentazione d'offerta possono essere pubblicati solo una volta concluse le procedure di notifica o di autorizzazione;
   segnalato altresì come le nuove disposizioni del TUF introdotte dallo schema di decreto riorganizzino la disciplina del soggetto che svolge il ruolo di depositario, per renderla conforme alla direttiva 2011/61/UE, stabilendo in tale contesto che l'incarico di depositario del FIA può essere assunto solo dai soggetti sottoposti a regolamentazione prudenziale e vigilanza continuativa da parte della Banca d'Italia ed escludendo la possibilità che il depositario sia una banca o un'impresa di investimento comunitaria senza succursale in Italia;
   evidenziato come il quadro normativo europeo sugli organismi di investimento collettivo del risparmio sarà completato dai regolamenti (UE) n. 345/2013 e n. 346/2013, i quali prevedono regole comuni applicabili ai gestori di fondi europei per il venture capital (EuVECA) e di fondi europei per l'imprenditoria sociale (EuSEF) e ne permettono la libera commercializzazione in tutta l'Unione Europea;
   evidenziato a tale ultimo riguardo come lo schema di decreto, all'articolo 1, comma 3, inserisca nel TUF un nuovo articolo 4-quinquies, il quale individua le autorità nazionali competenti ai sensi del regolamento (UE) n. 345/2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (EUVECA), e del regolamento (UE) n. 346/2013, relativo ai fondi europei per l'imprenditoria sociale (EUSEF), sebbene il disegno di legge C. 1836 – legge di delegazione europea, contenga, all'articolo 5, una delega specifica al Governo per il recepimento di tali regolamenti;
   segnalata, in tale contesto, l'opportunità di valutare, in via generale, se procedere ad una rivisitazione sistematica del riparto di competenze tra Banca d'Italia e CONSOB per quanto riguarda la vigilanza in materia di risparmio gestito;
   rilevato inoltre come, sebbene la direttiva 2011/61/UE non investa direttamente le norme nazionali in materia fiscale, gli articoli da 9 a 14 dello schema di decreto legislativo rechino disposizioni di natura tributaria, in forza del criterio di delega di cui all'articolo 12, comma 1, lettera p), della legge n. 96 del 2013 (legge di delegazione europea 2013), il quale prescrive il coordinamento con la disciplina fiscale vigente in materia di Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), consentendo pertanto di disciplinare specifici aspetti fiscali connessi ai fondi di investimento alternativi;
   evidenziata l'urgenza di adeguare l'ordinamento nazionale alla direttiva 2011/61/UE, il cui termine di recepimento è scaduto il 22 luglio 2013, e rilevato al riguardo come il 19 settembre 2013 la Commissione europea abbia inviato all'Italia una lettera di messa in mora per mancato recepimento della direttiva stessa,
   esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento all'articolo 1, comma 1, del TUF, come modificato dall'articolo Pag. 931, comma 1, dello schema di decreto legislativo, valuti il Governo l'opportunità di completare il quadro delle definizioni ivi contenute inserendovi anche la definizione di «depositario di OICR», inteso come il soggetto autorizzato nel paese di origine dell'OICR ad assumere l'incarico di depositario;
   b) con riferimento all'articolo 4-quinquies del TUF, introdotto dall'articolo 1, comma 3, dello schema di decreto legislativo, il quale individua le autorità nazionali competenti ai sensi del regolamento (UE) n. 345/2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (EUVECA), e del regolamento (UE) n. 346/2013, relativo ai fondi europei per l'imprenditoria sociale (EUSEF), attribuendo alla Banca d'Italia la competenza, sentita la CONSOB, in merito alla registrazione e cancellazione dei gestori italiani di EUVECA e EUSEF, e attribuendo invece alla CONSOB la competenza per quanto riguarda l'attività di ricezione e trasmissione delle notifiche concernenti la commercializzazione transfrontaliera dei predetti fondi EUVECA e EUSEF, valuti il Governo se tale riparto di competenze tra le due autorità non risulti eccessivamente complesso e non possa determinare costi di compliance eccessivamente elevati per gli operatori del mercato, soprattutto alla luce del fatto che i gestori di tali fondi e gli stessi fondi gestiti, non pongono problemi di micro-stabilità simili a quelli degli intermediari bancari che raccolgono depositi a vista e che effettuano impieghi in asset illiquidi come i crediti alle imprese; (CONSOB)
   c) con riferimento all'articolo 2, comma 1, lettera a), dello schema di decreto, il quale sostituisce la lettera c) del comma 1 dell'articolo 6, del TUF, valuti il Governo l'opportunità di sostituire, al numero 5) della predetta lettera c), in materia di valutazione dei beni e dei valori degli OICR, le parole: «esperti indipendenti» con le parole: «valutatori esterni», al fine di assicurare coerenza tra il dettato del predetto TUF e quello dell'articolo 19 della direttiva 2011/61/UE, atteso che la figura del valutatore esterno appare più ampia di quella dell'esperto indipendente;
   d) con riferimento all'articolo 35-undecies del TUF, come inserito dall'articolo 4, comma 5, dello schema di decreto, il quale consente alla Banca d'Italia e alla CONSOB di esentare da taluni aspetti della disciplina del TUF i gestori di FIA italiani riservati per i quali il valore totale dei beni gestiti non superi un determinato livello, valuti il Governo l'opportunità di integrare il testo della disposizione nel senso di prevedere che per i FIA inferiori a tale livello i gestori sono in ogni caso tenuti a conferire l'incarico di depositario per ciascun OICR e FIA italiano;
   e) con riferimento all'articolo 39, comma 2, lettera c), del TUF, come modificato dall'articolo 4, comma 6, dello schema di decreto, il quale stabilisce i contenuti del regolamento ministeriale con il quale sono determinati i criteri generali cui devono uniformarsi gli OICR italiani, con specifico riferimento ai casi nei quali la società di gestione deve chiedere l'ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato dei certificati rappresentativi delle quote degli OICR, valuti il Governo l'opportunità di eliminare il riferimento ai certificati rappresentativi delle predette quote, dal momento che le quote degli OICR non sono rappresentate da certificati (necessariamente fisici), in quanto soggette al regime obbligatorio di dematerializzazione;
   f) con riferimento all'articolo 39, comma 2, lettera d), del TUF, come modificato dall'articolo 4, comma 6, dello schema di decreto, il quale stabilisce i contenuti del regolamento ministeriale con il quale sono determinati i criteri generali cui devono uniformarsi gli OICR italiani, con specifico riferimento ai requisiti e ai compensi degli esperti indipendenti, valuti il Governo l'opportunità di sostituire la dizione di «esperti indipendenti» con quella di «valutatori esterni», al fine di assicurare la coerenza del dettato del TUF con quella dell'articolo 19 della direttiva 2011/61/UE, atteso che la figura del valutatore Pag. 94esterno appare più ampia di quella dell'esperto indipendente;
   g) con riferimento all'articolo 48, comma 2, del TUF, come modificato dall'articolo 4, comma 6, dello schema di decreto, il quale disciplina i compiti del soggetto che svolge il ruolo di depositario di ciascun OICR, valuti il Governo l'opportunità di specificare, in aderenza al dettato dell'articolo 21, paragrafo 8, della direttiva 2011/61/UE, che gli strumenti finanziari oggetto di custodia sono affidati al depositario, nonché di chiarire meglio la formulazione della norma inserendo dopo la parola «affidati» la parola «e»;
   h) con riferimento all'articolo 48, comma 4, del TUF, come modificato dall'articolo 4, comma 6, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di sostituire le parole: «il subdeposito» con le seguenti: «la delega della custodia», al fine di garantire aderenza tra la normativa del TUF e il dettato dell'articolo 21, paragrafo 11, della direttiva 2011/61/UE, atteso che la delega dell'attività di custodia prevista dal predetto articolo 21 consente al depositario di delegare a un terzo anche la conservazione delle registrazioni e il mantenimento dei conti di custodia e costituisce dunque una fattispecie più ampia di quella del mero subdeposito;
   i) con riferimento all'articolo 49 del TUF, in materia di responsabilità del soggetto del soggetto che svolge il ruolo di depositario per ciascun OICR, come sostituito dall'articolo 4, comma 6, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di modificare la formulazione del comma 2 nel senso di specificare che, oltre al caso di perdita di strumenti detenuti in custodia, il depositario risponde per ogni altra perdita subita dall'OICR o dagli investitori in conseguenza del mancato rispetto, intenzionale o dovuto a negligenza, dei propri obblighi, in quanto tale dizione appare più coerente con il dettato dell'articolo 21, paragrafi 12 e 13, della direttiva 2011/61/UE, relativi alla responsabilità del depositario;
   l) sempre con riferimento alla nuova formulazione dell'articolo 49 del TUF, come sostituito dall'articolo 4, comma 6, dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di sostituire, ai commi 3 e 4, la nozione di «subdepositario» con quella di «terzo al quale è stata delegata la custodia», al fine di garantire aderenza tra la normativa del TUF e il dettato dell'articolo 21, paragrafo 11, della direttiva 2011/61/UE, in considerazione del fatto che la delega dell'attività di custodia prevista dal predetto articolo 21 costituisce una fattispecie più ampia del mero subdeposito;
   m) con riferimento all'articolo 8, comma 1, lettera d), dello schema di decreto, che modifica l'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo n. 252 del 2005, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, valuti il Governo l'opportunità di integrare tale modifica nel senso di chiarire che il regime del soggetto che svolge il ruolo di depositario dei fondi pensione è assimilabile a quello del depositario degli OICR diversi dagli OICVM, al fine di chiarire che il depositario dei fondi pensione non può provvedere al calcolo del valore della quota su incarico dei medesimi fondi pensione, come previsto nel caso di OICVM dall'articolo 48, comma 3, lettera b), del TUF;
   n) con riferimento all'articolo 9 dello schema di decreto legislativo, il quale interviene su più punti in merito alla disciplina tributaria delle SICAF, estendendo alle società di investimento a capitale fisso (SICAF) che investono in beni immobiliari le disposizioni fiscali applicabili ai fondi comuni di investimento immobiliare, specificando che alle SICAF diverse da quelle immobiliari si rendono applicabili le disposizioni in materia di imposta di registro e di regime fiscale sui proventi dalle stesse distribuiti previste per le SICAV, nonché stabilendo che alle SICAF, a prescindere dall'oggetto dell'investimento, si applicano le disposizioni in materia di IRAP previste per le SICAV, valuti il Governo l'opportunità di riformulare tali previsioni come novelle agli atti legislativi interessati, analogamente a quanto operato dagli altri articoli dello Pag. 95schema di decreto, al fine di rendere più comprensibile la nuova normativa;
   o) con riferimento al comma 16 dell'articolo 15 dello schema di decreto, valuti il Governo l'opportunità di prevedere un adeguato periodo transitorio, fino al 22 luglio 2015, per consentire ai soggetti che svolgono l'incarico di depositario ciascun fondo pensione di adeguarsi alle disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto legislativo n. 252 del 2005, come modificato dall'articolo 8 dello schema di decreto, onde verificare, anche con le Autorità, in che misura tale nuova disciplina sia compatibile con le specificità proprie del depositario dei fondi pensione.

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ALLEGATO 6

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/89/UE che modifica le direttive 98/78/CE, 2002/87/CE, 2006/48/CE e 2009/138/CE per quanto concerne la vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario. Atto n. 60.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati,
   esaminato lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/89/UE che modifica le direttive 98/78/CE, 2002/87/CE, 2006/48/CE e 2009/138/CE per quanto concerne la vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario (Atto n. 60);
   evidenziato come la direttiva 2011/89/UE, di cui lo schema di decreto legislativo dispone il recepimento nell'ordinamento italiano, persegua il condivisibile obiettivo di potenziare la vigilanza supplementare sui conglomerati finanziari, soprattutto sotto il profilo dell'adeguatezza patrimoniale degli stessi, della predisposizione di meccanismi di controllo interno e della gestione dei rischi di gruppo, anche al fine di garantire la stabilità finanziaria dei conglomerati stessi, delle imprese che vi fanno parte e, più in generale, del mercato interno, eliminando in tal modo talune lacune della disciplina vigente, nonché colmando le distanze che si sono create tra la disciplina della vigilanza supplementare dell'Unione e le direttive di settore relative ai servizi bancari e assicurativi;
   rilevato, in particolare, come la predetta direttiva 2011/89/UE modifichi le norme di settore valevoli per le banche e le imprese di investimento, nonché quelle riguardanti le imprese di assicurazione e riassicurazione appartenenti ad un gruppo, allo scopo di includere nell'ambito della vigilanza consolidata le società di partecipazione finanziaria mista (SPFM), in modo da permettere l'applicazione della vigilanza settoriale consolidata o di gruppo, in aggiunta alla vigilanza supplementare;
   sottolineato inoltre come le norme della direttiva consentano di rafforzare la vigilanza su base consolidata degli enti creditizi e la vigilanza supplementare delle imprese di assicurazione appartenenti a gruppi assicurativi, includendo nell'ambito di applicazione della stessa anche i gestori di fondi di investimento alternativi;
   rilevato, sempre per quanto attiene specificamente al settore assicurativo, come la direttiva rechi una serie di misure volte a meglio garantire la solvibilità e la stabilità finanziaria dei gruppi assicurativi, segnatamente intervenendo sulle modalità e sulla frequenza di calcolo dei requisiti di solvibilità di tali gruppi, nonché rinforzando i presidi informativi e di trasparenza gravanti sulle imprese di assicurazione o di riassicurazione e sulle società di partecipazione assicurativa o di partecipazione mista;
   evidenziato altresì come la direttiva assegni una serie di responsabilità alle nuove autorità europee di vigilanza istituite nei settori bancario (ABE), delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP) e degli strumenti finanziari Pag. 97e dei mercati (AESFEM), affinché emanino, attraverso il comitato congiunto, orientamenti comuni finalizzati alla convergenza delle prassi di vigilanza;
   sottolineato a tale ultimo riguardo come le norme previste dalla direttiva vincolino le autorità di vigilanza a sviluppare parametri supplementari per le prove di stress a livello dell'Unione europea, evidenziando i rischi di gruppo specifici che si presentano nei conglomerati finanziari, nonché a rendere pubblici i risultati di tali prove e a emanare in materia orientamenti comuni;
   rilevato, in particolare, come l'articolo 1 dello schema di decreto consenta di migliorare complessivamente il contesto normativo relativo ai conglomerati finanziari, rafforzando i poteri supplementari delle autorità di vigilanza in caso di mancata osservanza dei requisiti da parte delle imprese attraverso il rinvio alle specifiche previsioni di settore del TUB, del TUF e del Codice delle assicurazioni, integrando i meccanismi di collaborazione e comunicazione tra le autorità di vigilanza, segnatamente mediante il ricorso agli strumenti dei collegi dei supervisori e degli accordi di coordinamento anche con autorità di Paesi terzi, specificando ulteriormente i criteri per identificare un conglomerato finanziario, nel quale saranno incluse tra l'altro, le società di gestione patrimoniale e i gestori di fondi alternativi, precisando le modalità di calcolo per valutare l'adeguatezza patrimoniale dei conglomerati, nonché integrando gli obblighi di comunicazione e di pubblicazione per le imprese incluse nei conglomerati;
   sottolineato, inoltre, come lo schema di decreto legislativo rafforzi la disciplina delle società di partecipazione finanziaria mista, estendendo a queste ultime una serie di presidi normativi e di vigilanza, con particolare riferimento alla disciplina in materia di requisiti di professionalità ed onorabilità degli organi apicali, ai poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva attribuiti alle autorità di vigilanza, alla collaborazione tra le autorità nell'esercizio dei rispettivi poteri, all'obbligo di redazione del bilancio consolidato, alla disciplina sanzionatoria;
   evidenziato quindi come le previsioni della direttiva e dello schema di decreto consentano di compiere ulteriori passo in avanti verso gli obiettivi di armonizzare regole e prassi di vigilanza nel settore finanziario e assicurativo e di garantirne la stabilità, rendendo più efficace e lineare il quadro regolatorio in materia, anche attraverso l'emanazione da parte delle autorità europee di orientamenti comuni volti alla convergenza delle pratiche di vigilanza, in particolare per quanto attiene alla vigilanza supplementare sugli aspetti relativi alla concentrazione di rischi, alle operazioni infragruppo e ai controlli interni;
   rilevato come lo schema di decreto risulti pienamente aderente al contenuto della direttiva 2011/89/UE, nonché conforme alla norma di delega;
   sottolineato come il termine per il recepimento della direttiva 2011/89/UE sia scaduto il 10 giugno 2013, e come sia pertanto urgente completare il processo di recepimento della direttiva stessa;
   esprime

PARERE FAVOREVOLE